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DAGLI ARMISTIZI ALLA CONFERENZA DELLA PACE
Il grido unanime dei Trentini è che il nostro confine dev'essere alla Vetta d'Italia l Su ciò l'opinione pubblia milanese è assolutamente unanime, non esclusi Secolo e Corrieri che hanno ancora freschi gl'inchiostri degli articoli per sostenere la realizzazione del nostro « naturale » confine sulle Alpi. Noi citiamo poco Giuseppe Mazzini, da quando lo vediamo monopolizzato dai discendenti e dai partigiani di coloro che vivo lo avrebbero.... impiccato; ma Oggi, davanti alla strabiliante affermazione bissJ;>latiana; diamo uno strappo alla regola che avevamo imposto alla nostra polemica. È Mazzini che dice:
« senza libere e sicure frontiere non uitte Nazione». È Mazzini che definiva il confine del 1866, come una vera spada di Damocle sospesa sul cuore pulsante della nazione. È di Mazzini questa affermazione che non lascia dubbi, sulla necessità di portare il nostro confine al Brennero:
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«li Trentina - diceva Mazzini - è (una) porta d'Italia.... che monti, fiumi, valli di quelle pre3Jpi, sino al lago di Garda, formano un vasto campo t rincerato dalla natura, chiave del bacino del Po... >>.
I/Alto Adige taglia tutte le comunicazioni tra il nemico e noi: e ad essere sicuri bisogna averlo: « che là si concentrano tutte le vie militari conducenti per la valle del Noce e il Tonale a Bergamo e a Milano, per il Sarca e per il Chiese a Rocca d'Anfo, per la riva sinistra dell'Adige a Verona, per le sorgenti della Brenta a Bassano: che il Trentina è un cuneo cacciato fra la Lombardia e la Venezia, non concedente che una zoila ristretta alle comunicazioni militari dirette fra quelle due ali dell'esercito nazionale... ». Senza il conf1ne sulle Alpi vi sarà <<impossibilità di sciogliere e di scemare l'esercito... ; impossibilità d'economie, incertezza d'ogni cosa, assenza d'ogni fiducia per parte dei capitalisti e d'ogni pacifico sicuro sviluppo di vita industriale, diminuzione progressiva di credito, accrescimento progressivo di disavanzo, impossibilità di rimedi, rovina economica e fallimento ... ».
Cosi parlava Giuseppe Mazzini
L'affermazione dell'an. Bissolati non poteva non scatenare l'insurrezione del pubblico. C'è una certa ironia nel fatto che l'on. Bissolati, alpinista, sia caduto irreparabilmeflte sulle Alpi l
Noi n on diamo il discorso, perché il discorso non fu pronunciato e quei pochi frammenti che ci giunsero sono insignificanti. I croati di Zagabria, e quelli non meno anti-italiani di Pa rigi e di Londra, attendevano co n comprensibile ansia l'orazione bissolatiana. I croati di Zagabria e q uelli di Londra e di Parigi, che, per i begli occhi di don Korosec e di don Biankini, stanno sabotando allegramente l'amicizia italiana, prendano atto. Si. conv incano che il « dato » attuale dell' anima italiana si riassume in questi termini: adesione fervida, spontanea alla Società delle Nazioni, che garantire la pace e la real.izzazione delle nostre aspirazioni nazionali.
Niente imperialismo nostro a danno altrui, ma nemmeno impe· rialismo deg li a ltri a danno nostro l Milano ha parlato l Ascolti chi deve l
MUSSOLINI mio articolo
Per defìcenza di spazio, rimando a domani g ià composto: l....a politica della eJi/Jà.
Da li Popolo d'Ittdia, N. 12, 12 gennaio 1919, VI.
Vilta E Menzogna
Finalmente, quei pochi e sparuti de mocratici che n on rappresentano nemmeno se stessi, poiché la democrazia milanese, attraverso manifestazioni categoriche di uomini e di gruppi li ha sconfessati, ricorrono agli argomenti decisivi.
