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LA POLITICA NAZIONALE UN PROGRAMMA

Il Gruppo parlamentare socialista ufficiale ha stabilito i suoi cinque punti d'agitazione nel Parlamento - se si riaprirà -e nel Paese. Meritano di essere sottolineati e commentati. I deputati socialisti chiedono, come primo punto, << la vera amnistia che liberi al più presto tutte le. vittime di guerra, cosl civili che militari ». A dagio, rispondiamo noi o meglio ancora rispondono i combattenti e i padri dei Caduti, Adagio e spieghiamoci. Che cosa intendC:te per vera amnistia e per Vittime g iudi ziarie del regime di guerra? Diciamo subito che noi non escludiamo l'ipotesi che si pensa concedere un supplemento d'amnistia per celebrare, ad esempio, la firma del « trattato » di pace. Si possono allargare anCora le maglie. Ma se, come temiamo, sotto la frase vaga « vittime giudiziarie » del regime di guerra, si vuol parJare di « disertori » di fronte al nemico e di recidivi, allo ra noi ci opponiamo nel modo più formale e decisivo. Il disertore di fronte al nemico non merita clemenza.

Nessuno p uò onestamente chiederla. Il diserto re· che dalla trincea passava di là, era quello che volontariamente o forzatamente dava le informazioni al nemico e queste informazioni provocavano quasi ìnunediatamente una pioggia di granate su trincee n on ancora scoperte, su postazio ni di batterie o di mitragliatrici, su comandi o baraccamenti che saltavano per aria, _insieme con col oro che -li occupavano. Chi è stato in guerra sa queste cose. Le sezioni dei combattenti hanno parlato chiaro. Sarebbe un'enorme ingiustizia « condonare > ) quelli che hanno giovato al nemico e gli hanno agevolato l'impiego dei suoi strumenti di sterminio e di morte: sarebbe una stridente immoralità mettere sullo stesso piano coloro che hanno fatto, anche col sacrificio deHa vita, il loro dovere e quelli che non l'hanno fatto. Se il Gruppo parlamentare socialista ufficiale intende di proteggere i disertori di fronte al nemico, deve dirlo chiaramente. Si tratta forse di all'interno ? Anche in questo caso bisogna spiegarsi. I disertori all'interno, non recidivi e non colpevoli di delitti comuni, hanno b eneficiato in o meno vasta misura dell'amnistia. Ma, doai signori deputati socialisti che si preoccupano delle con- dizioni della pubblica sicurezza in Italia, come risulta dalle interrogazioni degli onorevoli Turati e Bussi, è possibile, è opportuno rimettere in circolazione coloro che dopo aver mancato una o due volte al loro dovere di soldati, hanno, nell'interno del Paese, compiuto atti dì saccheggio, di rapina, di violenza omicida ? Non è possibile. Ora, se i deputati socialisti ufficiali si « agitano » per queste due categorie di vittime della giustizia di guerra, devono dirlo c v edranno cbe la coscienza nazionale insorgerà contro di loro.

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Il secondo postulato che invoca puramente e semplicemente la (( smobilitazione » è demagogico. La srnobilitazione procede, fors e, qui da noi, con una rapidità superiore a quella delle altre nazioni. Tredici classi, oltre a , quella del '9oo, sono già a casa o in procinto di andarvi. Il Governo non ha nessun interesse a trattenere sotto ]e armi i soldati o ra che la g uerra è finita e non può rlcorn.inciare. Si può pungolare il Governo perché in fatto di smobìlitazione proceda il più celermente possibile, ma nessuno, nemmeno l'an. Turati se oggi fosse ministro d 'Italia1 potrebbe mandare a casa « tutti >> i soldatL In Ungheria, dopo la disfatta, c'è stato un ministro che ha ordinafo la smobilitazione con queste parole: « Non voglio più vedere soldati >>; ma si è, poi, amaramente pentito perché nella sola Budapest ne v ede in veste di c:lisoccupati, Su questo giornale abbiamo condotto una vivacissima campagna per affrettare la smobilitazione, spw'almente p er le claw· guerriere e crediamo ancora che la smobHitazione sino alla classe '9z. dovrebbe avvenire prestissimo, ma non si può liquefare, sciogliere tutto l'esercito sino a quando non sarà firmata la pace e sino a quando il Paese, avendo riorganizzato la sua. attività «economica)), sarà in grado di assorbire le braccia che tornano. Chiedendo la smobilitazione senza precisare il modo, il tempo, i limiti, i socialisti ufficiali sfondano una porta aperta.

Quando si presenteranno ai comiz.i per patrocinare la « smobìlitazione » qualcuno non mancherà per chieder loro: « Credete voi, in buona fede, che ritalia possa smobilitare sulPistante tutte le sue forze. di terra e_ di mare, o non ritenete, invece, che per un' complesso di .ragioni formidabili, la non possa avvenire che gradualmente ? )} A proposito di smobilitazione, il nostro postulato è più onesto. Noi possiamo concederci il lusso di questa probità perché non dobbiamo lusingare le folle, per via dei voti o degli applausi. Noi diciamo che biso_g?Ja accelerare il ritmo della smobilitazione e tklla ripreJd economka del Paue.

Non parliamo del postulato « russo », che, invocato dai socialisti ufficiali, è un puro spediente demagogico per riguadagnare un po' di simpatia fra i tesserati.

Quanto agli ultimi due postulati non abbiamo eccezioni da muov_ere.

