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OPERA OMNJA DI BENITO MUSSOLINI

La prima quartina di questo sonetto ha la delicatezza delle tinte crepuscolari. Udite:

Pianin, pianin dundlend corre scomuleda

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Qniii un pinsir lunlan 'd malinom},

Una foia da e ram la s'è s/achida

E senza armor, pianin la vola vi.

Il paragone della seconda quartina non mi convince. - Mi domando perché la muro1a a/ora alor pian/Ma debba senz'altro vendersi all'osteria. Lo Spallicci converrà meco che fra l'abbandono e fa c:1 duta nel fango dclJ'abbiezionc, v'è sempre un periodo di tempo più o meno breve.

Elegiaco è pur l'altro sonetto Stil cadenti ed è il migliore della serie.Qui lo Spallicci s'accosta ai maggiori. Giudicatene da questa prima strofa.

Sora a i chemp toJ fiurì dia premavera Q11ant che e sol d'ta da i m1mt l'è za a11dè vi, E chesca a po, a poc la pes dia ura E e sona una campane l'ìmmarì.

E qui voglio terminare Ja mia spigolatuu. Non chC' io abbia colte tutte le bellezze degne di essere rilevate, ma mi sembra che continuando froderei il lettore. Ed al lettore di Romagna vada il piccolo volume. Volume che dive rrà caro - ne sono certo - a quante anime sentono ancora il fascino della Poesia.

MUSSOLINI BENITO

Da Ii Pemiero R.omagnolo , N. 1, 3 gennaio 1909, XVI.

« I CANTI DI FAUNUS >> DI ANTONIO BELTRAMELLI

L' infanzia dei filosofi ci offre avvenimeriti misteriosi, strani, eccezionali «segni)> annunciatori di ciò che verrà. Non ti meraviglierai dunque, o uomo grigio, se gli dei eterni concessero alla fanciullezza dell'autore dei Canti di Faunus , occhi per vedere nei cieli opposti aprirsi le porte di due magnifici castelli, per vedere addl 5 gennaio di un anno assai lontano - tre bambini - uno dei quali, non si sa perché, tese di sotto le vest i un moncherino .sanguinante -mentre le misere creature - soccalla te le palpebre - piangevano in silenzio - per vedere ancora tutte le sere due vecchie, una dallo scarno viso e l'altra dagli occhi azzurri e tutti i giorni un gatto nero filare silen2:iosamente sui tetti muscosi di una vecchia casa abbandonata. Nel povero prigioniero bambino (Beltramellì ci rivela che la sua infanzia è stata una lunga prigionia) c'eta in potenza, il poeta_ di Faunus.

Faunus - dunque - ha cantato. D opo venti secoli di cristianesimoil bel dio semicaro à voluto rompere la sua antica e saggia abitudine di silenzio. Ma il suo canto, attraverso la p rosa beltramelliana - attrave rso la fil osofia. di questo cavaliere dei Savoia - è troppo dannunziano per suscitare larghe vibrazioni di echi nelle nostre anime. Faunus rifugge dagli artifici - non conosce le complicate manipolazioni di una fra se - non si esprime per simboli che vogliooo essere incomprensibili per sembrare profondi - il suo sorriso non è di maniera - la sua voce non ha la. preziosità del fal setto; detesta i filo sofi - non pretende di dare consigliama le selve, le fonti e sopratutto le ninfe. Di q uesto Faunus - qual dio della serenità libera - v'è tradizione nella letteratura italiana. Cessata l'enorme costrizione medioevale - l'epoca della Rinascita si distingue per un ritorno alla natura - per u na celebrazione delle forze semplici, schiette, non ancor contaminate. Già il poverello d'Assisi mentre ancor fitta è la tenebra scioglié un inno al fratello sole e alla sorella acqua. Poi coll' umanismo è nuova concezione della· vita che si afferma contro alla nozione teologica e deprimente della rinuncia. Gli uomini che nella tensione assidua verso i cieli cattolici avevano disprezzato la terra, si" ricredono dal lunso errore e tutta la poesia dell'epoca risente di questa trasformaz:ione spirituale. Ecco Lorenzo de' Medici che vuole abbandonare « le pompe e gli alti onorì, Je piazze, i templi e gli edifizi magni » - convinto che Un 11erde pruticel pùm di fiori, 11!1 rivolo, (be l'erba intorno bagni, un auge/tetto che d'amor si lagni acq11eta molto meglio i nostri tttdori, /'ombrose ielve, i Ja.Hi e gli alti monti gli antri 01curi e le fere fuggitive 9uaiche leggiadra ninfa par,rosa.

Ang iolo Poliziano dalle Ballate che ci ricordano gli Idilli di Tt'Ocrito - nelJa loro ingenua soavità pastorale.

Verrà quindi Giovanni Rucellai a cantare Le Api, le verginette caste - vaghe a ngelette delle e rbose rive e Luigi Alamanni chìamerà:

.... bealo colui che in pace 11ive dei lieti campi .ruoi proprio cultore, a c11i, stando Jontan daJJ'altre genti, la gi11Jtiuima terra ;/ cibo apporta e Jic11ro il Juo ben si gode in uno.

Dopo l'Arcadia - falsa nei suoi giardini, nei suo.i pastqri, nei suoi campi - la vecchia tradizione della poesia italica riannoda g li aoeUi spezzati con Parini che celebra le gioie delJa vita agreste, con P indemonte, con Leopardi. I/ Jabato del villaggio ci dà l'impressione di un'oasi nel deserto della negazione Jeopardiana Faunus e gli iddii campestri e le antiche costumanze itaJiche e il desiderio di luce, di verde, di fontane passano nell'ode Alle Fonti del Clitumno; Myricae è l'ultima raccolta delle voci che salgono dai campi - voci di uomini, voci d 'an imali, voci d'alberi.

Io pensavo che Beltramelli, continuando la via già calcata dai maggiori, sciogliesse - con accenti nuovi - l'inno alla gran madre comune. O voi, uomini piccoli e grigi che vi affaticate nel viavai geometrico delle vostre « città tentacolari » - uscite dalle case di fango che celano la meschiniti delle anime vostre! Venite ai campi - tornate al contatto diretto della crosta te rrestre là dove non è coperta da sekiati e da marciapiedi e offre all'occhio tutta la pienezza di una inesauribile fecondità.. Venite! Voi, o pallidi cittadini, abituati alla luce dei fanali - avete dimenticato le grandi fiamme dei tramonti nelle sere estive e la dolcezza bianca delle notti plenilunari - abituati al rumore amorfo che riempie Je vostre strade non sentite più la poesia del silenzio che grava sui bòschi e sulle vaste pianure. Ritempratevi nel gran verde e se lo consentono le forze date mano al ferro ~nefico che sommuove la zolla e la prepara alla messe. Ricordate i tempi in cui si poteva essere dittatore e bifolco - condottiero di uomini e guardiano di greggi - i tempi della grandezza italica nei quali gli uomini con egual forza sapevano Llllpugnare e l'aratro e la spada. E allora vi saranno note tutte le fonti della vita - raccoglierete l'onda di mille armonie - un insetto, un fiore, una pietra vi riveleranno copie di tesori che ignoravate - un senso di q uiete vi pu1i6cherà a poco a poco, avvicinandovi a la indulgente saggezza dell'uomo che sa l'aspra fatica e la trepida attesa del pane Anche le piccole cose si vestiranno di poesia. Vi. sarà grato il caldo odore ammoniacale delle stalle nelle lunghe veglie iemali. Quando «l'Aurora nel cielo disfrena » i suoi nivei cors ie ri - il canto dei galli vi parrà una diana d l resurrezione - e anche il raglio sonoro deJl "asino che si ferma ad annusare il liquido effuso da una calorosa giumenta, vi offrirà il motivo di una soav issima elegia d'amore, Assumete semplici costumi e contentatevi dì parco cibo. Se il « frumento giaJlo » che bolle nel fervente rame - vi ricorda i pellagrosi - pensate che si muore di pellagra nelle campagne e di sifilide nelle città. O uomini grigi, uscite!

Ma l'invito è fiacco nei Canti di Fa11n111. Poiché l'Autore ha voluto fare della filosofia - dettare delle sentenz.e - condensare nel giro di una frase una complessa noz.ione d .idee E la forma adottata mi ricorda Nietzsche e, p iù recentemente, Graf. BeltramclH non è riuscito che qua e là a essere originale - ma quasi sempre ha tradito il suo sforzo. V i sono tuttavia dei seni del!ziosi in questa montagna di frasi Udite:

« L'Aratro discopre passando le tane d ei grilli, ed essi avevan cantato Cra le lupinelle, alla luna, le .loro ampie città indistmttihili ».

Profonda quest'altra similitu~ine:

« Batti la tua strada con dieciso volere, appoggia la mano, con forza, sul timooe, ché l'aratro non sopporta facile avvio».

Fervida questa proclamazione dell'amore sovrano del mondo :

« O labbra rosse io vi assomiglio alle tanaglie ardenti che C05tringooo il ferro alla fucina. S p~ voi che ruomo si agita sotto al sole e si piega alla tena»

Ecco una massima penetrante:

• V ana ed insaaiabilc come il sepolcro e come Ja matrice sterile uri !°animo di oolui che cerched unicamente in se steuo la ragione della vita sua »

Forte è q uesta rivendica2 ione degli eterni diritti del pensiero :

« Se la parola Re h a un significato fra gli uomini, essa l'assume uo kammtc di fronte a colui che fa vivere una idea ~-

Saggio ciuesto consjglio per chi insegna;

« Mostra a.i fanci uJli come vadan follemente le nubi a seconda dei venti e come le Brandi montagne stiano salde nel dominio degli orizzonti ».

Fra le pagine che portano per titolo / no1tri 1imi/i mi piacciono le definizioni delle rane e le stelle, del rospo e la p rima della tartaruga. L'ironia dell'elefante e del po rco mi lascia freddo.

Il rimanente del volume si riassume in una pa rola: reminiscenze. Reminiscenze n istiane quando Beltramelli ci cons iglia di « essere per i nostri fratelli come l'acqua per la terra riarsa », quando chiama « felice col ui che sa donare», quando con movimento che c~ r icorda la parabola del figliuol prodigo , consiglia:

<i: Mesci iJ vino migliore degli otri all'amico che ritornerà dopo grandi assenze aila tua casa~.

Reminiscenze n ietzschiane quando neg a ogni forza a « la pietà lacrimante » - quando afferma che « chi fa rivivere un mondo, chi pone un'impronta sopra una cosa, vi lascia tutte le ricchezze e rotte le miserie delJa propria natura », quando deride le dottrine del perdono, della pi età, della pover tà di spirito, della miseria, della debolena, quando grida: « O uomo n on sarai tu sempre schiavo fin ché t'incurverai a benedire, a piangere, a implorare? » - quando jn un impeto dì rivolta eKla.ma: « Che c'è nel mondo, che c' è nella natu ra, che t'insegna la vile umiltà, la fiacca sottomissione, il pecorile timore? » - quando ammonisce di con· t rapporre orgoglio a orgoglio - forza a forza. Non è questo il grido nictzsch iano : « O uomini siate duri »? Non è quest,\ la nietzschiana « vol ontà leonina » ? E poi reminiscenze di vecchie letture panteistiche :

« Noi diamo a,j fiori caduchi gli aspetti morituri di una forza immanente, di una energia dema che tutti ci riassume».

Anche il solidarismo comunista ha una voce :

., Come un anello non forma catena, cosi anche tu, solitario anarca, non potrai concepire il sensò della vita, se non in relazione ai fratelli tuoi ».

La form a? Lo stile? BeltrameUi - lo voglia o no - è ancora sotto l'influenza dannunziana. Il suo stile non ha la purezza - che Leopardi chiamava greca - de' trecentisti: è cadco, pesan te, involuto. L'enormità volge al ridicolo come nell'allegoria del bue nero, dove incontro una frase di questo genere: « Era sotto vento, il bue aveva perduto la passata di lui ». Meditate su questo p eriodo:

« Jn una gola di monte nera e profonda, il sole scomparve quasi attratto dall'ululante scroscio delle acque, invi~ibili nella voragine. Tacqui assorto, su l'eterno orrore; ma ad un t ratto una voce fresca e squi\lantc che vince-va, nella sua dolcezza, il rombo assiduo della tempesta, salì, si irradiò come una s ubita luce. Ecco fra le scoscese rupi, nella profondità spavcntos:i, un giovinetto guidava il suo grc-gge per aspri sentieri e trascorreva cantando».

Poi incontro delle « nubi nere )) che « giungono precipiti )> squassando le « scarmigliate chiome)>- e dei ruscelli « pezzati d'argento» - e un pellicano che ha « un becco ampio come un vest ibolo>> (il pa ragone non potrebbe essere più balordamente secent istico) uguale - il becco s' intende - a un « rettorico cuore» di un'amica; quin di una frase da segretario galante a proposito della tartaruga che l'A. definisce: « Un cuore e una capanna )). Qualche volta Beltramelli vorrebbe farci « rabbrividire», ma non ci rìesce. Molto gli manca ancora per raggiungere POe, Dickens, Merimée, Grillparzer e l'italiano e vivente Papini . ( il pilota rieco). Beltramclli ci schiaccia sotto a una tropicale abbondanza di aggettivi.

Giudicatene dalle paginette dedicate alla Mon Jag na. Sono poche righe. Ecco l'ombra che si apre in due « mostmosi tentacoli » e lancia poscia due « mostruose braccia » che rasentano gli orizzonti e chiudono il sole. Ecco un .: mostruoso alito » dell'ombra - una « immutabile densità » - una « combante oscurità » - poi la « spaventosa furia » di un vento freddissimo e una« mostruosa (e quattro) ondata» - da ultimo si levano delle « immense fiamme » tra boati pr0fondi - c'è una « immane rupe» che trema e un' « ombra ruinosa )) e un « livido mare fiammegg iante » e una « nera immensità » e un « turbine nero »

Ancora pochi grammi di questo piombo - mio caro editore Perrella - e Faunus non canterà mai più.

MUSSOLINI BENITO

Da li Pe,ui"o R()mt1gnolo, N. S, 31 gennaio 1909, XVI.

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