Runners & Bikers Magazine
. NUMERO 05. GIUGNO 2018. DISTRIBUZIONE GRATUITA .
IL GINOCCHIO DEL CORRIDORE NICHEL UN ELEMENTO PERICOLOSO LA FORZA DELL’EQUILIBRIO
LA MIA PRIMA MARATONA
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Tra le lacrime di incredulità pronuncio le mie “ditemi che l’ho fatta!” DI LORELLA VILLANI
EDITORIALE
La MIA prima
MARATONA San Silvestro 2016, cenone con amici, ogni uno di noi deve esprimere il proprio sogno/obiettivo per il 2017, arriva il mio turno, e, quasi fossimo due entità diverse, sento la mia voce dire“ fare una maratona “ Ma sono impazzita??? Solo da 2 mesi e mezzo ho iniziato a fare mezze maratone e sono malata. Inizia un 2017 sportivamente un po’ sotto tono , ma tengo duro, mi iscrivo alla mezza maratona di Napoli, al massimo se non riuscirò a farla avrò fatto del turismo e visitato questa stupenda città. Arriva la gara, e anche se faticosamente, la porto a termine. Dopo questa parentesi agonistica riprende il mio trantran di corsette. Inizio a correre con un gruppo di Cremona, è molto stimolante e mi gasa assai, quando, a primavera arriva la prima doccia gelata dell’anno, la malattia è peggiorata, sono comparse nuove metastasi alla colonna vertebrale e al bacino. I medici cominciano a fare del terrorismo riguardo la corsa, raggiungiamo un compromesso, corsa si ma di pochi km, sono triste ma non ci posso fare nulla. Trascorro l’estate corricchiando un po’ più dei pochi km concordati, ma senza mai esagerare. Con il gruppo ci iscriviamo alla mezza di Lido di Camaiore, una serale in riva al mare con un tramonto da mozza fiato, i km passano senza che me accorga e in men che non si dica cala il
buio e assieme ad esso compare il gonfiabile dell’arrivo, sono super felice per il tempo impiegato, ma penso ancora alla regina delle corse come qualche cosa di irraggiungibile. Nel frattempo arriva la seconda doccia gelata, le metastasi sono peggiorate, cambio di terapia, radio, chemio, ma io non mollo e continuo a correre perché mi da forza e energia per affrontare un giorno dopo l’altro a testa alta. Le prestazioni sono da bradipo, faccio la mezza di Cremona, la finisco stravolta con l’affanno di un asmatico, ma la finisco e all’arrivo piango di gioia. Il mio sogno per il 2017 si frantuma, ma vado avanti ugualmente con le mie corsette, fortunatamente il gruppo non mi abbandona mai anche se rispetto a loro ho rallentato il ritmo. Arriva il nuovo anno e si comincia a parlare della gara delle Terre Verdiane, ci iscriviamo, ma bisogna decidere la distanza, dopo un po’ di titubanza scelgo la 30 km, sento di potercela fare. Cambio modo di allenamento, faccio uscite lunghe ma a velocità tranquilla, e le cose vanno più che bene. Arriva il giorno della gara, neve e Burian ci accompagneranno per tutto il percorso, ma parto tranquilla con il mio passo, non cerco di strafare, ci troviamo in tre che con passo regolare km dopo km arriviamo alla fine. Io sono felicemente incredula, il mio volto
sulle foto parla da solo, espressioni di gioia, la mia prima vera distanza lunga!!! Intanto le ragazze del gruppo mi parlano di una gara a Vittorio Veneto con una descrizione del percorso stratosferica, dove ci sarà sia la mezza che la regina, ci iscriviamo, io alla mezza e loro alla maratona e intanto continuo allenamenti anche con collinari abbastanza lunghi. A una settimana da Vittorio Veneto, senza dire nulla a nessuno, chiamo l’organizzazione e chiedo il cambio da mezza a maratona, di testa mi sento pronta. La mattina della gara le mie amiche sono super agitate dall’aver scoperto che avrei fatto la mia prima maratona, io sono calma, forse incosciente, o forse sto sognando, comunque sia sentiamo lo sparo e le gambe iniziano a muoversi in un paesaggio stupendo fatto di storia e natura in un percorso tra salite e discese ora dolci ora impegnative. Corro, i km passano, il tempo trascorre, la mia mente è serena per nulla affaticata e ancora non realizza di essere sul percorso di 42K. Paola non mi abbandona mai al 30esimo raggiungiamo anche Annalisa e così tenendomi per mano, percorrendo gli ultimi passi sul tricolore italiano, mi fanno tagliare il traguardo della regina. Tra le lacrime di incredulità pronuncio le mie ‘ditemi che l’ho fatta!’
