RockNow #19

Page 1

PLAY IT LOUD, READ IT NOW

Mensile - Anno 2 - Luglio/Agosto 2014

#19

DOWN BAYSIDE KLOGR THE BLACK KEYS

linkin park Ritorno al passato

KASABIAN – GUANO APES – VANNA – PETER PAN SPEEDROCK


HAI FAME DI MUSICA? ENTRA IN NEWSIC.IT Stanco di perder tempo alla ricerca delle NOVITÀ MUSICALI di tendenza? Il menu completo te lo offre NEWSIC.IT: è completamente nuovo e ti tiene aggiornato su tutti i fatti della musica in tempo reale. Siamo sempre aperti, 24 ORE SU 24 , 7 GIORNI SU 7.

www.newsic.it


sommario 04 05 06 07 08 09 10 11 12

ROCKNOW #18 - LUGLIO-AGOSTO 2014 www.rocknow.it

04-12 PRIMO PIANO:

Kasabian The Morning Is For Sleeping Guano Apes Dead Poets Society Vanna All in the name of… Rock Hi-Tech/Crazy Net Games/Open store Peter Pan Speedrock

14-25 ARTICOLI: 14-16 Linkin Park

www.rocknow.it Registrazione al Tribunale di Milano n. 253 del 08/06/2012

Scrivi a: redazione@rocknow.it DIRETTORE Daniel C. Marcoccia dan@rocknow.it

18-19 The Black Keys

ART DIRECTOR Stefania Gabellini stefi@rocknow.it

20-21 Down

COORDINAMENTO REDAZIONALE ONLINE EDITOR Michele “Mike” Zonelli mike@rocknow.it COMITATO DI REDAZIONE Marco De Crescenzo Stefania Gabellini

22-23 Bayside

27-30 RECENSIONI

Disco del mese: Linkin Park Nu rock Pop/Rock Metal Punk The Line Dischi violenti: Pat Cosmo

EDITO

foto Francesca Varrenti

27 28 29 30 31 32 34

COMUNICAZIONE / PROMOZIONE Valentina Generali vale@rocknow.it

24-25 Klogr

WHATEVER HAPPENED TO MY ROCK’N’ROLL…

Quando abbiamo iniziato quest’avventura, due anni fa, ci interessava in un certo senso portare avanti un discorso editoriale interrotto bruscamente tempo prima e adattarlo all’impostazione moderna che deve avere oggi una rivista musicale. Internet ha cambiato le abitudini di tutti noi, fornendo subito, in pochi secondi, una quantità impressionante di informazioni. L’uscita di un disco o una recensione, un concerto, un’intervista… tutto è a portata di clic sul vostro schermo. Subito. Il Web ha inoltre dato vita a una generazione di “fruitori” di musica che si accontenta di leggere poche righe e soprattutto di trovare tutto quello che cerca (video e interviste brevi) su YouTube. La generazione “Like”, come mi piace chiamarla, quella che si limita a cliccare “mi piace” e basta. Fare una rivista rock, in Italia, è sempre più difficile. Lo avrò scritto in non so più quanti editoriali. Quando arrivi poi ad aspettare una settimana per la foto di un gruppo italiano, capisci

che forse stai perdendo il tuo tempo… E non parliamo delle interviste impossibili da realizzare perché l’artista non è disponibile (per l’Italia, stranamente…) o al massimo si concede (per volere della stessa etichetta?) solo a un paio di quotidiani e a un lifestyle. E infine cosa dire dei molti gruppi italiani capaci di stressare fino all’inverosimile per una news (spesso inutile), una recensione (di un disco spesso brutto) e poi fregarsene di leggere la rivista stessa? Per tutti questi motivi abbiamo deciso di prenderci una pausa. Breve? Lunga? Definitiva? Solo il tempo e la voglia sapranno dircelo. Grazie a tutti e continuate a divertirvi. Con o senza musica. Keep on rockin’!!! Dan

COLLABORATORI Arianna Ascione Giorgio Basso Andrea Cantelli Nico D’Aversa Sharon Debussy Giorgio Di Zenzo Michele Fenu Ilaria Ferri Vania Lai Luca Nobili Eros Pasi Andrea Rock Stefano Russo Piero Ruffolo Silvia Richichi Alberto Santi Extreme Playlist SPIRITUAL GUIDANCE Paul Gray Editore: Gabellini - Marcoccia Via Vanvitelli, 49 - 20129 Milano

Tutti i diritti di riproduzione degli articoli pubblicati sono riservati. Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Il loro invio implica il consenso alla pubblicazione da parte dell'autore. È vietata la riproduzione anche parziale di testi, documenti e fotografie. La responsabilità dei testi e delle immagini pubblicate è imputabile ai soli autori. L'editore dichiara di aver ottenuto l'autorizzazione alla pubblicazione dei dati riportati nella rivista.

Daniel C. Marcoccia @danc667

RockNow 3


PRIMO PIANO

RN RN video

KASABIAN Sink the pink

I Kasabian danno i numeri (e i colori) per il nuovo album “48:13”. Il quinto lavoro del gruppo di Leicester nasce da una ossessione del chitarrista Sergio Pizzorno, che incontriamo a Milano assieme al frontman Tom Meighan Di Alberto Santi La copertina del nuovo album dei Kasabian è il classico pugno nell'occhio. Così, quando incontriamo Tom e Sergio, ci aspettiamo che la prima domanda sia proprio sulla scelta del colore. Invece, no. Passano quasi 20 minuti, quando siamo proprio noi a chiedere: “Ma fra tutte le possibilità, perché questo rosa così forte?”. La risposta, non lo nascondiamo, ci stupisce: “La percezione che la gente ha di noi è molto mascolina” ci dice il chitarrista. “Abbiamo scelto questa tonalità perché è l'ultima che ti aspetteresti da noi. Vogliamo stupire, vogliamo che quando prendi in mano il nostro

4 RockNow

disco tu dica 'Wow! Ma sono i Kasabian questi?'”. “È un colore molto simile a quello dei Sex Pistols” interviene Tom, “Sarebbe stato fin troppo facile puntare su una copertina completamente nera”. Di nero, effettivamente, non c'è assolutamente niente, basta ascoltare il primo singolo “Eez-eh”. I due entrano in sala con un atteggiamento inaspettato. Sono abituati a suonare davanti a un'incredibile folla, ma sembrano intimoriti da quelle che possono essere le nostre domande. E allora, via con la prima, inevitabile: perché “48:13”? “Sono diventato ossessionato dai numeri” ammette Sergio. “A dire la verità, sono accadute molte cose durante la

registrazione di questo album: abbiamo organizzato il concerto a casa nostra (a Leicester, ndr), siamo stati scelti come headliner di Glastonbury, il Leicester è stato promosso in Premier League. Avevo scelto il titolo prima ancora di conoscere l'effettiva durata totale del disco. Quando ho visto che era effettivamente di 48 minuti e 13 secondi, sono letteralmente impazzito”. I Kasabian si preparano a girare il mondo per presentare il nuovo album e cosa possiamo aspettarci dai loro live del 31 ottobre al Palalottomatica di Roma e da quello del giorno successivo al Forum di Assago? La parola torna a Tom: “Sai cosa? La verità è che io sono un bastardo fortunato. Salgo

sul palco, canto e basta. Il lavoro più duro è fatto dal resto della band che deve suonare e trovare sempre la musica giusta. Abbiamo deciso di suonare in modo diverso alcune vecchie canzoni, vogliamo ritrovare la gioia di suonarle dal vivo. Abbiamo provato molto negli ultimi mesi, l'energia è tornata. Abbiamo pulito alcuni classici, alcune canzoni le abbiamo suonate davvero troppo volte. Canzoni come “L.S.F” e “Club foot” le avevo ancora in testa quando andavo a dormire”. La chiusura, in un misto tra promessa e minaccia, arriva da Sergio: “Sì, ci saranno delle grandi sorprese”. L'appuntamento è fissato, niente di più eez-eh. www.kasabian.co.uk


THE MORNING IS FOR SLEEPING

Giovane realtà in cerca della propria strada, i The Morning Is For Sleeping sono finalmente giunti alla pubblicazione dell’omonimo EP di debutto Di Giorgio Basso

I The Morning Is For Sleeping sono originari di Latina e il loro percorso è simile a quello di molte altre band al debutto: “Volevamo suonare, tutto qua. Venivamo da un momento di stallo in cui i progetti passati di ognuno erano arrivati al capolinea e abbiamo deciso di metterci insieme per provare a fare qualcosa, senza un progetto iniziale ben definito. Alcuni di noi avevano già avuto esperienze musicali comuni in passato, ma questa line-up ha visto la luce per la prima volta quando sono nati i The Morning Is For Sleeping. Ed è sempre rimasta invariata, nonostante gli ovvi problemi di avvio. A tal proposito non vogliamo nemmeno ricordare quanto sia stato difficile far combaciare le influenze e il background di ognuno. Anzi, più che farle combaciare, l'obiettivo era di creare qualcosa di totalmente nuovo che

racchiudesse tutto ma che non potesse essere facilmente definito in un genere. L'iniziale fase creativa è stata complicata, ma ora abbiamo un equilibrio tale che tutto quello che facciamo ci esce naturale”. Il termine post-hardcore sembra essere il più gettonato nel loro caso, specie nelle parti vocali dove troviamo il classico dualismo melodico/urlato: “Una volta definita la canzone nella sua struttura, i nostri cantanti Jacopo e Marco iniziano a cantarci sopra. A volte non c'è nemmeno bisogno di pianificare nulla: sanno già quando un determinato riff richiede una voce melodica o meno, senza averne discusso prima. È una questione di emozioni. Così vale anche per le parti melodiche e i testi. Ogni canzone è figlia di un determinato momento, di una particolare circostanza emotiva. Ed è lì che scaviamo per trovare le parole”. www.facebook.com/tmifs

RockNow 5


PRIMO PIANO

GUANO APES

RN RN video

Prima linea

Dopo la reunion del 2011, la band tedesca guidata dalla sempre grintosa Sandra Nasic pubblica un nuovo album intitolato “Offline” Di Piero Ruffolo

Foto Harry Weber

Per molti fan, i Guano Apes preferiti sono quelli di “Open your heart”, “No speech” e “Lords of the boards”, quelli che tra il 1998 e il 2000, in pieno periodo nu metal, ottennero una grossa popolarità anche in Italia. A Sandra Nasic sembra invece interessare poco il lato nostalgico della musica: “Per noi è sempre stato importante liberare le nostre menti e aprirsi ad altre sonorità. La musica ti permette sempre molte possibilità ed essere liberi di fare quello che ci pare ci ha sempre regalato ulteriori impulsi. Rispetto al precedente

