Il magazine per il benessere produttivo
Persone
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Terunobu Fujimori – Architetto illuminato
No 9/14
Fatti
Puntando in alto – Le sedi centrali di Vodafone
Visioni Costruire oggi la realtà del futuro
Sapere
Coworking – Sulle tracce di un fenomeno
EDITORIALE No 9/14
Sedus
Benvenuti nel Sedus Place 2.5 “L’utopia è la verità di domani” affermava Victor Hugo. Parole che potremmo definire senza dubbio calzanti, anche se oggi termini come “utopia” e “visione” risultano inflazionati e spesso usati a sproposito. Ovviamente dobbiamo restare con i piedi per terra e tener testa al corso degli eventi. Ma si avverte sempre più il bisogno di ascoltarsi e dar seguito alle proprie intuizioni, anticipare gli sviluppi, con uno spirito lungimirante. È questa la sfida di chi fa impresa: preparare oggi il mondo del futuro. Come sia possibile esplorare nuove strade nel campo dell’architettura, senza abbandonare completamente un’estetica più tradizionale e collaudata, ce lo illustra l’architetto giapponese Terunobu Fujimori con i suoi esperimenti, a volte veri equilibrismi. Le due nuove sedi di Düsseldorf e Milano del Gruppo Vodafone, concepite entrambi come “green building”, con moderni uffici per migliaia di collaboratori ispirati ai criteri del Place 2.5, segnano un punto di svolta che anticipa le tendenze di domani. L’articolo sul futuro del lavoro si interroga sulle nuove modalità lavorative e sui requisiti necessari in termini di leadership e di assunzione di responsabilità, mentre la comunicazione nello spazio virtuale, i fenomeni dello sharing e del coworking, con i suoi ambienti di lavoro flessibili, sono altri temi fondamentali affrontati in dettaglio nel presente magazine. In conclusione di questo numero dall’impronta molto internazionale, riportiamo una storia di successo proveniente dal Paese del Sol levante: “Il momento Suntory” racconta della geniale visione di Shinjiro Torii, inventore del whisky giapponese e fondatore dell’odierna azienda di bevande Suntory, e del suo incrollabile motto “Yatte Minahare”. Non mi resta che augurarvi buona lettura! Il vostro
Holger Jahnke Direttore Commerciale e Membro del Board, Sedus Stoll AG
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PLACE 2.5 No 9/14
Sedus
Sedus Place 2.5 I sociologi affermano che la nostra vita si svolge in tre luoghi:
Place 1 LA CASA Il primo, la casa, è ad alto rischio a causa della richiesta di maggiore flessibilità e mobilità.
Place 2 L’AMBIENTE UFFICIO Il secondo, l'ambiente ufficio, di solito non tiene conto delle necessità emozionali delle persone che vi lavorano.
Place 2.5 L’UFFICIO DEL BENESSERE PRODUTTIVO Se noi portassimo lo stimolo sensoriale del third place all’interno degli uffici, avremmo un second place funzionale in un’area di lavoro stimolante, nella quale si agisce con più trasporto, divertimento, successo e realizzazione nel proprio operato. Questo è ciò che noi chiamiamo “Place 2.5”.
Place 3 IL TEMPO LIBERO Il terzo luogo, il third place, è quello che per noi significa l’oasi dove ricarichiamo le nostre energie. In questa fase dedicata allo svago siamo solitamente portati a formulare le idee migliori.
Sedus si impegna a rendere il lavoro un’esperienza di successo e di soddisfazione, per il bene dell’azienda e di chi vi lavora. Nella sua veste di azienda operante in tutto il mondo, Sedus regala forme sempre nuove all’estetica e contenuti innovativi e attuali per il mondo dell’ufficio.
Scoprite in questo filmato che aspetto può avere un Place 2.5.
Se il vostro ambiente di lavoro necessita di interventi migliorativi, saremo lieti di proporvi idee innovative secondo la nuova cultura del benessere
w w w.p l a c e2 p o i n t5. c o m
produttivo in ufficio.
w w w.y o u t u b e. c o m / u s e r/S e d u s S t o l l AG
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SOMMARIO No 9/14
Sedus
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Puntando in alto
Vodafone: il Campus di Düsseldorf e il Vodafone Village di Milano sono il risultato di un ambizioso progetto architettonico. Entrambi i quartieri generali dispongono di uffici improntati ai criteri del Place 2.5.
Il delicato equilibrio fra visione e utopia
Un’intervista con Terunobu Fujimori, l’architetto giapponese più estroso dei giorni nostri.
Sommario 03 Editoriale
IDEE
FATTI
52 Collezione lounge sweetspot
Eleganza e stile in ufficio 04 Sedus Place 2.5 26 Novità, tendenze e suggerimenti 61 Un tuffo nel passato 68 Panoramica
55 Comunicazione o concentrazione? Entrambe!
Il sistema modulare di contenitori terri tory 58 Strutture mobili in ufficio
Elementi divisori leggeri e flessibili 70 Colophon, copyrights e informazioni di contatto
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16 Puntando in alto
Vodafone: il Campus di Düsseldorf e il Vodafone Village di Milano sono il risultato di un ambizioso progetto architettonico. Entrambi i quartieri generali dispongono di uffici improntati ai criteri del Place 2.5.
SOMMARIO No 9/14
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Coworking
L’articolo fornisce una panoramica internazionale di questo attualissimo fenomeno, che si prospetta come una nuova forma di utilizzo condiviso dell’ambiente ufficio. Il momento Suntory
La storia del whisky giapponese nasce da una visione e si basa sulla volontà ferrea del suo fondatore, Shinjiro Torii.
SAPERE
38 Avere o condividere
Cos’è lo sharing? 44 Coworking
L’articolo fornisce una panoramica internazionale di questo attualissimo fenomeno, che si prospetta come una nuova forma di utilizzo condiviso dell’ambiente ufficio.
PERSONE
VIVERE
08 Il delicato equilibrio fra visione e utopia
Un’intervista con Terunobu Fujimori, l’architetto giapponese più estroso dei giorni nostri.
28 Il futuro del lavoro
Più libertà, complessità in aumento. Chi si assume la responsabilità? 34 Comunicare nello spazio virtuale
Come i sistemi di telepresenza influenzeranno la nostra futura routine lavorativa. 62 Il momento Suntory
La storia del whisky giapponese nasce da una visione e si basa sulla volontà ferrea del suo fondatore, Shinjiro Torii.
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PERSONE Il delicato equilibrio fra visione e utopia No 9/14
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Il delicato equilibrio fra visione e utopia
“L’idea di costruire una casa di legno in cima a un albero non mi attira. Vorrei creare case sugli alberi completamente artificiali, da capo a piedi”. L’idea dell’architetto Terunobu Fujimori appare abbastanza chiara osservando la casa da tè
Incontro con lo straordinario architetto giapponese Terunobu Fujimori
In t e r v i s ta d i J u l i a n T rö n d l e
Terunobu Fujimori è uno degli architetti più estrosi dei giorni nostri. Con occhio critico, analizza le variopinte tendenze architettoniche contemporanee formulando un anti-canone estetico. Nelle sue opere i materiali moderni di costruzione sono nascosti, puntando su un’estetica di tipo emozionale in completa antitesi con il freddo linguaggio formale dell’era moderna. La fama di Fujimori in Europa ha avuto inizio nel 2006, quando le sue opere sono state esposte presso il Padiglione Giappone della Biennale di Architettura di Venezia. A quest’apparizione è seguita una mostra a Monaco di Baviera e i primi incarichi in Europa. Abbiamo chiacchierato con l’architetto giapponese (68 anni) del suo lavoro e della sua idea di architettura, intesa come delicato equilibrio fra fattibilità e utopia.
Signor Fujimori, prima di dedicarsi concretamente – e questo relativamente avanti negli anni – al mestiere di architetto, per lungo tempo si è occupato esclusivamente di teoria. Ritiene necessario conoscere a fondo la storia dell’architettura al fine di evitare che la propria “visione” finisca per contenere riferimenti involontari ad altre opere? Al termine dei miei studi universitari in storia dell’architettura ho cominciato a visitare edifici storici e contemporanei, dapprima in Giappone, poi in Asia, in Europa e nel continente americano che si discostavano dal gusto comune del luogo. In linea di massima mi è stato possibile ricondurre questi edifici a due tipologie:
quelli la cui vista era semplicemente sgradevole oppure quelli che, pur essendo insoliti, mostravano un’elevata qualità architettonica. Al primo gruppo appartengono le costruzioni di Hundertwasser, al secondo il “Palais idéal du facteur Cheval” e la “Watts Tower” di Simon Rodia. Quale storico dell’architettura sono andato alla ricerca di queste differenze riuscendo poi, in veste di architetto, a evitare determinati percorsi, come quello seguito da Hundertwasser. Ci può raccontare un’esperienza chiave che ha contribuito a dare il via alla sua carriera di architetto?
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“Takasugi-an”, costruita su un terreno di proprietà nel 2004.
Il Santuario di Suwa, gestito dalla famiglia Moriya, è uno dei numerosi luoghi di culto del Giappone dove è possibile avvicinarsi all’intensa quanto antichissima fede animista legata alla natura. Quando si trattò di costruire un museo destinato a raccogliere i documenti e le testimonianze di questa religione, il sommo sacerdote Moriya venne a chiedermi consiglio. Sono nato e cresciuto nel luogo in cui è situato il santuario, i contenuti della religione mi sono familiari e sono legato al guardiano del tempio da un rapporto di amicizia. Mi resi conto rapidamente che il repertorio offerto dall’architettura contemporanea non era coniugabile con i contenuti di questo credo, e decisi pertanto di occuparmi personalmente di questo progetto. Il primo punto del suo manifesto personale dichiara che i suoi progetti non possono assomigliare ad alcuna opera di architettura moderna. Ci sono stati comunque alcuni modelli che hanno influenzato i suoi lavori? Quando ero ancora studente ho letto l’opera di Le Corbusier “Vers une architecture” in lingua originale e ne sono rimasto profondamente colpito. Lo stesso vale per gli scritti dell’architetto giapponese Arata Isozaki. Tuttavia non trovo entusiasmanti i loro lavori architettonici. Tra gli edifici che invece mi hanno stregato ci sono quelli di Claude Nicolas Ledoux e di Sei’ichi Shirai. La sua fama si è estesa a livello internazionale principalmente grazie ▸▸
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alle case da tè. Queste opere esprimono un modello antitetico rispetto a quel gigantismo tipico dell’architettura del XX e XXI secolo ... Dove vede l’inadeguatezza dell’architettura contemporanea?
TERUNOBU FUJIMORI Nasce il 21 novembre 1946 a Chino (provincia di Nagano, Giappone). Prima di cominciare nel 1991 a esercitare la professione di architetto, durante gli anni universitari si cimenta approfonditamente con l’architettura moderna e con le idee pionieristiche dell’architettura urbana del futuro. Oggi Terunobu
L’architettura del XX secolo ha seguito in tutto il mondo un’unica, grande tematica. Lo storicismo era malvisto, gli edifici esprimevano l’estrema fiducia nelle scienze e nella tecnica, tipica di quel tempo. Per il XXI secolo non si nota ancora un filo conduttore generalmente valido. Ciascun architetto segue il proprio stile personale. L’ho potuto constatare con particolare amarezza osservando il museo Guggenheim di Bilbao. In generale non pretendo di creare un modello antitetico al gigantismo contemporaneo. Tuttavia, un certo tipo di architettura riesce a soddisfare solo lo stesso architetto, mentre l’osservatore estraneo non ne resta colpito. Pertanto, per quanto riguarda i miei edifici, le persone non dovrebbero rinunciare alla gioia che nasce alla vista o all’interazione con gli stessi.
Lei ha descritto in passato il concetto di qualità di vita nel seguente modo: “L’uomo ha bisogno di un piccolo parco, di un’area comune nella quale sia possibile incontrarsi e stare all’aperto durante i giorni di festa. L’uomo vuole chiacchierare con i vicini o far giocare i bambini”. Come si relazionano le sue case da tè e i loro spazi ristretti con quest’idea illuminata? Quando le persone s’incontrano in uno spazio ristretto, parlano fra loro e trascorrono del tempo insieme; ed è allora che acquistano fiducia l’una nell’altra. Le amicizie nascono facendo bollire l’acqua sul fuoco e bevendo il tè in compagnia. Questa situazione ricorda il divertimento dei bambini quando trovano un piccolo nascondiglio e vi giocano di nascosto dai genitori. Ma siccome all’interno di queste aree ridotte ci si sente spesso vincolati, è necessaria la presenza di finestre relativamente grandi, in modo tale da espandere l’orizzonte a livello visivo.
Fujimori vive a Tokio e oltre ad esercitare la professione, insegna presso l’Istituto di Scienze Industriali dell’università cittadina.
La sua idea di sradicare gli edifici dal terreno traspare in continuazione dai suoi lavori. In occasione di un’esposizione a Chino, suo villaggio natale, Fujimori ha costruito assieme agli abitanti e ai bambini del luogo una “barca di argilla volante”, appendendola mediante alcuni cavi ai piloni vicini e lasciandola oscillare nell’aria.
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I suoi lavori sono anche caratterizzati da tecniche di costruzione tradizionali, ma alquanto inconvenzionali secondo i canoni moderni. Per la casa Yakisugi (2007), ad esempio, ha utilizzato legno di cedro fatto carbonizzare mediante un complesso procedimento per garantirne la conservazione.
Lei ha costruito principalmente case da tè, case ad uso civile e musei. Come immagina il futuro del lavoro? Com’è possibile che non si sia mai espresso a riguardo?
scienza nella natura”. Questa forma di rivestimento non rischia di diventare un compromesso profondamente insoddisfacente, se si parte dall’idea di un’architettura puramente naturale?
