Chi sei? L'uomo nella Bibbia

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Luigi Schiatti

CHI SEI? L’uomo nella Bibbia


INDICE A TU PER TU ........................................................................... pag.

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L’UOMO È “IMMAGINE” E “SOMIGLIANZA” DI DIO Articolo primo L’UOMO È COMUNIONE VIVENTE - Genesi 2 .......... pag. 15 A. L’UOMO IN QUANTO “UOMO” (Gen 2, 4-17).................................................... pag. 15 B. L’UOMO-COMUNIONE (Gen 2, 18-24) ................................................. pag. 17 Articolo secondo LA CREAZIONE - Genesi 1.................................................. pag. 22 A. CREAZIONE DELLE “COSE” (Gen 1, 1-25).................................................... pag. 22 B. CREAZIONE DELL’UOMO (Gen 1, 26-31) ................................................. pag. 25 Articolo terzo IL TERMINE “IMMAGINE” ............................................... pag. 1. RELAZIONE CON UNA REALTÀ............................. pag. 2. VALORE MORALE ................................................... pag. 3. MANIFESTAZIONE ................................................. pag. 4. COMUNICAZIONE .................................................. pag.

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Articolo quarto IL TERMINE “SOMIGLIANZA” ....................................... pag. 31 COME È DIO? ............................................................. pag. 31 L’UOMO, ESSERE SOCIALE ......................................... pag. 32 Articolo quinto L’UOMO “RELIGIOSO” ....................................................... pag. 34 PERÒ ........................................................................... pag. 38 2


L’UOMO È PECCATORE Articolo primo IL FATTO - Genesi 3, 1-13 ..................................................... pag. CHE COS’È IL PECCATO? ............................................ pag. ELEMENTI DI GENESI 3 ............................................ pag. COME SI SPIEGA IL PECCATO .................................... pag. IL DINAMISMO DELLA TENTAZIONE ....................... pag.

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Articolo secondo LE CONSEGUENZE - Genesi 3, 16-19 .............................. pag. 48 Articolo terzo LA PROMESSA - Genesi 3, 15 .............................................. pag. 52

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UN’AVVERTENZA Questo quaderno è diverso dai precedenti: non è direttamente per la meditazione; ha lo scopo di presentare l’insegnamento biblico sull’uomo, contenuto nei primi tre capitoli della Genesi. Ha un carattere soprattutto didattico e uno stile schematico, non discorsivo. Pertanto richiede un particolare impegno di approfondimento. La meditazione sarà frutto di un’attenta riflessione sull’insegnamento del libro della Genesi.

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A TU PER TU

Ti conosci? Sai chi sei, anzi: che cosa sei? Certo: un uomo! Ma: che cosa è l’uomo, secondo te? Inoltre, a che cosa serve vivere? Questa vita ha valore in ogni situazione? In che cosa e quanto il mio modo di vivere si differenzia dagli altri esseri viventi? Quante altre domande si infilano nella mente. Sì, sono tante, forse troppe; però almeno qualche volta è utile “disturbare” la nostra pigrizia per chiarirci (o almeno: tentare di chiarirci) i perché fondamentali della nostra vita di uomini. È proprio di noi uomini (e solo di noi uomini, essere pensanti!) porci delle domande “di senso’, a cui si deve dare una risposta, pena il vedersi costretti a vivere come gli animali. Ogni uomo… si accorge di vivere, “ha coscienza” di vivere. E non si accontenta di vivere; vuol sapere: perché vive, da dove viene, o da che cosa deriva. In particolare si chiede: che cosa significa vivere e dove andrà a finire. Nessuno può rinunciare a porsi ogni tanto simili domande, per non accontentarsi di vivacchiare, di tirare a campare; con il risultato di annoiarsi della vita e cadere nella depressione, per non dire di peggio. È proprio dell’uomo vivente; è un’esigenza irrinunciabile porsi tante domande su se stesso e sulla propria vita. Oggi è ancora più necessario, e urgente, diventare pensosi di sé, dal momento che i mezzi di comunicazione, per sé bellissimi, ci spingono un po’ alla superficie della vita. Per vivere da uomini, abbiamo bisogno di sostare, quindi… di pensare e di guardarci dentro noi stessi: scopriremo con gioia la nostra grandezza e dignità, direi, divina! Ci invita a questo anche il sommo poeta Dante Alighieri. Mi permetto di riportare e di commentare una sua terzina, presa dalla cantica dell’Inferno. Dante ci pungola a domandarci qual è la nostra semenza, cioè qual è la nostra origine. 5


«Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza». (Dante, Inferno XXVI, 118-120: Ulisse) CONSIDERATE Esorta a restare fermi, seduti, per riflettere e analizzare insieme. La condivisione è sempre un arricchimento. SEMENZA Suggerisce l’idea dell’origine e anche della natura, della qualità della semente e del suo fine. Evidentemente Dante ci rivolge un caloroso invito a discutere insieme sulla nostra origine e natura di uomini, a riflettere sul fine dell’uomo. FATTI Il verbo rimanda a una causa esterna che mi fa esistere; io non sono un assoluto (= sciolto da tutto) ma, nel mio essere e nel mio esistere, nella mia profonda realtà di uomo, sono una RELAZIONE. Ciò implica il concetto di creaturalità. BRUTI Il termine è usato solo per indicare uomini snaturati, degradati, “adulterati”, privi di ragione e volontà. SEGUIRE Dante non ha usato il verbo “raggiungere”! “Seguire” esprime un cammino sulle orme di qualcuno e finalizzato ad una meta. Questa è la vita: è un cammino! Ma sulle orme di che cosa? VIRTUTE Da “virtus” (= valore, potenza, capacità positiva) = “Bontade di natura” (dice Dante nel Convivio). La “virtus” risiede nel cuore. La sua facoltà è la volontà. 6


CONOSCENZA Si tratta anche qui di un termine astratto, che non indica l’oggetto della conoscenza ma la capacità di conoscere, l’amore per la sapienza del vivere. ...PER SEGUIR VIRTUTE E CONOSCENZA Primo elemento del vivere “da uomini” è camminare sotto la guida della volontà e della ragione, cioè seguire le due facoltà fondamentali dell’uomo. Questo è l’insegnamento di Dante. VIVIAMO “DA UOMINI”, ossia responsabilmente. Questo, dunque, costituisce l’uomo: PENSARE e VOLERE Oggi, forse, è ancora più necessario pensare, conoscere la verità dei fatti e delle varie situazioni. Occorre cercare il vero! Il papa S. Giovanni Paolo II ha scritto un’enciclica importante su questo argomento, la “Fides et ratio”, di cui riporto qualche espressione davvero illuminante. Dall’Enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II: «(...) è sempre la verità ad influenzare l’esistenza (dell’uomo). Mai, infatti, egli potrebbe fondare la propria vita sul dubbio, sull’incertezza o sulla menzogna; una simile esistenza sarebbe minacciata costantemente dalla paura e dall’angoscia. Si può definire, dunque, l’uomo come colui che cerca la verità» (§ 28). «La sete di verità è talmente radicata nel cuore dell’uomo che il doverne prescindere comprometterebbe l’esistenza» (§ 29). «(...) all’uomo spetta il compito di investigare (...) la verità e in ciò consiste la sua nobiltà. (...) Il desiderio di conoscere è così grande (...) che il cuore dell’uomo, pur nell’esperienza del limite invalicabile, sospira verso l’infinita ricchezza che sta oltre» (§ 17). «(...) il desiderio di verità appartiene alla stessa natura dell’uomo. È una proprietà nativa della sua ragione interrogarsi sul perché delle cose» (§ 3). «È Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso». 7


