Runners & Bikers Magazine
NUMERO 12. DICEMBRE 2017. DISTRIBUZIONE GRATUITA.
FASCITE PLANTARE MIGLIORARE LA QUALITA’ DEL RISCALDAMENTO AMINOACIDI RAMIFICATI PEDALARE NEL FANGO CONTEST R&B 2.0
PINKY
POWER
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"La forza delle donne deriva da qualcosa che la psicologia non può spiegare. Gli uomini possono essere analizzati, le donne ...solo adorate" OSCAR WILDE
EDITORIALE
PINKY POWER
DI PAOLA DAL CERO
La casa, i figli, la spesa, il lavoro: la giornata di noi donne è piena di impegni che, spesso, si sovrappongono e si alternano con una rapidità incontrollabile. Eppure riusciamo a districarci bene, passando da un'attività all'altra senza troppa ansia perché, per natura, siamo più multitasking degli uomini. Siamo più organizzate e abili a orientarci tra imprevisti e difficoltà mentre voi maschietti tendete ad affrontare un problema alla volta, rischiando di entrare in crisi quando si tratta di fare più di una cosa nello stesso tempo.
E' come se ci mantenessimo in equilibrio perfetto cercando di preservare la nostra femminilità, la dura vita quotidiana il tutto con un tocco di glamour persino quando facciamo sport. E' finita l'epoca della "sciura Maria" tutta stropicciata, struccata e affannata. Ci siamo evolute in donne in carriera, mamme e mogli o single splendide e brillanti. Nel nostro gruppo abbiamo splendidi esempi di donne sportive: da Antonietta Valli, Rosa Maria Mancini, Stefania Pirroni e Serena Carpi arrivate da poco tra di noi alle storiche
Manuela Berna, Lorella Villani, Eva Cambedda, Sonia Castellani, Maria Maddalena, Anna Chiara e Maila Windsor tutte molto attive con i loro post di allenamento, che ci stanno deliziando con le loro sessioni a dimostrazione del fatto che noi donne, nonostante i mille impegni quotidiani, proviamo a ritagliarci uno spazio tutto nostro, indispensabile per il nostro benessere e realizzazione personale. Non importa la tipologia di sessione, più o meno dura, non importa se siamo runners o bikers l'importante è essere FEMMINE.
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FASCITE PLANTARE LA SPINA NEL PIEDE DEL RUNNER DI FEDERICO MARIA SACCHETTI
La fascia plantare è un “legamento” che sostiene l’arco plantare, teso dalla base del calcagno fino alle teste metatarsali. La sua funzione non è solo di “sostenere” l’arco ma anche quella di assorbire e dissipare l’energia cinetica sviluppata durante le fasi di appoggio e di spinta del passo. Alcuni studi hanno dimostrato che durante la corsa, nella fase di appoggio, la forza che si sviluppa nel punto in cui la fascia si inserisce al calcagno è pari a circa 2-3 volte il peso corporeo. Per tale motivo, nel podista, la fascia è sottoposta ad un intenso sovraccarico funzionale e può andare incontro a dei fenomeni “degenerativi”, ossia di invecchiamento, che sono responsabili della sintomatologia dolorosa che limita l’attività sportiva e riduce la qualità delle prestazioni. La fascite plantare è una patologia estremamente frequente, negli Stati Uniti colpisce circa 2 milioni di persone ogni anno ed è una delle cinque diagnosi più comuni di “dolore al piede” sia negli atleti amatoriali che nei professionisti. In particolare, colpisce circa il 5-10% dei Runners ed è la terza patologia più frequentemente diagnosticata negli atleti che svolgono questa attività sportiva. I fattori di rischio che concorrono allo sviluppo di questa patologia sono numerosi, tra questi ricordiamo il piede piatto, il piede cavo, l’iperpronazione e la dismetria degli arti (ossia avere un’arto inferiore leggermente più corto). Importanti fattori di rischio sono anche il sovrappeso, l’età avanzata ed un alterazione