Penso che accetterei volentieri la sfida di progettare un grande edificio amministrativo, se qualcuno mi chiedesse di farlo, ma credo che delegherei alcune scelte al mio partner per la progettazione. Il mio linguaggio architettonico si adatta sicuramente anche alla costruzione di edifici di grandi dimensioni, poiché è in grado di impressionare.
Sono un grande estimatore dell’architettura naturale, come ad esempio le capanne delle tribù africane o le costruzioni giapponesi di legno, carta, terra ed erba. Da questi metodi di costruzione è possibile imparare molte cose. Ma non intendo assolutamente creare un’architettura naturale purista. La vita di questi edifici, infatti, è fortemente limitata nel tempo a causa dell’altissima deperibilità dei materiali. La qualità dei materiali industriali da costruzione raggiunta grazie al progresso scientifico e tecnico del XX secolo è invece eccellente. Tuttavia a livello ottico e tattile, trovo che questi materiali siano
Al pari di altri architetti contemporanei, lei costruisce con il cemento armato e l’acciaio inossidabile, ma si spinge oltre rivestendo questi materiali con elementi naturali. Lei definisce questo procedimento “l’avvolgimento della
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freddi e aggressivi. Così mi sono messo alla ricerca di un metodo per “avvolgere” la scienza e la tecnica di soffici materiali naturali. Questa è per me l’unica via percorribile per riuscire a coniugare a livello architettonico l’espressione della modernità con la natura. Un credo puramente naturale che rifiuta la scienza e la tecnica moderna non mi interessa minimamente. Per la costruzione dei suoi edifici cerca di utilizzare materie prime reperibili direttamente nella regione in cui questi andranno a sorgere, e impara inoltre metodi di lavorazione artigianale tipici del posto. Non sarebbe più semplice attenersi all’utilizzo di materiali e metodi di costruzione già testati e dai risultati sicuri? Perché cerca ogni volta di adattarsi alle particolarità del luogo che accoglierà la sua costruzione? ▸▸
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“Probabilmente solo un edificio che sembra spuntare dal terreno, ma che contemporaneamente dà l’impressione di essere sospeso, potrebbe corrispondere al mio ideale di architettura”. Secondo lo stesso Fujimori, questa idea dai tratti utopici trova maggiore riscontro nella sua casa da tè Irisen (2010) di Taiwan.
Il museo storico della famiglia di sacerdoti Moriya è la prima opera architettonica di Terunobu Fujimori. Già in questa opera ha utilizzato il procedimento da lui stesso definito “avvolgimento della scienza nella natura”. Questo consiste nell’utilizzo di moderni materiali come il cemento armato rivestiti però con elementi tradizionali.
Un edificio è qualcosa di diverso da una macchina. Viene creato in un luogo particolare come un pezzo unico. Mi diverto molto nel selezionare assieme agli artigiani i materiali di costruzione e le tecniche tra quelli disponibili, determinando sia la costruzione, sia la forma. Questo “andare a caccia” mi dà molta soddisfazione. Senza tutto questo non potrei immaginare di lavorare. Lei ha la fama di essere l’unico architetto surrealista al mondo. In un’occasione, alla domanda del contemporaneo Le Corbusier su come sarebbe stata l’architettura del futuro, Salvador Dalí rispose che sarebbe stata “morbida e pelosa”. Questa visione lungimirante trova corrispondenza nella sua architettura?
Non sono in grado di valutare se i miei lavori sono surrealisti o meno. Apprezzo molto l’opera surrealista di de Chirico (principale esponente della pittura metafisica, maggiore precursore del surrealismo, N.d.R) e di Yves Tanguy; quella di Dalì invece non molto, anche se trovo simpatica la sua idea di un’architettura morbida e pelosa. Comunque, il mio pittore europeo preferito è Pieter Bruegel il Vecchio. Il mese scorso mi sono recato appositamente ad Anversa per poter ammirare il suo dipinto “Margherita la pazza”, che mi ha profondamente rapito. Con questo ho visto quasi tutti i quadri esistenti di Bruegel. Il suo collega Toyō Itō ha definito la sua opera come un’architettura che non
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affonda le sue radici nella terra ma che proviene da un altro mondo finendo per atterrarvi dolcemente. L’idea di sradicare gli edifici dal terreno è facilmente riconoscibile in molte sue costruzioni. In cosa consiste per lei il fascino di un’architettura staccata dal terreno? Quando la mia prima opera, il museo di storia della famiglia di sacerdoti Moriya, fu terminata e la vidi stagliarsi sull’area incolta circostante, sembrava che fosse staccata dal suolo. Ricordava un modellino, ma con le dimensioni dell’originale – e io ne rimasi inorridito. In quel momento mi sono reso conto che anche il mio edificio non era altro che un oggetto artificiale, reciso dal suolo. Quando Tōyō Itō fece questa osservazione riguardo al ▸▸
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Sedus
Il nome delle sue opere ha spesso un fondo di ironia, come ad esempio la casa da tè galleggiante “Bochabune”, sulla quale Fukimori racconta: -“Il nome significa: ‘La barca nella quale ci si dimentica del tè’ e si basa sul fatto che, quando soffia il vento bisogna remare in continuazione onde evitare di arenarsi sulla riva. Non resta pertanto tempo sufficiente per bere il tè”.
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PERSONE Il delicato equilibrio fra visione e utopia No 9/14
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IL LIBRO Terunobu Fujimori In occasione della mostra presso Villa Stuck, a Monaco di Baviera, è nata la seguente pubblicazione in lingua tedesca e inglese.
mio museo Akino Fuko (Museo della pittura classica giapponese, costruita nel 1997 a Tenryu-ku, N.d.R) ho avuto la sensazione che mi avesse letto nell’anima. Ho provato grande ammirazione per l’acutezza della sua critica. Da quel momento presto molta attenzione nella ricerca di un cauto legame tra le mie opere e il terreno, in modo tale da creare la sensazione che le costruzioni siano nate e cresciute da esso. D’altro canto anche gli edifici completamente distaccati dal terreno e sospesi nell’ambiente circostante mi hanno sempre affascinato. Insomma, voglio rivolgermi contemporaneamente al cielo e alla terra. Non sono però in grado si spiegare per quale motivo seguo questo principio bipolare. Nonostante tutto, dunque, la sua volontà di scardinare le sue opere dal terreno non ha ancora prodotto risultati soddisfacenti. Si potrebbe quasi credere che lei sia alla costante ricerca di idee utopiche, destinate in ultima istanza solo a fallire. Ad esempio, lei stesso ha dichiarato di non essere mai riuscito a mettere in pratica in maniera convincente l’idea di un’architettura “verde”, nella quale le piante e l’edificio si fondono in un tutt’uno. Probabilmente solo un edificio che sembra spuntare dal terreno ma che contemporaneamente dà l’impressione di essere sospeso, potrebbe corrispondere al mio ideale di architettura – anche se questi due principi sono contraddittori. Ma sono
Il libro offre uno sguardo d’insieme circa l’opera dell’architetto giapponese. Verlag Hatje Cantz ISBN-10: 3775733221 ISBN-13: 978-3775733229
convinto che in un determinato momento questo potrà diventare possibile. Un vecchio amico mi ha raccontato che in una giornata di pioggia la mia casa da tè Irisentei di Taiwan, sostenuta su cinque aste di bambù, riproduceva esattamente questo effetto. Era una scena dal sapore onirico, e lui è rimasto a guardare l’edificio ininterrottamente per due ore. Osservando le fotografie scattate durante i lavori di costruzione, sembra che durante i momenti di ritrovo lei dia particolare importanza allo scambio di idee con le persone coinvolte nel progetto. I consigli provenienti dall’ambiente esterno influenzano le sue costruzioni? Nei miei progetti, ogni aspetto viene pianificato con largo anticipo fin nel minimo dettaglio. Lavorando in questo modo non mi è possibile tenere in considerazione le idee di chi prende materialmente parte al progetto. Gli operai sul cantiere vogliono essere coinvolti nel processo di costruzione, non nella fase di ideazione. Lei si è ripetutamente cimentato con la pianificazione urbana del futuro. Così, nel 2007, ha progettato una piantina della città di Tokio, come sarà nel
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2017. In questo scenario apocalittico, a causa dell’accrescimento del livello del mare, la sua città risulta completamente sommersa. Gettando uno sguardo all’indietro, come giudica questa visione ora che, in seguito ai recenti avvenimenti della catastrofe di Fukushima nel 2011, ha assunto tratti quasi profetici? Trovo assolutamente inquietante che uno scenario utopico riferito al futuro si sia trasformato in realtà. Per quanto riguarda il tema della progettazione urbana del futuro, non ritengo esista ancora nulla in grado di superare le intuizioni del collettivo di architetti Archigram degli anni ‘60. Le loro idee mi hanno profondamente influenzato durante il mio periodo di studio. Ma prima o poi sono certo che riuscirò a batterle. ◆
Puntando in alto   Il Vodafone Campus di Dßsseldorf Il Vodafone Village di Milano
FATTI Puntando in alto No 9/14
Sedus
D i Jo a c h im G o e t z
A prima vista, i due quartieri generali Vodafone in Germania e in Italia sembrerebbero concepiti soprattutto per svettare nel cielo e consentire l’installazione di antenne radio nel punto più alto. In realtà, i nuovi complessi realizzano un concetto architettonico ben più ambizioso: costruire degli edifici ecosostenibili conformi alla certificazione LEED e ambienti di lavoro moderni basati sui criteri del Place 2.5.
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I bench alti del sistema invitation sono una soluzione studiata appositamente per consentire ai dipendenti di lavorare assumendo posture diverse in piedi, grazie anche alla barra poggiapiedi, o seduti sulle poltroncine girevoli per banconi, varianti del modello open mind.
L
'altezza degli edifici di Düsseldorf e Milano non può che colpire l’osservatore. La torre a pianta ellittica del Vodafone Campus di Düsseldorf svetta dall’alto dei suoi 75 metri sulla riva sinistra del Reno. Il Vodafone Village milanese si apre invece verso l’esterno, anche per ragioni strutturali, e si presenta più monumentale. In entrambi i casi l’investitore immobiliare ha costruito un complesso su 'misura per il gruppo Vodafone, a cui ha concesso la locazione decennale, realizzato da una società specializzata in grandi opere.
Una città nella città I due complessi condividono premesse urbanistiche simili: entrambi sorgono in aree industriali dismesse periferiche della città a cui sono ben collegate dalla rete viaria. A Düsseldorf si è fabbricato sul terreno dell’ex birrificio Gatzweiler, a Milano in Via Lorenteggio. Gli architetti hanno ricreato in entrambi i luoghi una piazza verde su cui si affacciano vari edifici di diverse altezze che rendono più movimentata la struttura architettonica dell’insieme. Il campus di Düsseldorf è caratterizzato da una piazza triangolare, circondata da pa-
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lazzi alti da sette a nove piani e dalla torre di 19 piani. Le facciate presentano un articolato susseguirsi di profili orizzontali in alluminio forato, concepiti per l’ombreggiatura, che conferiscono omogeneità al complesso. Le fasce delle facciate sono sfalsate in modo da far sembrare gli edifici come addentellati fra loro. Gli architetti del Vodafone Village milanese hanno voluto ricreare l’atmosfera tipica del borgo e delle piazze antiche, utilizzando però materiali moderni. Come per la sede affacciata sul Reno, anche qui il complesso si apre su una piazza centrale che invita a socializzare con il vicinato.
FATTI Puntando in alto No 9/14
Sedus
VODAFONE CAMPUS A DÜSSELDORF Piano standard nella torre
❶ Ufficio Open Space ❷ Area di accesso ❸ Area ascensori, aree di servizio ❹ Area centrale con aree di servizio ❺ Area più appartata e tranquilla ❻ Meeting ❼ Superfici adibite a uffici adiacenti
CIFRE E INFORMAZIONI SUL PROGETTO
al quarto piano
Architetti:
HPP Architekten, Düsseldorf 0m
20 m
Fine lavori:
Dicembre 2012 Superficie dell’area:
circa 26.000 m2 Superficie calpestabile dei piani:
circa 86.000 m2 Costo di costruzione:
circa 300 milioni di euro
Planimetria
N
❶ Torre ❷ Superfici adibite a uffici ❸ Area centrale adibita a verde ❹ Asilo ❺ Superstrada
Dipendenti:
circa 5.000 Certificazione:
LEED Gold, richiesta Mobili forniti da Sedus:
• scrivanie temptation c e temptation twin con regolazione elettrica
0m
20 m
dell’altezza • temptation high desk • invitation bench, versione rialzata personalizzata • armadi a tapparella grand slam • contenitori su rotelle • quadri da parete insonorizzanti mooia • poltroncine girevoli black dot
Asili e doposcuola per conciliare lavoro e famiglia
mensa aziendale, un centro salute e svariati servizi di ristorazione.
Entrambi i quartieri generali offrono ai dipendenti un ampio ventaglio di servizi in un’ottica di work-life balance: i 2800 dipendenti lombardi usufruiscono di un nido aziendale e di altri comfort che facilitano la vita quotidiana, mentre il personale di Düsseldorf può utilizzare l’area fitness del campus a titolo gratuito. Un doposcuola permette ai genitori di conciliare meglio famiglia e lavoro. La citta-della offre, fra l’altro, un parrucchiere, una lavanderia, diversi caffè, una grande
Per contribuire a un migliore benessere, le due sedi sono state dotate di spazi verdi, fontane e sistemi di irrigazione intelligenti. La vegetazione che cresce sui tetti piani assicura un migliore microclima dal momento che vengono depurate sia l’aria che l’acqua piovana, a lento deflusso. L’intera superficie funge da coibente per un efficace isolamento termico creando un clima più gradevole al piano sottostante. L’acqua piovana viene raccolta, filtrata e riciclata per annaffiare i giardini. ▸▸
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• poltroncine girevoli per banconi open mind
Nell’arredamento, il “rosso Vodafone” ricorre in modo discreto. I cuscini sui contenitori favoriscono le riunioni spontanee.
