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La Marina e la ZEE: attualità della Legge per la difesa del mare

«La sorveglianza del confine (...) della ZEE sarà il primo compito che la Marina dovrà assolvere al fine di evitare conflitti di giurisdizione o appropriazione di risorse nell’ambito della propria missione di “difesa militare dello Stato” sul mare prevista dall’art. 110 del COM». Nell’imma-

gine: la fregata missilistica multiruolo, classe

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«Bergamini», FEDERICO MARTINENGO (F 596).

IL TESTO DELLA LEGGE SULLA ZEE

(14 giugno 2021, n.91)

Istituzione di una Zona Economica Esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale Art. 1. (Istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale) 1. In conformità a quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, resa esecutiva ai sensi della legge 2 dicembre 1994, n. 689, è autorizzata l’istituzione di una zona economica esclusiva a partire dal limite esterno del mare territoriale italiano e fino ai limiti determinati ai sensi del comma 3 del presente articolo. 2. All’istituzione della zona economica esclusiva, che comprende tutte le acque circostanti il mare territoriale o parte di esse, si provvede con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da notificare agli Stati il cui territorio è adiacente al territorio dell’Italia o lo fronteggia. 3. I limiti esterni della zona economica esclusiva sono determinati sulla base di accordi con gli Stati di cui al comma 2, soggetti alla procedura di autorizzazione alla ratifica prevista dall’articolo 80 della Costituzione. Fino alla data di entrata in vigore di tali accordi, i limiti esterni della zona economica esclusiva sono stabiliti in modo da non compromettere od ostacolare l’accordo finale. Art. 2. (Applicazione della normativa all’interno della zona economica esclusiva) 1. All’interno della zona economica esclusiva istituita ai sensi dell’articolo 1 l’Italia esercita i diritti sovrani attribuiti dalle norme internazionali vigenti. Art. 3. (Diritti degli altri Stati all’interno della zona economica esclusiva) 1. L’istituzione della zona economica esclusiva non compromette l’esercizio, in conformità a quanto previsto dal diritto internazionale generale e pattizio, delle liberta� di navigazione, di sorvolo e di posa in opera di condotte e di cavi sottomarini nonché degli altri diritti previsti dalle norme internazionali vigenti.

Il 10 dicembre 1982, al termine di una decennale conferenza di codificazione (1), veniva aperta alla firma, a Montego Bay, la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare (UNCLOS dall’acronimo inglese). Tra le novità previste vi era l’istituto della Zona Economica Esclusiva (ZEE) (2), estesa sino al limite massimo delle 200 miglia dalle linee di base, in cui lo Stato costiero può esercitare diritti sovrani, per lo sfruttamento delle risorse naturali e la protezione dell’ambiente marino, sulla massa d’acqua sovrastante la piattaforma continentale (3). Qualche giorno dopo l’apertura alla firma dell’UNCLOS, il parlamento italiano approvava la legge 31 dicembre 1982, n. 979 dedicata alla «difesa del mare» (4). Il provvedimento dell’allora ministero della Marina mercantile stabiliva un articolato sistema di misure organizzative e gestionali per la protezione dell’ambiente marino, la prevenzione e il controllo degli inquinamenti, il salvataggio della vita (SAR) incrementando gli assetti del Corpo delle Capitanerie di porto. In aggiunta, affidava alla Marina la vigilanza sulle zone di giurisdizione extraterritoriali con norme la cui vigenza è stata riaffermata dal Codice dell’Ordinamento militare (COM) (5).

La ZEE italiana ante litteram

La coincidenza temporale tra l’approvazione dell’UNCLOS e della Legge per la difesa del mare potrebbe essere casuale; in realtà esprime quanto meno la grande attenzione che quarant’anni fa c’era per il mare, in un periodo in cui il cluster marittimo italiano aveva ancora il suo referente principale nell’amministrazione civile della Marina mercantile.

