R&B Magazine Maggio 2017

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Runners & Bikers Magazine

NUMERO 5. MAGGIO 2017. DISTRIBUZIONE GRATUITA.

CORRERE O MEDITARE QUANDO ATTIVITÁ SPORTIVA E PIGRIZIA FANNO A PUGNI DOMS E CORRETTA ALIMENTAZIONE UN RICORDO A MICHELE SCARPONI

CARLO CALCAGNI «VIVO GRAZIE AL CICLISMO»


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NUMERO 5. MAGGIO 2017. DISTRIBUZIONE GRATUITA.

COR RERE O MEDI TARE DI FRANCESCA ANDINA

Ci sono giorni di questi tempi in cui il rumore della guerra è forte fuori e dentro di noi. Personalmente mi chiedo come posso non sentirmi impotente di fronte a certi accadimenti. Fortunatamente la scienza, così come le antiche tradizioni spirituali utilizzate dalla psicoterapia moderna, ci rispondono. Mi ricollego all’ultimo articolo del Dr. Lombardi in cui si sottolinea l’importanza dell’ambiente sulla salute. Molti studi nell’ambito epigenetico e neuroscientifico avvallano l’importanza della qualità dei pensieri e delle emozioni nel determinare la nostra realtà (ambiente), così come la nostra salute. Allora dico: «noi che facciamo sport siamo fortunati, conosciamo il nostro cuore (cervello emotivo) meglio di altre persone che non ne sentono il continuo pulsare durante una corsa o una pedalata, magari nell’attesa di una gara». Grazie a questa capacità di sfidarci e di mettere in movimento tanta energia, possiamo fare tanto per vincere sfide e dolori personali, così come sfide intorno a noi.

Personalmente, praticando la meditazione e volendo andare a correre prima di lavorare, alcune mattine sono entrata in conflitto sul da farsi: correre o meditare? Ho sperimentato quindi che sia lo sport che la meditazione possono essere mezzi per pensare, correre ed amare la vita. Vi è mai capitato di iniziare l’allenamento arrabbiati e finire arrabbiati? O viceversa di iniziare l’allenamento arrabbiati e finirlo lucidi e creativi di fronte al vostro problema iniziale? O di essere soddisfatti per una vostra conquista quotidiana e finire con pensieri molto positivi nei confronti del vostro ambiente? Provate a porci attenzione. Allenarsi con questa consapevolezza diventerà un potente laboratorio di autoguarigione e creatività. Ciò che fa la differenza è l’intenzione di lasciar accadere il cambiamento di stato emotivo. Per chi non è avvezzo alla meditazione, suggerisco questa semplice prassi da provare per un paio di mesi quando vi allenate per sfruttare l’energia pulsante del vostro battito cardiaco:


EDITORIALE

30’’

Quando indossi le scarpe ascolta come stai emotivamente. Annoiato? Gioioso? Triste? Arrabbiato?

15/20’ Fai il riscaldamento con l’intenzione di lasciar fluire idee pensieri ed emozioni senza fissarti ma osservandoli come un fiume che scorre e lascia accadere quello che deve fra la tua mente e il tuo cuore.

A questo punto il cuore e la mente sono ben disposto ad aprirsi. Prosegui con l’allenamento con un’intenzione che lo valorizzi e con una per l’armonia intorno a te pensando che stai facendo bene.

Proviamo quindi a sudare e faticare con il comune intento di farci del bene e di fare del bene ad ogni pulsazione del nostro cuore. Mettiamo in pratica quanto la scienza e le antiche tradizioni ci confermano ormai da anni. Facendo quello che ci piace possiamo contribuire a cambiare le nostre giornate in meglio a noi e agli altri.


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SIAMO TUTTI PRONATORI DI GIORGIO APRÁ


Ok...ho deciso di andare a cacciarmi in un ginepraio senza eguali. Vorrei parlare ad una platea di runners di "pronazione" e di "scarpe anti pronazione". Copio testualmente da Wikipedia "...La pronazione del piede consiste nella rotazione fisiologica del piede verso l'interno mentre si cammina o si corre per ridurre la tensione articolare. Si tratta di un movimento naturale che aiuta i piedi ad ammortizzare l'impatto con il terreno. Il movimento contrario si chiama supinazione." Quindi, malgrado quello che vorrebbero farci credere, primo, la pronazione del piede non è una patologia, secondo, siamo tutti pronatori.

Perchè ho riportato questa citazione? Perchè all'inizio degli anni '80 fanno capolino sul mercato le prime scarpe ammortizzate. Prima di quel periodo tutte le scarpe "da ginnastica" (allora si chiamavano così) erano piatte, senza intersuola e senza nessun sistema ammortizzante (io nel 1981 ho cominciato a studiare all'ISEF di Torino e le scarpe della "divisa" erano le Superga!). I corridori con una pronazione accentuata hanno la tendenza a scaricare maggiormente il peso del corpo sulla parte interna dei piedi e quindi, tendono a "schiacciare" maggiormente l'intersuola nella parte interna. Con il passare del tempo e dei Kilometri l'intersuola morbida ed ammortizzante si schiaccia maggiormente all'interno e le scarpe si inclinano (vedi figura 1). Questo effetto diventava un'amplificatore della naturale pronazione dell'atleta che, a causa delle scarpe inclinate all'interno diventava, suo malgrado, un iperpronatore.

Quando la fisiologica rotazione del piede verso l'interno diventa eccessiva si parla di iperpronazione che spesso è abbinata al piede piatto e, o, al valgismo delle ginocchia. Anche in questo caso però, il termine "iperpronazione" non è l'identificazione di una patologia ma la descrizione di un atteggiamento del piede! Facciamo un salto indietro nella storia del nostro sport. Copio integralmente dal sito di Albanesi.it

"...Nell’ambito del running, di pronazione e supinazione, o meglio di pronazione o supinazione eccessive (iperpronazione e ipersupinazione) si è iniziato a parlare agli inizi degli anni ’80 del XX secolo, quando con tali termini si faceva riferimento ai difetti di appoggio del runner ... chi corre in questo modo (iperpronazione ndr) potrà riscontrare un’usura eccessiva sul lato interno delle calzature, che saranno inclinate verso l’interno se appoggiate su una superficie piana."