funzionale dei muscoli della gamba e del piede; muscoli della gamba troppo “rigidi” o troppo “deboli” provocano, infatti, un aumento del carico sulla fascia plantare. Negli atleti il fattore principale che contribuisce all’insorgenza della fascite è un allenamento errato, troppo impegnativo e non alternato ad un adeguato periodo di riposo, associato spesso all’uso di una calzatura inadeguata (rigida o logora e con poca capacità di ammortizzare l’impatto al suolo) e ad un terreno di allenamento troppo rigido, come l’asfalto. La porzione della fascia che viene colpita dalla patologia è nella maggior parte dei casi quella che si inserisce sul calcagno, pertanto il dolore è localizzato sotto al tallone oppure nella regione interna del piede (non dietro al tallone, dove si inserisce, invece, il tendine d’Achille). Il dolore, acuto e pungente, si manifesta tipicamente al mattino, mentre nelle fasi più avanzate della patologia può presentarsi anche a fine giornata e dopo attività fisica intensa. Il dolore viene scatenato dai salti, dagli scatti, dalla deambulazione a piedi nudi o con scarpe piatte e si può associare a sensazione di “rigidità” del piede e gonfiore nella regione calcaneare. Per eseguire la diagnosi è sufficiente la descrizione dei sintomi da parte del paziente associata alla palpazione del calcagno ed alla dorsiflessione passiva forzata dell’alluce (windlass test) che consentono di riprodurre la sintomatologia dolorosa.
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Gli accertamenti diagnostici (radiografia, ecografia o risonanza magnetica) vengono richiesti solo nei casi dubbi o nei pazienti che non rispondono adeguatamente al trattamento. La radiografia spesso evidenzia la presenza della famosa “spina (o sperone) calcaneare”, questa è l’espressione della deposizione di calcio nella fascia plantare degenerata e viene spesso erroneamente considerata come la causa principale della sintomatologia dolorosa.
necessario asportare la “spina calcaneare” per la risoluzione della sintomatologia dolorosa, ma nel trattamento chirurgico tradizionale viene comunque rimossa nella maggior parte dei casi. Successivamente all’intervento il paziente sarà immobilizzato in gesso o tutore e non potrà appoggiare il piede a terra per circa 3-4 settimane. Alla rimozione dell’immobilizzazione sarà necessario un breve ciclo di fisioterapia per recuperare la corretta deambulazione e la mobilità della caviglia. La chirurgia tradizionale consente di eliminare i sintomi nel 30-90% dei pazienti operati. Una tecnica chirurgica più recente e meno invasiva, che può essere considerata in casi selezionati, è l’ablazione con radiofrequenze (Topaz). Questo tipo di intervento viene eseguito in anestesia locale, e con un ago “speciale” si eseguono delle “bruciature” con radiofrequenza in diversi punti della fascia plantare.