IL PARERE DEL COMMITTENTE DEL VODAFONE CAMPUS A DÜSSELDORF
Per quale ragione avete costruito il nuovo quartiere generale? Volevamo ottenere effetti di sinergia concentrando tutte le sedi Vodafone
Hendrik Grempe, Head of Property Management presso Vodafone Deutschland
a Düsseldorf.
A quali principi architettonici vi siete ispirati, in che modo si manifesta il Corporate Design di Vodafone? L’architettura è una componente che rappresenta la nostra identità aziendale. Per Vodafone il nuovo campus, uno dei complessi adibiti a uffici più moderni in Europa, è un modello di riferimento a livello internazionale. Qui la “Vodafone Way” diventa cultura aziendale vissuta nel quotidiano.
Quali requisiti avete previsto per le postazioni di lavoro? Quali idee avete discusso e attuato? Nel Vodafone Campus vediamo concretamente realizzata oggi la “postazione di lavoro di domani” come autentica espressione della nostra cultura imprenditoriale. Le postazioni sono luminose, aperte e, ovviamente, rispondenti a ogni esigenza funzionale. La comunicazione negli uffici è molto
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FATTI Puntando in alto No 9/14
Sedus
In tutti gli ambienti di lavoro a Düsseldorf sono presenti quadri fonoassorbenti mooia su cui possono essere stampati motivi scelti dal cliente.
importante per noi, ragione per cui abbiamo optato per la soluzione
della torre che sono privi di tastiere. Un sistema di illuminazione
open space. Dovevamo creare le condizioni per attuare la nostra
intelligente è in grado di rilevare la presenza di persone e la luminosità
“desk sharing policy” e mettere i collaboratori in grado di scegliersi
nell’ambiente. Un’altra cosa fantastica: dai rubinetti dei cucinotti esce
ogni giorno una postazione diversa. A livello organizzativo questo
acqua depurata, refrigerata, con o senza anidride carbonica. In questo
comporta realizzare un sistema IT, mettere a disposizione del
modo preserviamo schiena e ambiente evitando di spostare pesanti
personale notebook e cellulari e, non da ultimo, scrivanie regolabili
casse piene di bottiglie d’acqua.
in altezza.
Come mai avete scelto i mobili per ufficio Sedus?
Quali idee e tecnologie d’avanguardia avete adottato?
Sedus è un ottimo marchio con prodotti di alta qualità che si confanno alle nostre esigenze. Abbiamo esaminato attentamente l’offerta
Non possiamo enumerare tutte le idee, ma abbiamo sicuramente
complessiva confrontandola con altre proposte. A fronte di numerosi
privilegiato gli aspetti legati all’ecocompatibilità. Entrando nella torre
e validi competitor abbiamo scelto alla fine Sedus per la fattura dei
Vodafone saltano agli occhi le grandi pareti digitali su cui possono
mobili, soprattutto delle sedie e il buon rapporto prezzo-qualità.
essere riprodotti in qualsiasi momento immagini, temi e filmati. proprio programma Outlook; in corrispondenza di ogni sala apparirà
Ha tratto qualche beneficio personale da questa esperienza?
il segnale di occupato (in rosso) o libero (in verde). Gli utenti devono
Dirigere e coordinare un progetto del genere capita una volta nella vita
selezionare il piano di arrivo prima di salire in uno degli ascensori
e, anche se molto impegnativo, mi ha regalato grandi soddisfazioni.
Adesso ogni dipendente può prenotare una sala riunione con il
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FATTI Puntando in alto No 9/14
Sedus
VODAFONE VILLAGE A MILANO Piano standard
CIFRE E INFORMAZIONI SUL PROGETTO
❶ Ufficio Open Space ❷ Area di accesso ❸ Area break ❹ Lavoro temporaneo ❺ Meeting ❻ Area ascensori, locali ascensori
Architetti:
Gantes e Morisi (PRP architettura), Milano Arredamento di interni:
Studio Dante O. Benini & Partners / Architects, Milano Fine lavori:
Primavera 2012 Superficie dell’area:
circa 63.000 m2 Superficie calpestabile dei piani:
circa 67.000 m2 Superficie adibita a uffici:
31.000 m2
Pianta esemplificativa. Le linee che compongono il complesso, sottili e leggermente ricurve, confluiscono a formare una sorta di prua.
Costo di costruzione:
circa 300 milioni di euro Dipendenti:
circa 2.800 Certificazione:
LEED Gold, richiesta Superfici adibite a finalità diverse Giardino fotovoltaico:
800 m2 Auditorium/Vodafone Theater:
380 posti Centro di formazione:
9 aule Mobili forniti da Sedus:
• temptation c • temptation four • contenitori su rotelle • armadi a tapparella grand slam • tavoli relations • poltroncine girevoli netwin • poltroncine per conferenza open up, silent rush, netwin • tavoli per conferenza no limits
Il concetto milanese di green building Il progetto di costruzione ecocompatibile (per il quale è stata richiesta la certificazione LEED Gold) ha previsto, fra l’altro, sofisticate facciate a doppio strato che sottolineano l’apertura del complesso verso l’esterno. La superficie della facciata è realizzata in vetro trasparente che permette agli impiegati di guardare all’esterno. Allo stesso tempo appositi schermi proteggono dall’irraggiamento solare, con un sistema a doppia ventilazione e tapparelle a comando elettrico. In questo modo si sfruttano al meglio le condizioni di luce naturale. D’inverno, quando il sole è più basso, l’irraggiamento è più forte e consente di ridurre le spese di riscaldamento. D’estate il fabbisogno di raffrescamento si riduce. Per le parti cieche delle pareti esterne sono stati utilizzati pannelli in cemento fotocatalitico autopulenti. Questo materiale è in grado di “imprigionare” in superficie le sostanze
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inquinanti presenti nell’aria, che in seguito vengono lavate via dall’acqua piovana. Anche questo elemento ricorda le antiche città italiane nelle quali, però, la polvere aggressiva si deposita sulle pietre naturali porose corrodendole con il tempo. La climatizzazione realizzata con acqua calda e fredda, a seconda delle condizioni atmosferiche, è parte integrante del concetto di sostenibilità globale. La corrente elettrica per l’illuminazione e il funzionamento delle pompe di irrigazione delle aree verdi è prodotta dal giardino fotovoltaico. Il sistema è regolato da oltre 60.000 sensori che monitorano l’edificio e le aree adiacenti.
Il concetto energetico di Düsseldorf Al di là delle Alpi, la sede centrale di Düsseldorf è riscaldata con un sistema di teleriscaldamento e una centrale a cogenerazione alimentata a biogas. D’estate il calore viene sfruttato per raffreddare tramite assorbimento. ▸▸
La mensa aziendale dallo stile architettonico ricercato offre prelibatezze ispirate alla cucina internazionale.
Per quale ragione avete costruito il Vodafone Village? L’intento era aumentare la produttività e ridurre i costi con una maggiore effi-
IL PARERE DEL COMMITTENTE
cienza dovuta alla centralizzazione. Non solo, ma anche accrescere la flessibi-
DEL VODAFONE VILLAGE, MILANO
lità, lavorando in condizioni migliori e producendo meno emissioni.
Gianbattista Pezzoni, Head of Property Management presso Vodafone Italia
Esiste un Corporate Design internazionale di Vodafone? Come si esprime a Milano? Il gruppo Vodafone opera quasi in 50 nazioni. Esistono linee guida relative all’organizzazione degli ambienti e al look & feel che tengono conto degli standard in materia di postazioni vigenti a livello locale. La nostra impostazione di base, dal punto di vista del look & feel e per la creazione del DNA di Vodafone, prevede linee chiare e pulite, contrasto ed equilibrio, oltre all’utilizzo dei colori complementari. Fondamentale è l’uso accorto del colore rosso. I mobili sono caratterizzati da forme essenziali, versatilità e ergonomia. Le linee guida globali di Vodafone relative all’architettura e all’arredamento degli interni sono state varate nel periodo in cui alcune aziende del Gruppo, quella italiana e tedesca, stavano progettando il proprio quartier generale. Ci siamo ispirati al manuale di strategia del marchio Vodafone che seguiamo anche per le campagne pubblicitarie e per disegnare il packaging degli apparecchi.
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FATTI Puntando in alto No 9/14
Sedus
Sala conferenza modulare a Milano, arredata con tavoli no limits e poltroncine open up.
Quali sono i requisiti di Vodafone relativi a architettura e postazioni di lavoro?
Quali riflessioni vi hanno portato a scegliere i mobili per ufficio Sedus?
Vodafone ha emanato severe direttive di CI per la progettazione degli
Abbiamo scelto Sedus come partner globale dopo una fase di vaglio
spazi e le tipologie di posti di lavoro. Gli standard relativi agli spazi va-
delle offerte durata dieci mesi. Cercavamo prodotti di ottima fattura
riano, a seconda dell’ubicazione e dall’utilizzo previsto degli ambienti di
e design a un costo competitivo, e un fornitore che potesse garantirci
lavoro. Negli uffici sono prescritti 10 m2 per postazione, 12 m2 per le aree
un’assistenza in linea con le nostre esigenze di tempistica, efficienza
adibite a uso flessibile, se sfruttate al 120%, mentre 8 m2 per i centri de-
e qualità, sia a livello locale che globale. Le soluzioni offerte dovevano
stinati al contatto con i clienti. L’open space è stato arredato con mobili
rappresentare anche una ventata di novità per la nostra azienda e
bassi che consentono il contatto visivo e facilitano la comunicazione.
aiutarci ad accrescere il nostro bagaglio di esperienze nell’allestimento
Gli uffici singoli sono pressoché inesistenti e, per quanto riguarda gli
delle postazioni di lavoro a tutto beneficio dei collaboratori e delle loro
standard, non esistono differenze gerarchiche fra gli impiegati, i dirigenti
performance.
e i funzionari di rango superiore.
Sedus fornisce prodotti che sono adatti a ogni organizzazione del nostro gruppo e possono contribuire a creare un’immagine omogenea
Quale filosofia ha ispirato Vodafone nella progettazione?
in tutte le sedi Vodafone caratterizzata dallo stesso look & feel.
Il nostro design è espressione del nostro marchio e dei nostri valori
Non abbiamo riscontrato inconvenienti durante la fase di arredo
culturali. Ciò si riflette nella scelta dell’ubicazione e dell’immobile, degli
del Vodafone Village perché il team di Sedus Italia ha previsto ogni
arredi e dei materiali impiegati. La nostra Corporate Identity, così come
possibile problema prima ancora che potesse insorgere.
viene percepita dai nostri clienti, è calda, personale e ottimistica.
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Gli uffici godono di un’illuminazione naturale ottimale grazie alla ridotta profondità degli edifici. Le postazioni nella foto sono realizzate con 3 scrivanie temptation c e poltroncine girevoli netwin.
La termoregolazione degli ambienti è assicurata da soffitti raffrescanti; d’inverno invece i convettori a pavimento cedono calore. Anche qui il sistema di climatizzazione, riscaldamento e ventilazione è gestito in modo intelligente tramite sensori di presenza. Le finestre possono essere sempre aperte manualmente.
Una nuova sfida per tutti i dipendenti Il concetto di open space era pressoché sconosciuto alla maggior parte del personale, finora sparpagliato in numerose sedi anche distanti fra loro, e abituato per lo più a lavorare nei cubicoli. Per favorire l’accettazione di questo nuovo ambiente si è pensato di coinvolgere attivamente i dipendenti sia tedeschi che italiani nella progettazione dei nuovi uffici con eventi informativi periodici, sondaggi e workshop. Ne sono scaturiti una serie di
suggerimenti tradotti poi in realtà, come i “phone booth”, gli ambienti per lavorare appartati, il nome “Oasi” ideato per il giardino sul tetto e la mensa a forma di isola, che offre ogni giorno piatti della cucina internazionale. A Düsseldorf, nella fase iniziale del progetto sono stati allestiti, in via sperimentale, alcuni ambienti nei quali circa 50 impiegati potevano testare le nuove strutture in rapporto 1:1. Perché oltre all’open space e al sistema di desk sharing era necessario provare in anteprima anche l’archivio esclusivamente digitale, i nuovi sistemi di archiviazione e molti altri servizi ancora.