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Ed ecco la grande invenzione! Le scarpe anti pronazione. L'idea qual'è? Mettere un materiale più denso nella parte interna dell'intersuola per evitare che le scarpe "crollino" (purtroppo le scarpe le fanno gli ingenieri e non i biomeccanici). In questo modo si ottiene che le scarpe rimangano in piano e che non diventino causa di iperpronazione. Detto ciò possiamo fare due considerazioni: primo, le scarpe antipronazione non sono, malgrado quello che vorrebbero farci credere, dei "presidi medico chirurgigi" che correggono un nostro difetto, ma sono delle scarpe che adottano un sistema tecnologico per porre rimedio ad un loro difetto, quello di inclinarsi all'interno. Le vecchie scarpe senza intersuola, non si inclinavano perchè non avevano materiali morbidi che potessero schaicciarsi! Seconda e più importante considerazione, non esisate nessun sistema che, di fatto, impedisca al piede di continuare a pronare (per fortuna) o iperpronare all'interno della scarpa!

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Come potete vedere in figura la scarpa rimane piatta (la superfice interna è pressochè parallela al terreno) ma all'interno il piede continua a mantenere una posizione disassata. Vorrei anche porre la vostra attenzione su un'altra pratica molto in voga negli ultimi anni, e cioè l'analisi della corsa fatta su tapis roullant utilizzando una telecamera che vi riprende da dietro-basso e che di fatto riprende solo i piedi ed i polpacci. E' il sistema che viene normalmente utilizzato dai rivenditori di scarpe da running per decretare, a grandi linee (molto a grandi linee!) se siete o meno dei "pronatori".

Guardando la foto allegata, vi sembra possibile decretare se il soggetto è iperpronatore? E, se sì la sua iperpronazione è una causa? Quindi il piede ha degi effettivi mal funzionamenti patologici, oppure è un effetto? Magari il piede "cade" all'interno a causa di un valgismo delle ginocchia (ginocchia a X), o di un disassamento del bacino. Il problema è che con questo sistema di indagine io non vedo nè le ginocchia ne tanto meno il bacino per cui non sono in grado di capire come funziona la catena articolare nè quali siano le compensazioni che sono state messe in atto!


A volte si ricorre a soluzioni drastiche tipo le solette rigide che dovrebbero funzionare come sostegno meccanico dell'arco plantare. Questa è già di per sè una contraddizione, purtroppo le solette le fanno gli ortopedici e non gli architetti. Sappiamo ormai da quasi 3.500 anni come funziona un "arco a volta" e sappiamo altresì che il miglior sistema per far crollare un arco è quello di puntellarlo da sotto, scaricandolo di fatto delle forze che lo sorreggono. L'arco plantare, bloccato dalla soletta rigida perde qualsiasi grado di mobilità e lentamente si blocca peggiorando notevolmente l'atteggiamento pronatorio del piede.

Il piede non è "a memoria di forma" per cui non si corregge modellandosi ad un plantare. Quali potrebbero allore essere le soluzioni da adottare per risolvere il problema? La prima e più importante soluzione, secondo me, e quella di cominciare a pensare che non esiste un "problema" e che l'atteggiamento pronatorio del piede è una patologia solo in una bassissima percentuale di casi (ed in questi rari casi chi può darci una soluzione non è di certo chi produce le scarpe). Un sistema che ho sperimentato essere piuttosto efficace è quello di cominciare a pensare in modo "dinamico", cioè capire che la pronazione, nella corsa, non è un fatto statico ma una "rotazione" che avviene in un detrminato lasso di tempo. Se noi interveniamo riducendo il tempo a disposizione del piede per ruotare riduciamo l'entià della pronazione. Per ridurre il tempo di pronazione bisogna lavorare sul tempo di permanenza a terra durante la corsa e di conseguenza sull'ampiezza e sulla frequenza dei passi. Questo, ovviamente, unito ad un lavoro di tonificazione della muscolatura del piede e di mobilà delle articolazioni ma sopratutto di aumento della reattività. Esistono moltissimi esrcizi, saltelli ed andature che possono aiutarci a migliiorare queste qualià motorie al fine di rendere la nostra cosa più elastica e reattiva, riducendo il tempo di permanenza a terra e di conseguenza l'angolo di pronazione. Per concludere, non credo nella scarpa magia nè tanto meno nel plantare magico; credo piuttosto nel "lavoro" fatto in modo intelligente e professionale, perchè in fondo la soluzione è nei nostri 3 milioni di anni di evoluzione.


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QUANDO

ATTIVITÁ SPORTIVA

E PIGRIZIA FANNO A PUGNI

Cominciare e ri-cominciare a correre DI LUCA MELLI

Correre quando non si è mai fatto o subito dopo un lungo periodo di stop è sempre il momento più delicato, perché muscoli, tendini e articolazioni si adattano con tempistiche diverse agli stimoli allenanti e il rischio d’infortuni è maggiore. Non solo, a volte le motivazioni vanno più veloci delle nostre possibilità del momento, quindi è necessario «usare la testa e non i piedi» per stabilire come e quando allenarsi. Spesso però, sono proprio le motivazioni che mancano. La paura di non trovare il tempo per allenarsi e il timore di iniziare a farlo, magari in età avanzata, sono tra gli elementi che più di altri provocano insicurezza per il principiante. Il fatto di fare molta fatica a correre quando si è agli inizi, spinge l’aspirante runner ad alzare bandiera bianca o limitarsi alla semplice camminata. Iniziamo con uno dei nemici più letali dell’aspirante runner, cioè la pigrizia.


