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INTERMEZZO DI POLITICA DEBUSSIANA

La Crisi E La Soluzione

Alcune vicende della politica italiana sono tali da ridurre alla più pazza il più robusto cervello. Vedete ciò che è accaduto i n questi g iorni a Roma. L'an. Bisso lati, socialista rifo rmista, e capo riconosciuto delle forze socialiste riformiste italiane, abbandona il G o · verna p er via d'un molt o ipotetico imperialismo dalmatico dell'an. Sonnino e, senza un atto qualsiasi dell'an. Sonnino di rinuncia a questo cosiddetto im perialismo, be n due socialisti riformisti continuano a far parte dd ministero. Oltre all' an. Bcrenini, che resta alla .Minerva perché Minerva g li piace molto, l"on. B onomi rito rna, per le invincibili nostalgie d'un non _lontano passato, al ministero dei Lavori Pubblici. Be n p ochi in· Italia aspettavano u na soluzione di questo genere. La logica. imponeva il ragionamento che segue: se Bissalati non può stare al m ini stero in rappresentanza del socialismo riformista interven· tista, è chiaro che in rappresentanza dello stesso socialismo no n ci può stare nessun altro. Invece, ci restano in due. Ma allora, poiché una spiegazione del feno meno bisogna darla, i cas i da formulare, anc he qui, so no due : o l'an. Sonni no è imperialista e aotiw ilsoniano o non è imperialista e me no ancora aotiwilsoniano Se n on è imperia· Usta l'an. Sonnino perché l'an. Bissolati se ne è a ndato ? E se l'a n. Sonnino è imperialista, come avviene che due dei più quo tati discepoli dell'an. Bissolati vadano a collaborare con lui? : L'imbroglio non è ancora spiegato. E allora bisogna pensare che l'an. Sonnino è imperialista soltanto per l'an. Bissolati e non lo è affatto per gli onorevoli Bonomi e Be renini. Noi respingiamo l'ipotesi maligna che ql;lando si tratta di afferrare un portafoglio, ci sono dei deputati che sono sempre pronti a mangiare e a digerire rospi ben più verdi del presunto imperialis mo sonniniano. Più ancora, non crediamo che i due neoministri siano personaggi di parata, co mparse di circostanza, il cui cOmpito sarebbe quello di figurate alle cerimonie per Wilson, p er dileguare al d isotto di o gni costume parlamentare che è già molto basso. Né t>on. Orlando può avervi pensato. Né gli o no·revoli ministr i av rebbero accettato un mandato cosl effimero decora tivo.

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Che si tratti di ministri, destinati a rimanere, provato dal comun icato Stifani che, come pezzo, è uno dei più curiosi del mo ndo . D ivertiamoci ad esaminarlo Dice il comunicato governativo che « le dimissioni dell' a n. Bissolati furono date per causa di ·una diversa valutaz.ione di alcuni criteri di metodo circa l'attuale situazione internazionale>), Dunque esiste una diversa valutazione di alcuni criteri di metodo. Ora> questa frase non ci illumina affatto. Bisognava dirci chiaramente fra chi esiste questa differenza di valutazio ne e quali sono questi crìted di metodo che hanno diviso i ministri e provocato la crisi. Con questa frase involutìssima si vorrebbe far credere che circa il fine nazionale e. mondiale da raggiungere l'acco rdo c'era fra tutti i ministri: il d issenso cominciava circa i metodi. Da quello che i g iornali bissolatiani .hanno stampato, la questione dei criteri di metodo non esiste. Il dissenso è negli obiettivi. Il disse nso si origina daJ proposito o meno di correggere integralme nte o non il Patto di Londra. Straord inaria l'affermazione · conclusiva del comunicato, dalla quale risulta che essendo nulla mutato nella politica gen erale del gabinetto ed essendo sempre fermi, per la conclusione della pace, quei principi fondamentali per i quali soprattUtto la guerra apparve giustificata alle democrazie dell'Intesa», non è inco nciliabile la collaborazione di uomini della stessa parte dell'an. Bissolati con l' on. Sonnino. Ma allora, torniamo a d o mandare, perché ·t'an. Bissolati, capo di quella parte politica, se ne va ? Pe r un capriccio personale ? Questo gioco di ombre potrebbe cont inuare all'infinito. Noi ci r iduciamo a supporre che l'an. Bissolati si spinga talmente lontano sulla strada delle rinuncie adriatiche> che j suoi stess i accoliti si rifiutano di seg uirlo.

