R&B Magazine Gennaio 2018

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Runners & Bikers Magazine

NUMERO 01. GENNAIO 2018. DISTRIBUZIONE GRATUITA.

QUANDO È TEMPO DI PROTEINE PROBLEMI DI SOGLIA? NO GRAZIE DISTORSIONE DELLA CAVIGLIA

TIFOSI SPECIALI

IN TRIBUNA


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NUMERO 01. GENNAIO 2018. DISTRIBUZIONE GRATUITA.

“Papà, papà, quando vai a correre vengo anche io”. MIO FIGLIO NICOLA SENECI


EDITORIALE

TIFOSI SPECIALI IN TRIBUNA

DI MAUIZIO SENECI

“Papà, papà, quando vai a correre vengo anche io”. Questa è una, delle tante frasi, con le quali mio figlio tira fuori quel pizzico di orgoglio che c’è in me (in realtà c’è un vagone interno, ma non ditelo a nessuno). Non siamo andati ancora a correre seriamente, insieme. Abbiamo fatto tante altre cose, ma correre, mai. Questo però mi fa pensare alle tante volte che ho immaginato all’attività sportiva di mio figlio. Quel fagottino leggermente goffo, tutto la madre, che si muoveva a fatica sul divano: cosa avrebbe fatto? Arrampicato, sciato, preso a calci un pallone, chissà. Di sicuro non lo avrei spinto, obbligandolo o costringendolo, spesso subdolamente, a fare qualcosa che il genitore non è riuscito a fare, come spesso mi capita di osservare a bordo campo. Un prolungarsi del papà o della mamma. E, purtroppo, non succede solo nei film melodrammatici. Di certo l’ho condizionato. Parlavo di natura e di montagna 24 ore al giorno, e per forza di cose, ce l’ha nella testa da mattina a sera e, forse, anche nel sangue. Infatti gioca a basket, grazie allo Zio (fratello della mamma, quindi niente

geni paterni). SPORT, qualsiasi esso sia, l’importante è che ci sia una guida saggia, che li sproni a divertirsi per vincere, rispettando l’avversario e i compagni e che insegni anche a perdere. Poi, che prendano a calci una palla tonda o ovale, che la facciano rimbalzare o palleggiare, che facciano karate o altra disciplina orientale, poco importa. E, credo, che qualsiasi attività avesse fatto, le ore di filmati che ho registrato alle prime partite, e che continuo a registrare, sarebbero le stesse. Quando c’è una partita e arriva la convocazione scatta la preparazione, la sfida inizia ancora il giorno prima: preparare l’uniforme, le scarpe, descrizione tecnico-tattica e dettagliata degli avversari e dello schema da utilizzare (probabilmente mister Capello gli fa una pippa) e pronostico finale: “domani vinciamo; che poi, questi avversari sono fortissimi, quindi sarà difficile vincere. Beh al massimo perdiamo. Speriamo di fare qualche canestro”. Praticamente come il mitico meteorologo che sentivo alla radio: “sole e nuvole sparse qua e là”: non ciccava mai.

La cosa che mi riempie il cuore è che è sempre contento di giocare. Felice quando vince, soddisfatto quando fa canestro, ma contento di giocare, SEMPRE. Dalla tribuna, la paura che qualcosa possa andare storto è tanta. Da pedagogista so che tutto serve per crescere, bisogna uscire dalla “comfort zone” per crescere, ma un conto è vedere faticare i miei atleti (li frusto volentieri) o fare io la fatica necessaria per migliorare. Diverso, però, è essere il babbo e vedere mio figlio scontrarsi con la bella, nuda e cruda realtà dello sport di squadra: la squadra avversaria, i propri compagni, ma soprattutto la vittoria o la sconfitta. Tante emozioni che, ogni tanto, temo non riesca a gestire, a superare. Ed è per questo che alla fine di ogni partita in cui riesco ad esserci, da quando gioca, lo prendo in braccio e lo stringo a me sperando che possa sentire che sono lì accanto, per fare il tifo per lui e con lui e sperando che non mi sostituisca a lui. Quindi, forza Nicola, scarta l’avversario e salta a canestro. Io mi alzerò sempre, tutto orgoglioso ogni volta e, sono sicuro che prima o poi, andremo anche a correre insieme.


