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O SSERVATORIO Lo Stato islamico guarda all’Africa occidentale Secondo la coalizione internazionale contro il gruppo dello Stato islamico, riunitasi in videoconferenza, su iniziativa di Stati Uniti e Nigeria, la lotta contro Daesh continua e ora passa per l’Africa. Se In Iraq e Siria, dove la coalizione ha compiuto una grosso sforzo militare, il gruppo non controlla più alcun territorio (se non in alcune piccole aree di territorio siriano al confine con la Turchia, dove sarebbero in essere degli accordi sul terreno tra le truppe di Ankara e queste milizie per tenere le truppe di Assad sotto scacco), il suo potere di nuocere è tuttora in aumento nel continente africano. Nella regione dei tre confini tra Mali, Niger e Burkina Faso, il Lago Ciad e più recentemente nel nord del Mozambico, diverse organizzazioni terroristiche affermano di far parte del gruppo dello Stato islamico e di condurre attività in suo nome e per suo conto, costituendo «emirati» e caratterizzando la loro opera con attacchi, a popolazioni civili, di spaventosa efferatezza, come le 800 abitazioni distrutte a metà dicembre, nel corso di un attacco nel Niger. Questa coalizione, che ora riunisce 83 Stati e organizzazioni internazionali e regionali, intende quindi espandere le sue operazioni nel continente, a partire dall’Africa occidentale. Formata nell’agosto 2014 per contrastare l’IS in Siria e Iraq, la coalizione ha effettuato quasi 35.000 attacchi aerei in un periodo di 4 anni e mezzo, affermando di aver svolto un ruolo militare chiave nella distruzione dell’autoproclamato califfato (in realtà molte critiche si sono levate sulla reale efficacia, sia militare condotta dalla «Operation Inhrent Resolve», sia negli altri settori dell’azione contro le formazioni terroristiche, soprattutto nel contrasto alle attività finanziarie, che secondo alcuni critici, vedrebbe pericolose vicinanze tra le entità terroristiche e istituzioni finanziare nei paesi del Golfo). Vista la forte pressione in Medio Oriente, l’IS ha iniziato un lento trasferimento nel continente africano, quindi la coalizione deve estendere la sua azione nel continente. Tra i tradizionali alleati di Washington in Africa, Niger e Nigeria hanno sollecitato l’incontro, insieme a Camerun, Ciad, Guinea e infine anche la Mauritania. Le prime aree di sostegno discusse riguardano il rafforzamento della sorveglianza delle frontiere, l’intelligence civile, l’assistenza nella raccolta dei dati a sostegno dei procedimenti
Rivista Marittima Gennaio 2021
INTERNAZIONALE legali e la lotta alle reti di finanziamento dei gruppi legati all’IS. L’inviato speciale americano per la lotta al terrorismo, il diplomatico Nathan Sales ha insistito sulla necessità che i paesi sostenuti rispettassero lo stato di diritto e ha assicurato che questa coalizione potrebbe essere un partner di sicurezza di scelta a lungo termine, complementare alle iniziative già esistenti, come l’operazione Barkhane. Il diplomatico americano ha annunciato la messa a disposizione di ulteriori 30 milioni di dollari nel 2021 per rafforzare le capacità del settore civile dei partner in prima linea nella lotta al terrorismo.
Nathan Alexander Sales è un avvocato, accademico e funzionario governativo americano, attualmente coordinatore per l’antiterrorismo all’interno del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti (editorials.voa.gov).
Gli insegnamenti del conflitto del Caucaso Nel corso dell’ultimo decennio, era ben noto che Baku stava costantemente rafforzando le sue Forze armate. Ma, nonostante questo, pochi esperti avevano previsto la netta vittoria militare recente da parte dell’Azerbaigian sull’Armenia. Gran parte di questa vittoria è stata attribuita al lato tecnico e finanziario della guerra: l’Azerbaigian dispone di maggiori risorse finanziare (ma anche umane) e poteva acquisire tecnologie avanzate come quella turca e israeliana. Ma questo appare come una lettura superficiale in quanto vi sono altre considerazioni da tenere in conto. Il corso di ogni conflitto è influenzato dalle circostanze politiche specifiche che lo innescano — e questa guerra non ha fatto eccezione. L’Azerbaigian e la Turchia erano fiduciosi nel successo della loro azione offensiva, poiché la Russia sin da prima dell’inizio delle operazioni aveva chiaramente indicato di non aver intenzione di as-
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