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NOI E .... LORO

WILFAN, KOROSEC E C.

È da un pezzo che io chiedo ai rinundatari italiani, in buona o in mala fede, di esibirmi un campione, sia pure senza valore, di rinunciatario jugoslavo. :S da un pezzo che io chiedo se un solo serbo, un solo croato, un solo sloveno esiste, il quale riconosca aperJis verbù il diritto dell'Italia, non dico sU Zara, o Fiume, o Trieste, o Gorizia, ma su Udine, T arcento, Gemona, Cividale. I o p otrei ripetere la mia d omanda all"infinito, e una risposta n on verrebbe mai.

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La fauna d ei ririunciatari è assolutamente ignota a Zagab rìa, a Lubiana, a Belgrado. Ministri, preti, giornalis ti, maestri, conservatori, repubb licani, socialisti anche· cosiddetti zimmerwaldiani, catto lici e ortodossi, cittadini e rurali, tutti, senza distinzione, formano un blocco imperialista, costituiscono una spaventevole e pur magnifica unanimità. L'enorme, l'indegna mistificazione dei r inunciatari italiani, che ha tentato di far credere all'esistenza fra noi e gli jugoslavi di un dissidio soltanto a proposito della Dalmazia, è oramai liquidata e svergognata in faccia a Non si è ancora trovato, neppure a cercarlo colle l anterne di tutti i D iogene jugoslavi che affliggono l"Italia, il jugoslavo arrendevole, trans igente, conciliante. Non lo si troverà 111ai Parla Korosec, vicepresidente dei ministri del Governo jugoslavo, e dichiara senza eufemismi dip lomatici che la « solatia Gorizia e -la soave Trieste » devono appartenere alla Jugoslavia, a qualunqu e costo e con qualunque mezzo. Il soi-dùant giornale europeo , davanti a tanta improntitudine, sputa amaro e cerca di svalutare le parole di don Korosec, dipingendolo come un prete fanatico e ignorante, che non sa altra lingua all'infuori di quella tedesca, e che era diffidato dagli « esuli » jugoslav i per il suo t enace absburgismo. Ma tutto ciò, con buo na pace del giornale « europeo » ecc. ecc., aumenta, invece di diminuire, la gravità delle dichiarazioni di don Korosec. N o n è straordinariamente sintomatico , come indice delle tendenze della cosiddetta Jugoslavi a, che un prete fanaticamente austtiacante sino quasi alla vigilia dell'arnùstizio sia diventato nientedimen o che vicew presidente del .Minist ero jugosla vo?

Abbandoniamo pure alle bestie rinunciatarie don Korosec, montanaro della Carniola e capace solo di parlare il tedesco. Prendiamo il dott. Wilfan, che sta ancora a Tiieste e che parla italiano, con certe eleganze toscane, dice H co n:ispondente del Suolo. Il signor Wilfan, che parla italiano, si esprime ?ell'identica guisa di Korosec che parla tedesco. Oh, il sìgnor Wilfan è molto conciliante _l F iguratevi ch'egli non «farnetica)) di Jugoslavia fino alle rive del Tagliamento, ma afferma che « Gorizia e Trieste » devono appartenere fatalmente alla Jugoslavia.

Saltiamo, ora, da Trieste a Belgrado, per vedere se quei serbi che noi raccogliemmo e salvammo in numero di 194 mila u omini e 13 mila cavalli, sulle spiagge dell'Albania, abbiano, per avventura, un tono diversO nella loro canzone.

Mai più . Ieri il presidente d el Consiglio serbo si è disteso comodamente su due colonne del Suolo per far sapere agli italiani che l'Italia ha dei diritti sulla riva .... occidentale dell'Adr iatico.

Avete inteso? L'Italia ha dei diritti su Venezia, A ncona, Brindisi.... Sin o a questo momento i signori serbi non hanno avanzato pretese su Comacchio, Rimini o Castellammare. Ci fanno l'immensa « degna-· zione )) eli riconoscere·che la riva occi dentale dell'Adriatico è italiana, col sottinteso che, dalle fod del Tagliamento sino a quelle della Nar enta e più in giù, la costa appartiene ai jugoslavi. Resta fissato che .il presidente del Consiglio serbo esclude a priori qualsiasi diritto dell'Italia su Trieste.

