Cassandra - Maggio 2020

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CASSANDRA Anno XXIV

Numero 100


EDITORIALE

CASSANDRA 2049 (sì, come blade runner)

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i aspettavamo un numero cento incredibile, ne abbiamo parlato dall’inizio dell’anno con entusiasmo. Avevamo pensato a tutto: anche agli sticker in terza pagina, li avremmo messi vicino alla selezione degli ipse dixit migliori di tutti i numeri di Cassandra vecchi. Invece eccoci qui, formato digitale e tanti saluti alla copertina placcata in oro che voleva Samu. Abbiamo lavorato da casa, senza poterci riunire in terrazza come facciamo sempre in primavera, senza potervi portare orgogliosamente questo numero all’intervallo come da tradizione. E’ così che il numero più atteso si è smaterializzato senza che potessimo farci granché e, insieme a lui, si sono dissolti anche i miei ultimi giorni da sarpina. Bella storia. Non mi ricordo nemmeno il mio ultimo giorno delle superiori. Ne parlo qui per lasciare una traccia. Ora sappiamo come stanno le cose, ma tra più di venti anni (2049), quando la redazione di Cassandra starà preparando il numero duecento, i posteri potrebbero non essere a conoscenza di questo anno stranissimo. Un giorno però, cercando tra l’archivio della biblioteca con tutte le copie di Cassandra, troveranno questo numero (stampato dopo la pandemia, quando sarete tornati a scuola) e scopriranno che tra queste pagine c’era molto di più di una tripla cifra raggiunta. Proprio in quest’ottica, nel mio ultimo editoriale voglio scrivere tutto quello che so su Cassandra, tutto quello che ho scoperto e imparato in cinque anni, partendo dalla cosa più banale: il nome. Vi sarete chiesti almeno una volta perché ci chiamiamo così, io l’ho scoperto in terza, intervistando il primo direttore, Francesco Giambelluca. Francesco raccontò che si era cercato un nome da cui emergesse il contesto di studi classici e anche l’ambizione che avevano i sarpini che lo fondarono, ovvero quella di essere dei profeti, con la consapevolezza che inizialmente sarebbero probabilmente rimasti inascoltati, proprio come la figlia di Priamo che aveva rivelato la presenza degli Achei nel cavallo di Troia. Il giornale nasceva ‘dalle ceneri di Fuoriclasse’, che era prevalentemente dei docenti, e puntava ad accogliere coraggiosamente solo voci studentesche. Francesco era orgoglioso di poter dire che erano stati lungimiranti, visto che ventidue anni dopo lo stava intervistando la stessa redazione che aveva fondato. Fino al 2014 Cassandra si è stampata a scuola. Se volete vedere come facevano vi consiglio ‘Cassandra 2013 – il video promo’ su You-

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EDITORIALE Tube, una perla che ci ha lasciato Pietro Raimondi, direttore di quell’anno. Dal 1996 a oggi siamo andati avanti tra un finanziamento del Tucans e l’altro, ma non sempre questa annosa amicizia è bastata per coprire i costi (quasi mai ad essere sinceri) e così, tra le esperienze più divertenti che potrete mai fare se entrerete nella redazione, potreste trovarvi a vagare per Città Alta alla ricerca di sponsor o addirittura lavorare a Natale in nome della libertà di stampa studentesca. Insomma Cassandra 1 – Alternanzascuolalavoro 0. Non pensiate che il lavoro del giornalista sia più facile da studenti liceali, ci offendereste: un normale redattore non deve battersi come noi. Infatti non penso che nessun giornalista laureato si sia mai trovato a dover rovistare nei cassonetti come quando Paolo, Ricky e Leo hanno cercato di recuperare i nuovi numeri di Cassandra che erano stati gentilmente bidonati dai bidelli. Anche se così fosse, nessun giornalista adulto sarà rimasto chiuso in un cassonetto durante la ricerca, perché in un giornale studentesco si fanno esperienze più dure del mondo reale, altro che gavetta, qui si fa prima la guerra e poi la storia. Quando sono entrata io, nel lontano 2015, si torturavano i nuovi redattori su una sedia, davanti a tutti i veterani, ma abbiamo eliminato questa pratica perché li faceva scappare, anche se in realtà non escludo che qualche successore (tipo Samu) la possa reintrodurre.

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Due sono i momenti fondamentali per l’esperienza a Cassandra. Il primo è la riunione in sesta ora il sabato, un po’ dove capita: in terrazza, in qualunque aula scartata dalle altre commissioni, in aula magna se non ci sono i dottori per il potenziamento di scienze o addirittura in piazzale Rosate quelle volte in cui ci hanno sfrattato da scuola. La riunione è il centro, come il sole nel sistema solare, ci illumina tutti. La seconda cosa sono i pranzi post riunione: quelli al Tucans con gli shottini offerti dalla casa perché tanto siamo tutti maggiorenni, quelli delle pizze scambiate al Pozzo Bianco, quelli da signori che voleva fare Moanett al Cavour, quelli veloci di una piadina in compagnia mentre cammini verso la fermata del pullman perché lunedì interroga in greco e non hai proprio tempo di mangiare seduto, quelli condivisi tra i banchi, quelli dei gelati da Carmen perché ti hanno stretto l’apparecchio e mi fermo qui ma potrei andare avanti per venti righe ancora. Non c’è un posto in Città Alta dove la redazione di Cassandra non abbia mangiato il sabato, tutti insieme, grandi e piccoli (che in realtà i piccoli hanno già mangiato perché escono alle 12). E’ la cosa peggiore… I pranzi tutti insieme sono quella cosa che la quarantena mi ha tolto e non recupererò più. I numeri online li stamperanno, ma gli ultimi momenti con la redazione sono andati per sempre, un po’ come i maturandi all’università.

Lunch after riunione, Charles Ebbets, 1932

Costanza Rossi, VC

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INDICE

\ SARPI

SARPI’S GOT TALENT: GIALLORENZO SARPIVISION SONG CONTEST LA FINE DEL VIAGGIO ANNI ALL’ESTERO ERASMUS PLUS

\ ATTUALITÀ

L’UOMO: IL CENTRO DELL’UNIVERSO? WE’RE BACK, MAKING PROGRESS LA SITUAZIONE DEGLI UIGURI A XINJIANG TE LO RICORDI?

\ CULTURA

IL TEMPO SCORRE COME IN UN DESERTO DEI TARTARI ALEX TI VEDE PLAYLIST: VENTIQUATTRO ANNI DI CASSANDRA AGLI ADULTI DI DOMANI

\ NARRATIVA

AMORE È IL QUARANTENONE CATENA ALIMENTARE TABOO (O TUTTO CIÒ DI CUI NON PARLERETE MAI) UN TAVOLO PER UNO

\ SPORT

INTERVISTA A MARTA ZENONI RES GESTAE DIVAE ATALANTAE, PARTE SECONDA

\ TERZA PAGINA

OROSCOPO TEST SWAG L’HO FATTO ALMENO UNA VOLTA SARPI EDITION IPSE DIXIT ARCHIVES

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SARPI’S GOT TALENT: GIALLORENZO A

l centesimo numero va celebrato con un ospite illustre, eccovi dunque Pietro Raimondi. Ex-sarpino cantante dei Giallorenzo ma non solo: studente universitario, giornalista musicale, cantautore e, come è solito presentarsi, fratello maggiore del più noto Paolo.

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Sei stato anche direttore di Cassandra, raccontaci la tua esperienza. Per me Cassandra è stata una vera e propria comunità di amici all’interno della scuola. È stata una grande opportunità di maturazione grazie al confronto costante con persone che potevano avere idee opposte alle tue ma con cui bisognava collaborare per raggiungere un fine comune. Inoltre Cassandra ha cambiato il mio modo di vivere la cultura, legata all’amicizia: per me i vari temi del giornalino hanno tuttora la faccia dei miei amici-colleghi. Cosa ti ha lasciato un incarico di tale importanza? L’esperienza da direttore è stata un allenamento nell’organizzarmi, nel fissare scadenze e coordinare gli sforzi, sebbene non siano mie peculiarità. La stima e gli insulti del direttore quando ero al ginnasio (ciao Loc) mi hanno insegnato molto, soprattutto ad apprezzare e rispettare tutti cogliendo il buono in ogni articolo. Come si è formata la vostra band? Abbiamo vissuto tutti, in periodi diversi, nello stesso appartamento: Fabio viveva prima di me, con Giovanni ho vissuto tre anni, con Marco un anno mentre Zambe lo conoscevo già (anche se Mascheroniano). Abbiamo sempre suonato insieme: io, come Montag, aprivo i loro concerti come Malcovic mentre Giovanni mi aveva già aiutato in progetti solisti. L’idea di formare una band è sembrata naturale.

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SARPI Noi della sezione Sarpi stiamo “tirando le fila” di quest’anno scolastico… Perciò da settembre finora com’è andata? Ho ricominciato l’università dopo un anno di lavoro. È stato faticoso accettare di essere uno studente ma comunque positivo perché mi ha ricordato che le cose veramente importanti non sono i dorati successi della musica, che ho visto solo da lontano. Se volete i successi quelli veri intervistate Elio Biffi (coming soon on SGT). Quest’anno abbiamo fatto quello che, secondo Noisey e molti altri giornalisti, è il disco indie più bello dell’anno; se non vi fidate ascoltate “MILANO POSTO DI MERDA” e poi tornate a scusarvi, infedeli. Ho quindi potuto girare il Nord Italia suonando. È stata la prima volta che qualcuno più autorevole dei miei amici ha apprezzato le mie canzoni, una grande soddisfazione. Progetti futuri? Diventare papa… Scherzi a parte, abbiamo ultimato un ep dei Giallorenzo. La data d’uscita è da definire, siamo una band che senza concerti non ha senso di esistere, di un genere che deve essere ascoltato in tanti in una stanza piccola spaccandosi le orecchie. In esclusiva vi rivelo il titolo provvisorio: Fidaty, come la tessera dell’Esselunga. Sto anche lavorando a quello che dovrebbe essere il mio più grande progetto musicale, il primo disco da solista di Montag, un disco pop che spero abbia un riscontro ancor più positivo dei Giallorenzo. Matteo Sangalli, VD

Il suonatore di liuto, Frans Hals, 1624

@GIALLORENZO @montag

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SARPIVISION SONG CONTEST

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er questo centesimo numero vi abbiamo chiesto di scegliere quali sono le migliori canzoni pubblicate dal 1996, anno in cui è uscito il primo numero di Cassandra, ad oggi. Ecco il risultato:

Ebbene sì, secondo i sarpini la canzone migliore degli ultimi 24 anni è “A te” di Jovanotti, al secondo posto troviamo “Boulevard Of Broken Dreams” dei Green Day mentre si posiziona sul gradino più basso del podio “Counting Stars” degli OneRepublic. “A te” di Jovanotti, uscita nel 2008 con l’album “Safari” è la canzone d’amore per eccellenza. Lorenzo dedica questa canzone a sua moglie che lo ha sempre sostenuto sin dall’inizio. Purtroppo il brano ha perso valore viste le continue dediche a persone che non meritano l’elogio poetico del testo e visto l’abuso nelle storie di Instagram, ma questi sono gli aspetti negativi dell’essere la canzone più bella dal 1996 ad oggi secondo i sarpini! Vi assicuro, però, che se mai doveste capitare ad un live di Jova, ne capireste il significato più che profondo e la semplicità di amare che vuole esprimere. Per descriverla non bastano le mie parole dovete assolutamente ascoltarvela Al secondo posto troviamo “Boulevard Of Broken Dreams” dei Green Day. Il singolo pubblicato nel 2004 ha venduto oltre 5 milioni di copie nel mondo e rimane tutt’ora l'unica canzone nella storia ad aver vinto sia il Grammy Award alla registrazione dell'anno che l'MTV Video Music Award al video dell'anno Questo brano così famoso in realtà ripercorre un tema molto comune in tutti i giovani adolescenti: la solitudine. Diciamocelo, ogni tanto tutti ci sentiamo un po’ soli e “Buolevard Of Broken Dreams” con le sue sonorità rock, con il tremolo della chitarra elettrica e la tonalità in Fam riesce a esprimere al meglio i sentimenti di quei momenti in cui siamo soli e le uniche cose che sentiamo sono il nostro cuore e la voce dei nostri pensieri. Ora che ci siamo depressi a sufficienza, aiutati anche da questa reclusione forzata, possiamo rialzarci e affrontare la nostra vita cercando di ricostruire i nostri Broken Dreams. Piccola nota per i fan degli Oasis, dovete sapere che il mitico Noel Gallagher nel 2006 accusò i Green Day di plagio in quanto la nostra seconda classificata ha gli stessi accordi di "Wonderwall" pur però cambiando in struttura e melodia. Chi sono io per giudicare se sia vero o falso, a voi la scelta.

