7 minute read

VERSO LE DECISIONI TEDESCHI D'AUSTRIA

Il problema dei tedeschi d'Austria sta per venire all'ordine del gior no della conferenza della pace. Non si può indugiare a dire quello che pensiamo, non g ià nell'illusione di far deviare da soli il corso degli eventi, ma per aderire a quelle couenri diplomatiche che si muovono sul nostro terre no . Il problema dei t edeschi d'Austria h a come molti · altri problemi, la conferenza in due pai:ti: daleuna parte sta la Francia, dall' aJtra stanno Inghilterra e Stati Uniti. Sembn che fra i due l'Italia non abbia ancora definito il suo atteggiamento. Noi crediamo di Ienderci fedeli interpreti del pubblico che ci segue se diciamo che non si }NÒ e non si deve ostacolare l'unione dei tedeschi d'Austria a quelli di Germania. . I nostrì amici francesi non s'adontino se noi accettiamo e propugnamo una soluzione del problema austriaco, contraria, apparentemente, ai loro interessi.

Apparentemente, e ci ripromettiamo di dimostrarlo.

Advertisement

La t esi francese è questa. Bisogna rendere innocua la Germania e pu raggiungere tale obiettivo il miglior mezzo il non aumentarne la popolazione. Quindi, l'Austria deve rimanete indipenderite. Stato a sé. Neutrale, secondo taluni; oppure membro di quella eventuale federaziOne danubiana che molti citcoli diplomatici e non diplomatici francesi vagheggiano. .

Prima di tutto mettiamo in tavola le cifre. Di quanto aumenterebbe b. popolazione dell'ex Impero tedesco, annettendosi i tedeschi d ' Austria?

La popolazione della Germania, nel 1914, era calcolata. a 68 milioni. I tedeschi d'Austria sommavano, secondo statistiche ufficiali, a u.,93·oi6, dei quali 9·950.2.66 . nell'Austria propriamente detta e il resto nell'Ungheria. Poiché i .tedeschi dell•.tJngheria sono dissemirutti in tutto il territòrio, deve intendersi che solo i 9·9'o.2.66 abitanti tedeschi dell'Austria potrebbero essere annessi alla Germania. Togliete da questa cifra i milioni e mezzo di tedeschi che rimarranno entro le frontiere della Boemia e avrete che i tedeschi annettibili alla Germania non superano i sette milioni. Essi porterebbero dunque la popolazione della Germania a n milioni Dai quali bisogna .detrarre 1.9oo.ooo abitmti dell•Atsazia-Lorena che tornerà alla Francia, :t milioni e 6o mila abitanti della Posnania che saranno restituiti alla Polonia e troverete, alla fine di questi elementari calcolì aritmetici, che la popolazione della Germania non supererà, anche con Yannessione dei tedeschi d•Austria, i 71 milioni d'abitanti, con un aumento di soli tre milioni popolaziorie dell'anteguerra.

Domandiamo: può questo leggero aumento di popolazio ne costituire un pericolo serio per la Francia? Rispondiamo fermamente di no

La Germania sarà resa innocua, non g ià coll•impedire rannessione dei tedeschi d•Austria, ma col disarmo, colla Società delle e col blocco latino che porrà di fronte ai 71 milioni dei tedeschi gli So milioni di francesi e italiani. Se una Germania di 71 milioni di abitanti è un pericolo per la Francia, lo è anche, forse a maggior ragione, per noi, che con questa Germania dirf_!ttamente confineremo.

Se la Francia teme la gravitazione della Gcrmania verso il Renp, l'Italia avrebbe le sue buone ragioni, convalidate da molti secoli di storia, per temere la stessa gravitazione teutonica verso Ja valle pad.ana e l'Adriatico.

· noi crediamo che sia nell'inter esse supremo e çom11ne della Francia e dell'Italia non impedire la fusione d ell'Austria tedesca colla Germania. Credere che i tedeschi d"Austria, quando fossero staccati artificiosamente e violentemente dalla Germania, non sarebbero solidali con leì1 specialmente in momenti di crisi, è pascersi di illusioni.

I vincoli del sangue non si smentiscono.

Non solo i tedeschi d'Austria, ma i tedeschi della Svizzera lo hanno luminosamente dimostrato. Le solidarietà di razza sono naturali e inevitabili.