l nta.nto la coscienza nazionale non p uò essere soddisfatta della soluzione della crisi. Prescindendo da questa e dalla combinazione impreveduta che l'ha risolta, rimane il proble ma generale delia nostra politica di fronte al problema enorme e imminente della pace. Il Governo deve parlate. Ha l'obbli go morale e il dovere politico di illuminare la nazione. Deve parlare come ha parlato Lloyd George, come hanno parlato Pichon e Clemenceau. Il Governo deve mostrare che ha una bussola e una mèta. È tempo di uscire dalL'inCerto. È tempo di precisare. anche geograficamente parlando. L'on. Sonnino ha un'ocmagnifica per uscire dal suo mutismo. Domani il P resi dente degli Stati Unici giungerà a Roma. Ci saranno le inevit abili cerimonie che acconlpagnano le visite di questo genere. In una eli queste l'an. Sonnino, che parla mag nificam'ente l'inglese e no n ha quindi bisogno di interpreti più o meno traditori per farsi intendere, deve, salutando Woodrow Wilson, fissare quello che l'Italia esige come minimo, assolutamente invio labile, dei suoi fuù di guerra. ·Non spetta a noi suggerire i termini del saluto, ma poiché il Presidente è stato investito di troppe proteste jug oslave anche contro l'occupazione italiana d i Trieste, non sarà inopportuno significargli che Trieste è e sarà italiana, che Fiume è e sarà - per d iritto di autodecisioneitaliana, e che il lito rale dalmatico, nel quale ottantamila italiani vivono in continuità territoriale e linguistica, non può e non deve essere abbandon ato ai croati, coi quali altre intese, d'indole economica s trativa culturale, possono essere stab ilite. Questo discor so n on è superflu o, specialmente quando si ricordi c he Wilson non è firmatario del Pat to di Londra, e che il «punto )) dedicato all'Italia fra i quatto rdici famosi è d i una grande incertezza. Noi confidiamo che il Governo italiano non si lascerà sfu ggire quest a occasione sple ndida per proclamare a Wilson e al mondo, compresa la particella abitata dai croati, q uali sono i diritti che l'Italia ritiene fondamentali p er la sua esistenza e per il suo avven ire Nella stessa occasione si potrà dimostrare che l ' imperialismo italiano, contro il si dirigono i fu och i incrociati dei cosiddetti democratici di Parig i, di Londra e di "Milano, è una fantasia. Se c' è un paese sulla terra, dove Wilson può, meglio che alt rove, sentirsi cì san aùe, questo paese è indubbiamente l' I talia l

Mussolini

Da Il Po polo d'Italia, N 2, 2 gennaio 1919, VI.

VIVA WILSON !

Porgiamo dal profondo _ del cuore, con ru tta la nostra sincerità e la nostra fede, il nostro saluto entusiastico a \Vilson, che tocca oggi il s uolo d ell' Italia.

Il Presidente che viene d a o ltre Oceano, conosce la nostra s to ria antica e recente e conosce il nostro popo lo. È lui che all'indomani d ella trionfale vhtoria del Piave lo ha chiamato « g rande )), Conosce la nostra s to ria ant ica e sa che questa d ivina penisola, djstesa fra tre mari e recinta al nord dalla più alta catena d i monti che abbia l'Europa, è stata per due volte il cent ro della civiltà mondiale, il faro che segnava la strada alle genti. Ben undici seco li della s to r ia umana p ortano l'impronta di R o ma. La nostra sto ria comincia sette secoli prima dell'avvento di Cristo, e mentre quella di altre civiltà si è spenta senza lasciare traccia all'infuori delle rovine, la nos tra c iviltà, dopo le tenebre d ell 'alto medio evo, pro rompe nella gagliarda epoca d ei Comuni che a rricchisce l'umanità colle più alte manifestazio ni dello spirito

B. in quest'epoca che Co lombo muove a lla scoperta dell'America. D o po un'altra sosta, d prende la marcia,· e, attraverso un secolo di battaglie, c o ronate vittoriosame nte da u na guerra asprissima durata quar anta mesi, ecco l'Italia, che rivive, insieme colle altre g randi m.:doni, nell'òrbita della ciy iltà mond iale .