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SARPI Infine, sul gradino più basso del podio troviamo “Counting Stars” degli OneRepublic, il brano più recente del podio, essendo uscito come estratto dell’album Native nel 2013. La canzone non ha bisogno di presentazioni ed è certamente il pezzo che ha consacrato gli OneRepublic, la band statunitense aveva infatti già raggiunto le vette delle classifiche con la canzone “Apologize” uscita 9 anni prima. “Counting Stars” fra il 2013 e il 2014 aveva conquistato tutti, tanto da meritarsi la candidatura come miglior canzone del mondo del 2014 ai World Music Award. Il brano ebbe particolare successo in America del Nord e in Europa, tanto da ottenere un disco di diamante negli USA e ben 4 dischi di platino nel nostro Paese; ma a conferma della fama comunque planetaria della canzone basta invece dire che ad oggi su YouTube conta quasi 3 miliardi di visualizzazioni, grazie alle quali si posiziona decima nella classifica delle canzoni più visualizzate di sempre su questa piattaforma. Cari sarpini, continuate ad ascoltare musica tanto avete un botto di tempo (sparatevi la playlist del mese di Cassandra o qualche brano indie che non fa mai male) e soprattutto partecipate ai prossimi Sarpivision Song Contest. Stay Tuned. Leonardo Gambirasio & Riccardo Dentella, IVE Martina Musci, ID

Boulevard Of Broken Dreams Green Day

A te Jovanotti

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Counting Stars OneRepublic


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LA FINE DEL VIAGGIO

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n altro anno, seppur in un modo diverso, volge al termine e con esso si conclude l’avventura liceale di molti studenti, ricca di momenti indelebili nella memoria dei protagonisti. All’intervistato Mattia Panza di VD il compito di raccontarne alcuni. ANNO I Ricordo ancora il fastidio delle lezioni di nuoto. L’ora dopo era fissata puntualmente una verifica di lessico greco e puntualmente io, stremato dalla nuotata, andavo incontro ad un 4. Al contempo molti compagni si impegnavano in recite da premio oscar simulando le più disparate malattie per evitare l’allenamento, casualmente certe ragazze erano “indisposte” ad ogni lezione… ANNO II Ancora una volta la piscina è stata teatro di un evento tragicomico. Allora il mio insegnante di nuoto era l’iconico prof. Campanelli. Ebbi la malsana idea di tentare una partenza a delfino e lo inondai d’acqua. Il professore era seduto su una sedia, si alzò imprecando e, sempre imprecando, lanciò la suddetta sedia in acqua cercando di colpirmi. ANNO III Il protagonista indiscusso di quell’anno è stato l’allora professore di latino, Strocchia. Si faceva chiamare il puma, ci raccontava sempre dei suoi gatti e si vantava dei successi della sua Juventus. Solitamente me la cavo bene nonostante il mio modo “esotico” di svolgere i compiti a casa, ciò fu palese alla prima versione dell’anno. Il professore, al momento della consegna chiamò per ultimi me ed altri tre compagni, e disse “Panza: 3, horror, Zanga: 3, horror, Besana: 3, horror, Belotti: 3, super horror”. Ho avuto la rivincita all’ultima versione dell’anno: io, Matteo e Giorgio abbiamo salvato le nostre medie.

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La persistenza della memoria, Salvador Dalì, 1931

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Davanti a lui ci siamo abbracciati con un’esultanza degna dell’Italia del 2006. Co-protagonista di quell’anno è stato, suo malgrado, proprio Matteo Sangalli. In una partita di calcetto ha segnato il goal decisivo con un casualissimo sombrero. Nella frenesia ha tentato un’esultanza troppo acrobatica ed il suo collo ne ha pagato le conseguenze. Quante risate a vederlo il giorno dopo con il collarino. ANNO IV Quest’anno porta il marchio di Edoardo (Zanga ndr.): è scivolato davanti ad un negozio rompendo un vaso e danneggiandone un altro. Esilarante vederlo affrontare i negozianti furenti in tenuta da turista, con camicia hawaiana e pantaloni bianchi. Le difficoltà per imbarcare i vasi al ritorno sono materia di leggenda. ANNO V In quest’anno così strano il momento più spassoso è stato girare per Atene con il monopattino elettrico. Era omologato per una persona, io lo utilizzavo insieme ad un altro compagno e senza casco. La mia ὕβϱις è stata poi punita perché, per non investire una signora, sono rovinosamente caduto. Qui si conclude il racconto, come disse Ottaviano Augusto: “Se la recita vi è piaciuta, allora applaudite” Matteo Sangalli VD Giulia Biava, Beatrice Locatelli & Irene Rampinelli IF

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ANNI ALL’ESTERO

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come il coronavirus ha cambiato le cose

iao, sono Francesca Zucca e mi trovo attualmente in Nuova Zelanda per completare il quarto anno di liceo all’estero. Circa due mesi fa sono partita da Milano Malpensa lasciando la mia famiglia e i miei amici e dopo ventitré ore di viaggio sono arrivata ad Auckland. Ventitré lunghissime ore, che solo a pensarci mi fanno venire voglia di non tornare più a Bergamo. L’esperienza da “exchange student” non è una vacanza: è mettersi in gioco, completamente. Sicuramente non è stato facile all’inizio, perché ci sono voluti tempo e pazienza. So di molti exchange students che hanno avuto crisi durante il primo mese, ma io mi ritengo fortunata perché non c’è mai stato un momento in cui ho pensato ‘voglio tornare indietro’. All’inizio è fondamentale tenersi impegnati, anche perché in questo modo conosci più gente, poi però ammetto che diventa un po’ pesante svegliarsi ogni giorno, weekend incluso, alle 5:30 per gli allenamenti. Durante i primi giorni di scuola ho scelto le materie e gli sport che avrei seguito durante il semestre. Per quanto riguarda le materie sono in sostanza quelle che seguivo al Sarpi (ebbene sì, anche greco e latino), come sport invece ho scelto nuoto, tennis e table tennis. E’ una sensazione strana: ti ricostruisci la vita da zero e puoi essere veramente te stessa, scegli le persone con cui vuoi passare il tuo tempo e questo, sfortunatamente, scorre velocissimo. Fino qui è sostanzialmente l’esperienza di tanti exchange student, poi, all’improvviso, tutto è cambiato: è arrivato un virus che sta cambiando il mondo e che ha completamente stravolto anche la mia esperienza. Ho sperato fino all’ultimo che non arrivasse sull’isola ma purtroppo eccoci qui, anche noi in quarantena, senza poter vedere amici e senza poter uscire di casa… voi in Italia ne sapete più di me. La mia agenzia mi ha chiesto cosa volessi fare in merito a tutto questo e mi ha proposto due opzioni: tornare a casa in una situazione più che critica, prendendo almeno 4 aerei, esponendomi al rischio di contagio con la (quasi) certezza di essere messa in quarantena in chissà quale parte del mondo. Oppure mi è stato proposto di restare qui, probabilmente per più tempo del previsto, lontano dalla mia famiglia. Ho scelto la seconda opzione: ho scelto di stare in quarantena con persone che ho conosciuto meno di due mesi fa, persone che ora sono la mia famiglia e che, oggi più che mai, mi hanno accolto come una figlia. Ho scelto di restare qua accettando anche l’eventualità di prolungare la mia permanenza e quin-

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Tondo Doni, Michelangelo Buonarroti, 1503

di il programma. Non so bene quello che succederà nei prossimi mesi, ma resterò. Quello che posso dire è che i due mesi trascorsi qui, la nuova vita iniziata qui, beh, tutto questo, non so come, mi è entrato dentro. Ora faccio parte di qualcosa che mi sono creata da sola. Quando sono partita, le mie più grandi preoccupazioni erano totalmente diverse da quelle che ho ora: sono davvero terribilmente spaventata riguardo a tutto quello che sta succedendo in Italia. Allo stesso tempo sono però anche consapevole di non poterlo capire completamente, perché non ne faccio parte. Al momento sono qui e la considero la mia casa e non posso nemmeno pensare al fatto che un giorno non potrà più esserlo. Tutte le persone che sto conoscendo qui, i miei nuovi amici, la mia famiglia, non sono solo “persone da un’esperienza” ma “da tutta una vita”. Tutto ciò per dirvi che, nonostante tutto, se avete l’opportunità di andare all’estero a questa età, andateci, perché vi cambia completamente, imparate davvero cosa significa crescere. Inizierete a capire come funziona il mondo, a partire dalle cose più futili (come farsi la ricarica del telefono senza l’aiuto della mamma), ma soprattutto per le cose più serie (come andare all’ospedale da soli e cercare di non dare di matto quando ti dicono qual è il problema). Adesso, come tutti voi, non vedo l’ora che questo incubo finisca per ritornare a vivere e vedere i miei amici, visto che vederli giorno e notte su Houseparty non è né sufficiente né appagante. Quando tornerò in Italia, data ancora da definire (ma non c’è fretta), penso che sarà commovente vedere come tutto questo avrà cambiato me, i miei genitori, mia sorella e i miei amici che comunque, inevitabilmente, mi mancano.

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il punto di vista di margherita

iao, sono Margherita, ho 17 anni e al momento mi trovo negli Stati Uniti. Otto mesi fa, con la mia famiglia alle spalle e le lacrime agli occhi, sono salita su un aereo che mi avrebbe portata dall’altra parte del mondo. Per quanto mi sentissi carica e sufficientemente informata, non avevo la minima idea di cosa mi avrebbe aspettata qui: stavo iniziando l’esperienza che mi avrebbe cambiato la vita, che avrebbe cambiato addirittura me stessa e non ne avevo idea. Questi mesi sono stati senza dubbio i più belli della mia vita, e non sono state le tradizionali partite di football, l’homecoming week o il ballo della scuola a renderli tali. Certo, tutto ciò è stato divertente e mi ha resa felice, ma questa esperienza mi rimarrà sempre nel cuore perché mi ha fatta crescere, mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto capire gli obiettivi che voglio raggiungere

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SARPI

Viandante sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich, 1818

nella mia vita e mi ha resa più autonoma e più sicura di me stessa. Dovete infatti sapere che l’anno all’estero (specialmente se visto sui social) sembra una vacanza, una vita da sogno, un divertimento costante ed assoluto, ma non è niente di tutto ciò. Ci sono momenti difficili, momenti tristi, momenti in cui ci sente soli, momenti in cui la nostalgia di casa pesa più di ogni altra cosa, momenti in cui ci si perde.La straordinarietà di questa esperienza però sta proprio nella capacità di superare completamente tutte queste fatiche, ed è questo che ti dà poi il coraggio di metterti in gioco, di costruirti da zero una vita tutta tua, e di essere veramente te stesso senza il timore del giudizio degli altri. La sensazione che si prova quando si realizza che ce la si è fatta, fidatevi, è unica al mondo. L’orgoglio nei confronti di se stessi, la gioia con i nuovi amici (che diventano talmente importanti che ti sembra di conoscerli da una vita), il senso di gratitudine verso chi ti ha sempre supportato, il legame che si crea con la famiglia ospitante e che si rafforza sempre di più con quella naturale: è questo ciò che ti fa sentire vivo, che ti fa credere in te stesso, e che ti fa capire che la possibilità di farcela è sempre più alta di quella di fallire, se lasci da parte dubbi ed insicurezze e ti rimbocchi le maniche per davvero. Andare all’estero, inoltre, significa essere in grado di gestire la propria diversità nei confronti degli altri e realizzare che non deve sempre esserci qualcosa di giusto o di sbagliato, spesso ci sono soltanto un'infinità di scelte: a primo impatto può sembrarti una cosa spaventosa, ma in realtà è la chiave della vita.

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SARPI

ERASMUS PLUS

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Il Congresso di Vienna, Jean-Baptiste Isabey, 1832

.30 suona la sveglia, Nina apre le tende ed è giorno: "Good morning", "Hi" rispondo. Non riesco a dire di più perché se è bellissimo lo scambio culturale, l'inglese al mattino non lo è. Usciamo di casa, siamo in Goldscheidgasse. Niente, queste parole in tedesco sono troppo lunghe e scarseggiano di vocali, non me le ricorderò mai. Alla fermata del tram niente corse per non aspettare mezz'ora o viaggi schiacciati stile 1A: a Vienna i mezzi pubblici sono super efficienti, frequenti, puntuali (proprio come a BG). Dopo aver attraversato la città, arriviamo a scuola, nel centro storico. Ok ma perché una sarpina a Vienna alle 8 del mattino? Ora ve lo spiego. Vi ricordate gli austriaci che sono comparsi al Sarpi a novembre? Ecco, dall'anno scorso la scuola ha aderito ad un progetto super bello, promosso e finanziato dall'UE: Erasmus Plus - English Debating Club. Oltre agli incontri di dibattito organizzati a scuola per impararne le regole, allenarci e sfidarci, il progetto comprende uno scambio culturale, quest'anno con una scuola viennese. E quindi 12 sarpini volano verso l'Austria e ognuno viene ospitato dal ragazzo viennese che ha ospitato in Italia. Ma torniamo alle 8 del mattino e ai giorni nella fredda Vienna. Arrivati a scuola c'è shadowing, cioè assistere alle loro lezioni (un altro mondo rispetto alla scuola italiana. Lezioni di 45 minuti, pochi libri e non pare di essere in classe eppure sanno l'inglese benissimo e usciti da qui vanno a studiare in università super prestigiose in tutto il mondo. Diverso ma bello) e poi turismo! Schönbrunn, la sede ONU, musei e quindi Klimt, Schiele (wow), Michelangelo, Munch, Caravaggio, Picasso, Warhol e mille altri, e poi anche l'Opera House dove abbiamo visto la Tosca (ancora wow)... insomma Vienna è meravigliosa. Torniamo a scuola, mangiamo tantissimo (sempre se riusciamo a farci capire dalle cuoche che offrono cibo indiano parlando solo tedesco) e poi, finalmente, dibattito. Durante i due scambi abbiamo affrontato diversi temi: dalla dieta vegana ai test prima del voto, dai sistemi scolastici all'integrazione dei migranti, dalle questioni ambientali (un dibattito reale che ora c'è in Austria sulla costruzione di un enorme impianto sciistico) al tema etico della felicità. Dibattere ti mette alla prova: devi saper esporre le tesi (con cui spesso non sei d'accordo) della parte che rappresenti motivandole e conquistando l'audience, il tutto in una lingua che non è la tua. Quindi: impari l'inglese, impari a dibattere in inglese, conosci nuovi sarpini e se vieni scelto visiti una città europea. Chi va l'anno prossimo a Riga? in Lettonia, lo so che non lo sapevi ;) Cecilia Zinni, IVE

