Igino Domanin La legge di questa atmosfera
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la legge di questa atmosfera
1. Più tutto diventa inutile e più credi che sia vero
Siamo qui per dividere, per mettere il padre contro il figlio, per distruggere il seme. Siamo esistiti prima di chiunque e siamo sempre qui dopo di lui, in un deserto prefabbricato che modifichiamo per il nostro piacere di insetti amorosi. Abbiamo eretto un mondo monumentale che non differisce in nulla dallo splendore dei termitai e per questa ragione amiamo mandarlo in rovina. Come impariamo tardi tutto questo! A una velocità irresponsabile, nell’immane viale sgombro si stacca dallo sfondo, enorme proiettile che niente può arrestare, il camion bomba dei terroristi: va diritto al bersaglio. I terroristi sono finti. Il bersaglio è reale. L’immensa folla sta aspettando questo momento unico e fatale, si è radunata qui per assistere all’evento estremo, un immenso flash-mob, un meet-up istantaneo per assistere alla distruzione. L’impero della vita è giunto fino a noi, carico di menzogne.
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L’assessore Magnani ama mungere la folla, dalla folla preda il suo consenso elettorale, proditorio. Dell’evento sa quanto basta, a lui basta poco per predare. Non si scompone, si carezza la barba ingessata, che ha reso brizzolata, posticcia, attraverso l’utilizzo sapiente di baking soda e olio di mandorle. Il camion è di colpo a trecento metri dall’impatto. La folla bascula e ondula. Onda su onda. Il giornalista è politicamente affine, circuisce l’assessore, è eccitato: sulle pareti che impatteranno con il camion sono state approntate scritte fluo, murales giganteschi, enigmatici, perturbanti: RICORDATI CHE IL PARADISO È UN POSTO DOVE NON SUCCEDE MAI NULLA
e IDEE INCOLORI DORMONO FURIOSAMENTE!
e TU NON SEI NIENTE
Lo spray nero ha inciso le parole sui muri ancora splendidi di colori acrilici. Frasi paurose come moniti, efficaci come slogan, ma incomprensibili come stigmi, si leggono dappertutto. L’intera zona è stata coperta di apoftegmi nel volgere della notte, una turbolenza impazzita di messaggi che
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sembra potersi staccare per volatilizzarsi nella atmosfera e renderla caotica, irrespirabile. La ridondanza delle parole diffonde il suo miasma. «Certo che è forte Arrigoni, hai letto che stronzate ha fatto scrivere sui muri da quei graffitari?» Sandro Arrigoni: l’autentica archistar di questo tempo. Il teorico delle rovine. L’uomo che ti fa venire lo choc. «Scritte del cazzo! All’inizio pensavo che si trattasse di una campagna di advertising tipo Renzo Rosso o Toscani, ma non è proprio lo stesso…» Il giornalista ha accompagnato qui l’assessore Magnani, assessore alle Attività produttive. Per compiacerlo, attacca bottone, amicale, sfiora calcolata la strafottenza: «Assessore alle Attività improduttive…» e ghigna. «Sì, ma mi pare che funzionino, le scritte del cazzo creano atmosfera, è una figata, mi hanno detto che l’archistar, benché si tratti di una cosa preparata, vuole che chi sta qui a fare lo spettatore sia coinvolto, si caghi sotto, subisca un trauma che gli rimanga impresso.» L’assessore ha appreso queste informazioni da una brochure. Finge come al solito che si tratti di farina del suo sacco. HO INIZIATO A FARE BRUTTO E A PREPARARE LA MIA ASCESA
e NON SONO MAI STATO ME STESSO
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L’assessore è ansioso, vuole vedere di cosa si tratta. Magari con l’archistar Arrigoni si può combinare qualcosa di politicamente utile, magari per l’Expo. Non importa da che parte sta Arrigoni. Gente come lui si muove dove si muove il grano. «Chissà quanti soldi si è preso quel pirla di un rapper per far scrivere queste sue frasi assurde sui muri e mettere il suo nome nel progetto…» «Ma sai, assessore, Arrigoni dice che funziona, poi è fissato con i rapper, con queste cose qua, mescolare i messaggi, quelli alti e quelli bassi, così come piace alla gente… con l’uso dei testi delle canzoni… Una volta l’ho sentito dire che per lui la musica è un condizionamento del cervello, non è un fatto estetico, ma mentale!» «Vorrei farmelo condizionare io il cervello come lui, con tutto quello che ci guadagna con questi eventi qua!» «Bisogna dare atto che Arrigoni è riuscito quasi a smaterializzare l’architettura, a trasformarla in una specie di evento puro.» «Tu, infatti, quest’idea mica ce l’avresti mai avuta… Ahahah!» L’assessore Magnani è davvero antipatico. Il sole raggiunge il mezzogiorno. Non c’è più ombra. Si alza un’inverosimile tempesta di sabbia e finissima ghiaia, tutto sta cominciando. Si aprono le danze. Il rombo dei camion proviene da tutte le parti, creando l’impressione che gli autocarri circolanti siano ubiqui, sospesi in una dimensione senza spazio né tempo. Molti
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proiettili, non uno solo. Devono esserci degli altoparlanti piazzati ovunque che amplificano il rumore per schiacciare le sensazioni, appannare il senso della distanza metrica, appannare i dispositivi della percezione. Il frastuono sovrasta e disorienta, altera il battito cardiaco in modo parossistico, mentre lo spazio visivo è invaso e reso nebuloso dal continuo pulviscolo. In ogni angolo si è, dunque, al centro della scena, con la sensazione inconfondibile di stare per saltare in aria, scaraventati ed espulsi dal terreno. L’emozione è metallica, scura, tellurica e ctonia. La prima esplosione agisce direttamente nel corpo, come un ictus. Il tempo è paralizzato, non scorre più come il sangue che stagna e imputridisce: ribolle fetido. Uno dei camion si è lanciato senza pilota a 200 chilometri all’ora, un siluro rudimentale, tipico dei kamikaze, che si schianta contro l’ingresso del Teatro degli Arcimboldi. Lo sfonda, lo incendia, lo devasta. Il fuoco dinamitardo spumeggia, la fiamma è un’onda di luce radiante e rabbiosa, l’edificio è sbrecciato. Adesso si apre un cratere nella piazza. In fondo al pavimento dello spazio circolare antistante l’ingresso del teatro, una carica mimetizzata di tritolo provoca una faglia paurosa, una frattura come quella di un breve ma intensissimo movimento geologico di placche, che incrina tutto e poi lascia sprofondare una voragine nell’esattezza geometrica del centro; un buco vasto e insondabile che inghiotte le macerie.
