Dipinti di Gustavo Dorè e di William Blake
ARPIE Marianna Scatena 2E
STORIA… • La parola “arpia”deriva dal greco e significa “rapisco”. • Le Arpie sono demoni femminili, variamente concepiti da poeti e mitografi dell’antichità. Regna incertezza sulla loro genealogia (figlie di Taumante e di Elettra, o di Tifone ed Echidna), come sul loro numero, indeterminato in Omero, fissato a due in Esiodo, quindi ordinariamente fissato a tre.
Quadri di Gustavo Dorè
STORIA… Quadro di G. Stradano
Dipinti di William Blake
• I loro nomi erano: Aello, che significa “Burrasca”, Ocipete “Vola svelta” e Celeno (quest’ultima, secondo Omero, si sarebbe chiamata Podarge) “Oscura” (come il cielo per un temporale). Inizialmente esse rappresentavano i venti marini tempestosi, ed era proprio durante alle burrasche che entravano in azione rapendo i naufraghi. L’idea della alleanza fra venti e spiriti era molto diffusa nei tempi antichi, fu quindi inevitabile arrivare a credere all’esistenza di un genio cattivo del vento.
Nella Divina Commedia? • Dante le colloca a custodia del secondo girone del VII Cerchio dell'Inferno, la selva dei suicidi. Le descrive nel Canto XIII, come mostruosi uccelli dalle grandi ali, colli e volti umani, un grosso ventre piumato e zampe artigliate. Nidificano tra le piante dove sono imprigionate le anime dei suicidi e si cibano delle loro foglie, provocando dolore ai dannati. A differenza che nei testi classici, le Arpie dantesche non hanno un nome e non è chiaro in base a quale criterio Dante le associ al peccato del suicidio.
Quadro di Pier Jose
Rilievo greco