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GUGLIELMO OBERDAN *
Quindi Ira grandi applausi di sa!Hto e il grido di << Viva "Il Popolo d'Italia" l> , prende la p arola Benito Mussolini, ascoltato (fm p rofonda, vivis.rima attenzione e frequentemente interrotto da app!atui Hrosdanti
B enito Mtmolùri parla con sma bella voce chiara t vibrante, con WJ'eloquenza sp ontanea e impetuosa. Ricorda che j 6 anni fa, in questo giorno, l'Austr ia prepa rava la fossa per Guglielmo Oberdao, sacrific ato al vecchio impiccato re. Contava fer ma mente co n queWesempio di t err ibile crudeltà, contro j} quale invano s'ergevano i cuo rì più generosi del mondo, aver rintuzzato per se mpre l'an !mo d i T rieste itaHana : co ntava godersi la sua sig no ria su T d este pc:r sempre Non pensav a di aver acceso una lampada v otiva, che mai si sareb be sp enta fino al giorno d ella vendetta. E il giorno della vendetta venne. Al marti rio d'Oberdan rispose, dopo il lungo spazio degli anni crucciosamente memori, la dichiarazione di guerra del magg io 1915. n mart ire fu esempio a milio ni di martiri. Tutta Italia si sentl giunta all'ora nella quale un popolo s'accorge che, se voglia vivere, deve esser pronto a morire. Solo il selvaggio, il semibruto, che n o n ha coscienza dell'indomani, c rede tutto finit o il m ondo nella p rop ria vita; l' u omo p e nsante sa che, oltre la p ropria vit a, v'ha l'i m mensa vita dell' indomani; c he, spento lui per l'idea, l'idea attinge u na v ita nuova. Il popolo italiano lo sapeva, esso, v issuto per 3000 di storia, g ià grande e glorioso n ella civiltà del m ondo, qua ndo gli altri ancora non erano nati o traevano u n'esistenza selvaggia.
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E sono questi-popoli di ieri, non peranco formati, questi aggregati i nformi, queste tribù, quelle che vorrebbero ogg i contendere al· popolo italiano il possesso del nostro bello amarissimo Adriatico, innalzando improvvisati fantocci contro la gente che ha sepolto il colosso austriaco co l suo ultimo cannone ?
I l M uJJolini i arrutato un mommto dall'au /aJJJazùJm della folla ; poi riprende affermando rhe non .devono euert t olti ali'Italia i jrNIIÌ della vittoria. • f Cosi, dalla evocazione del Martire di Trie.Ite, il Mmsolini a.rcenrk, allraverio i n·cordi t etri delle ore grigie e thlle ore faticose, alla vi.tione d,//'Italia vittoriosa e rinata, e sul .luogo di lui/o oggi inondato di luce, egli getta il grido; «Viva l'Italia l» (La folla, che più volte (JJ)e71a interrollo l'oratou con fragorosisiimi applami, e mauime quando . egli toccò di Fiume e dd/a Dalmazia, Ii 11nl al 1110 ultimo grido con 11na jor11tidabile aulamazione).
"' Riassunto del discorso I>ronunciato a T rieste, sul luogo del supplizio di Gu· g lielmo Oberdan, la mattina d el 20 di cembre 1918. Prima di Mussolini aveva parlato, a nome del fascio nazionale, Costantino Doria, vicepresidente del Consiglio com unale triestino, ( D a La N azione d i Trieste, N . 51, 21 dicembre 1918, I).
E in uno splendido stptarcio di eloquenza ronmJo.ua, rifà l'epopea d'Italia, quale egli la vide çon gli oççhi JIIOÌ di soldato, quale gli apparve rivedendo · R edipHglia, Doberdò, il /etra lago, In/le le tappe del 1110 reggimento glorioso. E quì caddero i martiri - egli udaRJa - che verame nte conquistarono Triest e, che primi vi entrarono, se n on col loro cor po , con tutto il loro pensiero l Esalta la forza dell'imima nazionale nei/a travolgente rÌJcoua di 111aggio; la esalta anche più per la sHperata fosraggine di Caporti/o, p er la ru ù tenza d'acciaio sul Piave e nel Trentina e sul Grappa.
V_Italia ha fatto la guerra con q uesta. sua mirabile fo rza. Ora no n è lecito c he nessuno s'attenti a toccare [.ric] alla sua vittoria. V 'eran ben q uelli che, peritosi e timidi, credevano non necessario il cor onamento di questa vittoria, vedevano nello scorso ottobre la guerra .finire da sé in quindici giorni, s'aspettavano Che i confini d'Italia sarebbero p o rtati a Trieste e più in là per merito del famoso tavolo ver de. L'Italia non ascoltò che la grande voce della sua storia. E debellò il suo nemico, e con le armi in p ug nQ ridusse l'Austria formidabilmente armata allo sfacelo e portò le sue baionette al Brennero, e a ,o chilo metri nel retroterra di Trieste, e a Fiume e a Zara. Questi sono i fatti che la Nazione porta, perché se ne tenga conto, al tavolo verde l D ove è l'Italia, essa rimarrà. È a Trieste e vi rimarrà; è a Fiume e vi rimarrà; è a Zara e vi rimarrà. E poiché nella Dalmazia vi sono tanti italiani, che si rivelano ogni g io rno con l'invocazione e col p ianto, non d ovrà esser d imenticato il lor o diritto. Il trionfo del diritto può essere impedito per qu alche tempo, ma infine riesce ad imporsi. .
Sop ra j( sacrificio di Oberdan - si è e retta quella Trieste c he per tanti anni seppe smentire ogni falsa speranza dell o straOlero, e che oggi, mandati a combattere per l'Italia centinaia di figli, celebra il Martil:e n el l uogo .del suo supplizio. A questa T rieste bisog nava arrivare n o n solo perché lo aspettavano soffrendo i. 2.oo.ooo vivi, ma perché lo aspettava quel Morto . Trieste è italiana, e italiana ,rimarrà per sempre.
Il .ri chiNde con un'apoteosi del popolo italiano, questo popolo ch e oggi è g rande di forza vitale più di tutti i popoli d ' Europa, e che, nonostante ogni deficienza, nonostante ogni durezza della crisi del dopo-guerra, saprà per sua intima forza superate questa crisi f>iù prest o di tutti. S'apre all'Italia un'operosa v ita larga e feconda : e prima d'ogni altro vi dovranno trovare il loro posto quelli che per la grandezza nazionale, ufficiali e soldati, visser o quaranta mesi nelle trincee, combatterono dodici b attaglie, affrontarono mille volte la m orte.