Oh, l'imperialismo italiano, questo fantoccio che b. nostra imbecille democrazia ha c:reato per il divertiment o e Io scherno dei ju goslavi. ... Lo stesso Secolo, che pubblica, non può inghiottire l'intervista. Il .rospo è t roppo verde. Quella · stessa Serbia che pone i l suo ridicolo velo ai diritti dell'Italia sulla sponda . orientale dell'Adriatico, rivendica il Banato, per la ragione che duecento anni fa era serbo (come si vede, il diritto « storico )) è da infamare soltanto quando si tratta dell'Italia...), chiede la Macedonia, che è bulgara nel95 per cento della sua popo lazione, e stende le sue b ra.me voraci anche sull' Albania. Se dalle parole degli uomini responsabili jugoslavi passiamo alle manifestazioni giornalistiche, t roviamo non una atte nuazione, ma un'accentuazione dei propos iti d'intransigenza. Ecco qualche d ocumento recente.

Il giornale ]utarnj List di Zagabria (Foglio del Mattino) p ubblica un'int ervista, riproducendola dall'Az Etl, col signor Pogacnik, pre- sidente del Governo sloveno di Lubiana:

«I nostri rapporti coll"ltalia sono tesi. N oi invero non abbiamo mobilitato, come erroneamente comunicano i giornali, abbiamo però chia- mato sotto le armi cinque classi. Ma in onta di ciò la tensione è «cessivamente grande. Pur tuttavia non credo che si verrà ad un conHitto armato, perché siamo già alla conferenza della pace, la quale risolverà le contestate questioni. Secondo me la situazione dinanzi la conferenza per la pace è la seguente: l'Italia si basa sul patto di Londra, che garantisce all'Italia non soltanto Trieste e parte della Dalmazia, ma anche grandi teuitori dell'Istria e .del Goriziano. Tale patto fu sottoscritto dall'Jnghilterra, Francia e Russia, ma non l'hanno sottoscritto l'America e la Serbia. La decisione dipmde quindi dalla d omanda: quale partito predc:>minetà nella conferenza della patt, ringhilterra e la Francia o l'America e la Serbia ? Noi jugoslavi d atteniamo i ncondizionatamente alla indivisibilità di tutte le regioni abitate da noi e difenderem o quindi TrieSie a .spada Jraua. ))

.S chiaro. Si vuol difendere Trieste anche colle armi.

La Pravda di Belgrado· scrive:

« Za.ga.bria., 11 gennaio.

« Il nostro stato ed il nostro popolo stanno passando una grave crisi . L'Italia viola giornalmente il patto di Londra e gli accordi dell'armistizio; reggiment i i taliani con artigliefia marciano contro un pugno di nostri sold ati e li costringono alla · ritirata. L'ftalia invia truppe in Montenegro per imporre l'odiato detroni zzato Ni· cola, e dò non per fare piacere a N icola ma per rendersi vassallo i l Montenegro ed assicurarsi definitivamente Valona. Si dice che gli italiani vogliono spingersi sino a Monastir. G vogliono cacciare non soltanto dalla sponda orientale deiI'Adratico, della quale nazionalmente, etnogrn.ficamente ed economicamente siamo padroni, ma anche dall'Egeo, Ma i greci ed i rumeni che sono nostri amid d aiuteranno a difendere i Balcani, i quali, dopo l'espulsione del turco e lo sfacelc dell'Austria, devono essere in dominio soltanto dei popoli balcanici. B sorprendente però il contegno passivo delle potenze alleate»

Come si vede, intransigenza su tutta la linea l Nemmeno u no spiraglio che possa far sperue nella possibilità d i un compromesso.

I serbi rivendicano la loro « padronanza » sulla sponda orientale dell'Adriatico secondo la formula che conosciamo. b interessant e anche constatare l'eco di forte simpatia che le polemiche dei _ n ostri rinun• datari hanno suscitato in Dalmazia. Non ci sarebbe da stupirsi se qualcuno dei nostri croatofili si vedesse nominato cittadino onoruio di Zagabiia. Il gesto del conte Olgiati, che proibiva all'ultima ora il comizio della «Scala», è stato interpretato_ dal giornale Hrvat (Il Croato) di Zagabria del 17 gennaio in senso- naturalmente - croato.