Guardando all’oggi, la legge sulla difesa del mare si rivela quanto mai attuale. Il suo impianto in materia di tutela ambientale e SAR delle Capitanerie di porto è, infatti, ancora valido. Ma è per le funzioni affidate alla

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana anno 124o, n. 285 del 17.10.1983 – Decreto 20 maggio 1983 del ministero della Marina mercantile, «Caratteristiche tecnico-operative delle unità navali da adibire al servizio di vigilanza di cui all’art. 2, lett. C) della legge 31 dicembre 1982, n. 979, recante disposizioni per la difesa del mare».

Marina che la legge può considerarsi lungimirante. Secondo il combinato disposto degli articoli 2, lett. c) e 9 della stessa legge è assegnata alla Marina la titolarità del «Servizio di vigilanza sulle attività marittime ed economiche, compresa quella di pesca, sottoposte alla giurisdizione nazionale nelle aree situate al di là del limite esterno del mare territoriale». Le intenzioni del legislatore, a leggere gli atti parlamentari (6), erano in-

centrate sulla protezione dell’ambiente marino. Nel prevedere le attribuzioni della Marina si faceva tuttavia inequivocabilmente riferimento all’esercizio della giurisdizione polifunzionale che è tipica dell’attuale regime della ZEE; questo si deduce anche dal Decreto ministeriale riportato nel Riquadro 1 indicante le caratteristiche costruttive delle unità che sarebbero state costruite con fondi della Marina mercantile ammontanti complessivamente, al tempo, a 120 miliardi di lire: si tratta dei pattugliatori classe «Cassiopea» cui si aggiunsero in anni successivi i due «Sirio» (7).

Le riserve degli Stati Uniti sulle ZEE

Potremmo chiederci a questo punto come mai nei primi anni Ottanta del secolo scorso l’Italia non si fosse dotata della ZEE, nonostante apparisse chiaro che il trend internazionale andava verso questa direzione. Il periodo di riferimento era, tra l’altro, quello in cui era stato emanato il Decreto per dichiarare area di ripopolamento il così detto «Mammellone», nota zona di pesca pretesa dalla Tunisia (8). Come si ricorderà, il nostro Servizio di Vigilanza Pesca (VIPE) per la protezione dei connazionali è attivo sin dagli anni Cinquanta del Novecento (9). Per comprendere quel che accadde allora bisogna considerare che al momento dell’apertura alla firma dell’UNCLOS, il 10 dicembre 1982, aderirono subito 117 Stati, tra cui l’allora Unione Sovietica, la Francia e l’Olanda, ma non Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia (10). Le riserve degli Stati non firmatari riguardavano in particolare il regime di sfruttamento dell’area internazionale dei fondi marini (in seguito risolto con una modifica alla Parte IX della Convenzione) e la libertà di svolgimento di attività militari nelle ZEE. In proposito, la posizione statunitense fu chiaramente espressa dal seguente Statement del 10 marzo 1983 emanato dal presidente Reagan in concomitanza con l’annuncio della proclamazione della ZEE statunitense (11): «Gli Stati Uniti eserciteranno e faranno valere i propri diritti e libertà di navigazione di sorvolo su base mondiale in modo coerente con il bilanciamento degli interessi riflesso nella Convenzione. Gli Stati Uniti, tuttavia, non acconsentiranno ad atti unilaterali di altri Stati volti a limitare i diritti e le libertà di navigazione e sorvolo della Comunità (…) Proclamando oggi una Zona Economica Esclusiva in cui gli Stati Uniti eserciteranno i diritti sovrani sulle risorse viventi e non viventi entro 200 miglia nautiche dalla sua costa. All’interno di questa

