11 minute read

2. I PLAYER

L’evoluzione del settore della comunicazione digitale, come descritto nel paragrafo precedente, ha visto mutare la filiera e modificare la relazione fra i soggetti.

Il cambiamento ha interessato anche i player con cui il mercato del lavoro della comunicazione digitale si deve confrontare.

Advertisement

Fra i nuovi player emersi con forza negli ultimi anni figurano certamente gli Influencer. Nell’ambito di percorsi di fruizione mediale frammentati e sempre più transmediali, con un cambio delle diete e dei percorsi informativi (Rapporto Censis, 2018) e di acquisto che incrociano online e offline in modo eterogeneo (si pensi ai fenomeni ormai noti come il webrooming e lo showrooming, il ROPO – Research Online, Purchased Offline), di giovani generazioni (come la generazione Y e Z) che fruiscono l’informazione e i media broadcast in modo differente dalle generazioni precedenti, è complesso per le aziende riuscire a trovare percorsi standard di comunicazione. La direzione che le imprese intraprendono è quella della costruzione di strategie di comunicazione taylor made per i singoli prodotti, eventi o circostanze e in cui sempre di più si possa offrire all’utente/cliente un’esperienza di comunicazione multicanale. All’interno di questo percorso gli Influencer rappresentano uno snodo importante perché sfruttano al meglio le reti sociali e incrociano gli interessi degli utenti. Spesso interpretati come opinion leader, ovvero come snodi di diffusione delle informazioni al pubblico, il fenomeno dell’influencer marketing ha assunto dimensioni importanti negli ultimi anni, diventando una componente del media plan delle aziende.

Per quanto riguarda la modalità di relazione con gli Influencer, si possono distinguere due approcci: uno legato alla filiera degli earned media tipico delle media relation, in cui gli influencer sono coinvolti in test di prodotto o in eventi a titolo gratuito; il secondo legato alla sfera dei paid media, in cui gli Influencer sono interpretati come veri e propri media di cui acquistare uno spazio o con cui instaurare una collaborazione remunerata. Questo approccio non si limita alla richiesta di foto o video brandizzati, ma si spinge nelle occasioni più virtuose alla creazione di veri e propri branded content o di cocreazione di prodotto in cui c’è una stretta forma di collaborazione fra il brand e l’Influencer (ad esempio capsule collection o limited edition).

Altri player che sono emersi in questo settore sono realtà specializzate nell’Influencer marketing che consentono ad aziende ed agenzie di gestire il fenomeno. Fra i player più interessanti degli ultimi anni si possono citare Buzzoole, piattaforma di influencer marketing basata sull’intelligenza artificiale, e Friendz, piattaforma che consente ai microinfluencer di ottenere una remunerazione per il proprio lavoro aderendo a campagne lanciate dai brand.

La costellazione di attività legate agli Influencer ha generato anche la nascita di altre realtà: le attività imprenditoriali gestite dagli Influencer stessi e le agenzie di talent management.

Per quanto riguarda le prime, esse raccolgono l’insieme delle attività collegate all’Influencer/talent: gestione dei contenuti social, relazioni con i brand, sviluppo di proprie linee di prodotto e di negozi online e offline, talvolta anche occupandosi di gestirne altri. Fra le realtà più consolidate nate attorno a un talent vi sono The Blonde Salad (Chiara Fer-

Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546 ragni),

ClioMakeup/Team

Peronaci, Cristina Fogazzi/L’Estetista Cinica.

Clio (Clio Zammatteo), Salvatore Aranzulla, Sonia

Le agenzie di talent management si occupano invece da esterni di gestire lo sviluppo dei talent, attraverso la costruzione di un piano editoriale e di una strategia di comunicazione a partire dai contenuti forti già realizzati dal talent, e di organizzare la collaborazione con i brand gestendo contemporaneamente più soggetti. In questo ambito si possono citare a titolo esemplificativo agenzie come NewCo Management, Showreel, Divimove, Studio71. Anche questi sono interessanti ambiti in cui i giovani possono trovare sbocchi lavorativi.