Non leverò dal mazzo delle insinuazioni democratiche quello che personalmente mi riguarda. Dirò solo che tra i « nuovi venuti dal patriottismo » potrebbe anche, in riferimento al suo passato di soci alista, essere annoverato l'an. Bissolati. Aggiungerò anche, che ho impiegato più tempo io a passare dal neutralismo socialista all'interventismo integ rale che non è rinunciatario, di quel che non ne abbia messo l'an. Bissolati a passare dal grido di «abbasso Savoia >> a ministro di Casa Savoia. Tutti « cambiano >> nel mondo. D'altronde ricorderò, se occorre colla collezione dell'Avanti! alla mano, che io mi scagliavo contro <<l'orda teutonica scatenata attraverso l'Europa>> in quei primi giorni d'agosto, nei quali. i fanatici conserv atori bissolat iani d'oggi erano ancora estatici d'ammirazione davanti alla v iolenza so mmergitrice della « germanica belva bionda >> e i democratici - terrorizzati- bizantineggiavano nell'indecisione, come sempre. Non c'era al Popolo d'Italia, in qualità di critico militare, quel noto accanito, invete rato tedescofilo, che po ntificava al Se{o/o, esaltando ogni giorno la strategia della Kultur l Non tocchiamo certi tasti, perché suonano male, assai male l
Gli argomenti decisivi a cui ricorrono i nostri democratici rinunciatari, sono di due specie. L'altro giorno si rivolgevano all'elemento b orghese, sventolandoglì in faccia lo spettro di Lenin. «Volete la salute? - pardon, volete evitare Lenin ? Rinunciate alla DalmaZia ». Ora, stabilire un rapporto qualsiasi fra Lenin e la Dalmazia, f:l.r credere che l'Italia sarà deliziata da Lenin solo se e in quanto annetterà tutta o parte della Dalmazia, è cosl peregrino, cosl buffo, cosi caricaturale che merita l'ospitalità dei fogli umoristici . Mi riprometto di dimostrare domani che di Lenin una sola categoria di italiani devono avere più di ogni altro paura : i socialisti ufficiali. Oggi mi limito a dire che se il regime cosidetto leninista dovrà un g iorno instaurarsi anche i'n Italia - i o lo escludo l - l'avvenimento non sarà mi- o.imamente; in.,...relazione col che l'Italia alla conclusione della pa.ce avrà o non avrà rinuficiato alla Dalmazia. Non cred2. la borgbCsia democratica di captiv:u::si le simpatie del prolewiato e di chi lo guida, vestendo oggi il saio delle monache ignorantine e presentandosi nell' atteggiamento dei zoccolanti tinunciatari. I socia4 listi ufficiali sono capaci di respingere queste auances con una frase brutale di questo genere: «Vecchia sgualdrina, che hai voluto la guerra e hai dato la carne al diavolo, adesso, pretenderesti guadagnarti il paradiso o .. qualche collegio elettorale, lasciando le ossa a Dio? »
L'argomento, dirò cosl leniniSta, può far colpo soltanto su una clientela di « baslottai )ì,
L'altro argomento, quello di ieri, è destinato al popolino ed è quindi bassamente demagogico. Esso insiste nel far credere che chi vuole la Dalmazia, vuole un'altra guerra. La questione posta in questa domatida : si vuole un'altra guerra?
Il indegno al quale si ricorre quello di diffondere il spetto che i dalmatofili siano dei guerrafondai. Il che mente falso. Basta dire che il manifesto lanciato ai milanesi pro Fiume e- Dalmazia, reca in calce - oh, scandalo inaudito l - l'adesione della « Sòcietà intern:u:ionale per la pace >>. Se annetteLe la Dalmazia con quattrocentomila slavi significa volere un'altra guerra, per il fatto solo dell'annessione ·di un elemento straniero, allora vogliono la guerra anche i francesi che si annettono Un milione e più di tedeschi nell'Alsazia-Lorena; i boemi che si ·annettono tre milioni e mezzo di tedeschi e.... si potrebbe continuare. Io non mi metto, qui, a discu· tere nel dettaglio le proposizioni secol.ine, In Corso Porta Nuova si ha un pazzo terrore dell'odio jugoslavo, che continuerà ad essere diretto contto di noi anche se « molleremo » Udine e quasi quasi si fa capire che ci toccherebbe la peggio.