Nelle fasi iniziali della patologia il trattamento è “conservativo” e consiste nell’uso di farmaci anti infiammatori e ghiaccio locale associati ad un plantare di scarico modellato su esame baropodometrico, alla terapia fisica (tecarterapia, laserterapia, ultrasuoni…) ed agli esercizi di stretching della fascia plantare. Nei casi di fascite recidivante o che non si risolve con il trattamento standard può essere utile un ciclo di onde d’urto oppure un ciclo di infiltrazioni locali, preferibilmente guidate dall’ecografia, con cortisone o PRP (plasma ricco di piastrine). Se il trattamento conservativo non è efficace dopo circa 6 mesi un anno di tentativi e la sintomatologia limita in modo considerevole sia l’attività sportiva che le attività della vita quotidiana è necessario un intervento chirurgico. L’intervento chirurgico tradizionale consiste nel distaccare circa il 40-50% della fascia plantare dalla sua inserzione sul calcagno con una piccola incisione (di circa 5 cm) sul versante interno del piede. Non è
La fascite plantare è una patologia che affligge numerosi runners, nella maggior parte dei casi è autorisolutiva o guarisce con un adeguato trattamento conservativo, solo raramente è necessaria la chirurgia per riprendere la propria attività sportiva. Anche per patologie considerate “banali”, come la fascite plantare, affidatevi sempre ad un equipe di esperti che possano aiutarvi a risolvere rapidamente ed al meglio la sintomatologia.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Petraglia F. et al. Plantar fascitis in athletes: diagnositc and treatment strategies. A systematic review. Muscle, ligaments and Tendons Journal (2017) Cosentino A. et al. Fascite Plantare. Il Tendine ed il Muscolo (2014) Ferrario A. et al. Traumatologia dello Sport. Clinica e Terapia (2005)
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MIGLIORARE LA
QUALITÁ
DEL RISCALDAMENTO DI CARLO FACHERIS
Fai sempre scaldare il motore della tua macchina? La nostra splendida macchina umana ha sempre bisogno di essere scaldata e riscaldata, proprio come le buone vecchie automobili. Soprattutto poi quando andiamo a compiere degli esercizi di stretching. In qualsiasi disciplina sportiva lo stretching assume un ruolo prioritario nella fase di riscaldamento; ad esempio dopo una prima fase di corsa blanda di 10-15 minuti e prima dello svolgimento di esercizi specifici legati allo sport praticato vengono eseguiti alcuni esercizi di allungamento muscolare che dovrebbero permettere il raggiungimento di una condizione pre-allenamento o pre-gara migliore. Ma come mai ci riscaldiamo? Ebbene, lo facciamo per aumentare progressivamente la temperatura corporea di circa 1-2°C, questo permetterà un miglioramento della velocità di conduzione dei segnali elettrici nel sistema nervoso, così da portare il nostro corpo ad essere attivo e scattante. Parte del calore viene trasferito dai muscoli al sangue e viene quindi disperso per tutto il corpo e lavorando con grandi masse muscolari (ad esempio gli arti inferiori) non solo si provoca un aumento della temperatura muscolare ma anche un incremento come detto in precedenza, della temperatura del corpo. Dopo circa 10 minuti la temperatura muscolare raggiunge un livello stabile. Molti infortuni avvengono proprio a causa di un
insufficiente riscaldamento, in quanto un muscolo freddo è relativamente rigido e resistente ad un improvviso aumento di tensione causato da rapidi movimenti. Quella che potremmo chiamare la seconda fase del riscaldamento riguarda proprio lo stretching, con lo scopo di migliorare il range di movimento articolare (ROM, range of motion) nei gruppi muscolari più coinvolti nell’esercizio o nella gara ricercando così un gesto più fluido ed economico. E’ sempre consigliabile dopo un periodo di riscaldamento, effettuare dello stretching, che può essere statico seguito da uno stretching dinamico. Facendo questa sequenza aumenteremo quello che abbiamo appena indicato come ROM, il nostro range articolare, ovvero l’ampiezza di movimento senza andare a decrementare la nostra performance ma anzi, andando a favorirla riducendo anche il rischio di incontrare quel maledettissimo e odiato infortunio. Potremmo ricercare poi una terza fase del riscaldamento necessaria a creare i corretti schemi motori per poter eseguire un gesto specifico sempre più preciso ed economico. Al termine degli esercizi di riscaldamento la temperatura dei muscoli precedentemente attivati cala rapidamente e ritorna al livello poco maggiore di quello di partenza, prima dell’inizio dell’attività dopo circa 15 minuti.