Un secondo ambito in cui sono emersi nuovi player è quello della selezione e della gestione delle risorse umane. A fronte della crescita dell’importanza delle soft skills e della capacità di sapersi inserire in modo proattivo nel mondo del lavoro, sono nate agenzie che hanno attivato nuove modalità di selezione del personale attraverso l’elaborazione di un brief e la sua valutazione in maniera blinded da parte dell’azienda come Just Knock.

Un terzo ambito che ha visto trasformarsi i propri player è quello delle associazioni di categoria che sono chiamate non solo ad aggregare agenzie o aziende, ma che si mettono in campo anche come soggetti che offrono occasioni di formazione per consentire agli associati, e non solo, di conoscere i mutamenti del settore. Per quanto riguarda la formazione sono diversi i soggetti che si sono messi in campo erogando master o corsi executive fra cui anche editori come Class e RCS oltre alla storica attività del Il Sole 24 Ore.

Un quarto ambito, infine, di soggetti è quello che si occupa in modo verticale e altamente professionalizzato di servizi innovativi di marketing e advertising, come Xingu, società di Amazon marketing a cui è dedicato uno dei due approfondimenti del capitolo.

Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546

Il carattere mutageno degli ambienti di rete si riverbera sui profili professionali, che sono soggetti come e più che negli altri ambienti mediali a una costante trasformazione (Xhaet, Fidora, 2015). È possibile raccogliere le professioni nell’ambito del digital e le competenze che esso richiede in tre ambiti: i profili in crescita, i profili consolidati e le competenze trasversali.

3.1 I PROFILI IN CRESCITA32

Fra i nuovi profili, per esempio compare il Brand Journalist. Anche in Italia sta crescendo l’interesse nelle aziende verso la costruzione della narrazione dei propri brand che vada al di là della semplice promozione pubblicitaria ma che si sposti sempre di più verso un concetto ampio di informazione sulla marca, i suoi valori, l’azienda e le sue attività. Se infatti i brand diventano sempre più dei broadcaster che producono contenuti editoriali, la natura della comunicazione prodotta si articola in forme sempre più sofisticate, multimediali, ingaggianti, lunghe. Il Brand Journalist è il professionista che, all’interno delle agenzie o direttamente nelle aziende, offre ai brand l’opportunità di raccontare la propria storia e di trasformarsi così in vere e proprie news corporation. Il Brand Journalism è quindi una professione a cavallo tra il giornalismo vero e proprio (nella sua capacità di rendere pubbliche storie rilevanti, di saper scrivere e produrre contenuti per diversi ambienti digitali multimediali) e le professioni più legate al marketing e alla comunicazione aziendale, in considerazione del fatto che l’obiettivo ultimo rimane la definizione e comunicazione dell’identità della marca e dei suoi valori per una finalità di business ma anche per una certa attenzione nei confronti delle metriche di valutazione dell’efficacia delle strategie di comunicazione. Un secondo profilo professionale che sta acquistando rilevanza è quello del Programmatic Specialist. A fronte dell’aumento dell’investimento pubblicitario pianificato attraverso piattaforme di programmatic advertising, aumenta anche la richiesta di figure professionali in grado di gestire le piattaforme di compravendita di spazi pubblicitari digitali.

Programmatic Specialist sono dunque professionisti, impiegati nei centri media, nelle concessionarie (e, in maniera residuale ma in crescita, nelle aziende) in grado di operare su piattaforme di analisi ed elaborazione dati. Tra le competenze e le attitudini del Programmatic Specialist vi è l’uso di Excel, capacità analitiche, la conoscenza della lingua inglese (le piattaforme sono spesso in inglese) ma anche la capacità di comprendere e prefigurare le dinamiche di comportamento dei pubblici in rete. Non è dunque un profilo completamente analitico né statistico, ma rivestono una certa importanza le doti strategiche e la conoscenza del contesto digitale in cui gli utenti si muovono.

3.2 I PROFILI CONSOLIDATI33

Il panorama delle professioni digital è abitato anche da professioni più consolidate, per quanto anch’esse giovani. Il

32 Per un approfondimento sulle professioni digitali cfr. anche G. Xhaet, G. Fidora, Le nuove professioni digitali Risorse, opportunità e competenze per la tua carriera online, Milano: Hoepli 2015.