guardo e un’attenzione maggiori nei confronti dei colleghi. Per prevenire brutte sorprese, i 5000 dipendenti di Düsseldorf sono stati preparati con particolare cura al lavoro nella nuova sede, con un filmato ad hoc, workshop sulla condotta da tenere in un open office e un manuale per il trasloco. Terminata questa fase preparatoria così approfondita, i responsabili hanno già pensato a un sondaggio fra i dipendenti per mettere in luce i punti deboli del progetto in modo da poterli eliminare quanto prima. ◆
w w w.v o d a fo n e. c o m
Una concezione così diversa dell’ufficio implica necessariamente un cambiamento nello stile di comportamento di tutto il personale. Le strutture più aperte, se da un lato favoriscono comunicazione e trasparenza, dall’altro lato richiedono un ri-
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w w w. h p p. c o m w w w. d a n t e b e n i n i a r c h i t e c t s. c o m w w w.p r p.i t
RUBRICHE Novità, tendenze e suggerimenti No 9/14
Sedus
Novità, tendenze e suggerimenti Miscellanea di proposte ispirate al tema di questo numero La penna digitale La “Smartpen” di Livescribe trasferisce tutto quello che scriviamo o disegniamo su un foglio direttamente in un cloud digitale, in completa assenza di fili. È possibile così salvare diagrammi e schizzi in modo semplice e veloce, per poi consultarli in un secondo momento da un tablet o dallo smartphone: una vera innovazione, non solo per i nostalgici di blocco e penna. Questo piccolo multitalento dispone inoltre di un microfono integrato, mediante il quale è possibile, ad esempio, registrare conferenze in buona qualità audio. w w w. l i v e s c r i b e. c o m
Casco pieghevole Chi ama andare in bici nel tempo libero spesso si rifiuta di portare il casco: oltre ai presunti inconvenienti estetici, i caschi da ciclista sono poco maneggevoli, soprattutto quando non vengono usati. A breve però potrebbe essere pronta una soluzione almeno per quanto riguarda l’aspetto della praticità: il designer Michael Rose, infatti, ha progettato un casco pieghevole e salvaspazio. Una volta piegato, questo dovrebbe diventare spesso come un normale libro, in modo da poter essere riposto anche in borse di piccole dimensioni. Purtroppo, alla chiusura di questo numero, la data precisa di lancio del prodotto sul mercato non era ancora nota alla redazione. w w w.corof lot.com/Michael_Rose/Collapsible-Helmet
Bicicletta elettrica deluxe Non stupisce che un designer italiano, di fronte al compito di progettare una bicicletta elettrica, non si sia limitato agli aspetti pratici della realizzazione. La bicicletta elettrica Cykno è stata concepita dall’ingegnere motociclistico Bruno Greppi e realizzata dal designer Luca Scopel. La bici pesa 26 kg, funziona con un motore
da 250 o 500 watt a scelta, e dispone di un’autonomia di 60 km. Ma le specifiche tecniche sono solo un aspetto secondario di questo prodotto dall’elegante estetica retrò. È davvero raro, infatti, assistere a una sintesi così convincente e ben riuscita di coscienza ecologica e stravaganza. w w w. c y k n o. c o m
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RUBRICHE Novità, tendenze e suggerimenti No 9/14
Sedus
Lo smartphone equo Fonti luminose “verdi” Certamente, il modo migliore di portare un pezzo di natura in ufficio restano sempre le buone, vecchie piante. Tuttavia, oggi le possibilità in questo ambito non si limitano più all’impiego di fioriere, vasi pensili o rampicanti: anche il settore dell’illuminazione si è trasformato progressivamente in un laboratorio d’idee, nel quale si cerca di fondere luci e vegetazione in un’unione simbiotica. Installazioni di questo tipo possono rendere più distesa la percezione dello spazio con risvolti positivi sull’atmosfera lavorativa, che diventa più dinamica e creativa. Le piante, inoltre, favoriscono la creazione di un ambiente vitale e risultano così pienamente in armonia con la filosofia del Place 2.5. w w w. g r e e n w o r k s. e u w w w. o n i p r o j e c t s. c o m
Mappe da stropicciare Ripiegare la mappa di una città dopo l’uso e riuscire a farle riprendere la forma originaria a volte è un’impresa quasi impossibile. Per ovviare a questo inconveniente, lo studio di design “Palomar” ha inventato una mappa sottilissima, impermeabile e che non si strappa, da appallottolare semplicemente dopo averla consultata. Questa semplice idea fa risparmiare tempo e seccature al viaggiatore, il quale potrà concentrarsi al meglio sul vero motivo della sua visita. La mappa viene riposta nella borsina in dotazione, onde evitare che venga scambiata accidentalmente per un fazzoletto di carta e finire nella spazzatura. Le mappe “Crumpled City” sono disponibili per le principali metropoli, da Mosca a Oslo fino a Berlino, Roma, New York. Sydney e Tokyo. w w w.palom ar web.com
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In alternativa alle modalità di produzione più note dei giganti della telefonia mobile, il “Fairphone-Project” lancia sul mercato un proprio smartphone. In base a informazioni fornite dal team di sviluppatori, il telefono verrebbe prodotto interamente in modo equo e sostenibile, mantenendosi comunque all’altezza degli standard tecnologici dei modelli a cui si ispira. Dotato di sistema operativo Android 4.2 e di una fotocamera da 8 megapixel, questo smartphone coniuga tecnica avanzata e valori etici. Inoltre è possibile inserire nell’apparecchio due SIM Card contemporaneamente, rendendolo particolarmente interessante se si desidera utilizzare il telefono sia per lavoro che per la sfera privata. Perché una comunicazione al passo con i tempi non è affatto inconciliabile con i valori del fair trade e i principi dell'ecologia. w w w.fa i r p h o n e. c o m
VIVERE Il futuro del lavoro No 9/14
Sedus
Il futuro del lavoro
Yongsan International Business District: la visione architettonica per l’ampliamento della città di Seul prevede, in questo esempio, un denso intreccio tra mondo professionale, spazi abitativi e aree dedicate al tempo libero.
Più libertà, complessità in aumento. Chi si assume la responsabilità?
D i Mi c h a e l Ma y e r
Ce ne rendiamo conto quasi quotidianamente osservando la nostra situazione o quella degli altri: nell’era dell’informazione, il lavoro è in costante mutazione. Soprattutto giovani o grandi aziende di Internet scoprono e fanno propri nuovi modelli lavorativi dagli aspetti talvolta curiosi. Dove ci porterà tutto questo?
S
eparare il lavoro dalle altre sfere della vita è praticamente impossibile. Proviamo semplicemente a rivolgere uno sguardo d’insieme al futuro. Eric Schmidt, presidente di Google e il suo braccio destro Jared Cohen, ex consulente di Hillary Clinton nonché fondatore e direttore del think tank “Google Ideas”, credono di sapere come l’uomo vivrà e lavorerà in futuro e ce lo raccontano nel loro libro “La nuova era digitale”. Ci atteniamo alla loro rappresentazione di un mondo quasi interamente digitalizzato, con automobili prive di autista, armadi automatizzati, robot comandati col pensiero, versioni virtuali di noi stessi da inviare in luoghi diversi da quello in cui ci troviamo, dotate di medicine intelligenti e microrobot all’interno del corpo che ci tengono costantemente informati sui pericoli di malattie. Anche le guerre del futuro avven-
gono a livello digitale con droni e robot. Il terrorismo si sposta progressivamente al mondo virtuale manifestandosi ad esempio in attacchi hacker ai sistemi di gestione del traffico aereo. Il famoso fisico americano di origini giapponesi Michio Kaku, noto principalmente per gli articoli divulgativi su temi fisico-teorici, nella sua attuale opera “La fisica del futuro” ha chiesto a 300 rinomati esponenti nei settori dell’intelligenza artificiale, dell’astronautica, della medicina, della biologia e della nanotecnologia come vivremo fra 100 anni. L’informatico Gerald Sussman è convinto ad esempio di appartenere all’ultima generazione di esseri umani che morirà. Gli scienziati, infatti, sono sicuri che già intorno al 2050 sarà possibile intervenire sui processi di invecchiamento. I geni difettosi verranno riparati e la vita cellulare prolungata. Gli organi ammalati
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verranno sostituiti con organi sani appositamente generati. Anthony Atala, ricercatore in medicina rigenerativa alla Wake Forest University è già riuscito a creare in laboratorio orecchie, dita, uretre e valvole cardiache umane. L’ingegneria genetica potrebbe risolvere anche il problema alimentare nel mondo, per esempio mediante la creazione di fattorie verticali, veri grattacieli coltivati. Secondo i calcoli della Columbia University di New York, 150 di questi fabbricati basterebbero ad alimentare l’intera metropoli americana. Fusione nucleare, energia solare, magnetismo, nanotecnologia, olografia, computer che si autoriproducono, materia programmabile, agiatezza per tutti grazie a una globalizzazione di ampio raggio: quando si tratta del futuro dell’umanità, la scienza azzarda ipotesi audaci; ma lo fa, almeno nel campo esplorato da Michio Kaku, usando un tono positivo. Vediamo ora invece nel dettaglio il futuro che ci riserva il lavoro.
Lavoro e benessere per tutti? Nel suo libro “The Coming Jobs War” Jim Clifton, CEO dell’Istituto Gallup, si è posto questo interrogativo: com’è possibile generare benessere per tutti? Risposta: con il lavoro, naturalmente. Secondo uno ▸▸
*Le illustrazioni di questo articolo sono state gentilmente fornite dallo studio danese di architettura BIG.
VIVERE  Il futuro del lavoro Sedus No 9/14
Come nasce la vita tra gli edifici? Trasparenza, visuali, spazi aperti e uno sfruttamento versatile degli ambienti. Bozza esemplificativa per la DTU, Danmarks Tekniske Universitet.
studio compiuto a livello mondiale dal rinomato istituto statistico, e su cui il libro si basa, ciò che le persone vogliono è proprio questo: un buon impiego. Clifton osserva le imprese in una competizione globale per la creazione dei posti di lavoro più richiesti. Per quei paesi che non saranno in grado di generarli, profetizza il crollo del sistema sociale. Clifton parte dal presupposto che dei sette miliardi di persone presenti sulla terra, cinque miliardi si trovino in età lavorativa. Ma in realtà siamo attualmente ben lontani dalla situazione del pieno impiego per tutti, e anche se fosse, lo stesso lavoro non genera di per sé agiatezza. Per raggiungere questo obiettivo bisognerebbe creare dunque, almeno a livello
teorico, quasi due miliardi di posti regolari e fissi. Altri autori, come il futurologo Ayad Al-Ani della Hertie School of Governance di Berlino, prevedono che il lavoro del futuro si svolgerà in una società digitale efficientistica, nella quale la “crowd”, la massa di creativi, metterà a disposizione del pubblico o delle imprese servizi e prodotti attraverso piattaforme virtuali. Il numero degli impiegati fissi continuerà quindi a diminuire progressivamente. Nella stessa direzione si muove anche uno studio condotto da Citrix Systems, azienda specializzata in soluzioni di virtualizzazione, networking e cloud computing, in base al quale la maggior parte degli attuali impiegati d’ufficio avrà in futuro uno stile di la-
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voro sempre più mobile, lavorando da casa o da luoghi come bar o aeroporti. Per aziende come Citrix si tratta sicuramente di una bella idea, anche se ricordiamo come altre ipotesi del passato, ad esempio l’ufficio senza carta, con il tempo si sono rivelate illusorie.
Sociologi ed economisti a confronto Quando si parla di futuro del lavoro sembrano esistere due mondi contrapposti, a seconda che si osservi la situazione da un punto di vista sociologico o economico. Più che considerarlo come qualcosa di definito, i ricercatori dell’Istituto di Futurologia di Francoforte sul Meno in Germania preferi-
VIVERE Il futuro del lavoro No 9/14
Sedus
LOOP City: alla periferia di Copenaghen vengono realizzati complessi nodi ferroviari, simili agli acquedotti romani. Infrastrutture di trasporto, spazi commerciali, aree verdi, negozi e ristoranti possono essere accostati armonicamente ma sempre considerando criteri di praticità. Un ambiente ideale per studenti e lavoratori in una zona altrimenti carente di infrastrutture.
scono pensare al lavoro come a uno spazio plasmabile. Lo studio “work:design. Plasmare il futuro del lavoro” afferma: “Il cambiamento che si sta producendo nel mondo del lavoro porta allo sgretolamento su differenti livelli di strutture tramandate e consuete. Le contrapposizioni di un tempo armonizzano tra loro (…), sfere una volta separate si avvicinano, promuovendo un trend sociale determinante: l’individualizzazione. Questo avviene perché la complessità che nasce da tale fusione può essere plasmata solo grazie a un maggior grado di individualismo.” Secondo l’Istituto di Futurologia, lavorare nei third place, quei luoghi nei quali normalmente ci rechiamo per ricaricare le batterie, è una tendenza tipica
dell’individualismo e detterà in futuro lo stile di lavoro dei lavoratori della conoscenza. E corrobora così la tesi di Citrix Systems, lo specialista di servizi cloud. A questo punto sorge una domanda: queste supposizioni sono realistiche, e soprattutto possono valere anche per il grande pubblico? In altre parole: i nuovi lavoratori dei third place non restano forse una minoranza – precaria o elitaria – tipica del settore terziario delle società occidentali industrializzate? Gli autori dell’Istituto di Futurologia predicono un allontanamento futuro dai legami tradizionali e duraturi fra datore di lavoro e dipendente, i quali verranno sostituiti da occupazioni a breve termine e da “career portfolio”. Già oggi la
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classica figura del dipendente è meno comune, mentre invece le aspettative e le possibilità di carriera diventano sempre più sfaccettate: “per coloro che in un’azienda aspirano a una carriera verticale, avercela fatta significa poter sfoggiare un titolo altisonante sul proprio biglietto da visita, legato a una certa idea di potere, oppure disporre di una lussuosa auto di servizio o di un prestigioso ufficio; spesso per i lavoratori della conoscenza sono invece importanti altri valori: ad esempio poter svolgere incarichi interessanti, collaborare con persone brillanti, avere tempo per la famiglia e gli amici o addirittura, potersi prendere una pausa all’apice della carriera per migliorare la propria formazione”. ▸▸
VIVERE Il futuro del lavoro No 9/14
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LETTURA CONSIGLIATA Jim Clifton: The coming jobs war, ed. Gallup Press ISBN-10: 1595620559 Jim Clifton, CEO della famosa azienda Gallup, riunisce in questo libro i risultati di oltre 75 anni di esperienza nei settori della consulenza e dei sondaggi di opinione. Nel suo libro sostiene che non bisogna perdere di vista i tratti essenziali di un’economia di successo: dei buoni posti di lavoro. Posizioni qualificate e appetibili contribuiscono alla sicurezza e longevità futura delle aziende.