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ATTUALITÀ

L’UOMO: IL CENTRO DELL’UNIVERSO? A

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er un discorso che va oltre il rapporto con l’ambiente… Vorrei porvi la questione in modo personale, se non vi spiace, parlando di come vedo io, secondo la mia personale prospettiva, la tematica anticipata nel titolo. Trovo che l’uomo si sia sganciato dal suo specifico tracciato biologico, mettendone in crisi la validità dei confini, dei limiti. Il binario che la specie umana doveva seguire è stato spezzato, il concetto stesso di limite viene continuamente smentito, spostato e travolto dall’uomo. Tant’è che Latouche coglie questo rischioso “varcare ogni soglia” e lo segnala nel suo saggio “Il limite”, in cui sottolinea l’importanza dei confini, senza di cui non sarebbe possibile distinguere la civiltà dalle barbarie. E tra questi limiti che l’uomo sfalda e tramuta in semplici tappe ci sono anche quelli morali, ecologici, economici. Ma quando l’uomo non si accontenta del suo sviluppo biologico, quando si ingegna per superare la staticità biologica, o meglio la sfera ristretta in cui l’uomo sarebbe, per natura, collocato e rinchiuso, delinea, a mio avviso, una tendenza straordinaria. L’uomo, per esempio, non ha caratteristiche fisiche che gli permettano il volo. L’uomo, quelle caratteristiche le ha determinate, le ha indotte in modo artificioso: oggi possiamo dire che l’uomo sappia volare, nonostante la sua natura di animale bipede non glielo consenta. Ci sono specie forti o deboli, cose grandi e piccole in partenza: l’uomo è stato in grado di valicare lo stadio primordiale e di ribaltare qualsiasi condizione, seguendo una sua precisa volontà. In questo, l’uomo può essere considerato superiore alle altre specie. Utilizzo “superiore” senza quella vena di arroganza che spesso il termine vuole indicare: intendo semplicemente che l’uomo ha un qualcosa in più rispetto al resto del mondo. L’uomo è un qualcosa di infinitamente piccolo, se rapportato alle dimensioni dell’Universo, ma che, dentro sé, sintetizza quell’infinità, la codifica, la riconosce come tale, consentendole di esistere. Dio potrebbe mai esistere, se l’uomo non ne venerasse l’esistenza? E l’universo? L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono, in quanto non sono, direbbe Protagora, riassumendo questo pensiero. Da questo specifico punto di vista, il dominio dell’uomo sulla Terra è scontato e non trovo parole più espressive di quelle di Protagora per ribadire il concetto. L’uomo si è fatto misura dell’Universo, ma anche di Dio. Il peccato originale delinea e preconizza la natura umana, che scava, scava e tenta di rompere qualsiasi guscio di mistero, vuole sondare ogni segreto meandro del mondo e riesce a provare grande piacere solo quando soddisfa, almeno temporaneamente, la sua assetata curiosità, sicuramente peccando di ὕβϱις. Non condannerei però tale peccato, tale “vizio”, ma lo elogerei, riconoscendolo alla base di tutte quelle strutture ideologiche, costruzioni sociali, invenzioni tecnologiche che l’uomo è riuscito ad edificare, pur partendo dall’ essere un semplice animale, un “pezzo” di materia. Ma ciò che rende umana la natura bestiale dell’uomo non è solo la sua enorme ambizione, la sua progettualità senza limiti, è, soprattutto, la sua capacità di

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ATTUALITÀ gestire e tenere sotto controllo quell’arma micidiale che ha tra le mani: la sua potentissima e pericolosissima creatività. Da qui deriva quell’autorità ecologica che non può non tradursi in gestione responsabile ed etica del mondo in cui abita. Eppure, è senz’altro vero ciò che constata Latouche: il fenomeno dello sgretolamento dei valori, che si verificano oggi, come in altri momenti bui della storia. L’esaltazione dell’uomo è, indirettamente o direttamente, un’esaltazione della ragione, poiché appartiene alla ragione non solo rompere i limiti, ma anche riconoscerli. I limiti etico-morali sono, infatti, intrinseci alla ragione, poiché è essa stessa, sulla base di una coscienza storico-culturale, che sta, via via, venendo meno, a determinarli. Altrimenti non sarebbe ragione, ma istinto, senza una circospezione in un cui agire. Non può esistere, dunque, un’umanità razionale che non si costruisca sul rispetto e sulla salvaguardia di quell’universo che abbiamo con fatica costruito e che rischiamo di distruggere con le nostre stesse mani. Perduta la ragione, dovuta alla mancanza di una coscienza storico-culturale, non saremo più il centro dell’Universo e il Nulla, che verrà dopo, mi fa paura. Mi piacerebbe che la mia, come le generazioni a venire, potesse continuare a dire con orgoglio: “L’ uomo è il centro dell’Universo”.

Uomo vitruviano, Leonardo Da Vinci, 1490

Davide Bonacina, IF

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ATTUALITÀ

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WE’RE BACK, MAKINGA PROGRESS

e pensiamo alle "interviste ai nonni" che un giorno qualche malcapitato tra i nostri nipoti sarà costretto a farci circa i ‘nostri tempi’, l'11 settembre e la conseguente guerra in Afghanistan non saranno certo fascicoli trascurabili. Le ragioni sono essenzialmente due: la sconfitta statunitense, che chiude il secolo americano, e la narrativa bellica (e non solo) degli eventi, che sembra essere il marchio di fabbrica del nuovo millennio. Il conflitto si protrae da 19 anni e solo il 29 febbraio scorso a Doha parrebbe che si sia giunti al principio di un eterno epilogo. In Qatar si è infatti firmato un accordo con cui gli Stati Uniti si impegnavano a ritirare immediatamente 4000 truppe, mentre le restanti avrebbero fatto ritorno in patria nei 14 mesi successivi. Sempre secondo l’accordo i Talebani si sarebbero occupati di evitare che Al-Quaida o l'ISIS ritornassero operativi sul territorio. Il governo afghano non è stato direttamente coinvolto nei trattati, così come nel 2001 i Talebani non erano stati chiamati al tavolo delle trattative. La carbon copy, sappiamo tutti, dà sempre dei problemi. Per quale motivo ci sono voluti quasi 20 anni per porre fine a un conflitto che, stando a George W. Bush, doveva nascere con una via d'uscita prestabilita? Cosa ha portato alla sconfitta americana? Vi è mai stata una possibilità di proferire onestamente le parole "Mission Accomplished” ? La risposta più sintetica è forse la conclamata negazione delle credenze di Bush circa l'ambito bellico, ossia il non combattere per formare uno stato, consolidabile solo in cent'anni e a seguito di un forte volere popolare locale, unito al sapere come chiudere le vicende prima ancora di iniziare i combattimenti. Si tratta di avere coscienza dei propri punti di forza, di quelli dell'avversario e di disporre di previsioni certe al 70% sulle reazioni che un'azione innesca sotto ogni aspetto: politico, sociale, economico, militare e psicologico. Stando alle analisi di Foreign Affairs e agli Afghanistan Papers, pubblicati dal Washington Post lo scorso 9 dicembre, una vittoria era possibile nel 2001, quando i Talebani erano allo sbaraglio, il governo centrale afghano era discretamente consolidato e la popolazione locale non si sentiva invasa da stranieri che pretendevano di riformarla. Gli sconfitti erano disposti alla resa, a sedersi a un tavolo, ma nelle fila americane il timore di un nuovo possibile attentato terroristico, l'angoscia di doversene assumere la responsabilità di fronte alla nazione, e al partito, fecero sì che Donald Runsfeld annunciasse la chiusura delle trattative, essenzialmente senza accordo, in conferenza stampa. Tra il 2002 e il 2006 si investì molto, economicamente, ma poco militarmente, così, quando i Talebani attaccarono nuovamente per opporre resistenza all'occupazione straniera, ci si ritrovò impreparati. I massicci investimenti economici, circa 1000 miliardi di dollari, in un Paese in cui la banca centrale è stata creata essenzialmente per ricevere tali fondi, non potevano che portare a una diffusa corruzione, estesa a tutti i livelli sociali. Ascoltando le testimonianze di Ryan Crocker e di Micheal Flynn ci si rende conto di quanto abbia inciso la mancanza della conoscenza della lingua locale da parte dell'esercito USA

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La Libertà che guida il popolo, Eugène Delacroix, 1830

ATTUALITÀ

e il conseguente affidarsi a interpreti locali, di quanto vasto fosse il senso di frustrazione tra i soldati per il non avere certezze e il non sapere perchè ci si trovasse in quell'inferno o contro chi bisognasse sparare, e di quanto distante fosse la narrativa domestica del "we're making progress" dalla realtà. Stando a Flynn l'unico accomplishment è stato il creare il secondo mercato più grande al mondo in coltivazione di oppio, spendendo soldi e vite senza una chiara strategia. Oggi alcuni dei militari sono già tornati a casa e noi siamo chiamati ad interrogarci su cosa si lascia tra quei monti, cosa si sacrifica e in virtù di che altro. A tutti sono note le visioni progressiste dei Talebani e, come donna all'occidentale, sono portata a chiedermi se sia meglio morire vittima di un bombardamento, una sparatoria, rischiare di esser presa come ostaggio oppure vivere in un regime dove una capra vale più della mia vita e di quella delle mie figlie. Mi domando se sia meno doloroso perdere un arto o subire violenze quotidianamente, ma per mia fortuna non posso sapere, non posso capire. Come cittadina europea, memore che la Libertà che guida il Popolo poggia i piedi sui caduti in battaglia, mi domando quale esito possa avere combattere per la libertà di altri, che non la cercano o non la conoscono, e per la quale non sono disposti a dedicarsi, almeno non in misura maggiore rispetto a un apparente profitto immediato. Mi domando con quale ardore le istituzioni che a fatica si ergeranno verranno poi difese, se si abbia una coscienza del vero prezzo pagato per la libertà e della fatica che costa mantenerla. Come cittadina italiana di 19 anni non trovo una risposta. Apro quindi la finestra, sperando in una ventata di aria fresca che porti consiglio, ma la nebbia si fa solo più densa... Paola Preziosa, VC

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ATTUALITÀ

DA TIKTOK ALLA CINA: LA SITUAZIONE DEGLI UIGURI A XINJIANG

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o scorso 23 novembre, la diciassettenne americana Feroza Aziz ha pubblicato un video su TikTok che in poche ore è diventato virale. All’apparenza è un normalissimo tutorial di bellezza, ma a sette secondi dall’inizio la ragazza denuncia la situazione dei musulmani uiguri nello Xinjiang, Cina. Aziz dice: “Usate il vostro telefono che state usando proprio ora per cercare cosa sta succedendo in Cina”. E così ho fatto.

Xinjiang, regione autonoma della Cina nord-occidentale, è teatro di scontri tra Uiguri e cinesi Han a partire dal 5 luglio 2009. A seguito del cosiddetto incidente di Shaoguan ci fu infatti una manifestazione nella città di Ürümqi, che si trasformò in una rivolta violenta e costò la vita a 197 persone, in maggioranza di etnia Han. Nel 2014 il Partito Comunista Cinese annunciò che avrebbe iniziato una guerra del popolo al terrorismo. Chen Quanguo, segretario del partito e ideatore del nuovo piano di sicurezza per combattere l’estremismo islamico in Cina, espresse la necessità di “seppellire i corpi dei terroristi nel vasto mare di una guerra popolare.” Un ufficiale cinese giustificò così le detenzioni di massa messe in atto dal governo: “Non si possono sradicare tutte le erbacce nascoste nelle colture una per una– bisogna spruzzare sostanze chimiche per ucciderle tutte”. Il governo cinese sta procedendo con il pugno di ferro. Pechino non ha esitato a fare dello Xinjiang uno stato di polizia, prendendo misure di sicurezza con cui ha trasformato la regione in una società distopica. Nel 2014 venne iniziato un piano per l’implemento del Sistema di Credito Sociale, che dovrebbe essere completato entro quest’anno. Il sistema consente di attribuire ad ogni cittadino un punteggio in base al proprio comportamento. Avere un punteggio troppo basso significa finire sulla lista nera, e questo può impedire, per esempio, di comprare i biglietti aerei. Nel 2016, ciascun residente fu etichettato come “sicuro”, “normale” o “non sicuro” secondo parametri come l’età, la religione, l’esperienza all’estero. Nel 2017 gli uiguri della regione vennero costretti ad installare un’applicazione chiamata Jingwang Weishi, che esamina i contenuti dei dispositivi, segnalando alle autorità eventuali “contenuti religiosi illegali” o altre “informazioni dannose”. Nella primavera 2017, lo Xinjiang adottò ufficialmente una politica per eradicare l’estremismo islamico. Inizialmente gli uiguri furono costretti a rientrare nella regione per “rieducazione” o “arresti domiciliari”. Gli hotel rifiutavano di offrire loro una camera (in Cina, spesso, alle minoranze etniche è negato l’accesso negli alberghi). Nel corso dell’anno successivo, migliaia di uiguri furono rinchiusi in campi

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ATTUALITÀ di detenzione per una “trasformazione attraverso l’educazione”. Le autorità cinesi preferiscono chiamarli centri di vocazione, in cui la partecipazione è volontaria e viene insegnata la lingua mandarina. “Iman” dipinge un quadro ben diverso. Nel 2018, in un articolo della rivista americana Foreign Policy, venne condivisa la sua storia. Studente in un’università americana tornato in Cina per le vacanze, Iman venne incarcerato, interrogato e trattenuto per nove giorni. Fu caricato su un treno e portato nello Xinjiang. Venne rinchiuso nel kanshousuo, il centro di detenzione. Si adeguò presto ai ritmi del luogo. La sveglia era alle 5 in punto, e ai detenuti erano concessi 20 minuti per prepararsi (e solo tre thermos di acqua calda per venti uomini). I pasti consistevano in una pagnotta di pane al vapore, oppure in una “zuppa di verdure senza verdure”. Gli uomini marciavano per ore nelle celle, poi guardavano “filmati rieducativi”. Era loro permesso di riposare dopo pranzo, ma sdraiarsi era proibito. La giornata terminava alle 20.00 (ora di Pechino). Fonti attendibili, inoltre, attestano l’esistenza di lavori forzati in altre aree del Paese. Secondo l’Australian Strategic Policy Institute, questa è “la prossima fase della rieducazione cinese degli uiguri”. In un report pubblicato tra il 2017 e il 2019, l’ASPI stima che 80.000 uiguri siano stati obbligati a lavorare in fabbriche che costituiscono parte delle catene di fornitura di almeno 83 marchi tra cui H&M, Victoria’s Secret, Nike e Volkswagen. Numerose testimonianze di chi aveva lavorato nei campi circolavano su internet dal 2018, e gli USA il 17 gennaio 2019 approvarono il Uyghur Human Rights Policy Act 2019, con cui imponevano sanzioni su Chen Quanguo. Nonostante ciò, la conferma arrivò soltanto il 24 novembre 2019: il Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi fece trapelare dei documenti (i China Cables) che ne testimoniavano l’esistenza. Per ora, però, il Partito continua a rifiutare critiche internazionali riguardo ai campi e li descrive come centri di formazione professionale che usano metodi leggeri per combattere l’estremismo islamico. Io mi sono chiesta cosa avrei potuto fare, da studentessa. A conclusione di uno dei suoi video, Aziz disse: “Don’t abuse the power your voice has. Bring awareness to those who need help, but don’t take attention from those who need help. Spread awareness, don’t take it away”. Un proverbio uiguro recita: tama-tama köl bolar. Goccia dopo goccia si forma un lago. E questo, secondo me, sarebbe bene non dimenticarlo.