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INTERVISTA A LUCA GARGIULO
Luca, sei arrivato da poco nel gruppo Runners & Bikers Italian Live Sports e ti abbiamo apprezzato per le tue gesta eroico-sportive, ci diresti qualcosa che ti riguarda che vorresti che gli altri apprezzassero di te? Ciao Fabio, e un grande saluto a tutti gli amici del gruppo Runners & Bikers Italian Live Sports. Grazie per avermi accolto a braccia aperte in questo gruppo di “malati” di sport...malati agli occhi degli inconsapevoli, nella realtà “appassionati”. Le mie gesta non sono eroiche, ma solo il frutto di tanta passione, determinazione, motivazione ed allenamento attraverso un approccio sereno e consapevole, costruito con anni di studio e sperimentazione.
Tutto è raggiungibile da tutti, basta volerlo e conoscere la strada: “La genetica è adattamento continuo e progressivo all’ambiente che ci circonda, così come i limiti sono solamente alibi che tendiamo a crearci per non uscire dalla nostra Confort Zone. L’eccellenza non è una azione, ma una abitudine!” Mi piacerebbe che gli altri apprezzassero di me quelle che ritengo qualità fondamentali per un atleta come per un coach: la passione, l’umiltà e la sete di apprendimento. Quali studi hai effettuato per poter insegnare a correre? Ho studiato in autonomia e frequentato numerosi corsi di formazione federali per diventare un “istruttore” di sport (pugilato, atletica leggera, preparazione atletica per sport da combattimento); nel 2012 ho deciso di consolidare il mio percorso iscrivendomi alla facoltà universitaria di Scienze Motorie. Mi definisco uno Studioso in continuo aggiornamento. Ho frequentato il mondo del coaching applicato alla corsa, al triathlon ed agli sport di endurance, ed in adolescenza anche al pugilato, cercando di entrare in contatto con i migliori professionisti del settore (Ho frequentato numerosi corsi di aggiornamento e tirocini sul campo con i migliori Allenatori Federali, con la Nazionale Italiana di Triathlon e con la Nazionale Italiana di Atletica Leggera) e di cogliere ogni minimo dettaglio della loro professionalità; ho osservato con amore, dedizione, umiltà ed attenzione il loro modo di lavorare, elaborando quanto appreso da queste esperienze per filtrarlo sulla base delle mie conoscenze, dei miei studi, della mia logica razionale, della mia esperienza. La running school di Roma è partita da poco, come sono impostati gli allenamenti? Cosa fate durante gli allenamenti? Durante gli allenamenti prima di tutto si sperimenta il piacere della corsa in gruppo, il piacere di condividere con qualcuno la nostra grande passione per la corsa; godere del piacere di uno sport individuale attraverso il sostegno morale e fisico di un gruppo, che diventa una “squadra”. Il supporto di un coach garantisce una programmazione personalizzata ed adeguata al raggiungimento degli obiettivi personali, che siano di benessere o prestativi; un confronto costruttivo che garantisce miglioramenti progressivi e continui. Gli allenamenti prevedono esercitazioni tecniche e sessioni strutturate per migliorare lo stile e la tecnica di corsa, evitando infortuni e sovra allenamento e raggiungendo la massima espressione del benessere psico fisico personale, del proprio stato di forma e delle proprie potenzialità.
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Cosa vuol dire per te, essere un coach di un gruppo di sportivi amatoriali? Essere un coach per me vuol dire essere allo stesso tempo una guida ed un membro di un gruppo di persone che sono mosse dalla mia stessa e più grande passione: lo sport. Essere un coach vuol dire condividere il proprio sapere, la propria esperienza e i propri sacrifici con un gruppo di sportivi che meritano il massimo. Si è sempre parlato dell’importanza di un valido coach per i componenti di una running school, ma cosa gli amici del gruppo ‘danno’ ai coach? Sicuramente motivazione, energia e soddisfazione. Spesso il rapporto si tramuta in una amicizia, in una condivisione dalla quale anche il coach può trarre insegnamenti e spunti di riflessione importanti, per migliorarsi costantemente.
Cosa spinge i runner amatoriali a seguire una Running School? Credo l’idea di condividere i propri sacrifici, il proprio divertimento ed il proprio benessere con persone che seppur sconosciute sono legate tra loro perchè mosse dalla stessa passione. Inoltre il fatto di avere una guida presente, alla quale esporre dubbi e domande e con la quale confrontarsi di continuo per migliorare.
