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Il Bambino Parikshit e la Profezia Bhagavatha Vahini
Capitolo 3
IL BAMBINO PARIKSHIT E LA PROFEZIA
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AHIMÈ! “DOVRÀ SUBIRE INFINE un così tragico destino? Sarà questa la ricompensa per tutta la bontà che è in lui? È possibile che anni spesi nel bene abbiano per conseguenza una fine così sfortunata? Si afferma che coloro che muoiono per annegamento, cadendo da un albero o per il morso di un serpente abbiano una vita triste nell’aldilà. Queste, infatti, sono considerate morti infauste. Si dice che coloro che muoiono così diventino fantasmi e debbano soffrire molto. Perché questo fanciullo dovrebbe finire in tal modo? Oh, che cosa orribile, che ingiustizia!” Così si lamentava Yudhishthira, mordendosi le labbra per dominare il suo dolore. I bramini accorsero a consolarlo. “O Maharaja”, dissero. “Non hai motivo di addolorarti in tal modo. Un uomo così grande non incontrerà mai una simile sciagura. No. Nell’oroscopo del bambino, esaminando le posizioni dei pianeti, possiamo chiaramente notare due felici congiunzioni, che indicano Vajra Yoga e Bhakti Yoga (potere e devozione), entrambi potenti e propizi. Pertanto, non appena verrà a conoscenza della maledizione, egli abbandonerà il regno, la moglie e i figli, si ritirerà sulle rive del sacro fiume Bhagirathi (Gange) e si arrenderà al Signore. Il grande saggio Suka, figlio di Vyasa, si recherà da lui e lo inizierà all’Atma Jnana (conoscenza del Sé) attraverso la recitazione delle glorie del Signore Krishna e il canto delle Sue lodi. Così, egli trascorrerà i suoi ultimi giorni sulle sacre rive del Gange ed esalerà il suo ultimo respiro in adorazione del Signore.” Come può un uomo simile affrontare tragedie o calamità? Egli non rinascerà, perché, attraverso il Bhakti Yoga (Yoga della devozione), raggiungerà l’unità con il Signore dell’universo, il Purushottama.” Udendo queste parole, Yudhishthira abbandonò ogni tristezza, si rallegrò e disse: “Se è così, questa non è una maledizione; è una grazia straordinaria!” A questo punto, tutti i presenti si alzarono e resero onore ai bramini per la loro erudizione e sapienza, offrirono loro gemme e vesti di seta e il re dispose di rimandarli alle loro dimore. Yudhishthira e i suoi fratelli si trasferirono nei loro palazzi, dopo aver passato molte ore a parlare degli avvenimenti della giornata e delle paure felicemente rimosse. Erano pieni di gioia per la svolta che avevano preso le predizioni. Il fanciullo cresceva nelle stanze dei bimbi, come la luna nella metà chiara del mese. Poiché era nato per essere erede del grande impero, dopo un susseguirsi di terribili avvenimenti, tutti lo amavano e lo proteggevano come la pupilla dei loro occhi, come il loro stesso respiro. Draupadi, che era rimasta affranta per la perdita dei suoi figli (gli Upapandava), Subhadra, che aveva subito una perdita insanabile con la morte di Abhimanyu, e i fratelli Pandava, temendo che la terribile ira di Aswatthama e la sua freccia scagliata contro il figlio postumo di Abhimanyu, mentre era ancora nel grembo di Uttara, avrebbe potuto fare il peggio e distruggere per sempre la dinastia dei Pandava, si sentivano sollevati ed esultanti nel vedere il neonato. Essi erano immensamente felici e trascorrevano i giorni in adorazione dell’adorabile bimbetto, che andavano a prendere dal gineceo, ogni volta che sentivano il desiderio di vederlo e di tenerlo tra le braccia. Il bambino era anche
molto intelligente e sembrava osservare i lineamenti di tutti quelli che lo coccolavano o gli andavano vicino, fissando i loro volti a lungo amorevolmente. Tutti erano sorpresi di quello strano comportamento. Ogni persona che gli si avvicinava veniva sottoposta a questo esame approfondito dal bambino che sembrava determinato a rintracciare qualcuno o qualcosa nel mondo in cui era venuto alla luce. Alcuni dicevano: “Purtroppo, sta cercando suo padre, Abhimanyu.” Altri affermavano: “No, no, il bambino sta cercando il Signore Krishna.” Altri ancora asserivano che sembrava stesse cercando di scoprire qualche Luce Divina. Restava il fatto che il bambino esaminava tutti, alla ricerca di qualche tratto o segno a lui noti, per riconoscere una forma che già aveva nella mente. “Pariksha” era la parola usata da tutti per quella ricerca in cui il piccolo era impegnato; infatti, ancor prima che la cerimonia del nome avesse luogo, tutti, sia a palazzo sia fuori, cominciarono a chiamare il bambino Parikshit, “colui che è impegnato in Pariksha” (la ricerca). Così, quel nome, Parikshit, gli rimase. Dal re al contadino, dallo studioso al villano, dal monarca all’uomo della strada, tutti lo chiamavano Parikshit o si riferivano a lui in tal modo. La fama del bambino cresceva di giorno in giorno ed era sulla bocca di tutti. Un fausto giorno, Yudhishthira chiamò alla sua presenza il sacerdote di corte, affinché stabilisse il momento propizio per la cerimonia di imposizione del nome al piccolo principe.