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Alcune city car, parcheggiate lungo il viale che costeggia la zona del teatro, esplodono. C’è un corpo a terra, ma si può ipotizzare che sia di cera, trasportato lì approfittando della confusione. Forse un ennesimo gioco di prestigio di Arrigoni, perché di primo acchito sembra vivo, ma no, non può essere. In realtà nella pancia di questo presunto simulacro umano c’è ancora esplosivo, dopo pochissimi secondi il corpo deflagra, si polverizza e si cancella. Non si può distinguere in nessun modo la messinscena dalla realtà, il rischio dalla burla. È la regola degli eventi della Sandro Arrigoni SpA. Per questo motivo è rigorosamente necessario non cedere alle emozioni, rimanere ai propri posti, restare spettatori di fronte a qualsiasi incidente. La polizia, le squadre di soccorso, persino la gente comune paiono muoversi nella scena tra panico e controllo, come se anche le reazioni più scomposte e caotiche possano diventare funzionali alla composizione di ciò che infine si potrebbe rivelare come un quadro appartenente a un’inaudita forma di artisticità. La densità dei fragori aumenta fino a essere insopportabile. Il bombardamento si sviluppa senza tregua. Alcune fondamenta di palazzi cedono, il sisma fa crollare i terrazzamenti, i cornicioni si staccano come polpa dalle ossa. Una scarnificazione. I boati e i lampi deflagrano in molti luoghi, tutto lo spazio sprofonda e s’inarca, la distruzione riporta alla luce una vita remota e carica di libido, imprigionata dentro l’impianto urbanistico della Bicocca a Milano.
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Il cielo pullula. Uno stormo di aerei da caccia di fabbricazione russa corre a precipizio in un volo radente e iridescente, la loro sagoma si distende e si abbassa. Sganciano missili a breve gittata su obiettivi mirati secondo una tecnica da guerra intelligente. Sono scesi dal mondo celeste, provengono dalle Sfere e lì torneranno subito e con violenza. Gli occhi degli spettatori non hanno fatto in tempo a vedere. Nessuna registrazione chiara, bisognerà affidarsi a tutto quello che la Sandro Arrigoni SpA ha deciso di documentare e pubblicare. Il qui e ora, l’immediatezza è troppo vicina al nostro sguardo per dirsi completamente vissuta. «Hai visto che è successo?» «Non lo so, assessore, non si vede ancora un cazzo! C’è polvere, gente che urla e si sente male, ho sentito gridare… Però, non so, mi pare tutto bellissimo…» «Minchia, una scarica di adrenalina addosso…» «Qualcuno si è fatto male, ho visto una donna che girava piangendo, col volto insanguinato… Boh, non si capisce, magari è gente pagata, comparse, oppure no, tanto chi viene qui vuole qualcosa di estremo e sa di essere in mezzo a una specie di attentato…» «Però non c’è che dire, questo posto adesso diventerà una cosa diversa, non so perché, ma ora che è tutto distrutto, vedrai che la gente correrà a frotte…» «Naturale! Verranno in tanti a visitare questo posto come se si trattasse di un monumento…» L’assessore Magnani è ipnotizzato, cova qualcosa. Le
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frasi del cronista politicamente affine lo confortano. Arrigoni va agganciato. Adesso la vita riprende uguale; il solco monotono delle ore, però, è stato scosso, confuso, forse deviato. Un momento autentico, quintessenza primordiale schizzata fuori dal presente, è bruciato sotto gli occhi della folla. Il suo fumo continua a levarsi, è tanfo dappertutto. C’è stato un temporaneo black out della ragione. L’interruttore è stato girato per qualche secondo. Niente corrente elettrica dall’esterno, raffreddamento della mente, ralenti. Allora che c’è? Cos’è stato? La fantasia dei popoli è giunta fino a noi e viene dalle stelle.
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Sommario
1. Più tutto diventa inutile e più credi che sia vero
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2. Il cielo fa paura
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3. Colpire Bambi
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4. Nel ventre
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5. Danza attraverso il panico
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6. L’arte dell’incontro
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7. En attendant
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8. Agahrta
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9. Rambutan
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10. Griffare Mandala
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11. Fairmont borderland
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12. Crapapelada
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13. Potlach
121
14. Welcome to the jungle
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15. Micromondi lontanissimi
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16. Non c’è problema
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17. Safari
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18. Bain de minuit
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19. Antimateria
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