Ci pare di capire che la tua Running School non sia ‘tradizionale’ in cosa è diversa dalle altre? La mia Running School è diversa dalle altre perchè io sono diverso dagli altri. Credo che dalle risposte precedenti emerga la mia personalità ed il mio approccio professionale, ed è questo che mi rende unico. La parola chiave è approccio consapevole: si alla tecnica di corsa, si al benessere, si al divertimento; no stakanovismo, no massacro, no fatica, no infortuni, no stress, no frustrazione...risultati assicurati! Ritengo che questo sia l’approccio vincente per l’atleta professionista, ma anche e soprattutto per l’atleta amatore e per chiunque decida di approcciarsi al mondo dello sport in maniera ludica/salutistica. Ed i ragazzi della scuola di Roma cosa dicono di te? Giura di dire la verità, tutta la verità.. Boh A Roma, dove vi allenate? E quando? A Roma ci alleniamo al Parco delle Sabine, zona Bufalotta, tutti i lunedì dalle 18:45 alle 20:00. Per ora è previsto un solo appuntamento settimanale, ma l’obiettivo a breve termine è incrementare gli allenamenti di gruppo a due sedute settimanali; l’obiettivo a medio termine è di costituire uno o più gruppi di allenamento in zone diverse della capitale.
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CONDROPATIA O...GINOCCHIO DEL CORRIDORE DI MATTEO MARIA D’ANELLA
Chi nella sua vita ha sentito persone che si lamentavano di “dolori alle ginocchia”? Tutti!
debolezza degli estensori del ginocchio rispetto ad i flessori.
E quanti di questi, se sportivi, erano runner? Probabilmente la maggioranza, tanto che la condropatia viene spesso indicata come “runner’s knee” o appunto ginocchio del corridore.
Questo porta a una tipica iperpressione rotulea sul condilo femorale esterno ovvero la rotula che va verso l’esterno del ginocchio , e che comporta un eccessivo, e alla lunga doloroso, consumo di cartilagine.
Ma cos’è in realtà la condropatia? È una degenerazione della cartilagine articolare tra la rotula ed il femore che porta a dolore, gonfiore, rumore articolare e nei casi più gravi all’impotenza funzionale.
Ovviamente il sovrappeso, le ginocchia valghe, l’età e la vita sedentaria sono tutti fattori aggravanti.
Le cause possono essere molte, da problemi congeniti, come una poca profondità del canale rotuleo, fino ad eventi traumatici diretti, che portano alla lesione della cartilagine interposta, ma la causa più comune è un malallineamento rotuleo che, associato ad un movimento ripetuto nel tempo porta ad un danno e al successivo dolore. Tale mal-allineamento può essere causato da problemi strutturali, come aplasia dei condili femorali, da displasia rotulea o da vere e proprie malformazioni rotulee su cui si può intervenire prettamente per via chirurgica. Ma il tipo di mal-allineamento rotuleo che colpisce maggiormente lo sportivo è più classicamente di tipo “funzionale”, che può essere causato da un’ eccessiva intrarotazione dell’arto interessato,da un ginocchio valgo, da un piede pronato, da
Un problema di “cattivo funzionamento” del gruppo femoro-rotuleo è così importante perché nel movimento di flesso-estensione fisiologico del ginocchio la rotula svolge un ruolo fondamentale, in quanto guida la muscolatura femorale mantenendo contemporaneamente il tendine del quadricipite più lontano possibile dal punto di rotazione del ginocchio.
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Di non minore importanza è la sua azione frenante e protettiva dell’articolazione femorotibiale. Uno squilibrio in questa azione porta alla condropatia… Ma allora, con la condropatia cosa si può fare? Conviverci per sempre? Smettere con l’attività sportiva? Ovviamente no… Fondamentale in una fase acuta è rivolgersi ad un professionista sanitario che ci segua e ci tratti, nella fase più dolorosa con l’obiettivo di ridurre il dolore, successivamente per aumentare l’ampiezza di movimento delle articolazioni coinvolte e infine passi al rinforzo dei muscoli deficitari. Uscito dalla fase acuta e con una muscolatura non più carente, sarebbe buona norma affidarsi ad un preparatore atletico che ci segua nella “riatletizzazione” e curi al meglio il ritorno all’attività sportiva sia agonistica che non.
Lo stretching è fondamentale per diminuire le eventuali tensioni che accumuliamo nel corso della nostra vita e che, se eccessive, possono “tirare” in maniera squilibrata in una direzione piuttosto che un’altra. Fondamentale lavorare su retto femorale e psoas, il sistema più comune e più comodo per allungare questi due muscoli è la cosiddetta posizione dell’arciere, che consiste nel poggiare il ginocchio della gamba da trattare al suolo, possibilmente con un cuscino sotto, e portare il bacino in direzione del piede in appoggio anteriore. Di non minore importanza per la loro azione intrarotatoria sono gli adduttori, per i quali un ottimo esercizio consiste nello sdraiarsi a terra, su un tappetino, piegare le gambe e unire le piante dei piedi. A quel punto lasciamo lavorare la gravità, che spingendo le ginocchia verso il basso permetterà l’allungamento dei muscoli in esame.