Immerso nella natura: idee per la pianificazione dell’ESS, il Centro europeo interdisciplinare per la ricerca sui neutroni. Gli scienziati della cittadina svedese di Lund vorrebbero creare posti di lavoro in una zona rurale con tanto di centro visitatori e possibilità di svago nelle immediate vicinanze. Per riuscire a richiamare forze lavoro da tutto il mondo, il luogo di lavoro deve essere molto attraente.
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VIVERE Il futuro del lavoro No 9/14
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Bozza per l’Astana National Library: punto d’incontro fra culture e luogo suggestivo e stimolante per il lavoro grazie alla vista sui paesaggi del Kazakistan. Le aree della biblioteca aperte al pubblico sono accessibili a chiunque desideri effettuare ricerche o lavorare, o anche solo per trovare occasione di spunti e scambi interessanti.
Nuovi modelli di leadership Non importa quale sia lo stile lavorativo o il tipo di carriera: quando le gerarchie vengono meno e le reti di contatti crescono fino a diventare un modello relazionale consolidato, diventa difficile individuare o definire di primo acchito un chiaro equilibrio fra leadership e responsabilizzazione in prima persona, fra facoltà decisionale e responsabilità. Questo è quanto hanno riconosciuto gli autori dell’Istituto di Futurologia. Per loro, la nuova “dirigenza” si occuperà di coordinare relazioni e di creare nuovi modelli relazionali sotto forma di sistemi “resilienti”, ovvero duraturi nel tempo. Insomma: una combinazione di strutture gerarchiche e di reti. Nonostante le strutture siano destinate a cambiare, il dibattito sulla leadership è più acceso che mai, ma viene trattato da un nuovo punto di vista. È attualmente disponibile uno studio sui trend dell’Istituto svizzero per l’Economia Aziendale SIB: “Il futuro della leadership”. Anche gli autori di quest’analisi notano che elementi come orari e luoghi di lavoro, prima ben delineati, tendono oggi a perdere definizione; non percepiscono tuttavia questo cambiamento come un problema di leadership, ma lo vedono come parte della soluzione. La conclusione alla quale giungono è questa: “…La dirigenza continua a non essere
delegabile e lo sarà sempre; una leadership praticata o vissuta in modo scorretto può avere conseguenze disastrose sull’intera cultura aziendale anche nel XXI secolo.” I sostenitori del movimento Human Capital partono dal presupposto che il fattore chiave per il successo di un’impresa siano i dipendenti. Martina Dürndorfer e Peter Friedrichs, autori dell’opera “Human Capital Leadership”, notano che le imprese stanno vivendo un processo di trasformazione verso un’economia della conoscenza e una terziarizzazione, nell’ambito della quale non saranno più i fattori produttivi materiali a dettare la creazione o meno di vantaggi competitivi o il futuro aumento di valore, bensì quelli immateriali. La gestione del capitale umano diventa quindi il punto chiave di un’azione imprenditoriale di successo: “Chi vuole essere seguito dagli altri, deve essere pronto ad assumere la leadership”. Se le imprese e i loro dirigenti vogliono che i dipendenti s’impegnino e si autoresponsabilizzino, devono cominciare a dirigere, diventare nel vero senso della parola i leader del capitale umano, (…) e lo devono fare meglio rispetto alla concorrenza. Questa rinascita di un pensiero alla base della teoria del capitale umano formulata dagli economisti americani Schulty e Becker negli anni ’60 è forse da porsi in relazione con l’attuale competizione fra aziende per avere i migliori posti di lavoro
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tematizzata dal CEO di Gallup, Jim Clifton. In fondo, per il movimento Human Capital la cosa più importante è che i dipendenti migliorino costantemente la loro qualificazione e mantengano alta la motivazione, in modo da aumentare la loro capacità prestazionali e di conseguenza il valore per l’azienda. Il futuro del lavoro, come sarà? Probabilmente in un modo che nessuno può ancora immaginare. Il passato recente ci ha insegnato inoltre che eventi imprevedibili possono cambiare il corso del mondo e la vita della maggior parte di noi, cogliendoci sempre di sorpresa. Restiamo dunque in trepidante attesa. ◆
w w w. g a l l u p. c o m w w w.m k a k u .o rg w w w. c i t r i x . c o m w w w. z u k u n f t s i n s t i t u t. d e w w w. s i b. c h w w w. h u m a n c a p i t a l c l u b. d e
VIVERE Comunicare nello spazio virtuale No 9/14
Sedus
Comunicare nello spazio virtuale Come i sistemi di telepresenza influenzeranno la nostra futura routine lavorativa
Spesso, per i dipendenti di aziende con un network globale, il telefono, Skype o i sistemi di videoconferenza sono strumenti inadeguati per interagire con i colleghi sparsi in tutto il mondo. Nella maggior parte dei casi, il contatto personale o la condivisione dei materiali di lavoro sono elementi imprescindibili per la buona riuscita di un progetto. Grazie a un nuovo studio sulla telepresenza avviato dalla Bauhaus-Universität di Weimar, presto potrebbero profilarsi nuove soluzioni. Con il Prof. Bernd Fröhlich e il suo team, abbiamo discusso di un nuovo sistema di comunicazione dai tratti rivoluzionari, in grado di far sembrare straordinariamente reali anche gli scenari più fantascientifici. In t e r v i s ta d i J u l i a n T rö n d l e
Se nella nostra vita privata la videotelefonia non ha assunto ancora un ruolo primario, a livello aziendale le videoconferenze sono da tempo diventate uno strumento di lavoro irrinunciabile. Tuttavia, assistiamo già ai primi tentativi di sostituire questa strategia di comunicazione con un tipo di relazione ancora più diretta. I sistemi di telepresenza permetterebbero agli utenti di essere “presenti” in un luogo diverso da quello in cui si trovano fisicamente. Mentre numerosi ricercatori studiano l’impiego di robot come sostituti umani, il team “Sistemi di realtà virtuale” della Bauhaus-Universität di Weimar ha una visione completamente diversa e singolare della comunicazione del futuro. Con l’aiuto di diverse telecamere di profondità a colori, il sistema di telepresenza in 3D sviluppato da questo gruppo di ricercatori scansiona i partecipanti in modo completo e in tempo reale,
inviando a ogni angolo del pianeta le loro immagini sottoforma di avatar 3D in grandezza reale. I gruppi di utenti possono in tal modo incontrarsi in una realtà virtuale e, all’interno di tale spazio, comunicare e muoversi. Nel gruppo è possibile osservare e commentare sia modelli tridimensionali creati al computer, sia oggetti reali. A Weimar abbiamo discusso con il Prof. Bernd Fröhlich e il suo team di ricerca - i dottorandi Stephan Beck, Alexander Kulik e André Kunert - delle possibilità di questo futuristico sistema di comunicazione e delle conseguenze che questa tecnologia potrebbe avere sulla routine lavorativa di domani. Prof. Fröhlich, negli anni passati abbiamo assistito a numerosi tentativi di sostituire gli esseri umani con dei teleoperatori. Quali sono gli elementi d’avanguardia che rendono unico il vostro
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nuovo sistema di telepresenza 3D? Fröhlich: Con il nostro sistema di telepresenza cerchiamo di trasportare in un altro luogo l’immagine dell’utente sotto forma di modello 3D, nel modo più realistico possibile. Vogliamo far convergere in una stanza virtuale un gruppo di persone, che lavorano insieme in un dato luogo, con un secondo gruppo situato fisicamente altrove. In tal modo questi due gruppi riuscirebbero, ad esempio, a discutere di un progetto architettonico e addirittura a visitarlo virtualmente. Il nostro progetto si basa sulla comunicazione e su un lavoro di tipo collaborativo. Nel caso della telerobotica, invece, l’attenzione è rivolta verso un ambito di applicazione completamente diverso. Questo settore, infatti, non si concentra sulla comunicazione ma è volto a soddisfare altre esigenze, come ad esempio lo svolgimento di un’attività in un luogo pericoloso. In poche parole, il teleoperatore è una specie di telecomando in grado di guidare un robot mediante i propri movimenti. Quali sono secondo lei i maggiori vantaggi di questo tipo di comunicazione interattiva rispetto ai tradizionali metodi di comunicazione come il telefono o Skype? Fröhlich: Con il nostro sistema, le persone vengono effettivamente scansionate in
VIVERE Comunicare nello spazio virtuale No 9/14
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Alcuni membri della redazione Place 2.5 comunicano mediante avatar 3D virtuali con due dipendenti della cattedra di “Sistemi di realtà virtuale” nel laboratorio della Bauhaus-Universität di Weimar.
modo tridimensionale e possono quindi essere riprodotte in un altro luogo sotto forma di avatar 3D. Gli utenti all’altra estremità del sistema possono riconoscere qualsiasi gesto della controparte, e anche esplorare oggetti virtuali mediante i movimenti della mano. L’elemento rivoluzionario del nostro sistema di telepresenza 3D è il fatto di trovarsi riuniti in un mondo virtuale esplorabile, all’interno del quale è possibile discutere di oggetti virtuali oppure veri, digitalizzati in tempo reale. Quali settori trarranno maggiore vantaggio da questa innovativa tecnologia? ▸▸
Occhiali 3D dotati di scanner ottici, grazie ai quali il sistema può determinare con precisione la posizione delle persone sullo schermo. Questo permette una rappresentazione individuale in prospettiva per ogni utente del sistema.
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VIVERE Comunicare nello spazio virtuale No 9/14
Sedus
PROF. BERND FRÖHLICH Il Prof. Bernd Fröhlich è titolare della cattedra “Sistemi di realtà virtuale” del corso di laurea in Informatica dei media della Bauhaus-Universität di Weimar. Nel 1982 iniziò a studiare informatica presso il Politecnico di Braunschweig, avviandosi poi alla carriera accademica che lo ha condotto in varie a tappe: prima a Kaiserslautern, poi in Venezuela, St. Augustin, Waterloo e Stanford fino a Weimar, dove è
nare un cantiere virtuale. Prima dell’inizio dei lavori viene creato un modello CAD dell’edificio che tutti i partecipanti al progetto possono visitare assieme. Successivamente, un elicottero in miniatura sorvola l’edificio in costruzione più volte al giorno e ne effettua una scansione tridimensionale. Entrambi i modelli – quello attuale e quello finale – possono essere messi a confronto in qualsiasi momento. La cosa interessante del costante rilevamento dei progressi del cantiere è la possibilità di effettuare salti temporali: se si desidera sapere cosa è cambiato rispetto al giorno precedente, basterà osservare il relativo modello e confrontarlo con lo stato attuale dei lavori. Anche nell’industria automobilistica gli ingegneri si trovano spesso in California, mentre i decision maker e la produzione risiedono nel quartier generale e nei vari stabilimenti della casa costruttrice. Questa tecnologia è potenzialmente utile in tutti i settori in cui gli esperti sono impossibilitati a riunirsi fisicamente. Ma anche qualora gli utenti si trovino nello stesso luogo, l’op-
zioni stereoscopiche tridimensionali di oggetti, potrebbe rivelarsi particolarmente utile. In tal modo è possibile parlare in modo concreto di proporzioni e angolazioni, altrimenti non valutabili in assenza di una corretta visualizzazione prospettica. Quali sono state le reazioni delle persone che hanno testato il sistema di telespresenza 3D? Fröhlich: Generalmente l’entusiasmo è stato molto grande, soprattutto nei confronti della rappresentazione individuale in prospettiva offerta dal sistema multiutenza, poiché improvvisamente vengono meno le distorsioni spaziali. In ogni caso, durante la conferenza Virtual Reality tenutasi in Florida, abbiamo scoperto che l’interesse dell’utenza nei confronti dei sistemi di telepresenza è enorme. Siamo tuttavia consapevoli che per quanto riguarda la rappresentazione spaziale del corpo umano vi è ancora un grandissimo potenziale di miglioramento.
attivo dal 2001. Il suo lavoro nell’am-
Quanto tempo dovrà trascorrere prima che questo o un sistema simile vengano lanciati sul mercato? Ci sono già richieste concrete da parte di aziende interessate alla realizzazione del progetto?
bito della realtà virtuale è valso vari riconoscimenti, sia personali che al suo team. Per il loro sistema di telepresenza hanno ricevuto il “Best Paper Award” durante la conferenza “IEEE Virtual Reality” a Orlando, in Florida.
Fröhlich: È difficile a dirsi. A chi serve la telepresenza? Nel settore dell’architettura i team di progetto sono spesso dislocati in differenti parti del mondo. Inoltre, so con certezza che questo sistema può essere interessante per l’industria del petrolio e gas, poiché nella maggior parte dei casi gli esperti non si trovano tutti nello stesso luogo. Mediante la telepresenza sarebbe ad esempio possibile, indipendentemente dalla distanza fisica, esplorare e discutere i modelli di un giacimento petrolifero. Oppure possiamo immagi-
Fröhlich: Per quanto riguarda la funzione “multiutenza” ci sono già progetti concreti per il lancio sul mercato. Nel caso della telepresenza ci vorranno invece ancora dai sei ai dieci anni Grazie ai dispositivi di input del sistema è posprima che questo sibile rimpicciolire modelli CAD di intere città, facilitandone quindi sistema possa reall’osservazione. Il sistema di telepresenza consente anche di visitare mente sostituire progetti architettonici, sfidando le leggi della fisica. la classica videoconferenza, perché bisognerà lavorare ulteriormente al zione di “multiutenza” offerta dal sistema, miglioramento della qualità della grazie alla quale un gruppo di persone rappresentazione umana. può entrare in contatto con rappresenta-
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VIVERE Comunicare nello spazio virtuale No 9/14
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zione ne risentirebbe, perché verrebbero a mancare tutte le informazioni fornite dalla comunicazione non verbale, come la direzione dello sguardo o la gestualità. Più astratta è la rappresentazione, meno informazioni subliminali ci giungeranno. Proprio nell’ambito della comunicazione di gruppo queste informazioni sono di vitale importanza. Se questa tecnologia dovesse diventare parte integrante della nostra routine lavorativa, a un certo punto ci si troverà inevitabilmente ad affrontare la questione del comportamento da tenere nei confronti delle rappresentazioni virtuali dei colleghi. Mediante telecamere a colori e di profondità è possibile scansionare completamente una persona e ricostruirla all’altra estremità del sistema, come avatar video in 3D a grandezza reale.