II « ritorno al r egime normale di libertà elementare » è già anche pet la semplice ragione che n on fu mai abolito L'Italia, anche in tempo di guerra, è stata più liberale della repubblica wilsoniana. Non si sono distribuiti in Italia i secoli di galera, che, _per questioni politiche, sono stati distribuiti in America. Questa è la genuina verità. La censura cadrà fra poco e delle restrizioni - necessarie - del regime di guerra non rimarrà che il ricordo storico.

L'ultimo post!).lato per la riforma elettorale con scrutinio di lista e rappresentanza proporzionale, non è più esclusivamente socialista, ma è comune oramai a tutti gli uomini e a tutti i Partiti. È questo un caposaldo del nostro programma, per l'avviamento alla democrazia politicll, la quale sarà. completata dalla democ.taz.ia economica.

Ma su ciò ritornerem o il 2. 3 marzo. MUSSOLINI

11 convegno di ieri, imponente per numero di presenti e magni6.camente nazionale per la quantità e la qualità delle adesioni, è stato il coronamento delia campag na an ti-rinunciataria iniziata e condotta d agli elementi più forti e coscienti del p opo lo italiano. Il problema ·di Fiume, posto dinanzi al mondo civile, n on può essere risolto oramai che in senso italia no . Il presidente Wilson, se ha da essere, come sì v uole, una specie di arbitro supremo per le questioni che non fur on o contemplate nei trattati, non può che decidere secondo giustizia e secondo g iustizia Fiume dev'essere itali ana.

È già stato detto più volte, e ieri il dott. Susmel, delegato di Fiume, lo ha ripetuto con gli accenti di u na profonda passione, che la wilsoniana auto-decisione delle genti si applica in un caso che potrebbe dirsi « dassico }) per la città di H ume, che godette sempre nei secoli di speciali franchigie, non fu mai magiara, o croata, ma fu sempre, nell'anima, nella lingua, nei costumi, nella volontà, italiana. Po i.ché una perfetta unanimità nazionale esiste per ciò che rig uarda Fiume, una d edsion e contraria al n ostro diri tto n on solo sacrificherebbe gli italiani di F iume, ma offenderebbe gravemente gli altri quaranta mi· h o nì d i italiani che rivendicano Fiume. N oi cr ediamo èbe i « dieci >>non vorranno infliggere una cosi acer ba delusione all' Italia. Tanto . più che da Vari indiz1 appare come g li americani, prendendo più d iretto contatto colla nostra millenaria e tormentata civiltà europea, si sian convinti che i problemi non vanno esaminati soltanto in estensione, ma in profondità. Per cui, certi problemi che visti da lontano appaion o, nei loro aspetti esteriori, minimi, sono invece « massi mi », quando siano esaminati da vicino, nel loro quadro storico e nelle loro sig nificazioni spirituali.

Il problema di Fiume e de11a Dal mazia non può essere risolto soltanto in base alle cifre: ci sono altri << dati » essenziali dei quali gOa tenere conto : intendiamo patlare dei dati « qualicativl >) o << pondenbili ». Da questo p unto di vist a il congr esso di ieri, malgrado l 'affrettata p reparazione, [è] dì una portata grandiss ima : non v'è esagerazione nel dire che tutta l' I talia era convenuta - in ìspirito - ier i al Filodrammatici e questa Italia ha espresso in modo inequivocabile la sua volontà. Questa volontà p er una parte coincide col memorandNm presentato a Parig i dall'an. Barzilai, per una parte va oltre. Nel inemorandflnJ il Patto di Lo ndra rimane intatto: si a per ciò che riguarda l"Alto Adige, sia per ciò che riguarda il confine orientale e la parte della Dal_mazia che va da Zara a Punta Pla nca. Il memorandum rivendica Piume e questo fatto dimostra, a nostro avviso, che la questione di Fiume è risolta, poiché non si può pensare a una nostra sconfitta diplomatica. Gli· Alleati, compreso Wilson, devono essersi già pronunciati. .

A questo punto domandiamo: e Spalato ? Il destino di questa dttà appassiona gli italiani. L'an. Barzilai parla di neutt:alizzazione. Questa paro la ha un significato << militare>> e sta bene. Ma la neutralizzazione risparmierà o n on sacrificherà invece i nuclei italiani che vivono lungo il litorale, al sud d i Punta Planca? Legge ndo i l Tlltmorandum presentato dall'an. Barzilai, cosi sereno nella forma, cosl mOdesto nel contenuto, ci si domanda come abbia potuto diffonde rsi all'estero la leggenda dell'imperialismo italiano, e più ancora ci si do.Taoda come e per <J.U ali reconditi o sonanti motivi ci siano stati degli italiani che hanno accreditatO questa leggenda, inscenando la turpe gna rinundataria che per fortuna è stata soffocata dal buo n senso del popolo italiano. Mentre la Francia chiede il bacino della Sarre, per motivi semp licemente economici, e butta gli occhi sulla Siria; mentre l'Inghlltena non molla né Cipro alla Grecia, né Gibilterra alla Spag na, né Malta all'Italia, ma allunga le mani sulla Palestina e la Mesopotamia e s u tutto H mondo maomettano (quel re deli'Heggiaz è un manichino.... made in England), l'Italia si li mita - con una discrezione frances cana e wilsoniana ...;.... a chiedere il po' che le spe tta e p rop one la « neutralizzazione » là dove altri procederebbe alla con quist a.