Il Presidente Wilson, . scendendo a Roma, proverà certamente quell'emozione sottile e indefinibile, che tutti g li uomini civili p rovano quando , lasciata alle spalle la solitudine bruciata e fiera de11'A gro, e i pini che coronano di verde sempre v ivo i sette colli, si affaccia co n tutte le sue cupole, le sue torri, le sue colo nne, i suo i palazzi, nella s ua luce e nelle sue. ombre, Roma unica e immo rtale:

Quando Wilson salirà a ricevere in Campidoglio la cittadinanza che R oma gli offre , sentirà che il Campidogl.io di Washington nOn ha il fascino di quello di R oma. ·Le ondate barbariche che volevano sommergere il sacro colle, finirono per frantumarsi Sempre e invano ai suoi piedi. D avanti alla gran dezza di Roma, attestata dai monumenti costruiti per l'eternità, i selvaggi sbucati dalle foreste n o rdiche, si inchinaro nO, confusi, come dinanzi alla rivelazione di un prodigio. Roma repubb licana, imperìale e comunale, Roma pagana e cristiana,

Roma nella sua grandezza e nella sua decadenza e nella sùa vitalità perenne è la città che interessa tutti gli spiriti di tutti i paesi. Wilson conosce la storia antica del nostro popolo, ma conosce anche la storia moderna. Sa come e perché noi siamo entrati in guerra. Sa che una fiammata potente di idealismo ha scaldato e trascinato la gioventù italiana e poi tutta la Nazione. Sa che noi abbiamo deliberatanJente scelto la nostra parte di sacrificio. Che ci siamo impegnati, senza restrizioni, nell'impresa difficile, con tutte nostre forze, con tutto il nostro sang ue. Che abbiamo perduto una grande battaglia e che abbiamo riportato la più. grande vittoria. Che ci siamo battuti per i diritti della Nazione e per quelli del mondo. Che abbiamo anche noi- centinaia di migliaia di morti, di mutilati, di feriti ....

Per tutto ciò che di idealistico illuminava il nostro intervento , il popolo che accolse con la più pronta adesione i messaggi wilsoniani, è stato il nostro. Ci sono fra gli americani e noi delle affinità visibili e sensibili di temperamento che hanno originato delle iinmediate di simpatia. Il li nguaggio di Wilson giungeva alle nostre orecchie con suoni non igno ti, perché i giganti del pensiero italiano lo avevano preceduto nella enunciazione di quella dottrina che può e deve diventare - se ra volontà di tutti sarà, come ce lo auguriamo, concoide - :1 vangelo delle genti, nell'epoca imminente della pace Non c' è .ombra di adulazione verso il Presidente della grande Repubblica delle stelle, se diciamo, oggi, che egli è ospite nostro, che l'Italia è la Nazione per animo, per tradizione, per temperamento, p iù wilsoniana di tutte. Abbiamo H senso de!Je proporzioni e quello della giustizia. Non vogliamo commettere violenze a danno di nessuno, nemmeno ai danrii .di .co loro che sino all'ultimo quarto d'ora dell'Impero d'Absburgo hanno combattuto feroc emente contro di noi e oggi ancora ci sono mortalmente nemici, ma non tolleriamo in nessun caso e in nessun modo v1olenze contro di n oi o menomazioni di quelli che sono i nostri diritti fondanientaH. Q uesti diritti sono cosi luminosi nella realtà della storia e della vita, che il Presidente n on pOtrà non consacrarli colla sua parola solenne. Sono dirilli di un popolo ch1 ha versato prodiga/mente il Jllo Jangm migliore.