Il sacerdote convocò il suo gruppo di studiosi e astrologi i quali, dopo aver studiato le congiunzioni dei corpi celesti, individuarono un giorno che tutti concordarono propizio per l’evento e stabilirono anche a che ora dovesse esattamente svolgersi l’imposizione del nome. Gli inviti a partecipare alla cerimonia furono inviati ai governanti del Paese, a studiosi e Pandit, nonché a eminenti cittadini. Il re inviò i suoi messaggeri per invitare saggi e personalità di grande ricchezza spirituale. Arjuna andò dal Signore Krishna e Lo pregò con reverenza di elargire in quell’occasione la Sua grazia al bambino, e ottenne di portare Krishna con sé a corte. Quando Sri Krishna arrivò, i saggi, i bramini, i re, i governatori e i cittadini si prepararono tutti a riceverLo con rispettoso omaggio. I fratelli Pandava, magnificamente vestiti, Lo aspettavano all’ingresso principale del palazzo per offrirGli il benvenuto. Quando il cocchio del Signore fu in vista, rullarono i tamburi, le trombe squillarono un possente saluto, e gioiosi evviva si levarono da ogni gola. Yudhishthira si avvicinò al cocchio, abbracciò il Signore non appena scese e, tenendoLo per mano, Lo condusse nel palazzo, dove un alto trono era stato appositamente preparato per Lui. Dopo che il Signore si fu seduto, tutti gli altri occuparono i loro posti secondo il proprio rango e posizione. Sahadeva si recò negli appartamenti interni e il bambino fu portato su un vassoio d’oro, splendente come il sole, reso più attraente da magnifici gioielli. I sacerdoti recitavano i mantra, invocando la benedizione degli Dei affinché il bambino avesse salute e felicità. Sahadeva adagiò il bambino al centro della sala del trono. Ancelle e paggi andarono in lunghe file verso il luogo dove si trovava il principe, recando vassoi d’oro pieni di profumi e fiori, sete e broccati. Dietro i tendaggi, disposti per l’occasione, le regine Rukmini, Draupadi, Subhadra e Uttara si compiacevano della festosa scena, osservando lo sgambettare del bambino. Sahadeva poi lo prese e lo depose su un letto di fiori nel padiglione eretto appositamente per la cerimonia del nome, ma il bimbo cominciò a camminare gattoni baldanzosamente, nonostante le ammonizioni delle ancelle. A quanto pare, voleva andare in qualche posto particolare! Gli sforzi di Sahadeva per fermarlo si rivelarono inutili. Yudhishthira, che osservava i suoi movimenti con interesse, disse con un sorriso: “Sahadeva, non ostacolarlo. Lascialo andare e vediamo che cosa fa.” Sahadeva lasciò la presa, permettendo al bambino di muoversi dove voleva. Si preoccupò solamente di
tenerlo sempre d’occhio per evitare che cadesse o si facesse male, seguendolo vigile a ogni passo. Il bambino, ottenuta la libertà di movimento, corse diritto verso il luogo in cui era seduto il Signore Krishna, come se fosse una vecchia conoscenza che era ansioso di rincontrare. Afferrò i piedi di Krishna e Lo implorò con lo sguardo di prenderlo in grembo e coccolarlo. Il Signore vide il suo desiderio e fece una sonora risata. Quindi, si chinò per sollevarlo e prenderlo in grembo. Seduto sulle sue ginocchia, il principino fissava il volto del Signore senza nemmeno battere le palpebre, senza voltare mai la testa, né distogliere lo sguardo, senza toccare