Non è male che il nostro memorandum dia questa imp ressio ne tosto ca.iro liana. di «piede a· caSa>> a paragone della c upid igia altrui o della fantastica chilometrite jugoslava. Non è male, perché è inteso che su quel memorandum non si può discutere più. È stato presentato."

Noi intendiamo che sia stato accettato. La delegazione italiana non lo avrebbe pubblicato, se non fosse stata certa che le nostre rivendicazioni n on safanno più oltre e· insopportabilmente mut ilate. Quelli segnati nel memorandum sono i nostri confini. Noi ci domandiamo tuttavia se la d elegazione italiana pottà evitare di porre la questione di Spalato. La delegazione italiana non può ignor are il moviment o pro Dalmazia che ha av uto ieri una giornata solenne e meno ancora può ignorare ciò che accade a Spalato e nelle altre città della Dalmazia irredenta. Il mm;orandum n on pu ò essere falcidiato, deve p iuttosto essere integrato. Comunque, noi siamo lieti che la campagna semplicemente ignominiosa dei rinunciatari1 che si appoggiava al famoso 4zo « europeo>> di .via Solferino, sia pietosamente fallita. Questi signori volevano stracciare il Patto di Londra pc:r avere Fiume. L'Italia, ufficia]mente, maritiene il Patto dì Londra e rivendica Fiume. l nostri rappresentanti possono essere- assolutamente intransigenti suJ «minimo >> che hanno presentato.

Tutta l'Italia è con loro e attende con sicura fede.

Da 11 Popolo d'llalia, N. 72, 13 marzo 1919, VI.

MUSSOLINI

Divagazione Torin E Se

Il Treno E In Ritardo

Quel povero co mpagno che risponde al nome di G iovanni Boero, personaggio di grande importanza perché « la carica di segretario della sezione p iù ri gidamente pussistica o più p ussisticameote rig ida del socialismo italiano, suscita nel mio vecchio cuore di avventuriero di tutte le str ade un senso di i nfinita p iet à. Il n ominat o G iovanni Boero ha fretta. Una fre tta indiavolat a. Mi da l'idea di uno d i q uei v iaggiatori affannati ch e giunti i n stazione vorrebbero p artite subito e p ret Cnderebbero magari la formazi one improvvisa di un treno speciale per loro. Ma l'orario è l'orario. E il rita rdo è una co nsuetudine. Allora voi -ve dete il viaggiatore imp aziente scocciare uno ad uno tutti gli impiegati_ per domandare quan do arriverà il treno; lo vedete t iasalire ad ogni squillare argenti no di campanelli - oh i campanelli delle stazioni.... -; lo v edete, smanioso semp re più, spingersi in mezzo ai binari violando la disposizione regolamentare che dice: « È v ietato attraversare i binari )) e non vi stupite se gl i cap iterà· un mezzo accidente, ':luando, credendo finita si troverà dinnanzi a un impiegato, che esce, con tanto d i sop rammanica, da u n ufficio q ualunque, e, con impassibHità burocratica, scrive sull'apposita lavag na con gesso b ianco : « Il treno numero tale è in ritar do di J 70 min uti.... )),

Il p overo Giovan ni Boero è il viaggiatore i rrequieto del pu.r, che, fermo . sui marciapiedi della stazione socialista, a ttende, con crescente agitazione, l'an::.ivo del treno famoso che p ortare H genere umano ai lidi della felicità perenne. Ma questo treno di lusso è in ritardo. ]?gli si accontenterebbe di un omnibus ·e anche un m erci, pur di partire; ma per quante volte egli attraversa i non scorge all'orizzonte il pen nacchi o di fumo che ann uncia il convoglio. E allora il pove ro Boero si rivolge al capostazi o ne del suo P artito e con fare irritato d o manda: «Che st orie son queste?)> O piuttosto : << Che orari sono q uesti ? V oi, s ign ori dirigenti, ci avet e detto che il tren o era in stazione o che sarebbe arrivato . senza r itardo e invece n on vien e.... Si t ra tta fo rse di un "imb ottimento " di cr ani proletari ?».

Mi sono indugiato un p oco in queste sirnilitudini ferroviarie perché i ferrovieri sono, come si dice nel n ostro gergo, eli palpitante attualità, ma la figurazione è esatta. Anche la vecchia favola della biscia che morde il ciarlatano, risponde alla realtà. Sta di fatt o c he la predicazìone dei dirigenti del socialismo ufficiale è stata durante la guerra e subito dopo la guerra, ajmcalillira. Si è fatto credere che il nuovo regno di dio fosse imminente e che con un solo piccolo crollo il mondo borghese sarebbe caduto. Un programma è stato l anciato alle m asse, un programma enormemente « suggestivo)) per le folle che avendo obbedito da secol i desiderano - costi quel che costi, anche la rovina - di g ustare una volta tanto la voluttà del dominio. Il programma aveva due punti: dittatura del proletariato, dittatur a socialista. Si è dato al Partito un tmilmu asso lutamente estremista e insofferente d 'indugi. Tutti attendevano. Il compagno Boero esprime esattamente queste aspettazioni fatalistiche 'di ri voluzione immediata. Questa parola «immediata» è ad ogni parola del suo grido d'allarme. La massa lavoratrice, egli scrive, sì disponeva« ad appoggiare qualsiasi m ovimento che avesse per iscopo la conquista immediata d ella gestione pubblica per opera e da parte del proletariato». Più oltre domanda con fiera malinconia: « otì soni /es neiges d'antan; cioè: d ove sono le splendide affermazioni per l'immediata attuazione del quattro punti c lo sbocco finale della dittatura del proletariato ? ». Gli u mili tesse., rati sognavano le grandi giornate della tragedia sang ui nosa e travolgitrice - la « giornata storica)) di mussoliniana e, pare, non d imenticata memoria - e invece - onore l - gli uomini più rappresentativi della parte socialista, dice Boer o, si trovano in pieno idi1lio elettorale e non ved ono nulla più all'infuori dell'urna....

