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QUI FINANZA

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Una delle uguaglianze fondamentali della macroeconomia stabilisce che la quantità di risparmio di una nazione deve essere uguale agli investimenti della stessa. Il ragionamento è intuitivo. Il reddito disponibile (quello guadagnato al netto del prelievo fiscale) può avere due destinazioni: il consumo ed il risparmio. La parte di reddito risparmiata, se non detenuta fisicamente da chi la ha guadagnata, è incanalata verso gli investimenti, sia nel pubblico (tipicamente acquisto di titoli del debito pubblico) che nel privato (azioni, obbligazioni, quote di fondi di investimento, ecc.). L’attività finanziaria di banche ed intermediari, quando i titolari del risparmio non prendono le loro decisioni in piena autonomia, possono essere di ausilio nell’ orientare i flussi verso forme di investimento il più produttive possibili. Lo Stato, sia attraverso la creazione di nuove modalità di investimento, sia attraverso la leva fiscale, può contribuire ad incentivare la destinazione del risparmio verso obiettivi congruenti con le politiche economiche ed industriali del momento. In questo ambito, l’ultima legge di stabilità ha introdotto un nuovo strumento: i Piani Individuali di Risparmio (PIR), con lo scopo di veicolare il risparmio dei privati verso le piccole-medie imprese per sostenerne la capitalizzazione e favorirne gli investimenti. Stante la perdurante situazione di un sistema bancario appesantito da una massa importante di crediti de-

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I PIANI INDIVIDUALI DI RISPARMIO: NUOVA LINFA PER GLI INVESTIMENTI DELLE PMI?

teriorati, lo strumento dei PIR cerca di “saltare” l’intermediazione delle banche con lo scopo di aprire un canale diretto tra le piccole e medie imprese ed i finanziatori. Vediamo in dettaglio quali sono le “regole di ingaggio” per un risparmiatore che volesse avvicinarsi a tale forma di investimento. Innanzi tutto, il PIR è generalmente proposto da una Società di Gestione del Risparmio (SGR) ed è rivolto solamente a persone fisiche, escludendo, quindi, dalla sua sottoscrizione le persone giuridiche. Una delle novità salienti della normativa è che il PIR può anche essere costruito in modo autonomo dal singolo risparmiatore che, sul proprio dossier titoli presso la sua banca di riferimento, può assemblare una serie di attivi congruenti con la normativa e, quindi, godere dei benefici ad essa associati. Purtroppo sembra che molte banche siano refrattarie alla implementazione di tale operatività, perdendo, almeno secondo il mio punto di vista, un’ulteriore occasione per modernizzarsi. La leva fiscale è stata utilizzata in maniera molto forte per incentivare i risparmiatori all’ utilizzo dei PIR. Come noto, la tassazione delle rendite finanziarie sconta, in Italia, l’aliquota del 26% che si riduce della metà per chi investe in titoli di Stato. Viceversa, chi sottoscrivesse un PIR e lo detenesse in portafoglio per un periodo superiore ai cinque anni, vedrebbe la sua aliquota scendere a zero. Maggiore incentivo fiscale anche in caso di dona-

zione e successione “mortis causa”: la neutralità fiscale dello strumento permane con l’azzeramento dell’aliquota di imposta. Ad un regime così favorevole dal punto di vista fiscale, non possono che corrispondere delle limitazioni quantitative sull’ ammontare dell’investimento: infatti, ciascuna persona fisica può allocare su un PIR solamente fino a 150.000 euro. Quanto sopra dal punto di vista del risparmiatore; ma quali sono gli attivi che possono essere parte di un PIR? Vale la “regola” del 70/30. Il 70% dell’investimento deve essere destinato a strumenti finanziari emessi da aziende italiane od europee purché abbiano stabile organizzazione in Italia. Di questo 70%, il 30% deve essere investito in imprese (sempre italiane o con organizzazione stabile in Italia) che siano fuori dal listino del FTSE Mib (ovvero aziende di piccole e medie dimensioni). Esiste, a tutela del risparmiatore e per conservare la tipologia di “piano” di risparmio, anche un vincolo di concentrazione che prevede che al massimo il 10% del patrimonio possa essere investito in strumenti emessi dallo stesso emittente. I primi mesi di vita dei PIR hanno mostrato una certa effervescenza dello strumento sui mercati finanziari con anche delle critiche, tutto sommato abbastanza fondate. In particolare, Salvatore Graziano, responsabile strategie di investimento di Soldi Expert pone in evidenza cinque debolezze strutturali dei PIR: il rischio di un mercato in bolla, le asimmetrie tra PIR “fai da te” e PIR gestiti, l’acquisto di prodotti finanziari di PMI sul mercato secondario, il costo delle commissioni e la concentrazione del rischio sul mercato Italia. Brevemente, analizziamo quanto sopra enunciato. Fa, giustamente, notare Graziano come il mercato dei prodotti finanziari delle PMI sia stato trascurato in passato dagli operatori. La creazione dei PIR, grazie evidentemente alle particolari condizioni che accompagnano questo tipo di prodotto, potrà generare un aumento repentino ed ingiustificato della domanda; una tipica condizione di bolla a cui, altrettanto evidentemente, potrebbe corrispondere un improvviso sgonfiamento dei prezzi, per riallinearsi alle vere condizioni di