Strage degli Innocenti, Ludovico Mazzolino, 1525

Teresa Molinari, IF

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ATTUALITÀ

TE LO RICORDI?

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Portrait de la Duchesse de la Salle, Tamara de Lempicka, 1925

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e lo ricordi? Un giorno eri in salotto con i parenti, avevi appena finito di giocare con i cuginetti e ti sei seduto sul divano ma lo zio ti ha rimproverato perché non stavi con le gambe chiuse come un vero signorino, così le hai chiuse, ma tua cugina no, lei puó fare come vuole. E quella volta all'intervallo che ti hanno preso in giro perché avevi scelto il gioco sbagliato, ti eri forse dimenticato che esistono giochi da maschi e giochi da femmine? Te lo ricordi il giorno in cui hai preso la patente? Eri molto contento, ma appena ti sei messo alla guida ti è salita l’ansia, perchè lo sanno tutti che uomo al volante pericolo costante. Quanta emozione per il primo colloquio di lavoro, avevi scelto i vestiti con tanta cura e il colloquio era andato bene. Tu eri contento per l’assunzione, loro perchè hai promesso di non volere figli così la paternità non te la devono pagare. Peccato che sia bastata una frase per sminuirti, chissà cosa avrà fatto per essere assunto, ci sarà andato a letto! E ora riesci ad immaginarti il tuo domani? Stai tornando a casa, sei stanco, arriva la chiamata di tua moglie "Cosa cucini stasera?" "Stasera sono stanco, ci puoi pensare tu?" "Io? non dire sciocchezze è compito tuo". Allora vai al supermercato, sei innervosito da tutta la coda davanti alla cassa, rispondi male al cassiere e senti la solita frase "Lascia stare avrà il ciclo". Riesci ad immaginarti la tua vita futura? Il lavoro l'avrai lasciato per occuparti dei figli, non fa niente se quel lavoro ti piaceva, ora sei un bravo padre. Sei anche un bravo marito e infatti fai tutto quello che dice tua moglie, guai a farle mancare qualcosa, gli schiaffi ti fanno male. Alla fine sei contento, hai sopportato tutto come ti hanno insegnato da piccolo, chi bello vuole apparire un poco deve soffrire. Sembra strano, fa ridere, ma te la immagini una vita così? Ma è una vita libera? No, non è una vita libera, ma è ancora la vita di troppe donne. Secondo l’ISTAT il 32,5% degli italiani crede allo stereotipo “per l’uomo più che per la donna è molto importante avere successo nel lavoro”, il 31,5% “gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche”, il 7,4% “un ragazzo può schiaffeggiare la fidanzata perchè ha flirtato con un altro”, il 39,3% ritiene che una donna sia in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se non lo vuole. La donna in Italia non è discriminata solo a livello economico, ma soprattutto a livello sociale. Troppo spesso ci nascondiamo dietro "all'innocenza" dei luoghi comuni che non sono altro che lo specchio della mentalità in cui viviamo. Elisa Frigeni, IVE

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CULTURA

IL TEMPO SCORRE COME IN UN DESERTO DEI TARTARI

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San Girolamo nel deserto, Giovanni Bellini, 1480, particolare

aro diario, Oggi è il ventesimo giorno di quarantena. La parola quarantena non descrive precisamente il mio stato attuale: mi sento più alienata dal mondo che obbligata all’isolamento. È come se non ci parlassimo più, io e il mondo. Lui fa cambiare le ore, cerca quasi di coinvolgermi nello scorrere delle ore, ma io rimango impassibile, immutata ed esclusa, in attesa di qualcosa che non avviene. Non possiamo più andare a scuola, fare la spesa con la solita frequenza, andare a correre o incontrare gli amici. La cosa che mi manca più di tutte è non vedere la mia migliore amica, con cui andavo a fare passeggiate in percorsi sconosciuti nei boschi al sabato, dove ci perdevamo sempre, per cui quando tornavamo a casa ci prendevamo le sgridate spaventate dei nostri genitori. Adesso invece al sabato pulisco la camera. Ho una sorta di procedura, imposta da me, che devo rispettare: devo passare l’aspirapolvere il sabato e il martedì, il mercoledì fare le polveri e il venerdì fare il bagno. Continuo a studiare, a leggere, ma entrambe le cose non mi soddisfano più. Io aspetto: cosa esattamente non so e ciò mi terrorizza. Questo stato di incertezza mi mette ansia e confusione; cosa sto aspettando?

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Che possiamo tornare alla normalità? O anche solo una notizia positiva? No, io sto aspettando qualcosa di più, una sensazione remota e seppellita nel mio animo, che non riesco a decifrare. Oggi fa caldo finalmente, per cui mi metto al sole sul dondolo. Mi ondeggia piano piano il vento, mentre leggo “Il deserto dei Tartari” di Buzzati, è un libro che mi ha assegnato il mio professore. Odio questo libro: non fa che parlare di attesa, di qualcosa che non avviene, di speranza in un futuro diverso, più eccitante, ma il protagonista non reagisce, rimane fermo, fisso. Si lascia passare davanti gli anni migliori come se niente fosse. Ah, che nervoso. Cerco di spiegare al tenente Drogo che deve muoversi oppure arriverà la fine senza che lui abbia fatto niente. Ma non riesco a convincerlo perché, tutto sommato, mi rispecchio troppo in lui. La piccola differenza è che io so di non voler aspettare. Io voglio agire. Ma nessuno sta riuscendo ad agire, siamo in una situazione che non riusciamo a controllare, ci è sfuggita di mano, l’abbiamo sottovalutata, proprio come il tenete Drogo ha sottovalutato gli avvertimenti dei compagni, che lo incitavano ad andarsene dalla fortezza, di andare a vivere. Solo quattro mesi di servizio si diceva. Invece finisce con aspettare una vita intera. Solo che io non sto aspettando i nemici o un attacco, io sto aspettando un cambiamento, forse una notizia positiva al telegiornale alla sera. Una notizia che non viene. Una cosa però ho certa: io reagirò, perché c’è il mondo che sta cercando di comunicare con me. Mi manca solo la speranza, l’ho persa davanti ad una crisi globale, che oggi sembra senza rimedi. Maddalena Foschetti, ID

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CULTURA

ALEX TI VEDE

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lex ti vede Se l’hai già sentito è perché hai frequentato lo spogliatoio femminile abbastanza a lungo da averlo notato su una delle porte. Io l’ho ritrovato lì, in quarta ginnasio, dopo averlo letto tra le pagine di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”. Il titolo allude a una riflessione del protagonista Alex su John Frusciante, chitarrista dei Red Hot Chili Peppers, che nel ‘92 decide improvvisamente di lasciare la band. Il musicista sceglie così di uscire dal “cerchio”, di uscire dalle convenzioni e dagli schemi della società. Oggi mi ritrovo a sfogliare il libro con quelle stesse mani di cinque primavere fa, ma con occhi piuttosto diversi. Insomma gli anni passano e quello che un tempo era rivoluzione ora fa solo sorridere. Eppure ci sono altre parole, non di quelle che fioriscono all’istante nei tuoi pensieri, ma di quelle che ti rimangono dentro, sotto la pelle, come semi in attesa di germogliare prima o poi. Questo libro mi torna ora in mente pensando agli anni del liceo che volgono al termine in un modo piuttosto insolito. Ci ripenso anche perché, banalmente, parla di lontananza e di come sopportarla. Voglio solo lasciare questo spunto e permettere che siate voi a trovare una strada per uscire dal cerchio. “Un anno senza amore e senza gioia, mi sembra di vederlo in faccia. Ma poi no, è lei la prima a non volere, perché non è giusto per nessuno okay ma come cazzo faccio nei pomeriggi in cui vorrei vederla, anche solo per un secondo, magari solo passare in bici senza che lei mi veda. Per me sei più di una persona, più di un’amica, più di una ragazza, sei quasi un’idea, come Jonathan Livingstone, ma sei pure vera, e arrivi tardi agli appuntamenti proprio come me e ti metti il maglione verde anche in giugno… Non è finita, vero? No. Compagni di strada, allora.”

Melencolia I, Albrecht Dürer, 1514

Chiara Ubiali, VB

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CULTURA

PLAYLIST: VENTIQUATTRO ANNI DI CASSANDRA

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4 anni non sono pochi, soprattuto di questi tempi in cui va tutto così veloce, tutto così alla svelta. Cambiano governi, abitudini, gusti, strumenti, papa, ma una cosa rimane sempre se stessa e pura: la musica. Dico pura perché in qualsivoglia sua forma, dal cantautorato di De André alla trapshit di SapoBully, scopre e mostra sempre una parte di noi, rispecchia un po’ del nostro essere. Quindi evviva noi ed evviva la musica, sta stronza che pretende di saperne di noi e puntualmente ci emoziona. Auguriamo a tutti 24 anni e 100 numeri di Cassandra vissuti davvero e intensamente, festeggiando con della bella musica. Baci. 1996 - Tu Non Mi Basti Mai Lucio Dalla 1997 - Everlong Foo Fighters 1998 - Acida Prozac+ 1999 - L’Amour Toujours (I’ll Fly With You) Gigi D’Agostino 2000 - A La Mierda Ska-P 2001 - In Too Deep Sum 41 2002 - Without Me Eminem 2003 - Perhaps Vampires Is A Little Bit Strong But... Arctic Monkeys 2004 - American Idiot Green Day 2005 - Feel Good Inc Gorillaz 2006 - Siamo Una Squadra Fortissimi Checco Zalone 2007 - Welcome Home, Son Radical Face 2008 - Viva La Vida Coldplay

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CULTURA 2009 - Little Lion Man Mumford & Sons 2010 - Alors on Danse Stromae 2011 - Ma Cherie Dj Antoine 2012 - My Kind Of Woman Mac DeMarco 2013 - Arabella Arctic Monkeys 2014 - I Destini Generali Le Luci Della Centrale Elettrica 2015 - Prey The Neighbourhood 2016 - Redbone Childish Gambino 2017 - Star Shopping Lil Peep 2018 - Nico And The Niners Twenty One Pilots 2019 - Diploma Psicologi 2020 - Quei Seni Irbis37 Linda Sangaletti e Paolo Raimondi, IVE

Contesa fra le Muse e le Pieridi, Tintoretto, 1540

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CULTURA

AGLI ADULTI DI DOMANI

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così frequenti il classico? Giran voci sorprendenti che in quel luogo così sadico, straripante di studenti, vi siano individui eccezionali le più aperte tra le menti e i soggetti più geniali rispettosi e diligenti.

Ci sono anche i patrioti che per protegger lo Stivale si avvalgono da idioti del pregiudizio razziale. Del diverso vanno a caccia e sei per loro un criminale se scura hai tu la faccia o se non sei occidentale. Sono pro alla tortura, non la ritengono immorale renderebbe più sicura questa nazione patriarcale. Guai a chi osa pensare che ciò che dicon sia brutale lo fanno solo per scherzare spargere odio oggi è normale.

Quante volte abbiam sentito queste parole assai banali ma rimango sempre stupito nel veder che son reali. Se infatti vaghi dentro al Sarpi, osservando i liceali ti imbatterai in molti esempi di integerrimi ideali.

Non mancan poi quelli informati su ogni tematica ambientale che non sono preoccupati del riscaldamento globale. Van blaterando esasperati che non s’abbia presunzione di dir che siam tutti condannati ad un’unica estinzione. Che si fottan gli scienziati che affermano il contrario sugli esperti e laureati si è calato ormai il sipario. Per loro ad esser condannati lo siano solo gli animali gli uomini son così avanzati da calpestare tutti i mali. Per quanto micidiale

Ci son ragazzi assai brillanti dall’umorismo alquanto acceso che fan battute esilaranti su delle attrici in sovrappeso. Uno scrive nei commenti: “meglio insicuro che ciccione”. Sei un vero uomo, complimenti mentre ti atteggi da coglione. Siete molto divertenti quando sfottete il fisico di ragazze sorridenti rendendo il tutto pubblico. Ma non badiate ai sentimenti di chi vien da loro offeso, tanto li si considera innocenti quelli che si beffan d’ un obeso.