Vi par quasi di vededi i n pieno idillio, cogHere le prime margh erite che spuntano sui prati accarezzati dalzeffiro di marzo e, alla sera, quando sorge la luna, imbracciare a tracolla, o h non i l fucile, ma il poetico mandolino, la romantica chitarra e far la sete.Data alla Camera, ·nei collegi, agli elettori e alle... . elettrici....

Ma B-oero - Spartacus g iand uiesco - turba la dolcezza di questo quadro e gitta il grido:

« La dittatura del proletari.ato dov'è? B.asta di urne, di collegi, di voti, di deputati, di parlamenti, di lotte ca.rtacee. Le org.anizzazioni devono "preparare" i. quadri dei loro rappresentanti dird:ti per la immediaJa costitu:done dei comitati di oper ai e contadini, per la immeditlta gestione della cosa pubb lica da parte del proletuiato ».

Cosi scrisse il compagno Giovanni Boero addl 12 marzo. E Scrisse chiaro.

Ma il capostazione del Partito, il direttore dell'organo, dopo aver constatato, se non ammirato, la « generosa impazienza)) del compag no Boero, gli ha osservato (e noi riproduciamo) che:

«La Direzione non ha mai detto, o fatto credere, che la dittatura del proletariato e la repubblica socialista possano essere di realizzazione imm ediata; essa sa che non si arriva alla rivoluzione proletaria, o, come scrive Boero, alla conquista immediata della gestione pubblica per opera dcl proletariato senza una congrua preparazione in ogni senso e in tutti i campi, preparazione cui non bastano certo g li .ordini del giorno di questa o di quella sezione».

Tra i due, io do ragione a Boero. Questa saggezza, questa mod erazione dell'organo magno, contrasta nettamente con tutto quanto è stato detto e scritto nel più .recente passato. I proletari che bevono grosso credevano che non ci foss e più da aspettare. Che l ' ora di menare le mani fosse scoccata. Che cosa sia avvenuto in questi ultimi tempi non è ben chiaro. Fatto sta che i deputati socialisti, invece di accentuare, hanno smorzato la loro combattività. Anche lo scambio delle ingiurie fra i deputati degli opposti settori che vellica tanto i fedeli del Partito, non c'è stato. Persino l'on. Beltrami si è dimenticato, non si sa per qual misterioso prodigio, di fare lo scemo . Von. Modigliani assume sempre più specificamente l'atteggiamento di un uomo che vuole arrivare. Parla in sordina e ha sollevato la questione suprema dei «cartoncini» elettorali.... L"on. Turati, p oi, è stato semplicemente scandaloso. Non solo ha collaborato, per v ia del proporzionalismo, con i p iù autentici guerrafondai della Camera, ma ha parlato in lor o nome Il ! ! Dopo tutto ciò, non v'è da stupirsi se i proletari alla Boero non si raccapezzano più. Si affrettano a dare l'allarmi all'Avanti!, ma il quotidiano del Partito· turateggia che è un piacere. Dittatura proletaria, sl, dice l'Avanti l, ma non «immediata». Che il paradiso fosse a portata di mano, la Direzione non l'ha mai detto o fatto credere. L'avvento della dittatura proletaria non può essere «immediato ». È dunque «mediato )) Può essere di qui ad un anno o di qui ad un secolo. Campa, mio ottimo Boero In ogni caso non si arriva alla dittatura del proletariato senza una « congrua preparazione in ogni senso e in tutti i Non mai venne fatto più eloquente omaggio alla te oria riformista dell'evoluzione che prepara gradualmente e armonicamente tutte le condizioni oggettive ch e renderanno possibile, hon solo l'avvento, ma l'esistenza del regime socialista. 11 dissidio nel blocco stesso degli intransigenti si delinea. Gli estremisti come Boero che è l'ora di osare, senza attendete; gli altri, pur accettando come programma finale la dittatura proletaria, dicono che prima bisogna « congruamente>) preparaLe il terreno. La quale preparazione, in ogni senso e in tutti i campi, non s'improvvisa dall'oggi al domani. La rivoluzione è «rimandata» ad epoca più propizia. C'è stata, come nelle Ferrovie dello Stato b orghese, una semplice modificazione d'orario. Ma il cosciente, coscienziato e evoluto compagno BoeJ:o, si ribella a questa modificazione inaspettata, e protesta ener gicamente contro gli orari delle ferrovie che sono indecifrabil i come le tavole dei logaritmi e contro i treni che non anivanÒ mai

•MUSSOLINI

Da Il d'Italia, N. 73, 14 marzo 1919, VI.

Ghigno Croato

Da Trieste che ha veduto in questi giorni tUtto il suo popolo nelle strade a confortare colle più alte e vibranti attestazioni di simpatia i fratelli che attendono e sperano ancora, da Fiume che si dichiara pronta a rinunciare alla sua stessa indipenderUa se le deve giungere attraverso un iniquo baratto, a Zara e alle altre città della sponda orientale, c'è dovunque nell'anima. l'aspettazione angosciosa dell'ora che seg na il destino.