zona tutte le nazioni continueranno a godere dei diritti e delle libertà d’alto mare che non sono legati alle risorse, comprese le libertà di navigazione e di sorvolo». Per comprendere la portata di questa Dichiarazione bisogna ritornare agli anni Settanta del secolo scorso, con lo sviluppo nel Sud America e nel Centro Africa del movimento (già iniziato con la Dichiarazione di Santiago del 1952 siglata da Cile, Ecuador e Perù) (12) per la protezione delle risorse di pesca nella fascia delle 200 miglia nautiche. Si capì allora che la posta in gioco era l’erosione della libertà dei mari al di là delle acque territoriali. Il conflitto tra paesi «territorialisti» e paesi «liberisti» come gli Stati Uniti fu composto, nell’ambito del regime delle ZEE disciplinato dall’UNCLOS. La soluzione di compromesso fu un bilanciamento tra i diritti degli Stati costieri allo sfruttamento delle loro risorse e quelli dei paesi terzi aventi titolo al tradizionale libero uso del mare. Di fatto si venne a creare un regime sui generis, la cui ambiguità si riflette nell’UNCLOS (art. 58) laddove si prevede che nelle ZEE straniere gli Stati terzi non possono usufruire di tutte le libertà dell’alto mare (13). Il regime della ZEE non è dunque quello dell’alto mare in quanto mancante di alcune delle libertà relative. Per questo motivo, con riguardo alle ZEE, si fa ricorso alla categoria più generale delle acque internazionali (che comprende anche la zona contigua) mentre si usa l’espressione alto mare per indicare gli spazi marini al di là della ZEE. La prassi degli Stati evidenziò subito la tendenza a interpretare erroneamente la ZEE in forma «territoriale». Il Portogallo, per esempio, emanò la legge 33/1977 in cui stabiliva che nella ZEE dovessero prendersi in considerazione le regole di diritto internazionale «in particolare quelle concernenti il transito inoffensivo», nonostante il richiamo a queste regole, riguardanti le acque territoriali (14), fosse palesemente non pertinente. Di qui la Dichiarazione del presidente Reagan del 1983 che l’amministrazione statunitense pose a base del Freedom of Navigation Program (FON) (15) volto a contrastare, con azioni diplomatiche o operative, le pretese marittime eccessive fondate su un’applicazione impropria di norme e principi del diritto internazionale. Il problema è quello della «Mobilità delle flotte» (si veda Riquadro 2) che è ancora di attualità nel Mar della Cina,

Il problema del transito delle forze navali nelle ZEE («Mobilità delle flotte»)

Lo Stato costiero, al di fuori dei poteri, esplicitamente previsti e regolati dall’UNCLOS, non ha il diritto di sottoporre a vincoli, all’interno della propria ZEE, il traffico marittimo internazionale. Gli Stati terzi godono, infatti, della libertà di navigazione e sorvolo e degli «altri usi del mare, leciti in ambito internazionale, collegati con tali libertà, come quelli associati alle operazioni di navi, aeromobili, condotte e cavi sottomarini», a condizione di non intaccare i diritti dello Stato costiero e di osservare le norme da questi emanate nelle materie di propria competenza. Il testo dell’UNCLOS non contiene comunque alcuna norma che legittimi l’adozione di misure che limitino l’uso delle acque della ZEE da parte di navi da guerra straniere. Ciononostante è stato avanzato il dubbio che gli Stati costieri, estendendo in modo strisciante la propria giurisdizione sulla ZEE (fenomeno della creeping jurisdiction), finiscano per dare carattere territorialistico ai propri poteri assimilando, di fatto, la ZEE alle acque territoriali. Da questo punto di vista potrebbero essere ipotizzabili le seguenti restrizioni agli usi militari: — interdire la ZEE a forze navali operanti; — proibire attività di intelligence o di autodifesa; — consentire lo svolgimento di esercitazioni militari previa notifica o autorizzazione; — introdurre, sotto la specie di provvedimenti a difesa della fauna ittica, limitazioni all’addestramento delle forze navali con armi attive; — vietare il transito delle navi da guerra, al di là dei casi previsti dall’UNCLOS, in aree ove sono poste isole artificiali, istallazioni o strutture destinate all’esplorazione, sfruttamento e gestione delle risorse naturali. Tali questioni sono state concettualizzate nell’ambito del problema della così detta «Mobilità delle flotte»che è stato al centro dell’attenzione negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso: alcuni Stati iniziarono infatti — in funzione nazionalistica e anti-occidentale — ad avanzare pretese di preventive notifica o autorizzazione dell’attività svolta da navi da guerra straniere nelle loro ZEE. Espressione eloquente di questa tendenza è la posizione assunta dal Brasile (uno degli Stati più attivi nel processo di codificazione del nuovo diritto del mare) quando, nell’aderire all’UNCLOS nel 1987, ha dichiarato che: «The Convention do not authorize other States to carry out in the exclusive economic zone military exercises or manoeuvres, in particular those that imply the use of weapons or explosives, without the consent of the coastal State». Identico, nel considerare il libero transito di unità militari nelle ZEE come pregiudizievole per la sicurezza nazionale, è l’orientamento dell’India che nel 1995, al momento della ratifica della Convenzione, ha così argomentato: «The Government of the Republic of India understands that the provisions of the Convention do not authorize other States to carry out in the exclusive economic zone and on the