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DISTOR SIONE DELLA CAVIGLIA DI MATTEO MARIA D'ANELLA


articolare, quindi con un ritorno delle ossa alla loro posizione iniziale dopo il trauma, ma con un danneggiamento della capsula. Quante volte avete sentito: ”Ho preso una storta” oppure “ Si è girato il piede”: innanzitutto calma e sangue freddo, E’ successo a tutti. E tutti, quando ci capita, pensiamo: ”Cosa accadrà quando rimetto il piede per terra?”, “Mi farà male?”, “Quando potrò riprendere a correre?” Ma in realtà, ci siamo mai chiesti cosa sia successo veramente alla nostra caviglia? Quale strano equilibrio siamo andati a toccare? La parte in questione è composta da quattro ossa che si articolano tra di loro, ovvero la tibia, il perone, l’astragalo e il calcagno, mentre decisamente più complessa è la parte tendinea-legamentosa che per semplicità dividiamo in compartimento mediale e laterale. Questo complesso articolare permette movimenti di flesso-estensione, prono-supinazione e inversione ed eversione, ma dall’altro lato, proprio per questa grande libertà, è spesso vittima di un eccessivo movimento che comporta una sublussazione

Il compartimento laterale è quello più “debole” per l’anatomia delle strutture e per la funzione svolta, ed è quello che percentualmente è più spesso vittima della cosiddetta distorsione tibio-tarsica, si parla infatti di un rapporto di uno a dieci fra le distorsioni mediale e laterale. Possiamo individuare tre gradi di lesione: · Lieve, con un piccolo stiramento capsulare, e diciamo che la reazione è: “che paura, mi stavo per far male” · Moderato, con le strutture legamentose che hanno subito una forte sollecitazione, quindi più o meno: “mamma mia che dolore, speriamo di non essermi rotto nulla” · Grave, con rottura capsulare o legamentosa che può richiedere un intervento chirurgico.


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La sintomatologia comune ai tre gradi di lesione è il dolore e il gonfiore a cui talvolta si associa un’edema. Cosa fare nell’immediato post trauma? Il protocollo da applicare immediatamente è il classico RICE nelle distorsioni di qualsiasi tipo, ma in particolar modo per quelle di gravità maggiore. RICE non vuol dire mangiare rice crackers, ma bensì: · R rest, riposo, fermarsi per almeno 3 giorni e poi valutare insieme ad una figura sanitaria il da farsi, tre giorni non sono nulla, calma e gesso; · I ice, ghiaccio, con il suo effetto antalgico e vaso costrittivo ci aiuta a ridurre il dolore e lo stravaso sieroematico, ma l’importante è non superare il quarto d’ora di tempo per le applicazioni; · C compression, compressione, un bendaggio elastico compressivo, se fatto da una persona esperta riduce il gonfiore e migliora i tempi di recupero, se fatto da qualcuno che non è pratico rischia invece di peggiorare la situazione, occhio a chi vi affidate; · E elevation, elevazione, tenendo l’arto sollevato diminuiamo la pressione idrostatica e, come con la compressione, riduciamo il gonfiore, e abbiamo la scusa per farci servire la birra ghiacciata sul divano mentre guardiamo la partita.

Nel caso di distorsione particolarmente grave e molto dolente si consiglia di fare, nel breve termine, una esame radiologico per scongiurare eventuali fratture e, se necessario, ricorrere ad un ortopedico che deciderà il da farsi. Nei casi di entità meno grave, laddove il dolore sia molto blando, potreste ricorrere alle cure del fisioterapista che vi accompagnerà nel vostro recupero. La caviglia, infatti, è uno dei motivi per cui più frequentemente si ricorre alle cure fisioterapiche, ma come procede, a grandi linee, una terapia? I primi giorni il terapista interverrà soprattutto manualmente e con elettromedicali per ridurre il gonfiore ed il dolore. Linfodrenaggio, tecar e laser saranno i vostri compagni di avventura all’inizio del percorso, con iniziali mobilizzazioni per recuperare il corretto gioco articolare. Con il passare dei giorni ed il miglioramento

della situazione, il terapista inserirà degli esercizi, inizialmente molto blandi, di rinforzo, con elastici e di MWM (mobilization with movement) fino a concentrarsi solo sul recupero funzionale e muscolare dell’articolazione abbandonando la terapia manuale e gli elettromedicali per lasciar spazio al lavoro attivo del paziente, che successivamente potrà essere usato dal punto di vista preventivo.