È probabile che, inizialmente, la maggior parte delle persone veda questa tecnologia futuristica con occhio critico: nonostante gli avatar sempre più realistici, l’utente ha pur sempre a che fare con una mera rappresentazione e non con la persona in carne e ossa. È possibile sostituire completamente il contatto personale? Crede che a lungo termine la tecnologia finirà per sorpassare la percezione umana? Fröhlich: In un futuro non troppo lontano sarà certamente possibile ricostruire fedelmente immagini e suoni, mentre resterà comunque difficile integrare in un sistema di questo tipo elementi come i sapori e gli odori. Kunert: È auspicabile una rappresentazione dell’uomo realistica al 100%? In assenza di questi raffinati elementi si avrà sempre la sensazione che nella persona che abbiamo di fronte c’è qualcosa che non va. Pertanto potremo sempre distinguere se abbiamo a che fare con una persona in carne e ossa o se quella che abbiamo davanti è una rappresentazione dell’interlocutore generata da un computer. Sinceramente, troverei abbastanza terrificante se a un certo punto non dovesse essere più così. Fröhlich: Ma nei film in parte sta già succedendo! In numerose produzioni lo spettatore non è davvero più in grado di rico-
noscere se la persona rappresentata sullo schermo è vera o se si tratta di un’animazione. Nel lungo termine sarà possibile raggiungere questo livello di qualità anche nella realtà virtuale. Si creeranno simulazioni di persone dall’aspetto reale che potranno muoversi in modo realistico all’interno di un determinato spazio, ma che comunque non sono veri esseri umani. Dovremo sempre più interrogarci su quello che stiamo percependo a livello visivo. Kulik: Da un lato si ha naturalmente la pretesa di generare avatar il più realistici possibile. Ma che cosa vogliamo ottenere con queste tecnologie? Piuttosto che ricostruire una persona in modo realistico, trovo sia più importante trovare i mezzi e i modi per svolgere un determinato compito creando così un valore aggiunto. Fröhlich: Si tratta anche di chiarire cosa gli utenti si aspettano da questo sistema. Come vorrebbero che fossero rappresentate le altre persone? Per lo svolgimento di determinati compiti, come per esempio la visita di un progetto architettonico, basterebbe forse che la testa fosse rappresentata da una sfera e il dito da un cilindro sospeso in aria, con il quale diventerebbe possibile indicare il percorso mediante i movimenti della mano. Kulik: In questo modo però la comunica-
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Kunert: Sicuramente. Durante i nostri esperimenti è successo più di una volta che il braccio di una persona spuntasse all’improvviso dal corpo di un’altra, o che un utente oltrepassasse per sbaglio la rappresentazione 3D di un altro. Si tratta di esperienze altamente sgradevoli e invasive. Queste tecnologie potrebbero mettere a repentaglio la nostra sfera privata, che tutti abbiamo bisogno di preservare attorno a noi. In questo senso sarà certamente necessario trovare delle soluzioni migliori. Sviluppando ulteriormente l’idea di una realtà virtuale, il concetto tradizionale di luogo di lavoro non rischia di diventare totalmente obsoleto nell’ambito del lavoro cognitivo? Kulik: Credo che l’idea di postazione di lavoro sia destinata a cambiare radicalmente. Per consentire gli scenari di comunicazione di cui abbiamo parlato, in futuro lo schermo occuperà una parte considerevole dell’ambiente circostante. Questo non toglierà tuttavia la presenza di sedie, tavoli, scaffali e altri mobili. Continueremo a necessitare e a voler usare oggetti reali. Fröhlich: Le persone continueranno a svolgere il proprio lavoro in luoghi che permettono lo scambio con altri esseri umani, e non lavoreranno in solitudine da casa. Ma è probabile che situazioni in cui due gruppi di persone si riuniscono virtualmente intorno a un tavolo, comunicando da un continente all’altro, vengano integrate sempre maggiormente nella routine lavorativa. ◆
SAPERE Avere o condividere No 9/14
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Avere o condividere Cos’è lo sharing?
D i Jo a c h im G o e t z
Dietro ai concetti “Shareconomy” e “Sharing Economy” si cela la riscoperta arte della condivisione, che diviene un fattore economico degno di seria considerazione. L’articolo presenta alcune applicazioni esistenti, approfondisce le distinzioni necessarie e le potenzialità di questo nuovo trend.
N
el 2012 sono stati prenotati in tutto il mondo tre milioni di pernottamenti tramite Airbnb, il servizio privato di intermediazione più importante a livello internazionale, con sede nella Silicon Valley. Nello stesso anno quasi 500.000 persone sono salite sulle auto della rete tedesca di car sharing. Chi vuole fare un foro nel muro ormai non va più a comprare il trapano al centro bricolage ma lo chiede in prestito al vicino di casa o lo noleggia tramite un portale Internet. Un fatto è certo: il mercato della condivisione ha un elevato potenziale di crescita. Un esempio su tutti: Airbnb, fondato appena nel 2009, vede ogni
anno raddoppiare i pernottamenti. La condivisione dell’auto, fino a pochi anni fa appannaggio di pochi e irrisi utopisti, è un’opzione offerta ormai da quasi tutti i costruttori di automobili. Il mercato della condivisione richiede prodotti durevoli e di facile utilizzo. Chi presta un trapano che si rompe già durante il trasporto non potrà fare fortuna né esigere un nolo elevato. Il mercato dello sharing cambia il nostro modo di vivere, sono le cifre a dirlo. Secondo una ricerca condotta da TNS Emnid, ad esempio, il 12% dei tedeschi ha già partecipato a una borsa del baratto, mentre il 97% dei giovani compresi fra 14 e 29 anni
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ritiene normale utilizzare la rete per condividere conoscenze, risorse e esperienze.
Il supporto dei social media Internet e le sue innumerevoli opportunità sono uno dei principali motori di questo sviluppo. Se in passato serviva una pianificazione minuziosa per noleggiare un’auto, spesso troppo grande, all’orario e nel luogo desiderato, oggigiorno basta uno smartphone per apprendere dove è parcheggiata la macchina più vicina, con il relativo modello e codice di messa in moto. Un grande contributo viene anche dai social media che hanno, per così dire, elevato ▸▸
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S E RV I Z I D I S H A R I N G E P O T E N Z I A L I TÀ
CAT EG O R I A
ESEMPIO
POTENZIALE
a i r b n b. c o m IMMOBILI
A P PA R TA M E N TO, LET TO
c o u c h s u r f i n g. c o m e a s y r o o m m a t e. c o m s p a r e r o o m . c o.u k
UFFICIO, L A B O R ATO R I O
l i q u i d s p a c e. c o m e p i c o f f i c e s h a r e. c o m . a u s h a r e y o u r o f f i c e. c o m s h a r e m y o f f i c e. c o.u k
MAGA Z ZINO,
p a r k a t m y h o u s e. c o m
PA R C H E G G I O
parkcirca.com
Grande potenziale commerciale dato che l’offerta immobiliare è limitata, costosa e statica e molti vani sono sfruttati solo parzialmente. Possibilità di monetizzare i vani non utilizzati. Se condividere gli spazi privati permette di creare una rete sociale, lo sharing di laboratori e giardini produce un valore aggiunto connesso al tempo libero passato assieme, alle attività creative e alla gioia condivisa.
parkingpanda. com s h a r e m y s t o ra g e. c o m
GIARDINO
g a r d e n- s h a r e. c o m h y p e r l o c a v o r e.n i n g. c o m sharedear th.com y a rd s h a r e. c o m
c a r2 g o. c o m VEICOLI
AUTO
getaround.com m o b i l i t y. c h
c a l l a b i k e- i n t e ra k t i v. d e B I C I C L E T TA
citybike w ien.at m e t r o p o l ra d r u h r. d e s t a d t ra d . h a m b u rg. d e
IMBARCAZIONI
cr uzin.com sailbox.ch s m a r t b o a t i n g. c o m . a u
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La professionalizzazione è piuttosto avanzata in questo settore, ma esiste ancora un grande potenziale, anche come fattore di Smart Mobility. L’uso condiviso di veicoli e l’organizzazione di car pool è possibile nella cerchia familiare e del vicinato.
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Shareconomy: idea guida del futuro?
COME SAREBBE IL MONDO SE TUTTI CONDIVIDESSERO DI PIÙ?
1 Il mondo avrebbe un volto più umano e familiare. 2 Gli uomini sarebbero più solidali e interagirebbero di più. 3 Ci sarebbe meno indifferenza e maggiore sicurezza affettiva. 4 Ciascuno prenderebbe solo ciò di cui ha davvero bisogno. 5 Ci sarebbe meno spreco del superf luo. Saremmo tutti più liberi. 6 Ci sentiremmo tutti meno colpevoli.
la condivisione a sistema. Condividiamo già molte delle attività che svolgiamo comunemente, come leggere, ascoltare, acquistare, guardare e valutare, con la nostra cerchia di conoscenti tramite cloud o con l’opzione Share. Queste forme d'uso, fino a poco tempo fa limitate ai dati digitali, come foto, testi, musica e filmati, che possono essere riprodotti senza pericolo di andare perduti, includono ora anche i beni materiali. La fiducia, presupposto fondamentale per condividere oggetti materiali – una questione delicata, vista la potenziale deperibilità dei beni – è garantita dal grado di notorietà del profilo personale sui vari portali. Ciò porterà con il tempo a una nuova cultura della condivisione, fatto non nuovo nella storia. Il fenomeno ricorda il dinamismo del movimento cooperativo di inizio del 20° secolo che aveva trovato attuazione pratica in quasi tutti i segmenti di prodotto e di servizio. Solo pochi principi di questo movimento si sono poi affermati in seguito.
cessità di confrontarci con gli altri per sopravvivere. E abbiamo imparato a condividere già in tenerissima età. L’uomo divide da secoli l’abitazione, il cibo, il riscaldamento e il vestiario con i membri della famiglia. I ricercatori continuano comunque a chiedersi quale sia la strategia vincente, se l’egoismo o lo spirito di gruppo. Gli studiosi concordano sul fatto che, a lungo termine, sono vincenti coloro che si prendono cura degli altri e praticano la condivisione.
Condividere è tipico dell’uomo
Più pragmatici che salvatori del mondo
La condivisione, che può essere considerata come la forma più originaria e universale di scambio sociale è connaturata nell’uomo in quanto essere sociale. La partizione dei generi alimentari è uno dei cardini etici di ogni società. Altro principio morale fondamentale è l’ospitalità che trae la sua origine dall’esigenza arcaica di scambiare informazioni. In fondo, i nostri antenati nomadi invitavano i viaggiatori a sedersi attorno al fuoco a narrare e scambiarsi notizie sulle fonti d’acqua e sui pascoli più verdi. Non è tanto l’altruismo che ci spinge in questo caso, quanto la ne-
L’istituto svizzero GDI ha esaminato il fenomeno nello studio intitolato “Sharity”. Anzitutto ha constatato che occorre puntualizzare meglio i concetti di condivisione prendendo in considerazione anche i termini affini, ossia il dono e lo scambio. In secondo luogo, la condivisione non è sempre scevra da aspettative, e chi la pratica oggi è molto lontano dall’approccio idealistico dell’avanguardia degli anni settanta. A muovere la shareconomy contemporanea, in apparenza rivoluzionaria, è il pragmatismo. I principali fautori sono soprattutto i giovani, per lo più single, residenti
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DA L L A C O N D I V I S I O N E P E R N EC ES S I TÀ ALLA CONDIVISIONE PER CONVINZIONE
COMPRARE CONDIVIDERE
IERI
nelle grandi città che abitano in appartamenti piccoli e costosi, con un budget limitato e poco spazio per gli oggetti. Considerano l’auto di proprietà un peso, non avendo posteggi davanti a casa e non ne vedono un gran che la necessità, dal momento che i mezzi pubblici sono stati potenziati negli ultimi decenni e andare in bicicletta, con una Bianchi personalizzata, è molto trendy. Girare in auto di sera in città con la prospettiva di essere sottoposti all’alcoltest è una prospettiva poco invitante. E per le occasioni speciali si può sempre chiedere in prestito l’auto alla propria famiglia o agli amici e, ultimamente,
CONDIVIDERE
OGGI
servirsi del car sharing. Anche la proprietà immobiliare viene sentita sempre più come un peso dalle nuove generazioni che non godono più delle sicurezze dei propri genitori. Devono essere sempre pronti a cambiare lavoro e abitazione; le giovani coppie molto più mobili e simili a novelli nomadi, spesso intrattengono relazioni a distanza. E poi, questi moderni equilibristi sono restii alle sistemazioni definitive, preferendo sperimentare forme di vita e di lavoro sempre nuove. Si tratta del “Lifestyle of Smart Simplicity”, uno stile di vita fatto di rinunce intelligenti, che trova sempre più sostenitori anche fra i meno giovani.