Lasciamo le disquisizioni strategiche, perfettamente inutili, con relative eventualità prospettate per sbalordire il pubblico, perché o si crede che si va alla Società delle Nttioni e allora è un esercizio solitario quello di esaminare C?Si da vicino l'ipotesi di altre gue[re, o oon si fa-la Società delle Nazioni, e allora, nello scacchiere balcanico, ci sarebbero altre carte, che, giocate dall'Italia, potrebbero rovesciare completamente il geniale « piano » strategico del Jeço/o. Alludiamo alla carta montenegrina, bulgara, romena e magiara; pensiamo a queste quattro nazioni insidiate e minacciate e già in alcune parti mu· tilate dall'imperialismo jugoslavo. Il Jeço/o deve dlmostiare che cedendo la Dalmazia agli slavi ,noi avremo la loro amicizia. On il Secolo sa, e glie lo ha cantato·in musica un giornale di Zagahria di questi giorrU, èhe la cessione della Dalmazia non basta ad evitare la guerra.
Che è un trucco poco pulito quello di presentaJ:e la cessione della Dalmazia, come un premio di. assicurazione contro l'even tuale guerra di domani coi nostri vicini jugoslavi Che se ve.camente la rinuncia alla. Dalmazia disarmasse per sempre la ostilità_ di quelle tribù, se fosse veramente in questione soltanto il possesso della Dalmazia, se la pace dell'Italia e del mondo dipendesse dalla nostra annessione o meno della Dalmazia, molte delle cosiddette « intransigenze italiane » de.clinerebbero.
Ma gli è, e il Secolo lo sa, che gli jugoslavi .rivendicano non solo la Dalmazia, ma Fiume. Al Secolo non è dunque giunto il bollettino jugoslavo del Comitato presieduto da Ante Trumbit, nel quale bollettino è stampato che la « città di Fiume è ritornata alla madre patria)> , cioè la Croazia? Inutile farsi o coltivare illusio ni. La nostra transigenza non gioverà ·a nulla, poiché dall'altra parte, io alto e in basso, dal reggente di Serbia ai socialisti di Lubiana, l'intransigenza è asso· Iuta. Voi credete di evitare la g uerra cedendo la Dalmazia, ma i croati vi faranno la guerra per avere Fiume; .cedete e vi faranno la guerra per avere Trieste, che a Lubiana è stata de6n.ita << la finestl:a jugoslava sul mondo >) e che il dott. Wilfan nel famoso convegno del 30 maggio 1917 chiamò« regina dei cuori jugoslavi » ; cedete Trieste, e gli sloveni vi faranno la guerra per avere Gorizia; cedete Gori· zia, e il dott. Marinkovic - ex diplomatico serbo - reclamerà. Cividale, S. Pietro al Natisone, Resiutta, le Alpi Carniche e sarà ge· nerosameote disposto a cedere Udine nel solo caso che i friulani facciano b. loro repubblica.
Questa è la verità. Non è «rinunciando )), non è fa cendo la miserabile politica della paura che si disarmano gli jugoslavi. lo sfido il Secolo a produrmi un solo documento che dimostri la disposizione degli jugoslavi a una transazione coll'Italia. Non p;W prqfiNrlo, perchi non e.sist1. Il prof. Zanotti Bianco, direttore della Voce tki Popoli, democratico, societario, wilsoniano, ha dovuto constatare l'intransi genza e deplorate l'hperialismo jugoslavo:
«Mentre in Italia -dice l'articolo di fondo dell'uhimo n umero della. V ore dei Popoli- una schiera di uomini -ch'essi hanno sempre de6nita "piccola" e "non rappresentante l'opinione pubblica dei paese", ma che raccoglieva intorno a sé cill che di rnegl.io aveva il pensiero italiano - trascinava. con sé gli organi maggiori d ella stamp-a. e combatteva per un'equa soluzione di tutti i dissidi adriatici e per uo fraterno componimento delle reciproche difficoltà territoriali" e$Si, in America, in Inghilterra e in Francia si mostravaoo irriducibili nelle loro più. assurde pretese", adottando la politica del ehiedere mo llo per ottenere l'iodiche molte volte avevano criticato quale ·espressione illiberale della po-litica italiana.