È di ieri il comizio di Trieste pro Dalmazia e il voto di ben settanta associazioni di quella città. E di ieri la selvagg ia caccia croata agli italiani di Spalato. Il dolore e la fede, dòlore per ciò che accade, fede in dò che dovrà essere, Si confondono nei nostri cuori. Ma la democrazia rinunciataria ride, gongola, è diventata schifosamente croata, ghigna come i carnefici di Vienna, sul martirio degli italiani; si compiace di aver antiveduto la realtà colle sue odiose profezie e scivolando g iù, sino al fondo nella china delJa sua turpitudine, fa dello spirito anche su quelli che sarebbero capaci di riconsacrare col sangue la città d i Rìsmondo e di Baiamonti.

Non mai spettacolo più nefandamente croato fu offerto all'Italia e al mondo. Né spettacolo simile sarebbe o è stato possibile in nessun paese alleato o nemico l Prima di tutto inchiodiamo questa gerùa malata di viltà allo scamotaggio che tenta. Non siamo soli l, essi dicono Anche i p lenipotenziari italiani a Parigi rinuOdano a Spalato. Ed è vero, stando alla lettera del memordnd11m. Ma i cinunciatari italiani non si tipromettevano, nei loro mistedosi piani, di« mollare,, soltanto Spalato alla Jugoslavia: essi rinunciavano a tutta la Dalmazia, mentre i diplomatici italiani rinunciano soltanto a ciò che non è contemplato nel Patto di Londra.

Quello che è accaduto, è fantastico. C'era un trattato che vincolavi l'Italia agli Alleati e viceversa e che costituiva allora la misura del valore del nostrO intervento. Questo trattato doveva essere considerato come sacr o. Ebbene, dietro a suggestioni straniere partite da L ondra, da Parigi e da Belgrado, ci sono stati degli italiani che non si sono vergognati di demolire, di jnfamare in faccia all'universo quel trattato, · ed oggi si fregano le mani di gioia nel Constatare che l'Italia non può chiedere di più di quanto in quel Patto venne stabilito. Senza l'opera compiuta dai rinunciatari, ben anteriore al discorso di Bissolati, e continuata diabolicamente per tre anni, l'Italia avrebbe potuto più facilmente integrare il trattato dì Londra....

Ad ogni modo la confusione che si vuol stabilire fra le .due rinuncie è ridicola. I diplomatici di Parigi rinunciano a Spalato (ma l'ultima parola non è ancor detta), mentre g li pseudo-wilsoniani milanesi rinunciano anche a Zara. Lividi dì collera nel constatare che i loro sforzi sono stati frustrati e che l'Italia si tiene ferma sul terreno d el Patto di L ondra, i democratici rinunciatari non si peritano dì usare le armi della più bassa polemica. Cosl il congresso del Filodrammatici, nel quale erano rappresentate migliaia e migliaia di associazioni, diventa una riunione di <<alcuni notabili d ella scuola e dell'industria ». Non c'è bisogno di rilevare la loiolesca insinuazione contenuta nell'ultima parola. Tuttavia non abbiamo veduto al Filodrammatici certi notabili o pescican i cc grossi » dell'industria siderurgica, ben conosciuti da quel giornale ! l li

L'eventuale rinuncia di Spalato è salutata con vivissima traboccante gioia da quel giornale e grandi luminarie democratiche sarebbero accese il giorno in cui altre .dnunde si fossero rese necessarie. In una piccola parentesi, lo scrittore pregusta già la soddisfazione sàdica di ved ere altre migliaia di italiani condannati a soffrire e a morire sotto il giogo croato. Diciamo la verità: nem meno i più nefandi social-boches sono giunti all'abbiezione cui arriva questo binomio ebraico-mazziniano ! Una volta la democrazia italiana, non siderurgizzata, aveva il culto de lle n o bili gesta e del sacrificio p er un'idea l Oggi irride ai « congiurati>' del Filodrammatici, al lor o generoso proposito e sputa su quel D'Annunzio, che in terra, in mare, in cielo ha « fatto» la guerra, me ntre << quei)) democratici l'hanno fatta «visitando>> il fronte n elle giornate di calma, quando pretendevano di p ortare i lumi della loro infinita sapienza strategica ai comandanti dei nostri eserciti. Se interrogate quei signori, essi ' sono capaci di dirvi che la guer:ra l'hanno fatta e lo.ro stando a Milano e recandosi, di tempo in tempo, in automobile al Comando Supremo.

Resta un punto da chiarire, conclude il foglio della democrazia baslottaia: «chi abbia suggerito, preparato e incoraggiato fino ad oggi l'agitazione per la Dalmazia ». Già. Rimane un punto da chiarire, diciamo anche noi: rimane da ch.ia..rire <( chi abbia suggerito, preparato e incoraggiato la propaganda cr oata in Italia, condotta. cogli stessi sistemi, cogli stessi uomini, cogli stessi mezzi impiegati a Londra e a Parigi >>. Resta. da chiarire come sia avvenuto questo fenomeno strano: gli uomini che si sono oggi «specializzati» nella campagna rinuncia- taria sono gli stessi che in una pubb licazione ufficiale in data 3 febbraio 1918, l'unica che abbiano dato alla luce durante il periodo della loro multiforme attività, erano ben più imperialisti di noi e rivendi· cavano, come risulta dalla lunga citazione che segue, tutta la Dalmazia.

