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2. I PLAYER

Lo scenario del mercato televisivo e audiovisivo in Italia ha vissuto, negli ultimi anni, alcune importanti trasformazioni che possiamo riassumere lungo almeno quattro direttrici (Carelli, 2017): in primo luogo, l’origine geografica degli attori, con la presenza di network globali che sono andati ad affiancare le storiche aziende nazionali radicate nel nostro mercato. Secondariamente, la natura editoriale dei players; il processo di digitalizzazione e convergenza ha portato tutti i broadcasters a intraprendere percorsi di trasformazione in vere e proprie media companies, “con interessi crescenti anche in settori contigui della comunicazione” (p. 294). Un terzo elemento consiste nei modelli di business e di sostentamento economico; se, per quanto riguarda i broadcasters, la tripartizione classica (Scaglioni, 2011) tra un sistema misto finanziato da canone e pubblicità (il servizio pubblico), un sistema commerciale che si regge sugli inserzionisti e uno pay fondato sul principio di sottoscrizione degli abbonati è ancora oggi valida, risulta al contrario più sfuggente una demarcazione ben precisa dal momento che sono sempre più numerosi i players che operano a cavallo tra diversi modelli. Infine, un ultimo aspetto riguarda il modello organizzativo delle aziende; a realtà tradizionalmente caratterizzate da profili dimensionali e occupazionali pesanti e basati su strutture gerarchiche ereditate dal passato, se ne sono affiancate altre più snelle e dinamiche.

Questa distinzione riflette, pur con evidenti particolarità e differenze, la consistenza di tutti i players operanti nel mercato italiano, quale che sia il loro ruolo nella filiera e la specifica natura settoriale.

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Il panorama dei broadcasters ruota ancora in larga parte intorno ai due attori storici, Rai e Mediaset; sebbene la loro forza in termini di ascolto complessivo relativamente ai principali canali generalisti sia scesa dal 90,7% del 2000 al 53,6% del 20174, essi rappresentano gli anelli centrali del sistema, sia dal punto di vista produttivo che rispetto al radicamento delle abitudini di consumo. Entrambi hanno risposto alle sfide della multicanalità e della digitalizzazione con una moltiplicazione dell’offerta, attraverso numerosi canali tematici e semigeneralisti, e con l’implementazione di proprie piattaforme digitali. Al loro fianco, gravita una serie di attori ciascuno con il proprio grado di penetrazione e radicamento. Il gruppo Cairo Communications, attivo anche in altri settori editoriali, è presente con due canali: il generalista La7 e il femminile La7d. Sky Italia è il pilastro della programmazione pay; nato come piattaforma per la diffusione di contenuti pregiati nell’ambito del cinema e dello sport, oggi continua ad assolvere questa funzione avendo introdotto – nel corso dell’ultimo decennio, dal 2008 in avanti – anche l’intrattenimento e la serialità e avendo sperimentato una crescente attitudine alla produzione originale. Inoltre, da alcuni anni l’offerta di Sky Italia si è arricchita anche di una programmazione in chiaro con canali come Tv8, Cielo e l’all news Sky Tg 24 e di continue innovazioni per una fruizione on demand. In crescita, almeno dal punto di vista della diversificazione dei canali e della loro presenza sul digitale terrestre free, sono alcune importanti global companies, quali Discovery e Viacom che hanno incrementato la propria offerta andando ad affiancare con nuovi canali dedicati a target specifici alcuni brand storici e da tempo presenti nel panorama televisivo nazionale. Altri attori globali presenti nel mercato italiano sono Fox e, in misura minore, Disney, Turner, A+E, tutti operatori attivi prevalentemente nell’ambito pay. Il mondo delle case di produzione sconta ritardi tipici della cultura nazionale in termini di autonomia, dimensionamento e capacità di realizzare franchise esportabili in tutto il mondo. Tanto nell’ambito dell’intrattenimento quanto in quello della fiction, la produzione audiovisiva italiana è legata a modelli figli del passato, sebbene si scorgano importanti innovazioni dal punto di vista creativo, organizzativo e gestionale. Nel campo dell’intrattenimento, per esempio, il tessuto produttivo si presenta “sfilacciato e costituito da entità medio-piccole, fortemente dipendenti dalle commesse del broadcaster” (Scaglioni 2017c, p. 243). Una ricerca effettuata nel 2016 dal CeRTA sulla produzione d’intrattenimento in Italia ha evidenziato la presenza di quattro tipologie di organizzazioni: a) le mega-indie, ovvero le divisioni nazionali di grandi realtà globali, quali EndemolShine, FremantleMedia, Banijay Magnolia, la cui forza consiste nella possibilità di accedere a un catalogo esteso e lavorare su format di successo codificati e standardizzati; b) le italian majors, case di produzione pienamente inserite dentro la storia nazionale, come Ballandi Multimedia, e fortemente verticalizzate su generi e volti specifici; c) atelier creativi, ovvero realtà di dimensioni ridotte, specializzate in specifici tagli di racconto, come la Stand by me di Simona Ercolani; d) digital & branded storytellers, strutture agili orientate alla produzione di contenuti contaminati con il mondo digital o del branded content.

