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LA FLOTTA TRUFFATA

Noi ringraziamo Luciano Magrini di essersi recato a Zagabria e di avervi intervistato il ministro della Marina del Consiglio nazionale jugoslavo. Jugoslavia non ancora nata, non ancora riconosciuta dagli altri Stati ali>infuori dell'Italia) possiede già una grande fiotta militare. Come nelle vecchie favole per i doni delle fate, la cosidetta Jugoslavia, chC non possedeva n emmeno un sandolino, ha ricevuto all'improvviso H dono no n disprezzabile di una· flotta militare Per quale prodigio ? - qualcuno domandò fra gli occidentali Gli jugoslavi di Londra e d i Parigi, in commo vente acco rdo con vari Steed e Gauvain e al trettali croati d'elezione, diffusero la strabiliante novella di una rivo luzione jugos lava scoppiata p rima della firma dell'armistizio fra Italia e Austria e durante Ia quale gli equipaggi jugoslavi si sarebbero impadroniti delle navi.

Era, dunque, co l «diritto di rivoluzione>> che la sedicente J ugoslavia legittimava la presa di possesso della flotta già austro-ungarica.

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Ora, questa rivoluzione n on è mai esistita. Gli equipaggi jugoslavi non sono mai insorti . Il Magrini scrive nel Secolo da Zaga.bria che «sono false tutte le voci riguardo ad un preteso moto rivoluzionario scoppiato fra gli equipaggi della flotta nell'ultima ora dell'Austria >).

La .flotta è stata gentilmente e telegraficamente ceduta il giorno .19 ottobre dall'jmperatore Carlo al Consiglio di Zagabrìa c il Co nsiglio si è affrettato a riceverla. U na delle delegazioni partite da Zagabria per Pala e Cattaro , a ricever vi la consegna della fl otta, era capitanata da quel che occupò, a suo t emp o, parecchie colonne dei giornali italiani c che passava per un amico dell'Italia....

Non c'è stata nemmeno l'ombra di una rivolta degli equipaggi, ma un « regolare protocollo di cessione » fra due co lpevoli e complici della truffa o rdita ai danni dell'Italia. .

Quello che accade è semplicemente mostruoso. Si stenta a crederlo, tanto appare inverosimile! La Jugoslavia ha una fl otta militare, ha due ammiragli che comandanp, ha la speranza, come dice TresK-Pavisie, di « salvare l'intera nostra flotta sin o alla più piccola imbucazione ».

Questo depu tato croato chiama «nostra » la flotta militare austroungarica. Perfino Luciano Magrini, buon democratico, trova che que- sto è un po' forte e fa seguire la dichiarazione del Tresit-Pavisie da una di punti interrogativi, per dimostrare come qualmen te la Jugoslavia sarà soffocata dalla flotta perché ·non potrà sopportarne gli oneri finanziari, ecc. ecc. ·

Tutto inchiostro sprecato. Non è con frasi amabili che si addomesticano i croati.

Noi ci domandiamo se gli italiani hanno la nozione dì dò che è avvenuto . ·Noi ci domandiamo se questa scandalosa truffa, se questo vero e proprio gesto di ostilità può essere tollerato. Noi domandiamo se i nostri Alleati hanno intenzione di disgustare di sacrificarla, di ricondurla a una politica estera paradossale.

Me li salutate voi , questi jugoslavi ribelli, ai quali l'Absburgo regala la Botta, in compenso, evidentemente, dei servigi prestati e della lo ro fedeltà secolare l

Che av rebbero detto gli inglesi, se il Kaiser, prima di andar- · sene in Olanda, avesse ceduto la flotta, per esempio, ai polacchi ? (La similitudine è di un giornale ing lese). Avrebbero considerato valido il contratto ? O non avrebbero intimato ai polacchi la restituzione del bottino frodato ? Il caso è identico.

La prospettiva che la Jugoslavia possieda una flotta mìhtare è insopportabile. Noi abbiamo combattuto per essere liberi nell'Adriatico. Abbiamo sariguinato per risolvere il problema dell'Adriatico, che è n nostro problema vitale dal punto di v.ista naziOnale. Non intendiamo che i nostri sacrifici siano stati compiuti invano,

La ex-flo tta austro-ungarica deve p assate all'Italia; le città italiane devono essere p residiate dagli italiani [. ... censHra ..•. ] gli Alleati devono convincersi che solo manifestazioni precise di lealtà da parte l oro possono d isperdere il disagio e l'inquietudine vivissima che regna no in, molti ambienti italiani.

I comunicati di Londra non . bastano, perché non dicono niente. A noi interessa poco di sapere la precisa ubicaZione che avevano i ministri al tavolo nel Gabinetto m inisteriale di Londra: quello che · vogliamo sapère è se tutti i diritti deJl' ltalia saranno riconosciuti e rispettati, come l'Italia è disposta a riconoscere e a rispettare tutti i diritti degli Alleati.