Questi esercizi possono essere intesi sia dal punto di vista riabilitativo che dal punto di vista preventivo, e possono essere fatti inizialmente a corpo libero per poi aumentare le difficoltà con l’utilizzo di attrezzature che aumentano l’instabilità come tavolette propriocettive, meduse e bosu. Andiamo a vedere ora, quella parte di un programma riabilitativo, dopo la distorsione della caviglia, che può essere utilizzato anche a scopo preventivo con l’utilizzo di una medusa. Nel primo step ci concentriamo su esercizi di equilibrio su un piede solo in statica, quindi senza “perturbazioni” esterne, cercando di arrivare a mantenere l’equilibrio per circa 30 secondi (all’inizio sarà difficile) per 6 od 8 serie. Una volta che questo obiettivo è stato raggiunto, aumentiamo le difficoltà, con l’utilizzo di una medusa (occhio che la medusa tanto più è gonfia, tanto più sarà difficile) e cerchiamo di raggiungere lo stesso risultato di prima, 6/8 serie di 30 secondi.

Dato che la medusa è abbastanza instabile, soprattutto le prime volte, posizioniamoci vicino ad una parete per evitare nuovi tipi di tuffi senz’acqua o sul pavimento e dover ricorrere ad ulteriori cure del fisioterapista. Quando anche questo step è stato superato, aumentiamo le difficoltà con esercizi più dinamici, il single leg deadlift su medusa è il più classico, ovvero uno “stacco da terra” su una gamba sola e col piede sulla medusa mentre l’altra gamba si solleva fino ad essere parallela al pavimento. Anche qui si inizia con poche serie e poche ripetizioni fino ad arrivare a 6 serie da almeno 15 ripetizioni. L’ultimo step consiste in esercizi con il coinvolgimento degli arti superiori ma sempre in equilibrio su una gamba sola, all’inizio senza medusa poi presa confidenza anche con. Il più facile da fare consiste nel rimanere in equilibrio su una gamba sola, lanciare una palla contro il muro e riprenderla al volo. E mi raccomando, fare esercizi preventivi di rafforzamento è sempre fondamentale per migliorarsi ed andare avanti spediti con la vostra tabella di allenamento. Buon lavoro


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QUANDO

È TEMPO DI PROTEINE DI DANIELE PELUSO

Mattinata fredda di una domenica di qualche tempo fa, accompagno un atleta che seguo da qualche mese. Una dozzina di kilometri da percorrere nel fantastico paesino vicino Roma, per lui un buon allenamento in attesa delle campestri nazionali.


Oggi mi diverto, torno nel mio vecchio ambiente. Allo start lascio defluire i corridori ed entro nella zona partenza, muovendomi tra la miriade di bustine coloratissime, di tutte le forme e grandezze, integratori di vario tipo, tra cui molti che assicurano una grande performance grazie alle proteine!