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Ma torniamo al nostro amico. Esistono diverse modalità di stretching e quando collocarle all’interno del nostro allenamento. Prima di tutto, cosa è lo stretching? Lo stretching semplicemente è un metodo di allenamento che consiste nell'allungare la muscolatura. Praticarlo in modo costante ti permette di raggiungere una buona mobilità articolare. Per semplicità tratteremo le due modalità più comuni che non richiedono un aiuto esterno o conoscenze particolari: lo stretching statico e lo stretching dinamico. Lo stretching statico così come la modalità PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation – Facilitazione Neuromuscolare Propriocettiva, che non tratteremo in questo articolo) se viene fatta prima di una gara o di un allenamento potrebbe decrementare le performance sempre che questo stretching sia effettuato per più di 60 secondi. Uno degli obiettivi è quello di ridurre l’incidenza degli infortuni muscolo-tendinei e prevede di portare
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l’arto scelto per l’esercizio alla fine del suo range articolare tenendo poi la posizione per 15-60 secondi; l’effetto che si ottiene è migliorare l’ampiezza dell’articolazione o più articolazioni coinvolte nel movimento e questo adattamento è un processo graduale che richiede tempo e che va provato nel corso delle varie settimane. Lo stretching dinamico utilizza ampi movimenti articolari attraverso esercizi attivi della muscolatura agonista che va ad allungare la muscolatura antagonista, ad esempio grazie a movimenti di molleggio o di oscillazione, gli slanci degli arti, o ancora i movimenti del busto, si cerca di ampliare i limiti normali di movimento delle articolazioni. Ad esempio se volessimo allungare i muscoli posteriori della coscia dovremmo contrarre il muscolo quadricipite (coscia davanti) per allungare il bicipite femorale (coscia dietro). Questa azione dinamica facilita il riscaldamento e la preparazione al gesto che dovremo andare a compiere, in questo modo
andremo ad “allungare ma riscaldandoci”. Una miscela di corsa continua associata ad esercizi di stretching dinamico sembra essere più efficace rispetto allo stretching statico in una fase di pre-allenamento o pre-gara. Attenzione però, chi non ha mai effettuato questo tipo di movimenti dovrebbe prima cercare di “conoscersi meglio” per cercare di capire a quale intensità eseguire il movimento, per non incombere in infortunio e quindi trarne svantaggio e non un vantaggio da questa tipologia di esercizi. Si va bene tutto molto bello ma, cerchiamo di dare un messaggio da portarci a casa. Le finalità di un allungamento (stetching, dall’inglese to stretch=allungare) sono molteplici tra cui economizzare il lavoro muscolare, fare prevenzione posturale, effettuare prevenzioni da traumi ed è molto utile quindi inserirlo all’interno di un piano di allenamento, sia quando parliamo di riscaldamento che quando parliamo di recupero. Quindi attenzione sempre quando facciamo un po’ di stretching in che modalità andremo a farla.
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AMINO ACIDI RAMIFI CATI DI ALESSIO FRANCO
Proseguiamo il nostro viaggio sugli integratori sportivi. Oggi parleremo di aminoacidi ramificati o aminoacidi a catena ramificata o meglio conosciuti in lingua inglese come BCAA. Gli aminoacidi ramificati(BCAA) sono tre dei nove amminoacidi essenziali. Essi sono leucina isoleucina e valina. Prima di tutto ricordiamo che per “essenziali” , si intendono quegli aminoacidi che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare, e che quindi devono essere per forza introdotti con l’alimentazione. Le funzioni dei BCAA sono molteplici, in medicina sono spesso usati per velocizzare il recupero dei grandi ustionati, ma sembra anche che migliorino l’umore, la concentrazione mentale e soprattutto la sensibilità insulinica. Sono molto utilizzati nella nutrizione enterale e parenterale e oramai li ritroviamo in moltissime preparazioni di pasti sostitutivi e/o
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dimagranti. Nonostante abbiano numerose funzioni, la loro fama è dovuta principalmente al loro ruolo in ambito sportivo. Da soli, con maltodestrine, o assieme ad altri aminoacidi, nel mondo dello sport li ritroviamo in mille preparazioni. Sebbene siano utilizzati maggiormente da chi pratica sport di potenza, in realtà hanno funzioni che possono interessare anche runners o chi generalmente pratica sport di resistenza. Tra i maggiori utilizzatori abbiamo sicuramente i body Builder, ma perché? Una delle maggiori peculiarità degli aminoacidi è promuovere l’anabolismo, assunti durante e dopo un allenamento di potenza sono in grado di aumentare e prolungare la sintesi proteica, vada se che per chi cerca un aumento del trofismo muscolare sono un’integrazione assolutamente necessaria.
