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Bhagavan Scrive per il Sanathana Sarathi Leela Kaivalya Vahini
BHAGAVAN SCRIVE PER IL SANATHANA SARATHI
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UANDO BHAGAVAN SRI SATHYA SAI BABA FONDÒ LA RIVISTA SANATHANA Sarathi, nel febbraio del 1958, iniziò anche a scrivere un articolo per esso ogni mese fin dal suo primo numero e continuò a scrivere senza interruzione fino all’ottobre del 1984. Tutti questi articoli furono scritti in sequenza perfetta, poiché erano stati pensati per essere redatti sotto forma di libri che furono poi chiamati serie Vahini. Per far conoscere ai nostri lettori come Bhagavan abbia scritto questi articoli, Ne riproduciamo i manoscritti, assieme alla loro traduzione, che costituivano il sedicesimo e ultimo libro della serie Vahini, intitolato “Leela Kaivalya Vahini” (Il Fiume del Divino Gioco Cosmico).
L’articolo di questa pubblicazione forma la seconda e ultima parte dell’articolo pubblicato dal Sanathana Sarathi di maggio 1984. Le successive pubblicazioni della rivista conterranno anche altri articoli del “Leela Kaivalya Vahini” sotto forma di domande-risposte (tranne quello pubblicato nel numero di giugno del 1984 del Sanathana Sarathi, poiché non siamo riusciti a trovare il manoscritto di questo articolo). Poiché Bhagavan Sri Sathya Sai Baba Stesso è il Veda Purusha e i Veda sono emersi da Lui, non può esserci autorità più grande per proporre i valori eterni e gli inestimabili insegnamenti dei Veda. I ricercatori che vogliono cogliere l’autorevole e autentico significato delle verità spirituali contenute in queste Scritture antichissime dovrebbero leggere e rileggere questi articoli.


LEELA KAIVALYA VAHINI Sai Parla al Sadhaka
La parola Amnaya deriva dalla radice “mna”, che significa “apprendere”. Poiché i Veda dovevano essere appresi continuamente e in modo costante, essi erano noti a tutti come Amnaya e anche come Namamnaya. Chhandas indiica un metro poetico, che può essere messo in musica, come nel Sama Veda. Quindi, i Veda stessi erano indicati con quel nome. Il nome Swadhyaya è stato assegnato ai Veda, poiché essi venivano trasmessi per successione di padre in figlio e di generazione in generazione attraverso il processo di insegnamento e apprendimento (Swadhyaya). Agama significa “quello che è giunto, ha avuto origine”. Nigamagama è un’elaborazione della stessa parola. I Veda hanno avuto origine dal Soffio di Dio; ogni sillaba è sacra. Ogni parola è un Mantra. I Veda sono tutti Mantra. Sadhaka: Mantra? Che cosa significa Mantra? Sai: Mantra è l’esposizione dell’obiettivo che si è fissato. Vale a dire, è ciò che stimola e promuove Manana o la ricerca attraverso la mente. La sillaba “man” indica il processo di indagine e la sillaba “tra” significa “capacità di far attraversare, liberare, salvare”. In breve, Mantra è ciò che salva quando la mente si sofferma su di esso. Mentre i riti e i sacrifici rituali vengono eseguiti, la persona deve ricordarsi costantemente della loro natura e del loro significato. Le formule che deve ripetere per raggiungere questo scopo sono i Mantra. Ma oggi, coloro che eseguono questi riti, li recitano o meccanicamente o li fanno rotolare sulla lingua. Non prestano attenzione al significato del Mantra. Quando i Mantra vengono pronunciati come tiritere, non danno frutti! La persona può ottenere piena ricompensa solo quando li recita con la cognizione del loro significato e della loro importanza. Ogni Veda ha molti “Shakha” (arti, rami) e la completa direttiva e lo scopo di ognuno di essi devono essere conosciuti anche dallo studioso vedico. Sadhaka: Che cosa sono gli Shakha? Sai: Shakha significa “ramo”, un testo derivante dal Veda principale. Un albero ha rami, ogni ramo ha dei ramoscelli e gruppi di foglie. Quando tutti questi sono collegati assieme, appare l’albero. Ogni Veda ha un gran numero di rami principali e rami secondari. Non tutti sono venuti alla luce. Solo alcuni sono stati individuati e studiati. Il numero di Shakha persi dalla memoria e dalla pratica aumentano a migliaia e persino a centinaia di migliaia. Anche i loro nomi sono scomparsi; nessuno può ricordarli. Questo è il motivo per cui le Scritture dichiarano che “i Veda sono infiniti” (Ananto Vai Veda). Di conseguenza, ciascuno dei grandi santi e saggi si prese cura di studiare e praticare solo pochi Shakha, di un Veda o dall’altro.