« Mentre ritalia in difesa dei diritti della Jugoslavia ba dato "tutta una letteratura", che è testimonianza della viva persistenza tra no i della tradiz.ione mazzinian3, "non una riga d ha dato l a. letteratura jugoslava che attesti quel riconoscimento dei nostri diritti, che più volte ci fu affe rmato- a voce··
«Oggi, di fronte "alle proteste" d ei "comitati regio nali jugoslavi contro l'occupazione nostra di Gorizia, di Trieste, di Pola, oggi, di front e •· allo spirito ostile degli jugoslavi" dell'altra sponda. contro l'applicaz.ione delle daus<?'le dell'armistizio itala-austriaco, di fronte " ad atti come il compromesso della. flotta austriaca e le aggressioni di cui ci parlano corrispondenti imparziali di giornali inglesi e americani", di front e all'evidente tentativo di metterei in urto- con i nostri Alleati più prossimi, quegli jugoslavi - che hanno quella superiore co-scienza europea a cui essi hanno fatto sempre appell o-, hanno il dovere di protestare, " dandoci finalm ente una prova sens ibile" di sapere affrontare - per q uell'accordo, che è stato lo scopo della nostra azione comune, come mM lo abbi amo fatto coscientemente - l'impopolarità e le volgarità de ll'opinione pubblica »
Questa è la verhà. La pura, la genuina, la santa verità. Naturalmente, questa verità deve essere ig norata dalla clientela d ei rinundatari milanes i, i quali ieri non hanno pubblicato u na riga sola d ei commenti romani, unanimemente deploranti, compresi quelli del Meuaggtro e del Giornale fkl P opolo, le assurde rinuncie bissolatìane.
Questi rinunciatari ci domandano : «Si v uole un'altra guerra ?>t Ma chi la vuole, chi la prepara, chi la sollecita con probabilità favorevoli nell' animo dei croati? Voi e soltanto voi l MUSSOLlNI
Da 11 Popolo d'ltftlù, N 13, 13 gennaio 1919, VI.
Il Deli1to
Più si medita a mente fredda, all'infuori delle eccitazioni passeggere del primo tumulto, e più ci si convince che quello compiuto dall'an. Bissolati è un vero e proprio delitto di ·lesa patria. C'è una singolare, una straordinaria analogia fra ciò che succede oggi e quello che accadde nel 19 I j. .
Pensateci un poco e ve ne convincerete. Anche allora, come oggi, la Nazione attraversava u no dei periodi più delicati della sua storia: era alla vigilia della guerra, come oggi alla vigilia della pace. Anche allora, come oggi, un ex ministro, con un gesto criminoso d i indisciplina, gettava in iscompiglio tutta la Nazione che doveva raccogliersi, come dovrebbe raccogliersi oggi, nella più alta, silenziosa, tenace concordia. Anche allOra, come oggi, il Paese nelle sue parti più vive e vitali insorse e sommerse l'e:x ministro Cerano i giornali parecchisti che tenevano l'identico linguagg io degli odierni giornali rinunciatati e dinnanzi alle manifestazioni immense di (utte le città e di tutto il popolo, poiché negade non potevano, come negare non si può l'evidenza solare, esclamavano: « Quale follia l Quale delirio l Quale rovina l)) C'erano anche allora, come oggi, i giornali anguille, i giornali molluschi, i giornali tentenna, che non approvavanQ il_ gesto di Giolitti, ma tuttavia trovavano intemperanti ed eccèssive le dimostrazioni della piazza. Qualche giornale che P? rta il lutto per la fischiata a Bissolati, allora avrebbe tollerato q ualche cosa di più sensibile nei confronti di Giolitti. Eppure il popolo fischiante, dimOstrante, urlante, aveva allora, come ha oggi, pienamente ragione. Egli « intuiva )P, come intuisce oggi, che la verità, la via, l a vita n on erano con Giolitti, ma erano e sono con noi.