Senza questa reciprocità, piena e solidale, che deve scendere dalle gelide espressioni ufficiali alla vasta coscienza popolare, l'alleanza rimarrà nei protocolli e non sarà -come noi, malgrado tutto, ancora vogliamo - il Vangelo delle nuove generazioni tanto ja Italia come in Francia.

Da Il Popolo d'lJ.tlia, N. 336, 5 dicembre 1918, V,

Parole D A Chiarire

Parigi. 5.

Il signor ministro di Serbia.. che rappresenterà il suo Paese alla conferenza della pace, ha dichiaratO ad un giornale parigino ciò che segue e che ieri i giornali italiani stampavano senza una riga d i commento. · · non mi accuserete di vanterie, se vi farò la constatazione storica che siamo stati noi a smembrare I'Jmpero ottomano in Europa, nello stesso modo che abbiamo scosso e finito la monarchia d egli Absburgo. Da un secolo in qua, l'Europa, ingannandosi sulle nos tre intenzioni, ci ha considerati come dei per· turbatori. d ell a pace: ma era perché noi avevamO> voluto Iibe-rard dal giogo straNero e vivere liberamente la nostra vita. O ggi noi non abbiamo altra ambizione e non domand iamo altro. Davanti aJI'assembl ea che la Francia onorerà della sua ospitalità, non reclameremo niente altro che ciò che è nostro etnicamente e moralmmte. T utti i croati, gli sloveni ed i serbi difenderanno coo estrema energia ogni particella del nostro patrimonio nazionale, così in terra come lungo il ma.re. « U futuro Stato jugoslavo sarà libero (e noi non concepiamo la libertà senza l'eguaglianza), oppure non esisterà. Ma noi saremo liberi, come saranno liberi e fel ici tutti i popoli a!Ieati, perché l'ideale, per il quale l'umanità ha versato tanto sangue, ncm dovrà e non potrà essere oscurato».

«Noi ci presenteremo alla futura conferenza a t esta alta ed a mani vuote, in un certo senso. A testa alta perché cred iamo di aver fatto il nostro dovere sui campi di battaglia, a fianco dei nostri Alleati; a mani vuote, no n porteremo nel nostro portafogli alcuna carta.

« In questa orribile guerra noi non abbiamo pensat o che alla vittoria, skuri che g iustizia .sar.ì resa a tutti g li Alleati, senza riguardo alla loro g randezza e ai l oro trattati intf'tni, Noi ci mut ilati ed assassinati, poiché nessuno potrà contestare la triste verità, che ji nostro popolo ha sofferto più di ogni altro in questo g rande dramma;· ma andremo a fro nte alta perché la nostra risoluzione di v ivere nell 'avvenire, uniti nella libertà e nel progresso, è indissolubile; e 5pe· riamo che questa volta questa fortuna ci sarà accordata.

N oi, con buona pace dei nostri confratelli che si contentano di riempire il sacco di notizie, non ·possiamo lasciar passare queste gravi dichiarazioni senza il nostro commento. Il sig nor Vesnil! un personaggio troPpo importante ed ha una missione ttoppo delicata, per ché tutto ciò che egli dice no n debba essere posto nel necessario rilievo.

Non abbiamo bi sogno di riaffermare p reH minarmente tutta la nostra simpatia, tutta la nostra ammirazione per la vecchia Serbia e sottoscriviamo pienamente all'esaltazione che il Vesnie fa deJl>opera compiuta, dei sacrifici sopportati Serbia durante la guerra. La Serbia ha diritto di presentarsi a fronte alta al congresso della pace. D 'accordo . Conveniamo col Vesnit che la Serbia ha una gran parte del merìto ne lla scomparsa dell'Impero ottomano, ma quando il mìnistro di Belg rado dke che la Serb.ia ha « scosso e fini/() la monatchia degli Absburg o », noi ci permettiamo di rico rdargli - con la più amichevole d iscrezione - che sulla faccia della te rra c'è anche una nazione che si chiama Italia, la quale avrebbe maggiore d iritto d i chiamarsi demolit rice dell'Austria, in quant o è scesa in campo contro l' Austria quattro volte in un secolo.... Ma no i non d fo rmalizziamo troppo di ciò.

P iuttosto vorremmo sape re che cosa intende dire il s ignor Vesnil!, quando pada di « particelle dd patrimonio nazionale che sarannO difese con estrema energia cosl in terra come lungo il mare >>. Siamo tro ppo es igenti se chiediamo dei l umi? Se domandiamo quali sono q ueste particelle? Noi sappiamo che per alcuni, anche serbi, nel numero delle particelle rientrano Zara, Fiume, Trieste, Gorizia, Cividale, Resiutta, Udine, ecc, Il signor Vesnil! condivide queste opinioni e in qual misura ?

