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DOPO IL CONGRESSO DI BOLOGNA
Orientamenti E Programmi
Il congresso della Confederazione Generale- del Lavoro tenutosi in questi giorrii a Bologna è di una importanza capitale per ciò che rig uarda l'o rientamento ideologico e pratico delle masse operaie organizzate, nell'immediato futuro. Io ·mi riservo di esaminare più minutamente i risultati del congresso, nOn OJ.ppena sarò in possesso del resoconto ufficiale che sarà certamente pubblicato in extenso dal nuovo settimanale della Confede razione del Lavoro : Battaglie Sindacali; ma non voglio indugiare a pone in rilievo alcuni elementi della discussione, alcune decisioni prese, alcune affermazioni essenziali.
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Il congresso di BOlogna ha for mulato affermuioni d'indole econonl.ica e d'indole politica. Fra. le prime : la giornata di otto o re. Questo antico « postulato » sta per essere tradottO nei fatti. Io posso vanwmi di averlo riagitato divanti all'opinione pubblica operaia e non operaia, proprio all'indomani del nostro armistizio con l'Austria Ungheria. In data 9 novembre, io scrivevo testualmente :
« Io dico che nell'immediato dopo-guerra il lavoro umano, nella nazione italiana, deve perdere g li attributi che lo accompagnaro no sin qu i, nel cors? dei secoli: la fa tica e la miseria. Perché la nazione prosperi e grandeggi nel mondo, perché la sua fig ura morale splenda luminosa nella costellazione universale, è necessario che le masse lavoratrici e produttrici non siano dannate a un regime p.te-umano, se non anti-umano. Per eliminare dal lavoro l'attributo della fatica e rendere il lavoro stesso un esercizio dei muscoli, una. gioia dello spirito, e per rendere possibile l'elevazione dello spirito in -masse sempre più vaste di uomini, il che è essenziale ai fini della specie umana, bisogna ridurre la· giornata eli lavoro. Perché lo Stato italiano, inoltrandosi decisamente su lla via delle innovazioni ·radicali, non stabilisce che col 1 geMaio 1919 la giornata di lavoro per tutte le aziende pubbliche e private sia limitata a nove ore ? E che cOsa impedisce di stabilire che detta g iornata col J gennaio del 192.0 sia ridotta a otto ore soltanto ? Lo Stato non è già ' interven uto ' in ciò che riguarda il lavoro delle d onne e dei fanciulli, il lavor o gli infortuni ecc. ? Perché la co;idetta legislazione sociale non andrebbe più in là? Quali e dove sono g li ostacoli ? Il postulato delle otto o re di lavoro è matur o. Sta nella pienezza dei tempi ».
I o credevo, rivolgendomi direttamente al Governo e anzi personalmente ad alcuni ministri, per determinare t•intervento diretto dello Stato nella riduzione della giornata d i lavoro, credevo di contravvenire alle regole_ dell'ortodossia sindacale. I nvece lo stesso intervento è stato invocato dal congresso di Bologna, con questo accapo dell'ordine del g iorno:
«Dichiara doveroso da parte dello Stato applicare per la giornata massima di otto ore ed agitarla a mezzo dei suoi rappresentanti della Commissione tecnica per le quest ioni del lavoro alla confere02:a della pace nel senso di ottmere il riconoscimento intern<tzionale di tale tivendicazione- proletaria »
Certo è che se il Governo non si fosse disinteressato della stione, ma fosse a ndato « incontro al lavoro >), la giornata dì o tto non sa rebbe stata cosi bruscamente imposta. Si poteva andare alle otto ore, dopo un primo esperimento di nove ore (con sabat o inglese), durante il quale esperiment o si sarebbero escogitate e attuate tutte quelle istituzioni « integratrici )> che devono rendere e socialmente utile la giornata ad orario ridotto. Oramai è uoppo tardi. Niente e nessuno. potrà . impedire alle masse lavoratrici di realizzare prossimamente questo loro postulato. È preferibile tuttav ia che questa realizzazione avvenga senza bisogno d i ricorrere allo sciopero generale. Ecco perché lo Stato italiano deve ascoltare H monito del congres so di Bologna e decidersi una buona volt a l
G randemente significativa è stata Ja· discussione << politica >) con un discorso forte, acuto e quadrato di Giuseppe Bianchi. La Confederazione Generale del La v oro non ha solo un programma econ omico, ne ha anche uno « politico ». Siamo dunque arrivati al « Partito del lavoro >> che è, lo confessino o no, l'aspirazione ardente per quanto segreta di tutti coloro che compongono lo stato maggiore confederale? Non si può ancora rispondere con sicurezza :a questa domanda. Ma domandiamo ancora: il programma politico della Confederazione Generale del Lavoro coincide, rassomiglia o è in antitesi netta con quello del Partito Socialista Ufficiale? Qui si p uò, con cognizione di causa, rispondere che il p r ogramma << politico » della Confederazione Generale del L2.voro è in antitesi netta con quello recentemente comunicato dal Partito Socialista Ufficiale. La direzione del PHi, ha lanciato alle t urbe dei suoi tesserati questa magia. parola ma anti-socialista al sommo grado: «dittatura del proletari2to )).... sul modello russo. La Confederazione Generale del
Lavoro resta invece sul .tetreno della· democrazia dilatata sin9 all'estremo dei suoi postulati suffragistici. Non, quindi, dittatura di una classe, attraverso a un Partito politico, ma sovranità popolare nella· forma di governo repubblicano. La differenza è fondamentale.