Riprendiamo l’invito di Dante: per vivere “da uomini”, cioè responsabilmente, è necessario innanzitutto pensare, poi volere, finalmente agire. L’esperienza insegna che di fronte ad ogni problema si verificano tante scelte differenti. Queste dipendono dai diversi modi di pensare (ideologie, religioni, interessi...) E alla base di ogni modo di pensare... per la vita concreta stanno differenti concezioni di uomo, cioè di antropologie. Richiamo tre antropologie molto presenti anche oggi e che condizionano non solo le grandi scelte politiche, ma anche quelle personali di ogni giorno. MARXISMO «L’uomo si riduce a un’esigenza di vita soltanto fisica e viene soddisfatto attraverso la possibilità di rispondere alle sue esigenze fisiche. (...) Tutte queste esigenze si riducono a quella che si può chiamare esigenza economica (...), che è la legge che regola la vita dell’uomo come essere che ha bisogni fisici: un uomo ridotto a esigenza economica. Tale soddisfazione non va lasciata all’iniziativa del singolo, ma a pensare a questo deve essere lo Stato. È la cosiddetta concezione collettivistica in cui l’uomo diventa un puro momento di questo insieme che sopprime la persona per ridurla a puro fatto, togliendole la caratteristica fondamentale: la sua libertà». LIBERALISMO «Ogni individuo è arbitro di se stesso e dei propri rapporti. (...) La trascendenza, se c’è, è qualcosa di isolato dalla realtà del mondo e della storia e, quindi, è una realtà che, se qualcuno la vuole riconoscere, deve restare un fatto privato. (...) Poiché questo essere arbitro di sé e dei propri rapporti lo può portare a trovarsi in contrasto con l’altro, pure lui arbitro di sé, bisogna che ci sia al di sopra chi fa in modo che ciascuno possa muoversi quanto vuole, ma garantendo di non andare contro l’altro. Sarà lo Stato ad avere questa funzione. Fatto questo, lo Stato non ha altro da fare, non ha nessun valore da proporre, niente che promuova il bene del singolo. (...) Tutto è lecito, purché il limite sia segnato tra ciò che è lecito a me e ciò che è di danno a quello che ho accanto». LA CULTURA RADICALE «(...) È, oggi, la cultura dominante: (...) esalta l’istintività come il principio fondamentale a cui l’uomo deve ricorrere se vuole essere uomo. I comuni 8


desideri sono la regola della vita dell’uomo, qualunque essi siano, e tale regola porta a opporsi a tutto ciò che contrasta questi desideri. (...) L’uomo non ha da chiedere niente a nessuno e può fare quel che gli pare e piace. Tutto dev’essere concepito in vista di permettere a ciascuno di comportarsi così. (...) Di qui viene il consumismo, il divorzio, l’aborto. Tutte queste cose sono fatte in vista di dare all’uomo la possibilità di soddisfare i propri desideri, quali nascono dalla sua istintività. Questo è un principio largamente diffuso (...)». (Giuseppe Lazzati, La cultura, Editrice Ave, 1987, pp. 16-21) Ora mi chiedo: la fede cattolica ha una sua visione originale dell’uomo, ossia una sua antropologia? SÌ! Per essere cattolico, devo conoscere l’antropologia cattolica, accettarla e impostare la mia vita su di essa. Se esiste l’antropologia cattolica, io non posso dirmi cattolico e accettare contemporaneamente altre antropologie in contrasto con essa. Posso collaborare con altre antropologie per il bene comune, ma fino a quando non mi vedo costretto a negare la mia antropologia cattolica. Quali sono le fonti dell’antropologia cattolica? Ossia: Chi è, o che cosa è l’uomo secondo la mia fede? Sono due fondamentalmente le fonti: 1) BIBBIA (= è la Parola di Dio; la manifestazione del pensiero di Dio) 2) MAGISTERO (= sono gli insegnamenti ufficiali della Chiesa: Concili, Encicliche...) Negli appunti che seguono noi prendiamo in considerazione solo la Bibbia, o Sacra Scrittura; detta anche Parola di Dio. 9


ISPIRAZIONE Per leggere e per ascoltare con frutto ciò che insegna la Bibbia, va ricordato che cosa è la “ispirazione”. In breve: la Bibbia (Antico e Nuovo Testamento) è tutta opera di Dio: quindi l’insegnamento contenuto è il pensiero di Dio. Nello stesso tempo è anche opera degli autori (gli scrittori); quindi risente della cultura del tempo in cui fu scritta, dei vari generi o stili letterari: un conto è la poesia, un altro è la cronaca o la storia, un altro ancora è la profezia, ecc. ecc. La Chiesa ci aiuta a non fermarci al contenuto materiale dei singoli “libri”, cioè all’involucro del pensiero di Dio, ma a cogliere ciò che Dio ha inteso insegnarci attraverso quelle pagine e i vari fatti, che sono talvolta… scabrosi.

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L’UOMO È “IMMAGINE” E “SOMIGLIANZA” DI DIO



La Parola di Dio ci insegna fin dalle prime pagine che l’uomo, ogni uomo di tutti i tempi e di ogni razza, religione, civiltà ecc., è profondamente superiore a ogni altro essere vivente, perché è sempre “immagine e somiglianza di Dio”, anche se agisce male. È un’affermazione esplicita e inequivocabile, contenuta nel primo libro della Bibbia, la Genesi, che significa “origine”. Esso narra delle origini di tutto ciò che esiste e, ovviamente, pone al centro l’origine dell’uomo. Ne parla nei primi due capitoli. Dice con disarmante chiarezza che tutto quello che esiste è stato fatto esistere a vantaggio dell’uomo, per la sua felicità. Leggiamo con attenzione i capitoli 1 e 2 della Genesi. Presento dapprima il capitolo secondo, perché è un racconto più antico di quello narrato nel primo ed è dedicato per intero all’uomo. Un’osservazione necessaria: quanto scrive la Bibbia non va letto nella materialità del racconto, ma nel significato del racconto. In altre parole: gli autori delle narrazioni si servirono di qualche scritto che esisteva già e usano un linguaggio e immagini “concrete” per farsi capire più facilmente. La novità sta nel fatto che essi leggono (= interpretano) i fatti narrati come fossero azioni di Dio stesso compiute nel popolo e a vantaggio del popolo d’Israele. Noi, quindi, leggiamo i fatti o racconti senza pretendere che siano avvenuti proprio come l’autore umano li narra. Mentre li leggiamo, dobbiamo sempre chiederci: Qui che cosa Dio vuol insegnarci? Questa è la lettura “religiosa” della storia del popolo eletto, Israele. UN CHIARIMENTO Raccolgo l’insegnamento iniziale della Bibbia sull’uomo in due argomenti, quindi in due capitoli. Il primo capitolo, quello assolutamente più importante, afferma a chiare lettere che ogni uomo è una comunione vivente, con Dio e con tutti gli uomini. L’uomo, creato da Dio ad uno ad uno, ossia “chiamato per nome”, non può sentirsi pienamente realizzato e felice se non si impegna a vivere in comunione! Ci sarà poi una brutta costatazione: l’uomo è peccatore e non ha in sé la capacità di ritornare da solo alla grandezza originaria. Questo costituisce il capitolo secondo. 13


Però nel racconto del peccato di Adamo ed Eva è contenuta una… promessa di “redenzione” (Gen 3,15), che sarà la decisione di Dio di ridare all’uomo la sua bellezza iniziale: Dio, che è sempre amore, si farà uomo in Gesù per rendere “nuovo” l’uomo, ossia per “ricostituirlo” nella sua dignità originaria di “immagine” e “somiglianza” di Dio.

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Articolo primo

L’UOMO È COMUNIONE VIVENTE Genesi 2 I capitoli 1 e 2 della Genesi narrano il racconto della creazione in modo complementare. Incominciamo a leggere il capitolo secondo, perché è più antico del primo e perché è dedicato totalmente all’uomo. Per comodità lo dividiamo in due parti: A.L’UOMO IN QUANTO “UOMO” (Gen 2, 4-17) Leggiamo il testo biblico: «Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era sulla terra, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue natici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male…. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire”». OSSERVAZIONI – I periodi iniziano sempre con: «Il Signore Dio...». Dio: è il nome proprio e indica l’Essere supremo. Signore: è l’appellativo, l’apposizione. Significa: padrone, colui che è proprietario di... Si vuol dire, dunque, che Dio, autore di tutto, è non solo Principio e Creatore, ma anche “ciò-per-cui”, il Fine di ciò che esiste. 15


– La prima realtà creata è l’uomo! L’uomo è il più importante di tutto ciò che esiste. Egli precede tutto per importanza e dignità. Anche l’ordine della descrizione delle realtà create aiuta a capire che tutte le altre realtà sono per l’uomo (compl. di fine), a vantaggio dell’uomo. – Come è fatto l’uomo? La narrazione dice che il Signore Iddio plasmò l’uomo con la polvere del suolo, poi vi soffiò l’alito di vita (Gen 2, 7). Che cosa insegna questa descrizione? – L’uomo è composto di due elementi (v. 7): uno materiale, che l’uomo condivide con tutte le realtà esistenti, e uno spirituale. Il primo elemento, essendo materia, si trasforma, si consuma, muore; quindi, la materia, in quanto tale, ha una fine. Tra l’uomo e le altre realtà esistenti c’è qualcosa in comune: entrambi sono limitati. (È ammissibile la teoria evoluzionistica di Darwin, che interessa solo il corpo, l’aspetto carnale, materiale). Ma, secondo la Bibbia, a questo punto non esiste ancora l’uomo. C’è solo un fantoccio! L’uomo esiste solo dopo che Dio vi ha soffiato l’alito di vita (= anima). Essa è stata creata da Dio ed è immortale. Allora diventa un essere vivente. Che cosa è tale soffio divino? È qualcosa di invisibile, inafferrabile, ma che c’è realmente e produce effetti . È la reale presenza di Dio nel singolo uomo. Dio, cioè, ha personalmente immesso qualcosa di Suo dentro l’uomo. Ora c’è l’uomo-persona. Persona= uomo intelligente, responsabile, volitivo. – «Piantò un giardino in Eden, ad Oriente» (v. 8). “ORIENTE”: da “orior”= sorgere. È il punto dove sorge il sole (= vita). Quindi è principio di vita, è il luogo della vita! «... e vi collocò l’uomo che aveva plasmato»: Dio fa esistere l’Eden per l’uomo. – «Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (v. 15). Questi due ultimi verbi hanno valore religioso: esprimono i due compiti dell’uomo, che è custode del creato: 16


