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NOTE DI VIAGGIO PROBLEMI TRIESTINI URGENTI
Il primo e il più u'rgente, più urgente ancora di quello della valuta, è il p roblema delle corrlunicazioni. Può apparire a p ri ma vista come u n assurdo, ma sta di fatto che Trieste no n è ancora mate'rialmente annessa all'ItaHa, non fa a ncora materialmen te, osereì d ire fi sicament e, parte dell'Italia, e chiunque entri dalla vecchia Italia a Trieste, avverte subito questa specie di « soluzione» di continuità. D a che dipende ? DaUa insufficienza, per non dire mancanza, di mezzi di comunicazione.
Cominciamo dal telegrafo ! Non esiste. Dopo due mesi, non si può telegrafare dalle altre città d'ItaUa a Trieste. Non c'è che un servizio radiotelegrafico, monopolizzato dall'autorità. militare. Dopo due mesi dallo sbarco dei bersagli::ri, i quotidiani di Trieste, non sono stati ancora capaci di ricevere i dispacci Stifani, quantunque abbiano mandato a Roma il prezzo dell'abbonamento. Avviene che i -due principali quotidiani triestini, debb ono, per riempire le loro pagine, attendere i g iornali di Roma e di ·Vie nna. È incredibile, ma sta di fatt o, che Trieste, oggi ancora, a due mesi di distanza dalla n ostra occupazione, è in più facile, diretta, sicu ra comunicazione con tutti i paesi dell'ex Austria, che con i paesi dell'Italia.
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Ora, bisogna assolutamente ristabilir e l e comunicazioni telegrafiche con T rieste. Per mille ragioni, che l' ultimo degli imbecilli può intuire. Trieste è ormai lontana dalla linea dell'armistizio. Siano censurati i telegrammi alla partenza o all' arrivo, ma date la libertà di telegrafare Comi1.ciate almeno col concederla ai giornali e poi, senza indugio, a tutti i cittadini. · ·
A ltrettant o d icasi per le comunicazioni postali, che sono di una inegola.rità impr essionante.
Quanto alle comunicazioni ferroviarie, il problema è più difficile. Un solo tre no, un direttissimo, sul quale non v iaggiano d 1e p odù privilegiati, congiunge, oggi, Trieste con Roma. D opo due mesi è poco. Qllait' nt'ente. Ver o è che dal Piave all'lsonzo, tutti i p onti sulla Livenza, sul Monticano, sullo Stella, sul Torre, sull'Iudrio, so no stati distrutti; ver o è che tutte le altre opere d'arte e caselli "e stazioni e impianti di segnalazione o di scambio, n on sono che una rovina, ma è altrettanto .vero che in sessanta giorni di tempo, con un eserc ito di sold ati nostri, un altro esercito di prigionieri nemici, ai quali due si poteva aggiungere un terzo esercito di operai civili, s i poteva e . si doveva fare molto, ma mo lto di più. Un altro d irettissimo bisogna istituire senza ritardo: quello Milano-Trieste e ritorno. D opo Roma, è M ilano la città che, anche dal punto di vista politico, è la più importante d'Italia e la p iù vicina a Trieste. Ebbene, dopo due m es i, non solo non si è istituito questo secondo direttissimo, ma non si studia nemmeno per istituirlo.
<1 Comprendiamo - d iceva il dott. Cesari, dirt:ttore del nuovo quotidi:!.nO triestino La Nazione - che, data !"immane opera di distruzione compiu ta dal nemico, debba passare ancora molto tempo prima che le comunicazioni per terra siano t omai e normali, ma c'è il mare, sul quale oramai si può navigare con sicurezza. C'è Vene:Ua, a quattro o sei ore di rotta. Ebbene, le comunicazioni marittime fra Trieste e Venezia ncin esistono. Seno scarse e aleatorie. Credete di partire e poi all 'u ltimo mom ento vi si avverte che..,. partirete. Pr ima della guerra c'erano fra Venezia e Trieste dei servizi che noi chiamavamo i pre<isi o p reçj. sissimi, tanta era la loro reg(}]aritJ.. Ma perché - m i diceva il dott. Osarinon si aumentano almeno sino a due giornaliere le corse Trieste-Ve nezia e ti· torno?» .
È 'p ositivo intanto che la mancanza di comunicazioni p rovoca un senso di disagio generale diffu so in tutti gli ambienti, dai mercantili agli inte1lettuali. Trieste è voltata con tutta la sua anima, con tutto il suo spasimo, con tutta la sua ardente passione verso l' Italia; ma verso l'Italia c'è un muro divisod o , nel quale si sono aperte semplicement e alcune rade feritoie, mentre è n ecessario di abbatterlo al suo lo e prestissimo. .Bisogna agevolare - eliminando le restrizioni burocratiche, oramai incomprensibili in regime di armistizio - la grande, l'immediata im missione ·di vita italiana nazionale ne.tla vita di Trieste.