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CULTURA tale fanatismo è interpretato come un tratto naturale di un gruppo un po’ esaltato. Non si crede faccian male, la loro è solo un’opinione ma un’idea è ancora tale se danneggia altre persone? I nomi non sono menzionati e i partiti tantomeno. All’umanità si è interessati, un concetto a loro alieno. Anche se non v’ho nominati tutto il Sarpi sa chi siete

e ora siam tutti preparati alle cazzate che direte. Non riuscirà a mutare Il loro punto di vista La poesia non li può cambiare può farlo solo un analista. Forse sono solo sbronzo magari sono anche ottimista ma poiché non faccio lo stronzo mi daranno del buonista.

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Mattia Maino, VF

Giudizio Universale, Giotto, 1306, particolare

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NARRATIVA

AMORE È A

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Nascita di Venere, Sandro Botticelli, 1485, particolare

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more è un libro in cambio Amore è un raggio di sole che ti illumina il naso È la punta del cornetto Amore è Lesbia: bella e incontrollabile È Beatrice: leggera e salvifica Amore è uno due e poi continui tu Amore è fai quello che ti rende felice Amore è una canzone stonata, ma va bene lo stesso Amore è mi scappi, mi scivoli dalle mani Amore è mi manchi, ma perché non me lo dici? Amore è ti odio e invece non è vero Amore è un sorriso, è una chiamata inaspettata Amore è un cono cioccolato e fragola Amore è una canzone di Jova, di Liga o decidi tu Amore è una poesia sul muro, è un quadro in uno sgabuzzino Amore è un albero di ciliegie Amore è che già sai Amore è corri e non sai dove vai Amore è oggi, ma anche domani È vento tra i capelli, è neve sulla lingua Amore è una canzone sbagliata nel momento giusto Amore è il sole in controluce Amore è la sabbia sotto i piedi, è il sale sulla pelle Amore è una coroncina di margherite, un temporale in estate È la pizza del giorno prima a colazione Amore è non lo so ma so che Amore è per noi È per te È per me

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Margherita Monticelli, IVB


NARRATIVA

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IL QUARANTENONE A

ella lontana era del 2020 arrivò il Coronavirus, che di regale non aveva nulla; bensì portava con sé un’aria nefasta e invisibile, io la aspettavo, la sentivo dentro me e osservavo l’aleggiare di questa pandemia sopra le case, guardavo all’interno delle poche finestre illuminate la sera, rimasugli di una vita sociale annientata. Io c’ero. E ci sarò sempre, sono la Speranza, sono dura a morire. Siamo al giorno 100, 100 giorni di reclusione forzata, attimi sprecati direbbero, oppure adatti alla riflessione. Paradossalmente, questo isolamento sta donando a tutti delle grandi occasioni, dei momenti d’oro, quindi rari e preziosi. Dopo tutta la frenesia passata siamo stati costretti a terminare la nostra corsa e riprendere fiato, scoprire l’irregolarità del nostro respiro, asciugare la fronte imperlata di sudore, avere un pasto ristoratore. Questo è un tempo particolare, un tempo di attesa, come un’eterna notte d’estate, dove tutto è fermo e si ode solamente il ronzio di un ventilatore rinfrescante, l’attimo silenzioso seguito a una valanga distruttrice, la bolla che ti si crea attorno dopo un tuffo in mare. E’ da vivere intensamente, come gli attimi prima di un esame per cui si è tanto studiato, quelli prima di partire per il viaggio dei proprio sogni, quelli prima di ricevere una notizia tanto

Incendio di Borgo, Raffaello Sanzio, 1514

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NARRATIVA aspettata, ma casuale. Tutto è immobile, l’intera Italia è tra l’inspirazione e l’espirazione, trattiene il fiato, attende. Cosa? Non si sa, forse un motivo di serenità incostante, i primi dati positivi, un segnale di via libera, possibilmente. Detto onestamente, molti hanno timore che questa bolla scoppi, questo periodo di staticità termini e si ritorni alla vita di prima; tuttavia coloro che riusciranno a vedere la luce in questo buio godranno poi di molte soddisfazioni, saranno i nuovi inventori, i miei messaggeri, quindi portatori di messaggi di speranza. Ci siamo fermati a lato della strada dopo un guidare incessante su una Vespa, assaporiamo il vento e il profumo della primavera, aspettando l’estate e i gesti quotidiani simbolo di libertà. Sono certa che questo periodo di alienazione sarà come gli anni dell’ultimo dopoguerra, apri gli occhi levando le bende calate tempo fa, fungerà da tela per molti artisti, inchiostro per molti scrittori, argilla per molti scultori. L’Italia rifiorirà. Mentre cammino lungo le vie deserte, un tempo colme di vita, colori, persone, sono distratta dal luccichio degli occhi di un bambino alla finestra, egli sta osservando quell’albero fidato che tempo fa era il suo compagno i giochi; poi la mia attenzione viene rapita da una donna che sfoglia un album denso di ricordi ingialliti e ride, nonostante abbia gli occhi vitrei. Infine sposto il mio sguardo su un uomo, il quale, placidamente, consola la moglie rassicurandola. Sono tutti sconvolti, eppure gli italiani, si sa, sono un popolo speciale. E allora flashmob, stendardi alle finestre e l’inno di Mameli che risuona anche nel vicolo più angusto. E allora speranza. Giorno 20 di quarantena - l’ipocondriaco e i rifornimenti mensili. Esistono diversi modi di attendere la libertà e la tranquillità agognate, sicuramente l’uomo ipocondriaco citato di seguito, attendendo, sta accumulando molta, molta agitazione inutile, tuttavia scagli la prima pietra chi non abbia mai provato angoscia durante questa quarantena. Il signor CercosuGoogle si svegliò stanco, quella mattina. Tastò il bordo del letto e spense la sveglia, igienizzata la sera prima poiché aveva letto che le sveglie sono i principali portatori del virus. Lo aveva detto una catena su whatsapp inviata dal cugino, amico di un amico amico di un laureando in infermieristica, fonte attendibile al giorno d’oggi. Si sa. I tempi cambiano. Alzandosi, il signor CercosuGoogle si irrigidì. Aveva un lieve mal di testa. Saltò tutte le fasi della sua sacra routine mattutina, ignorò il lavaggio delle mani e la purificazione totale del corpo e si precipitò al computer. “Sintomi coronavirus aggiornati” fu la sua ricerca, non che la sera prima si fosse dimenticato di controllare, ma era sempre meglio essere previdenti. Il mal di testa non era presente. L’aveva scampata. Quel giorno doveva andare ad approvvigionarsi, doveva far una scorta di provviste per minimo altri 50 giorni. Bisognava essere meticolosi. Mangiò un pasto frugale, si lavò ripetutamente le mani e si avviò verso la stanza dove teneva tutti gli abiti disinfettati per uscire di casa. Quello per portare a passeggio il cane, Frontline, quello per stendere i panni sul balcone, quello per le dirette dei Ferragnez, da seguire rigorosamente alla finestra. Prese quello per andare a fare la spesa, uno scafandro che avrebbe fatto invidia a un palombaro, lo indossò, dopo essersi cosparso di acqua santa, e si passò sulle mani l’amuchina in gel. Era pronto per affrontare quell’ardua missione. Uscì di casa e, correndo, si diresse verso l’auto. Arrivato al supermercato si mise tre paia di guanti e calò

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NARRATIVA la mascherina, corredata agli occhiali da laboratorio protettivi. Aveva quasi terminato la spesa quando sentì una donna emettere due colpi di tosse. Gelo totale. Si sentiva già la febbre alta. Farneticando, si avviò verso la cassa e pagò il dovuto. Ancora in totale stato di shock, entrò in auto e accese il gas. Si trattava di vita o di morte. Giunto a casa, si buttò sotto la doccia e si fece tre volte la doccia, utilizzando il bagnoschiuma al sapore di Alpi e Vitamina C. Uscito dalla doccia si misurò la pressione, la febbre e si pesò, giusto per essere sicuro di non aver contratto se non il coronavirus, l’ebola. Alla fine della giornata, come sempre, si addormentò con accanto il suo fedele compagno, il portatile che soddisfava ogni suo desiderio e colmava ogni suo dubbio. Lo amava tanto quanto tutti suoi flaconi di Lisoform. Giorno 40 di quarantena - il menefreghista incallito. L’alba era appena passata e la sveglia di Francesco suonò, si alzò dal letto e ancora addormentato si diresse in cucina, aprì la dispensa e come ogni mattina si nutrì senza particolare interesse verso il mondo circostante. “Fratm01”, questo era il nome con il quale si identificava, lo aveva scelto imitando i preti; uscì di casa per portare fuori il cane e non incontrò nessuno per tutta la durata della sua passeggiata. Una volta tornato a casa fu costretto da una bestia diabolica anche chiamata madre a seguire le lezioni online, secondo lui un completo spreco di tempo. Stare attento durante queste lezioni per lui era una vera agonia. Durante il pranzo suo padre, che era molto interessato dalla situazione, lo costrinse a sorbirsi un telegiornale, il quale gli sembrava infinito e pieno di “cavolate, fra”.“Si stanno tutti preoccupando troppo” disse. Non gli importava molto della situazione, non si angosciava per gli anziani nonni, a cui tanto diceva di voler bene prima della consegna della busta di Natale, nemmeno per quegli amici che insisteva tanto vedere durante la settimana. La sua vita scorreva lenta e mediocre, sarebbe potuta cambiare se solo lui si fosse accorto di tutti gli arcobaleni alle finestre, di tutte le persone recluse, che, per prendere una boccata d’aria, si limitavano ad aprire di qualche centimetro la finestra, di tutti coloro che, stando a casa, stavano cercando di salvare anche la sua di vita, quella di “Fratm01”. Una giornata normale nella vita di un ragazzo adolescente. Durante la cena un nuovo telegiornale era pronto a infastidire Francesco, il quale cercò con tutto sé stesso di non fare caso ai giornalisti, portatori di messaggi funesti. La mattina seguente uscì nuovamente di casa, tuttavia lungo il tragitto incontrò il padre di una suo amico, “Zio02”, un poliziotto simpatico, nei limiti del possibile. Lo informò del divieto e della situazione, cercò di fargli cambiare idea, nascondendo dietro la mascherina un sorriso benevolo di chi sa quanto possa essere dura. Francesco, avendo ormai compreso la situazione, si recò a casa e per il resto della quarantena rimase buono e tranquillo a casa, addirittura cominciò a dedicarsi alla nouvelle cousine. Giorno 60 - la malata di fitness. Giorno delle spalle e delle braccia. Stava sorgendo il sole, si prediceva una bella giornata. Sara uscì di casa in tenuta sportiva; quel giorno si sarebbe dovuta trovare ai giardinetti con i ragazzi perché avevano chiuso tutte le palestre. Assurdo, pensare di chiudere le palestre solo perché c’era in giro un raffreddore da sempliciotti, una cosa da nulla. I

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NARRATIVA

Lezione di anatomia del dottor Tulp, Rembrandt, 1632

ristoranti no, le palestre sì. Cose da matti. Arrivata ai giardinetti Sara trovò molta più gente del previsto. Meglio così, erano persone che sicuramente tenevano molto alla loro forma fisica. La chiusura delle palestre fu argomento di conversazione per tutta la durata dell’allenamento, avevano tutti qualcosa di cui lamentarsi. Adoravano lamentarsi, trarre sempre il negativo nella politica quotidiana per sentirsi cittadini migliori. Dopo la palestra decise di andare a correre, tuttavia, durante il tragitto, da una finestra sentì una donna urlare angosciata: “Stai mettendo in pericolo tutti noi, sii meno egoista e stai a casa”. Sara ci rise opra e le disse di calare la maschera da ipocondriaca buonista. Concludendo il giro si vide sorpassare da un ragazzo che avrà avuto tre o quattro mascherine, degli occhiali protettivi da laboratorio e il carrello della spesa pieno di igienizzanti e generi alimentari. “Sarà appena uscito dal supermercato qui accanto” pensò, scatenando la sua stessa ilarità guardando quel giovane troppo preoccupato. Sembrava quasi che corresse, e la sua tensione era palpabile. Uno di quelli ossessionati dal virus, concluse, abbozzando un sorrisetto. Così, per semplice divertimento, si avvicinò a quest’ultimo ed emise due colpi di tosse ben distinti. Questo si girò a guardarla, come immobilizzato per un secondo, per terminare in bellezza sarà aggiunse un tocco di classe e gli urlò: “Tanto solo i vecchi prendono il corona!”. Si rese conto di aver perso più tempo del previsto a cercar di far rinsavire quel caso disperato. Non poteva proprio fare tardi all’allenamento successivo. Mentre ritornava nel suo isolato riflettè sul comportamento del giovane bardato. Siamo davvero arrivati a questo punto?