– difendere la realtà creata per suo vantaggio (puoi vedere qui il problema ecologico); – coltivare questa realtà per il bene dell’uomo (e qui il problema del lavoro). – «Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare,...» (v. 9). Tutte le creature sono belle e utili all’uomo, “... e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male”. L’albero è qualcosa di esterno all’uomo, è qualcosa di oggettivo, che l’uomo può guardare e usare, ma non può dire: “sono io”, “è mio”, “è parte di me”! Ciò vuol dire che la vita e la conoscenza del bene e del male non sono “mie” proprietà; la vita non è in mio potere, non posso usarla, trasformarla, “manometterla” a mio piacere. L’albero della vita è al centro dell’Eden; ciò significa che è l’elemento più importante: la vita è sacra e intoccabile. È prescritto il massimo rispetto per la vita! Quindi: aborto, eutanasia, clonazione... NO! – «Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire”» (vv. 16-17). Non si tratta di una proibizione, né della minaccia di un castigo, ma si esprime in modo plastico, visibile una realtà ontologica: il principio della conoscenza del bene e del male non è proprietà dell’uomo. Chi se ne vuole appropriare, si rovina, si distrugge. B. L’UOMO-COMUNIONE (Gen 2, 18-24) Leggiamo anche la seconda parte del capitolo secondo: «E il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda”. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta 17


di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò, gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: “Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta”. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne». OSSERVAZIONI – «Non è bene che l’uomo sia solo» (v. 18). “Bene” è qualcosa di diverso da “buono”: quest’ultimo è un aggettivo qualificativo, mentre “bene” è un sostantivo, indica una realtà positiva, secondo il pensiero di Dio. Non è secondo la realtà dell’uomo essere “solo”, ossia un semplice individuo, che pensi di bastare a se stesso per essere pienamente realizzato.. – «Voglio fargli un aiuto che gli corrisponda (v. 18). Di solito un aiuto si offre per agire, per fare, per realizzare qualcosa. Qui siamo sul piano ontologico: si tratta di un aiuto per “essere”, non per “fare”, per essere uomo secondo il piano di Dio. “Corrispondente” mi fa pensare a una cerniera. Se le due parti sono identiche, non possono incontrarsi l’una nell’altra e la cerniera non serve a nulla. Lo stesso problema si verifica tra le persone: occorrono due sessi (fisicamente ed interiormente diversi) per realizzare una vera e reale comunione! – «Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome» (v. 19). L’attribuzione del nome esprime la padronanza, l’utilità, il vantaggio. Ciò significa che l’uomo è padrone di tutte le cose viventi e sarà lui a determinarne l’utilizzo. 18


– «Ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse (v. 20). L’uomo che si serve del creato vede che tutte le realtà in esso presenti non lo completano, si sente ancora irrealizzato e insoddisfatto. – «Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo (...); gli tolse una delle costole (...)» (v. 21). Il discorso della costola di Adamo non significa che la donna deriva dall’uomo, né significa che è creata in un momento successivo all’uomo, quindi “per” l’uomo, in sua funzione. La donna non è inferiore all’uomo, ma entrambi sono l’uno per l’altra, per la comunione. Esprime l’intima necessità reciproca dei due. – «(...) formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa”» (vv. 22-23). Ciò significa che la donna è della sua stessa natura; ora l’uomo è completo! I due sessi sono uno per l’altro per un completamento reciproco: solo nell’unione tra l’uomo e la donna l’uomo è veramente completo. COMUNIONE – L’uomo è fatto “per la comunione” (complemento di fine). Chi non cerca di vivere la comunione, non è completo; l’uomo vero, completo, reale, così come Dio lo ha pensato, è una comunione vivente. N.B. “Comunione”: è un termine che si usa solo per gli uomini, mai per gli animali o le cose; esso esprime, solo per l’uomo, un rapporto profondo e soprattutto spirituale, coinvolgente. L’uomo, per essere in comunione, ha bisogno di una persona di sesso diverso ma della stessa natura, perché la comunione avviene mediante la donazione di tutta la persona, che è corpo e anima, materia e spirito. Non esiste comunione soltanto tra due corpi! 19


Come avviene questa comunione? Mediante la sessualità, che, cristianamente intesa, è il modo individuale, originale e irripetibile di esistere e di comunicare. La sessualità per la Bibbia è per la comunione e chiama in causa tutta la persona, corpo e anima. La sessualità nell’uomo non è solo qualcosa di fisico, ma anche e soprattutto psicologico, perfino è qualcosa di spirituale . Ogni uso della sessualità così intesa, non finalizzata alla comunione, è oggettivamente un male, filosoficamente un non-essere. – «(...) e i due saranno un’ unica carne» (v. 24). “Saranno”, non “faranno”! Il verbo usato indica uno stato di vita. Da questo punto di vista, il matrimonio è lo stato di comunione totale e definitivo tra un uomo e una donna, perché esprime la maggior concretezza possibile dell’uomo, della realtà “uomo”, corpo e anima, materia e spirito in una completa unità; e poiché è una comunione unica al mondo, quando l’uomo è in comunione totale e coinvolgente con la donna, non ha più nulla di suo, nemmeno la libertà individuale, cioè solo sua. Si tratta di un’unione totale, inscindibile e coinvolgente (quindi non c’è posto per il divorzio!). Come ogni membro del mio corpo (=della mia “carne”) non può separarsi dal corpo, pena la morte, così il coniuge non può “rinunciare”, rifiutare l’altro, e pretendere di essere ancora una comunione “vivente”! – «Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna» (v. 25). Non si tratta di nudità come siamo soliti intendere con questo termine. Qui significa che essi erano consapevoli della loro creaturalità, della loro realtà contingente, quindi dei loro limiti, della loro povertà; accettavano liberamente e serenamente la loro dipendenza da Dio, in quanto creati da Lui. OSSERVAZIONI RIASSUNTIVE 1. L’uomo è “creato” come tutte le altre realtà; quindi non ha in sé il principio della vita. (Infatti la vita è rappresentata da un 20


albero, che è esterno all’uomo, non fa parte del corpo dell’uomo). 2. L’uomo ha in comune qualche cosa con il creato (è anch’egli materia), però è essenzialmente diverso e superiore rispetto a tutte le altre creature: è divino! (È tratto dalla polvere, ma è “uomo” perché Dio gli insuffla il Suo spirito). 3. Tutto il creato è al servizio dell’uomo. (Vedi i verbi “coltivare” e “custodire”). 4. L’uomo non ha in sé il “principio del bene e del male”, ossia non è in suo potere stabilire ciò che è bene e ciò che è male. (Anch’esso è rappresentato da un albero, quindi...). 5. Nel presentare la donna quale “aiuto (...) corrispondente” all’uomo, la Bibbia suggerisce la pari dignità e la complementarietà tra i due sessi. (Ovviamente quanto si dice della donna, vale anche per l’uomo). L’UOMO, DUNQUE, È PER LA COMUNIONE!

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Articolo secondo

LA CREAZIONE Genesi 1 Si tratta di un racconto più recente di quello contenuto nel capitolo 2 ed è molto schematico. È complementare all’altro. Due le parti che lo compongono: – creazione delle “cose” (Gen 1, 1-25) – creazione dell’uomo (Gen 1, 26-31) A. CREAZIONE DELLE “COSE” (Gen 1, 1-25) «In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: “Sia la luce!” E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo. Dio disse: “Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque”. Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo . E fu sera e fu mattina: secondo giorno. Dio disse: “Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto”. E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: “La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie”. E così avvenne. E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno. Dio disse: “Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra”. E così avvenne. E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno. Dio disse: “Le acque brulichino di es22


seri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo”. Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro sppecie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra”. E fu sera e fu mattina: quinto giorno. Dio disse: “La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie”. E così avvenne Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona». STRUTTURA La narrazione della creazione delle “cose” si sviluppa in cinque giorni, in ognuno dei quali si trovano cinque elementi. Il sesto giorno è tutto per l’uomo; il settimo è dedicato al riposo. Il fatto che Dio abbia benedetto il settimo giorno (Gen 2,3: Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando), esprime la gioia, la felicità di Dio, la sua soddisfazione per aver realizzato ciò che voleva creare. I numeri hanno un significato simbolico (il 7 non significa 7 giorni di 24 ore). Il 7 è il numero della perfezione. Nella Bibbia tante volte si trova il numero 7: sette sono i giorni della settimana, i sacramenti, i doni dello Spirito Santo, i vizi capitali, la somma delle virtù teologali e cardinali, i bracci del candelabro ebraico, simbolo del popolo di Israele, ecc. In ogni giorno della creazione si ripete il seguente schema: 1. Dio pensa una realtà («Dio disse»). 2. Dio vuole la realtà pensata (cfr i verbi al congiuntivo esortativo: «Sia la luce...»). 3. Conseguentemente la realtà pensata e voluta da Dio viene all’esistenza («E luce fu», oppure «Così avvenne»). 4. La realtà che esiste è “cosa buona” (= è un bene!), perché esiste come Dio l’ha pensata e perché Dio l’ha pensata. («E vide che era cosa buona», cioè un bene. “Buona” è aggettivo qualificativo, ma in latino si esprime con il neutro “bonum”, che indica una realtà positiva, non una qualità). 5. Conclusione temporale («E fu sera e fu mattina»). 23


