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NEL MONDO SINDACALE ITALIANO RETTIFICHE DI TIRO
La conferenza operaia di Berna non ha avuto quella stampa che si meritava, È stata quasi sopraffatta dalla conferenza dei partiti socialisti, i quali avevano mandat o dd grandi nomi per cliscutere questioni che più delle altre interessano l'opinione pubblica. Ma io credo di pote r affermare che la conferenza sindacale di Berna è stata più importante di quella politica. È l ecito affermare ino ltre che la conferenza stessa, salvo le necessarie e inevitabili affermazioni di Principio, si è mantenuta su di un terreno di p ratico collaborazionismo colle forze vive e intelligenti del capitalismo. I giomali non hanno pubblicato ne mme no il manifesto col quale la conferenza di Berna ha chius o i suoi lavori. Vale la pefia di darne la fine che dice :
« La conferenza considera che l' efficacia e la continuità della legislazione Ì.ntemazionale del lavoro non possono essere garantite che dalla costituzione di un ufficio internazionale del lavoro, parte integrante della Società delle Nazioni, creato sotto la forma di un vero P arlamento internazionale e interprofessionale, nel quale siederebbero le delegazioni dirette deJle organizzazioni sindacali operaie di tutti i paesi. La concezione della fu nzione del Parlamento internazionale evoca la ne1:"essità di un potere legife rante intemaz.ion ale che si instaura coll'ausilio della Soddi delle Nazioni , cioè di una sovranità sopra-nazionale La conferenza ritie:ne che il s uo programma fissato in questo manifesto, seguirà il prin· cipio di un'era nuova. durante la quale le classi operaie di tutti i paesi si svilupperanno energicamente su lla strad a del progresso e del benessere per tutti ».
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Dunque : la conferenza internazionale operaia di Berna _ non ripudierà la legislazione sociale. Anzi. nella seconda parte del suo proclama c"è un lungo elenco di postulati legislativi, tra i quali sono da notare: proibizio ne del lavoro ai fanciulli di età inferio re ai quindici anni; giornata di sei ore per i ragazzi dai quindici ai diciotto anni; più un insegnamento professionale di due ore al giorno ; sabato i nglese; abolizione del lavoro n otturno per le donne e quello a domicilio ; proibizione del lavor o per le donne dieci settimane prima e dieci settimane dopo il parto; parità di salario; giornata di otto ore; assicurazìone contro la malattia, gli infortuni, l'invalidità, la vecchiaia. E altri postulati minori.
Non c'è da meravigliarsi se la conferenza di Berna ha «lavorato >> in questo senso, quando .si ricordi che fra i delegati c'e.ra Joubaux, le cui idee sulla pace e sul dopo-guerra operaio noi abbiamo minutamente prospettato su queste colonne.
Domandiamo: c'è qualche cosa di simile alle tendenze francesi, inglesi e americane nel movimento operaio italiano ? C'è, anche in Italia, quest a tendenza a trovare un punt o di conciliazione e di equilibrio fra datore di lavor o e lavoratori? A leggae ciò che scrive l'an. Rigola, si pu ò rispondere affermativamente. Commentando sul Te111po i r ecCnti per le otto ore, l'a n. Rigola scrive :
« In meno di un ventennio le oose sono profondame nte cambi ate. Operai tù industriali si sono presidiati nelle loro rispettive organizzazioni di classe e queste permettono di andare per le spkcie e di attuare delle innovazioni che faranno epoca senza mettere a -soqquadro il mondo. N el caso presente gli industrial i metallurgici hanno dimostrato di comprendere lo spirito dei nuovi temr', e, d'altia parte, gli operai si sono resi perfettamente co nto che qua.Jsia.si migliorammto. delle loro condizioni d i lavoro che avesse per effetto di recidere l'albero per coglierne i frutti si risolverebbe in lorc> danno; perciò essi non si rifiutano di sottostare a quelle modificazioni del regime interno che sono necessarie per conciliare la prcspettiva dell'ind ustria col loro particolare interesse di l avoratori.
« Sarà forse ugualmente necessari o che la l egge venga a fissare delle norme a riguardo degli orari di lavoro, ma la legge seguirà, in\·ece di precedere, la libera iniziativa, perché, a nche in materia di rapporti di classe, il p r ivilegio delle g rand i iniziative spetta ai nuclei p iù a udaci e più forti. Quelli che sanno creare giorno per giorno la ricchezza pcssono accapigli arsi ad ogni momento p er ripar· tirsela, ma possono anche facilmente trovare il punto di accordo che loro con-· senta di collaborare per attingere sempre p iù alte mète ».