Oggi, tutta l'Italia combattente, laboriosa e pensante, quella che torna dalle e quella che veglia ai confini, Si leva a salutare il Capo della RepubbHc:a anieric:ana. C'è nel saluto l'ammirazione per le virtù dell'uomo e del popolo ch'Egli con mano sicura ha guidato nella tempesta ; c'è anche la riconosqmza per il concorso che gli Stati Uniti hanno recato alla vecchia Europa democratica, aggredita all'improvviso dagli imperatori di Berlino .e di Vieana. . Si levano a salutare Wilson i nostri indimenticabili morti; quelli che por- sera il collo al laccio del nella visione consolatrice dell'Italia vittoriosa, dallo spalatino Rismondo all'istriano Sa"uro, ai trentini Battisti e Filzi; quelli che caddero nelle tredici battaglie fra le Alpi e il mare; dagli uomini che abbandonarono la cattedra, come V enezian, · e la piazza, come Corridon.i; ai1giovinetti che sorrisero nel g esto supremo della dedizione all'altra 'Madre.... Il popolo dei morti che ha legato una terribile eredità al vivi e i vivi che sl propongono di essere ·degni del popolo dei morti, tutti si raccolgono ogg i i n corpo e in spirito per le strade dell'Eterna, a salutare Wilson e a riconoscersi in Lui.

Echeg gi, dunque, dalle Alpi alla Sicilia, dalle r(ve dell'Adriatico a quelle del Tirreno, un grido solo: Viva Wilson l V iva l ' America l MUSSOLlN[

Da Il Popolo d'lfafi(l, N 3, 3 gennaio 19 19, VI.

L' IMPERO DI W ILSON

Non c'è nella storia delle società umane un avvenimento comparabile a quello cui assistiamo in questi giorni. Non v'è nei libri" o nelle legg ende ricordo di uno spettaco lo che s i avvicini, nelle forme e nell'essenza, a questo che riempie le cronache attuali dd mondo. Non mai i mperatore di popoli riconciliati, capitano di eserciti vitt oriosi, banditore di r eligioni affascinatrici, ebbe, al suo passar sulla terra, cosl vasta, unani me celeb razione, cosi splendido trion fo l L'Europa intera è ai piedi di ques t'uomo, che viene da oltre O ceano e non imperatore, capitano o profeta, ma è tutto ciò, in u na sintesi armon ica, che trascina le genti. Si cifrano n on a m ilioni, ma a dec ine e decine di milioni, gli uomini e le <_lonne, dall 'alto al basso delle gerarchie sociali, che, in questo nostro v ecchio, santo e tormentato continente, si raccolgono attorno a Wilson. Chi gli decreta il trionfo non è una setta, non è un partito, o una chiesa e nemmeno un p opolo: sono tutti i popoli, è tutto il genere umano. Egli viene fra noi senza l'apparaw scenico tradizi onale. Non reca la spada o lo scettro. N on indossa uniformi scintillanti. Non ha dietro al suo carro i re nemici sc?iavi e incatenati. Ha con sé la moglie e la fig lia. Viste? dall'esterno appare un borghese. Un borg hese americano. È infatti il Presidente d i una grande Repubblica borg hese.

Ma egli è il più g ran de deg li imperatori. Il suo è il più gra nde degli imperi. Quellì di Alessandro . il Macedo ne, di Aug ust o, di Cado M ag no, di Carlo V, di N apo leone e rano irrimensi, ma avevano dei confini e tramontarono. L'impero di Wilson non ha confini, poiché Egli non governa territori, ma interpreta i bisogni, le speranze, la fede dell'anima umana, la quale non ha co ntini nello spazio, e n on ba Hmiti nel tempo. È illimitata. È immortale. Cosi accade che i comb attenti_ e i non combattenti d ' Europa si in w'ilson. Le città antiche e moderne gli offrono simbolicamente le chiavi e il titolo di cittadino; le università, la cattedra, le case ·del popolo, la le reggie e le chiese spalancano le loro porte dava'nti a questo repubblicano. Le città si contendono il privilegio di averlo come ospite, anche p er un giorno solo. Il suo nome è su tutte le b ocche. La sua effigie adorna tutte le case Nelle piazze e nelle strade proro mpe dalle molti- tudini sterminate H grido di « Viva Wilson l>> e cadono fiori su l suo e si levano inni di gioia e acclamazioni di delirio.

U trionfo di quest'uomo è veramente imperiale. E gli è l'imperator nuovo. Ma per quale motivo milioni e milioni di europei accett ano la sua giurisdizione ideale ? Come avvie ne che Egli da associato nella nostra guerra, vada assumendo a p oco a poco la figura di giudice?

