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LA GRANDE BATIAGLIA

Qui il Jo/co, q11i il seme, qui ia 1pi ga, q11i il J;riJJo

GIOVANNI BoVIO

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Nelle pJaghe u bertose del Pa rmense, i lavora.t ori della terra, g li uomini semplici e schietti che conoscono la lunga fati ca di chi apre col lucido ferro il seno della madre comune, gli schiavi moderni che la nostra civiltà non abbraccia ancora e rigetta ai suoi confini , hanno abbandonato i campi, le stalle, gli attrezzi dell'opera quot idiana. Forti del loro patto solidale essi chiedono ( oh delitto!)... una diminuzion e della loro miseria. Spettacolo commO\·ente e grandioso.

Lo sciopero di Parma non è che un ep isodio della lotta millenaria fra chi lavo ra la terra e chi la possiede: è il dualismo fra i detentori dei meni di produzione e gli agenti personali della produzione. Non cercate altrove la c;rnsa madre dd.J'aspra contesa la quale si svolge sul terreno. genuino della lotta di classe al di fuori e contro le formulette teologiche dei legisl-atori rossi. Gli interessi oppost i si sono immed iatamen te « polarizzati » - quelli dei contadini nella Camera dd Lavoroquelli dei padroni nell'Associazione Agraria. La lotta impegnata con eguale ~ccanimento d'ambe lè parti insegna a noi socialist i molte cose e qualunque ne sia l'esito essa resterà memorabile negli annali del proletariato itali ano

Anzitutto è con vivissimo compiacimento che noi assistiamo a questa risurrezione delle plebi agricole. Il socialismo della prima metà del secolo scorso sj rivolgeva quasi esclusivamente alle masse operaie cittadine e considerava elem_ento reazionario o almeno quantité négJigeable il proletariato delle campagne. 1 cootadinf non inspiravano molta simpatia ai primi agitatori socialisti e questa prevenzione, se pur giustificata, era l' effetto della vecchia ideologia politica che non credeva cosa degna della propria missione varcare le mura della città..

Ma non si tardò ad allargue il concetto di proletariato ·per comprendeIVi anche i lavoratori dei campi.

Venutì da ultim i nel movimento i contadini vi hanno portato tutta la loro riserva d' energie, Ja loro calma paziente, un acuto senso di pra· ticità, la costanza nel sacrificio. Sembrerà ancor più straordinario il ·movimento delle plebi agricole d' Italia qualora si pensi ch e da noi manca una qualsiasi tradizione rivoluzionaria e chi conosce l'anima del contadino sa misurare la forza della tradizione. Ora la Francia ha le sue ;aquerieJ, ha le rivolte agrarie che precedono e accompagnano la Grande Rivoluzione, la Germania ricorda le terribili insurfezioni della W estfa lia e del Basso Reno ( L525-35-36) quando i contadini vollero procfa.mare l'eguag lianza economica quale conseguenza dell'eguaglianza religiosa bandita da Lutero. Guidati da Giovanni BokeJson - profeta della nuova Sian - tentarono di instaurare il comunismo dei beni, ma doJXl una sang uinosissima guer ra furono dispersi e massacrat i dai « feudali ». Il nostro secolo ha visto movimenti agrari in quasi tutte le nazioni d'Emopa . F ino a pochi ann i fa l'lta lia era il regno idillico de lla proprietà terriera Le masse agricole dormivano.

La rivoluzione politica culminata nel raggiung imento deirunità della nazione non aveva scosso i contadini. La propaganda dei primi parti ti politici era caduta nel vuoto. Si deve al partito socialista, se la plebe dei campi comincia ad avere un'an ima non più avvolta nelle fitte tenebre dell'ignoranza.

Si deve a l p:utito socialista questa risurrezione della parte p iù utile e più vilipesa dell'umanità.. t il partito socialista che ha dello al contadino : la terra è tua e non dei parassiti che ti sfruttano. e. il partito socialista infine che ha reso possibile nell'ultimo q uinquennio una fi oritura di scìoperi agricol( eroici come queHo d'Argenta, gigantesch i come l'attuale di Parma . Scioperi che hanno portato i lavorator i della terra alla testa del movimento gene rale operaio.

Non s iamo cosl ingenui da stupirci della condotta degli agrari p armensi. Lo abbiamo scritto altra volta : « Le classi abbienti non cedono. senza esservi forzate, le loro ricchezze». I fatti provano luminosamente le nostre affermazioni. La preparazione alla violenza, le bande armate dei « liberi lavoratoti »,, J'appe1lo esasperante alla reazione governativa pro· vano che il desiderio della strage cova sempre nell'anima orribilmente filistea dei borghesi rurali ; e che i detentori del capitale sono pronti a t utto, no~ esclusa la guerra civile. Da questo punto di vista lo sciopero di Parma è gravido d'insegnamenti.

Esp rimiamo intanto tutta la nostra incondizionata solidarietà cogli scioperanti. Vinti o vincitori l'esempio non andrà perduto. In un avvenire più o meno prossimo assisteremo ad altre e maggiori battaglie che - ben più dell'attuale - noo potranno essere contenute nell'ormai famoso terreno della legalità. Da ultimo constat iamo - a proposito degli avvenime nti odjerni - il fallimento colossale della « cooperazione di classe» che i ciarlatani del riformismo intendevano sostituire a.Ua lotta di classe. Voi, o lavoratori parmensi, ritenete impossibile «cooperare.,., coi delinquenti assoldati dai padroni. Voi ci provate invece che so1o con una lotta senza quartiere si rendono possibili le parziali conquiste dell'oggi, la finale vittoria di doman i.

E !a vittoria v'arrida!

D a La Lima, N. 18, 9 maggio 1908, XVI.

Vero Eretico

Schermaglie

La discussione col Giom a/e Lig11re si è ridotta alJ'interpretazione di un apologo. Ho poca simpatia, per questo genere letterario démodé che conviene a menti di primitivi. Sarò breve. Nel viandante affaticato amo simboleggiare l'umanità che muove alla ricerca di una maggiore libertà economica e spirituale; i l mantello è il passato colle sue tirannie politiche, religiose, morali: è il passato che nasconde l'uomo, il vero uomol'uomo misura di tutte le cose come frotagora voleva. In questo spoglidrsi rapido di abitudini antiche, r uomo conquista il suo avvenire Faccio le mie nserve sull'affermazione che « la ·morale evangelica abbia costruito l'edificio più sapiente che dar si possa». L'. evangelismo è assolutamente a-m orale . Le poche massime disseminate fra le g ramigne del nuovo testamento non sono che l'ultimo riflesso della saggezza buddistica: è ancora la pa rola dell' lltuminato ciuella che suscjta i deliri reJi ,giosi nelle folle di Gal ilea: è il verbo dell'oriente che travolge il semitico Jehova e lo converte in un dio universale. L'evangelismo mm ha costruito nulla ex·novo. Da lle religioni che lo hanno preceduto ha tratto i suoi dogmi, i suoi riti, la sua gerarchia , la sua metafisica; nella romanità ha trovato le forme del suo dominio come chiesa « politica )). La manzoniana « urbanità esteriore de i modi » è consigliabile come saggia norm~ di g2- · !ateo nelle relazioni individuali, ma quando gli uomini lottano come collettività non s'uniformano a i precetti di Monsig nor Giovanni Della Casa.

Ritornando poi al concetto di «violenza », affermo che « la violenza è fatale » e che in essa come g iustamente scrive G. Bal dani sta il principio della vita, la logica, la necessità de!la vita 1 • Mi r iprometto in altra sede di sviluppare questa nozione che non è come può sembrare a prùna vista un paradosso nietzschiano né una diretta conseguenza di quella !rd1muJazione (Umwal umg) dei valori morali cui tende la filosofia novissima dei pragmatist i

Qui faccio punto e a malincuore depongo la penna. Non sovente accade dì trovare un avversario così cavaliere.

Vero Eretico

Da I.. lima, N. 18, 9 maggio 1908, XVI.

I « v;, "' . RiviJJa Ji st11di j,rJividHifrti . fli r,nz1, dic,mhr, 1907,

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