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NARRATIVA Giorno 80 - lo studente a cui fu tolto il riposo. Non si era neanche accorto di questa quarantena, aveva semplicemente continuato a studiare. Da 80 giorni non conosceva più il giorno o la notte, solo il caffè. Alla fine, pensava, molti studenti non avevano minimamente cambiato il loro stile di vita, si erano solamente resi conto di quanto fosse tossico e non salutare. A lui non importava, studiare gli piaceva, leggere e riempirsi la mente di belle parole lo soddisfaceva. L’unico problema di questa quarantena erano le video-lezioni. La mattina, sveglia alle 7 nonostante tu sia a casa tua e un pullman non ti aspetti 500 metri più avanti, i “buongiorno” assonati di altre 20 icone simili e le voci metalliche di quelli che consideravi i tuoi compagni di classe, la professoressa che si espelle da sola dalla lezione, le interrogazioni confusionarie dove non si sa se sia meglio consultare Splash-latino oppure Cassius. Lo studente, rappresentante di tutte le icone sullo schermo affollato, si rese conto di quanto si stesse perdendo. Viaggi, scoperte, abbracci, risate. Si disse, durante la misera pausa tra la lezione di inglese e quella di greco, che, una volta uscito dalla quella reclusione, avrebbe vissuto la sua vita appieno, diminuendo il caffè e cercando di conversare meno con il mattone GI anche definito dizionario, nonostante fosse stato un suo fedele amico e un continuo dispensatore di opinioni durante quegli 80 giorni di quarantena. Giorno 100 - l’influencer mancata. Si svegliò riposata e ristorata, molte furono le ore trascorse tra le lenzuola bianche a strisce verdi con un profumo di fiori. Il fonema che le arrivò all’orecchio di prima mattina era la dolce melodia di una sinfonia della quale non ricordava il nome, però era di moda. Dopo aver agguantato il proprio telefono avviò la sua diretta mattutina, cercava incessantemente di raggiungere le 3000 views, ma invano: la sconfitta della sua vita. Mangiò ancora nel tardo pomeriggio, in compagnia degli indissolubili followers che sembravano programmarle la vita, forse era davvero così, riceveva un continuo appoggio da parte di persone sconosciute, mentre le amicizie vere si contavano sulle dita di una mano. Pensò di essere una persona piatta, senza profondità. Questa quarantena le aveva fatto comprendere quanto fosse sola, non una persona che la chiamasse per chiederle come stesse, se andasse tutto bene, per quest’ultima domanda aveva solo l’hashtag, non una vera riposta. Dopo aver scacciato quelle considerazioni che riteneva non adatte ad un’esperta di tendenze come lei, trascorse il pomeriggio curando ciò che considerava il fulcro del suo successo nella vita, ovvero il suo aspetto, in attesa dell’imperdibile diretta dei Ferragnez. Aveva visto che, sul profilo di molti americani in #quarantine, veniva condivisa la meditazione pomeridiana, per cui, sperando di essere la pioniera italiana di quella pratica, la quale credeva fosse di origine giappocinese, stese la stuoia di pilates di sua madre e avviò lo spettacolo. Meditò per cinque minuti e nel mentre si scattò tante foto quanto quelle di un servizio fotografico ai Grammys. Ne scattò a centinaia, filtro B&N, drammatico toni caldi e freddi, vivido e molti altri, alcuni nomi sembravano quelli delle ricette per la cioccolata oesnò, tra la faccia a papera e quella con le sopracciglia inarcate. Come ultimo punto, nella lista “Come diventare influencer #stayathome edition”

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NARRATIVA by Chiara Ferragni, c’era la cucina. Così cucino. Mostrò tutto nella sua immancabile diretta, come non impastare una torta, come non infornarla, come non guarnirla, detto onestamente, non le uscì particolarmente bene. Quando la giornata volse al termine preparò torce, casse e lo stretto necessario per il flashmob serale, durante il quale il suo profilo fu invaso da stories capaci di irritare anche Barbara D’Urso, regina dell’intrattenimento popolare. Giunta notte fonda, dopo la visione di un film più rosa del completo abbinato della Regina Elisabetta, si addormentò sognando quelle 3000 visualizzazioni. Quei 100 giorni di quarantena le erano piaciuti.

Doppio ritratto dei duchi di Urbino, Piero della Francesca, 1467-1472

Sono strani questi italiani, sempre a gesticolare, mangiano solo pizza e pasta, suonano solo il mandolino (N.A. perdonate l’ignoranza ma io in vita mia non ho mai udito il suono di un mandolino) sono rumorosi e spesso non riconoscono l’infinita bellezza del loro Paese. Spero che, quando potranno tornare in strada, leveranno gli occhi al cielo e penseranno: “Siamo proprio fortunati a poter osservare lo stesso cielo di Cesare, Michelangelo, Boccaccio, Leopardi, Dante, Tiziano e molti altri artisti geniali”, forse si renderanno conto di quanto sia bella e complicata la loro lingua, quanto peculiari possano diventare i loro dialetti una volta ascoltati attentamente, quanto cultura possa celarsi dietro un semplice piatto. Desidero ardentemente che lo facciano, però, intanto, auspico che osservino l’etere solamente sporgendosi da una finestra. La Speranza. Marta Giorgi IC, Sofia Auria IA, Annalucia Gelmini & Giulia Manfredi IE

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NARRATIVA

CATENA ALIMENTARE S

A

i mordeva le guance, mentre i chicchi di riso zampettavano, oro colato che liquefaceva la gola. Nessuno stava peggio di lui, nessuno sta peggio di lui, nessuno sta peggio di me. Come ogni giorno, non si esimeva dal... Che piatto di merda!, uno sbiascico calcolato, sufficiente a pervenire alle orecchie paffute dell’obesa cameriera, ono grassa ma non sono sorda, cazzo, ogni fottuto giorno il riso che non mangiate voi marmocchi non lo posso buttare e... piange cercando invano di guardarsi le punte delle scarpe ormai a casa vomita, soprattutto palle di parole contro la mamma e i tuoi consigli, ma che consigli sono, ma cosa vuol dire mettiti il rossetto, devi fare qualcosa per me, che razza di madre sei! E sputa per terra bile e riso. a mammina, impeccabile posa da intellettuale con un libro in mano di cui non sta capendo molto, non sente la necessità di rivolgere alla creatura nulla più di una squadrata prima di tornare alla lettura, ma dentro brucio, oh brucio soffoco annego, lei è il frutto del mio grembo, non può parlare così a me, l’ingrata... e mentre non si spiega come la pulsione naturale prevalga a tal punto sulla maschera d’indifferenza fallacemente costruita da sé su di sé, le sue dita curate battono già un numero di telefono: pronto cara, pronto, ciao sono **** volevo solo dirti che l’altra sera hai presente tuo marito ecco non era proprio in banca no no era da me...eh già... mi ha fatto sentire di nuovo donna guarda, una volta a settimana da un annetto... oltisi accuratamente orologio e gemelli, come ogni giorno ma in un giorno non come gli altri, un banchiere, rincasato, prepara la cena al cagnolino e schiaffa una scodella sul seggiolone di quell’handicappato di mio figlio, che ci mancava solo sto ritardato, ora col divorzio mi darà un sacco di noie, ma come fa questo essere a essere il mio seme? Io e tutta la famiglia siamo sempre stati normali e sani, io non ci credo *grida* lo capisci che sono io nella merda fino al collo e ti devo cambiare io il pannolino a 20 anni? Dio che vita, a me, a me, a me, tutto a me. ’handicappato sul seggiolone ha una minestra nel cervello, non sa dividere con calma un pensiero da un altro, e la scintilla di felicità per il ritorno del papà si stava mescendo alla rabbia animale per ciò che proprio il papà aveva... Ma che aveva detto papà? Non ricordo, davvero, sarà stato ormai un dieci secondi fa, troppo tempo. Comunque è a casa, papà, con me, e il tepore domestico pervade nuovamente le membra del ritardato, che ora desidera solo abbracciarlo e che ora invece si orina addosso e brandendo il cucchiaio a guisa d’aspersorio, battezza la cucina con chicchi di riso.

S

L T

L

Francesco Giammarioli, IIIA

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NARRATIVA

TABOO

A

(O TUTTO CIÒ DI CUI NON PARLERETE MAI)

N

ella riluttante lucetta solare di quelgiornolì, canticchiando a suon di rutti finti, piazzò le proprie chiappone sudate Mr. Ripley. Indossava una camicia lunghissima oh che appiccicaticcio qui e basta, calzini bianchi in pizzo a separare i piedi callosi dal terreno ghiaioso. Si teneva adagiato sull’ingresso sgarrupato d’un vecchio bordello che macello ‘sto posto che chiamava casa da quando ne aveva con forza accidentalmente omicida, Signore lo supergiuro! annegato la puttana madre. Tratteneva tra le cosce energiche Mailedi, dolce fiorellino dai capelli dorati e pagliosi, mentre con una mano alla gola le impediva di dimenarsi e con l’altra le spezzava i fili intorcinati con una spazzola di plastica dal

Vanitas, Sebastian Stoskpoff,1630

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NARRATIVA puzzo di petrolio. Pestandosi i piedi, tutta sbilenca, zampettava lì a uno sputo Maria Maddalena che si teneva le culottes frignando. “Che ti passa?”. “C’ho il ciclo mestruale. Mi sono inchiappata tutta.”. “Amò?!”. Il fratello Inamidato, quello lordo di incenso e buone parole, si strascicò fino al braccio gemello e vi ficcò le unghiacce lunghe e pulite. “Mariù, basta con ‘ste cose.”. Dispiaciuto era tantissimo: immaginatosi già aveva i bei seni piccini della sorella sproporzionata. Gli pareva una giovenca acerba dagli occhi grandi e le natiche sode. Avrebbe voluto intriccarla nuovamente in su di un altro coccole giochetto coccole fra fratelli fedeli licenzioso a cui lei si sarebbe piegata come un fuscello al vento. Ma sanguinava in quel posto e non si poteva fare. E poi c’era Nando il nudista discreto. Vagabondava nottetempo inconscio (sonnambulo) per le vie pancia all’aria, scaricando spirito e corpo tra i cespugli. Quel dì lì, però, era peggio di tutti: s’era andato a spatasciare su di un cactus molto fiero di proprietà della vicina di 69 anni. Quando ella fu costretta a chiamare un’ambulanza e che Cristus però! le si scoprì il prete del villaggio in casa. Nonsi, non era accoppiamento clandestino. Don Luigino era lì recatosi per un servizio completo di ceretta ad una parrocchiana in necessità. Nonostante lo scandalo scampato, il sanguisughista ci fece su comunque un articolo hard mentre accarezzava languidamente i suoi succhiano esserini guarda guarda bene viscosi e succhiano latte di vita umidicci che lasciava liberi di morire per casa. L’unica che si salvava era Domenica Pesatutto, ricca ereditiera dal sorriso incrostato ai denti e lunghi tubini rispettabili. Ticchettava con impazienza sul marmo delle strade cittadine ogni sei giorni di promiscuo caos. Allora tutti si ritraevano terrorizzati e poi, chi aveva figli abbastanza grandi da mangiare da soli, si toglieva la vita sperando che i discendenti accordassero loro l’intuitivo onore di essere divorati dal sangue del proprio sangue. Solo dopo il compimento di almeno una cena di questo tipo, ognuno era libero di tornare en plein air a onorare i Dieci Comandamenti. “Nella speranza di venir presto divorati!”, fece ciao ciao Mr. Ripley ai gemelli appena sfilatigli davanti. Faceva troppo caldo per annegare Mailedi, ragionò un sospiro prima di assopirsi bruscamente. Imik, VE

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NARRATIVA

UN TAVOLO PER UNO

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ati i tempi che corrono ci siamo tutti ritrovati chiusi nelle nostre case, la frenesia della vita giornaliera è stata chiusa fuori dalla porta e siamo rimasti solo con noi stessi. Che fare? Abbiamo tutti cercato di respingere quell’appuntamento a quel tavolino al quale siedevamo da soli. Abbiamo sempre mille scuse per rimandare quella temuta conversazione con noi stessi, c’è sempre l’amico pronto a chiamarti,la scuola, i mille impegni. Ma adesso,basta. Tutto azzerato in un solo istante e vuoi o noi vuoi devi proprio sostenerlo. Hai procrastinato a lungo ma ora sei spacciato, è il tuo momento. E allora eccoti lì, che ti stringi nervoso nei tuoi vestiti perennemente inadeguati, a tuo parere, le mani tremanti e sudaticce, ma finalmente alzi la testa e sostieni il tuo sguardo. “Ciao.” So già che romperò il ghiaccio, sono logorroica. “Va bene dai ,non allunghiamo questo incontro più del dovuto, da dove vuoi che inizi?” Mi fermo un attimo, che sguardo inebetito..come se non sapessi nulla di te, so quante ne hai combinate è inutile che fai la faccia d’angelo. “e quindi ?” Niente,silenzio assoluto,ancora quell’espressione stupida, sei veramente tosta. “Non mi imbrogli sai? Puoi riuscirci con gli altri, ma non con me. Io ti conosco, sono te cazzo.” Mi strofino gli occhi esasperata e decido una volta per tutte di dirle quello che si merita: “ Ascoltami bene,sono stanca di te. Non so più come dirtelo. Soppesi ogni parola,ogni sguardo, ti fingi ingenua per non deludere le aspettative di nessuno e ti rammarichi delle conseguenze che questo porta. Ma non capisci quanto tempo stai perdendo a stare dietro agli altri,quando potresti stare dietro a te stessa?” La vedo confusa,mi guarda con la solita espressione attonita “ Senti,smettila di fare la finta tonta,con me non attacca. Quanto tempo butti nel rimuginare su quello che gli altri pensano di te, quando potresti concretizzare quello che tu vuoi per te.. Ogni opportunità che ti si presenta la metti in un angolo, stabilisci una lista di priorità dove tu non rientri mai. Non vuoi capirmi,vero? Preferisci continuare a fissarmi con quell’espressione distante, sperando che , giudicandoti non in grado di capire, io possa abbandonare questa sgradevole conversazione?” Impassibile. “Sai che c’è? Non voglio perdere altro tempo con te.” Mi alzo gettando via la sedia con veemenza e mentre mi allontano arrabbiata per la sua arroganza, mi fermo un attimo “ Ce l’ha fatta di nuovo” penso fra me. Punto e a capo,ma non finisce qui.