Gli è che Wilson ha creato qualche cosa ·di nuovo all'anima europea. Qualche cosa di fresco, di giovanile. Forse questo «dato )) w ilsoniano era già n ostro, della n ostr a civiltà, ma noi, presi n el vortice della lotta atroce, lo avevamo d imenticato o trascurato. Quella che Wilso n ci ha detto è stata una parola umana. Profondamente umana. Questa «u manità >> nel terenziaoo senso della parola: « Homo sum : h11mani nihil a me alienum puto >> - « Sono uomo e niente di ciò che è umano mi è estraneo >>, - h a v ibrato e vibra in tutti i discorsi del Presidente Udite con quanta delicatezza, con quanto francescano amo re, egli ha rivo lto , rìspondendo al brindisi del re d ' Italia, un pensiero a coloro che la guerra h a

« Il mio cuore - egli ha detto · - si rivolge a tutte le povere famigliol e di questo g rande regno che sopportarono i dolori e i sacri/id della guer ra e died ero lietamente i loro uomini"per fare liberi altri uomini, altre donne, altri fanciulli ».

Non c"è la solennità dci discorsi ufficiali, in questa frase. C'è qualche cosa di più. C'è l'imp onderabìle che tocca direttamente i cuori.

Ma questa humanihu, che forma la sostanza intima ddla dottrina e del temperamento di Wilson e la base della sua politica d i governo non sarebbe st ata sufficiente a conciliarg li le simpatie delle moltitudini, a stabilire questa «comunione)) di spiriti fra lui e n oi.

G li è che per assicurare il trio nfo di questa humanitas, Wilson non ha inv iato soltanto delle note alla Germania, n on ha lanciato soltanto dei messaggi ai popoli, ha sguainata la ha mandato in Europa, nel giro d i pochi mesi, ben due milioni di soldati, mentre tredici milioni costituivano la formidabile riserva del 1919. Ai cannoni del egli ha opposto i cannoni della Repubblica. E all'idea di schia· vitù, l'idea di libertà. Ma questa n on avrebbe trionfato, se Wilson no n si fosse deciso alla guerra. La coscienza europea riconosce in Wilson il buon compagno che ha voluto la sua parte di sacrificio e non si è limitato soltanto alla protesta platonica o alla inutile e talora criminosa deprecazione.

Infine, i popOli aggrediti sentono che Wilson farà g iustizia e terrà conto di quelle che sono le necessi0 nazionali. Wilson ha v into il suo orrore umano per la guerra .e ha fatto la guerra. Noi crediamo che il suo spirito eminentemente prat ico e fattivo si piegherà a co nciliare i dettami dell' idealismo colla realtà. La Società delle Nazioni non esclude, anzi presuppone, q uasi come prègiudiziale ferrea, la soluzione dei problemi nazionali. Le ·nazioni come l'umanità, hann o dei diritti. Anche l'Italia ha i suoi diritti, chiari e legittimi, chè non possono essere sacrificati. Lo vietano 460 mila morti. Per fortuna, gli u o mini come Wilson, che non appartengono alla categoria dei gelidi dottrinari, ma sono piuttosto spiriti elaboratori e creatori, non ste ntano a cçmprendere le nostre p assioni) ad interp:retarle nel g iusto senso e ad armonizzarle, come noi v ogliamo, in una soluzione di giustizia per tutti.

\Vilson ha voluto visitare do po Roma, capitale politica, Milano che può ancora vantare l'attributo di capitale « morale>}, . Cosi, in Inghilterra, dopo Londra, si è .recato a Manchester. Anche in q uesto dettaglio si rivela l'idealismo pratico, proptio della mentalità anglosassone e americana.

Rendiamo altissimi onori a Woodrow Wilson l Ch'egli si senta: nostro concittadino anche se la rappresentanza municipale non ha osato di decretargli, come è avvenuto in cento altre città .d'Italia, di Francia, d'Inghilterra; la cittadinanza onoraria. Ch'egli senta che il popo lo italiano è mgoglioso di aver marciato, nell'ultima tappa della strada, col popolo americano.

Italia e Stati Uniti l

Due nazioni dinamiche.

Due forze che hanno agito e agiranno insieme.