Pigrizia: «è la mancanza di determinazione nel compiere un’azione di cui si riconosce l’importanza o il beneficio». Oggi tutti sanno quali siano i benefici psicologici e fisici di una corretta attività sportiva. Di solito si punta il dito contro il poco «tempo a disposizione» ma è necessario prendere delle decisioni. Il primo punto è cercare di capire quali sono gli aspetti nella propria vita, più o meno importanti dello sport (tenendo in considerazione il benessere che ne deriva). Una volta compreso quest’aspetto, è facile capire come tutte le abitudini legate agli aspetti meno importanti, possono essere eliminate (o messe da parte) fino a trovare il tempo necessario per allenarsi. Non solo, uno degli adattamenti all’attività fisica è proprio il miglioramento della capacità di fronteggiare la stanchezza e lo stress, quindi, da oggi non avete più scuse. Un altro ostacolo è il timore di fare un’attività che possa essere rischiosa per la propria salute o per la quale si crede di non essere

«L’idoneità» rilasciata dal medico specialista in Medicina dello Sport, è la possibilità di fare una determinata attività sportiva, quindi per frugare qualsiasi dubbio riguardante la salute, rivolgetevi al vostro medico che vi saprà dare tutte le riposte del caso o indirizzarvi verso il personale medico specialistico ideale per il vostro caso.

portati. In atletica leggera, esiste il detto «velocisti si nasce, maratoneti si diventa»; questa frase forse banale, nasconde un nesso fisiologico importante, cioè che l’uomo si adatta molto facilmente agli stimoli di resistenza. Non solo, a chi ha timori legati alla salute, rispondo con una sola parola «idoneità».


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WEEK

CARATTERISTICA SEDUTA

SEDUTA 1

SEDUTA 2

SEDUTA 3

1

Alternare 1' di corsa a 3' di cammino

40'

50'

60'

2

Alternare 1' di corsa a 2' di cammino

40'

50'

60'

3

Alternare 1' di corsa a 1' di cammino

36'

42'

50'

4

Alternare 2' di corsa a 3' di cammino

40'

45'

50'

5

Alternare 2' di corsa a 2' di cammino

44'

52'

56'

6

Alternare 3' di corsa a 3' di cammino

42'

48'

54'

7

Alternare 4' di corsa a 2' di cammino

42'

48'

54'

8

Alternare 4' di corsa a 1' di cammino

45'

50'

55'

9

Alternare 5' di corsa a 1' di cammino

48'

54'

54'

10

Alternare 7' di corsa a 2' di cammino

45'

54'

54'

11

Alternare 10' di corsa a 4' di cammino

56'

56'

56'

12

Alternare 15' di corsa a 5' di cammino

60'

60'

60'

13

Alternare 20' di corsa a 5' di cammino

50'

50'

50'

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Correre 30' + 5' camm. + 10' corsa

45'

45'

45'

15

Correre 35' + 5' camm. + 15' corsa

55'

55'

55'

16

Correre 40' + 5' camm. + 15' corsa

60'

60'

60'

17

Correre

45'

50'

50'

18

Correre

50

45'

60'


Una volta ottenuta l’idoneità per correre, con la tabella nella pagina a fianco, non avrete più dubbi; come potete vedere, è indicato un programma di diciotto settimane per un principiante, per passare da zero a un’ora di corsa. Attenzione però, troveranno utile questa tabella anche tutti quei runner che per diversi motivi sono stati fermi per un lungo tempo e vogliono riprendere a correre (sempre dopo aver avuto l’idoneità). Infatti, le settimane di allenamento sono suddivise in tre colori, ognuna adeguata al grado di “deallenamento” cui si è andati incontro nel periodo di stop. Ad esempio, un sedentario potrà iniziare con le settimane in rosso (dalla numero uno), chi è stato fermo qualche mese dalle settimane di colore giallo, e chi ha avuto un breve stop di qualche settimana dal verde. Dopo la prima seduta affrontata, si avrà un feedback immediato (in base alle proprie sensazioni) se si è azzeccata o no la settimana ideale. Infatti, se si è fatta troppa fatica o se non si è portato a termine la seduta, è sufficiente “indietreggiare” di qualche settimana. Ovviamente le indicazioni della tabella vanno prese “cum grano salis” e adattate anche alla risposta del proprio fisico a questi stimoli allenanti. Ma a che velocità vanno fatte le parti di corsa della tabella? Semplice, di corsa lenta, cioè a un’intensità alla quale si può anche chiacchierare e a ritmo costante, favorendo terreni i più possibili diversi e su pendenze diverse; in questo modo, il carico sulle strutture osteo/legamentose sarà più eterogeneo e si darà uno stimolo diverso.

Se nel finale di seduta, se ci si sente particolarmente “in forma”, si può anche aumentare l’andatura facendo una progressione. Riscaldamento e stretching: solitamente i primi 20’ di corsa devono essere assolutamente di ritmo lento, inserendo all’interno anche la routine di allungamento funzionale che abbiamo illustrato nel precedente numero della rivista. Quando sono riuscito ad arrivare in fondo alla tabella, che allenamenti devo fare? Bè, se prima eri un sedentario e poi sei riuscito a correre un’ora senza fermarti, prima di tutto meriti i nostri complimenti! Poi è il caso di aggiungere un nuovo obiettivo, come correre 10 Km in un’ora, iniziare a fare qualche manifestazione “non competitiva”, ecc. Ovviamente in base al proprio obiettivo, cambierà anche la “qualità” degli allenamenti. Sempre nell’ottica di seguire il concetto di gradualità, si possono inserire due tipi di allenamenti. Il primo è la variazione di ritmo non prolungata come fartlek, allunghi in pianura o in salita, cioè tratti di corsa non troppo lunghi in cui si corre veloce (con pause di corsa blanda), ma senza arrivare a un eccessivo affanno respiratorio. Il secondo è quello che prevede l’inserimento di ritmi medi e progressivi, cioè tratti di diversi minuti di corsa continua, a intensità superiore rispetto alla corsa lenta, ma che non vadano a creare affanno respiratorio. Con questi allenamenti migliorerà la qualità della tua corsa e ti sentirai sempre più pronto per raggiungere i tuoi nuovi obiettivi!