Le famigerate proteine, croce e delizia di tutti i nutrizionisti che devono rispondere alla domanda: "Dottore, quante ne prendo? Quali? Quando?". Stop. Passo indietro, cosa sono le proteine. I Protidi, nome che usano "quelli bravi" per definire le proteine, sono una sequenza di amminoacidi che, come dei mattoncini della lego, costituiscono delle costruzioni più o meno complesse, appunto le proteine, andando a formare la struttura del nostro corpo, oltre che partecipare a molte reazioni metaboliche, ed in quel caso le chiamiamo enzimi. In realtà a noi sportivi interessano in particolare le proteine che formano i muscoli, quelle che ci differenziano dal collega sedentario con cui invece è più corretto colloquiare di grassi, ma con tatto. Ed allora parliamo di muscoli, cominciando da una brutta notizia per i cultori dei pasti iperproteici: i nostri muscoli sono pieni di acqua, e le proteine vanno a coprire solo il 20% del totale dei costituenti. E' vero che non siamo atleti "di forza", ma anche chi percorre tanta strada, di corsa o in bici, deve custodire la sua struttura proteica. Ed allora i nostri amici scienziati cosa ci consigliano di mangiare per far si che questo patrimonio strutturale non venga compromesso dalle nostre scorribande giornaliere, tra salite, ripetute e lunghi? Per facilitare le cose dividiamo le informazioni sui tre tempi principali di un esercizio fisico: prima, durante e dopo. Cominciamo a capire cosa ci occorre prima dell'allenamento. Quasi tutti gli studi che hanno cercato di capire se un apporto proteico prima dell'esercizio fisico, sia che venga dal semplice pasto che da una supplementazione, fosse utile, hanno riscontrato che la miscela proteine e carboidrati è sempre vincente. Riguardo alla prevenzione degli infortuni siamo sicuramente lontani dall'avere una seppur minima informazione scientificamente valida. Non si hanno dei tempi specifici per capire quando assimilare le proteine beneficiando sulla performance, anche perché la variabilità del singolo organismo la fa ancora da padrone. E' come quando andiamo a correre in gruppo, stesso orario, stessa distanza, stessa velocità, scarpe simili, magari abbiamo anche lo stesso allenatore e nutrizionista, ma alla fine la risposta è molto diversa da individuo ad individuo. E meno male. Invece, durante un allenamento di resistenza, che è poi quello che interessa più a noi che maciniamo kilometri, si è cercato di capire se fornire nutrienti potesse migliorare la ricostituzione del glicogeno


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muscolare e limitare i danni muscolari. Anche in questo caso ci sono molti studi a riguardo, ed alla fine, con un pochino di fatica, possiamo dire che ad oggi la ricerca sostiene che l'assunzione di sostanze nutritive, quali carboidrati da soli, o una combinazione di carboidrati e proteine, durante l'allenamento di resistenza può contribuire a promuovere maggiori livelli di glicogeno muscolare, aumentando l’area muscolare della sezione trasversale, e diminuendo la degradazione delle proteine. Certo correndo non è opportuno mangiare una coscia di pollo con patate al forno, ma in questo ci aiuta il solito amico nutrizionista. Per quanto riguarda il timing post-esercizio di cui sono pieni i blog in rete, l'ingestione di aminoacidi, quindi i mattoncini che formano le proteine, dopo l'esercizio di resistenza si è dimostrata utile per stimolare proprio la produzione delle proteine. In pratica si fornisce la materia prima e l'organismo ricostruisce le strutture danneggiate o ne prepara altre più robuste per quando ci sarà un nuovo sforzo da sopportare. Il momento ottimale per supplementare non è ancora non è stato individuato. Stesso problema per il dosaggio ottimale e rapporto tra amminoacidi e carboidrati necessari per ottimizzare l'equilibrio proteico. Un approccio pratico spesso utilizzato è quello di consumare un integratore contenente carboidrati e proteine in un rapporto 3:1 entro 30 minuti dopo il termine dell'attività fisica, che si traduce in 1,2-1,5 g/kg di destrosio o saccarosio con 0,3-0,5 g/kg di un prodotto contenente proteine di contenenti aminoacidi essenziali. Qui apriamo una parentesi. Gli amminoacidi che formano le nostreproteine non sono tutti uguali, e vengono pescati tra un gruppo di circa 20