Attenzione però, non crediate che l’assumere BCAA dopo l’allenamento vi farà diventare degli Hulk, semplicemente aiuterete maggiormente il vostro organismo nella sintesi proteica, che, in ogni caso è principalmente stimolata dal tipo di allenamento stesso, non sarà certo una passeggiata a farmi crescere i bicipiti alla Lou Ferrigno.
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Sono sicuramente degli ottimi aiutanti per recuperare dopo un esercizio fisico. Avete presente quando vi allenate dopo un lungo periodo di riposo e che dopo 24-36 ore sentite tutti i muscoli doloranti? Beh, quei dolori sono dovuti ai DOMS acronimo inglese di Delayed Onset Muscle Soreness, sono dei microtraumi muscolari dovuti all’esercizio fisico, specie se eccessivo, tanto amati dai Body Builder, sono invece spesso odiati da chi fa sport di resistenza, anche perché non permettono di ritornare ad allenarsi così facilmente. Un’assunzione di aminoacidi ramificati permette di ridurli, andando a riparare più velocemente il muscolo. Ma anche chi si allena tutti i giorni può trarre beneficio dalla loro assunzione. Ad esempio, nel post allenamento, specie se associati ad alimenti ad alto indice glicemico, gli aminoacidi ramificati vengono trasportati velocemente nel muscolo e sono in grado di far “recuperare” più velocemente il muscolo, riducendo la fatica, l’indolenzimento muscolare e la stanchezza (anche mentale) post allenamento. I vantaggi dei BCAA però non finiscono qui, numerosi studi hanno dimostrato come, assumerli durante esercizi di resistenza e di ultraendurance, permettono un miglioramento delle prestazioni, aumentando i tempi di durata dell’esercizio, migliorando l’utilizzo dei carboidrati circolanti e riducendo l’accumulo di acido lattico. Ma come vanno assunti? Il ministero della Sanità ha posto come limite massimo tra Leucinaisoleucina e valina un’ assunzione di 5 grammi al giorno. In realtà, la pratica più diffusa è quella di assumere circa un gr. per 10 Kg. di peso corporeo. Non si superano mai 5gr. per singola assunzione, proprio per questo motivo la maggior parte degli atleti suddivide
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l’assunzione tra prima (o durante) e dopo l’esercizio fisico. In questo modo cercano di sfruttare al meglio tutti gli effetti dei BCAA. Ricordiamoci che l’assunzione di BCAA assieme a zuccheri semplici ne migliora( anche di molto) l’efficacia riducendo i tempi di recupero. Quindi associateli sempre a maltodestrine o succhi di frutta o spremute d’arancia. In commercio possiamo trovare diverse formulazioni, quella più classica prevede un rapporto di 2:1:1 ( leucina-isoleucina-valina), stesso rapporto presente nel muscolo-scheletrico, ma siccome è dimostrato che la leucina abbia una maggiore efficacia rispetto agli altri due, troviamo anche diverse formulazioni. Personalmente consiglio sempre 2:1:1, va detto che alcuni studi hanno dimostrato una migliore efficaci con rapporti 6:1:1 o 8:1:1, ma il costo aumenta molto e non è supportato da altrettanti benefici. Il prodotto è controindicato nella patologia renale ed epatica, in gravidanza e al di sotto dei 12 anni (deve essere riportato sull’etichetta)è necessario il parere di un medico per in caso di assunzione per periodi prolungati ( sopra le 6 settimane) Ricordiamoci però che gli aminoacidi sono i “mattoncini” delle proteine e quindi li troviamo negli alimenti.( vidi tabella) .Tra gli alimenti più ricchi di BCAA vi sono quelli di origine animale, da prediligere perché li ritroviamo in un rapporto di 2:1:1 ( leucina-isoleucina-valina), stesso rapporto presente nel muscolo-scheletrico. Proprio per questo motivo non sempre bisognerà ricorrere agli integratori. L’unica limitazione degli alimenti può essere la praticità e il fatto che spesso sono associati a grassi, ma, laddove ce ne fosse la possibilità, sarebbe preferibile mangiare qualcosa invece di ingoiare una pillola.