Il problell?a di Trieste è un problema nazionale. Uno dei più delicati p roblemi della vita nazionale, È una città, una -grande città periferica. V icina, quindi, all'osservazione dei popoli che domani confineranno con n oi. Uno di q uesti popoli, lo sloveno, ha già u na minoranza a Trieste e non rinunzia al suo sogno pazzescamente imperialistico. Inoltre la popolazione it aliana di Trieste _è una popola· zione di itav igatori, di armatori, di commercianti, di ma rina i, lavoratori che avevano ed hanno in comu ne un senso sviluppatis simo di orgoglio municipale. Il porto di Triest e è grandioso. È una città che prima della guerra era tutta fremente di industrie e di tr-affici .
In sintesi: Trieste era, malgrado la crudele oppressione politica nemica, una d elle città più dinamiche d'Europa. Questo dinamismo ha ricevuto un co lpo d'arresto dalla guerra mondiale. Ma oggi che l'oppressione politica è finita, la corsa di Trieste verso' il suo avvenire di grande città marinata deve riprendere immediatamente anche in regime e malgrado n· regime d'armistizio. 1 triestini hanno atteso l'Italia durante mezzo secolo. Con una devozione incro llabile. Essi si rendono conto che la crisi del dopo-guerra è generale, e sono disposti ancora ad attendere tutto il tempo che sarà necessario , ma noi crediamo che sia interesse fondamentale dell'Italia ridurre al minimo questo limite di tempo, specialmente nei casi in cui le deficienze perdurano e si aggravano, non già per la fatalità delle circostan ze, ma per la scarsa energia degli uomini.
La paro la d'ordine, il grido dei triestini è questo: fateci comunicare coll'Italia e fate che l'Italia comunichi con noi l Stendete i fili dei telegrafi, aumencite i treni, riattate le strade, triplicate le comunicazioni per mare ! È n ecessario l È supremamente necessario l Trieste non ha più fame di pane. Ha fame di comunicaziorii verso l'Italia. J'ogliete senza ritardo ai triestini la penosa impressione di essere ancora fisicamente « staccati >) dall'Italia e concedete, a quanti italiani lo vogliono, la possibilità di andare o tornare nella città che - difendendo la sua anima italiana - è stata invitta e invincibile.
MUSSOLINI
Da Il Popolo d'iJulirJ, N. 27 d icembre 1918, V
La Crisi
LA PAROLA A BISSOLATI!
Alla vigilia dell'apertura del congresso della pace, in uno dei momenti, quindi; pjù delicati della nostra storia, abbiamo a R o ma un Governo che si «squaglia )}, Il Paese che non seguiva con troppa i particolari e le vicende delta crisi << tecnica >> d el viene improvvisamente richiamato alla realtà, con le dimissioni dell' o n. Bissa lati, d imission i di indole essenzialmente « politica». Con · queste dimissioni, la crisi n on p uò p iù sboccare a uno dei soliti cosiddetti « rimpasti>>, ma diventa, per n ecessità di cose, generale. Il fatto è che l'an. Bissolati se ne va. Noi non facciamo la questione del tempo. I moti della cosdenza non possono sempre essere regolati al cronometro: Fra quindici giorni le dimissioni dell'an. Bissolati potevano apparire ancora p.iù « .intempestive ». E nemmeno facciamo questione del «modo>> per cui l'an. Bissolati ha aggiunto le s ue dimissioni politiche a quelle presentate per ragioni, crediamo tU[t'affatto dive(se, da alcuni dei suoi colleghi. Tut to ciò è secondario. -L'essenziale è che ci -troviamo di fronte a.fl'epilogo eli una situazione p olitica che da una parte s' impersona neJl'on. Sonnino, dall'altra Bissolati. A un dato momento la collaborazione fra queste due tendenze si è addimostrata impossibile e l'an. Bissolat i ha rinunciato al mandato.
Prima di giudicare bisog na conoscere altri elementi della que stione, pokhé quelli offertici dalla no ta di commento del Giornale del Popolo bastano. Prima di classificare l'an. Sonnino fra gli imperialisti contro i quali il signor Steed lan cia ogni giorno dalle colonne dell'italofobo Timu le sue violente ammon izioni e prima di classificare l'an. Bisso lati fra i cosiddetti « rinu nciatari », bisogna conoscere i punti precisi del dissidio. Se l'an. Bissolati non intende regalare Fiume e Zara Croati e vuole salvaguardate le necessità fondameatali ·di difesa dell'Italia sulle Alpi e sull'Adriatico. egli non è un rinunciatario. Ma l'an. Sonnino non ch iede mol to di più. Chiedeva anzi di meno. N o n pare, se quanto si legge sui giornali, diremo così bissolatiani, è vero, che fra l'an. Sonnino e l' o o. Orlando esista un d.is- senso di natura insanabile su ciò che riguarda il problema territorialenazionale italiano . Non è imperialista l'on. Bissolati, non imperialista l'on. Sonnino. dunque l'antitesi fra i due?