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RIPRESA DELL’ATTIVITÀ SPORTIVA

DOMS E CORRETTA

ALIMENTAZIONE DI DANIELE PELUSO

É arrivata la primavera e chi è stato costretto ad un «letargo sportivo» decide di ricominciare la sua attività sportiva. Forse è il caso di capire meglio come comportarsi a tavola per rendere la ripresa divertente e meno traumatica.


Primo problema da affrontare: abbiamo messo su un pochino di peso extra. Dopo aver dato la colpa ad evoluzione e metabolismo, ricordiamoci invece delle festività ricche di grassi e delle serate sul divano e, dopo esserci promessi di non farlo mai più, come ogni anno, basterà riprendere ad allenarsi e mangiare correttamente per ritornare, serenamente ad un buona condizione. Se invece siamo in sovrappeso, allora è il caso di affidarci un esperto, che ci permetterà di evitare inutili, se non pericolose, diete fai da te.

“C’è solo una cosa peggiore di un piano alimentare ipocalorico fatto in casa: un piano ipocalorico fatto in casa, durante un periodo di allenamento con carichi importanti. ”

In generale, dato che nelle fasi di ripresa si comincia con lavori di ripristino organico, è corretto strutturare pasti con basso indice glicemico, sbilanciando la dieta verso verdura, frutta e legumi, a discapito di pasta e pane di semola. Quindi privilegiare primi piatti di prodotti integrali, mentre, come secondi, inserire alimenti proteici, pesce azzurro il più possibile, che ci aiutano nella ricomposizione della massa magra in un momento di stress muscolare, il tutto sempre accompagnato da molti ortaggi. Latte, parzialmente scremato, e yogurt contengono un buon pool di nutrienti per un recupero post “corsetta”. Frutta, sia fresca che secca, moderatamente suddivisa durante la giornata, è di sicuro un ottimo spuntino. Per i condimenti, moderati, usare olio extra vergine d’oliva. Perfetto il limone, fonte di vitamina C, fondamentale per aumentare fino a tre volte il normale assorbimento del ferro alimentare. Suddividere l’apporto dei macronutrienti nei cinque pasti canonici, ma è opportuno pensare anche ad uno spuntino, due o tre fette biscottate integrali, un’ora prima della nostra uscita in strada, ricordando di allenarci dopo aver sorseggiato qualche bicchiere d’acqua naturale, se si vuol essere pignoli, a circa 10°C. Per tutti, ma soprattutto per un atleta, l’acqua è un vero e proprio doping naturale, e va assunta, prima, durante e dopo la nostra seduta di allenamento. Benissimo, abbiamo svolto il primo allenamento, ed il giorno dopo, dolori ovunque. Sono i DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness): indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata ed è associato ad esercizi di tipo eccentrico, come per esempio una bella corsa in discesa, o lavori pliometrici, oppure semplicemente un sovraccarico, che nel nostro caso, che stiamo riprendendo dopo un periodo di stop, è solo la corsa di 30 minuti. I DOMS compaiono tra le 24 e le 72 ore, vanno gestiti correttamente, perché sono delle micro-lesioni, a cui fanno seguito degli stati infiammatori che stimolano il sistema nervoso, che a sua


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volta ci dice che qualcosa non va tramite la sensazione di dolore. Ci sono molte pubblicazioni che ci rasserenano anche su questo fenomeno, ci si può allenare e la supercompensazione farà il suo corso. La scienza indica in due giorni il recupero più efficace, ci dice anche che lo stretching statico non produce miglioramento, così come sembra non porti beneficio la doccia fredda o il classico riposo, ghiaccio, compressione ed elevazione (RICE). Un bagno caldo, invece, sembra ridurre i sintomi. Alcuni lavori mostrano come anche i FANS (farmaci anti-infiammatori non steroidei), non allevino il fenomeno. Possiamo, però, fare qualcosa: alimentarci correttamente per arginare questo fastidioso stato infiammatorio. Vitamine antiossidanti, come la D, la A e la E, la C, ed il gruppo B. Tutte molecole che troviamo negli alimenti di una classica dieta mediterranea. B1 presente nei cereali integrali, nella soia, la B2 nel tuorlo dell’uovo, nello yogurt, nei piselli, nel lievito di birra che si può acquistare in qualsiasi supermercato in forma di pasticche, poi c’è la B3 che troviamo nel pesce, nel fegato e ancora nel lievito di birra. La B6, oltre che nel pane integrale, pesce e pollame, è presente anche nelle banane, nelle lenticchie, e negli spinaci. B9 ed Acido Folico sono negli spinaci, cime di rapa, broccoli, asparagi. Le B12 nel fegato, sgombro, salmone rosso, cerali, tonno e nel latte, che a mio parere rimane un ottimo post-allenamento, fresco, parzialmente scremato e piacevole da assumere anche dopo un intenso sforzo.