6 RockNow

‘Bel Air’, che poteva sembra più leggero e ballabile, ‘Offline’ ha un’attitudine rock ma allo stesso tempo racchiude un’ampia gamma di colori”. Il chitarrista Henning Rümenapp aggiunge: “Avere questa libertà creativa ci permette di confrontarci con vari generi musicali e mantenere comunque il suono tipico dei Guano Apes”. Il titolo del disco è un chiaro riferimento alla società di oggi, costantemente collegata a una massa enorme di informazioni. La parola torna a Sandra: “Non siamo ciechi, vediamo cosa succede attorno a noi. Siamo bombardati costantemente dalle informazioni

e alla fine il rischio è quello di perdere la fiducia nel prossimo. Forse è il caso di fare un paio di passi indietro e concentrarsi nuovamente sulle cose importanti della vita. La musica riesce ancora a trasmettere purezza e verità”. Dopo il ritorno del 2011 con “Bel Air” e dopo lo scioglimento del 2004, i Guano Apes sembrano oggi di nuovo in perfetta sintonia. Henning è alquanto chiaro in merito: “Siamo felici di aver riscoperto ognuno di noi. È stata la nostra musica a riportarci assieme, c’è una fusione straordinaria tra di noi che ci ha permesso di registrare 5 album e superare

indenni tutti questi anni”, mentre la Nasic aggiunge: “È difficile spiegare l’alchimia che c’è tra di noi. Siamo probabilmente fortunati di avere avuto la possiibilità di incontrare le persone giuste. Ognuno ha punti di vista diversi ma questo non ci ha impedito di creare comunque delle canzoni dal suono facilmente identificabile. Poche band sono riuscite a farlo. Non vogliamo vincere awards, sono già pienamente soddisfatta di tutto quello che siamo riusciti a conquistare. Sono felice se siamo in grado di vivere la nostra passione e se possiamo fare quello che vogliamo”. www.guanoapes.org


TOYBLOÏD

ncia) Parigi (Fra : a ine z n ie n e a), Madele Prov rr a it h c , e ou (voc Line-up: L rre (batteria) ie (basso), P EP m scratch” Disco: “Fro nk garage, pu , k c h Yeah o R : re ossip, Yea Gene G , s y a w b The Su Influenze: Yeahs id.com www.toyblo

DEAD POETS SOCIETY

ATTITUDE

Autori di un ottimo EP omonimo, i Dead Poets a) li ta Society ci regalano canzoni dal suono granitico (I ), è a n rr rg a it za: Cuo da cui emerge la potente voce baritonale di vis Riff (ch a D ), Provenien e c o s (v Mario Iob k ) ic a L ri e rè tt d a n Di Piero Ruffolo Line-up: A asso), Marco Ryde (b (b l e ix Gio P n” vengono costruiti su quelle note I Dead Poets Society nascono rock saloo rd a H “ : o e su quel pathos. Generalmente nel 2010 su iniziativa di Mario Disc , C k c /D testi e melodie vocali, di fatto, C Iob, per un suo bisogno interiore ro A , rd e a ötley Crü Genere: H M arrivano in un secondo tempo, di ritornare al rock dopo anni , s e s o ’R ns N u G praticamente a pezzo chiuso”. : di canto lirico. Il progetto inizia e z n e Influ att Nei progetti imminenti e futuri bene, con un forte consenso del R , n li e p p e Led Z dei Dead Poets Society ci pubblico che gradisce la musica s e g a /p k.com o o b sono ovviamente tanti concerti molto immediata e emotivamente e c a .f www 90981 mentre, nella sua attività solista, coinvolgente della band. Fin dal 5 3 7 9 4 1 5 4 Mario ha in programma collabonome scelto dalla formazione, Attitude/16 si intuisce una particolare attenzione per le liriche. Come ci spiega lo stesso Mario: “La mia seconda attività è quella di scrivere, poesie in particolare. I testi quindi, in gran parte, hanno lo stesso metodo compositivo. Assolutamente visionario e senza fronzoli. Le liriche nascono esattamente da questo: fugaci visioni che diventano testi”. La voce baritonale di Mario è perfetta per dare un taglio epico e drammatico alle canzoni: “La voce entra a musica fatta. Diciamo che ormai in testa a chi compone la musica, la tonalità e l'espressività della sua voce gira bene e i pezzi

razioni che presto verranno rese note. “Ringraziamo il nostro consolidato seguito e i nostri nuovi sostenitori, che non mancano mai di ricordarci il loro affetto. Un abbraccio forte a tutti loro, mentre invitiamo i lettori a seguire la scena musicale. Scendete dal pianerottolo di casa e ficcatevi nei locali, nei palazzetti, ovunque ci sia gente che porta il proprio sudore e la propria passione. Fatevi vedere abbracciando le transenne sotto palco, perché gran parte della sopravvivenza di quella scena è delegata a voi”. www.facebook.com/deadpoetssocietyband

RockNow 7


PRIMO PIANO RN RN video

VANNA Boston Bros

Non troppo noti dalle nostre parti, i Vanna sono veterani della scena hardcore americana che strizza (parecchio) l’occhio al metal. Che sia giunto il momento del salto di qualità con il nuovo “Void”? Di Luca Nobili La chiacchierata con Davey Muise, singer dei Vanna, mostra più profondità di quanto normalmente si trova in giro tra i rocker di ogni genere e provenienza. Gli chiedo del nuovo “Void” ed è l’approccio lirico quello che preme a Davey raccontare: “Quello che canto nel nuovo album è tutto quel che è rimasto intrappolato nella mia testa nell’ultimo anno. Testa e cuore. Ed è naturale che ci sarà sempre chi non apprezza quello che dico… così come ci sarà qualcuno che si potrà identificare con quello che trasmetto. Mi piace l’idea che il nostro pubblico possa trovare nei testi dei Vanna un modo per non

8 RockNow

sentirsi solo, che capisca che sono pazzo e disperato io come ognuno di loro e che va bene così”. Anche parlando di influenze, Davey mi racconta che “ci sono un sacco di band a cui faccio liricamente riferimento in ‘Void’, trovo giusto omaggiare la musica con cui sono cresciuto e mi ha reso quello che sono. Dai Nirvana ai Beastie Boys, dagli Smashing Pumpkins ai Brand New, tutto quanto mescolato ai miei folli pensieri”. Ma la parte strettamente musicale? Da dove nasce il sound potente, rabbioso ma spesso melodico dei Vanna? “Suoniamo la musica che ci piace, se vieni ad ascoltarci in sala prove, potresti trovarci a jammare pezzi dei Deftones che

finiscono in un qualche hit single degli Smiths. Prendiamo spunto da qualsiasi tipo di musica, non ci piace avere etichette, esprimiamo solo noi stessi! Ciò detto, di sicuro siamo una band con un suono aggressivo, l’hardcore e il metal sono generi musicali con cui siamo cresciuti e che tuttora seguiamo attivamente”. La band di Boston ha partecipato a due edizioni del Warped Tour, Davey Miuse ricorda con assoluto entusiasmo in particolare l’edizione del 2012: “Quando siamo saliti sul palco della data del Warped Tour in Massachusetts (casa loro, in poche parole - nda) è stato incredibile. Mi sono girato a guardare gli altri ragazzi della

band e la vista dei loro volti emozionati mi ha portato alle lacrime. Potrà sembrare infantile, ma la situazione mi ha toccato profondamente. Tra noi cinque c’è un rapporto profondo, che è stata la forza dei Vanna nel corso degli anni. Questi quattro ragazzi con cui condivido il palco quasi ogni notte sono davvero i miei ‘fratelli’. Siamo passati come tutte le band attraverso momenti di difficoltà, che siano stati cambi di formazione o il bus che ci abbondonava nel mezzo di un tour… ma non c’è nulla che non ricordo con piacere, perché facciamo quello che amiamo, con le persone che amiamo”. www.vannaboston.com


All in the name of

A cura di Andrea Rock foto Alessandro Pozzi

A

rock

kiodo

parecchie settimane di distanza dall'ultimo post riguardante il celebre festival belga, anche per quanto riguarda “All In The Name of Rock” è giunto il momento di parlare di Groezrock. Un festival che “mangia in testa” ai più prestigiosi del nostro Paese, soprattutto a livello di organizzazione e servizi. Non starò qui a farvi l'ennesimo report, per questo vi rimando ai tanti articoli presenti anche su FB. Come spesso accade fra queste righe, sviluppo un discorso dal punto di vista comportamentale. Il pubblico del Groez è veramente splendido: sorridono, si divertono, assistono attenti alle performance delle band che conoscono meno e si lanciano a capofitto nel pogo più sfrenato per i set dei gruppi che adorano. Trovi ogni diramazione dell'essere punk, sia dal punto di vista estetico che da quello anagrafico. Comprano dischi e merchandise, supportano anche i gruppi emergenti che si esibiscono sullo stage a loro dedicato. Come da noi, vero? Ma, perché un “ma” dovrà pur esserci, c'è stato un episodio che mi ha sorpreso. Gli headliner della manifestazione erano gli Offspring che avevano annunciato un live set che avrebbe coperto interamente l'album capolavoro “Smash”. Il disco della band californiana ha segnato in maniera indelebile l'ambiente alternative mondiale vendendo oltre 20 milioni di copie e diventando il simbolo della discografia indipendente. Sentirlo suonare per intero dal vivo è un'occasione più unica che rara. Esco dalla “press area” (zona dedicata a giornalisti e “amici degli amici”) poco prima dell'inizio del set di Dexter Holland & Co, lasciando alle mie spalle diversi addetti ai lavori. Seguo ogni momento dell'esecuzione di “Smash” e torno indietro, in quanto poco interessato alla sfilza di super hit che avrebbero seguito quanto appena visto. L'area dei giornalisti è “sold out”! Ma come?! Al di là del fatto che gli Offspring possano non piacere, che Holland suoni aiutato da “autotune live”, che la band sia vecchie... quel disco è il motivo grazie al quale si è diffusa su scala mondiale la cultura alternativa e che ha permesso realtà come lo stesso Groezrock! Che siate speaker, redattori, blogger o altro, non potete prescindere da assistere a questo live, anche fosse solo per criticarlo! Sono rimasto colpito, veramente. In un contesto che tende alla perfezione, questo episodio è stata l'unica nota stonata di una due giorni che consiglio vivamente a tutti. Beh no, dai, ha stonato anche Matt Skiba, ma questa è un'altra storia...