continental shelf military exercises or manoeuvres, in particular those involving the use of weapons or explosives without the consent of the coastal State». Da ricordare che la posizione indiana è stata anche riaffermata, con riguardo all’incidente della Lexie del 2012, sostenendo l’illegittimità del transito non autorizzato del mercantile con a bordo i nostri NMP (Nuclei Militari di Protezione) antipirateria. Tra l’altro, proprio di recente (7 aprile 2021), la questione è ritornata di attualità quando l’India ha contestato agli Stati Uniti che l’USS John Paul Jones fosse transitato senza autorizzazione nella ZEE indiana del Mar Arabico. Allineate con tali posizioni restrittive sono le Guidelines for Navigation and Overflight in the Exclusive Economic Zone, studio non-binding elaborato dalla Nippon Foudation nel 2005. L’approccio italiano — condiviso da Germania e Olanda che come noi hanno depositato dichiarazioni alle Nazioni unite — è invece netto nel sostenere che nessuna disposizione dell’UNCLOS legittimi la preventiva notifica delle attività navali svolte nelle ZEE straniere.

ove gli Stati Uniti, assieme a un gruppo di paesi alleati, cerca di contrastare con appropriate attività navali le pretese cinesi a territorializzare spazi di alto mare (16).

In tale contesto (esacerbato dall’allora Guerra Fredda e dal confronto serrato tra i due blocchi) va collocata la decisione italiana di assumere, anche in linea con i propri obblighi NATO, una posizione conforme a quella statunitense volta a negare valenza territoriale ai diritti esercitabili nelle ZEE. Il nostro paese nel firmare l’UNCLOS nel 1984 e nel ratificarla poi nel 1994, ha infatti dichiarato che: «Lo Stato costiero non gode, secondo la Convenzione, di diritti residuali nella Zona Economica Esclusiva. In particolare, i diritti e la giurisdizione dello Stato costiero in tale zona non includono il diritto di ottenere la notifica di esercitazioni o manovre militari o di autorizzarle».

A quegli anni si può far risalire la riluttanza italiana a istituire una propria ZEE, forse motivata dall’esigenza di coerenza nell’affermare la libertà di navigazione (17), ma anche basata sul fatto che la situazione geografica del Mediterraneo, in caso di proclamazione generalizzata di ZEE, avrebbe portato alla scomparsa di qualsiasi spazio di alto mare (18). Questa posizione, mitigata nel 2006 con la disciplina quadro della Zona di Protezione Ecologica (ZPE) (19), terminerà nel momento in cui verrà approvata l’iniziativa parlamentare dedicata a istituire la ZEE.