Combattere colla frode o colla violenza equivale a costruire sulla sabbia un edificio che sarà rovesciato dal primo soffio dl vento.

Noi ci auguriamo fervidamente che la conferenza della pace prenderà atto del fatto compiuto1 non già perché è compiuto, ma perché risponde al ·principio di na:zionalità e di auto-decisione dei popoli. Bisogna rispettare questo diritto dì auto-decisione dei popoli anche nei confronti d ei tedeschi dell'Austria. Aggiungiamo che specialmente nel caso specifico dei tedeschi ddl'Austria il diritto di auto-decisione dei popoli non dev'essere violato, per una ragione d'indole sociale, che, da quanto abbiamo detto , non è stata ancora posta nel dovuto, grande, necessario rilievo.

La decisione dei tedeschi d'Austria di unirsi alla Germania, è veramente una decisione di popo lo. I socialisti hanno vinto con q uesto postulato massimo del loro programma elettorale. Anche i cristianosociali, che rappresentano ceti popolari, se non strettamente proletati, sono nello stesso ordine dì idee. Contrari a questa unione sono soltanto i pochi e screditati dell'aristocrazia agraria, militaresca e clericale: tutta gente senza séiuho e sommersa· dalla rivoluzione. Ora domandiamo: è prudente, è - soprattutto - giusto sol!ocare una volontà di popolo che è stata espressa in forma cosi solenne e plebiscitaria? Non costituirebbe una solenne smentita a quei princip i che furono non solo da Wilson ma da tutti gli altri uomini di Stato dell'Inghilterra reiteratamente pwpugnati?

Un'altra considerazione ancora e- importante. La preoccupazione di isolare quell'oscuro fenomen o di distruzione, che si chiama nel gergo corrente bolscevismo, 1ocalizzandolo nella Moscovia, domina gli ainbienti ufficiali dell'Intesa. Ma la soppressione dell'auto-decisione dei tedeschi d'Austria, retti .a Stato democratico-socialista, non equivarrebbe a fornire di un'arma form idabile i gruppi bolscevkhi d 'Occidente ? I quali gruppi potrebbero presentare l'eventuale decisione negativa dell'Intesa come un atto di ostilità a uno Stato governato da socialisti e appunto in quanto è governato da socialisti

La questione dei tedeschi d'Austd a non va esaminata soltanto dlll punto di vista militare, politico, economico, ma anche dal punto di vista sociale. Noi crediarrio che la conferenza di Parigi consacrerà il fatto compiuto. Una soluzione antinazionale del problema tedescoaustriaco. costituirebbe, a nostro avviso, un errore fatale.

23 MARZO

M i ripromettevo, in questa settiman a che precede la nostra adunata, di sviluppare co n una serie di articoli le linee di quello che puÒ essere il n ostrO programma di domani. R inuncio a questa esposizione, perché trattandosi della _settimana risolu tiva dei fondamentali problemi della pace, la politica estera assorbe t empo, spazio e attenzione, e poi perché l'ampia discussione dei mesi scorsi ha già «ambientato » i lettori del Popolo. Il resto verrà espost o , a voce, domenica da me e da altri. Oggi, mi limito a queste considerazioni.

Chi segue Ja v ita n azionale, la scorge tutta pervasa dai fermenti dell'in soffere nza verso l'insieme delle istituzioni e degli uomini che rappresentano il passato anacronistico e da u na volontà profonda di rinnovazione. Accanto ai Partiti t radizionali, ne sono soni in questi ultimi tempi due nuovi: il Partito Popolare Italiano e il Part ito Liberale Riformatore. Al di sopra di questi Partiti stanno altre fo rze che domani p ouebbero giocare una carta d ecisiva : le associazioni dei combattenti che spuntano in ogni città e in ogni villaggio d ' Italia, e che molto pro babilmente si raccoglie ranno domani in un solo potente organismo, Che avrà u n'unit à di mezzi e di scopi. Può darsi che il « trincerismo )) annulli a un dat o mo mento tuito il r est o. Se si esaminano i programmi dei diversi Partiti e vecchi e nuovi, si v ede c h' essi si rassomigliano. I n certi postulati si identificano. Ciò che d ifferenzia i Partiti, non è il programma; è il punto di partenza e il punto di arrivo.