Per la vitamina D dobbiamo affidarci al sole, ma da buoni “Runners e Bikers” direi che questo non è un problema. Gli alimenti che contengono la D sono il latte, pesce, uova. La vitamina E è un antiossidante, liposolubile, cioè si scioglie nei grassi, la

troviamo negli oli vegetali, nelle mandorle, noci e nel grano intero. Di vitamina A ne è ricco il grano integrale, spinaci, carote, cipolla, frutta, pomodori, latte, uova, burro, olio di merluzzo. E già da questa lista, non completa, è evidente ciò che dicevamo prima, la dieta mediterranea rimane un’assoluta panacea per il sedentario, molto di più per lo sportivo. Importanti per limitare l’infiammazione legata ai DOMS sono anche i sali minerali come lo Zinco ed il Ferro, che però vanno valutati in base alla loro capacità di essere assimilati. Il Ferro è presente nei legumi, nei cereali integrali, che contengono anche Ossalati e Fitati che riducono l’assorbimento, come anche i Tannini del caffè e gli Antibiotici, mentre la vitamina C, gli amminoacidi e gli zuccheri, lo promuovono. Lo Zinco, presente in molti enzimi, lo troviamo nel pesce, nella carne rossa, legumi, frutta secca e cereali, nei vegetali è legato all’Acido Fitico che ne limita l’assorbimento. Per combattere i DOMS, e non solo, ci sono i famosi Omega3 ed Omega 6, il cui rapporto, se è di 1 a 4, risulta vincente. Gli Omega 3 si trovano nel pesce azzurro, semi di lino, noci, e nei loro oli, come anche nell’olio di canapa, nei semi di chia, kiwi e nel mirtillo rosso. Gli Omega 6, sono presenti, invece, nei semi di girasole, germe di grano, noci, soia mai e olive e rispettivi oli. In aiuto alla lotta contro i DOMS troviamo anche la Taurina, la Caffeina e gli Amminoacidi Ramificati, ma direi che sono più integratori per professionisti che devono sopportare alti carichi e non hanno tempo per recuperare. Per noi agonisti “dentro”, a cui piace integrare in modo naturale, su Avicenna Journal of Phytomedicine, inizio 2017, c’è l’articolo “Herbs and natural supplements in the prevention and treatment of delayed-onset muscle soreness”, che ci parla di zafferano, curcuma, caffeina, zenzero, cannella, tè nero, succo di melograno, camomilla, succo di anguria, succo di ciliegia ed aglio.



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Come e quando hai iniziato ad andare in bici? Ho iniziato nel 1994 quando un giorno decisi che volevo affrontare un’altra delle tante sfide con me stesso: ero in servizio presso il 20^ Gruppo Squadroni AV.ES. “Andromeda a Pontecagnano e avevo deciso di andare a casa dei miei genitori a Guagnano durante il fine settimana con una bicicletta. Ero comandante dello Squadrone Comando e Servizi e fu così che durante l’adunata pomeridiana dei militari chiesi se qualcuno di

Carlo Calcagni è un soldato che non ha smesso di sognare mai. Affetto da malattie che non lasciano scampo e che tolgono la voglia di lottare e di vivere a chiunque. Carlo è un delfino, uno che non si lascia affondare e che grazie al ciclismo, ogni giorno, torna a vivere: «Sai che c’è?! Non ce ne frega niente, dei pescecani e di tanta brutta gente, siamo delfini, è un gioco da bambini. Sai che c’è?! Non ce ne frega niente, la vita è morire cento volte, siamo delfini e giochiamo con la sorte».

loro, residente in zona, avesse una bici da prestarmi per andare a casa. Prontamente un militare, proprio di Pontecagnano, disse che mi avrebbe prestato la sua mountain bike molto volentieri. Mi separavano da casa 320 km attraverso la Basentana, dovendo superare per prima la lunga salita verso Potenza, poi verso Metaponto con un forte vento contrario, ed infine attraversare Taranto per poi arrivare a casa dopo undici ore passate sotto il sole cocente di agosto, con uno zaino in spalla, ma che era poca cosa per me che ero abituato ad allenarmi con una cyclette chiuso nella sauna della caserma, accesa e con temperatura tra i novanta e cento gradi. Cosa provi quando vai in bici? Vivo. Mi sento una «persona normale» e riesco a gioire della vita. Grazie alle cure e a tutte le terapie cui quotidianamente mi sottopongo, riesco a sopravvivere. Soltanto grazie allo sport riesco a vivere veramente, a sentirmi ancora e, nonostante tutto e tutti, vivo.

Come è cambiata la tua percezione dello sport dopo esserti ammalato? In tanti oggi si meravigliano dei miei risultati, sono increduli davanti a ciò che “ancora” sono capace di fare. Questo perché non mi hanno conosciuto quando realizzavo “imprese d’altri tempi”, come titolavano i giornali che raccontavano le mie vittorie. Allora ero capace di infliggere distacchi anche di 20 minuti al gruppo nelle gare di oltre 200 km, che molto spesso percorrevo totalmente in fuga solitaria, guadagnando il soprannome di “fuggitivo”. Ho voluto fare questa premessa perché io, a differenza della maggior parte degli atleti paralimpici, non ho iniziato a fare sport dopo aver contratto una infermità permanente, ma sono sempre stato un atleta di altissimo livello. L'adattarsi ad una condizione patologica senza dubbio ti impone nuovi limiti, ma i limiti esistono per essere superati. Per me questo è insieme una sfida, una terapia, il più potente motore per andare avanti e superare la tentazione di rinunciare a lottare che, nelle mie condizioni, è sempre, tragicamente, in agguato. Stai affrontando difficoltà per poter portare avanti la passione per lo sport? Strano ma vero, non sono i problemi fisici che ti limitano ma la burocrazia che rende tutto più difficile per un diversamente abile, soprattutto se non sei un “mutilato apparente” ma sei “mutilato nel corpo”. A partire dalla visita di classificazione per l’assegnazione della categoria: le tabelle non tengono conto di patologie che sono handicap gravi: cardiopatia, insufficienza respiratoria, deficit ormonale, etc. Come se una Ferrari con il motore fuso può competere con le altre vetture di Formula 1, soltanto perché “apparentemente” integra!!!