molecole diverse. La loro sequenza, indicata nel DNA, da alla proteine la sua struttura e quindi la sua funzione. Gli AAS (isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano e valina), amminoacidi essenziali sono 8 nell'adulto e sono quelli che l'organismo non può produrre sa solo, ma devono essere ingeriti con la dieta. I BCAA, invece, sono i tre amminoacidici, valina, leucina ed isoleucina, che la fanno da padrone, come quantità, nelle fibre muscolari. Per chiudere la parentesi, con una normale e sana alimentazione, vengono somministrati un quantità assolutamente soddisfacente tutti gli amminoacidi che ci occorrono. E per la qualità delle proteine? Studi hanno suggerito che le proteine del siero del latte possono essere la migliore fonte proteica rispetto alle caseine, se non altro per una digestione più rapida. Andiamo ora a cercare qualche numero che ci aiuti a capire come dobbiamo comportarci. Ingestione di 6-20 grammi di aminoacidi essenziali e 30-40 grammi di carboidrati ad alto indice glicemico subito prima dell'esercizio ed entro tre ore dopo un allenamento sembrano essere un ottimo start per la sintesi proteica, quindi produzione di nuove proteine, con un maggiore incremento di forza e miglioramenti nella formazione di massa magra. L'aggiunta di proteine, pari 0,15-0,25 g/kg/die con carboidrati, specialmente dopo l'attività fisica, è ben tollerato e può promuovere un maggiore recupero del glicogeno muscolare. A prescindere dai tempi, e quindi anche dopo un'ora e mezza che pedaliamo in montagna, l'assunzione regolare di snack o pasti che forniscono miscele di carboidrati e proteine in rapporto di 3:1, contribuisce a promuovere il recupero e la ricarica di glicogeno muscolare. Ci si vede correndo.



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NUMERO 01. 12. GENNAIO DICEMBRE2018. 2017.DISTRIBUZIONE DISTRIBUZIONEGRATUITA. GRATUITA.

PROBLEMI

DI SOGLIA?

NO GRAZIE

DI GIANLUCA PERRA

Spesso, su riviste o altri canali, si sente parlare di soglia, o velocità di soglia, ma non sempre riusciamo ad avere il quadro completo, alcuni parlano di cos'è, altri di come vada calcolata, altri ancora di come vada allenata. In queste poche righe cercherò di darvi una visione d'insieme di questo parametro, e di tutto ciò che lo circonda e lo determina. Intanto bisogna fare chiarezza riguardo alla tipologia di soglia di cui stiamo parlando, infatti non ne esiste solo una, ma ben due, definite come SOGLIA AEROBICA e SOGLIA ANAEROBICA , e le relative velocità. I due parametri sono molto differenti tra loro, ma entrambi, comunque, definiscono una linea di confine che ci permette di avere dei riferimenti negli allenamenti e nelle competizioni.


La prima è il limite in cui il nostro corpo corre ad una velocità costante con battiti e ventilazione costanti, dopo un aumento iniziale di questi livelli, dato dall'inizio dell'attività che viene definito "steady state", o altre volte potete trovarlo definito come "comfort zone", entrambe sono definizioni della Soglia Aerobica. Per farvi meglio capire, è quella velocità di corsa in cui la fatica organica non cresce gradualmente col passare del tempo. I limiti di tempo in cui si può correre a questa velocità sono dettati solo da fattori meccanici, affaticamento muscolare ed energetico, carenza di glucosio. Per chiarire basti pensare che un maratoneta corre gran parte della gara a questo ritmo. La Velocità di Soglia Anaerobica (VDS), invece è un parametro che ci identifica quando il nostro organismo passa da un ritmo di corsa in cui la produzione energetica è prevalentemente aerobica, (con utilizzo di ossigeno) ad un ritmo di corsa dove l' energia è prodotta prevalentemente in modo

anaerobico, (in assenza di ossigeno) in altri termini è il confine in cui si passa da un ritmo di corsa, senza accumulo di acido lattico ad un ritmo di corsa con un accumulo di acido lattico, muscolare ed ematico. Entrambi i parametri possono essere identificati sia come ritmi di corsa, sia come ritmi cardiaci. Perchè la velocità di soglia anaerobica, oggetto di questo articolo, è cosi importante per i Runners? Semplicemente perchè dopo che il ritmo di corsa raggiunge questo limite la capacità di tenere tale velocità di corsa si riduce molto, costringendo l'atleta a fermarsi poco tempo dopo. Per darvi qualche riferimento, possiamo dire con relativa precisione che un atleta evoluto riesce a correre alla velocità di soglia anaerobica per circa un' ora, quindi il tempo per percorrere circa una mezza maratona o poco meno, per un atleta amatoriale questo tempo scende, relativamente al suo grado di