RockNow 9


PRIMO PIANO

PETER PAN SPEEDROCK

RN RN video

Record men

Diciasette anni “on the road” e non sentirli! Gli Olandesi sono una delle live band più attive di tutto il pianeta e sono da poco tornati con un nuovo micidiale disco Di Andrea “Canthc” Cantelli Quasi venti anni di carriera incessante senza alcuna pausa, oltre 1.800 concerti all’attivo… Cosa manda avanti con la stessa energia di sempre una band come i Peter Pan Speedrock? “Fare concerti è quello che mi manda avanti dopo tutto questo tempo, è la nostra passione e la parte più bella e stimolante del fare parte di una band. Puntiamo a raggiungere il record

10 RockNow

di 2.263 concerti che appartiene ai Ramones, quindi c’è ancora da lavorare, ma di sicuro noi non ci fermeremo. Dopotutto non ci siamo poi tanto lontani”. In questi giorni è stato accolto da recensioni molto positive il nuovo lavoro “Buckle up and shove it!”, un disco fedele alle sonorità punk/ rock’n’roll della band: “Rimanere fedeli a noi stessi è sempre stata la formula vincente e sono convinto che con quest’ultima uscita abbiamo fatto qualcosa

di grande. Lo testimoniano le recensioni molto positive e fortunatamente anche le vendite, siamo arrivati nella Top 15 nel nostro paese e per una band indipendente del nostro genere penso sia un risultato straordinario e ovviamente anche inaspettato”. Ma non è nell’attitudine dei Peter Pan Speedrock adagiarsi sugli allori. Infatti, nel prossimo periodo, saranno molto impegnati: “Presto saremo in tour in tutta Europa e per fortuna verremo a suonare

anche in Italia, in un festival vicino a Bolzano. Poi stiamo lavorando a un nuovo progetto che si chiama Four Headed Dog ed è in pratica una collaborazione tra noi e Dr. No, un mago degli effetti speciali analogici per chitarra. A breve torneremo anche in studio e stiamo preparando un’uscita per l’inizio del prossimo anno”. Insomma, lunga vita ai Peter Pan Speedrock, stakanovisti dei Rock n roll!!! www.peterpanspeedrock.nl



HI-TECH

LG G PAD 10.1

Arriva sul mercato il G Pad 10.1, il più grande tablet della famiglia “G” di LG. Il Pad si va ad affiancare agli altri prodotti del marchio, integrandosi alla perfezione. Display 10.1, 1GB di RAM, sistema operativo Android 4.4.2 KitKat e molte delle funzioni note ai possessori dello smartphone G3. www.lg.com/it

SOLO2

Beats Electronics aggiunge al proprio catalogo la Solo2, versione evoluta delle famose Beats by Dr.Dre. Nuova veste e maggiori livelli di qualità per questo prodotto che offre, ora, una gamma più ampia di suoni e una migliore chiarezza. Compatte, lineari e leggere, le Solo2 sono disponibili in 6 colori. it.beatsbydre.com

crazy net

A cura di Michele Zonelli

DARTH VADER USB

FLYING F*CK R/C HELICOPTER

Quando si parla di messaggi del cielo probabilmente non si fa riferimento a questo ma, in fondo, sempre di messaggio si tratta. Un elicottero comandato o, se preferite, un FUCK volante da portare sempre con voi. www.thinkgeek.com

CANNON-SHAPED GUN POPCORN MAKER

Perché limitarsi al banale sacchetto nel microonde quando potete preparare i desiderati popcorn con un cannone ad aria (calda)? Già, perché... forse per il fastidio di doverli raccogliere da terra una volta pronti... www.tinydeal.com

12 RockNow

Certo non è il più comodo degli hub USB ma volete mettere la scena con colleghi e amici! Ciliegina sulla torta: il respiro di Darth Vader quando connettete una periferica (o a comando con il pulsante dedicato). www.amazon.it


A cura di Michele Zonelli

games

EA SPORTS UFC Piattaforma: PS4/XONE Produttore: EA Sports Genere: Sport

WATCH DOGS

Piattaforma: PS4/XONE/PC/PS3/X360/WIIU Produttore: Ubisoft Genere: Azione/Avventura Annunciato, agoniato, posticipato... termina la lunga ed estenuante attesa che ha preceduto la pubblicazione di “Watch Dog”. Il primo capitolo del nuovo franchise di casa Ubisoft è finalmente disponibile. Il concetto di base è tutto sommato abbastanza semplice e proprio in questa semplicità sta il genio degli autori, in grado di offrire un’idea per svariati aspetti innovativa. I cittadini, le strutture pubbliche, tutto è controllato da un’unica Rete globale, violata la quale Chicago sarà sotto il vostro controllo. Ma perché darsi tanto da fare? Un obiettivo mancato, la morte accidentale della nipote: Aiden Pearce, hacker e cyber vigilante, ha giurato vendetta e non si fermerà finché non avrà trovato i responsabili di quanto sta accadendo a lui e ai suoi cari. Tramite il cellulare di Aiden potrete hackerare ogni apparecchio nelle vicinanze, trasformando la città nel vostro più grande alleato. La missione principale è varia e mai monotona, ben equilibrata tra stealth, azione ed esplorazione. Il gameplay soddisfa appieno, così come il level design. Forse ci si aspettava qualcosa in più ma l’attesa è stata ben ripagata.

Electronic Arts si fa carico dell’eredità lasciata da THQ rassicurando i fan delle Arti Marziali Miste. Il campionato UFC approda per la prima volta sulle console di nuova generazione e il risultato non passerà certo inosservato. Graficamente il titolo è davvero ben realizzato, i lottatori sono riprodotti in maniera esemplare, così come i dettagli che compongono l’area di gioco. Movenze e reazioni si dimostrano all’altezza e padroneggiare al meglio ogni disciplina non sarà impresa facile. Il combat system, cuore di “EA Sports UFC”, è volto alla simulazione, con alcuni dovuti accorgimenti necessari a rendere l’esperienza meno snervante del necessario. Non aspettatevi di vincere gli incontri schiacciando freneticamente tasti a caso, gli scontri sono credibili, ragionati, studiati ed è necessario superare il duro training proposto per riuscire ad avere la meglio. Il single player non è molto longevo, cosa che non si può dire del multiplayer, ben strutturato e ricco di sfide. Ottenere il massimo dal titolo non è immediato ma, acquisita la giusta esperienza, le soddisfazioni non mancheranno.

A cura di Valentina Generali

OPEN STORE

BILLABONG

Costume boxer verde bottiglia con dettagli laterali in giallo ed elastico in vita per la linea estiva di Billabong. http://eu.billabong.com Da € 42,99

HAVAIANAS

Parola d’ordine camouflage per l’estate flip flop e espadrillas di Havaianas Top, Havaianas Slim e Havaianas Origine con rivestimento interno fluo, per un look urbano e alla moda. Da € 20 (Top), € 28 (Slim), € 35 (espadrillas Origine) http://it.havaianas.com

DR. MARTENS

Il marchio famoso in tutto il mondo per i suoi anfibi incontra il talento del fotografo Gavin Watson. Il risultato è una bella linea di magliette che rende omaggio all’underground musicale britannico e in particolar modo al punk. Da € 25 www.drmartens.it

RockNow 13


LINKIN PARK `

RN RN video

Caccia gros D

opo due album carichi di elettronica, con “The hunting party” avete rimesso le chitarre in primo piano. Era forse una reazione ai precedenti lavori? Mike Shinoda: È stata più una reazione alla musica pop attuale. Anche il rock che ascolti alla radio è molto pulito. Volevamo dei riff, degli assoli, volevamo smuovere un po’ le cose. Brad (Delson, il chitarrista – nda) si è sicuramente divertito molto di più questa volta rispetto ai precedenti due lavori. Molte delle nuove canzoni sono state influenzate dalla musica e dalle band che ascoltavamo negli anni 90, gruppi come Refused, Helmet, At The Drive-In… Per questo disco cercavamo proprio qualcosa del genere, quel feeling particolare e riproporlo in chiave attuale.

14 RockNow

Per questo, probabilmente, troviamo tra i guest Page Hamilton su “All for nothing”, Daron Malakian su “Rebellion” e Tom Morello su “Drawbar”? M.S.: Page, con i suoi Helmet, rappresenta l’alternative metal degli anni 90, ha un suo suono di chitarra ben definito. Quel brano sembrava fatto su misura per lui. È una persona davvero umile e averlo in studio con noi era emozionante. Daron, invece, ha lavorato su “Rebellion” fin dai primi demo di quella canzone. Ha dato al brano la sua follia, Lo conosciamo da anni, ci siamo incontrati in passato più volte durante i festival. C’è molto rispetto tra di noi. Per quel che riguarda Tom, i Rage Against The Machine sono stati una grossa influenza per noi come per molte altre band.


ssa

Con “The hunting party”, il gruppo di Agoura Hills, California, cambia nuovamente le carte in tavola e rimette le chitarre in primo piano. Affamati di novità come sempre, i Linkin Park fanno il loro ritorno in maniera dirrompente Di Piero Ruffolo

Per “Guilty all the same” avete invece collaborato con Rakim… M.S.: In quel brano avrei dovuto interpretare una parte rappata ma non me la sono sentita, sarebbe stata troppo scontata e quindi abbiamo pensato a Rakim. Per fortuna, il nostro ingegnere, che è di New York, lo conosceva e ci ha messi in contatto. Noi volevamo andare con questo nuovo disco verso qualcosa di molto potente, con le chitarre in bella evidenza e con meno pop, e lui ci dice che sta cercando di fare la stessa cosa con il rap, oggi diventato appunto troppo pop. È stata una combinazione perfetta.

M.S.: Invece è stato proprio il contrario. Col nuovo album abbiamo cercato di fare qualcosa che fosse eccitante per tutta la band e ognuno di noi aveva voglia di fare una cosa più heavy. C’era veramente la volontà di andare avanti, di fare qualcosa di nuovo, prendere una direzione diversa. Personalmente, volevo un album più viscerale e aggressivo, e abbiamo lavorato veramente tutti in quella direzione. La cosa positiva in una band come i Linkin Park è che non devi più andare spedito a testa bassa, puoi permetterti di prendere il tuo tempo per fare un disco e, se il risultato non ti conviene ricominciare dall’inizio.