OSSERVAZIONI La conclusione temporale dice: spazio di tempo, segmento. TEMPO = LIMITE, FINITEZZA, ossia: finirà! Quindi le realtà, perché create nel tempo, sono limitate! (Prima non esistevano; hanno incominciato ad esistere in uno spazio di tempo. E termineranno.) La descrizione dei giorni è piramidale: dal primo al quinto giorno va aumentando il numero delle proposizioni e la complessità concettuale in esse contenuta. C’è una vera espansione delle affermazioni. I giorni dispari aggiungono aspetti nuovi: – nel primo giorno appare la luce; – nel terzo giorno appare la vita vegetale; – nel quinto giorno appare la vita animale. Quindi c’è un crescendo di importanza nelle cose create. A proposito degli animali la Bibbia dice: «Dio li benedisse» (v.22). Forse insegna che Dio immette negli animali la capacità di generare. CONTENUTI 1. «IN PRINCIPIO» = non-tempo (Non significa: “all’inizio del tempo”; neppure significa il primo di una serie, il primo giorno del mese. È l’opposto di “fu sera e fu mattina”) = non limite, illimitato,... eterno! «In principio Dio» = Dio è fuori dal tempo, Dio è illimitato, ... eterno. N.B. Giovanni 1,1: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio». Ciò significa che il Verbo è: – non-tempo, – illimitato come Dio, – quindi è Dio! 24


Infatti s. Giovanni dice che il Verbo era “pros Theu” (“presso Dio): in greco “pros” + genitivo esprime un rapporto interiore, profondo. Quindi: tra il Verbo e il Padre c’è un rapporto strettissimo, della stessa natura. Per questo, s. Giovanni conclude che anche il Verbo è Dio! 2. CREARE = «Fare dal nulla tutte le cose» (Catechismo di s. Pio X). Non vuol dire solo “dare inizio” all’esistenza! Occorre approfondire filosoficamente il concetto di “creare”. = Esprime la causalità ontologica di una realtà. La causa ontologica è ciò che fa esistere e che fa sì che una realtà sia quella che è. Il soggetto (= Dio) del verbo “creare” è dunque la causa ontologica del complemento oggetto (= il cielo, la terra ecc.). Dio è, in ogni istante, il motivo, la causa di ciò che è; è colui che fa esistere le cose. Il Padre è l’eterna “sorgività” delle realtà esistenti. Quindi: anche noi uomini esistiamo perché Dio ci pensa, ci crea, istante per istante. 3. LE “COSE” La narrazione della creazione segue questo ordine: primo elemento: luce (= vita e bellezza), quindi Dio è autore della vita e della bellezza; secondo elemento: ambienti (= cielo, terra, acqua); terzo elemento: le varie realtà... inanimate e animate (vegetali e animali). Da ultimo... Dio creò L’UOMO! L’ordine della narrazione ci insegna che l’uomo è la più importante delle realtà, le quali sono create in sua funzione. Dallo schema si ricava che esiste un ordine, ossia una gerarchia di valori nelle realtà esistenti. B.CREAZIONE DELL’UOMO (Gen 1, 26-31) «Dio disse: “facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza. Domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra.” E Dio 25


creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra.” Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde.” E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno». È narrata in sei versetti (26-31), molto lunghi. Evidentemente chi ha scritto ha voluto evidenziare l’importanza dell’uomo, riguardo al quale si hanno molte cose da dire! « Dio disse» (Gen 1, 26) La precedente traduzione dei Vescovi italiani premetteva una “E”. Non mi pare inutile questa congiunzione: personalmente mi do una spiegazione, per me valida: “E” assomiglia ad un punto fermo. I punti fermi che usiamo, per esempio, in un tema non hanno tutti lo stesso valore; uno, in particolare, ha un valore riassuntivo: l’ultimo! Esso non dice: “Il testo finisce qui”, bensì: “Ho detto quello che volevo dire, l’ho espresso come desideravo, e ne sono fiero”. Nella Genesi quella “E” esprime compiutezza del disegno di Dio, dice completamento, soddisfazione e pienezza della creazione. Cfr 1 Corinzi 15, 24, in cui è espresso il disegno di Dio Padre: «Deinde finis (erit), cum (Iesus Christus) tradiderit regnum Deo et Patri, cum evacuaverit omnem principatum et potestatem et virtutem». Che possiamo tradurre così: «Quindi ci sarà la compiutezza del disegno di Dio, dopo che (Gesù Cristo) avrà consegnato il Regno a Colui che è Dio e Padre, dopo che avrà buttato fuori ogni potere politico, ogni altro potere organizzato e ogni forza». STRUTTURA Come nella creazione delle “cose”: 1. Dio pensa l’uomo. Mentre lo pensa, lo pensa a Sua immagine e somiglianza. 26


2. Dio vuole l’uomo a Sua immagine e somiglianza. 3. Conseguentemente l’uomo esiste... a immagine e somiglianza di Dio. 4. «E vide che era cosa molto buona» 5. Conclusione temporale: «E fu sera e fu mattina: sesto giorno». Quindi anche l’uomo è limitato! CONTENUTI «A immagine e a somiglianza di Dio!» (v. 26a). È l’insegnamento più importante (vedi Il termine “immagine” e il termine “somiglianza”). «E domini su...» (v. 26b). L’uomo, proprio perché è creato a immagine e somiglianza di Dio, è signore di tutto il creato; e può usare tutte le realtà esistenti per il suo bene. Si giustificano pertanto gli strumenti con cui l’uomo si rapporta alle realtà create per crescere nella sua identità, che è quella di essere immagine e somiglianza di Dio: lavoro, tecnica, scienza, arti, ecologia... «Maschio e femmina li creò» (v. 27). La sessualità nella Bibbia – È il modo di essere originale e irripetibile di ogni uomo (l’uomo è un essere sessuato, sempre!). – L’uomo è sessuato per “diventare” un’immagine sempre migliore di Dio, che è comunione. – L’atto sessuale non è mai solo un atto fisico; chiama in causa tutta la persona. La sessualità “umana” è fisico-psichica e morale! – Il sesso è innanzi tutto per la comunione! (cfr Gen 2: la costola). Quindi: ogni uso del sesso non finalizzato alla comunione è oggettivamente male (esempi: masturbazione, pornografia, pedofilia, omosessualità, stupro...). «Do in cibo...» (v. 30). Le realtà create sono “cibo” per l’uomo, gli servono per realizzarsi come Dio l’ha pensato, amato e creato. Da qui il valore cristiano del lavoro, della cultura, del rapporto con la natura. 27


Articolo terzo

IL TERMINE “IMMAGINE” Il termine “immagine” e il termine “somiglianza” non sono di facile comprensione; però è necessario, anzi indispensabile capirli, perché sono il punto fondamentale dell’insegnamento biblico. Il termine “immagine” esprime quattro concetti fondamentali. 1. RELAZIONE CON UNA REALTÀ Un’immagine esiste “come immagine” perché è in rapporto reale con una determinata realtà. Quindi, l’immagine non è un assoluto!, ossia non è un “a sé, in sé, per sé”. In altre parole: esiste solo perché è in relazione con una certa realtà, che esiste davvero. L’uomo è immagine di Dio, quindi: – L’uomo nella sua realtà profonda (ontologica ed esistenziale) è una relazione reale, necessaria, non un “assoluto”. – L’uomo è in rapporto con Dio, è in relazione ontologica ed esistenziale con Dio, ossia: l’uomo esiste, e in quel modo, solo perché Dio lo fa esistere! Questa è l’antropologia “creaturale”. – Ogni uomo è in rapporto con Dio, perché Dio non ha fatto eccezioni né ha ristretto il termine “uomo” solo a qualche gruppo. – “È”. Di fatto ogni uomo “è” in rapporto con Dio, anche se non lo sa o non lo vuole, o agisce contro Dio. Ogni uomo è in rapporto con Dio indipendentemente dalle sue qualità morali, dalle circostanze o modalità della vita, dallo sviluppo, dalla cultura,... dalla “statura” dell’uomo, dalla religione che professa o dalla coerenza di vita. – Quando un uomo sa di dipendere da Dio, accetta il suo rapporto ontologico ed esistenziale con Dio, si riferisce a Dio nel suo agire quotidiano, diventa un uomo RELIGIOSO. 28