L'on. Rigola parla· nettamente di « collaborazione>) fra coloro che producono la ricchezza, salvo a combatte:rsi quando si tratta di ripartirsela. C'è dunque un inte resse comune, che a un dato m omento e:lide: e cancella la lotta di classe: l'interesse di produrre. Constatiamo con p iacere: che al vecchlÙ socialismo' politico e parassitario va sostituendosi il sindacalismo nazionale o socialismo produttivista che.... n on taglia l'albero p er cog lierne i frutti, come fa il selvaggio cui manca la nozione dell' indomani.. .. Ma il « collaborazionismo )> confederale ha avuto altre manifestazioni teoriche e pratk.he. Il segretario Lodovico n·Aragona, chiudendo i lavori per il concordato fra metallurgici e industriali, ha dichiarato testualmente: '
«Le discussioni di questi g iorni hanno 'dimostrato a quale dignità può assurgere la valutazione delle reciproche forze. La preouupazione lo sviluppo imbnJriale del noslro PaeJe ci Jrova concordi. Lo sviluppo de/J'irtdus tria è il hBne nonro ' vostro e sarà domani il bene di umi. Altre prove deJia collaborazione necessaria. Operai metallurgici e industriali si sono accordati:
«a) nella nomina di una commissione di studio per i minimi di paga e indennità di ca.ro-vita, composta di di{'l(i membri, cinque per parte;
«b) nella nomina di una commissione di studio per Ja elaborazione di provvedimmri soda/i nei rappo1'Ji della JegiJlazio'le del lavoro che medta trilla l'alta conJiderazìone delle due parti intet't'JJale ;
«c) nella nomina di Wla commissione per l'applicazione del conCordato.
«Gli "estremisti" politici possono sofisticare sul valore e la portata di questi episodi, ma non possono annullare o attenuare il loro palese carattere " collaborazionista " ».
Salta agli occhl, che un dissidio reale e sostanziale esiste fra quello che può chiamarsi socialismo politico dei tesserati e dei professionisti della politica e il sindacal.ismo delle organizzazioni operaie. I segni di questo dissidio sono nùmerosi.
Nell'ultimo numero della. sua rivista l Problellli del Lavoro, l'on. Rigola, commentando il convegno di Bologna, parla di << nuove direttive dei sindacati)), i quali si sono posti, <<tendenzialmente almeno, su d i un terre no tattico diverso da quello su cui si trova la Dil-ezione del Partito>>.
La Confederazione sceglie una via propria. Non la Costituente democratica perché i parlamentari non hanno più la fiduda delle masse ope raie, e non la dittatura del proletariato. 11 suffragio professionale, forse? L'an. Rigola è incerto su questa innovazione. Più grave e sintornatìca l'affermazione che chiude l'atticolo. L' a n. Rigola diçe testualmente che « un invincibile d esiderio esiste nel fondo dell'anima della classe operaia, anche se dissimulato, di liberarsi dalla sudditanza in cui la tiene il Partito)),
Domandiamo: se questo desiderio è invincibile petché si lascia sopraffare e non giunge alle sue conseguenze pratiche ? Ma come ? L'anima della massa operaia vuole conquistare il mondo e non sa liberarsi dalla sudditanza di un partito ? Questa contraddizione n on è assurda ? Forse, risponderà Rigola, i tempi non sOno ancora maturi. Forse, aggiungiamo noi, mancano il coraggio e la sinceri tà nei dirigenti, i quali pesano le catene, ma non osano spezzarle. Gli avvenimenti che incalzano, approfondendo l'antitesi, ne provocheranno lo scioglimento logico e la Confederazione, grandeggiando sempre più di numero e di potenza, sentirà tutto il ridicolo e tutto il pericolo della situazione che la rende schiava dei dogmi, dei delle idio2ie di una massa di gente venuta da tutte le parti. e che si autoproclama - grazie a una tessera - salvatrice autentica e garantita di quella cosa un po• complessa e difficile_ che si chiama «genere umano» MUSSOLINI
D a Il Popolo d'Itrdia, N. 56, 25 febbraio .1919, VI.
Divagazione
CAMILLO NON BEVE....
H.o cercato di prospettare in questi ultimi giorni il d issidio che divide alcune delle (<teste' forti » della Confederazio ne dall'indirizzo generale d el Partito Socialista Ufficiale.
Oggi ho sul tavolo alcuni docume nti che rivelano l'aggravarsi di un altro dissidio in seno al Partito. Canùllo Prampolini ha parlato. Quando parla Camillo, il gregge t eggiano si raccoglie estatico ad ascoltare. È il pastore che parla. Ha anche la faccia del p astore. Testa, barba, occhi, gesto armoniznno nel suscitru:e l'immagine di un conduttore di pecore e di montoni.