Due anime . che si sono comprese e confuse nella stessa a rdua .miss ione, coronata dalla v ittoria l

Postilla Wilsoniana

Wilson ha lasciato ieri t•Italia. La brevità del tempo non gli ha concesso di visitare ·che quattro città e, salvo Roma, per brevissime o re. Ciò malgrado, le manifestazioni di simpatia per lui e per le sue idee sono state dovunque trio nfali. Se Egli avesse potuto peregrinare attraverso l'Italia e passare dalle grandi città alle piccole b orgate e ai villaggi, acclamazioni non meno frenetiche e forse più commoventi nella loro spontanea semplicità avrebbero salutat o il suo passaggio. In un certo senso si può affermare che l'Italia è unanimemente wilsoniana. Abbiamo, è vero, al ministero degli Esteri, l'an. Sonnino, contro il quale si didgono le os tilità dei cosiddetti ami-imperialisti, ma il barone Sonnino non h a pronunciato maì, né prima, n é dopo la vittoria, un discors o che anche da lontano p ossa rassomig liare a cer ti d iscorsi recentissimi t enuti da Clemenceau e Lloyd G eorge a Londra e a Parigi. La verità è che le idee wilsoniane hanno in Italia il loro ambiente quasi natu rale. Ciò spiega la immediatezza della corrente d i simpat ia, stabilitasi non sol tanto fra g li elementi rappresentativi e ufficiali della nostra vita politica e Wilson, ma anche e soprattutto fra Wilson e le masse popolari.

Non ci stancheremo mai di che l' Italia è la meno imperialista delle nazioni. D a no i nessuno è imperialista. N e mmeno i nazionalisti. Nemmeno i conser vatori, fr a i quali, alcuni inveterati germanofili e neutralisti, si afferrano disperatamente alla tesi wilsoniana, non già perché vi creda no, ma per ché sperano attraverso quella di salvare la G e rmania dalle necessarie e inevitabili conseguenze della sua disfatta. Tutti wilsoniani, d unque, dal re all'ultimo popolano . Tutti wilsoniani, compreso, ben s'intende, il Governo, il cui- punto di v ista è stato espresso dai brindisi ufficiali di questi giorni, a Roma. Si detto che il popo lo italiano, raccogliendosi in moltitudini immense attorno alla persona di Wilson, ha voluto manifestare la sua avversione a tutti gli imperialismi. Noi accettiamo, in complesso, questa interpretazione delle manifestazioni odierne. La coscienza italiana è unanime nel ripudiare gli imperialismi di aggressione, di strage, di rapina, -tipo tedesco; ma questo n o n esclude il desiderio di espansione, ma questo n c:> n deve soffocare un fenomeno d'ordin e naturale, che può esprimersi attraverso le gare pacifiche dell'ingegno e del lavoro. La coscienza nazionale italiana respinge gli imperialismi territoriali o militari, ma, intendiamoci bene: lutti gli imperialismi, tuffi, nessuno escluso ·

Questa ripulsa avviene per ngioni di principio, non solo, ma anche per il fatto che, mentre dell'imperialismo italiano - ipoteticonessun popolo avrebbe a soffrire, siamo noi i minacciati dall'imperialismo p azzesco degli altri. Il torto grave e imperdonabile dei cosiddetti democratici italiani - per i quali quel Clemenceau, che ha lottato cinquanfanni per la democrazia e per la repubblica e che ha contribuito potentemente a salvare l'una e l'altra, dev'essere uno spregevole «rinnegato)), - il torto grave dei nostri democratici è di bersa· gliare soltanto un imperialismo: quello italiano, ignorando tutti gli altri e incoraggiandoli. In Italia voi trovate dei ferventissimi avversarj dell'imperialismo anche f.ra i conservatori; ma nella Jugoslavia famo sa sono imperialisti anche i Jotialùti n_#ìdali. L ' Hnmanitl del ; t dicembre ultimo scorso pubblicava un ordine del giorno del Partito socialista jugoslavo di Lubiana, nel quale i socialisti rivendicano il possesso di Trieste e di Fiume, come indispensabile allo Stato jugoslavo. Semplicemente.