Ma cosa possiamo fare per prevenire la condropatia? Possiamo intervenire sui quelli che sono gli “stabilizzatori attivi” del nostro ginocchio: I MUSCOLI Possiamo lavorare in due maniere, con lo stretching e con il rinforzo (in tutte le sfumature che possiamo dargli).
Molto importanti anche il piriforme e gli extrarotatori più in generale per la loro funzione di stabilizzatori dell’anca. Per allungare questa parte di muscolatura un sistema ottimale è sdraiarsi a terra, piegare la gamba opposta a quella da trattare mettendo il piede a terra e accavallare l’altra gamba, mettendo la caviglia sul ginocchio della gamba poggiata al suolo.
Per aumentare l’allungamento si afferra la gamba piegata sotto il ginocchio e la si tira verso il petto. I flessori, infine, possono essere allungati in moltissime maniere, un sistema molto efficace consiste nel sedersi a terra, stendere le gambe e cercare di toccare con le mani le punte dei piedi, aiutandosi con la respirazione. Già riuscire a fare questi esercizi molto banali una volta al giorno per circa 5 minuti a gruppo muscolare, per un totale di una ventina di minuti, aiuta moltissimo nella prevenzione di eventuali problemi al ginocchio, ma se vogliamo essere piu sicuri da questa “minaccia” il sistema perfetto è rinforzare gli stabilizzatori del core,dell’anca e della caviglia. Per quanto riguarda il core vi consiglio di riprendere l’articolo del magazine di Agosto 2017 in cui ne abbiamo parlato in maniera completa, e a quello aggiungiamo degli esercizi di squat, più precisamente mezzo squat, per nn caricare troppo sulla cartilagine, con un elastico attorno alle ginocchia in maniera da costringerci ad attivare gli extrarotatori quando andiamo in accosciata.
Vi consiglio di partire sempre “leggeri”, con elastici morbidi ed un basso numero di ripetizioni, un buon inizio sarebbero 4 serie da 8 squat, per poi aumentare progressivamente fino ad arrivare a 5 serie da 15 ripetizioni. In ultimo, ma sicuramente non meno importante il rinforzo della caviglia, da svolgere con l’ausilio di una “medusa”, su cui mantenere l’equilibrio per 20 secondi da ripetere 6 volte.
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NICHEL
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UN “ELEMENTO” DA TENERE SOTTO CONTROLLO DI DANIELE PELUSO
In questo articolo parleremo dellintolleranza e dell’Allergia al Nichel, elemento chimico presente ovunque.
Il barone Axel Freferick Cronstedt, nel 1751, tentando di estrarre rame dalla niccolite, ottenne invece un metallo bianco che battezzò Nichel, dal tedesco Kupfernickel, falso rame, e dalla lingua svedese, diminutivo di Nicolaus, nome che anticamente indicava un ragazzo irrequieto, vivace e questo strano metallo argenteo, è, in effetti, proprio un vero folletto fastidioso.
Questo elemento ferromagnetico è presente ovunque, comprese le monete e alcuni enzimi presenti nel nostro organismo. La principale fonte di esposizione al nichel è il consumo orale, basti pensare alle pentole e tegami in leghe di nichel, ai piatti dipinti con vernici che lo contengono, rubinetti di nichel che contaminano le acque ed il suolo, e, chiaramente alcuni alimenti di largo consumo. C’è poi l’esposizione aerea: aria inquinata dalle raffinerie di nichel, combustione dei carburanti fossili, fumo di tabacco. E per finire c’è il contatto della pelle con gioielli, monete, shampoo e detergenti prodotti con nichel. Per fortuna, la quantità media a cui la maggior parte delle persone è esposta non rappresenta un pericolo per la salute umana, e la quasi totalità del nichel assorbito quotidianamente viene eliminato attraverso le urine, oppure passa attraverso il tratto gastrointestinale senza essere assorbito. Sembrerebbe, quindi, che non sia il caso di preoccuparsi di questo bel metallo, eppure sta aumentando il numero di persone che mostrano ipersensibilità al nichel e che si presentano dal nutrizionista di fiducia per chiedere una dieta nichel-free, come un amico biker che arriva nel mio studio, convintissimo di essere afflitto da questa patologia e che si è dovuto sorbire una lezione sul sistema immunitario, di cui, avrebbe fatto sicuramente a meno. Allora facciamo un pochino di chiarezza, perché è sempre rischioso correlare un momento di difficoltà negli allenamenti con una malattia vera e propria. Prima domanda, siamo intolleranti o allergici al Nichel? Andiamo per ordine: si è intolleranti quando si è incapaci di sopportare un dato elemento, e non c’è coinvolgimento del sistema immunitario, Allora, se assumiamo in maniera abbondante, o per molto tempo, un determinato alimento, l’organismo si ribella, dando origine ad una serie di sintomi, che andremo a vedere tra poco.