L'articolo (non firmato e quindi di carattere, dirò cosi, editoriale) è intitolato: I diritti dell'Italia sull'Adriatico, e nella prima parte, dopo aver osservato come la soluzione dell' Adriatico sia necessaria all'Italia tanto per la difesa strategica delle coste della penisola quanto per la tutela dell'italianità sull'altra sponda, cosl conclude: tutto ciò risulta, sia per le tradizioni del passato, sia per le condizioni attuali, che l'Italia dovrà ottenere dalla presente guerra il pieno r iconoscimento dei suoi diritti storici, nazionali e stra tegici sulla Dalmazia, avvertendo che, soddi· sfatti i diritti dell'Itali a, resteranno sempre ancora liberi alcune ·centinaia di chilometri di costa orientale adriatica con cui appagare nel modo più ampio possibile l e giuste aspirazioni della. Serbia, del Montenegro e Croazia. ai propri sicu.ri sbocchi su l mare».

Nella seconda parte poi l'articolo , insistendo sulla condizione che le rivendicazioni italiane (che esso anzi sostiene dovranno dopo la « lunga e aspra g uerra» essere estese a {( tutta la costa dalmata ») non · ledofio affatto i popoli jugoslavi, dice testualmente: causa di dissidio può dunque esistere tra gli italiani e i serbi, poiché i diritti dell'Italia p er il p redominio dell'Adriatico e per la difesa dell'italianità nella Dalmazia, già riconosciuti dai r esponsabili della politica serba, non urtano contro le legittime aspirazioni degli slavi meridionali ai propri sbocchi sul mare. L'Austria si sforza, per le sue oblique mire, a far sorgere un dissidio fra le due nazioni, e a questo fine essa alimenta, specialmC!Ote in Francia e in Inghilterra, una accesa propaganda croata, che pretende di negare quanto vi è di legittimo n elle aspirazioni italiane sulla Dalmazia. Ma il suo sforzo è vano».

Questo scrivevano un tempo n on lonta no gli odierni filib ustieri della rinuncia l

Laggiù, da Zara a Ragusa, ci sono migliaia di i taliani che implorano, in ginocchio, Paiuto della madre Italia. Il loro destino pende incerto. I giorni si susseguono in un oscillare di speranze e di ansie. Si vive laggiù in quell'atmosfera religiosamente patriottica che i nostri padri conobbero fra il 1821 e il r86o. Degni di rispetto e di amore sono quegli italiani che soffrono indicibilrÌu?nte l Ebbene, a quella gente nostra che vive oramai d'una sola passione, la p assione che Rismondo volle consacrare col sangue sulle pietraie del San Michele, che cqsa dice la nostra democrazia rinunciataria ? Non una parola di simpatia o di conforto, ma la beffarda ironia, ma il ghigno squisitamente croato.

Ci sono centomila italiani dannati alle v endette e ùla strage degli jugoslavi ? E chi se ne infischia l Anzi, la democrazia deg li «alti forni » forgia le catene che dovranno legare quelle popolazioni sventurate. La notizia orribile passerà da padre a figlio e .finché un italiano solo vivrà su terra dalmatica non sarà Nel 1919, diranno i superstiti, noi tendemmo le braccia ai fratelli d'Italia l Sperammo e soffrimmo l Ma n essuno ci aiutò. Ci furono i falsi « democratici» che ci respinsero collo scherno della vigliaccheria imboscata e ci posero - in nome d e lla u manità - l'inumano d ilemm a : a ffogare nell'Amarissimo o diventare croati l

Mussolini

ria Il Popolo d'llttlia, N. 74, n mano 1919, VI.

Il programma di questa rivista è nel titolo È una rivista di coragg io, di volo ntà e di fede, N asce accanto al quotidiano che un p o' t u multuosamente vede e r iflette la v ita nel suo fantastico caleidoscopio di cose, di uomini e di avvenimenti; nasce per ri-vedere. Cioè per vedere meglio, per vedere in este nsione e in profondità. Inte ndiamoci: per ri-vedere, non attraverso g li occhiali gelidi del pedante e dell'accademico, ma cogli occhi fermi e puri che indagano, abbracciano e comprendono: gli occhi della g iovinezza. Tutti q uelli che cominciano, hanno oramai l'abitudine di lanciare questo grido : giovinezza. Ma per molti si tratta di uno sforzo vano o di una meschina illusione.

Ora, la giovinezza ·è soprattutto intuiti va : non è già come pensano i cattedratici, erudizione libresca. L'intuizione e la fa ntasia: ecco le ali dell'ingegno.

O sono nella r ealtà aspetti minuti e complessi che il grosso volgo non afferra che ta:rdi. Ci so no nella vita dei cominciamenti che L'intelligenza dei· mediocri trascura. -Ci sono delle verità che bisogna proclamare, dei fermen ti che bisogna esaltate, degli u omini che bisogna difendere, delle strade che bisogna battere senza preoccuparsi del « segu ito>). Per questo lavoro di artieri alacri e g io iosi, n on c'è bisogno di posare a sUper-uomini co n relativa torre d'avorio. t! oramai un vecchio gioco. Che L ' u manità sia buona o cattiva poco impo rta; che sia composta eli angeli o di demoni, di santi ·o di canaglie, importa ancora meno. L'essenziale è di vivere dentro q uesta u manità, di coglierla dovunque e comunque si manifesti: nelle _ strade, nelle piazze, sui monti, sui mari, nelle città, nei villaggi dispersi, negli individui e nelle masse, nella fatica dei muscoli, nel brivido divino degli intelletti, nella passione esaltante di tutti gli amori. Ardita v uole questo. È nata per questo. Oserà : - e per ciò sarà necessariamente delicata, inevitabilmente érudele come chi si accinge a segnare una direzione, a fissa re una mèta alle inquietudini dello spirito mod erno, oscillante tra le nostalgje dei mondi che crollano e le audacie dei mondi che sorpassa. ·