2. VALORE MORALE Un’immagine può avere diversi valori: valore pecuniario, valore artistico, valore affettivo, ecc... Tra questi c’è anche il valore morale, il quale: – non dipende dagli altri valori; – dipende dal rapporto (legame interiore) che esiste tra me (il giudicante) e la realtà di cui considero l’immagine; – tutte le immagini di una stessa realtà hanno per me il medesimo valore morale; – dipende anche dalla “grandezza morale” della realtà considerata. OGNI UOMO ha un preciso e determinato valore morale... per me. – Il “valore morale” dell’uomo, di ogni uomo, non dipende affatto dalle doti, qualità, virtù, fede, coerenza, moralità... del singolo uomo; – dipende dal fatto che è ontologicamente ed esistenzialmente in rapporto inscindibile con Dio; – ma soprattutto dal mio personale rapporto con Dio, di me che guardo, che considero quel determinato uomo. Quindi: il valore morale dell’uomo, di ogni uomo, varia a seconda del grado di “religiosità”, ossia del rapporto personale con Dio da parte di chi prende in considerazione l’uomo, gli uomini. 3. MANIFESTAZIONE Ogni immagine “rivela”, manifesta qualche aspetto della realtà di cui è immagine. OGNI UOMO manifesta, rivela in qualche modo Dio. Sì, in ogni uomo, anche nel più “cattivo”, si rivela qualche aspetto della vita divina! Pertanto: per lodare Dio vivente in ogni uomo, mi devo impegnare a scoprire nel singolo uomo, in ciascun uomo, quale tratto del volto di Dio mi si rivela. 29


4. COMUNICAZIONE Un’immagine rimanda alla sua realtà: ossia, mediante l’immagine mi metto in contatto, o in un rapporto più profondo, con la realtà... dell’immagine (esempio: mediante una fotografia comunico con la persona fotografata). Quindi in ogni uomo incontro Dio! – È vero: amando il prossimo, amo Dio! Per Gesù, l’amore è un solo comandamento, sia che abbia Dio o abbia l’uomo per “oggetto” diretto. – Difatti nella Chiesa i grandi Santi delle opere di carità sono tutti veri amanti di Dio.

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Articolo quarto

IL TERMINE “SOMIGLIANZA” Il termine “somiglianza” esprime partecipazione alle modalità dell’essere. L’uomo è “a somiglianza” di Dio, quindi partecipa al modo di essere di Dio. COME È DIO? Può sembrare una domanda molto strana, quasi assurda. Però noi ci sforziamo di guardare… dentro in Dio, senza pretendere di “capire” Dio! Se Dio è Uno e Trino, com’è la vita in Se stesso? Riflettendo, qualcosa di Lui riusciamo a intuire. Almeno tre elementi della sua vita riusciamo a intuire. E ciò serve a noi per vivere la nostra vita come Dio ci chiede, anzi, come vuole che la viviamo. Ecco le tre indicazioni. 1. DIO È SPIRITO solo Spirito, non ha un corpo; quindi, DIO È LIBERTÀ. L’uomo è spirituale, è anche spirito (vedi Gen 2,7), quindi è irrinunciabilmente , esigenza di libertà, anche se limitatamente libero, perché è creatura. Primo dovere verso l’uomo è rispettare la sua libertà. Egli cresce, si sviluppa nella sua personalità nella misura in cui diventa sempre più libero soprattutto dalle sue interne limitazioni. N.B. “Libertà” non vuol dire “anarchia”, ma capacità di scegliere in vista del proprio bene, della propria felicità. Esistono varie forme di libertà: – fisica o di movimento – spirituale: di pensiero, di parola, di scelta... – religiosa, ecc. 31


Non tutte le libertà hanno lo stesso valore. Noi dobbiamo tentare di rispettare tutte le libertà degli altri, ma soprattutto le più alte. Tutte le volte che io limito ingiustamente la libertà del mio prossimo, compio un atto contro Dio, quindi un vero peccato. 2. DIO È CONOSCENZA (però Dio non è soggetto al ragionamento, Dio… non “ragiona”, perché il ragionare è una manifestazione di limite!), quindi DIO È VERITÀ, perché in Dio non ci può essere errore né falsità. L’uomo è esigenza, necessità di conoscere la Verità! La verità fondamentale per una vita piena è che l’uomo è “a immagine e somiglianza di Dio”. 3. DIO È COMUNIONE (Uno e Trino: UNUS TRINUSQUE) quindi, DIO È AMORE. Il termine “comunione” indica sempre “rapporto spirituale e coinvolgente” tra persone e solo tra persone. L’uomo è esigenza di rapporti spirituali per la comunione e vive di amore! L’uomo è sì esigenza di comunione, ma nell’unità della sua persona di anima e corpo, ossia è l’uomo tutto intero, la “persona umana” che vive la comunione, che si pone in rapporto. Corpo e anima sono indivisibili fino alla morte (Gen 2, 7). A questo punto ci poniamo un problema fondamentale: QUANDO C’È UN UOMO? Quando incomincia ad esistere come uomo? Sul piano ontologico, reale: Ogni ovulo umano fecondato è uomo! «Con il concepimento ha inizio un destino che non avrà mai più termine». (Card. G. Colombo) L’UOMO, ESSERE SOCIALE Un’ultima aggiunta per completare il discorso sull’uomo “in quanto uomo”. Poiché creato “a somiglianza di Dio”, che è comunione (Uno 32


e Trino), l’uomo è “per natura”, strutturalmente, per la comunione, ossia un essere sociale! Difatti: – è comunione (Gen 2, 21 s.: costola); – nasce dalla comunione di un uomo e una donna (Gen 1, 27: «maschio e femmina li creò»; Gen 1, 28: «siate fecondi e moltiplicatevi»); – è per la comunione (Gen 2, 24: matrimonio). OSSERVAZIONI CONCLUSIVE SULLA “SOMIGLIANZA CON DIO” – Il termine “somiglianza” è legato a “immagine” (= dipendenza ontologica!), quindi si tratta di somiglianza reale, una somiglianza che c’è anche se uno non la vuole! (esempio: il figlio ha una somiglianza... reale con i suoi genitori: c’è anche se non lo sa, o addirittura la rifiuta.). – L’elemento “reale” della somiglianza dell’uomo con Dio è la GRAZIA (= vita divina in noi, che il cristiano riceve nel Battesimo). – Dio È; quindi, quanto più “sono”, esisto nella mia identità e la sviluppo, tanto più assomiglio a Dio. – Dio SA, conosce; quindi, quanto più “so”, “conosco”, quanto più approfondisco le mie conoscenze, tanto più... assomiglio a Dio. La prima conoscenza riguarda la mia Realtà, che è Dio, e la mia dipendenza da Lui. – Dio VUOLE le realtà: vuole che esistano (vedi: «Sia la luce»; «Facciamo...»): quindi, quanto più “voglio” (... responsabilmente!), tanto più... assomiglio a Dio. Innanzi tutto “voglio” (= accetto) la mia dipendenza da Lui.

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Articolo quinto

L’UOMO “RELIGIOSO” Aggiungo un’ultima osservazione per capire meglio come Dio ha pensato e realizzato l’uomo. Lo chiamo “uomo religioso”. Non è colui che ha emesso i “voti” e vive in una Famiglia Religiosa (o Congregazione), ma è semplicemente ogni uomo che sa e accetta di dipendere da Dio; ossia colui che sa di essere per natura in relazione con Dio e vive coerentemente con questa convinzione. È la condizione indispensabile – dice la Bibbia – per realizzarsi pienamente come Dio ha voluto l’uomo, ogni uomo nella propria situazione di vita. Dalla Bibbia possiamo ricavare qualche verità in proposito: 1. Chi vive responsabilmente il rapporto con Dio si realizza; se no, no! Esempio – Davide e Golia (I Sam 17) – Passaggio del Mar Rosso (Es 14) – Elia e i Profeti (I Re 18, 20-39) 2. Chi vive responsabilmente il rapporto con Dio realizza una vera comunione con il coniuge; se no, no! Esempio – Adamo ed Eva, prima e dopo il peccato (Gen 2 e 3) 3. Chi vive responsabilmente il rapporto con Dio rispetta gli altri; se no, no! Esempio – Caino e Abele (Gen 4) – Peccato di Davide (II Sam 11) – Erode e il Battista (Mt 14) 4. Chi vive responsabilmente il rapporto con Dio costruisce la comunità: è principio di comunione; se no, no! Esempio – Prima comunità cristiana (At 2) – Torre di Babele (Gen 11) 5. Chi vive responsabilmente il rapporto con Dio è rispettato dalla natura; se no, no! Esempio – Diluvio (Gen 7) 34