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L’allergia, invece è una reazione propria del sistema immunitario, scatenata da alcuni allergeni, presenti nella sostanza che provoca la reazione avversa, e percepiti come elementi estranei dal nostro organismo. La reazione non dipendente dalla quantità di allergene con cui si viene a contatto, e per saperne di più basta fare due chiacchiere con i nostri amici runners allergici ai pollini, che tra starnuti e gonfiori, in primavera, sperano nella pioggia per potersi allenare. Dobbiamo fare un’altra distinzione per il nostro “folletto”, proprio per quanto riguarda la risposta allergica, che ha due facce: l’allergia da contatto al nichel (Dermatite Allergica da Contatto - DAC), molto diffusa, e la sindrome da allergia sistemica al nichel (SNAS), patologia che è caratterizzata dalla presenza di dermatite da contatto con oggetti contenenti il nichel, come la DAC, ma anche da disturbi sistemici con emicrania, malessere, astenia, manifestazioni cutanee e gastrointestinali. Per fortuna solo il 20% degli allergici al nichel soffre di SNAS, con notevoli problemi e con sintomi che non sono sempre tutti presenti e non sempre si manifestano allo stesso livello di gravità.
Ritorniamo al nostro amico runner, che, afflitto da molti dei sintomi in comune tra intolleranza e allergia, cercando un aiuto, tra una salita ed una discesa, ha saputo che un amico di un amico va da un “dottore” che ha studiato un metodo che, con poche centinaia di euro, ti dice se sei allergico e anche cosa mangiare. Il “dottore” riceve nel retro della sua macelleria, perché il suo titolo di studio, conseguito in una paese orientale, non gli è stato convalidato in Europa.
Purtroppo per il runner, la tecnica del famoso macellaio-studioso non ha funzionato e quindi devo cercare di recuperare il recuperabile. Per sapere se si è allergici al Nichel, basta recarsi da un allergologo, per essere sottoposti ad un semplicissimo test cutaneo, che con l’applicazione, sul braccio o sulla schiena, di un cerotto a rilascio graduale di Nichel permetterà allo specialista, a seconda della reazione della pelle, di capire cosa avete. Inoltre, il nichel, è un metallo che cross-reagisce con altri allergeni quali potassio bicromato e cobalto cloruro, quindi i pazienti che mostrano la positività al patch test verso quest’ultimi dovrebbero seguire gli stessi consigli igienico-ambientali ed alimentari dei pazienti affetti da allergia al nichel. Se soffrite di intolleranza alimentare al Nichel, difficilmente verrà diagnosticata dal Patch Test, ed allora, se si hanno i sintomi e si è esclusa l’allergia, possiamo procedere con l’andare da uno specialista della nutrizione che andrà a togliere alcuni alimenti come cacao, liquirizia, semi di soia, farina d’avena, farina di mais, farina integrale, noci, mandorle, legumi freschi e secchi, cipolle, spinaci, asparagi, pomodori, margarina, cibo in scatola, pere, lievito in polvere bevande e integratori contenenti Nichel, tonno, aringhe, salmone, sgombro e crostacei. Dopo qualche tempo di prova, se proprio ancora non se ne viene fuori, si possono eliminare altri alimenti, meno ricchi di nichel, non tolti in prima battuta per non sconvolgere la corretta alimentazione, in particolar per lo sportivo. Vi consiglierà, inoltre, di usare pentole smaltate, in vetro, alluminio o vetroceramica, evitare di indossare indumenti o gioielli che contengono Nickel e bigiotteria “pericolosa”, evitando anche il contatto della pelle con le parti metalliche degli indumenti come cerniere, bottoni. Attenzione alle tinture per capelli e agli smalti, spesso contenenti nickel e quando si prova un prodotto nuovo è sempre meglio fare un piccolo test in una zona poco esposta per essere sicuri. Maneggiare le monete per lo stretto necessario. Non fumare e altro piccolo consiglio, far scorrere l’acqua di prima mattina prima di bere o lavarsi, proprio per eliminare i depositi presenti nelle tubature, del nostro metallo “folletto”. Ci si vede correndo.