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NARRATIVA

C

La Speranza, Gustav Klimt, 1903

So quanto possa sembrare straniante la lettura di questo articolo,ma colgo l’occasione per invitarvi ad approfondire quella chiacchierata. ArriverĂ il momento in cui sarete costretti ad affrontarla ed è meglio che siate voi a sostenerla per primi,a meno che non vogliate che qualcun altro possa declamare il primato di aver capito chi siete e, soprattutto , che voi non abbiate idea di come smentirlo. Claudia Buttiglieri, IVE

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SPORT

INTERVISTA A MARTA ZENONI

M

A

arta Zenoni è uno dei più grandi talenti dell’atletica italiana. Dopo un inizio da enfant prodige, ha passato due anni bui a causa di vari infortuni. L’anno scorso è tornata, e alla grande. Ho la fortuna di allenarmi (in tempi normali) con lei, e l’ho intervistata. Ecco cosa ne è uscito.

Come sono stati i tuoi primi passi nel mondo dell’atletica? Ho cominciato nel 2008, perché mia sorella (di due anni più grande) era in prima media alle gare della scuola era stata notata da Achille Ventura (presidente dell’Atletica Bergamo 1959, società di Marta) e abbiamo iniziato a fare atletica entrambe.

C

Ti sei rivelata a tutta Italia da allieva, a suon di titoli e record italiani. È stato difficile gestire la pressione? Sì. Finché andava tutto bene no: facevo ciò che mi riusciva bene, mi impegnavo ma non mi costava tanti sacrifici. Ma quando ho cominciato a infortunarmi si sono visti i miei pochi anni, la mia poca esperienza e capacità di gestirmi. Dopo i primi infortuni mi sono rialzata, ma poi tutto ha iniziato a diventare nero e ho passato due anni difficili, dai quali, però, sono uscita mentalmente più forte. Ora tendo a non interessarmi del giudizio degli altri. Nel 2015 sei arrivata terza ai mondiali under 18 sugli 800 metri. Com’è stata quella gara? Non doveva andare in quel modo, e lì per lì ci sono rimasta male perché ero la favorita e non ero abituata a perdere, ma non ero nemmeno abituata a confrontarmi con gente più forte. In Italia ero abituata a partire e andare da sola, là è stata la prima gara in cui ho capito che mi mancava un po’ di esperienza, e infatti le ho prese da atlete che potevo battere. Ci sono rimasta male ma ora ho un bel ricordo nonostante tutto. Nel 2016 hai sfiorato il minimo di qualificazione alle Olimpiadi; quest’anno i Giochi sono stati rinviati. Hai un conto aperto: obiettivi? Nel 2016 avrei potuto centrarlo tranquillamente, ma al Golden Gala allo stadio Olimpico di Roma sono caduta. Ho gareggiato 2 giorni dopo a Bellinzona facendo 2’01” (un ottimo tempo, a pochi decimi dal minimo) in una gara irregolare, ma mi sono microfratturata il piede. Quindi non ci sono state occasioni. Sì, ho un conto in sospeso e le Olimpiadi sono il mio sogno. Quest’anno e l’anno prossimo non sono ancora pronta per essere competitiva a livello internazionale, ma come esperienza ci tengo. Vedremo… In due anni (2017 e 2018) hai disputato una sola gara per via di numerosi infortuni. Dove hai trovato la forza di rialzarti dopo ogni “caduta”? Quando arrivi da un periodo di continuità di allenamenti e gare, al primo infortunio reagisci, e così al secondo. Dal terzo in poi, però, ho perso la voglia di reagire. Mi chiedevo quale fosse il motivo per cui continuavo a farmi male, e chi me lo facesse fare di starci male e provarci continuamente. Poi, pian piano, ho cominciato a vedere la luce in fondo al tunnel. Lo sport è una corsa in salita piena di ostacoli, e specialmente se si è professionisti bisogna costruirsi un’armatura e rialzarsi. Nel 2019 sei tornata, vincendo 7 titoli italiani e un bronzo agli europei under 23. Quale è stato il momento più significativo? La Coppa Europa con la Nazionale assoluta, perché era un’esperienza diversa dalle nazionali giovanili. Poi la prima gara indoor ad Ancona quando ho vinto i 3000 agli italiani dopo tantissimo tempo.

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SPORT

Invece, nel corso degli anni, qual è stato il peggiore? Di rammarichi ne ho: ho buttato via alcune occasioni per la mia impulsività, come le campestri in cui partivo fortissimo per poi scoppiare. Però la cosa che mi lascia più triste è la caduta del Golden Gala 2016 perché da lì è iniziato tutto il periodo negativo ed era stato un brutto colpo anche perché avevo solo 17 anni. Sogno/ paura più grande? Il sogno non lo dico per scaramanzia, la paura è quella di deludere le aspettative (sia le mie sia quelle altrui). Dopo aver vinto i due bronzi (mondiali ed europei, nel 2015 e nel 2019) eri delusa. L’estate scorsa hai detto: “Non era il metallo che volevo. Io volevo sentire l’inno. Però arriverà, questa è una promessa.” A mente fredda, sei soddisfatta di quei risultati? Ni: l’anno scorso agli Europei non avevo a portata l’oro, ma le due atlete che mi hanno preceduta non hanno avuto la mia discontinuità, non hanno perso 3 anni di gare ed esperienze. L’anno scorso ci poteva stare, ma il bronzo ai Mondiali non mi andrà mai giù perché avevo nelle gambe altro. Cosa hai provato quando, quest’estate, hai esordito in nazionale maggiore? È completamente diverso dalla Nazionale giovanile, perché lì sono professionisti. Mi sarebbe solo piaciuto che si sentisse un po’ di più lo spirito di squadra. Di recente sei entrata nelle Fiamme Oro, gruppo sportivo militare. Cosa cambia nella tua percezione dell’atletica ora che diventi professionista? Ora è tutto sospeso per via del virus, spero di entrare definitivamente perché è un supporto importante e un onore essere dentro e gareggiare per un corpo militare. Che piani hai per il futuro? Continuare a fare atletica, diventare forte ed essere competitiva a livello internazionale. Non solo partecipare. E contemporaneamente crescere a livello personale, ad esempio con l’università. (Marta ha una borsa di studio alla LUISS per meriti sportivi). Alessandro Cecchinelli, VE

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SPORT

RES GESTAE DIVAE ATALANTAE PARTE SECONDA te la Trova te sul par prima ro 99! nume

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Chi eroe per simbolo, chi per grinta entrambi sono amati oggi come ieri, gli uni sempre pronti a dare una spinta non finiscono mai una partita interi, gli altri d’importanza contraddistinta, quai erano Christian Raimondi e Vieri: se l’un ha mangiato tanta taragna, vista ha il gran bomber infinita gnagna.

I prodi spesso cadono in errore quando sol per sé vogliono il successo, ma se l’inganno si scopre – che orrore! di punto in bianco trovansi a processo, perdendo vilmente ogni ombra d’onore come accadde a Doni e al calcio scommesso. Fortuna in fondo al tunnel c’è la luce che infamia scaccia e nuovo orgoglio adduce.

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SPORT M’incanta impresa portentosa eccome, eroica più d’ogn’altra e maestosa, che di dea lustro ridà al nome, la squadra esalta a stella luminosa, e sulle genti le scioglie le chiome, di cotal gemma da sempre orgogliosa. Venne dalla città della lanterna Gasperini a trovar gloria eterna.

Suo prim scudiero in ogni battaglia fu Alejandro Gomez, il Papu detto, sul campo, alto il gladio, a onorar la maglia non trattossi solo di egregio duetto, con loro era gran squadra, non gentaglia, ed ottennero con percorso netto all’Europa League eroico accesso col quarto posto, eccellente successo.

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SPORT Com’un’orchestra tende al fortissimo, così fu un crescendo quel che poi venne fino a arrivare a un esito altissimo, per cui l’Everton lasciò le penne, cinque pere: un conto salatissimo, che ai top club fece drizzare le antenne. Si spensero ai sedicesimi i sogni, di quella papera Etrit si vergogni

Non posesi orben fine al miracolo, nessuno ci avrebbe pensato giammai, Zapata e Ilicic dieder spettacolo ma anche Gosens sull’ala sinistra, assai. Predetto non l’avrebbe un oracolo né il miglior giocatore alla Snai, sconfitte arditamente tutte le big la dea arrivò in Champions League. Tre sconfitte parevano strappare speme d’ogni affermazione europea, ma i prodi non si lasciarono spaventare,

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SPORT come sotto Ilio la distesa achea, senza alcunché libare presso le are compirono impresa degna d’Enea: verso Shaktar, Zagabria e Manchester City furon furia e vittoria degli arditi.

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Diciannove due duemilaventi, data iscritta a diritto nella storia, quarantacinquemila provenienti da Bergamo a San Siro per la gloria di una partita senza precedenti, magica per quattro a uno la vittoria. Domato con virtù di Spagna il toro, cinsele il capo corona d’alloro.

“An và a l’Atalanta” i dis amò tocc, öna squadra che de Berghem l’è ‘l còr i la ama d’i mucc al lac, dricc e böcc. Ol negher e ‘l blö i ma somèa òr e i è ü grant spetacòl denans ai öcc: s’ergù ‘l dis l’è mia ìra, stiff segur, al mòr. S-cècc va salude, ma l’è stat pròpre bèl, pota, adess, va spète in cürva a fà bordèl. Gabriele Radici, alias Ludovico Ariosto, IVC

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III PAGINA

OROSCOPO: CRONACHE DAGLI ANTIPODI CELESTI

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ARIETE

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CANCRO

Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: zitelli gattari. Movie: The Breakfast Club Soggiorno estivo: soggiorno!

Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: un po’ qua, un po’ là, chi volete che vi controlli sui vostri duecento account! Movie: Parasite Soggiorno estivo: divanodivanodivano.

C

TORO LEONE

Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: flirt social molto poco sociali. Movie: Lost in Translation Soggiorno estivo: cucina.

Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: soprattutto a chi vorrebbe cuccare sul web, gettatevi sul classico e onesto che è meglio. Movie: Il Cigno Nero Soggiorno estivo: vasca da bagno.

GEMELLI Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: fedelissimi…per forza. Movie: Birdman Soggiorno estivo: angolino buio della vostra camera.

VERGINE Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: con il vostro bello (o bella!) solo tristi scintille di amarezza…si vede che guarda altrove. Movie: Il Diario di Bridget Jones Soggiorno estivo: sul tetto coi gattini.

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BILANCIA Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: vedo, prevedo e stravedo che i chiletti in più saranno benedizione di Venere per quando uscirete dal loculo: non disperate! Movie: Suspiria (di Dario Argento) Soggiorno estivo: on scrivania as amaca esotica.

CAPRICORNO Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: datevi al cibo va’, unico grande amore. Movie: Arancia Meccanica Soggiorno estivo: long islands freschi pavimenti.

SCORPIONE ACQUARIO

Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: tornatevene a dormire, non si può fare proprio questo mese. Movie: Fight Club Soggiorno estivo: sgabuzzino e stanzine intime (piccole).

Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: bacini e abbraccini soprattutto dagli amici e dalle sorelline. Movie: Blue Velvet Soggiorno estivo: garden o balcone o lingua fuori dalla finestra.

SAGITTARIO Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: tra webcam e video di omini e donnine attraenti, siete i più digitalmente attivi e produttivi in questo ambito. Good. Movie: Edward Mani di Forbice Soggiorno estivo: in the lettone.

PESCI Imprevedibilissimi scrutini: promossiiiii!!1! Amore: nerd eravate e nerd rimarrete, nelle vostre pantofolone casalinghe. Movie: American Psycho Soggiorno estivo: sotto al tavolo da pranzo (per la frescura ombrosa).

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TEST SWAG

Q

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uesto periodo di distanziamento sociale sta mettendo alla prova tutti noi. Tipo, sto scrivendo queste righe con la sinistra, perché ho deciso di essere mancino a giorni alterni, così da non perdere la cognizione del tempo. Ho anche imparato che il letto non si sistema da solo. I piaceri antichi della vita in famiglia, dei film alla sera tutti insieme, salvo gusti improponibili del sottoscritto che vuole vedere tutti gli Sharknado. La cucina ci ha assorbiti anima e corpo, non c’è più lievito in giro: sono 6 giorni che il mio impasto sta lievitando. Il tempo è sospeso, i giorni sono tutti uguali, l’unica cosa che cambia è la lunghezza dei vari peli corporei: chi l’avrebbe mai detto che un giorno mi sarei potuto fare le treccine all…no niente. In ogni caso, ecco a voi questo bel test per tenervi ripassato com’è vivere nel Mondo Esterno, avere contatti umani eccetera.

DA COMPILARSI SETTIMANALMENTE, CHE SE NO DIVENTATE DAVVERO SARPINI MODELLO. 1) Quanti giorni ci sono in una settimana? A. Sette. B. Dipende dal decreto in vigore. C. Dipende da quante volte ti svegli. 2) Come ci si rivolge al premier? A. Dandogli del lei. B. DADDY. C. Che c’entra Berlusconi? 3) Quanti sono i pasti principali? A. 10, spuntini esclusi. B. 3 C. 1, verso metà giornata, ovvero le 20.

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Venere e Marte, Sandro Botticelli, 1482

4) Quale parte del corpo usi per camminare? A. L’uomo non cammina, non ne ha bisogno. B. Gli arti inferiori. C. Al momento ne ho perso l’utilizzo. 5) Che cosa si indossa a un matrimonio? A. Basta tenere la videocamera spenta. B. Pigiama sotto, giacca e cravatta sopra. C. Vestiti eleganti. 6) La luce del sole A. Provoca gravi danni agli occhi e va evitata. B. Favorisce l’assorbimento di vitamina D, la produzione di melanina, ma la sovraesposizione può essere dannosa. C. Abbronza, guarda come sono n3Br0 7) Cos’è un abbraccio? A. Un biscotto. B. Un’unità di misura approssimativa. C. Una dimostrazione d’affetto, in cui due o più persone si cingono vicendevolmente il torso con le braccia.