Ecco: io prendo queste pagine e le scaglio al pubblico perché le legga, le discuta, le stracci. Ardita va all'attacco e guarda in alto, e sceglie a guida, pel viaggio,

La stella più lontana

La stella p iù 11ùina. Quella che sorge alla ;era

E non tramonta alla mattina

Da Ardita, N. l, 15 marzo 1919, l *·

APOLOGIA O CONDANNA ?

IL «DOCUMENTO» SADOUL

Quelle lettere del capitano Sadoul, che il giornale del Pf(s italiano ha stampato co n gran lusso di titoli e sottotitoli, sono un'apologia d el regime bolscevico, o ne costituiscono, invece, dal punto di vis ta socialista, la più schiacciante condanna ?

Sul documento Sadoul, che ci è stato presentato come un docuffiento giustificativo e anzi apologetico della r ivo luzione russa ultimo stile, vale la pena di soffermar si, p erché, finalmente, n essun socialista nostrano potrà, come avviene spesso, mettere in dubbio l"au tcntidtà e l'atte ndibilità delle notizie. Io non rileverò che il capitano Sadoul è un ebreo, legato còn vincoli di razza con gli altri ebrei che esercitano in questo momento la loro feroce dittatura a Mosca; né raccog lierò ciò che si dice sul suo conto n egli ambienti di Franc ia, per spiegare il suo atteggiamento. Non ho difficoltà ad ammettere che egli sia in b uona fede - la perfetta buona fede è un dato immancabile nella psicologia dei neofiti e degli allucinati -ma p erciò appunto quello ch'egli scrive sUlla rivoluzione, gigantesca opera di giganti, ha ·un gigantesco valo re negativo di demolizione.

Quando io andavo a scuola di socialismo, noi dicevamo che nel regirpe socialista lo Stato tradizionale, oppressivo, :si sarebbe disciolto nell'economia dei liberi e degli uguali. Io non ho mai ben compreso il significato preciso della frase «governo delle cose)> , ma intuivo che in reg ime socialista non ci sarebbe stato bisogno di- governare alla moda dei Governi b orghesi, per la semplice ragione che - nelJ"economia liberata dallo sfruttamento del .capitalismo - si sarebbe realizzata !"identità del Governo coi governati. In regime socialista non ci sarebbe stato militarismo di sorta. Ora, che cosa di'ce il capitano Sadoul? Ci dice che « l'esercito rosso, dapprima ridicolo per la quantità e per la qualità, diviene una forza poderosa, ben inquadrato, ben disciplinato, ben armato, giunto a quasi un lione di uomini b en istruiti. A" primavera ne conterà due milioni )). Sembra di leggere un ·elogio del f u Kaiser al fu esercito di Prussia Ora, c'è ·da domandatsi: perché Trot zky ha organizzato questo dto sul tipo del Vecchio regime? È chiaro che per ben inquadrare, istruire, disciplinare un esercito di milioni di uomini, ci vogliono de· cine eli migliaia di ufficiali, i quali non si improvvisano d a un g i orno all'altro. Molti ufficiali superiori sono gli stessi che guidarono l'esercito dello czar, gli altri sono formati nei vecchi e nei nuovi collegi militari. È chiaro ancora che per ben disciplinare un esercito, ci vuole tuqo un sistema di regolamenti e di leggi. Nessuna meraviglia quindi che il Sovièt abbia ristabilito la pena di morte per i soldati r ivoltosi. È chiaro, infine, che per ben armare un esercito, è ·necessario lavorare all'interno nella costruzione di quei gingilli che si c hiamano mitragliatrici, fucili, cannoni. Un specialmente numeroso come quello ru sso, presuppone tutta una vasra e completa organizzazione militare. È insomma il rrùlitadsmo ne l peggior significato della parola quello che trionfa in Russia. A che cosa deve servire questo esercitO? A difendere, qualcuno può rispon.derC, la repubblica· socialista dai possibili . attacchi dei limitrofi Stati non socialisti. Ma dir questo e riconoscere H diritto alla guerra è tutt'uno. Il fatto guerra non è più esecrabile, sotto la specie dell'eternità. Se taluni Socialisti ritengono tol1erabi1e il militarismo e la guerra, quando si tratta di difendere un regime, presunto e reale, di civiltà superiore, o anche di diffondere oltre le frontiere i benefici ipotetici o concreti di un siffatto regime, allora è anche logica la guerra di uno Stato democratico o borghese contro uno Stato r eazionario o medioevale; dell'Italia, ad esempio, democratica, contro l'Austria feudale. Ma domandiamo ancora: dove è andata a finire la. « fraterniz zazione >> che nelle ideologie bolsceviche doveva sostituire la guerra? Già. Gli è che per «fraternizzare» bisognava essere almeno in d1.1e fratelli. Su questo t ema, si potrebbe variare all'infinito. Certo è che ci troviamo dì fronte ad uno « Stato militarìsta >> tipicamente, militaJ:ista. (Il militarismo è quasi se mpre prussiano). Si possono raggiungere dei fini socialisti con un mezzo anti-socialista ? Questo interrogativo turbava il vecchio Laz.zari, quando scrisse una lettera polemica contro Pra mpolini. Non basta: il militarismo leninista, l'unica istituzione che Leoin abbia saputo creare c mantenere, caccia in un cul di sacco i socialisti ufficiali italiani, i quali devono decidersi: o accettarlo o ripudiarlo.