Quando si è in sei, come nel vostro caso, non deve essere sempre facile trovare una direzione comune?

È passato anche meno tempo tra il nuovo disco e il precedente “Living things”…

RockNow 15


LINKIN PARK

Volevo un album più viscerale e aggressivo”

M.S.: È vero. Chester aveva detto all’epoca dell’uscita di “Living things” che avremmo pubblicato un disco ogni 18 mesi. Pensavo fosse impazzito!!! (ride) Alla fine ci ho pensato sopra e sono arrivato anche io alla conclusione che dovevamo fare dischi in una maniera più costante. Ricordo ancora che avevamo passato ben 18 mesi a scrivere “Minutes to midnight”. Queste cose allungano inevitabilmente la distanza tra un disco e l’altro. Per ogni album sono ovviamente interessato alla qualità, a come verrà fuori dal vivo e al fatto che siamo tutti soddisfatti di esso. Voglio che in ogni disco ci sia creatività, voglio ottenere qualcosa di sofisticato e intelligente, fatto con il massimo delle nostre capacità. Era importante questa volta produrre voi stessi il disco? M.S.: Sì, sono da sempre molto interessato alla produzione e prima o poi doveva accadere che fossi io a produrre un nostro album. Anche Brad, il nostro chitarrista, ha dato un grosso contributo nella produzione di “The hunting party”, soprattutto dal punto di vista delle chitarre dal momento che il mio strumento è alla base il piano. È comunque

16 RockNow

salutare, a un certo punto della tua carriera, ritrovarti in studio con la band, senza aiuto esterno. Perché il titolo “The hunting party”? M.S.: L’ho elaborato prendendo spunto da un articolo di un giornalista giapponese che definiva “erbivori” i ragazzi di oggi perché sono passivi, passano il tempo a giocare a videogiochi senza avere particolari altri interessi. Aspettano che siano le cose ad arrivare da sole piuttosto che andare a cercarle. L’autore dell’articolo era preoccupato per il futuro della propria cultura. Dobbiamo tornare a essere carnivori, a volere le cose che riescono ad appagare le nostre voglie e i nostri interessi. Musicalmente parlando, non trovavo nulla che lo facesse e quindi mi sono messo a riascoltare le band degli anni novanta, come ti dicevo prima. Volevamo quell’attitudine, ma con un suono moderno e attuale. Se vuoi una cosa devi andare a caccia per ottenerla. www.linkinpark.com


RockNow 17


THE ` BLACK KEYS

Nel blu dipinto di blu Più onirico e distorto, “Turn blue” è un disco completamente diverso dai precedenti e ispirato anche da alcune tristi vicende personali Di Vania Lai Foto Danny Clinch

RN RN video

Turn blue” vuole anche dire “soffocare”, vi sentite oppressi da qualcosa? Patrick Carney (batteria): Negli anni Sessanta, in Ohio, andava in onda uno show a tarda notte e c'era un personaggio, Ghoulardi, che usava quell'espressione. "Turn blue" si riferisce proprio a quello show, anche se in realtà può avere il significato che volete. Daniel Auerbach (chitarra, voce): Mentre scrivevo le parole di questo brano, stavo vivendo l'esperienza forse più brutta della mia vita, è stato l'anno più difficile per me. Sto affrontando un divorzio. È più brutto di quando abbiamo fatto più di 200 concerti nel 2010. Mi sono ritrovato a dover crescere un bambino di 6 anni da solo. Abbiamo vissuto per circa sei mesi in un monolocale. Nel frattempo stavo sia lavorando come produttore su un altro disco, che scrivendo i pezzi per il nuovo Black Keys. È stata una sfida per me, per cui posso dire che tutti i significati di "Turn blue" assumono una certa valenza. Il riferimento a Ghoulardi per noi ha un senso, è divertente, perché arriviamo dal nord est dell'Ohio, dove è nato questo personaggio. Anche la grafica dell'album è un omaggio a lui perché prende ispirazione da quella della sua trasmissione televisiva. È un disco molto diverso rispetto ai precedenti, anche solo rispetto a "El Camino", a parte il singolo “Fever” che riprende invece un po' le sonorità per cui siete maggiormente conosciuti. P.C.: Quando andiamo in studio per lavorare a un nuovo album cerchiamo di fare qualcosa di diverso. Quando abbiamo scritto "El Camino", sapevamo già che avremmo suonato in arene più grandi, soprattutto negli Stati Uniti. Per cui, sapendo che ci saremmo trovati di fronte a persone che non conoscevano i nostri lavori precedenti, dovevamo fare dei brani più aggressivi, più forti. Quindi con questo disco pensate di suonare in posti più piccoli? P.C.: Abbiamo già 12 pezzi “veloci”, quindi ci bastano (ride)! "Brothers" ha brani più mid-tempo, è incentrato sul groove, ha atmosfere dilatate. "El Camino", invece, è più veloce rispetto alle cose che abbiamo fatto,

18 RockNow

ma più melodico, non era tanto ripetitivo come "Brothers". Abbiamo preso la velocità dei pezzi, le atmosfere di "Brothers" e la parte melodica di "El Camino". Abbiamo fatto più attenzione agli arrangiamenti e alla scrittura in questo nuovo album. Se "El Camino" era un album rock, "Turn Blue" è invece un disco da far fluire dall'inizio alla fine. I tempi più dilatati ci danno la possibilità di esprimere di più, di fare un discorso più completo anche all'interno dello stesso brano. Voi siete partiti come band indipendente, qual è il vostro rapporto con la discografia? D.A.: In realtà il nostro atteggiamento non è cambiato, siamo sempre stati noi a decidere tutto. Siamo cambiati come persone. Sono passati 12 anni dal nostro primo lavoro, certamente non vogliamo ripeterci. Quello che vogliamo fare sono dischi di cui essere orgogliosi, dischi che piacciono a noi. Ma siamo altrettanto indipendenti oggi, così come lo eravamo all'inizio. La differenza è che ora c'è più gente che ci aiuta a promuovere il nostro materiale. Dan, come ti trovi nel ruolo di produttore di altri artisti? Ad esempio hai lavorato sull'ultimo disco di Lana del Rey… D.A.: Quando lavoro come produttore, non sono diverso rispetto a quando sono con i Black Keys: prendo la mia passione per la musica, le cose che mi piacciono a livello musicale, cerco di perseguire lo stesso obiettivo, quello di avere un prodotto che mi rispecchia come produttore. www.theblackkeys.com


RockNow 19


DOWN `

C

ome è stato tornare al lavoro e rientrare in studio dopo “The purple EP”? Jimmy Bower (batteria): Siamo stati in tour per molto tempo e avevamo voglia di rientrare in studio, ma non nascondo che eravamo un po’ nervosi. Il fatto di registrare per la prima volta con Bobby (Landgraf, chitarra) ci ha dato nuova energia, aveva un sacco di idee ed è stato bello confrontarsi. Per quanto riguarda il resto, ci siamo mossi come sempre. Io e Pepper (Keenan, chitarra) abbiamo registrato un po’ di demo, poi Bobby ci ha raggiunti una volta terminati gli impegni con l’altra sua band (gli Honky), infine ci siamo trasferiti da Phil (Anselmo, voce) e ci siamo lasciati guidare dall’istinto. Non ci prepariamo mai realmente per un disco, non nel senso classico del termine almeno. Ci piace sperimentare sul momento, trovare la giusta alchimia e lasciarci guidare senza essere condizionati da eventuali idee passate.

RN RN video

20 RockNow

Il gioco delle parti Fedeli al concept inaugurato con “The purple EP”, i Down tornano con “Down IV - Part II”, secondo capitolo dell’annunciata quadrilogia. Con noi il batterista e membro fondatore Jimmy Bower Di Piero Ruffolo Foto Jody Dorignac


Come è cambiato il vostro modo di registrare nel corso degli anni? J.B.: Ovviamente tutto è più semplice oggi. La tecnologia ha ridotto molto i tempi e, se usata come si deve, permette di ottenere risultati incredibili senza allontarsi troppo dalla realtà. Per quanto ci riguarda, oggi non facciamo le cose in maniera così diversa da come le facevamo 10 anni fa. Inoltre, abbiamo la fortuna di lavorare con persone incredibili, capaci e competenti, che sanno esattamente come valorizzare la nostra musica riducendo al minimo gli interventi digitali. Suoni da molti anni ma non hai mai smesso di esercitarti e imparare, riesci

ancora a trovare il tempo per fare pratica come un tempo? J.B.: Cerco di suonare appena posso ma non è sempre facile, soprattutto in tour. Insomma, per un chitarrista è molto più semplice trovare anche solo 15 minuti per testare un’idea o provare un nuovo accordo... per un batterista la faccenda si complica... non posso montare la batteria dove mi pare! A casa faccio ancora molta pratica ma anche in questo caso il tempo a disposizione si è notevolmente ridotto. L’anno scorso è nata mia figlia e ora appena rientriamo da un tour o ho dei momenti liberi cerco di trascorrere più tempo possibile con lei. Credi che il rapporto musica/uomo sia cambiato nel corso degli anni? J.B.: La musica ha un grande potere e ognuno di noi la interpreta e recepisce a proprio modo. Per qualcuno è una forma di meditazione, per altri una via di fuga, per altri ancora uno sfogo, l’unica ancora di salvezza

o, più semplicemente, una piacevole parentesi dal quotidiano. Poco importa come la musica è entrata a far parte della vostra vita, quello che conta è che una volta fatta entrare non ne potete più fare a meno. La musica ha aiutato molte persone in numerosi e differenti modi e momenti e continuerà a farlo. State per intraprendere il nuovo tour, come concili la vita on the road e la vita da uomo di famiglia? J.B.: Non siamo semplicemente una band, siamo grandi amici, ci conosciamo da anni, siamo una famiglia e questo aiuta notevolmente il distacco iniziale dai propri cari. Ma, alla fine. mi ci vogliono sempre alcuni giorni per riadattarmi alla vita on the road. Amo andare in tour e amo la musica, a volte si tratta solo di trovare il giusto compromesso. www.down-nola.com

RockNow 21


BAYSIDE `

22 RockNow


RN RN video

Culto della personalita' La punk rock band di New York è finalmente di ritorno con un nuovo riuscito album intitolato “Cult”. Di questo ed altro abbiamo parlato con il bassista Nick Ghanbarian Di Michele Fenu

