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L'ORA DEI CONTI TROPPO TARDI?
La vile campagna dei rinunciatari - che hanno tentato, per fortuna, sin qui vanamente l, di ricattarerla nazione agitando lo spauracchio leninista per terrorizzare la borghesia e lo spauracchio di una nuova guerra per spaventare il popolo minuto - comincia a dare i suoi frutti avvelenati. La transigenza· dei n ostri democratici, male g iustificata coi nomi e le dottrine di Mazzini e eli Wilson, non ha fatto che sollecitare e fortificare l'intransigenza jugos lava. Non è in questione la Dalmazia o una parte di essa. Tutto è in questione e il discorso di BissOiati ha messo tutto in questione. Il memorandum jugoslavo rivendica chiaramente e ufficialmente Trieste e Gorizia e Zara e Fiume e tutte le isole e anche la valle del Natisone e i distretti di Gemona, Resiutta e sino alle rive del se non a quelle dd Piave.
Lo spettacolo che d offre la democrazia rinunciataria è in questo momento semplicemente odioso, assurdo, abborninevole. Sarà diffici le d'ora innanzi parlare ancora di una« cavalleresca>> democrazia italiana l li tentativo di ripescare l'an. Bissolati è stupido e inutile. Von. :salati non è affogato nell'Adriatico, ma è caduto nella· stretta di lorno. Se la politica rinunciataria dell'an. Bissolati - oltre al modo e al tempo in cui fu pxopugnata - e.ra condannabile per l"Adriatico, non lo era meno per ciò che rig uarda il nostro confine alpino. Come a Zara e in tutta la Dalmazia, cosl in' tutto il Trentina l'insurrezione contro la bissolatianil è stata clamorosa e unanime. In ciò non è possibile « scamotaggio » di sorta. Trentini e adriatici, cioè i nostri fratelli più direttamente interessati, hanno bollato come si doveva la campagna rinunciataria inscenata dall'an. Bissolati e soci. Quella mocrazia italiana (o parte di essa), sempre pronta a gettare un fiore c a versare una lagrima per tutte le cause più o meno simpatkhe, oggi g higna sull'eventuale sacrificio degli italiani dell'altra sponda. Constata con mal dissimulato che «le speranze fatte nascere . n ell'animo degli italiani di Dalm.a.z.ia stanno per convertirsi nel più amaro disinganno))
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Chi ha. fatto nascere queste ? Ce ne vanteremmo altamente se il merito fosse tutto nostro. È forse una colpa, una imperdonabile
1 colpa per questa malvagia compagnia di gesuiti demoplutocratici, l'aver accolto il grido di fede che veniva dalla riva orientale dell'Adriatico ?
Dovevamo dunque respingere quelle mani che si tendevano a noi, chiudere violentemente quelle bocche che urlavano con una passione oramai ignota ai hostri frigidi libreschi calcolatod speculatori democratici, un grido d'amore per l'Italia ? Dovevamo dite : annegatevi nell'Amarissimo, l'Italia non ha tempo di pensare a voi, oppure: croatizzatevi ? Di chi la colpa se le speranze più che alimentate da noi, emerse spontaneamente tra quelle popolazioni italianissime, che spasimavano per l'Italia sin dal I 866 con ininterrotto calvario di umiliazioni e di sacrifici, si convertiranno in un amaro disinganno?
È inutile tentare mistificazioni. Il fatto è questo. Prodottosi lo sfacelo dell'Impero austro-ungarico le popolazioni italiane dell'altra sponda hanno chiesto a g ran voce, con una unanimità assoluta, la protezione dell'Italia. Non solo dallitorale,·completamente italiano, ma da K.nin, a ben cento chilometti dal mare, si sono levate voci di italianità. A prescindere dai patti dei governi, il dovere del popolo italiano e di quella demOcrazia, che pretenderebbe di interpretare gli istinti generosi, qual'era di fronte a questa nuova situazione di fatto ?
Se i dalmati non avessero manifestata una loro volontà o la avessero manifestata in senso avverso all'Italia, noi ci saremmo opposti a qualsiasi tendenza annessionista. Se gli italiani di Dalmazia si fos sero d isinteressati del loro destino o n on avessero mostrato preferenze di sorta, un'agitazione pro Dalmazia in Italia non sarebbe nata o non avrebbe avuto séguit? alcuno. '
Ma il caso è diverso. Sono. gli italiani in Dalmazia che si sono pronunciati. Sono· essi che sono venuti verso di noi, prima ancora che l"ltalia si" ricordasse di loro. N oi abbiamo raccolto il loro appello straziante. Abbiamo cercato che fosse ascoltato nelle alte sfere della diplomazia. Se questa llfkt noi ce ne JerJtiamo fieramente orgoglioJi. Se poi, queste speranze saranno se i centomila italiani della Dalmazia saranno massacrati dalle orde: croate, se i cittadini di Zara o quelli di Fiume saranno costretti a incendiare le: loro case piuttosto che subire l'onta dell'oppressione straniera, i dalmati sanno già perfettamente chi dovranno ringraziare e maledire dal profondo del cuore : dovranno ringraziare e maledire quegli italiani che in vista di una combinazione ministeriale, - poiché è verità sacrosanta che tutta la « ampagna » bissolatiana non aveva per obbiettivo che un assalto alla diligenza, - hanno aiutato v olo ntariamente i croati, hanno eccitato coscientemente l'imperialismo jugoslavo, hanno beffardameD.te schernito i nostri fratelli che cercavano un di aiuto, una parola, un gesto di solidariet à. Data Ja cocciuta, intrattabile incransigenza jugoslava, forse anche coll'unanimità n azionale sarebbe stat o di ffici le salvare tutti g li italiani della Dalmazia, ma oggi, grazie al tradiment q della d em ocrazia rinunciataria italiana e alle divisioni provocate da essa, il raggiungimento di quell'obiettivo è impossibile. Può darsi che l' abietta soddisfaz.iqne dei nostri rinunciatari, per il sacrificio d egli italiani di Dalmazia, sia pre matura: ad ogni modo è un segno certo della loro bassezza d' animo.
Fratelli dalmati, voi lo rico rde rete e ttasmetterete il ricordo ai vostri figli e ai fi gli dei v ostri figli N el momento in cui voi cerca· vate di spezzare per sempre le v ostre catene, ci sono stati d egli italiani che ve le hanno ribadite al piede. Al vostro g rido di amore e eli protesta essi hann o risposto magnificandovi il regime della t olleranza e della libertà «croata ». Hanno agg iunto all' infamia r ironia,
M USSOLINI
D a Il Popolo d'Iralia, N 42, 11 febbraio 1919, VL