In nessun Paese del mondo è accaduto, mentre i plenipotenziari di pace s'avviavano a Parigi, quello che è accaduto da noi. In nessun paese del mondo si è visto un ex ministro presentare alle masse un « suo >> prog ramma di pace, in contrasto con quello del Governo responsabile. In nessun paese del mo ndo si è visto un ex ministro offrire, con una leggerezza Che non può essere spiegata se non pensando a ragioni di età, :armi e argomenti ai nemici d'Italia. Chissà con quale voluttà i croati debbono essersi gettati sul discorso di Bis- salati, discorso che la solita .Agenzia tedesca ha diffuso con una solledtudine davvero straordinaria l
Limitiamoci per il momento alla questione dell'Alto Adige. Che il confine d'Italia debba coincidere col confine naturale pacifico per tutti g li italiani. Durante la neutralità e durante la g uerra, discussi o ni serie, su ciò, non si ebbero mai. Si sapeva che nell'Alto Adige, insieme con· I s6 mila tedeschi o italiani tedeschizzati, vivono 42 mila italiani, m a l' opinione italiana e trentina era ed è assolutamente concorde nella rivendicazione del confine alpino. Che cosa avviene? Che alla vigilia della pace, mentre il tricolore italiano sventola glorioso sui picdù sacri che segnano le nostre frontiere, un ex ministro esce fuori a dichiarare che quello non può e non deve essere il nostro confine e appoggia la sua balorda affermazione con una serie di argomenti sciocchi e falsi. Esalta l'eroe tirolese Andrea H ofer, come nella ning Poli aveva elogiato il valore dei suoi cari c roati, e afferma, senza avvertire il ridicolo paradossale e tragico della trovata, che l'Italia può difendersi sui monti al sud dl Bolzano come è stata difesa sul Grappa. Già. Ma ·dopo aver abbandonato due provincie al n emico. L1:talia, a questa stregua, si può difendere dovunque. Anche sulla linea del Po. Anche -sull'Appennino Anche nelle isole. Ma non è più « conveniente » difendere l'Italia ai confini, piuttosto che difenderla -all'interno ? Non era meglio difendere l'Italia sull'Isonzo o sulle Alpi Giulie, piuttosto che difenderla sulla linea del Piave? Un uomo che si abbandona ad affermazioni 4i questo genere, non può essere «varato» a ministrO d 'Italia. È spacciato, per sempre. N on basta. L'atteggiamento di Bissolati, nella questione Adige, è un colpo di pugnale vibrato all'Italia. Tutti sanno che i nostri soldati hanno presidiato l'Alto Adige. Tutti sanno che l'occupazione militare dell'Alto Adige è definitiva. Lo sanno anche i tedeschi . Tutti sanno, e frequenti notizie di ciò ci vengono for nite dal Comando Supremo, che un'opera assidua, . paziente, libe'rale, di penetrazione iu.liana, è stata intrapresa nell'Alto Adige e coD. risultati felici. Tutti sanno che le prime spiegabili resistenze sono state vinte, ma tutti sanno che in alcuni centri, specialmente a Bolzano, pochi elementi pangermanisti considerano l'occupazione italiana provVisoria e si permettono di « fronteggiare » le nostre autorità militari. Tut ti sanno che nell'Alto Adige sono state aperte scuole italiane, frequentate da centinaia di scola.ri. Ebbene. mentre questo processo di ilalitmizt_at.ioltt è in co.rso e si delinea il suo successo, l'ex ministro Bissolati diventa tirolese, inco raggia, col suo discorso, le resistenze dei diversi Mayer di lnnsbruck, dei diversi Perathoner di Bolzano e _giunge sino ad evocare un nuovo Hofer all'eventuale insurrezione tirolese di d omani contro l'Italia. O è incoscienza o è delitto. G li. italiani, anche quelli del Secolo, non possono usci re da q uesto ferreo dilemma. Non si dica che si tratta di «opinioni )), Queste opinioni, l'on. Bissolati, doveva prjma del fatto compiuto, in altro modo e in altro momento. La realtà è che l'on . Bissolatì è diventato il ltader dei tedeschi, il loro uomo, la loro bandiera, il loiO vangelo. Per fortuna i Mayer, i Perathoner del Tiro lo, che il p overo Bissolati, seguendo la nomenclatura geografica austriaca confonde coll'Alto Adige, si saranno già accorti che l 'on. Bissolati n on rappresenta in Italia n iente e nessuno. Al siamo giunti e al Brennero resteremo: per il plebiscito di q uaranta milioni di italiani!
MUSSOLIN l
Da li Popolo d'lt4lùt, N . 14, 14 gennaio 1919, V I •.
• Nello stesso numero, una lettera d i Luigi Lojacono è preceduta dal seguente «cappello» di Mussolini : « L'4ulore di queJia /el/era è il le-nenie Luigi Lcjarono, nonché noto studioso Ji econ.omiche. Io ricordo perjeuamente ch'egli parte di quella commiJJione che venne pef" la prima volta a par. larmi della Società Nazioni ! d u_nque, anche lui, uno degli movimento in Italia. M4 non un rimmàatari<l. LA Jua lutera melle Il PO'sto le cose ed è un altro colpo alla ignobile miJ#ficazione in quwi giorni. La pubb/irhiamo. (+) ». (UNA LRITERA S IGNIPICATIVA)
Combattenti!