INTERVISTA

CARLO CALCAGNI «VIVO GRAZIE AL CICLISMO»


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Per non parlare di quanto è difficile, se non impossibile, ottenere la TUE, autorizzazione preventiva per l’uso terapeutico di farmaci: e così se vuoi fare attività agonistica sei costretto a sospendere terapie importanti e necessarie per sopravvivere o essere considerato alla pari di un atleta professionista che assume farmaci dopanti per migliorare la performance sportiva e, quindi, subire una squalifica per “presunto” doping. Con quale frequenza ti alleni? È dura? L’allenamento per me è come una terapia, una delle più efficaci sia per il mio corpo sia per la mente che è senza dubbio la mia parte più forte. Mi fa sentire meglio, si attenuano i dolori, causati da una forma di sclerosi multipla e Parkinson, che sono forti e costantemente presenti in tutto il corpo; è una malattia neurologica autoimmune, degenerativa, cronica e irreversibile che proprio l’attività sportiva riesce a contrastare e rallentare. Basta pensare che se resto a riposo per più di due giorni, tutta la muscolatura si irrigidisce e non riesco neanche a camminare, per questo mi alleno ogni giorno, anche se sto male, anche se ho febbre alta, cosa molto ricorrente a causa delle frequenti setticemie causate dall’infezione del catetere venoso centrale permanente che mi è stato impiantato per poter effettuare le terapie quotidiane in vena. E’ dura… soprattutto iniziare. Spesso mi sento talmente stanco e sto talmente male che l’unica cosa che mi verrebbe “facile” fare sarebbe quella di buttarmi sul divano o andare a letto, ed è proprio in quel momento che subentra la forza mentale e l’esperienza che mi permettono di affrontare e sopportare qualsiasi sofferenza, cosciente e sicuro che quella è la salvezza! A quali gare partecipi e quali sono i tuoi obiettivi? Ho vinto quasi tutto, mi manca soltanto la medaglia Olimpica che spero di vincere alle prossime Paraolimpiadi di Tokio 2020.

E’ fondamentale avere obiettivi, perché solo concentrandosi su nuovi obiettivi si può affrontare tanta sofferenza, tanto dolore, riuscendo ad effettuare con gioia anche le terapie più pesanti e debilitanti. La stessa cosa vale anche per gli allenamenti che richiedono veramente tanta determinazione e soprattutto tanta “voglia”. Ogni traguardo non è mai un punto d’arrivo, ma è solo un nuovo punto di partenza! Che significa per te partecipare a gare così impegnative? E’ importante partecipare, conta essere “presente”. Si vince anche arrivando ultimo al traguardo, perché per uno come me, condannato a morte, ogni giorno vissuto è una vittoria importante.


Quale è stata l’emozione più grande che hai provato in merito allo sport? E’ un’emozione costante… ogni istante della mia vita! Secondo te, in Italia, si fa abbastanza per il mondo dello sport paralimpico? Assolutamente NO… ed io ne sono la prova vivente: ho subito di tutto e di tutto di più, un accanimento nei miei confronti che avrebbe ucciso una persona “normale”; spesso i burocrati dimenticano che noi siamo atleti paralimpici perché abbiamo “qualche” problema, anche se non così “visibile” come chi si trova su una sedia a rotelle. Non conta la fatica, non conta il dolore, non contano i mille ostacoli che ancora dovrò affrontare, non contano nemmeno le assurde e squallide accuse di doping subite in passato per aver assunto un farmaco “quod vitam et valitudinem” (necessario per la salute e per vivere) ad uso terapeutico, autorizzato preventivamente sia dalle autorità competenti Nazionali (FCI, CONI) ed Internazionali (UCI e WADA). Non è vero che lo sport è per tutti. Tutti parlano dello sport per disabili con straordinari propositi, ma la realtà è tutt’altra storia ed i problemi sono e restano di chi li ha!

Quali sono i consigli che ti sentiresti di dare ad atleti affetti da disabilità? In questi anni ho avuto una certa visibilità, ho promesso che avrei continuato a lottare anche per tutti quei miei commilitoni che sono morti nel silenzio e nella solitudine. Per quelli che stanno soffrendo e combattono in una casa da soli. Magari senza aiuto. Il mio compito è questo ora: portare un messaggio di speranza a tutte le persone in difficoltà, voglio essere d’esempio, voglio far vedere che lo sport può regalare una nuova possibilità a tutti coloro che ora si sentono diversi… NON SIETE SOLI!


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22 Aprile 2017

Un ricordo a Michele Scarponi DI FILIPPO DALLE MOLLE

Michele Scarponi è morto in un incidente stradale mentre si allenava nel suo paese di origine, Filottrano in provincia di Ancona. La tragedia è avvenuta stamane, Michele percorreva un tratto in discesa, mentre un furgone, guidato da un 57enne, che sopraggiungeva in salita svoltando, avrebbe omesso di dargli la precedenza. L'impatto è stato violentissimo, il tutto sotto lo sguardo di decine di automobilisti che si sono subito resi conto della gravità della situazione. Attivato il 118, la centrale operativa ha provveduto ad inviare un'ambulanza. Il personale dell’ambulanza, raggiunto in pochi minuti il luogo dell’incidente, non ha potuto far altro che constatare il decesso. Michele lascia una moglie e due figli, questo si cela dietro ad ogni ciclista.