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DOMANI
Si presta volentieri ciò che può essere dato in comodato, ma non per una scelta di rinuncia ascetica. Tutt’altro. Nessuno o quasi vuole limitare le proprie attività e la propria frenesia di sperimentare per acquistare beni di proprietà, peraltro molto costosi. Così ci si procurano soluzioni più economiche e subito disponibili, tanto più che oggi esistono molte più possibilità di accesso rispetto a 50 anni fa. Così facendo si evitano le insidie del ciclo di vita dei prodotti, in continua e rapida evoluzione.
Assistenza tecnica e sofisticate soluzioni d’utilizzo ▸▸
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M E RCAT I I B R I D I : L A C O N D I V I S I O N E U N I S C E P R I VAT O E S O C I A L E
SHWOPPING*
P I AT TA F O R M A P E R C O N D I V I D E R E A P PA R TA M E N T I SHARING DI
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PER CONDIVIDERE
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O L O Fonte: “Sharity” die Zukunft des Teilens, GDI
M E RCAT I I B R I D I
M E RCAT I C L A S S I C I
* Shwopping – il neologismo, nato dalla fusione di shopping e swap (scambio), è stato coniato da Oxfam e Marks & Spencer per la campagna lanciata a beneficio della ONG e dei grandi magazzini: i clienti che acquistano nuovi capi di abbigliamento possono deporre gli abiti usati in una scatola nei negozi M&S. Oxfam li rivenderà come capi di seconda mano o come materiale da riciclare. Gli utili vengono investiti in progetti di sviluppo sociale.
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Sicuramente anche l’Old Economy subirà dei cambiamenti. Nel normale car sharing, ad esempio, dovranno essere noleggiate soprattutto utilitarie più piccole, pratiche e maneggevoli, a meno che non si desideri un’auto di prestigio. E tutti gli altri oggetti, sottoposti a una certa usura, dovranno essere resistenti e non rompersi appena presi in mano. Ne trarranno vantaggio i costruttori che offrono prodotti robusti, durevoli e di facile manutenzione. Determinati oggetti dovranno forse essere sostituiti con maggiore frequenza per effetto dell’uso più intenso. Non è escluso che nei modelli di condivisione sarà prioritaria l’assistenza tecnica fornita rispetto alle caratteristiche e alle modalità di fabbricazione del prodotto. Determinante sarà la modalità di accesso che dovrà essere quanto più flessibile e semplice possibile per il cliente. Le aziende avranno maggiore successo se sapranno offrire valide opportunità di utilizzo, studiate magari assieme a partner e clienti. Si tratta dunque di sviluppare nuove idee. Uno sguardo al car sharing, in quanto modello ad oggi più evoluto, ci mostra come può funzionare il sistema. Le aziende che hanno avanzato le proposte più creative hanno avuto i migliori risultati economici. Prendiamo ad esempio la cooperazione fra General Motors e il servizio peer-to-peer RelayRides, oppure FlightCar presso l’aeroporto di San Francisco che realizza forti profitti con un’idea tanto semplice quanto geniale: gli utenti possono noleggiare a basso costo l’auto che altri viaggiatori parcheggiano gratuitamente durante la loro assenza. Un grande affare per Flightcar.
Condividere serve a preservare l’ambiente? I produttori di articoli di culto dovranno escogitare qualcosa. In fin dei conti il loro fatturato dipende dai clienti desiderosi di
acquistare e possedere oggetti di marca. Ma se questi prodotti vengono condivisi, diminuisce il numero degli acquirenti. Chi vuole vendere dovrà quindi convincere che il proprio prodotto è migliore della concorrenza e, soprattutto, degno di essere posseduto. Nella classifica della Shareconomy dovrebbero posizionarsi ai primi posti soprattutto i prodotti relativamente costosi, di manutenzione e stoccaggio complessi e uso sporadico. In futuro le biblioteche pubbliche poco sfruttate potrebbero svolgere un nuovo o ulteriore ruolo, mettendo a disposizione apparecchi e altri oggetti di utilizzo quotidiano. Possono essere dati in prestito anche beni che il singolo non può permettersi o non vuole acquistare, come oggetti di design, lezioni private e strumenti professionali, macchine e veicoli speciali. Le stesse aziende potrebbero praticare lo scambio reciproco, visto che spesso una parte del parco macchinari giace spesso inutilizzata. Tuttavia non sono pochi coloro che dubitano che la condivisione possa portare a un mondo più sostenibile, anche se i beni sono prodotti per essere utilizzati ripetutamente e durare di più. Perché chi compensa la rinuncia all’auto con voli intercontinentali ad alto impatto di CO2, non preserva certo l’ambiente. D’altra parte, condividere non significa necessariamente rinunciare dal momento che si possono prendere in prestito più oggetti di quanti se ne acquistano. Ad ogni modo, la Shareconomy avrà anche
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altri effetti: i concetti di proprietà e possesso muteranno, fornendo nuova materia di studio ai giuristi. Gli studiosi dei trend futuri guardano già più lontano. Peter Wippermann (di Trendbüro, Amburgo) vede sorgere una “economia dal basso” a fianco della Old Economy. Per Shoshana Zuboff, professoressa emerita alla Harvard Business School, la Sharing Economy è solo una tappa verso un nuovo sistema economico. Nella terza fase del capitalismo, sostiene Zuboff, non saranno più le aziende ma i clienti a dettare legge. ◆
w w w.f l i g h t c a r. c o m w w w.r e l a y r i d e s. c o m w w w. a i r b n b. c o m
HUB Zurigo / Svizzera Le postazioni flessibili allestite sotto due archi del viadotto ferroviario di Zurigo racchiudono la sede dello spazio HUB, che fra i suo scopi mira alla promozione dello scambio di saperi fra coworker. La cabina telefonica consente di telefonare indisturbati con il proprio cellulare.
Gli spazi di coworking anticipano una nuova forma di lavoro in ufficio? Oppure la condivisione e l’uso comune degli spazi rappresentano un trend passeggero? Resta il fatto che nelle metropoli aumenta in modo esponenziale l’offerta di questi spazi, di cui usufruiscono di buon grado start-up e microimprese.
Coworking Sulle tracce di questo nuovo fenomeno D i Jo a c h im G o e t z
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O
ggigiorno gli spazi di coworking costituiscono per freelance, viaggiatori e dipendenti in trasferta un’alternativa interessante all’home office, alla scrivania in salotto o alla camera d’albergo. Anzitutto perché gli ambienti utilizzati in comune si differenziano molto dagli uffici in affitto o dai servizi di segreteria. La postazione di lavoro può essere prenotata in modo spontaneo e anche per poco tempo. Il gestore mette a disposizione perlomeno una connessione Internet veloce, una sedia, una scrivania, eventuali colleghi e il caffè, perciò il coworker deve solo portarsi dietro la documentazione, il laptop e lo smartphone che può usare all’interno di un’apposita “cabina telefonica”. Questi spazi flessibili condivisi non sono ancora molto diffusi, nel mondo se ne contavano circa 2500 all’inizio del 2013
con un bacino di utenza di poco superiore ai 100.000 coworker. Sono soprattutto concentrati nelle grandi metropoli, come New York, Londra e Berlino, dove esistono già ambienti concepiti per specifici gruppi di clienti. Una delle differenze più marcate rispetto al classico ufficio è la grande varietà degli allestimenti. Nell’organizzazione, i gestori si orientano secondo le esigenze, il gusto e il portafoglio dei potenziali clienti, i quali pagano per la postazione che utilizzano, diversamente dal dipendente che usufruisce dell’ufficio messo a disposizione dall’imprenditore.
Fuga dalla monotona routine Molto lascia presumere che gli spazi di coworking non saranno un’alternativa temporanea ai classici uffici. Una delle ragioni di questo sviluppo risiede nel
cambiamento di tipo sociale e lavorativo. Lavoro atipico, outsourcing e gruppi di lavoro a progetto sono in aumento e condannano gli individui alla flessibilità. D’altra parte, secondo studi condotti da ricercatori come Matthias Horx, sempre più giovani della generazione Y con un elevato grado di istruzione tendono a rifuggire la monotona routine in un’azienda, alla ricerca piuttosto di un maggiore appagamento e divertimento nel proprio lavoro. Status sociale e denaro sono secondari, almeno per i giovani che, godendo di buona salute, non si preoccupano ancora della pensione. L’ideale del posto fisso con le classiche 8 ore perde sempre più attrattiva, a vantaggio di quello del “microimprenditore”. Giornalisti, web designer, grafici e sviluppatori software scelgono spesso di diventare autonomi. Soprattutto in questo
THE ENTREPRENEURS CHURCH Stoccolma / Svezia Dal 2012, l’ex chiesa nei pressi del parco Bellevue a Stoccolma ospita postazioni di lavoro polifunzionali. Qui le start-up svedesi hanno a disposizione un open space di 300 metri quadrati, due sale riunioni, una stanza per telefonare e una piccola cucina. L’ambiente si presta per la sua originalità anche come location per feste ed eventi serali finalizzati a presentare le start-up.
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AGORA COLLECTIVE Berlino / Germania Nei locali di un antico palazzo del quartiere Neukölln di Berlino, Agora Collective ospita postazioni di lavoro, atelier di artisti, un ristorante e ambienti dove si organizzano corsi ed eventi. L’idea di base è favorire il più possibile il confronto creativo fra coworker.
settore per mettersi in proprio basta il proprio potenziale creativo, un notebook, un cellulare e una connessione veloce a Internet. Questa impresa così “micro”, ma già dotata dell’essenziale, è la nuova frontiera della “Me Economy”. Essa dimostra quanto sia divenuto ormai semplice il passo verso l’imprenditoria individuale. Per queste persone lo spazio di coworking rappresenta un ambiente di lavoro pressoché ideale. Le regole per la condivisione di un’auto o di un trapano (cfr. l’articolo Avere o condividere a pagg. 38-43) valgono in fondo anche per la scrivania in affitto: le spese per la pulizia, la
manutenzione, le riparazioni dell’immobile e degli apparecchi in dotazione sono a carico del gestore, mentre le spese per l’utilizzo condiviso sono limitate nel tempo, trasparenti e all’occorrenza possono essere cancellate.
Più rete sociale Sono svariati i vantaggi offerti dallo spazio di coworking, dalla prenotazione flessibile, in linea con il dinamismo moderno, alla possibilità di confrontarsi e collaborare con gli altri. La maggior parte di queste sedi punta proprio a favorire il sostegno reciproco, l’acquisizione
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di incarichi da svolgere con l’aiuto di altri coworker, o progetti da sviluppare e affrontare in più persone. Fare rete, si sa, è la cosa in assoluto più importante nella società della conoscenza. Ecco perché quasi tutti gli spazi offrono anche eventi serali che favoriscono il networking. Anche i lupi solitari che a casa si sentono in gabbia si trovano a proprio agio in questo contesto. Gli studiosi ritengono che si tratti di un fenomeno particolarmente positivo perché, rispetto al lavoro svolto a casa, nello spazio in coworking l’individuo è meno soggetto a pratiche stacanoviste giacché gli orari di apertura lo costringono a ritmi di ▸▸
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lavoro più regolari. La persona è meno isolata, ottiene un maggior sostegno, socializza e si sente più produttiva e motivata. Le regole definite dai gestori hanno un effetto benefico sull’autodisciplina dei singoli, tant’è che quasi nessuno si rimette a lavorare una volta tornato a casa la sera. Molto interessante a questo riguardo è il risultato di un sondaggio condotto dal portale Deskmag.com su 650 coworker in 24 paesi diversi. Il 70% afferma di gradire la postazione di lavoro condivisa, l’85 di sentirsi più motivato, l’88 di avere uno
scambio di idee più proficuo con altre persone e oltre il 50% di lavorare con una certa frequenza in team. Il 60% dichiara di riuscire a organizzare la propria routine molto meglio e di rilassarsi finalmente a casa e, cosa ancora più sorprendente, oltre il 40% guadagna di più da quando è passato allo spazio in coworking, mentre solo il 5% ha subito delle perdite.
Vantaggi anche per grandi imprese Gli ambienti di lavoro condivisi sono ap-
prezzati anche dalle grandi imprese, per diverse ragioni. Ad esempio, per usufruire di spazi di lavoro altrimenti non disponibili in azienda, qualora un gran numero di freelance ed esterni sia chiamato a collaborare a progetti di ampio respiro. Non solo, ma gli spazi in coworking possono fungere da incubatori per nuove idee, data la composizione variabile degli utenti. Non di rado, infatti, le grandi aziende mandano appositamente per un certo tempo i propri collaboratori a lavorare in questi ambienti che favoriscono l’open innovation. In alcuni casi vengono
AGORA TOKYO Tokio / Giappone Arredato secondo il tipico stile giapponese, l’Agora Coworking Space ubicato nel World Udagawa Building, nei pressi della sala concerti di Bunkamura, mette a disposizione di singoli utenti o team poltrone ergonomiche e scrivanie funzionali, oltre a svariati servizi di segreteria.
