3 minute read
2. I dati epidemiologici
2. I DATI EPIDEMIOLOGICI DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’
In Italia i dati epidemiologici ufficiali sono pubblicati nella pagina dedicata all’ADHD dell’Istituto Superiore di Sanità.
Advertisement
Secondo l’American Psychiatric Association, la prevalenza di ADHD tra i bambini americani è del 3-5 per cento, utilizzando le definizioni di caso indicate dal DSM-IV, per un totale di quasi 5 milioni di bambini. Nel 35 per cento dei casi, l’ADHD si accompagna, sempre secondo l’American Psychiatric Association, a disordini comportamentali, come quello dell’atteggiamento di sfida continua, nel 26 per cento dei casi a problemi comportamentali e di ansia, nel 18 per cento dei casi a depressione. Secondo i servizi di salute mentale americani, dal 30 al 70 per cento dei bambini con ADHD continuano ad avere sintomi anche in fase adulta. Circa l’80 per cento dei bambini necessita di trattamento anche in fase adolescenziale e il 50 per cento anche in fase adulta.
Tra il 1982 e il 1996 sono stati condotti diversi studi in base ai criteri del DSM-III, la versione precedente del manuale dell’APA. Questi studi danno valori di prevalenza dell’ADHD oscillanti tra il 4 e il 12 per cento tra i bambini americani. Una revisione sistematica di questi studi, fatta da Green e colleghi nel 1999, fornisce un dato di prevalenza del 6,8 per cento dell’ADHD diagnosticata secondo i criteri del DSM-III. La sindrome nei maschi ha una prevalenza tre volte più alta che nelle femmine: 9.2 per cento contro 3 per cento. Gli studi di prevalenza sono stati revisionati nel 2001 anche da James Guevara e Martin Stein sul British Medical Journal, per fornire una risposta medica basata su prove di efficacia di fronte a una potenziale diagnosi di ADHD.
Secondo le Linee guida elaborate dalla Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza nel 2002 (SINPIA), “tre studi epidemiologici condotti in Italia, uno in Umbria e Toscana da Gallucci e collaboratori (1993), e due in Emilia da Camerini e collaboratori (1999) e da Marzocchi e Cornoldi (2000, mostrano che, quando il disturbo viene specificamente ricercato, nella popolazione
infantile generale la sua frequenza è di circa il 4 per cento (in pratica un bambino in ogni classe di 25 alunni), non dissimile dalle stime Nord Americane e Nord-Europee. Secondo il documento elaborato dall’Iss per accompagnare l’apertura del Registro Nazionale, uno studio condotto in due regioni del centro Italia su un campione di 232 bambini ha evidenziato una prevalenza del 3.9 per cento, in base alla presenza di almeno 8 criteri maggiori del DSM-IIIR. Casi potenziali invece si misuravano nel 6.9 per cento della popolazione infantile. Secondo le ricette registrate in quattro regioni italiane, Veneto, Liguria, Toscana e Piemonte, gli psicofarmaci per il trattamento della sindrome sarebbero oggi prescritti all’1,7 per mille dei bambini soprattutto nella fascia di età tra i 14 e i 18 anni.
In base ai dati visti nel presente articolo, appare necessario ed attuale implementare uno studio statistico nazionale di ampio respiro, al fine di inquadrare meglio il dato epidemiologico italiano relativo alla prevalenza dell'ADHD. L'unico dato a nostra disposizione è ancora piuttosto lontano dai dati di prevalenza mondiale e da quelli europei, e questo potrebbe essere dovuto a ricerche tuttora parziali e/o a difficoltà nell'approntare la diagnosi corretta di ADHD.
Età della diagnosi: la diagnosi può essere fatta a qualunque età, dal momento che il disturbo non regredisce in et adulta.
Generalmente però si arriva alla certificazione del disturbo, e quindi della disabilità conclamata, a 8 – 9 anni, a seguito delle segnalazioni della scuola che rileva problemi nel rendimento scolastico e nel comportamento.
Prima dei sette anni la certificazione è possibile perché il disturbo è precoce.