Or:a, ci è accaduto di leggere una sola e sia pur flebile protesta contro queste pretese, fra i troppi giornali che oggi in Italia - non già per amor di Wilson, nia per il terrore, buffo e grottesco, di Lenin ; non già per la fede in un princ::ipio umano superiore, ma per lo spavento della rivolta che giustificano in anticipo - fanno propaganda di anti-i mperialismo e di wilso oismo ? In questo attegg iamento della borghesia conservatrice c'è un calcolo che i socialisti hanno già scoperto e scontato.... Si dice dì lottare contro /11/li g li .imperialismi, ma in realtà si favorisce i l successo d ell'imperialismo a nti-italiano.

Notevole, anche per H confronto fra noi e gli altri, l ' atteggiamento dell'opinione pubblica francese e inglese sulla questione. Giorgio Clernenceau ha tenuto un discorso certamente poco wilsoniano. Pichon ha cru:icBto la tesi. Quello della Francia è un punto di vista che i nostri democratici dovrebbero condannare come imperialista, ma si dimenticano di farlo, tutti presi e assorbiti nel loro gioco di opposizione soltanto all'imperialismo.... italiano. Guai se in Ita.lia Pon. Sonnino si fosse azzardato a dire qualche cosa di simile. I nostri democratici che non le barricate, le avre bbero improvviute. In Francia, strano a dirsi. ma vero, l'on. Clemenceau ha pronunciato il suo discorso eretico, fra il consenso quasi unanime della Camera, malgrado le interruzioni, molto a piedi del resto. di un gruppetto kìenthaliano di bevitori di ptrnod. C'è stato un voto, dopo il discors?, e Clemen- cea.u stato riconfermato al suo posto Il Parlamento francese ha solidarizzato inequivocamente CQn Clemenceau, Pichon e anche con quel Franklin-Bouillon, che rappresentava la demOcrazia radico-massonicosocialìsta al congresso delle nazionalità in Roma e che oggi rivendica ìl bacino della Sarre e qualche cos 'altro incera....

Noi riceviamo e leggiamo ogrù giorno decine di giornali francesi, compresi quelli cosiddetti sovversivi Ebbene, strano a dirsi, ma vero, non abbiamo trovato nei giornali nemmeno l'inizio di quella « campagna» contro l'imperialismo dì Clemenceau, di Pichon, di FranklinBouillon che in Italia si è scatenata contro l'imperialismo di.. .. Sonnino, che non ha parlato. Lo stesso è avvenuto in Inghilterra, dopo certe dichiarazioni di Lloyd George. Alcuni organi del più acceso pacifismo hanno protestato, Ina cosi blandamente, da far capire che lo facevano senza convinzione. Nemmeno Snowden rinuncerebbe a Gibilterra, a Malta o a Cipro Ili Davanti all'atteggiamento dei democratici italiani, bisogna concludere che quello di sposare sempre, in ogni occasione, la tçsi degli « altri >>, è un privilegio tipica mente nostro, che la g uerra - l - non ha eliminato.

Il Presidente Wilson rientra a Parigi confortato dall'adesione fervida del popolo italiano. Nella sua breve tournù, prendendo cOntatto diretto con tutti gli elementi vivi e fattivi del nostro popolo, Egli deve convinto della necessità che gli interessi legittimi dell'Italia siano tutelati. N oi sentiamo che Wilson sosteuà i nostri diritti contro le pretese sempre più assurde e ridicole degli jugos lavi. Il sidente \Vilson è rimasto impressionato per le perdite sopportate dall'Italia in guerra, che. sono, proporzionalmente alla durata della noStra guerra e alle forzé nostre, le più gravi di tutte. Due milioni di italiani, fra morti, mutilati, feriti, hanno versato il loro sangue. Italiani, diciamo, non coloniali d'ogni razza t colore. E non parliamo delle privazioni alimentari. Come si può ammettere che dopo tanto sacrificio rimangano insoluti i nostri fondamentali problemi nazionali ? Ci siamo battuti per la libertà nostra e per la libertà di tutti, compresi i croati che non si sarebbero liberati mai; ma sarebbe assurdo e criminoso oltre ogni limite, che la libertà concessa agli altri, giovasse a ribadire le catene ai polsi degli italiani. Le al?biamo . spezzate - noi - quelle di Vienna, e nessun italiano t disp osto a to llerare quelle di Lub iana e di Belg rado.

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