II.

Il fenomeno più vistoso e grandioso del regime le"ninista è appunto la creazione di questo eserdto sedicente rosso Sedicente perché non è da credersi che tutti i soldati siano dei « convinti>> della nuova fede.

È probabile il Ma accanto al m.ilitarismo, ecco, secondo sempre la insospettabile testimonianza del capitano Sadoul, spuntare e giganteggiare altre istituzioni tipiche del vecchio regime borghe,se.

I SovièJ.; dispongono di una P oHzia che per iniquità e ferocia non ha nulla da invidiare alla famosa 0/erana dei Romanoff. D ove c'è u n esercito e una polizia, non può mancare la burocrazia. D ice testualmente Sadoul:

• Un altro pericolo che minaccia il regime scwietista è la creazione di una burocrazi;t sempre più costosa e complicata»

L'apologista si affretta ad

« Ma si è scorto il perkolo; è grosso, ma deve essere vinto Si sono già presi dei rimedi e se ne vedono i risultati »

III.

Militarismo, bai:ocrazia, polizia e.... fame. A Mosca gli operai non lavorano perché non mangiano . Dice. Sadoul:

« Per consacrarsi interamen.te alla su a opera. di costruzione e di crea.:l:ione, per ristabilire la situazione ecònomica del paese, per migliorare la situazione generale, giunta a tal punto che a Pietrog rado e a Mosca gli operai indeboliti dalla scarsezza di n11Jrimmt.o non pouono prodttrre più di un terzo del f'endimento 11ormalè, il poJere dei Sovièts vivere Jranqui/Jo ».

Non c'è bisogno di sottolineare il valoi:è di queste ammissioni Non è dunque vero, come diceva, con filosofia meneghina, il vecchio Lazzari, che se la Russia sta male, i russi stanno bene.... Dove. la vita econonUq. è ·paralizzata. e scompaginata, nessuno sta bene e m eno di tutti i proletari, anche se dànno a se stessi l'illusione di esercitare la dittatura, per le intetposte persone dei non proletari Lenin e Trotzky l Che l'economia russa sia morta o quasi, è documentato da quello che il .Sadoul dice più oltre. La dittatura proletaria o i proletari ditta.torì n on riescono a far navigare i pirosèafi, a far correre i treni, a far marci?-re le officine e le miniere.

« :& necessario - grida Sadoul - rinvio in Russia di centinaia o mtglio di migliaia di amministratori, di ingegneri, di operai specializzati, che darebbero un aiuto decisivo ai lavori industriali della giovine repubblica socialista. specialmente per quanto riguarda il lavoro più urgente: la ricostruzione del materiale ferroviario e la organizzazione dei trasporti. Ma la biJogna in tutti i rami de/. /'indNJirÙz t formidabile. Si potrebbe impiegarvi dozzine di migliaia di tecnici francesi.... ».

Il Sadoul dimentica di dire che i tecnici francesi che si trov avano a. Pietrogrado, hanno dovuto andarsene dopo odiose peripezie. C'è in questo brano della lettera di Sadoul la documentazione del fallimento della economia industriale bolscevica....

IV.

Dell'economia agraria, il Sadoul non ci parla affatto ed è sintomatico. È strano che questo signore non ci dica nulla o quasi condizione dei contadini russi, i quali, da soli, formano l'enorme maggioranza della popolazione. Completiamo noi _la lacuna; con queste informazioni inattendibili·che ci giungono da Parigi. In questi giorni Tseretelli e menscevichi georgiani, « sono stati ricevuti dal gruppo mentare socialista francese per spiegare gli affari bolscevichi. Dalla loro esposizione sÒno r isulcate cose fantastiche. La più strabiliante è questa: i bolscevichi hanno distrutto il mir (l'antica organizzazione collettiva del muglc russo) frazionando la terra in Parcelle di proprietà prìvata i ndividuale, tra.rmi.uibilt per ereditJ, garantita dalla. legge >) . E questo è il socialismo ?

A calmare le « generose » impazienze dei bolscevichi occidentali ecco un'altra singolare affermaziÒne del Sadoul:

« Certamente non tutto va per il meglio, nel migliore dei modi. Il p,maggi o dal capiralhmo al socialhmo non è una co1a /Mile. Esigerà ancora mesi e forse anni di esperienza, di correzione... ».

Per coloro che credono possibile di prendere il figurino leninista c di adattarlo senz'altro alle nostre società occidentali, vile l'ultima osservazione del Sadoul, il quale dice che «per attuare una simile sformazione sociale bisogna adattarla alle forme rotiali nazionali ».

Dopo diciotto mesi di governo, sl può stabilire, non i n base alle informazioni dei giornali borghesi, che possono essere sospettate, ma in base all'epistolario di questo capitano amico dei bol scevichi, il bilancio del loro regime. &:colo, in sintesi: Militarismo, bur ocrazia, polizia, disorganizzazione industriale, proprietà priv ata agraria. Guerra e fame.

M USSOLINI

Da 1J Popolo d'Italia, N. 7'>, 16 marzo 1919, VI.

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