mercato. I PIR potrebbero rappresentare l’“elefante nella cristalleria” per le PMI coinvolte. Mentre nel caso di PIR “fai da te” il vantaggio fiscale scatta dopo aver mantenuto fermo l’investimento per cinque anni (non è consentita la cosiddetta rotazione), un PIR veicolato attraverso il risparmio gestito consente al suo gestore di fare una politica attiva ovvero muovendosi liberamente sul mercato. I movimenti di investimento e disinvestimento (tipici, come visto, dei PIR gestiti) avvengono sul mercato cosiddetto secondario, ovvero quello che si attiva quando un emittente ha già “piazzato” il suo debito e, quindi, la piccolamedia imprese non beneficia ulteriormente dei movimenti. A beneficiarne saranno solamente i portatori dello strumento finanziario. Altrettanto importante il costo delle commissioni (sempre nel caso di PIR gestiti) ed il fatto che, essendo lo strumento dedicato alle imprese italiane (o, giova ricordarlo, con organizzazione stabile in Italia), il sottoscrittore del PIR, tipicamente residente e con un’attività lavorativa in Italia, si trovi a concentrare i suoi investimenti nel paese, quindi accettandone in toto il rischio paese. Insomma, come ogni strumento innovativo, i PIR ci presentano una situazione con luci ed ombre. Certamente rimane fondamentale l’attenzione che il legislatore, per la prima volta, porta alla disintermediazione del rapporto tra banche e piccole-medie imprese. Da un sistema di finanziamento bancocentrico, con i PIR si fanno passi sostanziali verso un sistema più centrato sul mercato. Rimane strategico, in questo caso, il beneficio fiscale per i sottoscrittori. Da un altro punto di vista, sarà opportuno correggere tutte le asimmetrie che lo strumento si porta con sé. Il PIR “fai da te” dovrebbe avere la medesima struttura di quello gestito e le banche dovrebbero garantire la possibilità ai loro clienti di strutturare personalmente il prodotto. Per le piccole e medie imprese i PIR rappresentano, comunque, una valida possibilità di finanziamento. Sono, senza dubbio, una opzione strategica di cui bisogna essere pronti a cogliere le molte possibilità.

MICHELE RUSSO, PARTNER DI EPTA PRIME Michele Russo, con una lunga esperienza nel settore della finanza e della consulenza strategica aziendale, nel 2016 è tra i fondatori di Epta Prime, società indipendente di consulenza e boutique finanziaria. Dal febbraio 2013 fino al maggio 2015, Russo è stato dirigente del servizio “Middle Office” della Direzione Finanza con responsabilità sul reporting analitico e sui progetti strategici della direzione. Da dicembre 2004 è stato direttore dell’area sud e isole di Dexia Crediop e, successivamente, ha curato i rapporti con alcune fondazioni bancarie e con enti religiosi. Precedentemente, nel maggio 2000 Russo è stato responsabile commerciale per il centro e sud America della Marconi Selenia Communications Spa e nel luglio 1993 è entrato in Alitalia Spa, prima nella rappresentanza commerciale di Bologna e poi nella sede di Roma nella neo-costituita direzione marketing.


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