S

ono passati tre anni dal vostro precedente lavoro, “Killing time”. Come avete lavorato alla stesura di “Cult” e come mai c’è voluto così tanto tempo? Nick Ghanbarian (basso): Si, è vero, sono passati 3 anni. Come da “Shutter” a “Killing time”. Sinceramente, non credo fosse il momento giusto per fare un altro album. È qualcosa che devi sentire dentro e fortunatamente non abbiamo avuto pressioni di nessun tipo, né da nessuno… Eravamo più giovani, tanta voglia di viaggiare, di suonare, di migliorarsi. Ci siamo seduti tutti insieme, ci abbiamo lavorato ed è andata bene! Il suono di “Cult”, ricorda a tratti i vostri vecchi lavori, ma con un aria di novità. Durante gli anni è cambiato qualcosa nel vostro modo di comporre e scrivere? N.G.: Come dicevo prima, il migliorarsi continuamente è sicuramente un obiettivo che si rinnova di volta in volta. Abbiamo mantenuto un tipo di sound che piace ai fan, perché non vogliamo deluderli. È cambiato il modo di scrivere i pezzi, gli arrangiamenti… Tutto quello che vogliamo è fare delle belle canzoni che poi dal vivo diano le stesse emozioni che sul disco. Energie, emozioni… lo dobbiamo ai nostri fan! Il titolo, “Cult”, ha un suo significato particolare? N.G.: I nostri fan dicono sempre “Bayside is a cult”, ci è sempre piaciuta questa cosa e siccome è il nostro sesto album in 14 anni… non potevamo chiamarlo diversamente. La vita di una band non è mai da zero a cento subito, ma piuttosto da zero a cinque, poi da cinque a venti e così via. È così che acquisisci fan e a loro sono poi legate molte delle tue scelte. Come fate a conciliare il lavoro dei bayside con quello solista di Anthony (Raneri, nda), il vostro cantante? N.G.: In realtà è molto semplice, Anthony suona da solista solo quando i Bayside sono fermi. Adesso ha una bimba piccola, per cui

dobbiamo incastrare il tutto. Ma non è mai stato comunque un problema. Dove avete registrato” Cult”? N.G.: Lo abbiamo registrato in due differenti studi di New York. Abbiamo deciso di rimanere nella nostra città perché la moglie di Anthony era incinta e lui voleva essere vicino a lei, o almeno non lontano! Ho visto il vostro show al Groezrock di quest’anno ed è stato fantastico. Preferisci i grossi palchi o l’intimità dei club? N.G.: Se dovessimo suonare 100 concerti, preferirei sicuramente farne 95 nei club e 5 nei festival. I festival sono divertenti, incontri spesso un sacco di colleghi e amici ma nei club hai quella sensazione di essere collegato al 100% con il tuo pubblico. Il Groezrock è un festival straordinario, ma vuoi mettere con l’intimità di un club? Credo non ci sia paragone… Recentemente sono andato a Boston a vedere un festival perché c’erano 6 band su 10 che mi piacevano. Che senso ha spendere un sacco di soldi per un festival dove c’è solo una band che ti piace? Non che io non l’abbia fatto per i Bad Religion… Quali sono le band che più hanno influenzato il tuo percorso musicale? N.G.: Personalmente, ho iniziato a suonare il basso per “colpa” dei Green Day. Era appena uscito “Dookie” ed ero al settimo cielo. Un’altra band fondamentale per me sono stati sicuramente i Bouncing Souls! Ci sono molti fan con il vostro logo tatuato. Cosa pensi di tanta devozione? N.G.: È bellissimo. Quando un ragazzo mi mostra il suo tatuaggio dei Bayside, sono sempre orgoglioso perché se per lui la tua band significa così tanto, vuol dire che hai lavorato bene negli anni. O che hai un bel logo (ride)! Poi io so bene cosa vuol dire, ho tre tatuaggi dei Bad Religion oltre a Green Day e Alkaline Trio… www.baysidebayside.com

RockNow 23


KLOGR `

Energia pulita Rusty, frontman del gruppo emiliano, ci parla del nuovo album, l’ottimo “Black snow”, e della recente tournée europea assieme ai Prong Di Daniel C. Marcoccia

RN RN video

24 RockNow


A

pochi mesi dall'uscita di "Black snow", sono successe molte cose nell'universo dei Klogr. Il disco sta ripagando appieno le vostre aspettative? Gabriele “Rusty” Rustichelli (voce, chitarra): Sono successe molte cose perché siamo in continuo movimento e il disco ha pagato appieno le nostre aspettative... anche perché non ne avevamo (ride). Mi spiego, quando fai un disco speri ovviamente che tutto vada per il meglio e che il tuo lavoro ti porti più in alto possibile ma allo stesso tempo il fine è la musica, non la fama. “Black snow” ci ha dato la possibilità di fare un tour europeo e avere molta visibilità a livello mondiale, questo per noi è già tantissimo. Avete appunto suonato in Europa con i Prong. Com'è stato confrontarsi con un gruppo simile e cosa ricorderai per sempre di questo tour? G.R.: Suonare con dei veterani del metal è stato molto entusiasmante e istruttivo. La tranquillità e la normalità con cui facevano il loro lavoro e stavano sul palco era a volte disarmante per una band più giovane che si affanna e deve conquistarsi un pubblico. Tutto lo staff è stato davvero professionale e l'atmosfera era davvero amichevole, tanto che spesso si condivideva il camerino quando non c'era spazio per noi. Possiamo dire che "Black snow" sia il disco che mette definitivamente a fuoco il progetto Klogr, dal punto di vista del suono come della formazione? G.R.: Questo, sinceramente, non posso assicurarlo. Sicuramente, dal punto di vista sonoro, c'è stata un'evoluzione interessante ma non so se ci si fermerà qui. Come formazione, dipende dagli eventi. Ho sempre sognato una band di amici che suonano insieme dai tempi della scuola, ma quando gli obiettivi sono diversi o la vita ti pone davanti delle scelte, le strade si dividono. Già dal disco al tour abbiamo dovuto rinunciare a Ste (batterista) e Giampi (chitarrista) per questioni personali. Quindi non posso dire ancora come si evolverà il progetto... ma di certo lo farà.

Leggendo i testi notiamo che alcune tematiche vi stanno particolarmente a cuore, come il rapporto uomo/natura/ ambiente. Possiamo considerare "Black snow" come un concept? G.R.: “Black snow” è una fotografia sullo stato attuale del rapporto che l'uomo ha con ciò che lo circonda, ovviamente è una fotografia fatta da una band che non ha il terzo occhio assoluto, quindi è un punto di vista. Il significato del titolo è da ricercare nel processo con il quale l'uomo riesce a contaminare tutto quello che tocca. L'essere umano sta spremendo la propria terra, la sta rimpinzando di veleni e sta sterminando diverse specie animali, il tutto per assecondare una falsa idea di benessere. Dentro questa visione un po' catastrofica c'è allo stesso tempo la necessità e la voglia di fare qualcosa per sensibilizzare nel piccolo le persone. Dopo aver girato all'estero, qual è la cosa più frustrante al momento di tornare a suonare in Italia? G.R.: Suonare poco, specialmente per mancanza di spazi. All'estero è stato meraviglioso poter suonare tutti i giorni, solo il lunedì era day off. Qui in Italia è difficile creare un "tour" perché abbiamo l'abitudine del weekend, l'abitudine di uscire tardi la sera, la tradizione di stare a tavola delle ore. Questo crea qualche problema con la continuità di date e spostamenti. Per il resto, a me piace suonare in Italia, condividere il palco con altre band. Non credo che in questo Paese il circuito sia morto, credo solo che stia soffrendo dell'individualismo storico italiano, non c'è condivisione e questo uccide molti aspetti della cultura. Quali sono i prossimi impegni dei Klogr? G.R.: Sto editando il materiale del tour per creare un DVD. Probabilmente ci sarà qualche data in Italia in autunno e nel frattempo si scrive materiale nuovo per il prossimo disco. www.klogr.net

RockNow 25


WWW.FRANZFERDINAND.COM Il nuovo album

VENERDÌ 30 GENNAIO 2015 MILANO • FABRIQUE www.interpolnyc.com


recensioni DISCO DEL MESE

LINKIN PARK “The hunting party” (Warner)

★★★★

C’è sempre attesa quando dei big del panorama rock come i Linkin Park annunciano l’imminenza di un nuovo disco. E ce n’è anche di più quando il disco in questione arriva dopo due album (“A thousand suns” e “Living things”) che non tutti i fan della band di Agoura Hills hanno digerito. Il tutto condito poi da belligeranti dichiarazioni da parte di Mike Shinoda, evocanti un ritorno alle origini più rock/ metal dei primi lavori. Musica per le orecchie di molti, puzza di “mossa conveniente” per altri. Ma bando alle ciance, è giunta finalmente l’ora del responso, del gettare “The hunting party” in pasto proprio a quei fan un po’ delusi dalle ultime sperimentazioni elettro-quasi/pop… e alla schiera di “haters” che non aspettano altro

che un nuovo passo falso per dare addosso al sestetto californiano. Perché, legge fisica arcinota, più vendi e più sarai odiato. E i Linkin Park hanno sempre avuto tanto di entrambe le facce della medaglia. Premesso che chi scrive non è tra chi si è disperato quando anni fa la band ha scelto di abbandonare la matrice sonora nu-metal in maniera netta, sono felice di annunciare ufficialmente che sì, è fuor di dubbio che l’approccio di “The hunting party” sarà più gradito e godibile da un pubblico come quello che legge questa rivista. Dico di più: sotto molti aspetti, questo è il disco più rock della carriera del Linkin Park! La produzione è meno schiacciante e protagonista, le chitarre sono meno “perfettamente distorte”

e più alternative nel suono… e non ho paura di affermare che ci sono più di un pezzo dal piglio molto vicino al punk. Confermo insomma che del sound di “A thousand suns” non c'è traccia: ne gioiscano tutti quelli che non hanno minimamente sopportato quel disco! La traccia di apertura, “Keys to the kingdom”, è la più classica delle dichiarazioni d’intenti di chi vuole riprendersi l’attenzione dei fan. È uno dei pezzi più tirati mai incisi dalla band, il drummer Rob Bourdon viene messo a dura prova dai BPM e il risultato è una canzone diretta che strizza l’occhio all’HC punk e del tutto spoglia di ogni velleità elettronica. Il prosieguo è più vario e si possono ascoltare anche brani allineati al passato più di successo della band, come ad esempio “Guilty all the same”, “Until it’s gone” e la mia personal favourite “Final masquerade”. Il tutto sempre con una produzione meno cristallina e potente che in passato, tanto che è forse questo l’aspetto che rende “The hunting party” un disco differente rispetto al resto della

discografia del gruppo. “Hybrid theory” e “Minutes to midnight” sono insomma vicini nell’attitudine metal-rock di questo nuovo album, ma piuttosto lontani nelle scelte squisitamente di suono. Trovo meritorio e interessante che, pur alle prese con uno sbandierato e un po’ sfacciato “back-tothe-roots”, i Linkin Park abbiano voluto comunque dare alle stampe un album con una sua identità e personalità. Ci vuole coraggio e voglia di osare, trovo giusto venga loro riconosciuta. Luca Nobili