Michele Scarponi noto per le sue doti da scalatore, vantava nel suo palmares il Giro 2011 (assegnato dopo la squalifica di Contador), una Tirreno-Adriatico (2009) ed una Volta Ciclista a Catalunya (2010). Atleta amato, oltre che per le sue doti in sella, per la sua simpatia ed estrosità; con una battuta ed il sorriso sempre presente a testimoniare l’amore per il suo lavoro per quanto esso fosse fatto di fatica e sacrifici. Disattenzione? Velocità? Mancanza di rispetto della legge? Mancanza di considerazione per i ciclisti? La questione che al momento ci lascia sgomenti è l’aver perso un umile, simpatico, spontaneo e valente atleta. Ed è questo che ci fa piangere. Vorremmo partire dalla perdita di questo grande sportivo per rinnovare la speranza di non dover sentire mai

più notizie simili, sebbene chiunque pedali per strada conosca quanti rischi si corrano per seguire questa passione. Ci sono sia automobilisti che ciclisti irrispettosi della prudenza e della legge, ma non vogliamo più che si muoia per la propria passione sportiva. La legge attuale purtroppo non aiuta la categoria. Forse non sarà sufficiente nemmeno la nuova proposta di legge, il “decreto salva ciclisti”, che prevede l’inserimento della distanza obbligatoria di almeno 1,5 m dal ciclista per il sorpasso. Una legge severa senza un cambio di mentalità è inutile. Urliamo con forza il dolore per un grande sportivo ed il rispetto per la categoria. Michele, con le tue battute ed imprese, sarai sempre nei nostri cuori.


Una lesione del midollo spinale può capitare a chiunque, in ogni momento. Una scivolata, una caduta o un incidente d'auto e la vita può cambiare per sempre. La ricerca offre la speranza di poter migliorare la qualità della vita delle persone con lesioni al midollo spinale e aiutarle nel loro recupero. La Wings for Life World Run è un evento globale di beneficenza con un format unico e divertente. E' una corsa che si svolge in tutto il mondo dove tutti partono insieme e il traguardo ti insegue! Ecco come funziona: ogni anno la Wings for Life si svolge in varie location del pianeta. Tutti partono esattamente nello stesso momento, alle 11am UTC (le 13 ora italiana). Non importa che sia giorno o notte, che brilli il sole o piova a dirotto ad ogni modo correrai insieme al mondo intero condividendo una splendida esperienza.

Il gruppo RUNNERS & BIKERS ITALIAN LIVE SPORT, anche quest’anno, vuole supportare la Wings for Life partecipando con una propria squadra. Ovunque siate, qualsiasi cosa stiate facendo, avviate la app ed iniziate a correre, correte più che potete assieme al team virtuale RUNNERS & BIKERS ITALIAN LIVE SPORT. Come fare? Semplicissimo.. · Scaricate l’app Wings for Life sul vostro smartphone, · Per creare il vostro account, avviate l’app e selezionate ‘crea il tuo account’ · Dopo aver creato l’account, selezionate ‘il tuo profilo’ · Selezionate ‘registrazione’ · Selezionate ‘corri individualmente’ e completate i vostri dati · Selezionate ‘completa le informazioni sull’account’

· Selezionate nuovamente ‘Registrazione’ · Selezionate ‘unisciti ad un running team’ · Selezionate lente d’ingrandimento in alto a destra · Scrivete nella barra di ricerca ‘italian’ e premete ‘cerca’ · Selezionate la squadra Runners & Bikers italian live sport Il gioco è fatto! Ed il 7 maggio 2017 alle ore 12.50 avviate la app e correte, correte più che potete! Partecipate con noi alla causa e portiamo in Italia il titolo di Squadra Campione del Mondo. CORREREMO, INOLTRE, ASSIEME nelle principali città italiane: Roma (Parco Acquedotti), Brescia (Concesio), Napoli (Lungomare), Bologna, Parma (Parco Ducale), Torino (Parco della Pellerina). Corriamo assieme e facciamo del bene al mondo!

7 maggio 2017 ore 13

Il mondo si ferma per correre


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BIOMECCANICA E TECNICA DI PEDALATA DI MARCO LOCATELLI

Ogni posizionamento Biomeccanico Professionale dovrebbe comprendere: · Analisi Antropometrica dell’Atleta. · Uscita su Strada, con Test in pianura e salita, per verifica visiva dell’assetto attuale e dello stile di pedalata dell’Atleta con questo assetto, sia in condizioni di freschezza che di affaticamento accentuato. · Analisi Dinamica indoor degli angoli di lavoro, con Test di simulazione in pianura e salita, sia in condizioni di freschezza che di affaticamento accentuato. · Impostazione della Posizione sul mezzo in base ai valori teorici ricavati ai punti 1 e 3. · Uscita su Strada, con Test in pianura e salita, per verifica visiva dell’assetto impostato e dello stile di pedalata dell’Atleta con questo assetto, sia in

condizioni di riposo che di affaticamento accentuato. · Analisi Dinamica indoor degli angoli di lavoro dell’assetto ottenuto, con Test di simulazione in pianura e salita, sia in condizioni di freschezza che di affaticamento accentuato. · Uscita Finale su strada. Come si può notare, il Posizionamento non si risolve in 2-3 ore in un centro o nello studio di un Biomeccanico, la cosa ottimale è di suddividere la seduta in 2 giorni successivi, il primo effettuando la parte in condizioni di “freschezza” ed il secondo quella in condizioni di “affaticamento accentuato”, ovvero, presentandosi al punto 2 dopo un’uscita “tirata” con pianura e salita della durata di circa ¾ del tempo di gara.