SPUNTI PER UNA LETTURA PERSONALE: – DAVIDE E GOLIA (I Sam 17) Davide vince perché accetta di dipendere da Dio nel suo agire; Golia è sconfitto perché ripone tutta la fiducia e le forze in sé. – PASSAGGIO DEL MAR ROSSO (Es 14) Israele passa il mare (simbolo delle forze che si oppongono all’uomo) perché è un popolo... religioso, sa di dipendere da Dio; gli Egiziani non passano perché sono presentati come non... religiosi. – ELIA E I PROFETI (I Re 18, 20-39) I falsi profeti non riescono a incendiare la legna asciutta perché non si rifanno al Dio vero; Elia invece incendia la legna, nonostante sia molto bagnata, perché è... religioso. – ADAMO ED EVA (Gen 2 e 3) Finché ciascuno dei due dipende responsabilmente da Dio nel suo pensare ed agire, rispetta l’altro, lo ama e fa comunione con lui; da quando si rompe il rapporto personale di dipendenza da Dio, si accusano a vicenda. – IL DILUVIO (Gen 7) Noè e i suoi familiari si salvano perché sono “religiosi”; gli altri no, perché ir-religiosi. – CAINO E ABELE (Gen 4) Caino odia e uccide il fratello perché non si sente dipendente da Dio (vedi: «Caino offrì i frutti del suolo», non le primizie!); Abele ama il fratello anche nel momento in cui questi lo sta uccidendo, perché è sempre responsabilmente in dipendenza da Dio (vedi: «Abele offrì a Dio i primogeniti del suo gregge»). – PECCATO DI DAVIDE (II Sam 11) Davide ha peccato con Betsabea, si è comportato non più in relazione con Dio; per questo commette una lunga serie di peccati contro Uria, marito di Bersabea. 35


– TORRE DI BABELE (Gen 11) Da quando hanno ritenuto possibile fare a meno di Dio, non si sono più intesi tra loro. – PRIMA COMUNITÀ CRISTIANA (At 2) Ciascuno viveva “religiosamente”; per questo «erano un cuor solo e un’anima sola» e «mettevano tutto in comune». Che meraviglia l’uomo, come lo ha creato Dio! S. Ireneo afferma che “La gloria di Dio è l’uomo vivente!”. È proprio vero. Riporto alcune citazioni al riguardo. (Salmo 8, 5): «Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi…» La costituzione Gaudium et spes del Concilio Vaticano II afferma al n. 12: «La Sacra Scrittura insegna che l’uomo è stato creato “ad immagine di Dio”, capace di conoscere e di amare il proprio Creatore, e che fu costituito da Lui sopra tutte le creature terrene quale signore di esse, per governarle e servirsene a gloria di Dio». Al n. 14: «Unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce poer lodare in libertà il Creatore». La bellezza della vita umana e di tutto ciò che circonda l’uomo per la sua felicità è cantato dal papa beato Paolo VI nel Pensiero alla morte: «Vorrei avere una nozione riassuntiva e sapiente sul mondo e sulla vita. Penso che tale nozione dovrebbe esprimersi in riconoscenza: tutto era dono, tutto era grazia; e com’era bello il panorama attraverso il quale si è passati:; troppo 36


bello, tanto che ci si è lasciati attrarre e incantare, mentre doveva apparire segno e invito. Ma, in ogni modo, sembra che il congedo debba esprimersi in un grande e semplice atto di riconoscenza, anzi di gratitudine: questa vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno di essere cantato in gaudio e in gloria: la vita, la vita dell’uomo! Né meno degno di esaltazione e di felice stupore è il quadro che circonda la vita dell’uomo: questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questo universo dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze, dalle mille profondità. È un panorama incantevole. Pare prodigalità senza misura. Assale, a questo sguardo quasi retrospettivo, il rammarico di non averlo ammirato abbastanza questo quadro, di non aver osservato quanto meritavano le meraviglie della natura, le ricchezze sorprendenti del macrocosmo e del microcosmo…. Almeno in extremis si deve riconoscere che quel mondo è stupendo. Ti saluto e ti celebro all’ultimo istante con immensa ammirazione e con gratitudine: tutto è dono; dietro la natura, dietro la vita e l’universo sta la Sapienza e l’Amore! La scena del mondo è un disegno di un Dio Creatore, che si chiama il Padre nostro che sta nei cieli! Grazie, o Dio, grazie e gloria a Te, o Padre!».

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PERÒ

Quello che ho scritto è la pura presentazione schematica e spiegata della Parola di Dio. È una visione vera, reale, oggettiva e sempre valida per ogni uomo, della realtà sacra dell’uomo: Dio l’ha pensato, voluto così. E, riconosciamolo, è qualcosa di divino. Mi piace molto una presentazione calda e umana che ne fa il libro del Siracide, l’ultimo dell’Antico Testamento. Eccola: «Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa di nuovo lo fece tornare. Egli assegnò loro (agli uomini) giorni contati e un tempo definito, dando loro potere su quanto essa contiene. Li rivestì di una forza pari alla sua e a sua immagine li formò. In ogni vivente infuse il timore dell’uomo, perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli. Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare. Li riempì di scienza e di intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male. Pose il timore di Sé nei loro cuori, per mostrare loro la grandezza delle sue opere, e permise loro di gloriarsi nei secoli delle sue meraviglie. Loderanno il suo santo nome per narrare la grandezza delle sue opere. Pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita. Stabilì con loro un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti. I loro occhi videro la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce maestosa. Disse loro: “Guardatevi da ogni ingiustizia!’ e a ciascuno ordinò di prendersi cura del prossimo» (Siracide, 17,1-14). Qui è presentato lo splendore dell’uomo e anche la gioia di Dio nel contemplare la sua creatura preferita, tanto che stabilisce con lui un’alleanza eterna!!! Dio è davvero… esagerato nell’amore per l’uomo! C’è però da osservare che quello descritto dalla Bibbia è un uomo asettico, idealizzato, quindi… statico; non è un uomo reale, che incontriamo ogni giorno sulle strade della vita. Certo, guardando un uomo che incontro per la strada ogni giorno, non riesco proprio a scoprire in lui un essere vivente meraviglioso come è descritto dalla Genesi, che pensa, che vuole e che vive in una comunione vera e dinamica, né con Dio né con i fratelli, entusiasta di ciò che è. 38


Vedo un uomo che fa fatica, che soffre, un po’ schiacciato dai suoi problemi economici, morali, familiari, magari pieno di dolori. Quanto detto fin qui va ora calato nella limitatezza e nella polvere del quotidiano. L’uomo “reale”, che vive con me e che è in dialogo con me, è un insieme di tendenze, di tensioni, di propensioni, di ideali e di debolezze; è fatto di peccati e di contraddizioni continue… Questo è l’uomo “vivo”, esistente e reale… “incarnato” (!), dove l’amore di Dio si… concretizza in un essere intelligente, libero e amante davvero (con tutto quello che significa!), ma limitato e debole. Il Card. Martini ci dà un’immagine ineffabile di un tale uomo “feriale”. Ascoltiamolo: «Una sera in cui tornavo in macchina da non so quale incontro…, vedevo le case venirmi come addosso, una dopo l’altra, e nelle case gli appartamenti, con dentro tanta gente che si indovinava dietro le tendine, dietro le luci delle finestre; e in ogni casa tanti pesi da portare: litigi, frustrazioni, problemi, malattie, morti… Mi sentivo come aggravato, soffocato da quella moltitudine di caseggiati, di persone, di problemi; e sentivo riaffiorare l’angoscia per i morti del terrorismo, per tutti gli uccisi dalla criminalità e dalla droga, per i disperati, per tutti quelli che quella notte erano stanchi di vivere… E mi prendeva un senso di impotenza, quasi fossi vinto e schiacciato da un peso debordante, eccessivo, che si faceva beffe di me» (M. Garzonio. Il profeta. Le scie, Mondadori, pag. 332). Mi chiedo: Perché c’è un tale divario, anzi: opposizione, tra i due modi di considerare e di presentare l’uomo? La risposta per un credente è chiara: dipende dal peccato originale. Per ora ci basti questa risposta: riprenderemo il discorso nel capitolo seguente. Dunque: Dio ha creato l’uomo… splendido, divino, simile a Sé; ma l’uomo ha avuto la sfrontatezza di fare a meno di Dio credendo di essere lui l’autore di sé e della propria vita. Questo è il peccato. Ma alla fine Dio ricostituisce l’uomo nella sua dignità primitiva. Tutto questo è espresso plasticamente e in modo molto forte nel capitolo 16 di Ezechiele. Qui con un linguaggio crudo e con immagini molto forti il Profeta presenta il rovescio della descrizione idealizzata del libro della Genesi. Invito chi ne ha le capacità (e lo stomaco sano!) a leggerlo attentamente. 39