RockNow 27


nu rock VANNA “Void”

(Pure Noise Records)

★★★

Gli americani Vanna viaggiano da parecchi anni nell’affollata autostrada delle band “brave ma non fondamentali”. Per la precisione 10, periodo in cui hanno fatto uscire dischi, partecipato a più di un Warped Tour e avuto anche la chance di pubblicare un paio di album con la gloriosa Epitaph. “Void” li vede approcciare un suono un poco più modaiolo rispetto al passato, per (immagino) la delusione dei puristi dell’hardcore punk. Si parte, è vero, con la title-track in puro stile NY-HC ma, svoltato l’angolo, l’album deraglia verso brani più melodici nei ritornelli e più metalcore nei riff. “Toxic pretender”, “Digging” e “Holy hell” flirtano pesantemente con quanto più in voga oggi nelle classifiche rock USA, giusto dire però con ottima riuscita e potenzialità interessanti. C’è poi anche spazio per il meth di “All american’t”, tanto per sfoggiare quel po’ di tecnica strumentale che non guasta mai. Luca Nobili

IN HEARTS WAKE “Earthwalker” (UNDF)

★★★ Lo tsunami metalcore è arrivato anche in Australia, inesorabile e inevitabile come tutte le catastrofi naturali. E il rappresentante più significativo del genere nella terra dei canguri è il quintetto che risponde al nome di In Hearts Wake, giunto con “Earthwalker” al terzo album. Forte dell’ottimo successo in patria del precedente “Divination” (uscito due anni fa), il nuovo disco gode di una produzione indubbiamente superiore e di un songwriting più curato; l’esperienza e qualche soldo in tasca in più si sentono insomma, e un ulteriore punto a favore di “Earthwalker” è l’aver scelto un concept per liriche e artwork (ecologista, per la cronaca), aspetto che rende le tracce più omogenee e, soprattutto, interessanti rispetto alla media della scena metalcore internazionale.Una band in crescita e valida gli In Hearts Wake; solo ancora un po’ troppo timida e non capace di elaborare un proprio “trademark”. Luca Nobili

28 RockNow

POWERMAN 5000 “Builders of the future” (T-Boy Music/Universal)

★★★

Le intenzioni erano chiare fin da subito: riprendere il discorso interrotto con “Somewhere on the other side of nowhere” (2009) e ampliarlo a dismisura. Detto, fatto. I Powerman 5000 ritornano con “Builders of the future”, album che rende merito al posto di tutto rispetto guadagnato dalla band nel corso degli anni. L’industrial metal è sempre (e fortunatamente) al centro dell’attenzione, mentre le già presenti influenze electro-dance guadagnano terreno portandosi spesso in primo piano. Spider One e compagni sanno bene come muoversi e brani come “Invade, destroy, repeat”, “You’re gonna love it” e “Modern world” ne sono la chiara testimonianza. Una marcia in più avrebbe forse giovato ma va bene anche così. Piero Ruffolo

GUANO APES “Offline”

(Epic/Sony)

★★

Nuovo album per i Guano Apes, a tre anni da “Bel Air”, lavoro che segnò il ritorno della band tedesca dopo una separazione durata 5 anni. “Offline” vuole essere un lavoro vario, aperto ad altre sonorità e distante dal crossover che aveva fatto la fortuna del gruppo in pieno periodo nu-metal (a parte “Jiggle”). Un po’ di elettronica, parecchie aperture pop, tanta melodia ma anche una serie di canzoni che non decollano mai. È il caso ad esempio di “Like somebody”, “Hey last beautiful” o ancora “It’s not over”. “Offline” sembra quasi un disco destinato a un pubblico diverso ma che all’ascolto, purtroppo, non suscita mai grossi sussulti. Un bel sottofondo, insomma, con brani che si susseguono senza mai disturbare ma neppure accattivare. Peccato. Daniel C. Marcoccia

MISS MAY I “Rise of the lion” (Rise Records/Warner)

★★★

Chi dava per spacciati i Miss May I dovrà ricredersi. “Rise of the lion”, quarto album in studio della band dell’Ohio, sembra (volutamente) ignorare quanto fatto in “Monument” e “At heart” (ultimi due lavori) per riabbracciare lo stile schietto e brutale degli esordi. La formula è sempre la stessa, qui espressa secondo la più classica tradizione in un incessante alternarsi di breakdown, screamo, ritornelli catchy, melodia, drumming serrato... metalcore insomma. “Refuses to believe”, “Gone”, “You want me”, “Hero with no name” e la conclusiva “Saints, sinners, and greats” tra i momenti migliori di un disco che, senza aggiungere nulla di nuovo, si erge a manifesto di una scuola ancora oggi attuale. Piero Ruffolo

THE SHIVER “The darkest hour” (The Alternative Factory)

★★★

Le sorprese non finiscono mai, soprattutto quando capitano dischi come “The darkest hour” dei bravissimi Shiver. Le dieci tracce che lo compongono sono accattivanti e all’insegna di un heavy rock dalle tinte oscure, in cui convivono sempre potenza elettrica e melodia. “Ocean”, “The key”, “The secret” o ancora “Bury” sono ottime composizioni che non dispiaceranno ai fan di Evanescence, Within Temptation e anche Lacuna Coil (anche se questi ultimi sono sicuramente più metal) e dalle quali emerge la bella voce di Federica “Faith” Sciamanna. Già, dimenticavo, stiamo parlando di una band italiana, prodotta da Vincenzo Mario Cristi dei Vanilla Sky e alla quale auguriamo di trovare molte soddisfazioni probabilmente fuori dai nostri confini. Michele Zonelli


re-

KASABIAN “48:13”

(Columbia/Sony)

★★★★

Una copertina rosa e un titolo che corrisponde alla durata del disco, a conferma di un’attitudine strafottente che solo chi sa bene il fatto suo può permettersi. I Kasabian, di sicuro, lo hanno capito e dimostrato nei loro (già) 10 anni di carriera, tra singoli micidiali (“L.S.F.”; “Club foot”; “Underdog”) e dichiarazioni ad effetto. Il chitarrista Sergio Pizzorno è bravo in questo quinto album a creare un calderone di sonorità che vanno a prendere il meglio da Primal Scream, Happy Mondays e Oasis e a rielaborarlo in salsa Kasabian. E può contare infine su un cantante carismatico quanto Tom Meighan, capace di regalare il giusto tocco finale a brani quali “Bumblebeee”, “Stevie”, “Doomsday”, “Explodes” (dai richiami krautrock) e la dirompente “Eez-Eh”. Morale della favola: “48:13” è un grande disco, sicuramente il migliore del gruppo di Leicester. Daniel C. Marcoccia

THE BLACK KEYS “Turn Blue”

(Nonesuch/Warner)

★★★

Chi si aspettava un “El Camino parte seconda” rimarrà molto deluso dall'ascolto del nuovo lavoro dei Black Keys. Sappiamo che “Turn blue” ha avuto una genesi molto sofferta, per lo meno per quanto riguarda l'apporto artistico di Dan Auerbach, reduce da un brutto periodo personale. Fatta eccezione per la radio-hit “Fever”, che sta spopolando grazie al suo groove ipnotico che richiama il lavoro precedente, tutto il resto è dominato da un ritmo molto più lento e riflessivo. Le sonorità del passato incontrano le nuove trovate che da sempre caratterizzano la band di Akron, ma è un mix non adatto a tutti. Arianna Ascione

ROCK/POP

trofico utilizzo di due chitarre acustiche, grancassa e sonaglio. Oggi alcune spigolosità si limano e lasciano spazio a un approccio più cantautorale. I riflessi country e western, poi, raccontano di lunghi viaggi, che guarda caso li hanno portati a registrare in un luogo di culto per quelle sonorità come Tucson, in Arizona. “Mediterraneo”, “Io mi do”, “Mezzanotte”, “Aradia” sono i pezzi più ipnotici e tarantolati. “Vivere fuggendo”, “Cattive idee”, “Nessuna certezza”, fino a “Il Domani” (cantata assieme ai Sacri Cuori) sono liriche autobiografiche e oscure, ma il fuoco primordiale che le anima non accenna per niente a spegnersi. Nico D’Aversa

Una sorta di concept album sulle manie e le stranezze di ognuno di noi, viste sotto una nuova luce, come qualcosa che ci caratterizza e rivela la nostra identità, senza vergogna appunto. Testi che come al solito vanno subito al dunque e un sound che si arricchisce e diversifica: un’impronta cantautorale e blues (“Qualche volta anch’io sorrido”, “Il fiore per te” assieme a Davide Toffolo) che si alterna ad alternative rock (“Ti amo (solo quando sono solo)”, “Ho bisogno”) e alle classiche filastrocche pop punk col delay tipico della band (“Quando bevo”, “L’uomo magro”). Il disco dell’età matura. Nico D’Aversa

SICK TAMBURO

JACK WHITE

(La Tempesta)

(Third man/Self)

“Senza vergogna”

★★★

Terzo album per la band di Pordenone, che realizza una piccola rivoluzione: Gian Maria Accusani si stabilizza alla voce ed Elisabetta Imelio riprende in mano il basso. E come accaduto ogni volta che il chitarrista ha impugnato il microfono, una sensazione velata di malinconia attraversa l’intero lavoro.

