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L'ADUNATA DI ROMA

Il convegno di Roma, fra i rappresentanti di tutte le nazionalità oppresse dalla monarchia austro-ungarica, è di una grande significazione e avrà certamente ripercussioni immediate e mediate della più alta portata storica. I1 convegno inizia i suoi lavori nel momento stesso in cui il ministro degli E steri austriaco getta un acuto grido d'allume contro il pericolo czeco e denuncia gli apostoli della rivendicazione nazionale aeco-slovacca, con Masaryk in testa, . quali colpevoli di alto t radimento. Consacrazione più lusing hiera d ella causa boema non si poteva sperare. I poteri responsabili d'Austria-Ungheria trattano gli czcchi come nemici, più pericolosi - secondo la frase testuale di Czernin - di quelli che stanno a Parigi, Londra e persino a Roma. La minaccia czerniniana non farà che alimentare la fiamma che arde viva nel cuore dei figli di Boemia. Il congresso cli Roma è la risposta immediata all'olttacotanza dei tedeschi e dei magiari, uniti ormai nella stessa socie/a! steleri!, per la vita e per la morte. Ma accanto agli czeco-slovacchi, sull'atteggiamento anti-austriaco dei quali non v'è dubbio possibile, in quanto esso è documentato da un lungo e sanguinoso martirio, scendono a Roma gli slavi del sud, i rappresentanti della Jugo-slavia, cioè dei serbi, dei croati, degli sloveni. Che i tedeschi e i magiari abbiano perseguitato - coi mezzi più feroci, dalle deportazioni in massa agli assassini in massa - le popÒlazioni slave del sud, è storia che non si cancella. 8 d 'ieri il discorso col quale Tresit-Pavicit, deputato croato, denunciava al mondo le infamie compiute dagli organi statali austriaci, durante la g uerra, contro i serbo-croati-sloveni.

Che gli jugo-slavi si siano messi - in accordo cogli czeco-slovacchi - sul terreno inteso.6.lo e anti-austriaco, è un fattO certo e le ultime manifestazioni del plebiscito fra le popolazioni lo confermano. Se fra gli slavi del sud la lotta anti-austriaca non ha ancora assunto i caratteri violenti che distinguono quella ingaggiata contro Vienna e Budapest dagli slavi di Boemia, Moravia, Slesia, lo si deve al fatto che il sentimento nazionale è fra gli czeco-slovacchi piò profondamente radicato, in quanto la Boemia fu già Nazione ed ha una sto ria ricca di pagine gloriose, Inoltre il dissidio italo-jugo-slavo ba « pe- sato » sull'atteggiamento degli slavi del sud. Il convegno di Roma dke che questo dis~idio è già, almeno nelle sue basi fondamentali, f elicemente composto.

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Ma la significa:zione storica peculiare e, vçrremmo quasi scrivere, o rigfoale del convegno di Roma, sta in ciò : esso stgna l'initio di 1111 n11ovo orimtamenlo polilùo, spirituale dd mondo slavo del/' E11ropa 111doaidentale. Il solo fatto che ci sia quest'inizio, questo cominciamento, è di una importanza grandiosa. Gli slavi che sino al 1917 guardavano a Pietrogrado nell'attesa della liberazione dalla stretta sempre più oppressiva dei tedeschi e dei magiari, oggi guardano a R oma, a Roma che è stata, è e sarà sempre più grande - inteso questo aggettivo nel senso storico - della città che Pietro di Russia volle, quasi con artificio, costruire sulle rive della Neva. Gli slavi si volgono a Roma, cioè alla madre antica di tre civiltà, sono ospiti della città nella quale nessun uomo civile può entrare o rimanere senza essere afferrato dal fascino che promana d a trenta secoli di storia mondiale. Roma è la città degna per il suo passato, per il .suo presente e per il suo avvenire di tenere _a battesimo la lega dei popoli oppressi. A Roma il sacro egoismo, formula statale negativa, si completa col sacro altruismo, formala popolare positiva, che concilia gli interessi ..di tutti in vista· cli uno scopo comune da raggiungere.

L'Italia che si mette alla testa delle nazionalità anti-austriache, è i mperiale. L'impero non si attua soltanto colla dilatazione territoriale delle frontiere, ma si attua, e vorremmo quasi dire soprattutto, colla estensione del prestigio morale e politico della Nazione. E se questo prestigio fosse minacciato da possibili divergenze in materia di delimitazioni territoriali, è politica saggia e lungimirante tentare le vie della conciliazione, poiché, oggi, i valori morali hanno una quotazione più alta dei semplici valori t erritoriali. Chi ~i ha seguito in questi ultimi mesi, sa che la politica delle rinuncie a priori, non è la nostra, ma non è nemmeno nostra la politica dell'intransige02a assoluta, quando la situazione militare, politica e morale, è formidabilmente cambiata. Rendere oggi popolare il nome e la guerra dell'Italia fra i trenta milioni di slavi che vengono a noi, cioè all'unica nazione armata che sposando la loro causa sia io grado di spenare le loro carene, non significa. soltanto accreScCrc di uno i fattori della nostra vittoria; ma significa gan.ntirci meglio per il futuro da possibili nuove aggressioni del pangermUU.smo ; significa creare vaste sfere di inAucnza politica e morale, per cui l'Italia terrà degnamente il suo p osto, fra le poche nazioni « direttrici » della civiltà europea e mondiale di domani. Né ci sembra necessario aggiungere che queste sfere di influenza m orale e politica, ·questo che si potrebbe chiamare espa111io11is1110 rpirituale, preparerà, faciliterà l'erpan.rionismo uonomico, per il quale è ptonta a sostituire i tedeschi in tutti j mercati balcanici, la giovane, ma già gagliarda e potente industria italiana.

Quel convegno di tutte le naz.iorialità anti-austriachc, che nei mesi scorsi propugnammo ~pn tanta tenacia, è ormai un fatto compiuto. Si comprendono le preoccupazioni dei tedeschi e dei magiari. la fine del loro vecchio gioco, che consisteva nel gettare l'uno contro l'altro i popoli. È la paura delle ripercussioni che tale intesa può avere nella compagine militare e statale austro-ungarica. Il convegno cli Roma gioverà anche a ?<Jr.re tutta la Quadruplice alleata su un terreno netumente anti-austriaco.

Ai rappresentanti· delle nazioiù oppresse che, riuniti nella Città eterna, rinnove ranno il g iuramento della libertà, vada il nostro cordiale saluto.

Noi sentiamo onnipossente in questi g iorni lo spirito di Mazzini. Una politica che trae la sua ispirazione dal Profeta del diritto dei popoli, non può fallire.

MUSSOLINI

Da J/ Popoh> J'Jr.:zlia, N. 96, 7 aprile 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 96, 7 aprile 1918, V.

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