Ora noi che non siamo dei vi gliacchi maddaleni pentiti per vi a dell'offa che può essere rappresentata da un miserabile collegio elettorale, noi partiamo dal terreno della nazione, della guerra, della vitto ria. Partiamo insomma dall'inter ventismo .

Questo ci divide irreparabilmente, n on solo dal socialismo ufficiale, ma anche da tutti qUei gruppetti e uomini che, forse vanamente, cercano per vie dirette o traverse e per motivi più o meno confessabili, di riaccostarsi al partitone, sommo dispensiere di grazie schedaiole. Tenendoci fermi sul terreno dell'interventismo -n é pottebbe essere altrimenti, essendo st ato l'interventismo il fatto dominante nella storia della Nazione - n oi .rivendichiamo il diritto e proclamiamo il dov ere di trasformate, se sarà ine vitabile anche con met odi rivoluzionari, la vita italiana. Chi vorrebbe clipingerci come conservat ori o reazionari, semplicemente perché non abbiamo più in tasca le tessere. delle varie chiese, o perché non ci rassegniamo a gettare nell'Adriatico i centomila italiani della Dalmazia, è un poder oso imbeciile.

Noi interventisti, siamo i soH che in Italia hanno diritto di parlare di rivoluzione. Forse per questo ne parliamo assai poco. Noi non "abbiamo bisogno di attendexe -.Ja rivoluzione, come fa il gregge tesserato, né la parola ci sgomenta come succede al mediocre pauroso che è rimasto col cervello al 1914. Noi abbiamo già fatto la rivoluzione. Nel maggio del 1915.

Noi pre ndiamo le mosse da quel maggio che fu squisitamente e divinamente rivoluzionario perché rovesciò una situa2ione di vergogna all'interno e decise - vedi intervista Ludendorff - le sorti de1la guerra mondiale.

Quello fu il primo episodio d C:lla rivoluzione. Fu l'inizio. La rivoluzione è continuata sotto il nome di per quaranta mesi. Non e finila. Può avere e non può avere il decorso drammatico che impressiona. Può avere un ritmo più o meno affrettato . Ma contimta. Senza la rivoluzione che face mmo nel maggio del 1915, a quest'ora il Kaise.r avrebbe piantato un principe prussiano a Parigi, e l'Europa, diventata una colonia e una caserma teutonica, avrebbe vissuto lunghi anni di schiavitù.

Le terribili conseguenze di una vittoria degli Hohenzollern dal punto di vista della democrazia e della li.bertà sono state già illustrate troppe volte, anche dai tedeschi, perché sia il caso .di insistere. A v ere impedito H trionfo delle forze di reazione è stato eminmftmenfe rivolllzionario. · rutti coloro, e in prima fila i socialisti italiani, i quali per poco o per molto hanno, direttamente o indirettamente, lavorato per reala vittoria tedesca, sono dei contrO:::rivoluzionari," dei r eazionari , dei carnefici della libertà. Se i socialisti che per quattro anni sono stati dei reazionari - in quanto facilitarono la guerra degli Imperi Ceritrali - pQSSOtlo oggi ciarlare di rivoluzione, lo devono a noi e soltanto a noi che siamo stati dei rivoluzionari dal maggio 1915 in poi. Dati questi precedenti, quali possono essere i cardini de lla nostra azione di d omani?

Noi vogliamo l'elevaziOne materiale e spirituale dei cittadini italiani (non soltanto di quelli che si chiamano proletari....) e la grandezza del nostro popolo nel mondo. ·

Quanto ai mezzi, noi non abbiamo pregiudiziali: accettiamo quelli che si renderanno necessari : i legali e i cosiddetti illegali. Si apre nella storia un periodo che potrebbe definirsi della «politica» delle masse o dell'ipertrofia democratica. Non possiamo metterei di traverso a questo moto. DObbiamo indirizzarlo verso la democrazia politica e verso la democrazia economièa. La prima può ricondurre le masse verso lo Stato, la seconda può conciliare, sul terreno comune del maximum di produzione, capitale e lavoro.

Da tutto questo travaglio usciran'no nuovi valori e nuove gerarchie.

Questo, in sintesi, il nostro orientamento politico e spirituale. Questo il terreno di discussione e d' intesa dell' «adunata » imminente.

Mussouni

D a Il Popolo d'!Jalù:, N. 77, 18 marzo 1919, VI.

This article is from: