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PER I NTENDERCI

IN TEMA DI « COSTITIJENTE >>

Un giovane di pensiero e di fede, ·Alighiero Gattini, mi manda da Pistoia una lettera che pubblico volentieri perché mi dà l'acca· sione di chiarire nuovamente il mio pensiero in tema di Costituente.

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Scrive Ciattini:

Il Popolo d'Italia, e per esso il suo direttore Mussolini, nel convocare la Costitu{'nte dell'interventismo, ha affermato replicatamente di non avere « pregiudiziali ».

L'amico Mussolini vorrà permetterm.i alcune osservazioni. Io credo che il suo pensiero, nel grid are l'ostracismo a tutti i «vecchi _partiti» e a t utte le « pregiudiziali » d i questo mondo, sia questo o almeno così debba essere interpretato : la vecchia. mentalità democratica e repubblicana, anziché Conoscere ed agitare i p roblemi nazi onaJi, credeva e faceva credere che la repubblica sarebbe stata il toccasana di tutti i nostri guai. N on solo, ma la r"epubbiica doveva arrivare, per ragioni di sentimentalismo storico. Ossia perché la monarchia aveva tradito nel '48, nel '62 e nel '66; aveva tentennato nel ' 60 e nel ' 70

Ben a ragione dice Mussolini : bando alle formule ed alle pregiudiziali. Prospettiamo aJJ' Jtalia la risolw:ione dei più g rossi problemi dell'ora: di finanza , di economia interna, di risan2mento politico, ecc Il resto verrà da sé. La menar· chia non potendo risolvere questi problemi nel modo radicale da noi voluto, dovrà cadere,

E questo è anche in parte il nostro pensiero.

Più di una volta abbiamo detto e scritto che il repubblicanesimo non doveva consistere in una r evisione storica del nostro Risorgimento nazionale, Con scarsi risultati, ma ciò poco importa oggi.

Per noi la questione non è oggi di pesare sulla bilancia della vaJutazione politica i meriti e i demeriti della monarchia e della repubblica, cosl in aJtratro

L'e.sunziale è per · rwi nel fatto ;toriro di una rivoluzione politira, rhe, la· gliando i ponti ron tutto il ron tuili i legami polilid, giuridici, erano· miri e.si.stenti; apra fadila a tuJte le più ardue conquiste sociali.

Ossia il nostro rivoluUonarismo - e in questo spero di essere d'iccordo col Popolo d'I1alia - non è un punto di arrivo ma un punto di partenza, Tutti parlano con ostentato entusiasmo dei sacrifici sopportati dal popolo italiano, nelle trincee e nella vita civile. Ma nessuno dei nostri uomini politici vuoi (ue uscire il popolo dal g rado di minorità polùicd in cui si trova.

Anche noi rivoluzionari useremo g li stessi ind ugi e le stesse reticenze?

La prossima Costituente dovrà dire la sua alta parola anche su tale q uestione.

Spieghia moci o meglio torniamo a spiegarci. Cominciamo col dire che il movimento del Popolo d'Italia n on in alcun modo determinato da «spirito di concorrenza ». Noi n on siamo bottega. Nol non ci siamo messi a sventolare il vessillo della « Costituente» semplicemente per « rimanere indietro» al socialisti ufficiali, ai socialisti unionisti o agli stessi repubblicani. Non l' impiego dell'identica parola, per provare un'identità di metodi o di pro grammi. Bisogna vedere da qual t erreno si parte: noi partiamo dal terreno della vittoria che non dev 'essere sabotata. Su qual terreno ci si mette: noi -d mettiamo sul te rreno della nazione è:he contiene la classe di tutte le classi, mentre la classe· non contiene affatto la. nazione. Resta ancora da esaminare il «modo >> e il <<tempo» o in altri termini il come c il quando. Tutto ciò è accademico. La Costituente che n oi convoch iamo per il gennaio è un'assemblea di interventi sti, i quali dopo quattro anni di lontananza e di battaglie, vog1iono ritrovarsi, per cercare di d eterminare il loro atteggiamento spiri tuale e politico di fronte ai problemi nazionali del dopo-guerra. Questi problemi che investono tutta la n ostra vita nazionale li abbiamo elencati e anche illustrati. Questi problemi comportano varie solU2:ioni. Noi proponiamo quella interventista, che vuole valorizzare la v ittoria delle armi ed effettuare la realizzazione di quei postulati d'ordine sociale-nazionale intemo, in vista dei quali propugnammo la ca usa della guerra. D a questa assemb lea interventista uscirà una dichiarazione progra.mmatica p resso a p oco di questo genere: noi interventisti c rediamo che la vittoria debba essere feconda e rinnovatrice e per ciò poniamo tali e tali proble mi; additia mo la nostra soluzione d i questi problemi; vogliamo mantenere v iva l'agitazione e. la propaganda di questi problemi, mediante una v3.:5t a rete di gruppi, c he devon o esse re i focolari sempre p iù accesi di vita e di rinnovazione e di progresso della quarta Italia e potranno tramutarsi in or g ani d'attuazione e di govemo.

In questo senso noi d vantiamo di n on avere pregiudiziali. Né m onarchiche e nemmeno repubblicane. Nella questione istituzionale per ciò che riguarda l'Italia, siamo agnostici malgrado le nostre simpatie te ndenziali ch e sono, si capisce, r epubb licane. Siamo perfettamente d 'accordo coll'amico Ciattini. È monarchia stessa che po rrà il problema della sua esistenza, se si d imostrerà incapace di contenere le dei problemi di rinnovamento profondo da noi prospettati e risolti. Si diinostrerà incapace ? Non lo affermiamo a prion·. Le monarchie, come tutti gl i istituti politici di questo mondo, subiscono le leggi dell'adattamento all'ambiente storico in cui vivono. Niente impedisce di pensare che l'istituto monarchico italiano si adatti ad esercitare, come in Inghilterra, u na funzione semplic'ement'e decorativa della vita nazionale. Una monarchia che accetta al suo governo dei socialisti riforrnisti e dei repubblicani e accetterebbe - io credoanche i socialisti ufficiali alla Turati (pare anzi che ci siano state in proposito delle avance.r••..), non può essere valutata alla stregua di quelle monarchie che fiorivano negh Imperi Centrali. Noi crediamo che la monarchia italiana sia un vaso capace di contenere molte riforme. Certo è che se domani partisse d alla dinastia un'opposizione, per esempio, aH'abolizione del diritto regio di dichiarare la guerra e concludere la pace o a quelle altre mutilazioni del diritto divino che devono condurre col tempo alla soppressione di ogni potere arbitrario o a quelle profonde riforme sociali che devono, per essere conclusive, attentare al diritto di proprietà, allora la monarchia porrebbe de facto il problema della sua esistenza in faccia alla Nazione e la Nazione risolverebbe inevitabilmente il problema in senso repubblicano. Dunque: noi vogliamo organizzare delle forze in vista di dominare entrambe le eventualità che possono verificarsi: quella che la monarchia si adatti alle riforme da noi sostenute nell'ordine politico ed economico e l'altra che la monarchia le ostacoli o ponga dei «veci ». Noi non vogliamo in anticipo un berretto frigio su u na t esta che non sia repubblicana. Non è ai mutamenti superficiali che noi miriamo. La repubblièa non .dev'essere una sovrapposizione, ma una elaborazione dal profondo. D ev 'essere la cupola dell'edificio, il coronamento dell'opera, il sigillo di tutta una rinnovazione precedente, che noi prima di porre gli aut aut supremi abbiamo il dovere di tentare. In questO senso io mi spiego le riserve di Bissolati e di Berenini. Anche per una questiOne di « çempo ». V armistizio non è la pace e la pace, dopo una guerra cosl vasta, non è ancora la pace. Precipitare gli eventi quando mancano le forze organìzzate di dominio e di controllo semplicemente per una questione di concorrenza, è stupido e pericoloso. Noi non siamo e non diventeremo un partito. Non ne abbiamo la mentalità. I socialisti ufficiali strombazzino pure la loro .(< Costituente>>. La nostra nel primo e nel secondo tempo è qualche cosa di fondamentalmente diver so. Non intendiamo di prestarci alloro gioco. Ben a ragione Edoardo Malusardi, un anarchico interventista, che è sul serio intervenuto alla guerra, scriveva l'altro giorno su queste stesse colonne e crediamo che interpretasse esattamente lo stato d'animo generale dei combattenti tanto ufficiali che soldati :

« Noi non vog]iaJI).o sciocchi colpi di testa. Non convulsioni bolsceviche. I frutti della vittori il non devono essere comp romessi. Quarantildue mesi di sacri· fu:i inenarrabili non devono essere frustrati. Ma vogliamo però che si:mo premiate le virtù delle classi produttrici. Vogliamo che le promesse fatte dagli uomini di governo nell'ora del pericolo siano mantenute. Vogliamo che ai combattenti e ai soldati delle officine sia data " coi fatti" la cettezza che rttalia di domani sarà ben diversa da quella di ieri.... ».

Giustissimo. Non sciocchi colpi di testa. Se ci siamo rifiutati durnnte la neutralità e durante la guerra di lavorare per jl re di Prussia, non intendiamo di lavorare dopo la guerra che abbiamo vinto pe r questi ignobili alleaci del re dì Prussia che sono furono e saranno i socialisti ufficiali italiani.

MUSSOLINI

Da ll Popolo d' /ldlid, N . 338, 7 dicembre 1918, V.

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