Il socialismo reggiano ha avuto sempre la fama di essere un socialismo da ovile. Nei congressi, quando i .reggiani votavano e la lunga lista dei loro circoli che sfilavano nella voce un po' chioccia del povero Pompeo Gotti non finiva mai, i feroci della frazione intransigente, capitanata da quel vulcanico personaggio che risponde al nome di Arturo Vella, sottolineavano l'appello con dei bee bee di un smo crudele. Ebbene- scandalizzatevi pure, tanto no n m 'importa lio mi riconcilio un poco col socialismo reggiano Questo socialismo « reggiano » è un fenomen o interessante . È un socialismo che pensato e praticato da persone fisio logicamente Sane. È « edonistico>>. Quando ci pensate, non vi suscita idee di disperazione, di battaglia, di sangue. Non trovate niente che vi ricordi il duor delle rivo luzioni. In una zona che matura del Lambrusco eccellente; nelle case dei grandi tavolieri sui quali le femmine procaci confezionano delle tagliatelle che -incantano; in una pianura grassa, solcata da fiumi pigri che si perdon o nel grande Po nascosto da boscaglie colle rive appena · segnate da teo rie di pioppi sottili, n on è pensabile un socialismo accidentato, fatto di e di violenze, un socialismo che abbia le impazienze sublimi e talvolta grottesche dell'epoca blanquista o comunarda. Immaginate voi dei reggiani «congiurati»? N o . È impossibile. Su questo stuolo di gente ben pasciuta, rubiconda, tranquilla, che g ia bene, beve meglio e fa, senza saperlo, su o l'oraziano: Ede, bibe. poJI morlem nnlla voltplas, si levano l capi di un socialismo profo nda- mente umano, e forse troppo profondamente attaccato alla terra pingue, alla vita gioconda, alla teoria del minimo sforzo.
La predica:done di Prampolini si spiega coll'ambienté. Camillo è un prodotto genuino di quell'ambiente anti-tragico per definizione.
Guardate Zibordi, deputato socialista. È un uomo che «sta ben e » in questo basso mondo, malgrado la borghesia, il e il.. .. socialismo. Vi è straordinariamente difficile pensarlo alla testa di una colonna di petrolieri feroci e di dinamitardi inesorabili, ma rriettet egli un grembiule verde, fategli rimboccare le maniche, cacciatelo d ietr o a un banco monumentale di bottiglie e di fiaschi ed ecco che a vrete un quadro e una cornice di a rmonia da capolavoro: il « vero » Zibordi, infine,
Tutto ciò spiega il discorso di Prampolini alla federazione regghna e l'adesione unanime che vJ ba riportata. Camillo non beve. Da buon provinciale che co nosce una sola strada: quella di Reggio-Roma e viceversa; da bu on reggiano che conosce una sola vigna : quella c he impampina le dolci colline di Scandiano, egli diffida delle « marche» straniere. Non gli piace lo champagne cerebrale delle cantine di Pro udhon e di Blanqui, Meno ancora gli piace la vodka che si beve a Pietcogrado e a Mosca. Sono vini e liquori che agiscono sul sistema nervoso degli e danno ai cervdli l'ebbrezza dell'avventura, la gioia del rischio, la· tentazione dell'ignoto, la voluttà del sangue. Ah, il sangue l Ah, la violeru:a l Camillo inorridisce. E cosi bella la vita nelle città . e nelle campagne reggiane, bella in t utte" le stagioni e in pace e anche - dopo tutto l - in guerra. Il ciclone rivoluzionario turberebbe un complesso di abitudini; oscurerebbe, con un'ombra fosca, la linea degli adattamenti pacifici; impou ebbe di uccidere e di farsi uccid ere. Camill o n on beve lo chanpagne occide ntale; n on beve la 11odka della dittatura asiatica ; non beve il sang ue e proclama che« l'efficacia della violenza e del sangue è un' illusione; che la vi olenza non conta; c he la violenza è iniqua e Poi, con un gest o quasi ieratico, non privo di una certa solennità, egli, guardando indietro ai suoi quarant'anni di aposto lato socialista, g.iura che « il suo massimo conforto è di non avere nulla sulla coscienza del sangue, è di aver condotto il proletariato alle sue battaglie, senza sacrificare delle vite)), Il sociaJismo di PrampoJini è cristiano; è, anche, pagano. La vita è sacra, soprattutto. Chi uccide un u omo, uccide un mondo, si legge nel Corano. Cristiano e pagano jl sermone di Camillo. Cristiano per l'orrore del sangue, pagano per il senso edonistico della vita. lo non discuto quest o socialismo; lo presento. E lo metto a confronto con l'aJtro. Con quello estremista.