Il discorso di Bissolati, quello di Guglielmo Perrero, gli articoli del Corriere della Stra, del Se:olo, della Stampa, hanno imbaldanzito i croati, j quali ·speculano ora sul terrore italiano dinanzi all'eventualità di un nuovo conflitto umato. Dal momento che ttovano degli alleati anche in Italia, oltre che a Parigi e a Londra, è chiaro che · gli jugoslavi non possono non essere intransigenti da tutti e su tutti i punti di vista....

Ecco il lamentevole, il disastroso, il terribile risultato deiJa campagna rinunciata:da iniziata dal discorso Bissolati.

Qualcuno nel mondo ci ritie ne un g regge di quaranta milioni di pecore, che belano di spavento, dinan:zi ai leoni di Zagabria. Non è infatti stato l'on. Bissolati a dire che i croati si battono da eroi ?

Mussolini

D a Il Popolo d'Italht, N. 28, 28 gennaio 191 9, VI

Divagazione

C'ERA UNA VOLTA PIPPETTO...

Quando questo giornale nacque, e nacqUe in quel modo che io sci e che tutti sanno e che è documentato in una relazione stampata e firmata da tre galantuomini, i ufficiali tentarono di sporcarmi del loro fango, diffondendo la voce che questo giornale era di Filippo Naldi, diventato, nel vezzeggiativo dei soc.ial-bocht.r, P.ippetto sempliCemente. Io r icordo, tutti ricor dano, che Pippetto diventò enormemente popolare fra quella che io fot ografai con frase memoranda «vasta tribù degli scemi·». Per alcuni mesi di seguito i tesserati dei circoli vinicoli, credettero, giurarono sul mito, la favola, la calunnia di « Pippetto ». Negli ordini del giorno, naturalmente vibrati, come si conviene a gente tivolll2ionar.ia, questo foglio veniva chiamato, con perifrasi peregrina, il giornale di Pippetto, La mia crisi spirituale fu spiegata ed ebbe questo nome: Pippetto.

Nella sottoscrizione, che è come chi dicesse la distillazione q uotidianà, a goccette blenorragiche, della cronica stupidità del Partito, la zoologia quadrupede e bimane del socialismo italiano, dav a a se stessa l'illusione di divertirsi con una palanca, talvolta greca, alle spalle di « Pippetto >>.

Pippctto, cioè Filippo Naldi, era H campione della .b or ghesia corrotta e corrompitrice : un filibustiere del giornalismo, un uomo d i dubbia moralità. Toccare il suo denaro, era la più grande delle indegnità. In quell'epoca, il pus era esasperato di << morale >>. EssO consegnava alla gogna, o piuttosto alle turbe acefale dei tesserati, perché lo lapidassero, l'uomo che era stato in rapporti chiari ed onesti con Pippetto. Davanti a tanto scandalo, i custodi della moralità socialista abbozzavano grandi gesti di deplorazione e di schifo. Avvenne in questo modo che la storia 4i Pippetto e dei suoi milioni, diventò u n nuovo articolo di fede per i credenti della chiesa di San Carlo da Treviri. lo, alla 6ne, lasciai che la frat eria gridasse a suo piacimento .