nulla con le mani, rimanendo in perfetto silenzio. Egli sedeva immobile e Lo fissava. Tutti erano sbalorditi da questo comportamento, così insolito per un bambino. Anche Krishna condivise la sensazione che pervadeva la sala, e rivolgendosi a Yudhishthira disse: “Quando mi era stato detto che questo bambino fissava chiunque gli si trovasse davanti e ne studiava i lineamenti, non volli crederci; pensavo fosse una nuova spiegazione data dai sacerdoti per descrivere i gesti e i giochi dei bambini. Ora vedo, però, che è davvero strano: questo bimbetto ha cominciato a esaminare anche Me! Adesso lo metterò alla prova.” Il Signore cercò quindi di distogliere l’attenzione del bambino da Sé ponendogli davanti una serie di giocattoli e nascondendosi alla sua vista. Si aspettava che il piccolo Lo dimenticasse presto, ma la sua attenzione non era attratta da nessun oggetto. I suoi occhi erano fissi inesorabilmente sul Signore, e cercava Lui e nessun altro. Cercava inoltre di spostarsi verso il luogo in cui pensava si trovasse Krishna. Quando i tentativi di distogliere l’attenzione del bambino da Sé si dimostrarono inutili, Krishna dichiarò: “Questo non è un bimbo qualsiasi: egli ha superato la Mia prova. Quindi, il nome Parikshit è il più adatto a lui; lo sta già mettendo in pratica!”
A questo punto, i Pandit recitarono versi sacri per invocare le benedizioni sul piccolo. I bramini recitarono alcuni passi dei Veda, il suono delle trombe lacerò l’aria, e le donne cantarono inni augurali. Il precettore di famiglia intinse un gioiello con nove gemme in una coppa d’oro colma di miele e scrisse il nome del bambino sulla sua lingua. Il nome fu pure scritto con chicchi di riso sparsi su un piatto d’oro, e il riso gli fu poi versato sulla testa come augurio di prosperità e felicità. Così, la cerimonia del nome fu celebrata in grande stile. Al momento del congedo, gli uomini e le donne che erano presenti ricevettero doni come si addiceva al loro rango. Tutti parlavano ammirati del modo meraviglioso in cui il bambino aveva cercato di essere tenuto in grembo dal Signore, e molti lodavano la salda fede che il bimbo aveva già conseguito. Yudhishthira, stupito del singolare comportamento del principino, si avvicinò a Vyasa, il grande saggio, per sapere da lui il motivo di quella insolita ricerca e conoscere le conseguenze di quell’atteggiamento. Vyasa disse: “Yudhishthira! Quando il bambino era nel grembo materno, e la freccia mortale che Aswatthama aveva lanciato per distruggerlo lo stava raggiungendo, il Signore Krishna entrò dove si trovava il feto, lo mise al sicuro e lo salvò dalla distruzione. Questo bambino, perciò, era ansioso di conoscere chi lo aveva salvato sin da quando si trovava nel grembo materno. Iniziò a esaminare chiunque per scoprire se avesse la stessa radiosità che aveva visto mentre era ancora nello stato fetale. Oggi ha ammirato quella Forma Divina in tutto il Suo splendore ed è quindi andato diritto verso di Lui per pregarLo di prenderlo sulle ginocchia. Ecco la spiegazione dello strano comportamento che sei curioso di conoscere.” Sentendo le parole di Vyasa, Yudhishthira versò lacrime di gioia e gratitudine. Sopraffatto dalla felicità per l’inesauribile grazia del Signore, Gli rese un riverente omaggio.