4 Elaborazione su dati Auditel (www.auditel.it).

Diverso è il caso della fiction dove, analizzando l’area della produzione, emergono “segnali decisamente più incoraggianti” (Scaglioni, 2017b); una tendenza recente, e almeno per il momento vincente, è quella delle coproduzioni internazionali. Si tratta di una strada seguita soprattutto da Rai e Sky che, pur con modelli differenti, hanno intrapreso un percorso di ideazione e realizzazione di prodotti seriali pensati per un pubblico globale, che vedono case di produzione nazionali (per esempio, LuxVide, Wildside o Cattleya) collaborare con realtà internazionali tra le più affermate (da HBO a Canal+): tanto il servizio pubblico con produzioni come I Medici, L’amica geniale o Il nome della rosa, quanto Sky con Gomorra

– La serie o The Young Pope mettono in evidenza strategie di risposta efficaci a un contesto competitivo mutato e agguerrito anche in seguito alla nascita e diffusione delle piattaforme OTT.

Lo scenario dei players audiovisivi si complica e arricchisce di nuovi soggetti, diversi per natura da quelli tradizionali, in grado di rivoluzionare non solo la distribuzione (Curtin, Holt, Sanson, 2014), ma l’intero processo della filiera. L’approdo in Italia di Netflix e AmazonPrime, da un lato, e l’ingresso dei servizi di telecomunicazione nell’offerta, produzione o aggregazione di contenuti (si pensi a TimVision o a Vodafone TV) dall’altro, riconfigurano il sistema dei media nazionale impattando direttamente sulle strategie complessive dei competitor nonché sull’intero processo di regolamentazione del settore.

Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546

Dentro un contesto segnato da tali rapide e profonde trasformazioni, anche gli ambiti e i profili professionali subiscono processi di ridefinizione. Alcune tendenze evidenziate negli anni precedenti rimangono valide e, anzi, si rafforzano ulteriormente; tra le skills e le competenze maggiormente richieste s’impongono la necessità di una specializzazione che sappia al contempo dialogare con il resto della “macchina” e della filiera, una prospettiva internazionale utile per muoversi in contesti sempre più globali, la capacità di coniugare sensibilità creativa e attitudine commerciale, la flessibilità e l’adattamento ad accorpare funzioni e mansioni un tempo distinte (Carelli, Scaglioni, 2017). È dentro questo quadro che s’inseriscono le nuove professionalità potenzialmente più rilevanti nei prossimi anni; mentre le funzioni direzionali classiche legate all’area editoriale, soprattutto all’interno dei broadcasters, manterranno una naturale centralità consolidata nel tempo, è sui versanti della produzione, del rapporto con i brand e del digitale che sembrano aprirsi gli spazi più interessanti. In linea generale, è possibile sintetizzare quattro grandi nuclei di innovazione:

1. l’area dell’intermediazione: in un mercato sempre più aperto e globale, si faranno largo figure professionali e mestieri in grado di far incontrare domanda e offerta, di svolgere un supporto nella negoziazione e nell’acquisizione di diritti e contenuti, di operare come “facilitatori” del rapporto, spesso non facile, tra attori provenienti da settori e culture differenti (infra).

2. l’area della promozione: nel contesto della multicanalità e della moltiplicazione delle piattaforme tecnologi- che, è sempre più decisivo pianificare, sia creativamente che operativamente, un’attività promozionale efficace e coerente. Le figure del Promoter o del Media Planner, ma anche – con sfumature diverse – quella dell’ufficio stampa e del PR, vivono quindi una rinnovata centralità che li colloca al centro dei processi e dei flussi dell’offerta, dove risulta fondamentale coltivare abilità nella costruzione e valorizzazione del brand editoriale e, allo stesso tempo, gestire l’equilibrio e le relazioni con gli stakeholder.

3. l’area della commercializzazione: parzialmente legato all’area precedente è l’ambito che si occupa del reperimento delle risorse e del finanziamento dell’attività editoriale. Fenomeni come il branded entertainment stanno conquistando spazio presso diversi players, costringendo a un ripensamento del rapporto classico tra mondo editoriale mondo pubblicitario. In questo senso, si allarga la necessità di figure che sappiano far dialogare le esigenze dell’editore con quelle del brand e capaci, allo stesso tempo, di promuovere una cultura e una sensibilità “nuove” nell’approccio al prodotto audiovisivo.

4. l’area dell’informatizzazione: con l’esplosione delle piattaforme digitali, si consolida la necessità di profili che sappiano leggere e gestire l’enorme mole di dati a disposizione (big data), sfruttare a pieno le potenzialità degli algoritmi e dei principi di raccomandazione, ma anche –allo stesso tempo – far vivere i contenuti negli infiniti spazi aperti dal web e dai social. Il mondo dei big data consente di rimodulare il processo di conquista dell’attenzione e favorisce percorsi sempre più definiti e profondi di profilazione dei pubblici; esperti di marketing digitale così come figure creative capaci di far dialogare i diversi linguaggi in un’ottica sempre più transmediale risultano pertanto risorse vitali dentro un contesto in così rapida e perenne trasformazione.

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