Sono contento che lo stesso papa Francesco si rifà volentieri a questa pagina biblica per riflettere sulla realtà “uomo”… della strada, quello che è costretto a “impolverarsi’ e a cadere nelle difficoltà quotidiane e nei peccati. Ecco l’insegnamento essenziale di Ezechiele 16: – Gerusalemme (=Israele, l’umanità intera, ogni uomo) non è nulla in sé. – Dio solo si interessa di lui: lo fa vivere; lo rende bello e gli dà tutto in abbondanza. – Ma l’uomo, irriconoscente, si abbandona totalmente al peccato. – Eppure Dio alla fine gli rinnova la sua alleanza e lo rende ancora grande, divino. – Per questo, l’uomo riconoscerà finalmente l’amore fedelissimo di Dio: «Io ratificherò la mia alleanza con te E tu saprai che Io sono il Signore» (Ezechiele, 16, 62-63) Un’ultima osservazione. Anche l’uomo è creato come tutte le realtà esistenti. Pertanto anche lui è limitato nella sua identità, nell’intelligenza, nella volontà, sensibilità ecc. È limitato perfino nella capacità di compiere il bene. Scrive il Card. GF. Ravasi: «Il male, il dolore, la colpa sono le epifanie (=le manifestazioni) del limite della creatura umana». Una lunga, lunghissima carrellata di questa verità la troviamo nei Salmi e in tante altre pagine della Bibbia; a me basta la breve citazione di Giobbe 14, 1-2: «L’uomo, nato da donna, ha vita breve e piena d’inquietudine; come un fiore spunta e avvizzisce, fugge come l’ombra e mai si ferma». Tutto quanto detto fin qui ci introduce opportunamente nella riflessione sul peccato come è presentato nel libro della Genesi al capitolo 3.

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L’UOMO È PECCATORE



Sarebbe troppo bello se l’uomo fosse solo quello che ci dice il libro della Genesi nei primi due capitoli. Già nella conclusione della riflessione precedente (“Però…”) dicevo che la bella descrizione ideale dell’uomo, letta nella Genesi, va concretizzata, va vista nella realtà quotidiana, concreta e feriale, non certo fatta solo di idealità. Si incarica il capitolo 3 della Genesi a presentarci il rovescio della medaglia dell’uomo: il peccato dei progenitori di tutta l’umanità, Adamo ed Eva. Peccato, che è tuttora la causa dei nostri attuali peccati personali e sociali. Presento il contenuto di questo capitolo diviso in tre parti: Argomento: Il peccato Articolo primo: Il fatto (Genesi 3, 1-13) Articolo secondo: Le conseguenze (Genesi 3, 16-19) Articolo terzo: La promessa (Genesi 3, 15)

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Articolo primo

IL FATTO Genesi 3, 1-13 «Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: “È vero che Dio ha detto: ‘Non dovete mangiare di alcun albero del giardino’?”. Rispose la donna al serpente: “Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: ‘Non dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete’.” Ma il serpente disse alla donna: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il gioro in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”. Rispose: “Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”. Riprese: “Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?”. Rispose l’uomo: “La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato”. Il Signore Dio disse alla donna: “Che hai fatto?”. Rispose la donna: “Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato”». CHE COS’È IL PECCATO? Negare “responsabilmente” (= con la ragione e la volontà, quindi liberamente) la VERITÀ, ossia la relazione reale con Dio, la dipendenza inevitabile con Lui. Negare che Dio è il mio bene! Quindi, alla base del peccato sta un’antropologia assolutistica (= io sono l’unico riferimento di me stesso). 44


ELEMENTI DI GENESI 3 1. ALBERO In Genesi 2, 17 si parla dell’albero della “conoscenza del bene e del male”. L’albero è esterno all’uomo, quindi il principio del bene e del male (= fondamento della moralità) è fuori dell’uomo, non è in suo potere. «L’albero della conoscenza del bene e del male evoca simbolicamente il limite invalicabile che l’uomo, in quanto creatura, deve liberamente riconoscere e con fiducia rispettare» (Catechismo Chiesa Cattolica., n. 396). L’albero diventa simbolo di quell’attributo proprio del Creatore, per cui Dio è il fondamento dell’ordine morale. 2. DIVIETO «Non dovete mangiare...» dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male (Gen 3,1) Non è un comando negativo, una proibizione. È un modo per dire che l’uomo deve accettare responsabilmente la Verità, ossia essere una creatura dipendente da Dio. «Dio ha creato l’uomo a sua immagine e l’ha costituito nella sua amicizia. Creatura spirituale, l’uomo non può vivere questa amicizia che come libera sottomissione a Dio. Questo è il significato del divieto fatto all’uomo di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male» (C.C.C. n. 396). 3. SATANA, IL TENTATORE (= il serpente) La tentazione viene presentata sotto l’immagine di un serpente, perché l’autore, nell’intento di combattere i culti del paganesimo naturista, che avevano un simbolo nel serpente e seducevano fortemente gli Israeliti, lo presenta nelle sembianza di questo rettile. Satana è il divisore (dal greco: “dià...”= divisione), il bugiardo! Infatti spinge Eva verso la negazione della Verità, che è la dipendenza inevitabile da Dio, che è il bene vero di lei. Nota l’azione subdola e accattivante del diavolo: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?”» (Gen 3, 1). Nota come è forte la falsità: “nessun”! Il peccato, allora, è menzogna, falsità, negazione della Verità, e come conseguenza è divisione di cuori, rottura di amicizia, di rapporto e di comunione con Dio. 45


4. CREATURE «E domini su...» (Gen 1, 26b); «Vi do in cibo...» (Gen 1, 29) Tutte le realtà create sono a vantaggio dell’uomo, per la crescita nella sua realtà di essere relativo a Dio. Le realtà, tutte, sono strumenti da usare per realizzarsi; sono mezzi e basta. Il peccato è: vedere in esse il fine dell’uomo, il suo piacere e la sua realizzazione. Così le creature diventano il bene dell’uomo! Questo è negazione della verità. COME SI SPIEGA IL PECCATO La LIBERTÀ! Perfino Dio si inginocchia davanti alla libertà dell’uomo. L’uomo, intelligente e libero (perché esiste solo a somiglianza di Dio), deve: – conoscere la verità (= essere relativo a Dio) e – voler vivere la verità, ossia vivere coerentemente con la sua realtà. Ma può anche dire di NO! .Ecco il peccato! N.B. Una chiarificazione: il peccato si commette solo con un atto responsabile, quindi con un atto interiore pensato e voluto. Non c’è mai un peccato… per sbaglio! Nemmeno si può commettere un peccato durante il sonno, o in sogno; neppure quando si è costretti a compiere un atto non voluto liberamente. IL DINAMISMO DELLA TENTAZIONE Credo che sia utile riflettere anche sul passaggio dalla tentazione al peccato. Ecco i vari momenti: DIFFIDENZA = la tentazione parte quasi sempre dalla vita concreta, da fatti particolari e perfino occasionali. È ricerca di soddisfazione, di piacere. 46


Parte dal “cuore”: non più fiducia! Infatti “diffidenza” significa “non appoggiarsi più a un punto sicuro, fermo”, cioè a Dio. DUBBIO = la mente non è più certa della verità conosciuta. AUTOESALTAZIONE = l’IO!!! Io so, io posso, io voglio e io faccio ... L’Io non è più relativo a Dio! IO – DIO X Dio è ignorato! Nel pensiero: sono io che decido che cosa è: vero-falso bene-male lecito-illecito ... Nelle decisioni: è lecito perché scelgo io!!! Solo “Io” sono il principio della moralità! E’ chiaro che questa è la fine di ogni legge morale.

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Articolo secondo

LE CONSEGUENZE Genesi 3, 16-19 «Alla donna disse: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà”. All’uomo disse: “Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: Non devi mangiare, maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai”». 1. NUDITÀ L’uomo si vede con i suoi occhi: scopre la sua “carnalità”, cioè il peso di essere “terra”, come tutte le realtà create (2, 7). Quindi, si accorge di essere limitato, contingente, debole, tendente al male e insoddisfatto. E ne soffre! E perde la pace! Addirittura si vergogna di ciò, perché si accorge che è colpa sua. Per questo si nasconde (v. 10). «L’armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell’anima sul corpo è infranta; l’unione dell’uomo e della donna è sottoposta a tensione; i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all’asservimento. L’armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all’uomo. A causa dell’uomo, la creazione è “sottomessa alla caducità” (Rm 8, 20). Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell’ipotesi della disobbedienza si realizzerà: l’uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto. La morte entra nella storia dell’umanità» (C.C.C., n. 400). 2. PAURA... DI DIO Satana, il bugiardo e ingannatore, ha spinto Eva a farsi una falsa idea di Dio (glielo ha presentato come un dio geloso delle proprie 48