“Lazaretto”

★★★★★ l rivoluzionario è colui che parte da un genere – consolidato e codificato – e ne fa il mezzo per imporre uno stile unico. Baudelaire prende il verso classico e lo mette al servizio di una poesia dalla forza dirompente e sovversiva. Jack White, allo stesso modo, prende il genere blues e lo plasma a proprio piacimento,

portandolo a un livello superiore. Dimenticate l’essenzialità dei White Stripes: la texture dei pezzi è ricca e sfaccettata. Tutto (la sezione ritmica, l’uso del piano, del violino, della pedal steel, degli epici inserti vocali, della nervatura elettrica ben delineata sulla superficie delle 11 tracce) congiura per dar vita a un disco perfetto, mai retorico, senza sbavature. Ilaria Ferri

THE HORRORS “Luminous”

(XL Recordings/Self)

★★★★

Ecco una band che non finisce di sorprendere album dopo album. Lo conferma “Luminous”, quarto lavoro in cui colori e sfumature varie si alternano, mescolano e distaccano nuovamente, creando un suono fresco, melodico e spesso ipnotico. “First day of spring”, “In and out of sight” e “Falling star” sono caratterizzate da un magnifico groviglio di synth e chitarre elettriche. E poi c’è il singolo “So now you know”, probabilmente una delle migliori canzoni di questo 2014. Meravigliosi. Daniel C. Marcoccia

BRODY DALLE “Diploid love” (Universal)

★★★★

IL PAN DEL DIAVOLO “FolkRockaBoom” (La Tempesta)

★★★

Il terzo album della band palermitana si manifesta come la codifica definitiva del proprio genere: il titolo del disco spiega infatti il folk rock combattivo del Pan Del Diavolo, immediatamente riconoscibile già agli albori, e magicamente creato dal’iper-

La ricordavamo alla guida dei Distillers, creatura punk dei suoi vent’anni (tre album e tanti fan ancora in attesa del quarto) e, nel 2009 (alla soglia dei 30) nei più maturi Spinnerette (un unico album omonimo). Oggi, Brody Dalle tenta finalmente la prova da solista e lo fa in grande stile, sia a livello di composizioni che di ospiti invitati sul disco. “Diploid love” vede infatti la signora Homme collaborare con il produttore Alan Johannes (già nel giro QOTSA, Arctic Monkeys, Them Crooked Vultures… Cercate voi il legame), abile nello spalleggiarla tra esplosioni punk (“Rat race”), indie rock dalle forti distorsioni (“Blood in gutters”) e richiami a Courtney Love (“Dressed in dreams”) o ai Garbage (“Carry on”). Le grosse sorprese arrivano però con “I don’t need your love”, bellissima ballata che va a frenare momentaneamente il tiro frenetico dell’album, “Underworld", deflagrazione punk dal finale in stile mariachi, e “Meet the foetus/Oh the joy” cantata assieme a Shirley Manson (dicevamo dei Garbage…) e Emily Kokal delle Warpaint. Bravissima Brody!!! Daniel C. Marcoccia

RockNow 29


recen

METAL ARCH ENEMY “War eternal””

(Century Media/Universal)

★★★★

Una cover inquietante è sempre un gran bel biglietto da visita se suoni metal e “War eternal” si presenta subito alla grande grazie a un artwork che farà lo gioia degli amanti del genere. Se poi aggiungiamo che gli svedesi Arch Enemy sono il top europeo in ambito melodic-death metal, non resta che gioire e godere perché se vi piace questo suono, ci sono tredici tracce scritte apposta per voi. La sostituzione dietro al microfono della veterana Angela Gossow con la canadese Alissa White-Gluz non sposta granché il sound della band e nulla toglie all’ottimo songwriting di Michael Amott; anzi, ha ridato vigore ed energia al gruppo. In concreto, nessun pezzo sotto la media e un paio di chicche davvero super (la title track, “As the pages burn” e “You will know my name”) fanno di questo album un must. Da avere. Luca Nobili

IN THIS MOMENT “Blood at the Orpheum (DVD)” (Century Media/Universal)

★★★★

Non sono in genere grande fan dei DVD musicali, salvo rare eccezioni li trovo per lo meno ridondanti rispetto agli album di una band. È tuttavia un piacere poter affermare che “Blood at the Orpheum” rientra di sicuro nella categoria “mosca bianca”. Registrato durante una data dell’ultimo tour americano degli In This Moment (in quel di Madison, Wisconsin), il DVD documenta una performance live ben al di sopra della norma! Un po’ perché il concerto vedeva scenografie più ricche rispetto alle altre date del tour, un po’ perché evidentemente la band era in serata di grazia, vi posso assicurare che la vista di “Blood at the Orpheum” vi lascerà senza fiato. I musicisti sul palco picchiano durissimo e regalano tutti quanti una performance da 10 e lode, mentre la singer Maria Brink… beh… se non ve ne innamorerete dopo questa visione (artisticamente parlando, se non altro!) forse avete qualche serio problema. Luca Nobili

30 RockNow

MASTODON

“Once more ‘round the sun” (Warner)

★★★★

Pare mostrare le due anime dei Mastodon questo disco, o meglio le due facce complementari di un percorso iniziato qualche anno fa, che sembra sempre più virare all’easy listening, ma è solo l’impatto delle prime canzoni a restituire questa impressione. Più si prosegue con l’ascolto più si ritrova l’aggressività e la complessità che da sempre contraddistingue la band di Atlanta: le derive prog, le chitarre distorte e schizzate, un sound che cresce e travolge. Abbastanza per soddisfare anche coloro che si sono sentiti traditi dall’addolcimento dei 4 in dischi come “Crack the skye”. Se siete tentati di abbandonare l’ascolto dopo le prime tre tracce, non fatelo. Ce n’è per tutti i gusti, per nuovi e vecchi fan, perché questo è un album che, once more, non delude. Sharon Debussy

HYBRID CIRCLE

SAWTHIS

(Autoproduzione)

(Bakerteam/Audioglobe)

“A matter of faith”

★★★★ Li aspettavamo al varco gli Hybrid Circle che, dopo l’ottimo esordio con “Before history”, tornano finalmente alla carica con “A matter of faith”. Un lavoro ambizioso, basato sull’amore che ogni musicista presente in formazione nutre per il prog-tech metal e che vede al suo interno la presenza del noto chitarrista Felix Martin in veste di guest e Tony Lindgren al master. Strutturato ancora una volta come concept, “A matter of faith” mette in evidenza qualità tecnico-strumentali superiori alla media, oltre che una serie di brani decisamente ispirati come “The impossible” e “Science fiction” e una versione prog di “Headup” dei Deftones. Curatissimo in ogni suo dettaglio, l’album si avvale anche del contributo di Sam Hayles, artista visual che firma lo splendido artwork. Giorgio Basso

“Youniverse”

★★★★

Ci sono band che meriterebbero ben più attenzioni da parte di media e pubblico e tra questi annoveriamo sicuramente i Sawthis, gruppo che da anni si propone in grande stile raccogliendo – a mio avviso – molto meno di ciò che meriterebbe. L’ultima fatica “Youniverse” è una sorta di consacrazione, un ottimo disco dove il thrash trova rifugio nel metal più moderno e tecnico, suonato con la giusta dose di cattiveria e una professionalità facilmente percettibile. Alcune perle di questo lavoro sono “The waking up” e “The crowded room” (primo singolo da cui è stato estrapolato anche un video disponibile in Rete), brani veloci e mai banali nelle soluzioni. Uno strano incrocio tra la scuola metal americana in fatto di ferocia e quella nordica per il tecnicismo. Benvenuti nel mondo dei Sawthis. Giorgio Basso

SKID ROW

“Rise of the damnation army” (UDR/Warner)

★★★

Secondo capitolo di “United world rebellion”, il nuovo lavoro degli Skid Row composto da tre EP in uscita a intervalli di tempo più o meno regolari. “Rise of the damnation army” racchiude cinque nuovi brani nell’inconfondibile stile della band del New Jersey: riff potenti, ritmica granitica, ritornelli efficaci e un occhio sempre attento alla melodia. Per intenderci, sono gli Skid Row più vicini a “Slave to the grind” e con dei testi che confermano ancora una volta una scrittura curata e personale. Le potenti “We are the damned” e “Give it the gun” non deluderanno i vecchi fan, assieme all’immancabile ballata “Catch your fall”. Alla voce, c’è sempre Johnny Solinger e se la cava anche molto bene. Daniel C. Marcoccia


nsioni PETER PAN SPEEDROCK

“Buckle up and shove it!” (Suburban Records/Audioglobe)

★★★

I Peter Pan Speedrock sono energia allo stato puro. Veloci, martellanti quanto un calcio nei denti e ruvidi come carta vetrata, la loro ricetta in diciassette anni di carriera non è mai cambiata: speedrock genuino, lezione dei Motorhead imparata a memoria, basso rigorosamente con solo tre corde montate e suoni micidiali. A distanza di quattro anni dal loro ultimo lavoro in studio, tornano con “Buckle up and shove it!” e la buona notizia per i fan del gruppo è che l’attitudine e la ricetta sono rimaste sempre le stesse. Il disco, infatti, non si distanzia minimamente dai lavori passati. Tra i pezzi, emergono senza dubbio il singolo “Get you high!” e la cover “New rose” dei Damned che in questa versione aumenta ulteriormente il suo impatto sonoro. Un disco per gli amanti del genere che sicuramente non deluderà le aspettative dei tanti fan dei Peter Pan Speedrock in giro per il mondo. Andrea “Canthc” Cantelli

TRAVOLTAS

“The longest wait” (Autoproduzione)

★★★

Sono passati otto lunghi anni da quando i Travoltas (una delle pop/ punk band più influenti del panorama europeo) decisero improvvisamente di sciogliersi. Ora, fortunatamente, sono tornati con un nuovo EP e quattro canzoni inedite, fatte uscire direttamente dalla band, che ricalcano la formula che li ha sempre contraddistinti, ovvero l’unione tra Ramones e Beach Boys. La malinconia è un fattore predominante di questi brani che saranno anche gli ultimi che la band pubblicherà. A testimoniarlo ci pensa anche il titolo esplicito del pezzo conclusivo “Last song”. “The longest wait” è un modo stupendo per questa grande band per dare l’addio a tutti i loro fan ed è bello vederli chiudere all’apice con uno dei loro prodotti migliori. Ciao Travoltas, siete stati grandissimi! Andrea “Canthc” Cantelli

MANGES “All is well” (Monster Zero)