È curioso· constatare questa situazione paradossale, per cui, quelli che vagheggiano la dittatura proletaria, non sono dei proletari, mentre i rappresentanti .del vero proletariato la ripudiano.
Noi accettiamo per quello che riguarda la politica interna, il primo postulaco del congresso di Bologna. Facciamo le nostre riserv e s ul m odo e sul tempo. Accettiamo anche il secondo postulato che concerne la politica estera, ma facciamo le nostre riserve circa l'i nterpretazione da al diritto di auto-decisione dei popoli. Soprattutto accettiamo la proposta trasformazione del Parlamento.
Chi mi ha letto durante questi quattro anni, sa che questa tusformazione del Parlamento è stata u na delle mie idee fisse dato che io ne abbia. Ho indicato, fra le necessità urgenti per il rinnovamento della nostra vita nazionale, l'abolizione del Parlamento unico deg li incompetenti e dei politicanti di professione, per sostituirlo col Parlamento degli interessati e dei competenti.
Credo che sla venuta l'ora di precisare ancor di più il mio pensiero, visto che il pentolone elettorale comincia, qua e là, a b olJire. D'accordo che il primo Parlamento del dopo-guerra, dev'essere detto « con suffragio universale uguale e diretto di tutti i cittadini senza distinzione di sesso » secondo la formu la della Confederazione Generale del Lavoro, ma appena eletto i l Parlamento deve - secondo me - suicidarsi.
1l Parlamento << unico » deve cioè frazionarsi in tanti Consigli nazionali, i quali Consigli non saranno composti di soli deputaci, ma si integ reranno con altri elementi, scelti dalle organizzazioni politiche, economiche, culturali, religiose, artistiche, scientifiche e siederanno non a Roma, ma nelle città più propizie allo svolgersi della loro opera. Il Consiglio nazionale marittimo siederà a Genova ; quello del Lavoro a Milano; quello dell'Agricoltura a Bologna o a Bari; quello coloniale a Napoli etc. I cittadini voteranno quindi due volte: :nella prima, come cittadini per il Grande Parlainent o, nella seconda come appartenenti a una data categoria sociale, per il Consiglio nazionale del!a loro cat egoria, . o per quella più. affine. Se non m'inganno a questo vuole arrivare il Bianchi, coll'ordine del g iorno votato a Bologna; Il Parlamento unico dovrebbe discutere e legiferare sui problemi d'indole generale e nazio nale, molti dei quali sarebbero elaborati dai Consigli nazionali.
RitOrneremo su questo argomento. Constatiamo che non siamo però soli a cantare la r equie al parlamentatismo vecchio stile, che ha fatto il suo tempo.
T ornando al programma politico della ConfedeNZione Generale del Lavoro e fissato com'esso sia in antitesi con quello del P11r, restano altre interessanti questioni da prospettaze. Quali inanifestazioni « pratiche» avrà questa antitesi ? Quando, domani, i socialisti chiederanno il voto ai proletari sul programma massimalista, che cosa farà la Confederazione? Evidentemente agiterà il suo. Ma come pottanno durare i rapporti stabiliti col patto famoso di R oma, quando i due organismi divergono nella loro azione e l'uno va verso il massimalismo russo, mentre l'altro resta sul terreno della « sociale» ? E potrà ancora la Confederazione del Lavoro lo sfruttamento politico cui è stata soggetta sin qui da parte dd Partito Socialista ?
Per molti segni si può ritenere che a Bologna la Confederazio ne Generale del Lavoro ha compiuto u n passo gigantesco verso Ja sua completa autonomia.
Ne prendiamo atto con sincera soddisfazione. MUSSOLINI
Da Il Popolo d'Italia, N. 33, 2 febbraio 1919, VI.