33 Per un approfondimento sulle professioni digitali cfr. anche G. Xhaet, G. Fidora, Le nuove professioni digitali Risorse, opportunità e competenze per la tua carriera online, Milano: Hoepli 2015.

Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546

Social Media Manager, per esempio, è chi si occupa della gestione dei profili sui social media dell’azienda o dell’istituzione. Oltre a conoscere approfonditamente le dinamiche che caratterizzano i social media, il Social Media Manager ha competenze di scrittura e di elaborazione grafica/video editing, soprattutto nel caso in cui lavori in realtà piccole dove si occupa di gestire tutto il processo produttivo dei contenuti da pubblicare. Le soft skills che lo caratterizzano sono le doti relazionali per poter interagire con tutti i soggetti dell’azienda che si trovano a dover comunicare sui social media (es. Brand Manager, Copy, Art, responsabile marketing), ma anche per sapere gestire il corretto tone of voice sui social media. È richiesta inoltre una competenza nella lettura delle analitche e delle piattaforme di reporting specializzate. Il Social Media Manager è una figura che si trova tipicamente in agenzia ma sempre di più anche le aziende tendono ad internalizzarla, magari in supporto al lavoro specializzato di agenzia. Sempre di più il Social Media Manager rappresenta il punto d’accesso in agenzia o in azienda per giovani che vogliono iniziare la loro carriera nella comunicazione del digitale, anche già dopo il percorso di una laurea triennale. Un secondo profilo presente da tempo è quello del Community Manager, ovvero colei o colui che lavora a stretto contatto con il Social Media Manager per la gestione dei profili sui social media ma si occupa principalmente dell’interazione con la community, moderando e rispondendo ai messaggi, individuando issue critiche e relazionandosi anche con il customer care per quelle realtà che ne prevedano la gestione attraverso personale dedicato. Il Community Manager si caratterizza per spiccate doti di relazione, pazienza ed elevata resistenza allo stress.

(Digital) PR Specialist è, invece, la figura che si occupa della gestione delle relazioni dell’azienda sul web, attraverso il contatto con le testate digitali, i blog specializzati e la gestione delle relazioni con gli influencer e tutti gli stakeholder dell’azienda. Si occupa anche del monitoraggio della reputazione aziendale sul web, attraverso tool dedicati, all’individuazione di potenziali issue critiche e della loro gestione. Data l’elevata integrazione fra online e offline sempre di più agli specialisti di PR è richiesta una competenza sia sui media offline che su quelli online. Come per le due figure precedenti, il Digital PR Specialist si caratterizza per elevati doti di relazione ed organizzative. Si tratta di una professionalità presente sia in agenzie verticali che in azienda. Una figura strategica nella gestione dei progetti complessi e che rappresenta il raccordo fra le varie figure coinvolte nel suo sviluppo è poi quella del Project Manager. Anche in questo caso si tratta di una posizione presente da tempo. Il Project Manager ha il compito di tenere le fila dei progetti, fissare gli obiettivi per il team, garantire che le scadenze e il budget siano rispettati. Si tratta di una figura la cui richiesta è aumentata da parte delle agenzie per poter gestire progetti complessi, che coinvolgono per esempio più team o più piattaforme.

Come per la figura precedente anche il Web Analyst è un profilo pienamente integrato nella filiera e in crescita per quanto riguarda le richieste in agenzia. Il Web Analyst può occuparsi di diverse aree: web analysis, social media analysis, social media listening. Nel primo caso il Web Analyst si occupa di analizzare le performance dei siti web, nel secondo caso il suo lavoro è quello di analizzare le performance sui social del cliente ed eventualmente dei suoi competitor, nel

Copyright © 2019 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. ISBN 9788891793546 terzo caso si occupa di “ascoltare” la rete, ovvero di individuare le conversazioni interessanti rispetto ai temi individuati dal cliente sui social media o nel web (per esempio forum, testate online, blog). Tali dati possono essere utilizzati sia per la valutazione a posteriori delle attività di comunicazione sia per trarre insight utili al fine di progettare nuove attività. Fondamentale per il Web Analyst è la competenza d’uso delle piattaforme dedicate e della gestione della reportistica. Storicamente è una figura proveniente da percorsi di formazione come statistica o matematica, ma sta crescendo la presenza di Web Analyst provenienti da percorsi di formazione umanistica o di comunicazione per la capacità di contestualizzare e interpretare i dati.