Da cittadini disciplinati e da soldati obbedienti, noi ci inchiniamo e rispettiamo il decreto che ci v ieta di parlare alla « Scala >>. Ma nessuno ci vieta e ci può vietare però dì alzare la nostra vOce libera contro i rinunciatari di ogni nostro diritto, che vorrebbero mutilata la v itto· ria d'Italia.
Ci accusano d'ìmperiaBsmo. Non è vero. Anzi, è .più che falso . Noi vogliamo soltanto quello per il quale migliaia e migliaia di soldati hanno sacrificato la loro giovane vita. Nessun impe:dalismo. Noi non vogliamo Zagabria ch'è croata, non vogliamo Belgrado ch'è serba, non vogliamo nulla che non sia italiano. Ma Zara è italiana, ma Fiume è italiana, ma Spalato è italiana, e noi non permetteremo che piede croato calpesti il suolo di quelle nostre n o bilissime città.
Viva la Dalmazia italiana l (Un uragano di applauti taluta il dùcorto di M11uolim)**.
• A Milano, per le ore vcntuno del 14 gennaio 1919, er:L stato indetto a!Ja « Sca.la » un comizio pro Fiume e Dalmazia italiana nel corso dd quale avrebbero dovuto parla re Benito M ussolini, Massimo Rocca, J'on. Rubin di Tr aù, l'on. Salvi di Spalato, e J'on. Zanella di Fiume. Verso le diciotto, già tutta Milano si preparava alla grande celebrazione, un decretO prefettizio proibiva la manifestazione». Alle ventuno, in «Galleria)), si forma un comizio di protesta al qua1e Mussolini, da una Jlnestra del «Biffi », rivolge le parole qui riportate. (Da Il Popolo d'Italia, N. 15, 15 gennaio 1919, VI).
** Terminato il breve discorso, i dimostranti si dirigono verso largo Cairoli. Qui, ai piedi del monumento a Garibaldi, parla F. T. Marinetti e dopo di lui la J:!atola nuovamente ·Mussolini
« " Chi vi parla - dice - t Jlalo aoomtlo di imperialiJta B di imperialismo Tono Jldii an:utati oon lui, tuili coloro che Ji oppongonp al/a viltà di un Nqmo e di un programma, indegni uno dell'altro. Eppure, cittadini, chi /enne a bai/etimo la SocieJà delle Nazioni, rhe noi ancora vogliamo e difendiamo, tono JltZio proprio io,· eppure chi gmò per primo le ba.si di un programma per una pau prr una pace umand, per una pace dural!l'l'a, sono !Ialo proprio io; io ora imperialista, i pochi avversari della viuoria u rebberq, invece, wilsoniani. Ebbene, io e i miei amid e tut/o il popolo di Mi/anq, e umo il sano popolo italiano siamo verammte wilsoniani. Sinuramente wilsoniani. Ma si.:mo anche contro ogni viltà, contro ogni rinunda, contN> ogni codardia.. Non permelleremo imperialismo italiano contro gli altri, ma impediremo. anche Qgni imp-errialismq degli altri contro il dirillo italiano.
«Ma chi rono queni n11ovhsimi wilroniani? Chi rappresentano? Che co voglion&1 Bino/ati, col su.Q programma, arrivava appena al Q11ttrnurd : costoro, c.Q11 1m inanifeJto, annetlono in vece ttnch e Zara; infine, mentre dCCUittno noi di non sapere cosa vogliafliiD, dimoJtrano chiarame11te di non sapere - eHiche cosa vogliono, Ma in verità noi e voi, e tutto il pop-olo ilaliano, u.ppiamo la nostra volontà. Volontà fiera e incrrollabile. Vogliamo la Dalmttzia iJaUana, le ciuà italiane. V ogliamo, nM per bollino, ma per giurtizia, nmtro quanto è nostro ". (Uno scroscio fonnidabile di applausi accoglie la chiusa d el discorso) ». ( Da Il Popolo d'Italia, N. 15, 15 gennaio 19 19, VI).