Noi pensiamo che fra Italia e Serbia non può esistere dissidio fondame ntale. Può esist ere qualche questione di dettaglio, facilmente risolvibile con un po' di buona fede reciproca e di buona volontà. Troppi legami si sono stabiliti fra noi e i serbi in questi quattr<? anni di g ueua L egami militari, politici, economici, spirituali I due eserciti si son o conosciuti c h anno combattuto a fianco a fianco , contro lo stesso nemico. L'Italia ha fatto tutto quello che poteva e doveva fare, per soccorrere la Serbia.

Che cosa ha fatto ? Non lo vogliamo dire noi , italiani, cbé p otrebbe app arire di cattivo g usto; lo lasciamo dire a un francese, al' signor Andrea Mord, nel suo libro La jtllnt ltalie (Paris, Ernil Paul 1918). A pag. 50 e seguenti di quest o suo libro, il More!, illustrando della marina italiana, cosi si esprime:

«Del va lore, d ella tenacità, dell'organizzazione e dell'abilità delÌa marina italiana non esiste nessuna prova migliore d el modo con cui e.sa assolse la mis· più difficile e più penosa per gli uomini che sanno restar uomini anche in guerra: il salvataggio de/l'eurciJo serbo s11lla co.IIa arJrialica.

« Mentre - prosegue il Morel - io visitavo l'arsenale col tenente di vascello Bartolucci che l'ammiraglio mi aveva. dato per guida, giunsi davanti a uno scalo asciutto, dove si stava riparando un vapore: " Vi presento il mio battello che ha. raccolto ì serbi . Lo sì ripuJ.isce. Ne aveva bisogno " . lo non posso ripetere gli inddmti abbominevoH e strazianti di questi viaggi da una rosta all'altra, con queste masse d'uomini. semimorti, spogliati s6.niti, ia.cidenti che mi furono raccontati dal Bartolucd aac()(a tutto commosso d ' orrore . Basta dire che i serbi arrivando al ponte dove li attendeva la salvezza, non lo vedevano nemmeno l Camminando da tanti giorni senza riposo e senza cibo, continuavano a camminare e cadevano uno dopo l'altro nell'acqua senza accorgersene!

« Dal 12 dicembre 1915 al 22 febbraio 1916 furono imbarcati e trasportati a Brindisi 11.651 bÒrghesi, 190.841 soldati a Corfù e 4000 a Biserta

« All'uopo furono impiegati 6 grandi. trasporti italiani, 2 incrociatori ausiliari francesi, 6 navi-ospedale di cui 2 italiane e wu francese, 34 vapori di cui 15 italiani.

«Con itinerari diversi furono compiuti ben 303 viaggi.

« l prigionieri austriaci fatti dai serbi (di 70.000 ne giu ilsero all'Adriatico 22.928) furono portati all'Asinata su 14 v apori, dei quali 11 italiani.

«Quanto ai viveri, per i C!lmpi di concentramento sulla spiaggia albanese, furooo portati da 24 vapori, dei quali 17 italiani, 5 inglesi , 2 francesi, i quali effettuarono 73 viaggi e sbarcarono a Medua., D urazzo, Vallona, Corfù 22.000 tonnellate di merci diverse. Ben 170 unità vegliarono alla sicurezza dei convogli. La vigilanza era cosl assidua, che 19 attacchi di sottomarini fallirono e una sola nave-ospedale, Ja M arechiMo, affondò per aver urtato una mina.. N on WlO dei feriti perì. Ma il capitano Cacace e una parte dell'equipaggio affondarono colla nave

«E come i o più tardi mi stupivo - è sempre il Morel che scrive - d ella relativa piccolena dei vapori impiegati al rifornimento della Serbia e del Mofttenegro, prima e dopo l'esodo dell'esercito, rifornimento che fu opera della sola marina itAliana, mi fu risposto che 100.000 quintali di viveri furono t ras portati in 6 settimane da 70 piroscafi italiani dei quali soltanto 3 furono silurati.

Pe r qua nto .i particolari siano ignoraci dal grosso pubblico, anche italiano, è certo che questa è una delle pagine più brillanti nella st oria della marina italiana. Come potrebbero italiani e serbi non realizzare l'accordo sull'.Ad.d acico, quando sulle acque di questo màre, l'Italia, colla sua mag nifica flo tta, ha portato i n salvo ciò che rimaneva della patria serba?

I nostri amici serbi non ·hanno certamente bisogno di essere sollecitati a ricordare gli avvenimenti che si svolsero fra le due coste adriatiche nei mesi dell'inverno I9I S-I9t6. .

La nostra rievocazione - attraverso la t estimonianza di un fra ncese - è destinata agli italiani. MUSSOLJN[

D a Il Popolo d'italia., N 337, 6 dicembre 19 18, V.

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