★★★★

Inizia con un prevedibile, ma allo stesso tempo meravigliosamente rassicurante, “One! Two! Three! Four!” questo nuovo capitolo della discografia degli spezzini Manges, i veterani per eccellenza della scena punk rock nostrana. Ormai la loro carriera e la loro fama li precedono e, per quanto siano sempre stati (volutamente) un po’ ai margini di quel microcosmo che è il punk italiano, i ragazzi con la maglia a righe si confermano uno dei massimi riferimenti di quest’ultimo, sfornando un disco che convince per tutti i suoi 20 minuti e rotti. Meno distorsione e qualche melodia in più, ma la ricetta sotto sotto è sempre la stessa e rimane la migliore possibile per chi, ancora oggi, crede nel motto “Obey The Ramones”. Stefano Russo

FOUR YEAR STRONG

“Go down in history” (Pure Noise Records)

★★★★

Sul fronte del pop punk moderno, o easycore che dir si voglia, tornano prepotentemente i Four Year Strong con un nuovo EP che segna un ritorno alle sonorità di “Enemy of the world”, abbandonate un minimo nell’ultimo disco “In some way, shape or form”. La traccia d’apertura, “What’s in the box”, è proprio quello che ci si aspetta dai FYS, un misto di riffoni di chitarra, melodia, velocità e potenza. Il singolo “Tread lightly” è un buon apripista per far ingolosire i fan ma anche gli altri brani non sono da meno. In attesa del loro ritorno in Italia, godiamoci questo lavoro della band più “barba munita” del mondo… ZZ Top a parte! Michele Fenu

PUNK/HC

THE STORY SO FAR “Songs of”

(Pure Noise Records)

★★

La prima cosa che mi chiedo è: perché? La seconda: era proprio necessario? Si sa, i TSSF sono uno di quei gruppi attualmente sulla cresta dell’onda e non potremmo dire il contrario dopo 2 dischi, a mio parere, da 4 stelline l’uno. Questo EP acustico non rende però giustizia alla band. Mal registrato (forse volutamente?), arrangiato in modo blando e scontato, con solo un inedito (“Navy blue”, l’unico pezzo registrato meglio degli altri), una cover di Bob Marley e tre brani tratti dall’ultimo disco “What you don’t see”. Mi spiace tagliare le gambe a un gruppo che su disco e dal vivo regala il massimo e come si suol dire “spacca il culo”. Se siete fan della band di Walnut Creek, non fate il mio stesso errore. Questo disco non fa per voi. Michele Fenu

PENNYWISE “Yesterdays” (Epitaph/Self)

★★★

“Yesterday, all my troubles seemed so far away” cantavano i Beatles. Ma per la storica formazione di Hermosa Beach, California, i problemi sembrano lontani anche oggi, ora che il frontman Jim Lindberg ha ripreso il suo posto. Chiusa la parentesi con Zoli degli Ignite, che ha comunque prodotto un ottimo album apprezzato anche e soprattutto da chi non era fan della band (un po’ come il disco dei Mötley Crüe con John Corabi), i Pennywise celebrano la ritrovata stabilità andando a ripescare dal loro passato i brani migliori tra quelli scritti e mai registrati e tra quelli scartati dalle varie session in studio. Sono sempre un po’ prevenuto con questo tipo di uscite, anche perché spesso sono dei veri e propri raschiamenti di fondo di barile, ma per fortuna questa volta posso essere mediamente soddisfatto dal risultato dell’operazione di recupero. Le atmosfere rimandano al periodo “Unknown road”/“About time”, complice il fatto che gran parte del materiale arriva con ogni probabilità da quegli anni, e c’è spazio anche per il ricordo dello scomparso Jason Matthew Thirsk, grazie ad alcuni brani che portano proprio la sua firma. For fans only, ma comunque degno di nota. Stefano Russo

RockNow 31


32 RockNow

Foto Valentina Bestetti

Foto Valentina Bestetti

Foto Valentina Bestetti

Foto Monica Piseddu

Foto Valentina Bestetti Foto Paola Meroni

Foto Francesca Varrenti

THE LINE


Foto Paola Meroni

XI L A M B R D O T H E R S DAY

Sono passati già 11 anni dall’apertura della bowl del Parco Lambro di Milano e, di anno in anno, lo spirito dello skateboarding unisce sempre più amici Di Marco Sala

a molti, lo skateboard è visto come un gioco per bambini, poi alcuni di questi ragazzi crescono con la tavola sotto i piedi, si nutrono di skateboarding e ascoltano musica mentre skateano. Per interderci: vivono per lo skateboarding. È noto come anche altri sport di glisse siano improntati all’amicizia e alla condivisione musicale, ma la tavola a rotelle conserva sempre la sua unicità! La seconda domenica di maggio, i lambrothers del parco hanno festeggiato il compleanno di una delle bowl più longeve del Paese e per l’occasione i veterani dello skateboarding milanese hanno organizzato un contest. La giornata è iniziata nel primo pomeriggio, io mi sono occupato della musica e il mio amico Machete dello speakeraggio… ma ovviamente qualche mischiata l’ho detta anch’io! Dopo un paio d’ore di training e qualificazioni, lo skateboarding è stato ulteriormente infuocato dal live show della band milanese Zootstick con il suo sound speed rock. Dalle 18:30 si sono svolte le finali con un po’ di sana competizione: linee di tricks infinite ma anche i tanti best tricks singoli hanno divertito il pubblico della bowl. Tanto entusiasmo anche per festeggiare i 25 anni di skateboarding (1989-2014) per molti dei veterani presenti tra cui il Font, Edo, Gio, Arrigo, Gianlu e Amen. Le premiazioni sono avvenute con un montepremi in materiale offerto da Yeah Skateboards, Bastard, Spaghetto Child, Emerica e Dickies. Inoltre, è stato spartito il cash prize di 400 euro fra i vincitori. I giudici hanno assegnato il primo posto al milanese Indro Martinenghi, seguito da Fabio Ciurli e dal biondo giovane Icaro Nardi. In classifica anche Claudio “Font” Fontana e Nahul Roldan. Il supporto del Comune di Milano e della fondazione Exodus ha dato un buon risultato accompagnato da una giornata soleggiata ricca di amici, birrette e buona musica. Tutto il mix ideale per regalare al Lambro quello spirito californiano da cui proviene lo skateboarding. Ultima cosa: solitamente, in autunno al Parco Lambro si chiude la stagione migliore con un “end of summer party”, quindi non mancate, è il posto ideale per potersi rilassare, fare skateboarding oppure assistere allo show, incontrare la cultura legata a questa straordinaria disciplina, ascoltare la musica orientata all’action e, perché no, anche fare incontri interessanti… Have fun, go skateboarding!

RockNow 33


PAT COSMO (THE Bluebeaters)

DISCHI VIOLENTI

Di Daniel C. Marcoccia

RN RN video

Primo album comprato: “Parade” degli Spandau Ballet. Ultimo album comprato: “Mali is…” di Mali Music. Disco che ha cambiato la tua vita: “It takes a nation of millions to hold us back” dei Public Enemy. Disco sopravvalutato: Il disco dei Daft Punk, osannato nel mondo, non mi ha mai entusiasmato, ogni tanto ci riprovo ma niente… Disco sottovalutato: Penso a un artista come Shuggie Otis, sconosciuto ai più ma fondamentale per molti artisti. Disco "botta di vita”: Quando è uscito “Machine dreams” dei Little Dragon mi sono entusiasmato per la freschezza e la creatività della band. Disco “lassativo": Beh, non mi piace parlare male di altri, preferisco pensare ai miei errori e stimolarmi con quelli...

34 RockNow

Disco per una serata romantica: Una sola canzone come “Nothing like this” di Omar, in loop e tutto andrà come deve andare. Disco sul quale avresti voluto suonare: “Vodoo” di D’angelo, superlativo! Disco da viaggio: L’ultimo di Paolo Nutini, “Caustic love”, potrebbe accompagnarmi ovunque. Disco per una notte di bagordi: Major Lazer, qualsiasi cosa… Disco del giorno dopo: “Overgrown” di James Blake. Disco che ti vergogni di possedere: Non mi vergogno di nessun disco, in tutto c’è il lavoro di molti e qualcosa di interessante da conoscere Canzone che vorresti al tuo funerale: “Get free” di Major Lazer, o “Reward” di Joe Higgs, o “Bella ciao” e chissà quante altre. “Ricordati che devi morire!”… Ok, farò una playlist! www.facebook.com/thebluebeaters


DESIGN 800ART.IT

PARTNER TECNICO

ASPES

MER 22/10/2014 > MILANO MEDIOLANUM FORUM SAB-DOM 25-26/10/2014 > PESARO ADRIATIC ARENA

NEW ALBUM OUT IN SEPTEMBER!

SOMEWHERE UNDER WONDERLAND TOUR WWW.COUNTINGCROWS.COM

SAB 22/11/2014 > PADOVA GRAN TEATRO GEOX DOM 23/11/2014 > MILANO ALCATRAZ

+ SPECIAL GUEST

VEN 21/11/2014 > PADOVA GRAN TEATRO GEOX SAB 22/11/2014 > ROMA ATLANTICO

FINTTROLL

+HATESPHERE +PROFANE OMEN MAR 30/09/2014 > BOLOGNA ZONA ROVERI

MER 10/12/2014 > MILANO FABRIQUE

CRUCIFIED BARBARA +SUPERCHARGER +JUNKSTARS

VEN 03/10/2014 > ROMAGNANO SESIA (NO) R’N’R ARENA SAB 04/10/2014 > PINARELLA DI CERVIA (RA) ROCKPLANET DOM 05/10/2014 > CONEGLIANO V.TO (TV) APARTAMENTO HOFFMAN

INFO: 02.6884084 - BARLEYARTS.COM - FACEBOOK.COM/BARLEYARTSPROMOTION


ESTATE INSIEME

Organizzazione Internazionale Protezione Animali

ONG DI¿OLDWD DO GLSDUWLPHQWR GHOOD 3XEEOLFD ,QIRUPD]LRQH GHOO¶218

OIPA Italia Onlus

5LFRQRVFLXWD GDO 0LQLVWHUR GHOO¶$PELHQWH

Sede legale e amministrativa: via Passerini 18 - 20162 Milano Tel. 02 6427882 – Fax 02 99980650 Sede amministrativa: via Albalonga 23 - 00183 Roma Tel. 06 93572502 – Fax 06 93572503

info@oipa.org – www.oipa.org


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.