La futura ZEE italiana

I contorni giuridici della nostra ZEE s’intravedono già. Nel testo del provvedimento di legge approvato dal Senato in via definitiva il 9 giugno 2021, si dice, infatti, che: 1) all’istituzione della ZEE, «che comprende tutte le acque circostanti il mare territoriale o parte di esse», si provvede sulla base dell’UNCLOS con decreto del Presidente della Repubblica; 2) i suoi limiti sono stabiliti per accordo con gli altri Stati o, in mancanza di essi, «in modo da non compromettere o ostacolare l’accordo finale». Un primo accordo bilaterale esiste già ed è quello con la Grecia del 9 giugno 2020 (20), improntato al criterio della coincidenza con il confine della piattaforma continentale; questa soluzione potrebbe essere agevolmente seguita in Adriatico con Albania e Montenegro, oltre che con la Croazia. Più problematico è immaginare un confine meridionale della ZEE che non ostacoli il raggiungimento di accordi definitivi, ma che nello stesso tempo non ci faccia apparire rinunciatari rispetto all’intransigenza dei vicini. Tale limite dovrà purtroppo essere stabilito a titolo provvisorio non essendoci prospettive, a breve, di accordi di delimitazione concordati con Algeria, Tunisia, Malta e Libia (21). Dobbiamo perciò prepararci a confini marittimi la cui effettività andrà vigilata con attenzione in quanto ci potrebbero essere, in caso di sovrapposizione con ZEE straniere, violazioni dei nostri diritti o addirittura «incidenti di frontiera». Scenari del genere potrebbero ipotizzarsi, per esempio, nell’area di sovrapposizione con la ZEE dell’Algeria a occidente della Sardegna (22). D’altronde, di recente, sia il Montenegro sia la Grecia (23) hanno effettuato attività di prospezione in zone di piattaforma continentale aperte alla ricerca sul versante italiano, al di là dei limiti stabiliti da accordo.

La Marina e la ZEE

La sorveglianza del confine, sia pur provvisorio, della ZEE sarà dunque il primo compito che la Marina dovrà assolvere al fine di evitare conflitti di giurisdizione o appropriazione di risorse nell’ambito della propria missione di «difesa militare dello Stato» sul mare prevista dall’art. 110 del COM.

Il secondo compito sarà — come detto, quello, già previsto dal nostro ordinamento quarant’anni fa dalla Legge per la difesa del mare. Vale a dire lo svolgimento del «Servizio di vigilanza sulle attività marittime ed economiche, compresa quella di pesca, sottoposte alla giurisdizione nazionale nelle aree situate al di là del limite esterno del mare territoriale». Le aree della ZEE nazionale saranno molto estese: ai circa 120.000 km2 di acque interne e territoriali vanno, infatti, aggiunti i circa 500.000 km2 di piattaforma continentale e ZEE. Al loro interno, il nostro paese eserciterà diritti sovrani in materia di gestione delle risorse naturali, comprese pesca e rinnovabili, e protezione ambientale. La nostra giurisdizione sarà perciò molto estesa dal punto di vista spaziale e molto articolata in relazione alle varie materie di competenza. Per queste funzioni, la Marina ha tutte le qualità, in termini di capacità alturiere dei mezzi dedicati (che tuttavia andranno incrementati) per sorvegliare la ZEE nazionale. In aggiunta, va considerato che l’art. 115, 3 del COM stabilisce che: «Ai comandanti delle unità di vigilanza, è riconosciuta la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 57, comma 3, del codice di procedura penale».

È ovvio, in ogni caso, che sarà necessario coordinare tali competenze con quelle istituzionali del Corpo delle Capitanerie-Guardia costiera e con quelle della Guardia di Finanza (24). L’assenza di una normativa dedicata ad assicurare l’integrazione tra le attività nella futura ZEE delle varie amministrazioni rischia di causare un approccio dispersivo ai nuovi compiti con sovrapposizione di attività, programmi e competenze. Un efficace modello da seguire è quello previsto dal Regolamento del 2013 della Legge 30 luglio 2002, n.189 (Bossi-Fini) che attribuisce alla Marina il coordinamento delle attività di contrasto dell’immigrazione illegale oltre le 24 miglia dalla costa in ragione delle capacità di comando e controllo allocate presso CINCNAV (25). 8

L’ipotetica futura ZEE italiana (Limes, 2, 2021, 123).

«Il Regolamento del 2013 della Legge 30 luglio 2002, n.189 (Bossi-Fini) attribuisce alla Marina Militare il coordinamento delle attività di contrasto dell’immigrazione illegale oltre le 24 miglia dalla costa in ragione delle capacità di comando e controllo allocate presso CINCNAV» (nelle immagini: la sede a Roma e la Sala operativa).

NOTE

(1) Una brillante e chiara analisi, scritta all’indomani dell’apertura alla firma della nuova Convenzione, è in T. Treves, La Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, Milano 1983. (2) Secondo l’UNCLOS (articoli 55 e 56) la ZEE è un’area esterna e adiacente alle acque territoriali in cui lo Stato costiero ha la titolarità di diritti sovrani sulla massa d’acqua sovrastante il fondo marino ai fini dell’esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse naturali, viventi o non viventi, compresa la produzione di energia dalle acque, dalle correnti o dai venti. Allo stesso Stato spetta anche la giurisdizione in materia di installazione e uso di isole artificiali o strutture fisse, ricerca scientifica in mare e di protezione e conservazione dell’ambiente marino. (3) Lo Stato costiero esercita sulla piattaforma continentale diritti sovrani esclusivi per l’esplorazione e lo sfruttamento delle risorse marine naturali, vale a dire le «risorse minerali e altre risorse non viventi del fondo marino e del sottosuolo come pure negli organismi viventi appartenenti alle specie sedentarie (UNCLOS 77, 4.)». Tali diritti appartengono allo Stato costiero ipso facto e ab initio, nel senso che la loro titolarità non e� né la conseguenza di un atto di proclamazione (come invece previsto per la ZEE) né di un possesso effettivo realizzato mediante occupazione (UNCLOS 77, 3). (4) Testo in https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1982-12-31;979. (5) D.LGS. 15 marzo 2010, n. 66 (https://www.difesa.it/Content/Pagine/CodiceOrdinamentoMilitare.aspx). (6) Il provvedimento, d’iniziativa governativa, cominciò il suo iter parlamentare nel 1980, durante la VIII legislatura, come A.S. 853-A. (7) L’art. 8 della legge 30 novembre 1998, n. 413 prevedeva la «costruzione di unità navali di tipologia simile ai pattugliatori classe “Cassiopea”, affidate alla Marina Militare per la vigilanza a tutela degli interessi nazionali, al di là del limite esterno del mare territoriale, e gestite dal ministero della Difesa». (8) La zona riservata di pesca del «Mammellone» fu istituita nel 1951 entro la batimetrica dei 50 metri (cfr. F. Caffio, Il Mammellone, tormentata e discussa zona di pesca, Rivista Marittima, 1988). Il suo regime e� stato fatto salvo dalla Tunisia, con la legge n. 60-2005. Con Decreto ministeriale del 25 settembre 1979 (poi abrogato nel 2010) l’Italia vietò la pesca dei cittadini italiani al suo interno per finalità di ripopolamento ittico. (9) https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-la-difesa-sicurezza/operazioni-in-corso/Pagine/vigilanza-pesca.aspx. (10) T. Treves, op.cit., 9. (11) Presidential proclamation 5030 march 10, 1983 on the EEZ of the United States of America, in https://www.boem.gov/sites/default/files/regulations/Treaties/Presidential-Proclamation-No.