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LA FORZA
DELL’EQUILIBRIO DI JOSE’ BRBORICH
Ti stai preparando per partecipare ad una grande avventura sportiva? Magari una corsa di 10K, un triathlon sprint o addirittura una maratona o il temuto Ironman? Forse non ti interessano le gare, ma vuoi tenerti in salute e in forma. In tal caso, sei motivato a fare ore e ore di allenamento. Hai la disciplina necessaria per lavorare sodo costantemente e la determinazione per andare oltre i tuoi limiti. Bene, hai le qualità per raggiungere qualsiasi obiettivo sfidante. Però stai attento, le stesse qualità possono essere deleterie se non sai ascoltare il tuo corpo e riposare quando devi farlo. L’errore principale che riscontro negli atleti che alleno è quello di sottovalutare l’importanza di essere sempre in salute. Spesso riscontro una tendenza al sacrificio talmente elevata, che diventa negativa. La mentalità diffusa di “no pain, no gain” (senza dolore non esistono progressi) porta la maggior parte degli atleti a prendere delle decisioni completamente sbagliate che finiscono non solo per limitare i loro progressi, ma anche a nuocere, a volte gravemente, la loro salute
Lesioni da sovraccarico Hai mai provato a contare quanti dei tuoi amici atleti sono ammalati o hanno una lesione? Sicuramente sono tanti. E la situazione diventa triste quando ti rendi conto che tutti pensano che essere ammalato o lesionato faccia parte del gioco. In realtà, non fa parte gel gioco e non deve farlo. Gli sport di endurance come la corsa, il ciclismo o il triathlon non sono sport di contatto come può essere la boxe, il rugby o anche il calcio, dove uno scontro può causare gravi lesioni. Gli sport di endurance hanno movimenti che si ripetono mille volte, ma senza contatto. Se non ci sono cadute in bicicletta, non ci sono veri motivi per sviluppare lesioni. Le lesioni e malattie negli sport di endurance si provocano per sovraccarico. In poche parole, se durante la preparazione sportiva hai subito una lesione, con grande probabilità sei stato tu stesso la causa principale.
Costanza e Risultati I cambiamenti fisiologici che portano a sviluppare un corpo più forte, veloce e resistente, si producono molto gradualmente in risposta ad un continuo stimolo allenante nei diversi giorni, settimane e mesi. Mediante la sua straordinaria capacità di adattamento, il corpo si modifica gradualmente fino a sviluppare delle caratteristiche che consentono di ottenere grandi risultati. Purtroppo, l’altra faccia della medaglia è che se si smetti di stimolare il corpo (mediante l’allenamento) i cambiamenti positivi spariscono dopo poco tempo. Di fatto, come avrai sperimentato, bastano solo un paio di settimane senza attività e dopo si fa molta fatica a riacquistare la forma precedente. Se il periodo di pausa per lesioni o malattie è di un mese o di più, praticamente si riparte da zero. Per ottenere grandi risultati, la costanza è la chiave principale. Se vuoi migliorare la condizione fisica, il tuo obiettivo principale deve essere riuscire ad allenarti con grande costanza per settimane, mesi e anni. E’ come se dovessi costruirti una casa aggiungendo un mattone al giorno. Mattone dopo mattone, dopo mesi, sarai arrivato ad avere un grande e robusto palazzo. Ricorda però che se ti fermi, questi mattoni piano piano vengono tolti fino a far sparire il tuo bel palazzo.
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Accumulo di Stress e Salute Il sovraccarico, che porta alle lesioni o continue malattie negli sportivi che hanno poco tempo libero, ha origine nell’accumulo di stress. Ogni tipo di stress si accumula e viene gestito dal nostro corpo mediante le ghiandole surrenali che producono ormoni quali il cortisolo, la noradrenalina e l’adrenalina. Questi inducono un aumento del battito cardiaco, della glicemia e provocano la dilatazione delle vie respiratorie. Così il nostro corpo è in grado di attingere ad una fonte extra d’energia per superare il momento di stress. Il problema si crea quando si vive in una continua situazione di stress ed il meccanismo di reazioni appena descritto è sempre attivo. Così il corpo è sempre inondato da cortisolo, noradrenalina e adrenalina che portano ad uno indebolimento del sistema immunitario e ad un aumento dei processi infiammatori. In poche parole, si crea un terreno fertile all’apparizione di malattie e lesioni. L’importanza di questo aspetto sta nel capire che se sei un atleta amatoriale sei sempre esposto ad un eccesso di stress. Con lo stress generato da una vita piena di impegni lavorativi e con mille imprevisti a casa, il livello di stress è sempre elevato. Se a questo aggiungiamo lo stress fisico generato da allenamenti intensi, oltre al fatto che spesso si taglia qualche ora di sonno, è chiaro che si vive sempre sul filo del rasoio. L’accumulo di stress è la causa principale di malattie e lesioni negli atleti amatoriali Il processo di perdita della salute e della condizione fisica degli atleti amatoriali si può descrivere con le seguenti fasi: Allenamento: Miglioramento della condizione fisica mentre il fisico è ancora fresco. Accumulo di Stress: Oltre all’allenamento si aggiungono altri fonti di stress nella vita che generano una produzione maggiore e continua di adrenalina , noradrenalina e cortisolo. Stress cronico: Si prosegue con l’accumulo di stress e la generazione cronica di adrenalina e cortisolo, arrivando a sopprimere il sistema immunitario. Si nota una maggiore irritabilità, negatività o depressione (esiste una minore resistenza ai livelli di stress in generale). Malattia: Continuano gli allenamenti forti ed altre fonti di stress della vita, mentre compaiono raffreddori, influenze, allergie, lesioni muscolari o articolari. Riposo Forzato: Lo stato di salute è talmente negativo che il corpo non funziona più e si devono fermare tutte le attività. Il tempo di recupero è lungo e difficoltoso, ed una volta recuperata la salute, si deve ripartire da zero.