prerogative e dominatore) e a ritenersi capace di conoscere come Dio, con la propria intelligenza, quindi capace di affermarsi e di essere felice senza Dio e non secondo Dio! Lei accetta. Ma a questo punto si accorge che non è possibile essere come Dio; però, avendo un’idea falsa di Dio, prova paura del dio-padrone, dominatore, vendicativo... come pensa che sia, per suggerimento di Satana. La paura di Dio è dunque conseguenza della Verità rifiutata! Verità su Dio e su se stesso. «La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale. Hanno paura di quel Dio di cui si sono fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie prerogative» (C.C.C., n. 399). 3. MORTE Dio crea l’uomo per la vita: infatti è materia e spirito di Dio, che non muore e che è solo vita! L’uomo è unione di terra e spirito: solo allora è vivo (Gen 2, 7)! È lo spirito che rende vivo l’uomo sublimando, coinvolgendo, “trascinando” la terra! È lo spirito che rende “spirituale” l’uomo, simile a Dio. Questa è la VERITÀ sull’uomo. – Satana, il diavolo, è il divisore e l’ingannatore. Essendo invidioso dell’immortalità promessa all’uomo, cambia la verità delle cose, presenta come verità l’opposto della realtà dell’uomo. E spinge l’uomo (Eva) a negare, a rifiutare la verità per accettare ciò che lui, Satana, presenta come verità. – L’uomo, perché libero, dà fiducia a Satana, il separatore (anziché a Dio), convinto di diventare come Dio, convinto cioè di raggiungere il suo fine al di fuori di Dio, solo con le sue capacità. Invece separa dentro di sé la materia (= terra) dallo spirito di Dio. Così la materia nell’uomo rimane materia e basta! Quindi l’uomo è limitato, finisce, muore! (= soggetto alla morte, quanto alla materia, cioè al corpo). 49


– Anche se l’uomo tenta liberamente di negare l’unione di materia e spirito, tale unione rimane perché è oggettiva, è reale, non dipende dalla volontà dell’uomo. Da ciò nasce la sofferenza. “Sofferenza” (situazione spirituale) è data dal conflitto tra il tentativo dell’uomo di negare l’unione strutturale della materia con lo spirito nell’uomo e la costatazione che invece ciò non è possibile. N.B. Questo allo stato finale è l’inferno! Afferma s. Agostino: «Ci hai fatti per Te (o Dio) e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te» (Confessioni 1, 1, 1). – Dalla tentata rottura dell’unione tra materia e spirito nell’uomo discendono altre conseguenze negative: rottura dell’armonia con se stesso come dominio di sé e controllo sulle passioni (Gn 3, 7); rottura dell’armonia tra uomo e donna (Gen 3, 11-13); rottura dell’uomo con la creazione e la natura (Gen 3, 17-19). N.B. Procreazione (Gen 5, 3) Mi sorge nel cuore una domanda: Perché gli uomini nascono con il peccato originale? Forse la risposta sta in questa affermazione della Genesi: «Adamo (...) generò a sua immagine, a sua somiglianza un figlio e lo chiamò Set» (Gen 5, 3). Adamo genera altri uomini a sua immagine e somiglianza. Ma Adamo ed Eva hanno commesso un peccato personale, che intacca la natura umana (divisione tra materia e spirito, con quanto ho detto precedentemente), che essi, quindi, trasmettono in una condizione decaduta. Quindi, il peccato di Adamo ed Eva fu un peccato personale, un atto; i discendenti (= l’umanità) non hanno commesso un atto di peccato (= un peccato personale), ma hanno ricevuto una materia di peccato, quindi uno stato di peccato. Così tutta l’umanità (= discendenti di Adamo) è nello stato di peccato (peccato originale). 50


La seguente citazione dal Catechismo della Chiesa Cattolica merita di essere approfondita e meditata: «In che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi discendenti? Tutto il genere umano è in Adamo “sicut unum corpus unius hominis – come un unico corpo di un unico uomo”. Per questa “unità del genere umano” tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo, così come tutti sono coinvolti nella giustizia di Cristo. Tuttavia, la trasmissione del peccato originale è un mistero che non possiamo comprendere appieno. Sappiamo però dalla Rivelazione che Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé, ma per tutta la natura umana: cedendo al tentatore, Adamo ed Eva commettono un peccato personale, ma questo peccato intacca la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta. Si tratta di un peccato che sarà trasmesso per propagazione a tutta l’umanità, cioè con la trasmissione di una natura umana privata della santità e della giustizia originali. Per questo il peccato originale è chiamato “peccato” in modo analogico: è un peccato “contratto” e non “commesso”, uno stato e non un atto» (C.C.C., n. 404). La Gaudium et spes del Concilio Vaticano II afferma al n. 13: «Costituito da Dio in uno stato di santità, l’uomo, tentato dal maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà sua, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio… Così l’uomo si trova in se stesso diviso. Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta traumatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Anzi, l’uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato».

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Articolo terzo

LA PROMESSA Genesi 3, 15 Se questa fosse l’ultima parola della Bibbia sull’uomo, sarebbe davvero la fine umiliante dell’uomo e la sconfitta di Dio. Ma la Parola di Dio in Genesi 3,15, prima della condanna del serpente e del castigo di Adamo ed Eva, ci presenta un Dio misericordioso. Nella sua bontà Dio promette già di riportare l’uomo nella grandezza iniziale, cioè “immagine e somiglianza” di Dio. Ed è certo, certissimo che Dio manterrà la sua promessa. Ricorda il salmo 116: «Genti tutte, lodate il Signore, popoli tutti, cantate la sua lode, perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura per sempre». Anche il salmo 117 è un inno alla bontà indefettibile di Dio. Da qui nasce la Speranza. Ecco la promessa di Dio: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3, 15). DIO è FEDELE!, dice il Salmo 116: «Forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno». Per questo, dopo il peccato l’uomo non è stato abbandonato da Dio (Dio maledice il serpente, non l’uomo!). Al contrario, «il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “DOVE SEI?”» (Gen 3, 9), che significa: «Uomo, perché ti sei rovinato così?». La ricerca dell’uomo da parte di Dio, dopo il peccato, manifesta la fedeltà assoluta di Dio al Suo progetto iniziale. N.B. La ricostruzione finale dell’uomo mediante la Redenzione consisterà nel ricreare nell’uomo la consapevolezza che egli è ma52


teria e spirito di Dio, sempre vera “immagine e somiglianza” Sua, anche se commette peccati. Questa è l’azione dello Spirito Santo. Infatti lo Spirito Santo è il realizzatore nel tempo della Redenzione operata da Cristo mediante la Croce. La morte di Croce è la prova suprema, quasi per assurdo, della Verità di Dio, ossia l’esperienza che Dio è sempre e totalmente Amore, Comunione, Vita, in Sé e nei confronti dell’uomo. MA, ALLA FINE… Il peccato, essendo un atto “umano’ (= compiuto liberamente, responsabilmente dall’uomo), influisce sempre sulla vita reale di ogni giorno ed è “causa’ di tanti mali per tutta la società. Ascoltiamo S. Paolo nella lettera ai Romani: «Mentre si dichiaravano sapienti, gli uomini sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio di Dio,, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa» (Romani 1, 22-32). È di una chiarezza davvero solare! Non sono parole, né descrizione di una situazione di allora. E’ addirittura “cronaca” attuale! Il peccato (ogni peccato!) è il vero male dell’uomo e della società. Se questo fosse il punto di arrivo della “vicenda umana”, sarebbe la totale sconfitta di Dio! MA… Dio è misericordia! E vuol sempre … “ricostruire” 53


l’uomo! Ce lo insegna, per esempio, la parabola del Figlio prodigo (Luca 15, 11-32). Come, quando, dove il Dio Amore ricostruirà l’uomo a Sua “immagine e somiglianza”? La risposta è facile e breve: lo farà IN Gesù, il Cristo! Leggiamo su questo tema un brano di Enzo Bianchi: «“Dio tutto in tutti” (1Cor 15,28) è il desiderio, il sogno di tutti gli uomini ed è anche la volontà di Dio: l’uomo creato a immagine e a somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26) porta in sé quest’immagine che non può essere assolutamente distrutta o negata da nessuna azione umana. Nell’uomo l'immagine di Dio è inalienabile, anche se la rassomiglianza è contraddetta dal non riconoscimento del Creatore e dalle scelte di morte che l’uomo fa misconoscendo il cammino della vita. E questa immagine di Dio deposta nel cuore dell’uomo è una realtà dinamica, efficace, che chiede all'uomo di tornare a Dio, di tornare al Padre dall’allontanamento dovuto al peccato che ha fatto perdere la rassomiglianza. Anche in Dio c’è questa passione, questo amore che vuole l’uomo di fronte a lui, anzi capace di stare davanti a lui in comunione, sicché potremmo vedere il rapporto tra Dio e l’uomo come una ricerca l’uno dell’altro, un amore così autentico da essere capace di sofferenza l’uno per l’altro, una nostalgia dell’incontro, di una vita in comunione tra l’uno e l’altro…». (Enzo Bianchi, Cristiani nella società, Rizzoli, 2007, pp. 167-168) DEO GRATIAS!

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Pro manuscripto

Finito di stampare nell’ottobre 2015



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