Alimenti
ISOLEUCINA
LEUCINA
VALINA
Parmigiano
67
97
72
Asiago
60
96
74
Prosciutto Crudo
46
79
48
Fave Secche
55
75
56
Fontina
60
96
74
Pasta Glutinata
38
71
42
Fagioli Secchi
56
74
60
Coniglio Magro
54
66
64
Tacchino, Petto
50
78
52
BaccalĂ
56
84
60
Manzo Magro
54
83
57
Pollo
53
74
51
Merluzzo
55
82
55
Maiale Magro
51
76
52
Uovo Intero
68
78
74
Pane Integrale
42
69
49
Riso Brillato
44
86
61
Latte Intero
62
97
55
Per concludere, voglio sempre ribadire che l’utilizzo di integratori deve essere fatto in scienza e coscienza, non sono pozioni magiche in grado di farci vincere, ma non vanno neanche demonizzati a priori. Affidatevi ad un esperto, medico, dietista, nutrizionista, meglio ancora se specializzato in nutrizione sportiva, che saprà dirvi se ne avete bisogno e consigliarvi su come assumerli.
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PEDALARE NEL FANGO QUANDO ARRIVA LA PIOGGIA DI MAURIZIO CHERCHI Quanti di voi avranno pensato quest’anno: l’estate sembra non volerci abbandonare, a che me la compro a fare la mantellina antipioggia? E’ invece come ogni anno la pioggia e il freddo sono arrivati! E noi a correre subito ai ripari tirando fuori dall’armadio il nostro preziossisimo scudo antipioggia e lo spray idrorepellente come se stessimo per far parte di uno degli ultimi film della Marvel! E si perché quando ci buttiamo in mezzo al fango con le nostre Mountain Bike ci sentiamo un po’ super eroi!! Guidare la Mountain Bike su sterrato comporta accorgimenti tecnici e feeling di guida che nulla hanno a che fare con la guida su asciutto! Pensate solamente alla differenza di assetto di guida tra asciutto e bagnato, nel primo caso quando affrontate una curva siete sicuri che ad una velocità di percorrenza non troppo alta la bici uscirà facilmente dalla curva mentre
quando state per entrare in curva sul fango, la vostra attenzione è al massimo siete pronti ad aspettarvi di tutto! Ma le situazioni con cui andrete ad avere a che fare sono tante, e sarebbe difficile descriverle tutte.. sicuramente come già anticipato la sensibilità di guida sarà il vostro cavallo di battaglia per dominare la vostra bici sul fango. Tecnica di guida sul fango Una delle regole fondamentali nella guida della MTB sia su asciutto che bagnato è la direzione del vostro sguardo, tenere la testa bassa con lo sguardo puntato alla ruota non farà altro che farvi zig zagare quindi occhi qualche metro in avanti e pronti ad assecondare la vostra amata! Se vi capita di guidare in tratti boschivi con forte pendenza, è frequente trovare tratti in contropendenza che sono già complicati di per se sull’asciutto, sul bagnato diventano molto
delicati…affrontateli decisi cercando di mettere il pedale a valle basso a spingere e il pedale a monte alto cercando di chiudere il tratto in contropendenza, non attaccatevi ai freni..ma lasciate scorrere! Un altro aspetto delicato nella guida boschiva è il superamento delle radici e dei sassi bagnati, nota molto importante: non arrivate con tutto il peso della frenata sul sasso o sulla radice! Cercate di allegerire la ruota anteriore poco prima che arriviate all’ostacolo, possibilmente allegerendola e superandolo! Ovviamente se parliamo di fango sia che sia liquido che argilloso, uno
degli aspetti piu’ importanti è la pressione delle gomme, vi suggerisco di abbassare la pressione del vostro pneumatico di almeno 0.3 bar rispetto al vostro standard su asciutto, e di scegliere un battistrada che scarichi il fango quindi un battistrada con tassellatura larga e ben alta! Questa scelta mi ha permesso negli anni 90 agli Internazionali di Italia di Fiuggi di arrivare tra i primi 20 Elite in una gara che stava per essere rimandata per il troppo fango…. la scelta giusta delle gomme mi ha permesso di lottare con i migliori riders mondiali in primis con i Danesi atleti che sul fango ci vanno tutto l’anno!