Invece l’atleta amatoriale, con poco tempo libero, deve fare i conti con mille impegni quotidiani e tante volte con viaggi di lavoro o imprevisti a casa. Di sicuro, non può fare dello sport la priorità assoluta. La chiave di una salute forte, che garantisce costanza e risultati nel tempo, sta proprio nel saper ridurre (con intelligenza e logica) il carico di stress provocato dagli allenamenti a seconda dei livelli di stress che si supportano negli altri ambiti della vita. Se ti impegni a seguire tabelle di allenamento alla lettera anche quando stai vivendo periodi molto intensi al lavoro o a casa, finirai per cumulare troppo stress. E la domanda non sarà se ti ammalerai o lesionerai, ma quando e quanto grave sarà.
Vita e Allenamento Gli atleti professionisti hanno l’obbligo di performare ai più alti livelli per poter vivere dallo sport, ma hanno anche il vantaggio di poter dedicare la loro vita ad allenarsi duramente, mangiare bene e riposare. Anche se molti professionisti hanno altri lavori per completare le loro entrate, di sicuro riescono ad avere una vita molto più focalizzata e regolare della maggior parte degli atleti amatoriali. La loro priorità è allenarsi duro e recuperare bene, per vincere.
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La costanza negli allenamenti è la chiave per ottenere grandi risultati. La salute va sempre preservata per riuscire ad essere costanti negli allenamenti. Lesioni e malattie nel triathlon sono principalmente causati dal triatleta stesso (sovraccarico). Lo stress è cumulativo e gli allenamenti sono una fonte di stress. Modificare i programmi di allenamento con logica e intelligenza (può essere necessario il supporto di un Coach) a seconda degli impegni personali è fondamentale per evitare lesioni e malattie. Un passo indietro in allenamento è meglio di settimane di riposo forzato.
In poche parole, devi imparare a leggere sempre la situazione della tua vita e lo stato di salute del tuo corpo e mente, per regolare di conseguenza i tuoi allenamenti. Ciò non vuol dire che devi smettere di allenarti nei periodi di stress, vuol dire soltanto che devi saper aggiustare il tuo programma e non seguirlo cecamente. Per esempio, se sei molto stressato, puoi uscire a fare una corsa o pedalata breve e molto facile. In quel modo potrai rilassarti, ma senza stancarti. Anche una camminata tranquilla dopo cena può aiutarti molto. Fare uno o due passi indietro in allenamento è molto meglio che doversi fermare completamente per settimane di riposo forzato per non aver saputo correggere in tempo.
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L’IMPORTANZA
DI VARIARE DI GIANLUCA PERRA
Quanti, tra noi, oltre ai soliti allenamenti lunghi e talvolta noiosi, svolti a velocità costante, più o meno intensi, decide di variare e fare un allenamento in cui la costanza dell’andatura non ha più importanza, ma dove la variazione della velocità è il vero parametro da tenere in considerazione. I Variati brevi, sono allenamenti molto efficaci ed anche divertenti, si possono svolgere in diverse modalità, in piano e a tempo, come ad esempio il più classico, un minuto forte e un minuto meno forte, oppure a metri, come 500m più forte e 500m meno forte e cosi via, oppure semplicemente a sensazione, e decidere di correre verso obiettivi visivi più forte, e recuperare nel medesimo modo. Tali allenamenti si possono anche eseguire in salita.
I primi lavori variati svolti da atleti, erano conosciuti come Fartlek, delle semplici variazioni di velocità non troppo codificate, dove si correva molto forte per un tratto che poteva essere deciso sia a tempo che a distanza, e successivamente ci si riposava correndo un tratto molto più piano.
Ma a cosa servono realmente questi lavori, come esegurli correttamente, e, quando inserirli?