Mentre Prampo lini a Reggio condannava ogni v iolenza ed esal- t ava come il massimo dei valori morali il rispetto alla vita, a Firenze il vice-segretario del Partito SOcialista apologizzava la rivoluzione leninista che è sorta e si mantiene con un reg ime di violenze inaudite La riozione paurosa e apocalittica del socialismo, il concetto che tutto sia già pronto e maturo, informa la predicazione dei massimi pontefici del socialismo ufficiale. Essi bevono la vodka a barili. Spargono a piene mani illusioni. Aprono, con la i paradisi immediati. Esaltano la violenza e il terrore rosso. Io che per _ H p rimo nell'anteguerra ho padato di « giornata storica >> e di « bagno di sangue », risento in queste note gli echi di una vecchia canzone. La mia era una reazione al quetismo dominante. Ma, oggi, riconosco che l' economia del mo ndo, formidabilmente complessa, non si modifica coi «colpi di mano». A colpi di mitragliatrice si può sciogliere una Costitue nte di deputati i nermi, non si fa funzionare un'officina. U n socialismo che non può impadronirsi del fatto economico per model larlo a sua immagine e somiglianza, è un socialismo immaturo e i mp otente; non è un socialismo. Il socialismo è soprattutto una trasformazione dei rappo:rti economici, ma questa trasformazione non avvi ene a ((volontà »: è sempre il risultato di un giuoco l ungo e complicato di forze. Ciò cbe avviene in nel campo è la testimonianza più decisiva in favore della tesi marxista, che la rivoluzione JodaliJJa non si anticipa, non si può anticipare di un giorno solo.
Mi fermo. lo constato che nel socialismo italiano ufficiale due tendenze ci sonò che non possono più stare insieme: il vecchio socialismo, il nuovo bolscevismo. li vecchio socialismo inseriva se stesso nella demOCrazia e si definiva come la più grande, come la integrale democrazia ; il bolscevismo supera il capitalismo e il socialismo, perché è <( antidemocratico». ·
Camìllo vi disegna un socialismo senza tem(leste, che p rocede a gradi, per normali sviluppi, per le strade della democrazia, sempre pill suffragistica. Nicola Bombacci v i presenta un· socialismo .illegalitario, anti-parlamentare, anti-democratico, estremista, leninisia, che ha i «minuti contati», un socialismo che esaspera le aspettazioni delle moltitudini. Non violenze l dice l'uno. Colla viole112a l grida l'altro. Decidersi bisogna. I seguaci di Camillo non possor.;to più rimanere nella sressa taverna, anche se non bevono lo stesso liquore. Devono andarsene. Non basta mettere le mani innan2i.... per misura pruden2iale. Domani sarà troppo tardi per i « distinguo >> di Loyola. . O ·si deve sospettai-e che trattasi di una. commedia nella quale le parti son o divise . fra Camillo pacifista e Nicola esternl.inista?
IL « VIGENTE SISTEMA »
Oggi si riapre la Camera italiana. Il solito « pezzo l >> L'inevitabile domanda. L'eterno confronto. Perché si riapre la Camera dei signori deputati eletti nell'anno di grazia I 91 3 ? Forse per permettere all'an. Orlando di fare un discorso e a qualche diecina di ono revoli di fare altrettanto ? -Come appare lontano, in vecchiato, anacro nisti co .il Parlamento italiano nel 1919! Tanto più che nell' ultimo interva llo fra l'ultima sessione e quella che comincia oggi, il Paese ha creato i suoi «parlamenti», nei quali si sono affrontati e risolti prob lemi damentali. A Ber gamo, a Milano, a Genova, industriali ed operai hanno introdotto le più audaci innovazioni nella vita economica naziona1e. I « >> per le otto ore ·erano già stipulati , quando a Roma si Sono accorti dell'avvenimento e hanno convocato pitosameme il Consiglio Superiore del Lavoro. Ammettiamo p ure che i critici del Governo forzin o la tinta per via del «piove, governo ladro l peculiarmente italiano, ma sta di fatto che molti degli illustri personaggi che ci reggono, come furono inadeguati e insufficienti dinnanzi alle t erribili necessità della g uerra, Io sono del pari di fronte alle no n meno terribili necessità della pace. l buoni cittadini confidano nello « stell one »....