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preparazione, a qualche decina di minuti 30-40. Inoltre se si supera questo ritmo anche di pochi secondi al chilometro questo tempo si riduce sempre di più in modo non lineare. Un riferimento importante è dato dalla capacità di correre ad una velocità che superi del 10% circa la velocità di Soglia Anaerobica, a questa velocità un atleta può correre al massimo tra i 6 e 10 minuti, sebbene anche questo dipenda dal livello di preparazione del Runner. Per calcolare la Soglia Anaerobica esistono molti test, alcuni molto precisi altri meno, quelli piu precisi richiedono attrezzature costose e spesso ne fanno uso solo atleti professionisti come ad esempio il K4, sistema che calcola la soglia attraverso la misura dei gas inspirati ed espirati durante una prova di corsa incrementale. Altro sistema abbastanza accurato, avviene per mezzo di piccoli prelievi di sangue durante alcune prove incrementali, con misurazione istantanea dei livelli di lattato ematici. Altri test da campo hanno un buon livello di affidabilità, come il test incrementale di Conconi, ma non è di semplice esecuzione. Un sistema alla portata di tutti è il BAS test acronimo delle iniziali degli ideatori, (Bisciotti, Arcelli, Sagnol), questo test consiste nel percorrere due tratti di corsa diversi un 3000m ed un 2000m in giorni diversi e non consecutivi, e dividere la differenza delle distanze per la differenza dei tempi in secondi. Sintetizzando il tutto con una formula: 3000- 2000/T.S. 3000m-T.S. 2000m = Velocità Critica in m/s T.S. = tempo in secondi Velocità Critica, definita cosi dagli ideatori è

una buona approssimazione della nostra Velocità di Soglia Anaerobica, che viene ottenuta in m/s e poi opportunamente trasformata in Km/h semplicemente moltiplicando per 3,6. La VDS (velocità di soglia anaerobica), ci serve per gestire gli allenamenti, ogni Runner quando corre inconsapevolmente ha l'obiettivo di spingere sempre più in là questo limite, migliorare la velocità di corsa a livello di soglia è l'obiettivo principe di ogni atleta che corra lunghe distanze. Il miglioramento della velocità di soglia ha ripercussioni su tutte le distanze che corriamo e non solo quelle più strettamente correlate ad essa, quindi un miglioramento di tale velocità ci permetterà di percorrere meglio distanze di ogni tipo dai 1000m ai 42.195m. Per allenare la VDS è ormai noto che ci sono diversi sistemi, come le ripetute, la corsa a ritmo medio, o la corsa a ritmo medio variata, ecc. L'essenziale, però, per lo sviluppo della VDS e che tutte queste attività vengano fatte ad un ritmo molto simile alla VDS, in poche parole tutti i lavori sopra indicati per avere un effetto diretto sul miglioramento della velocità di soglia devono essere corsi ad una velocità compresa tra il 90 e 110 % di tale velocità, inoltre anche i chilometri che corriamo durante questi allenamenti devono essere molto simili ai chilometri che si riesce a correre a tale velocità. Quindi chilometri e velocità devono essere proporzionalmente correlate alla VDS e tra loro inversamente proporzionali. Concludendo si può affermare che tutti i Runner giornalmente allenano questo parametro visto che ricopre un ruolo cosi importante nelle nostre prestazioni, ma spesso non lo facciamo consapevolmente.


Marco Lombardi Federico Maria Sacchetti Matteo Maria D'Anella Daniele Peluso Alessio Franco Marco Nustrini Giulio Galleschi Maurizio Cherchi Francesca Andina Davide D'Aiello Carlo Facheris Gianluca Perra Oltre che Fabio Barnaba Il Magazine Runners & Bikers Italian Live Sport è proprietà del Gruppo Runners & Bikers Italian Live Sport. Ne sono vietate le copie e le traduzioni totali o parziali. GRUPPO RUNNERS & BIKERS ITALIAN LIVE SPORT Il gruppo Runners & Bikers Italian Live Sports è reperibile all’indirizzo email runnersbikers@gmail.com Seguici anche su


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