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Q Vittorio

1918

alderoa, 24 ottobre ore 07:00 circa

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(Illustrazione 20 all'interno della pagina successiva) Il 6 ° fanteria si sta preparando a dare l'assalto al Monte Valderoa affrontando il versante più erto e pericoloso del rilievo. Mitragliatrici in caverna ai lati dell'aspra salita avrebbero ben presto fatto fuoco, non appena iniziato l'assalto. I soldati, terrei in volto, si lanciano sguardi e cenni l'un l'altro, a metà fra un incoraggiamento ed un addio. Poco lontano, in una postazione di primo soccorso, discosto dalle linee di fuoco ma non troppo, un aiutante di sanità osserva incredulo un giaciglio vuoto e sporco di sangue, fino ad un istante prima occupato da un soldato. "Iannellooo!" tuona "Dove diamine sei finito! Iannello ?? ! ! " Urla di nuovo, sporgendosi fuori dalla baracchetta e gettando un occhio verso le latrine, convinto che sia da quelle parti. "Mi fa perdere un sacco di tempo quella testa calda, devo cambiargli le fasciature e misurargli la febbre, prima di spedirlo all'ospedale da campo nelle retrovie! E speriamo che non faccia storie ... " un pensiero lo fa sobbalzare, corre fuori, cerca nei dintorni, niente! "Iannellooo! Accidenti!" Corre dal Capitano Medico nella postazione chirurgica: "Signore! Iannello ... quel pazzo di Iannello ... " tartaglia mortificato. Il medico alza lo sguardo dalla ferita che sta scarificando, fa cenno di aver compreso: "controlli che non sia svenuto da qualche parte" poi riprende il lavoro in silenzio. Sono oramai le sette del mattino e viene dato l'avvio all'assalto del Valderoa. I soldati del 6° Reggimento della Brigata Aosta corrono come pazzi in salita, verso le trincee che li aspettano sulla sommità. Gli austriaci non percepiscono subito il pericolo, non aspettando un attacco da quel versante, così impiegano tempo prezioso a dirigere il fuoco verso gli assalitori. Ben presto i nuclei di mitragliatrici austro-ungarici iniziano a scaricare tutte le loro munizioni sui fianchi dell'orda di soldati in corsa, ma è troppo tardi,

Mitragliatrici in caverna ai lati dell'aspra salita

1318

i primi italiani riescono a raggiungere la cima ed inizia un'asprissima lotta. Cadono le prime linee avversarie, il Valderoa è preso! Sul declivio erboso, le mitragliatrici falciano gli ultimi soldati della Brigata Aosta. Fra questi, vi è un giovane aiutante di campo con la testa ed una spalla fasciata, pallido e febbricitante che, reggendo il fucile, corre quanto più gli è concesso. Era stato ferito negli scontri avvenuti qualche ora prima, mentre tentava l'assalto ad una postazione nemica al seguito delle mitragliatrici italiane di cui era servente. Non appena medicato, nonostante gli avessero intimato di non muoversi, era fuggito dall'infermeria, non volendo mancare all'assalto decisivo. Muore così, con un sogno di vittoria ancora vivido negli occhi.

Quel che accadde dopo

A Iannello Pasquale, per l'amor di Patria che dimostrò con l'estremo sacrificio reso in battaglia, fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare. Il Generale Roberto Bencivenga, qualche decennio dopo la fine della guerra, redasse in più volumi le sue memorie del conflitto, contribuendo a gettare una nuova luce anche su quanto avvenne a Caporetto.

La morte di Iannello Pasquale

ARDIMENTO

CONTESTO STORICO

partire dalla sconfitta di Caporetto, Diaz aveva compreso l'importanza di avere truppe preparate e motivate all'assalto, implementò così la formazione dei reparti di arditi, uomini destinati ad irrompere per primi nelle trincee ed a neutralizzare il nemico con bombe a mano e l'immancabile pugnale, al fine di aprire la strada all'arrivo in forze delle fanterie. Gli arditi erano volontari, preferibilmente celibi, provenienti dalla fanteria o cavalleria, a cui si univano ufficiali di tutte le armi. Meglio nutriti, allenati fisicamente, esclusi dai turni in trincea e condotti sul fronte con autocarri per non farli stancare con le marce prima di un attacco, sembravano l'élite dell'Esercito; tuttavia, il loro compito era il più pericoloso e mortale, ognuno di loro era consapevole che difficilmente avrebbe fatto ritorno a casa. L'immagine dell'ardito, con l'uniforme dal collo aperto, il fez nero, la prestanza fisica ed il grido autoreferenziale "A chi l'onore? A noi!", rispondeva, al contempo, al bisogno di costruire una nuova immagine di soldato italiano, forte e vittorioso, che fosse d'ispirazione per gli altri combattenti e per il Paese. Dopo Caporetto, ad ogni corpo d'armata e reggimento di fanteria, venne assegnato un reparto o un'aliquota minore di arditi, con il compito di principiare l'attacco e, in seguito, sostenerlo al fianco degli altri soldati. La mattina del 25 ottobre, sul versante ovest del massiccio del Grappa, due battaglioni del 139° fanteria avevano il compito di riconquistare le postazioni sul Monte Asolane, quindi proseguire sulla dorsale del medesimo fino ad arrivare ad occupare Col della Berretta, il "cuore" della difesa austro-ungarica in quel settore. Il IX Reparto d'Assalto era stato assegnato al 139° con il compito di anticiparlo sull'Asolone, neutralizzando la prima linea fino all'arrivo dei fanti, in seguito avrebbe dovuto coprirgli il fianco sinistro durante l'avanzata sulla dorsale che conduceva a Col della Berretta, inibendo i nidi di mitragliatrici austriache appostate a lato della direttrice di marcia. Infine, gli arditi avrebbe dovuto proseguire ed assaltare per primi le postazioni di Col della Berretta aprendo la strada, ancora una volta, all'arrivo in forze delle altre truppe. Fu così che alle ore 8:28 del 25 ottobre, due minuti prima che cessasse il fuoco d'artiglieria italiano verso le postazioni austro-ungariche, le truppe d'assalto del IX Reparto, capitanate dal giovane maggiore Giovanni Messe, reduci dal clamoroso successo di Col Moschin, si lanciarono d'impeto fuori dalle trincee italiane, correndo mentre ancora i proietti dei cannoni sibilavano sopra le loro teste esplodendo poco più avanti, nei pressi della prima linea nemica. In pochi minuti, gli austriaci, colti di sorpresa nelle buche e nelle caverne usate come riparo durante i bombardamenti, caddero in mano agli intrepidi arditi italiani che li stordirono con i loro petardi Thévenot, obbligandoli infine alla resa. I fanti del 139° arrivarono subito dopo ad occupare le postazioni appena conquistate sull'Asolone, mentre gli arditi erano già impegnati ad attraversare la dorsale che conduceva a Col della Berretta, tenendosi sul versante sinistro, sotto il fuoco dell'artiglieria nemica, certi che il 139° li avrebbe seguiti nell'impresa di lì a poco.

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