Fuori d'honia, veniamo al concreto. Si è delineata in questi ultimi g iorn i una v ivace agitazione per la «riforma elettorale ». Nel p aese, attol:no allo scrutinio di lista e la rappresentanza proporzionale, si è formata la quasi unanimità dei Partiti. Su queste colonne abbiamo pubblicato il progetto dell'Associazio ne proporzionalista milanese, che sarà illustrato alla Camera dall'an. Turati, e pubbliclùamo qui Sotto l'ordine del giorno - molto energico - dell'Unione Socialista. liana. L'altra sera, a Torino, 1'Associazione liberale monarchica si è espressa in senso favorevole alla riforma elettorale. I cattolici, raccolti nel loro Partito Popolare, già forte di pa.r:ecchie centinaia di sezioni, ne fanno un caposaldo del loro programma poliùco. L'esttema sinistra, repubblicani, radicali, indipendenti, democratici-costituzionali, vog liono tutti l 'abolizione . del collegio uninominale.
È giunta da R oma una confortante notizia: l 'on. Canepa prese terà oggi una mozione elettorale, che è sottoscritu da 110 deputati, sinora. Davanti a questo movimento di giornali, di partiti, di gruppi parlamentari, è lecito pensare - secondo la logicache la. riforma jovocata sarà attuata senza discussione o quasi. La rifmma sembra « matura ». È chiesta dalla parte più viva della nazione. Ebbene, i).O. L'an. Orlando ha fatto sapere che l_e prossime elezioni saranno fatte col <<vigente sistema n. È probabile che l 'on. Orlando, davanti all'espreSsione unanime della coscienza nazionale, muti opinione; ma se cosi non fosse, noi op!niarno che la Camera potrebbe cacciarlo anche di fronte al dilemma: o bere o ....
Non mi nascondo la gravità di questa affermazione , So perfettamente una crisi di Governo in questo momento delicato, non è desiderabile. Ma che cosa potete sperare da uomin i che si afferrano al «vigente sistema» e non osano, mentre tutta l'Ew:opa rinnova le proprie istituzioni politiche in senso sempre più «radicale)>, attuare una modesta riforma "elettorale? La teoria del «vigente sistema» vi apre degli. orizzonti circa la mentalità dei nostri governanti. Mentalità di misoneisti. Il sistema che « vige >> è sempre il migliore; anche quando è sorpassato. Si capisce. Il sistema che vige impone il minimo sforzo. Conservare è sempre più comodo che rinnovare. Battere le strade usate è più facile, per i pigri, che tentare le nuove.... Attenzione, però. A volte, le vecchie strade finiscono in un m/ de sac.
Noi siamo «vaghi» di conoscere i motivi coi quali l'a n, Orlando combattà:lla riforma. Se si tNtta della« data>), l'argomento non regge, perché la nazione, che non è ancora tocca dalla fregola elezionista, è dispostissima a procrastinare di alcuni mesi la data, p urché Ie nuove elezioni si svolgano col nuovo sistema.
V'è chi osserva che sarebbe meglio se le elezio ni politiche avessero luogo a economia nazionale già sistemata o in via di sistemazione. Il contrasto è evidente. Nel Paese industriali e operai hanno introdotto le otto ore. È un fatto di natura economica, ma la sua portata sociale non è certamente inferiore a quella della riforma elettorale. È una grande innovazione. In alcune sedute fra gli interessati, è stata discussa e decisa. '
Il Governo, che avrebbe l'obbligo di integrare questo primo passo verso la « democrazia economica >> con riforme di « democrazia politica», si attacca al ((vigente sistema».
Fa veramente impressione, e una penosa impressione, sentire dei governanti che parlano in questo momento di «vigente sistema» sacro e immutabile l
È stato osservato che ntaiia democratica nel costume, ma non lo è neHe istituzioni. Un primo passo verso quella democratizzazione sarebbe la riforma elettorale, ma il Governo dell'an. Orlando oppone il suo «veto». Ahimè l Cosl è avvenuto, per incoscienza di uomini e p er logica di c ose, alla vigilia di a1tre grandi crisi. Non si è voluto modificare una parte del << vigente sistema )} e tutto il sistema è dato in frantumi.
Se l'an. Orlando rifiuta di porre i n discussione il vigente sistema delle « rappresentanze popolari » egli si assume la respo;sabilità di far mettere in discussione il vecchio sistema delle « istituzioni p olitiche» italiane.
Ci rifiutiamo di credere, sino a pro va contraria, che l'an. O rlando voglia giungere a questi estre mi. ... MUSSOLINr a Il Popolo d'Italia, N 60, l marzo 19 19, VI.