Abbigliamento Oggi, rispetto a tanti anni fa, abbiamo la fortuna di poter accedere a capi altamente tecnologici, salopette e giacche idrorepellenti con tecnologia nanoflex, ma sicuramente nelle condizioni piu’ dure il nostro k-way sarà il salvagente di scorte quando le cose si mettono male! Facile da utilizzare e rilavare dopo l’uscita. Importante tenere mani e piedi caldi con un buon copriscarpe in neoprene e delle calze termiche insieme a guanti idrorepellenti! Accessori e lubrificazione In pochi lo usano ma c’è un accessorio che puo’ darvi una grossa
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mano a combattere se non altro il fango che dalle gomme si staccherà per andare sulla vostro divisa ma ancor peggio sugli occhiali rendendovi la guida molto difficoltosa, questo accessorio è il parafango, ancora oggi se ne vedono pochi in giro, ma io credo che sia un elemento che da novembre in poi dovrebbe star sempre su sulla bici! Un altro aspetto fondamentale sarà la lubrificazione dei componenti meccanici, io consigio un olio non troppo viscoso per evitare di trovarvi una poltiglia sulla catena, sarebbe preferibile usare un olio piu’ liquido! Pulizia Diciamocelo siamo tutti tentati dall’utilizzare la lancia pulivapor al rientro dal nostro giro!
Ma la somma bici + fango +pulivapor equivale a dimezzare la vita della vostra componentistica! Alle alte pressioni degli autolavaggi se puntate il getto in direzione delle ruote e delle parti con i cuscinetti state buttando dentro le loro sedi a tenuta i detriti che poi lavoreranno a consumare le piste e diminuire drasticamente la loro durata! Sicuramente meglio lavarla a bassa pressione e con i prodotti specifici o con il semplicissimo e utilissimo Petrolio Bianco Un piccolo trucco dopo anni e anni di agonismo….per non vedersi attaccare il fango sotto la tacchetta prima della vostra uscita spruzzate sul pedale e sulla tacchetta dell’ olio spray e allegerite la tensione della molla!
CONTEST RUNNERS & BIKERS ITALIAN LIVE SPORTS 2.0 C'è un qualcosa... nel fare sport... che trasforma il grigiore in colore... la tristezza in un sorriso... perché allenare il fisico a raggiungere un obiettivo, seppur piccolo, equivale per me ad allenare lo spirito a superare le grandi sfide di tutti i giorni. Quelle che ti trovi ad affrontare senza attrezzatura, se non ciò che trovi nel cuore, nella determinazione, nell'anima...
GEOGIA LANDI VINCITRICE EDIZIONE 2017
Marco Lombardi Federico Maria Sacchetti Matteo Maria D'Anella Daniele Peluso Alessio Franco Marco Nustrini Giulio Galleschi Maurizio Cherchi Francesca Andina Davide D'Aiello Carlo Facheris Gianluca Perra Oltre che Fabio Barnaba Il Magazine Runners & Bikers Italian Live Sport è proprietà del Gruppo Runners & Bikers Italian Live Sport. Ne sono vietate le copie e le traduzioni totali o parziali. GRUPPO RUNNERS & BIKERS ITALIAN LIVE SPORT Il gruppo Runners & Bikers Italian Live Sports è reperibile all’indirizzo email runnersbikers@gmail.com Seguici anche su