Pippetto eta la mia ombra indivisibile e io ero l'ombr!l indivisib ile di Pippetto l Me ne infischiavo, da quel perfetto cinico che mi vanto, sinceramente, di essere diventato, do po aver conosciuto da vicino le «pratiche » e le qualità degli uomini «virtuosi}), Se io non fossi un cinico insensibile oramai, a tutto ciò che non sia avventura, oggi il blocco fred do della mia anima franerebbe nella calda risata vendicatrice. lo sono vendicato, grandemente vendicato! Ma io oso appena, trattandosi di miserabili vicende, impiegare questa parola « vendetta>) che suscita visioni di lampeggianti pugnali in un prorompere turbinoso di passioni e 'di sangue. Io sono vendicato perché in quest'anno di grazia 1919, non sono più io l'ombra di Pippetto o v iceversa, ma Pippetto è diventato l'ombra del socialismo italiano o viceversa. Pippetto ha un giornale, ma non è il Popolo d'Italia, perché questo non lo ebbe mai l Pippetto ha il suo giornale: un bel lenzuolo; un lenzuolo da letto matrimoniale, ricco, serio, solenne, e, come tutti i letti matrimoniali, equivoco. Pippetto ha il T e",po. Ma Pipp etto è sempre lui l L'ho tivisto fugacemente, dopo quattro anni, nel foyer della « Scala )) alla << prima » della Nave. Oh, quelle scopette alla magìara gli incorniciano ancora l'ampia faccia b rachicefala e un paio di orribili occhiali a stangh etta -io detesto g li occhiali a stanghetta l - dissimulano le pupille chiaro-bleu di Prussia. È sempre lui. Cerebrale e ondeggiante, colla sua silhouette esotica, col suo scetticismo, col fare dell'uomo che sa virare e che non si lascia far « fesso)) nemmeno dal Padre Eterno. Ma se Pippetto non è cambiato, né fisicamente, né moralmente, sono cambiati dalla testa ai piedi i socialisti italiani, che quattr<;> anni fa mi vociavano: « Pippetto l Pippetto l )) Oggi, i 6eri socialisti italiani, i sacerdoti incorruttibili della incorruttibile morale socialista sono gli ospiti di Pippetto: si ·adagiano nel suo g iornale, ,sprofondano l'epa lardosa e il i:etro abbondante nei molti divani degli uffici di Piazza Montecitorio, mangiano di quel pane, bevono di quel vino, prendono quel denaro. Tutto ciò con una disinvoltura che mi riempie di ammirazione estetica. Uno di quelli che più s' indugiò a inchiodarmi sulla croce di Pippetto, fu l'allora corrispondente romano dell' Avanti l, Francesco Scozzese, abusivamente noto col nome di Ciccotti. Oggi, il cittadino Ciccotti, è rC:dattore del Tempo. Non mi sorprende. A giudizio unanime di quannta milioni di italiani, compresi - ·e io lo so bene - i socialisti ufficiali, Francesco Ciccotti è H personaggio più squisitamente spudorato che passeggi per le vie di Roma. Ma dopo. Ciccotti, ecco Arturo Labriola, collaboratore o rdinario del Tempo. È un irregolare? E passi. Ma se i proletari evoluti, coscienti, tesserati, militanti, organizzati, emancipati, vogliono leggere la prosa di colui che fu sino a· ieri il pontefice massimo della loro organizzazione di classe, non comprino l'Avanti!, perché l'Avanti l non paga o paga male : co mprino il Tempo di Pippetto e vi troveranno gli articoli di fondo di Rinaldo Rigola. lungate un po' Ja vostra greppia; dopo i puledri intelligenti, piacciav i di ospitare anche qualche ben orecchiuto somaro ; allentate ancora i cordoni della vostra borsa ; pagate, pagate generosamente e i socialisti italìani che al fumo dell'ideale preferiscono l'arrosto della realtà metal1icamente sonante, vi porteranno a poco a poco tutta la clientela del loro «organo». Io non so, però, se il vostro calcolo·« p olitico » riuscirà. Non so se voi riuscirete a consegnare l'Italia alla dittatura dei (( calli alle mani l l>. Ci guarderemo in faccia quel giorno....

Se i socialisti ufficiali vogliono conoscere il pensiero di Claudio Treves. non domandino l' perché Claudio Treves nor:t lavora per la gloria: chiedano il giomale di Pippetto. Il vero, l ' unico, l'auten· tìco giornale di Pippetto. Nessuno, dunque, grida oggi allo scandalo ? Nemmeno l'ìntegerrimo scampolìsta Pagnacca ? Il Tempo ha mai portato in piazza il suo atto di nascita? È fors e un giornale mantenuto dai proletari? :B. forse un giornale proletario o non è invece un giornale « borghese >> nel senso più plutocratico della parola ? Non sì trova dunque più un'oca, fra le innu merevoli starnazzanti nella b assa corte del socialismo italiano, che azzardi, magari in sordina, un q11a qua, per vedere di salvare il Campi doglio sacro degli « immortali principii ll del socialismo? Tutti corrotti? Tutti venduti? Tutti non oftt l>? Tutti Pippett9 ?

Avanti> Filippo Naldi l Con decisione. ·Voi li avete « ptcsi )>.

Come nelle vecchie favole: « C'e.ra·una volta Pippetto )).... e per le agnzze mandibole sbafatorie, per le pieghevoli schiene, per le coscienze a gianettiera dei socialisti ufficiali italiani> c"è ancora

Da Il Popolo ri'Jtalia, N . 29, 29 gennaio 1919, VI.

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