Subito ci si accorse che questi lavori davano ottimi risultati, e permettevano anche di gestire meglio le variazioni di velocità che si presentavano in gara, dove per conquistare le posizioni di testa spesso si era costretti a fare brevi ma intense accelerazioni. Ed in fondo è proprio a questo che servono, il loro scopo è di favorire recuperi rapidissimi all’organismo che per un motivo o l’altro è andato in crisi. Infatti nello svolgere un allenamento di variazioni non si fa altro che portare l’organismo per qualche decina di secondi al di sopra della Velocità di soglia, (VDS) con conseguente aumento di concentrazione di lattato ematico, che è uno dei parametri che identifica maggiormente la fatica in un runner, e successivamente recuperare correndo ad una velocità poco inferiore ma comunque sufficiente, a portare nuovamente i parametri metabolici alla normalità. Quindi il corpo è costretto a recuperare, nonostante si stia ancora correndo ad una discreta andatura. Cosa succede metabolicamente? Durante la fase di accelerazione i nostri muscoli producono una quantità superiore di acido lattico, che non ci permetterebbe di continuare l’attività per molto, per questo le variazioni spesso non durano più di qualche decina di secondi. Mentre nella parte di corsa meno intensa, i nostri muscoli risintetizzano il lattato riutilizzandolo come combustibile. Questo sistema non è niente di particolare il nostro corpo lo fa continuamente, la vera particolarità è costringerlo a farlo mentre ancora corriamo, a velocità sempre superiori, allenando questo sistema ad una incredibile efficienza.
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NUMERO 05. GIUGNO 2018. DISTRIBUZIONE GRATUITA.
Come detto precedentemente, i primi lavori variati erano poco strutturati. Attualmente i lavori variati devono rispondere a parametri sempre più stringenti per essere efficaci. Un lavoro di variazione, che sia fatto a tempo o che sia fatto a metri, non deve avere variazioni troppo lunghe, qualche decina di secondi, 30” 60” 120” al massimo. Inoltre anche la velocità di percorrenza, sia della frazione veloce come quella della frazione meno veloce devono avere parametri precisi, come spiegherò di seguito. Prima di tutto le variazioni devono tendere ad avvicinarsi moltissimo in termini di velocità al km, ad esempio se faccio delle variazioni da 400 m in cui la parte veloce la corro da 4min/ km ovvero in 1’,24”, la parte meno forte dovrò correrla non più lenta di 4,30min/km che corrisponde a 1’36”. Tale differenza si dovrà cercare di diminuirla gradualmente cercando di portare il differenziale a non più di 15” al km tra le due prove. Diciamo che la differenza tra le due prove deve essere compresa tra il 12% e il 6%. Si intuisce subito che il nostri sistemi
metabolici vengono messi a dura prova e vengono costretti a adattarsi velocemente. Ma a quale velocità devo correre le variazioni? Prima si diceva che dobbiamo costringere il nostro corpo a risintetizare il lattato in nuovo combustibile per i nostri muscoli.
Ne consegue che le variazioni, devono essere corse a cavallo della velocità di soglia.
distante almeno 48 ore da un qualsiasi altro allenamento di intensità simile, come ad esempio ripetute o salite.
Per questo è molto importante che la variazione veloce sia corsa ad una velocità pari o poco superiore della Velocità di soglia e le variazione meno forte venga corsa ad una velocita leggermente inferiore alla VDS.
Concludendo i lavori variati sono ottimi per preparare al meglio un runner per qualsiasi tipo di gara, dalle più brevi fino alla maratona, inoltre sono anche più divertenti.
Naturalmente ci vorrà del tempo prima che il vostro corpo si adatti, e diversi tentativi prima di riuscire a completare un lavoro in modo corretto.
Quindi sbizzarite la fantasia, cercando percorsi distanze e luoghi sempre novi per svolgerli, tenendo sempre a mente i parametri che lo rendono oltre che divertente un mezzo di allenamento efficace.
Ma quando e quanti farne di questi allenamenti? E’ possibile svolgere i variati tutte le settimane, e tutto l’anno, ponendo attenzione al graduale incremento di intensità della seduta durante l’arco dell’anno. E’ però bene tenere presente che è comunque un lavoro di intensità medio alta, quindi nell’arco della settimana, tenerlo
Marco Lombardi Matteo Maria D’Anella Carolina Martinelli Daniele Peluso Alessio Franco Davide Petrucco Alessandro Mansueto Maurizio Cherchi Davide D’Aiello Carlo Facheris Gianluca Perra Maurizio Seneci Nicola Floris Francesca Andina Giorgio Da Milano Maurizio Da Milano Jose BrBorich Luca Gargiulo Oltre che Fabio Barnaba Visual Design Fausto Marzo Il Magazine Runners & Bikers Italian Live Sport è proprietà del Gruppo Runners & Bikers Italian Live Sport. Ne sono vietate le copie e le traduzioni totali o parziali. GRUPPO RUNNERS & BIKERS ITALIAN LIVE SPORT Il gruppo Runners & Bikers Italian Live Sports è reperibile all’indirizzo email runnersbikers@gmail.com Seguici anche su FACEBOOK: https://www.facebook.com/groups/1411880849130771/ LINKEDIN: https://www.linkedin.com/groups/Runners-Bikers-Italian-Live-Sports-7424730/about GARMIN CONNECT: https://connect.garmin.com/modern/group/1467670 STRAVA: https://www.strava.com/clubs/304622/