-5030-EEZ.pdf. Gli Stati Uniti, benché non aderenti all’UNCLOS, istituirono la ZEE considerandola facente parte del diritto internazionale consuetudinario. (12) La genesi della ZEE si può far risalire alla Dichiarazione di Santiago del 18 agosto 1952 in cui si affermava che:«... the Governments of Chile, Ecuador and Peru proclaim as a norm of their international maritime policy that they each possess exclusive sovereignty and jurisdiction over the sea along the coasts of their respective countries to a minimum distance of 200 nautical miles from these coasts. The exclusive jurisdiction and sovereignty over this maritime zone shall also encompass exclusive sovereignty and jurisdiction over the seabed and the subsoil thereof... ». (13) V. in materia N. Ronzitti, Introduzione al Diritto Internazionale, Giappichelli, Torino 2016, 128 ss. Il testo dell’art. 87, 1 dell’UNCLOS e� il seguente: «1. L’alto mare e aperto a tutti gli Stati, sia costieri sia privi di litorale. La liberta� dell’alto mare viene esercitata secondo le condizioni sancite dalla presente Convenzione e da altre norme del diritto internazionale. Essa include, tra l’altro, sia per gli Stati costieri sia per gli Stati privi di litorale, le seguenti liberta�: a) liberta� di navigazione; b) liberta� di sorvolo; c) liberta� di posa di cavi sottomarini e condotte, alle condizioni della Parte VI; d) liberta� di costruire isole artificiali e altre installazioni consentite dal diritto internazionale, alle condizioni della Parte VI; e) liberta� di pesca, secondo le condizioni stabilite nella sezione 2; f) liberta� di ricerca scientifica, alle condizioni delle Parti VI e XIII. (14) Il regime del transito inoffensivo nelle acque territoriali è regolamentato dagli articoli 17-20 dell’UNCLOS. (15) V. US Department of Defence Freedom of navigation (FON) Program in https://policy.defense.gov/Portals/11/DoD FON Program Summary 16.pdf?ver=201703-03-141350-380. (16) V. F. Caffio, Il G7 e libertà di navigazione, Rivista Marittima, 5, 2017, 8. (17) Sulla posizione italiana in materia di ZEE in relazione ai compiti NATO, cfr. B. Vukas, The extension of jurisdiction of the coastal State in the Adriatic Sea in N. Ronzitti (ed.), I rapporti di vicinato dell’Italia con Croazia, Serbia-Montenegro e Slovenia, Roma 2005, Luiss University Press, Giuffrè, 251. (18) Cfr. F. Caffio, Come cambia lo status quo degli spazi marittimi del Mediterraneo, Rivista Marittima, n. 3, 2020, 3. (19) Sulle ragioni che hanno indotto l’Italia a istituire la ZPE si vedano le approfondite analisi di U. Leanza, L’Italia e la scelta di rafforzare la tutela dell’ambiente marino: l’istituzione di zone di protezione ecologica,Rivista di Diritto Internazionale, 2006, 2, 309. L’unica ZPE istituita dall’Italia (con DPR 209-2011) è quella del Mar Ligure e Tirreno. (20) Cfr. I. Papanicolopulu, Prime osservazioni sull’accordo di delimitazione tra Grecia e Italia del 9 giugno 2020, 18 giugno 2020, SIDIBlog, in http://www.sidiblog.org/2020/06/18. (21) Cfr. F. Caffio, Non lasciamo ad altri la delimitazione del Canale di Sicilia, Il Mare è l’Italia, Limes, 10, 20, 209. (22) Presidential Decree No. 18-96 of 20 March A.D. 2018, establishing an exclusive economic zone off the coast of Algeria, in https://www.un.org/Depts/los/LEGISLATIONANDTREATIES/STATEFILES/DZA. html. (23) Cfr. J. Gilberto, Metano, sarà sfruttato dai greci il giacimento davanti alla Puglia, Il Sole-24 Ore, 25 settembre 2019. (24) Cfr. le acute osservazioni di A. De Sanctis, La deriva non è un destino, Limes, 3, 2021, 129. (25) Sul modello integrato adottato in materia, v. F. Caffio, Immigrazione clandestina via mare: l’esperienza italiana nella vigilanza, prevenzione e contrasto, Rivista Marittima, supplemento ottobre 2003.

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