Si parlato di un dissidio a p roposito della « Società delle Nazioni », dell'arbitrato permanente, del progressivo disarmo, insomma, di tutto ciò che forma il nocciolo ddla dottrina wilsoniana e che noi pure, idealmente e programmaticamente, accettiamo. Pare, dunque, che l'an. Bissolati sia un wilsoniaDo, mentre l'on. Sonn ino non lo è e non l o sarebbe. È questa la spiegazione della crisi? È lecito dubitarne. Perché l'on. Sonnino non sarebbe un wilsoniano, almeno allo stesso grado e p otenza e fed e dei suOi colleghi che reggono gli affari esteri a Parigi, a L ondra e anche a Washington? Giorgio Cleme nceau è certamente un wilsoniano, ma. andategli a 'parlare di autodecisio ne o di p lebiscito pe r l'Aisazia-Lo rena; Lloyd George è certamente un wilso niano, ma a ndategli a proporre la riduzione o la distruzione della marina militare inglese o, p)Jtacaso, la restituzione di G ibilterra alla Spagna, di Malta all'Italia, di Cipro alla Grecia; alla Casa Bianca di Washingto n s i è certamenté w ils6niani, ma questo non esclude l'attuazione del g randioso progra mma navale, che metta la flotta degli Stati Uniti alla t esta di tutte le altre.
Il più anti-wilsoniano sarebbe d unque proprio e soltanto I'on. Son· nìno che non rivendica nulla di quanto non spetta di dirilto all'Italia e che appartiene a un governo il cui capo, on. Orlando, ha già aderito all'ideologia wilsoniana c ha salutat o in Wilso n il profeta recante il vangelo delJa nuova uma nità ? Ma a chi si pu ò far credere che essendo il m ondo oramai pieno di troppi wilsoniani, e a Lubiana e a Zagabria sono s uper-wilsoniani, l'unico anti·wilsoniano esista in lta· lia e si celi dietro le porte felpate d el palazzo della Consulta ? Tutto è p ossibile a questo mondo, ma appunto per questo nella nostra qualità di cittadini chiediamo dei lu mi. L"on_ Bissolati ha il dovere di · illuminare l'opinione pubblica, prima che le sue dimi ssio ni d iventino Una specie di trofeo di vittoria per tutti i nemici, larvati e palesi, dell'Italia. Prima che i croati di Londra e d i Parig i, n on meno che quelli di: Zagabria e di Lubiana, interp re tino dimissioni di Bissolati_ come la documentazione dell'imperialismo italiano (che ha un solo torto e una sola v irtù: quello di n on esistere), l'an. Bissolati deve parlare. Il riser bo in questi casi non ha ragion d'essere. I cittadini non devono smarrirsi nel dedalo delle possibili congetture, alimentate dal pettegolezzo di co:ridoio.
N o n qui il caso di che noi siamo st ati e restiamo amici ed am,miratori dell'an. Bìssolati, malgrado qualche sfumatun1 di diversità fra le sue .e le nostre idee. Ma non è in nome dell' amicizia che noi gli chiediamo di parlare; è nell'interesse dell'ltalia. Si chiede l'abolizione di ogni « segreto ». Cominciamo da <3uello ministeriale. Noi pensiamo che l'an. Bissolati abbia l'obbligo di fronte alla nazione e di fronte al mondo che guarda, di rendere pubblici i motivi che lo hann9 spinto a dimettersi, a scindere la sua responsabilità d a quella del ministero Orlando. L'opinione nazionale chiede un po' di luce Vuoi sapere se l'antitesi Bissolati-Sonnino trae le sue o ri gini da una diversa valutazione degli obiettivi nazionali della nostra guerra, se cioè si tratta di Fiume o della D almazia, o se invece l' antitesi è di natura ideologica fra chi crede nelJa realizzazione dei postulati politicogiuridici wilsoniani e chi non crede o crede CNI!I grano salis. L'an. Bissalati con quella lealtà che tutti gli riconoscono deve dire: me ne sono andato perché l'an. Sonnino tiene fermo al patto di Londra, oppure me ne sono andato perché l'an Sonnino non c rede alla Società delle Naz ioni, all'arbitrato, al disarmo, in una parola al programma wilsoniano. Solo in questo modo si offriranno alla nazione gli elementi per giud icare, nella sostanza, la crisi.
Nell'attesa di questa parola che l'on. Bissolati non tarderà certo a p r onunciare, noi riaffermiamo il nostro punto di vista: accettiamo in massima il programma wilsonìano per ciò che riguarda la sistemazione del mondo. ma ci opporremo a chiun<3ue voglia, in nome di Wilson o di chicchessia, frodare all'Italia non già il bottino della vittoria, ma la rivendicazione dei suoi più sacri diritti sulle Alpi e sul Mare. MUSSOUNI
Da 11 Popolo ti' /Jalia, N. 359, 29 dicembre 1918, V.