Altri due profili chiave sono quello del Digital Strategist e del Digital Account. Il Digital Strategist si occupa di ideare e sviluppare le campagne di comunicazione, in ottica transmediale e multicanale. Deve avere competenze nella lettura degli insight, a livello macro e micro, e la capacità di tradurli in attività di comunicazione. Deve essere curioso e attento agli sviluppi della tecnologia e delle piattaforme unendo competenze creative con una forte conoscenza dei mezzi. Il Digital Strategist può avere due declinazioni: una in ambito creativo, e quindi essere la persona che costruisce la campagna di comunicazione in ambito per esempio dei social media, oppure in ambito media come Strategic Planner dove invece andrà a sviluppare la scelta strategica delle piattaforme su cui distribuire le campagne. Per tutte le competenze richieste si tratta in genere di una figura con una certa seniority. Alla figura di Digital Strategist si accede infatti dopo un percorso come Community e Social Media Manager o dopo un’esperienza come Digital Media Planner.

Il Digital Account si occupa invece di seguire il cliente in tutto lo sviluppo delle attività digitali, dalla raccolta del brief alla reportistica. Si tratta di una figura chiave in agenzia dove l’account è lo snodo che collega gli specialisti verticali con il cliente. Un account deve possedere elevate competenze relazionali e organizzative per gestire sia i team coinvolti sia la parte operativa del progetto. Sempre di più agli account sono richieste inoltre competenze nella lettura degli insight e creative per poter individuare le esigenze del cliente e saperle mettere in relazione con le professionalità d’agenzia.

3.3 LE COMPETENZE

Per quanto le professioni digitali siano in una fase di forte specializzazione, un’osservazione sul campo delle dinamiche occupazionali e dei processi di placement negli studenti dei master “digital” di Almed rivelano l’esistenza di un plesso di competenze trasversali che vengono richieste dal mercato indipendentemente dalla mansione che si va a ricoprire:

– anche nei profili più umanisti, è apprezzata una predisposizione alla comprensione delle dinamiche economiche e di business;

– cresce la richiesta di competenze di public speaking e la capacità di saper costruire delle presentazioni efficaci (Power Point, Keynote o Prezi);

– le competenze analitiche vengono considerate sempre di più fondamentali non solo per i profili professionali più da analyst, ma tutti i professionisti della comunicazione;

– anche per i profili più umanisti risulta essere sempre più importante la capacità di usare fogli di calcolo in manie- ra evoluta e il pensiero analitico e la conoscenza delle principali metriche di Internet, sia lato audience sia lato advertising;

– viene richiesta la conoscenza delle logiche e dei linguaggi di funzionamento degli ambienti digitali, dei linguaggi di programmazione (html) e una certa attenzione per il mondo del coding di base, come elemento per comprendere le logiche di funzionamento degli strumenti digitali;

– fra le soft skills più richieste vi è anche la capacità di lavorare in team e di essere costantemente aggiornati sull’evoluzione della comunicazione digitale, sui trend e sulle piattaforme;

– imprescindibile è la conoscenza avanzata dell’inglese, che spesso risulta essere un elemento decisivo nelle fasi di selezione.

In sintesi, quello della comunicazione digitale è un settore consolidato, in cui la filiera e i player appaiono definiti sebbene emergano periodicamente nuovi soggetti con cui confrontarsi. La pervasività della comunicazione digitale e i processi di digital transformation fanno sì che esso sia un settore con cui tutti i soggetti del mercato si devono confrontare e in cui si assiste sempre di più a ibridazioni e contaminazioni con le forme tradizionali di comunicazione.

Ai giovani che intendono affacciarsi a questo settore è quindi richiesto di possedere certamente competenze verticali e soft skills acquisibili attraverso i percorsi di studio, ma anche di sviluppare un’attitudine alla formazione e all’aggiornamento permanente per poter rimanere sempre al passo con i tempi, come evidenzia anche l’approfondimento dedicato alle startup.

This article is from: