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G Lotta per l'armistizio
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1.918
ol della Berretta, 25 ottobre ore 11:00
(fllustrazione 21 a p. 121) Messe, il maggiore a capo del IX reparto d'assalto, è giunto con i suoi a Col della Berretta, riuscendo ad evitare le bombe, le mitragliatrici ed i cecchini, riuscendo infine a conquistare le prime postazioni austriache. Ma ora, voltandosi indietro, si accorge che sono soli. Il 139° fanteria è invisibile dietro una cortina di fumo ed esplosioni intensissime generata dal tiro di sbarramento delle artiglierie austriache verso le linee italiane sull'Asolone. Per i fanti è impossibile raggiungerli in quel momento, l'artiglieria nemica avrebbe potuto continuare a bombardare per ore, creando un muro invalicabile di proietti tra il 139° in attacco e loro che sono già arrivati all'obiettivo. Messe ed i suoi arditi sono troppo pochi per riuscire a tenere quel caposaldo nemico da soli a lungo. Già gli austriaci, che hanno di fronte, si stanno preparando al contrattacco, eccoli! Occorre ripiegare, Messe si rivolge ai suoi uomini ordinando di ritirarsi, mentre solo lui, con un pugno di arditi, si sarebbe fermato a combattere, per coprire le spalle al ripiegamento. Gli austriaci, avvicinandosi, capiscono che su quel caposaldo sono rimasti soltanto pochi soldati, quindi iniziano un contrattacco, armati delle loro mitragliatrici. Accanto a Messe è voluto rimanere anche il porta stendardo, il sottotenente Dario Vitali, in quel momento una scheggia di granata gli porta via un occhio, ma lui non smette di sparare, difendendo il tricolore che tiene
Dario Vitali ferito, accanto al tricolore, spara contro il nemico. In piedi Giovanni Messe
1.916
Enrico Picaglia viene condotto lontano dal fronte da due arditi, ma vengono colpiti a morte
/ accanto a sé. Messe spara sfrontatamente in piedi, sa c;he nessuno degli avversari lo vuole colpire giacché, essendo l'ufficiale famoso anche in Austria per l"'impresa eroica di Col Moschin", sulla stampa austriaca sarebbe figurato meglio da prigioniero, più che da morto. Stanno per soccombere quando arriva la loro salvezza: dal Monte Asolone alle loro spalle, in mezzo ai fumi ed alle terribili esplosioni, sbuca un altro gruppo di arditi. Alla loro testa, il capitano Picaglia, si lancia all'attacco sparando verso il nemico, seguito dai suoi uomini, ma viene colpito ad una gamba. Cade a terra e due dei suoi arditi si affrettano a soccorrerlo, lui rifiuta, ma viene ugualmente sorretto e trascinato indietro verso posizioni più sicure. I compagni sparano all'impazzata, intervenuti per permettere anche a Messe ed alla sua retroguardia di ripiegare. Una raffica di mitragliatrice nemica colpisce tutti e tre, Picaglia insieme ai due arditi, che pagano con la vita il loro atto eroico e generoso nei confronti Messe ed i suoi uomini in difficoltà.
Quel che accadde dopo
Gli arditi di Messe e Picaglia, ebbero la meglio: in questo ultimo attacco finirono prigionieri altri 30 austriaci, che si andarono ad aggiungere ai circa seicento già catturati. Il IX Reparto, nel tardo pomeriggio del 25, rientrò a Pove. Nella dura lotta sostenuta sull'Asolone e Col della Berretta, esso aveva perduto 13 ufficiali e 170 arditi tra morti e feriti. Il corpo di Picaglia non poté essere recuperato dal campo di battaglia, a causa dell'incessante martellare dell'artiglieria di entrambe le fazioni. Nelle testimonianze rese dai prigionieri catturati quel giorno, gli aggettivi "intrepido, meraviglioso, impareggiabile" furono quelli maggiormente adoperati da ufficiali e soldati austriaci per esprimere la loro ammirazione nei riguardi del IX Reparto arditi per la sua impresa. Dario Vitali ed Enrico Picaglia, per il loro coraggio ed ardimento, furono insigniti della Medaglia d'oro al valor militare.
51:KNAQLIA Dl:LLA DATI AQLIA
'obiettivo dell'offensiva sul
paese tuttavia, questo non era possibile senza prima prendere possesso della Piana di Sernaglia e delle colline circostanti. Mentre in pianura gli italiani riuscivano ad impedire agli austriaci di spiare i loro movimenti dall'alto, giacché avevano abbattuto tutti i campanili al di là del Piave e l'aviazione italiana non consentiva ai draken di innalzarsi, al contrario, presso Sernaglia, i rilievi circostanti facevano un brutto servizio al Regio Esercito, giacché consentivano agli austroungarici di avere ottimi punti d'osservazione. Questo consentiva all'artiglieria nemica di colpire con estrema precisione le postazioni italiane e le truppe durante i loro movimenti. La sera del 27 ottobre, con il Piave ancora in piena, i tre Corpi d'armata che costituivano
l'~a Armata di Caviglia, si trovavano dispiegati nel settore centrale del Piave, da Comuda a
Nervesa, impegnati nel tentativo di superare le acque vorticose del fiume per poter finalmente muovere l'attacco principale previsto per quell'offensiva. Fra questi, vi erano le truppe del XXII Corpo d'Armata comandate dal Generale Vaccari, che occupavano il settore davanti al Montello. Non appena calò il buio, i genieri italiani si apprestavano ancora una volta a costruire i ponti necessari al superamento delle acque, ma era un vero martirio: se non erano le acque vorticose del Piave a rapire uomini e materiali, era il fuoco dell'artiglieria austriaca che martellava le acque del fiume ad intervalli irregolari, con devastante precisione. Anche quella notte, scattò immancabile alle 23 il tiro nemico, che fece saltare ogni passerella. Proprio il Corpo d'Armata di Vaccari aveva il compito di superare il Piave, conquistare una testa di ponte sulla Piana di Sernaglià, il più ampia possibile, per poi spingersi attraverso la vallata del Soligo verso la cittadina di Vittorio. Per questa impresa, Vaccari aveva a disposizione la I Divisione d'Assalto del Generale Zoppi a cui era assegnato il consueto compito di aprire la strada al grosso delle truppe in assalto. Gli arditi, impossibilitati all'attraversare il Piave sui ponti, tentarono l'assalto per altra via ...
1918
ernaglia, 27 ottobre, ore 23:30
(fllustrazione 22 a p. 125) Nonostante il buio della notte nasconda i movimenti degli italiani, l'artiglieria austriaca martella il Piave con un terribile fuoco di sbarramento preventivo da oltre mezz'ora. Gli arditi di Zoppi, radunati nei pressi della riva, sono nervosi e scalpitanti, sono tre giorni che aspettano invano di poter condurre quell'impresa! Finalmente le barche erano arrivate, la piena del Piave è ancora forte e tormentata, ma l'attraversamento va tentato: le truppe schierate sul Grappa non possono condurre l'offensiva da sole ancora per molto. Questo è il momento buono, gli austro-ungarici credono che il tentativo maggiore di forzamento del fronte sia sui monti, invece loro sono pronti a batterli proprio lì, davanti al Montello, dove gli avversari si sentono più forti. Le prime barche iniziano a solcare il fiume, gli arditi sbigottiscono, in pochi istanti vengono travolte e spazzate via dalla corrente. Nemmeno un sussulto dai soldati a bordo, sono tutti inghiottiti in silenzio, spariti. L'impresa sembra disperata, mentre all'intorno una pioggia di proietti solleva enormi colonne d'acqua, vengono messe in acqua nuove imbarcazioni. Gli arditi continuano a salire, lottando con la corrente, le onde generate dalle esplosioni ed i proiettili vaganti. La riva davanti a loro s'incendia all'improvviso del fuoco dell'artiglieria italiana che ha preso a sparare furiosamente sulle linee austriache, per spianare la strada al loro attacco. I cannoni austriaci, nel frattempo, non sono da meno e continuano a sparare nella loro direzione, sembra l'inferno! Finalmente approdano sulle sponde che conducono alla piana di Sernaglia, gli arditi corrono determinati alla conquista,
Gli arditi di Zoppi approdano sulle sponde che conducono alla piana di Semaglia