Le uscite su strada sono indispensabili per una corretta impostazione sulla bicicletta, nella posizione statica su cicloergometro il corpo si adatta alla bicicletta fissa, mentre nella realtà, su strada, la bicicletta diviene una variabile come il corpo. L’approssimazione che si ottiene effettuando un Posizionamento unicamente “statico”, oggi, non è più accettabile per Atleti di Categoria Under23 o superiori. I Test in pianura e salita sia outdoor che indoor, non hanno un significato prestazionale, bensì solo dinamico. Dallo studio delle variazioni di postura, assetto e pedalata si ricava la posizione corretta per l’Atleta, che quasi mai corrisponde a quella che dovrebbe avere secondo la “Teoria Biomeccanica”. Un Posizionamento non perfettamente calibrato sulle caratteristiche Neuro-Muscolari, porta nel tempo ad un adattamento del corpo ad una posizione che non gli permette di esprimersi al massimo delle sue possibilità, e tale limitazione è poi più difficile da eliminare dalla Categoria Under23 in poi dati i carichi di lavoro crescenti e gli adattamenti che assume il fisico dell’Atleta. Così ci veniamo a ritrovare Atleti Elite Neo Pro e Pro con difetti tali da pregiudicare risultati di TimeTrial e diminuzioni di efficienza generali, in Corsa, a volte superiori al 3-4%. Un Esempio (Elite Pro) Performance di 5,6 watt/kg su TimeTrial di 30 Km in Velodromo Coperto (Parziale di 2')

Come si nota, a partire dai 50" fino a 1'25" vi è una diminuzione di ritmo e un conseguente aumento di applicazione di forza. Sui 120” presi in esame, 35 comportano un aumento dell'11,5% di Forza Applicata. In considerazione del fatto che questo segmento si ripete (con periodicità e durata crescenti) a partire dal Km 11 fino al Km 27 per oltre 20’ di TimeTrial (poi ha fatto l'accelerazione finale) e che, l’Atleta, dalle 110 rpm scende sulle 100 e poi ritorna a 110, se ne deduce un difetto di posizione che creando un sovraccarico costringe a ridurre il ritmo con conseguente aumento della Forza. Ristabilito il suo equilibrio, l’Atleta poi si riporta spontaneamente al suo ritmo naturale di 110 rpm. Dopo un’analisi approfondita della dinamica di pedalata, si è corretta la posizione, variando altezza e arretramento sella e posizione della tacchetta dx. Ripetuto il TimeTrial e nuovamente analizzata la performance, si è estratto il seguente frammento (sempre di 2’)


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Per tutto il TimeTrial l’Atleta ha mantenuto un ritmo molto più costante, nell’analisi dei tracciati non è stata trovata una decadenza significativa del ritmo. La maggiore efficienza è, ulteriormente, dimostrata dal fatto che negli ultimi 10 Km non si è verificata la piccola ma costante diminuzione di potenza che si è verificata nel primo TimeTrial (dovuta all’affaticamento muscolare causato dai frequenti cali di ritmo). Nel complesso, è da rimarcare la differenza di Tempo e Potenza (per quanto in questo ambito non interessi poi molto). Nel primo TimeTrial si è avuto un tempo di 37’40” con 385 watt medi, mentre nel secondo si è avuto un tempo di 36’45” con 415 watt medi. Un miglioramento di quasi 2” a km e di 30 watt medi. Gran parte del “tempo” è stato migliorato negli ultimi 10 km, dove nel primo TimeTrial si è avuto il “calo” mentre nel secondo è stato estremamente più contenuto. Non da meno è la domanda: Quanto conta la Tecnica nella Pedalata? Ha senso aggiungere ai già pesanti allenamenti un ulteriore aggravio di carico per estenuanti esercizi di tecnica? Analisi di Pedalata di un Atleta Elite Si sono effettuati Test per individuare la miglior resa dell’atleta in termini di watt/rpm. Identificato il valore ottimale, 340 watt a 106 rpm, si sono effettuate riprese di pedalata Monolaterali (per escludere le compensazioni), con telecamera ad alta velocità di fotogrammi. Si è ottenuto il seguente Diagramma della velocità Angolare del Pedale (per semplificare, con velocità ridotta di 8 volte e riferito alla sola Gamba Sx, la più inefficiente):


Si nota chiaramente la differenza tra il primo picco (la fase di Trazione 47 deg/s a 2700 ms) e il secondo (la fase di Spinta 51 deg/s a 7100 ms) E’ seguito un Ciclo di 3 Settimane in cui sono stati inseriti, nel normale programma di Allenamento, Esercizi di Tecnica Esaustivi, sia Bilaterali che Monolaterali (in pianura e in salita). Si è ripetuto il Test e ripetute le riprese sempre a 340 watt e 106 rpm. Abbiamo ottenuto il seguente Diagramma della velocità Angolare del Pedale (sempre con velocità ridotta di 8 volte e riferito alla sola Gamba Sx):

In Giallo il 1° Test ed in Blu il 2° Test. E’ evidente il miglioramento, in Trazione si è passati da 47 a 51 deg/s e in Spinta da 51 a 54 deg/s, altresì la Sinusoide si è spostata a dx e si è ampliata la curva di Spinta. Dai seguenti fotogrammi (sempre a velocità ridota di 8 volte) si identifica bene la Velocità Angolare, indicata dalla lunghezza del segmento tratteggiato che segue il pedale. Maggiore Velocità Angolare, minore carico per la gamba. Quindi, a meno che non si abbiano già valori ottimali, ma è rarissimo, l’inserimento di adeguati lavori di tecnica è molto produttivo per l’efficienza e l’economia della pedalata.


Maurizio Seneci Marco Lombardi Francesca Andina Luca Melli Giorgio Aprà Davide D'Aiello Francesco Chiazzolla Federico Maria Sacchetti Matteo Maria D'Anella Daniele Peluso Alessio Franco Marco Nustrini Marco Locatelli Samuele Frassine Oltre che Fabio Barnaba Gianluca Russo Visual Design Imma Rianna Il Magazine Runners & Bikers Italian Live Sport è proprietà del Gruppo Runners & Bikers Italian Live Sport. Ne sono vietate le copie e le traduzioni totali o parziali. GRUPPO RUNNERS & BIKERS ITALIAN LIVE SPORT Il gruppo Runners & Bikers Italian Live Sports è reperibile all’indirizzo email runnersbikers@gmail.com Seguici anche su


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