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III PAGINA RISPOSTE CORRETTE:

1 2 3 4 5 6 7 C B C A C A B Allora, com’è andata? Se le tue risposte sono corrette, CONGRATULAZIONI hai la patente per poter uscire già a maggio. In caso contrario, visita il sito www.ofasocialitavitacomunedisabilitapostvirale.com per assolvere gli Obblighi Formativi Aggiuntivi entro il primo semestre: le prenotazioni degli esami sono aperte da giuglio 2020 verso mezzogiorno. GOOD LUCK BRO

Baccanale degli Andrii, Tiziano Vecellio, 1523-26

P.S: NON PERDETE LA SPERANZA, STIAMO DISTANTI OGGI PER RIABBRACCIARCI SBRONZI FRADICI DOMANI

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C

IPSE DIXIT ARCHIVES A

iao regaz, visto che la nostalgia impera in questo periodo di #socialdistancing, abbiamo deciso di omaggiare la storia recente del nostro mitico giornale con un bel throwback dei best ipse dixit. Eccovi i Top50 ipse dixit dal 2011 a oggi, che numeri precedenti non ne abbiamo trovati. BESOS REGAZ ENJOY Pena, VC & Riccardo Dentella, IVE

• ANNO 17, NUMERO 58 • IIIB Teli: Dimmi l'imperfetto indicativo medio di εροταω terza plurale Carlo: εροτόντο Teli: Lo sapevamo già

Sighinolfi: Si Calini, vai in bagno... Calini: No volevo risponderle Sighinolfi [stupefatta]: Davvero? Calini!? Su, allora rispondi Calini: Bianche e nere, ora posso andare in bagno?

II I Zappa: Io non riderei così X, ho visto tua madre ai colloqui... X: Bella, eh?

• ANNO 17, NUMERO 63 • IVA Cape: Doneresti un rene per avere un credito? Rossi: Perché? Si può?

• ANNO 17, NUMERO 59 • VI Piccirilli: Vi farò fare lavoretti di gruppo, a coppie di tre

• ANNO 18, NUMERO 69 • IVA [Spiegando Michelangelo] Buonincontri: Ragazzi, guardate questa immagine com’è spigolosa, cioè se prendiamo una gomitata dalla Madonna la sentiamo, eccome se la sentiamo

• ANNO 17, NUMERO 62 • VI Giaconia: Apparte che il bollino giallo bambini accompagnati dai genitori spesso significa bambino accompagnami che c’ho paura anch’io Tobaldo: Curtò dove vai? Curto: In bagno Tobaldo: No! Curto: Perché no?? Tobaldo: E perché si?!? Giaconia: Stefano continua tu a leggere [Stefano inizia a leggere] [dopo una paio di righe] Giaconia: Va bene stefano, ma ora torna a pagina 591... Stefano: Apprezzi però la sicurezza con cui mi sono buttato sulla prima riga che ho visto IV I Sighinolfi: Di che colore sono le aquile in Eschilo? [Calini alza la mano]

IVB Pusi: Quindi Maxwell ipotizza l’esistenza di un diavoletto che apre e chiude la finestrella in un senso solo Elzi: Profe, ma lei sa il nome dello spacciatore di Maxwell? VB Bonazzi: E come sono disposte? Masse: A...sandwich...? Bonazzi: Si chiama chiasmo IB Campanelli: Studentessa X per favore fatti un ragazzo, sei sessualmente repressa e molto arrapata • ANNO 18, NUMERO 68 • ID Tondini: In che caso è auxilii? X: Ehm...genitale

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III PAGINA • ANNO 19, NUMERO 72 • IIE Strocchia: Ma cosa avete da guardare? C'è forse una marmotta lì dietro? Seh, continuiamo la venerazione dell'astuccio... Oh, come sei bello e fortunato... IIA Cubelli: I calzini sono il modello della conoscenza

IVE Sciarrotta: Qual è il disegno di HCl? Bale: Una provola! • ANNO 20, NUMERO 77 • IID Salvi: Enea, esule da Troia, va a cercare un'altra Troia...

IIIF Messi: È una versione da tre palle questa Alunno: Colleoni style

IVA Zeno: La dipendenza dal petrolio e dai suoi derivati...che ne so...la plastica, o... Gambe: La Coca Cola

VC Pucci: Prof, gli angeli sono fattissimi! Trivia: Forse il tuo! [la classe applaude] • ANNO 19, NUMERO 73 • VD Strocchia: No oggi devo pranzare fuori Classe: Con chi? Strocchia: [riferendosi alle bidelle] Guardate, con delle gnocche incredibili VB Zappoli: Qualcuno ha mai visto un pulcino rompere l'uovo da dentro? Benny: Io... Zappoli: ECCO! RACCONTA A TUTTI! • ANNO 19, NUMERO 74 • VB Pusi: Che esercizio carino Benny: I cani sono carini! I neonati sono carini! I film di Jennifer Aniston sono carini! Non gli esercizi sugli asintoti! IC Candeloro: Ragazzi sapete dirmi come si dice in inglese le cinque in punto? Spreafico: It's the time of tea! IA Strocchia: Ti vedo come la difesa dell'Atalanta: in difficoltà... • ANNO 20, NUMERO 76 • IID Salvi: Cos'hai in bocca? Teo: Io? La lingua Salvi: Ecco, dai, sputala!

IIC Fusini: [spiega l'atomo] Avete capito?! Perché il numero atomico mica ve lo regalano!

IVE [Prima ecloga di Virgilio] Moretti: Tanto basta per campar...come diceva l'orso Baloo. Anche io uso l'arte allusiva, a modo mio VD Milesi: [commentando l'Olympia di Manet] Vedete che la fanciulla ha il nastrino al collo secondo la moda del tempo Marinoni: Ce l'hanno anche le 2001... • ANNO 20, NUMERO 78 • IIIA [Durante una lezione che è meglio non specificare] Caniglia: Voglio dormire Burini: Io lo sto già facendo • ANNO 20, NUMERO 79 • IID Salvi [nominando Saturnino]: Sembra un nome da papera IIE [Fenice tossisce] Strocchia: Soffoca pure, ma resta in silenzio! IIIA Trivia: Goffredi, lo so che non sono avvenente come la signorina Cattaneo, ma ti dispiacerebbe prestare attenzione alla lezione? Zinni: Professore, non deve sottovalutarsi: io preferisco Lei Trivia: Zinni, nessuno ha chiesto la tua opinione

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III PAGINA IIIE Elzi: Certo, c'era anche la pena infilare un ravanello nell'ano Costa: Davvero era una pena? Pensavo fosse più...tipo un passatempo

Moretti: No! Bale: Maledetti luterani! • ANNO 21, NUMERO 83 • IIID Amadio [Parlando di San Francesco]: Già al suo tempo era uno dei best santi in the world

• ANNO 20, NUMERO 80 • IIB Chiesa: E questa è la Barbie Sophia Loren, che di notte prende vita e ti uccide a colpi di permanente IID [Gita in Sicilia] Emma: Non riesco a capire perché un negozio di abbigliamento si chiami Convento21 Emma l'altra: Perché l'abito non fa il monaco IIIA Ferrario: Ma profe, come facciamo a fare quattro esercizi così in sole due ore? Trivia: Eh, uno alla volta IVC Venezia [leggendo una poesia]: Io so dov'è l'Araba Fenice, se l'è tatuata la mia ex sulla schiena • ANNO 20, NUMERO 81 •

IID Gianno: Mi hai sputato! Ora siamo dispari! IIF Carotenuto: Noi abbiamo un linguaggio verbale che va oltre le parole... IVC Minervini: La democrazia sorge al mattino come il sole del Mulino Bianco • ANNO 21, NUMERO 82 •

IIC Nardone: Comunque vada, voi, da Scilla e Cariddi, ci dovete passare; poi decidete voi se io sono Scilla o Cariddi, ma sono sempre mazzate IIID Zappoli [accarezzando il muro]: A fare così tutto il giorno proveresti una sensazione piacevole? VE [Bale non viene estratto per l'interrogazione] Bale: Profe posso baciare Sant'Antonio?

VA Mangini: Dunque, alla fine del ragionamento, ha senso la nostra vita? Bea [con rassegnazione]: No... • ANNO 21, NUMERO 84 • IIC Ester: Ho provato l'acqua all'agave e faceva schifo: sapeva di placenta! Benzoni: Mi stai dicendo che hai...provato la placenta? IIID Di Marzo:...siccome i sarpini sono duttili Rafi&Moanett: E malleabili, buoni conduttori di calore Emtivi: Ma soprattutto se sottoposti a forti pressioni non si spezzano • ANNO 21, NUMERO 85 • IIID Carsy: Due razionali sono simili quando hanno l'estrema destra simile Di Marzo: Mi stai dicendo che Salvini è razionale? IVA Bea: Prof, le piace Brad Pitt? Trivia: Preferisco le signorine • ANNO 21, NUMERO 86 • IIC Prof: Alice, smettila di parlare con Dolci! Che cosa ci trovi in lui, poi? Chri: Ma guardi che sono meglio di come sembra! Prof: Non voglio frequentarti! IIID Zappoli: Ieri è morto il mago Zurlì, facciamo un minuto di silenzio VE Moretti: Eleonora, vuoi leggere la tua traduzione? [Eleonora legge]

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III PAGINA Moretti: Mmh... non ho capito Ele: Nemmeno io • ANNO 22, NUMERO 85 • IVB Milesi: Oh è arrivato Cassandra! Bene, so cosa fare al corso di aggiornamento oggi 5C [un cane continua ad abbaiare fuori dalla finestra] Benzoni: Signor cane, io starei spiegando

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• ANNO 23, NUMERO 93 • VD Turla: Oggi parlerò del complesso di Edipo: l’avete superato?

Carotenuto [senza alcuna ragione apparente]: IO NON INSEGNO ZUMBA!

• ANNO 23, NUMERO 94 • VF Frattini: Oggi mio figlio mi ha detto: “Duce dei miei occhi”

IVD Di Marzo: Perché devi contribuire così tanto alla mia depressione? IIIC Candeloro: Professioni in inglese che comincino per “x”? Ester: XILOFONO PLAYER • ANNO 22, NUMERO 87 • VA Buonincontri: Abbiamo detto che la “Eva” di Von Stuck evoca sensualità. Puoi dire lo stesso di quest’opera di Picasso? [Luca esita a rispondere] Buonincontri: Insomma ci andresti a letto con queste?

IVG Ceri: Perché non stabiliamo un ordine in cui portare i libri di latino? Piccirilli: Perché tu mi chiedi un ordine che non fa parte della mia vita

Messi: Il canto sesto è sull’uccello di Dio. L’aquila eh! No perché detto così... • ANNO 23, NUMERO 91 • VG Maria [traducendo una versione di latino]: “Ma preferisce, con torbido sbadiglio, abbandonarsi a...” Piccinelli: MA NDOE?

• ANNO 22, NUMERO 86 • IIE Salvi [indicando un verbo] : Che tempo è? Michela: È un ariosto primo Salvi: Non so perché ma qualcuno si sbaglia sempre

• ANNO 22, NUMERO 88 • IVE Musi: Secondo me è la A Fra: No, è la B Musi: Ok [segna C]

• ANNO 22, NUMERO 89 • IIE [Amato legge “andrès” invece di “àndres”] Piccirilli: Andrès? Andrès Cortès?! Cos’è, un ballerino spagnolo di flamenco?

• ANNO 23, NUMERO 97 • CASSANDRA [Dopo aver chiesto al preside di uscire dal suo ufficio per poter fare una foto che ci è servita per la copertina di questo numero di Cassandra] Preside: Quando la mettete sul giornalino però come didascalia non dovete scrivere: “Siamo andati nell’ufficio del preside e come al solito non lo abbiamo trovato” Falciano [vede l’esametro sulla lavagna]: Chi è che disegna delle tette sulla lavagna? IIIA Colombo: Vanoncini, dì qualcosa! Vanoncini: Non ho capito la domanda... Colombo: Non l’ho fatta! • ANNO 23, NUMERO 98 • IIF Bosio: In greco non potete usare la doppia negazione, perché se dite “non è venuto nessuno” in greco diventa positivo Matteo: Come in bergamasco: si dice “l’è egnìt nisü”, non “l’è MIA egnìt nisü” Bosio: Ha ragione!

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Hanno scritto: Sofia Auria, IA; Marta Giorgi, IC; Maddalena Foschetti, ID; Annalucia Gelmini, IE; Giulia Manfredi, IE; Giulia Biava, IF; Davide Bonacina, IF; Beatrice Locatelli, IF; Irene Rampinelli, IF; Teresa Molinari, IF; Francesco Giammarioli, IIIA; Margherita Monticelli, IVB; Margherita Rodeschini, IVB; Francesca Zucca, IVB; Gabriele Radici, IVC; Claudia Buttiglieri, IVE; Riccardo Dentella, IVE; Elisa Frigeni, IVE; Leonardo Gambirasio, IVE; Margherita NĂŠ Allegra, IVE; Paolo Raimondi, IVE; Linda Sangaletti, IVE; Cecilia Zinni, IVE; Chiara Ubiali, VB; Christian Pena Dolci, 5C; Paola Preziosa, VC; Matteo Sangalli, VD; Alessandro Cecchinelli, VE; Imik, VE Hanno disegnato: Linda Sangaletti, IVE e Tommaso Brignoli, VC Hanno impaginato: Riccardo Dentella e Samuele Sapio, IVE Copertina: Alice Pege Direttrice: Costanza Rossi, VC Vicedirettore: Christian Pena Dolci, VC Caporedattori: - Sarpi: Matteo Sangalli, VD -AttualitĂ : Samuele Sapio, IVE -Cultura: Anna Magni, VF e Chiara Beretta, VC -Narrativa: Francesco Giammarioli, IIIA -Sport: Alessandro Cecchinelli, VE -Terza pagina: Pena, VC Segretarie: Zoe Mazzucconi, IIIA; Linda Sangaletti, IVE; Arianna Di Francisca, VE; Alessia Faustini, VC


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