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BIZDOJO CO.SPACE Auckland / Nuova Zelanda L’ambiente non tradisce le aspettative: in questo singolare loft forgiano le proprie idee designer industriali e di prodotto, stilisti di moda, fotografi, videografi e artisti. Nella sala riunioni adiacente, disponibile anche in affitto, possono essere organizzati workshop, esposizioni, corsi di formazione o presentazioni.
persino dislocati, in tutto o in parte, i reparti ricerca e sviluppo o alcuni dipendenti per seguire progetti specifici. Così è stato nel caso di Daimler Benz che ha trasferito il progetto di carsharing car2go nel Betahaus di Berlino, uno degli indirizzi più importanti in questo nuovo settore. Al Betahaus di Amburgo, invece, è stato portato avanti un progetto pilota assieme a Otto Group. Nel settore strategico delle risorse umane è parere diffuso che le aziende debbano “uscire” dalle loro quattro mura, favorire un cambio di mentalità, per avvicinarsi al mondo di
Internet. Le aziende si troverebbero in difficoltà se le persone di cui hanno bisogno preferissero la libera professione al lavoro fisso. In tal caso la corsa ad accaparrarsi i migliori talenti servirebbe a poco. Il grande tour operator TUI è andato, per così dire, a imparare al Betahaus di Amburgo. Con la consulenza degli amburghesi e dopo tre mesi di test che ha coinvolto un team di 24 persone, ha inaugurato “Modul 57”. Il gruppo ha scelto di aprire questo spazio di coworking a Hannover in pieno quartiere uni-
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versitario piuttosto che nella propria area aziendale, in modo che fosse aperto a freelance che lavorano in rete, alle start-up e ai reparti di progettazione delle grandi aziende
Per madri, poeti e globe-trotter Quanto sia cambiato il lavoro d’ufficio e la sua concezione lo dimostra il fatto che ormai esistono offerte di spazi condivisi per i più svariati gruppi di utenti. A New York, ad esempio, esiste uno spazio riservato esclusivamente alle donne, ▸▸
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mentre a Colonia e Lipsia vengono offerti ambienti di lavoro con asili annessi che consentono alle madri di lavorare e raggiungere i propri figli nel giro di pochi minuti. Il “Paragraph” di New York è invece riservato esclusivamente a scrittori in cerca di assoluto silenzio. Sia nell’open space che nella biblioteca vige il divieto di parlare, mentre le pareti divisorie impediscono il contatto visivo. Ma il vantaggio maggiore è un altro: numerosi autori hanno già ottenuto nuovi contratti da editori i quali, a loro volta, frequentano volentieri il Paragraph e le tavole rotonde che vi sono organizzate. Molto allettante è l’offerta della catena Cluboffice, soprattutto per chi viaggia
molto per lavoro o svago: pagando un forfait mensile leggermente più alto si ha diritto a una scrivania condivisa in ognuna delle sedi dislocate in diversi paesi del mondo. Come molti altri spazi di coworking, anche l’“Edelstall” di Hannover punta su un rapporto simbiotico fra gestore e utilizzatori dell’ambiente (fra i quali una sartoria) che vengono presentati con le rispettive attività sulla home page. I 230 metri quadri, comprensivi anche di luogo di ritrovo e cucina, messi a disposizione da “Die Zentrale” a Francoforte attirano gli spiriti liberi con una biblioteca in continua espansione, abbonamenti alle più svariate riviste, sale per
seminari e riunioni, coniugando l’atmosfera di un caffè con il silenzio degli ambienti di lavoro. Molto diverso è invece l’HUB di Zurigo, rivolto esclusivamente a fondatori di start-up sostenibili. Circa un terzo dei potenziali utenti viene respinto perché si ritiene che non siano in sintonia con lo spirito di coworking, non apportino valore aggiunto alla rete, o i progetti proposti non possano fornire soluzioni sostenibili. Il progetto di punta è un concorso per un business plan; i vincitori, oltre a diventare membri HUB a pieno titolo, si aggiudicheranno una somma di denaro messa a disposizione da uno sponsor per realizzare la propria idea nel giro di un anno.
BOVEN DE BALIE Amsterdam / Paesi Bassi Boven de Balie è lo spazio di coworking che si affaccia sulla piazza Leidseplein, nel cuore di Amsterdam. Realizzato nel piano sottotetto dell’edificio che ospita il Café De Balie, l’ambiente luminosissimo offre 34 postazioni nella splendida cornice di una struttura in legno restaurato.
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TECHSPACE Londra / Gran Bretagna Techspace sfrutta appieno i vantaggi offerti da un vecchio magazzino: gli ambienti spaziosi con grandi sale riunioni, in gran parte illuminati da luce naturale, hanno un sapore avanguardistico.
Arredi migliorabili I singoli spazi di coworking sono molto variegati, talora estremamente diversi fra loro. Solo una minima parte è davvero redditizia per i gestori, nonostante le quote versate rappresentino spesso solo una parte delle entrate, dal momento che per l’affitto di sale riunioni, per l’organizzazione di eventi, workshop e catering vengono richiesti contributi aggiuntivi. Colpisce il fatto che le location siano spesso molto attraenti sotto il profilo architettonico e a volte persino spettacolari. A Stoccolma, ad esempio, è stata ristrut-
turata una vecchia chiesa, a Zurigo l’HUB è ospitato sotto le volte del viadotto della ferrovia, mentre lo spazio Sankt Oberholz di Berlino è ubicato in un antico palazzo signorile dai soffitti molto alti e decorati con stucchi. Quello che spesso lascia a desiderare sono invece gli arredi, che appaiono poco curati, tra il casual e il raffazzonato, un po’ troppo “fai da te”. Pressoché inesistenti sono gli accorgimenti per l’insonorizzazione, altrettanto rari i mobili ergonomici atti a favorire la salute di chi lavora in ufficio. Molti spazi di coworking, che ricordano vagamente i raffinati Gentlemen’s Club britannici, attirano indub-
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biamente molti frequentatori, per l’atmosfera non convenzionale e simpatica, e soprattutto per la creatività che vi si respira. Ma un vero Place 2.5 è ben altra cosa. ◆
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IDEE Collezione lounge sweetspot No 9/14
Sedus
Collezione lounge sweetspot Eleganza e stile in ufficio
D i J u l i a n T rö n d l e
Con sweetspot Sedus aggiunge un altro tassello nell’ambiente ufficio, coniugando funzionalità e comfort nell’area lounge. Questa famiglia di prodotti, che oltre alle poltroncine lounge comprende anche due modelli di tavoli, è stata progettata dalla designer Judith Daur con l’obiettivo di creare uno spazio in cui sia possibile lavorare in tranquillità e al contempo interagire in modo informale con i colleghi.
sentendo all’utente di interagire meglio con il proprio interlocutore. Secondo Judith Daur questo crea un clima di conversazione molto più disteso, poiché “la libertà di movimento del corpo è la base per la libertà di movimento intellettuale”.
Ricchezza di varianti Un luogo stimolante di scambio intellettuale La linea sweetspot può essere impiegata in molti settori dell’azienda e consente di trasformare qualsiasi luogo in un punto di incontro informale, favorendo il contatto creativo tra i collaboratori. Oltre alle sue possibilità di utilizzo universale, la poltroncina lounge regala una sensazione e un comfort di seduta che vanno ben oltre gli standard di una classica poltrona per conferenza. “Già al primo sguardo deve trasmettere una sensazione avvolgente di accoglienza e di comodità” afferma la designer Judith Daur. Grazie alla cartuccia a gas integrata e all’ imbottitura del sedile, sweetspot dispone di una zona di appoggio particolarmente soffice e confortevole, regalando una sensazione quasi di assenza di gravità. La li-
nea sottile della base contribuisce a intensificare questo effetto. È la particolare ergonomia di seduta a distinguere nettamente sweetspot dagli altri arredi lounge per l’ufficio: la linea ampia e aggettante del bracciolo, concepito originariamente come superficie portaoggetti, invita a sedersi e sottolinea il carattere disinvolto del modello, trasformando in un attimo le zone centrali dell’ufficio, spesso poco frequentate, in salottini da conversazione che offrono spunti stimolanti di scambio intellettuale. Ma a dispetto della sua impostazione “casual”, sweetspot è molto di più di una semplice poltrona da relax: infatti, la forma del sedile leggermente inclinata induce ad assumere automaticamente una postura vigile e concentrata. Grazie alla continuità tra schienale e bracciolo, il busto può compiere una torsione quasi totale, con-
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La collezione lounge sweetspot è una famiglia di prodotti personalizzabili secondo le esigenze dell’azienda, poiché colori e materiali possono essere configurati in modo indipendente. Ad esempio, la parte esterna della scocca del sedile può essere di colore diverso dall’interno, consentendo molteplici varianti. I due elementi imbottiti assolvono una funzione estetica oltre che pratica, strutturando la visione d’insieme della scocca con contrasti suggestivi resi possibili grazie alla scelta cromatica e ai colori complementari delle cuciture. I tavolini abbinati, della stessa famiglia di prodotti, riprendono il motivo estetico della base; sono utili per appoggiare bevande e altri piccoli oggetti e averli sempre a portata di mano. I tavoli possono servire anche come ripiano per computer portatili e tablet, creando così una temporanea postazione di lavoro alternativa. ▸▸
Accogliente ed elegante: la poltroncina lounge sweetspot con braccioli dalla linea ampia e aggettante.
IDEE Collezione lounge sweetspot No 9/14
Sedus
JUDITH DAUR Ritratto della designer Da aprile 2012, Judith Daur lavora come designer presso Sedus Stoll AG. Ha conseguito una laurea in design presso l’università di Darmstadt. Prima della sua esperienza da Sedus ha effettuato un soggiorno in Giappone e un praticantato presso lo studio Hannes Wettstein e Formart Industrial Design.
Area lounge, sala d’attesa o ambiente lavorativo informale: sweetspot crea un’atmosfera gradevole che favorisce la comunicazione.
Funzionalità ed eleganza
Un nuovo concetto di comfort
L’ampia scelta di abbinamenti per materiali e colori offre numerose configurazioni e allestimenti possibili secondo le proprie preferenze ed esigenze. Impiegata nella sala d’attesa o come arredo lounge per la caffetteria, salottino di conversazione nella zona centrale dell’ufficio oppure “rifugio” per lavorare in tranquillità, la collezione lounge sweetspot coniuga in modo intelligente l’ergonomia e il comfort di una seduta per ufficio con l’eleganza di un prodotto live style.
Con sweetspot entra nell’ambiente ufficio un nuovo concetto di comfort, che vede attenuarsi la consueta separazione tra mondo del lavoro e tempo libero. Questo induce necessariamente a chiedersi se questa visione a compartimenti stagni possieda una reale ragion d’essere, oppure se possiamo immaginare, nel lungo termine, una perfetta simbiosi tra questi due mondi apparentemente inconciliabili, in cui i principi ergonomici prevalgano anche sul comune stereotipo della sedia pu-
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ramente da relax, in linea con il concetto del Place 2.5. ◆ Maggiori informazioni su sweetspot di Sedus:
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IDEE Sistema modulare di contenitori terri tory Sedus
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Comunicazione o concentrazione? Entrambe! Il sistema modulare di contenitori terri tory D i J u l i a n T rö n d l e
Nell’ufficio moderno, in cui le zone d’interazione fra colleghi sembrano proliferare, esiste tuttavia anche un altro luogo, ormai sempre più raro: quello in cui “rifugiarsi” per lavorare concentrati. Con il sistema modulare terri tory, Sedus ha concepito un sistema di contenitori che concilia le esigenze di comunicazione con il bisogno di tranquillità e di isolamento nell’ambiente ufficio.
Ambiente ufficio trasformabile: con sweetspot e terri tory gli arredi possono essere adattati rapidamente e con facilità in funzione di esigenze sempre nuove.
IDEE Sistema modulare di contenitori terri tory No 9/14
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Con il sistema di contenitori modulari terri tory è possibile realizzare molteplici configurazioni e allestimenti.
Apertura o schermatura? Le discussioni fra colleghi offrono spesso molti spunti creativi che, in un’ottica aziendale lungimirante, possono migliorare notevolmente la performance di un’impresa. Ma cosa accade quando viene a mancare lo spazio per rielaborare in tranquillità queste idee e input? Un’atmosfera di lavoro improntata alla comunicazione può essere utile soltanto se al contempo non viene negata la possibilità di ritirarsi in un luogo in cui lavorare concentrati. La sfida per Sedus e per l’équipe di Formwelt Industriedesign consisteva dunque nel creare una serie di arredi per ufficio che offrissero allestimenti flessibili e “aperti”
alla comunicazione ma che, al contempo, rispondessero al bisogno di ottenere un sufficiente grado di schermatura e di delimitazione degli spazi, a loro volta ripristinabili nella modalità “aperta” secondo necessità.
Comunicazione e concentrazione La struttura modulare del sistema terri tory offre una grande libertà di personalizzazione, fornendo, oltre alla funzione di contenitore, una cornice perfetta per riunioni spontanee fra colleghi. Inoltre, terri tory consente di dividere gli spazi e creare così angoli tranquilli dove lavorare indisturbati. La ripartizione degli ambienti è quindi in
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grado di influenzare concretamente il modo di lavorare, poiché favorisce l’armonica coesistenza fra concentrazione e comunicazione, generando un’atmosfera lavorativa rilassata e produttiva.
Allestimento flessibile degli spazi I contenitori da 400 e 800 mm di lunghezza si agganciano in linea con estrema facilità, consentendo all’utente di non vincolarsi fin dall’inizio a una precisa configurazione. Henriette Deking, designer di Formwelt Industriedesign ricorda: “Spesso ci siamo ispirati ai mattoncini Lego oppure ad elementi disposti su tavole orizzontali.” I contenitori vengono fissati
IDEE Sistema modulare di contenitori terri tory No 9/14
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Basta un semplice gesto per ottenere nuove riconfigurazioni grazie al facile sistema di collegamento dei contenitori con l’elemento di aggancio dei ripiani.
con una chiave alla guida multifunzione dei ripiani tramite l’elemento di aggancio centrale sviluppato da Sedus. Con la stessa filosofia modulare è possibile integrare nell’ambiente ufficio elementi decorativi, schermi in plexiglas, pannelli magnetici oppure vaschette per piante. Gli spazi lasciati vuoti generano un effetto di trasparenza che evoca un’ulteriore leggerezza visiva. L’utente può quindi trasformare l’ufficio nel suo “territorio” (terri tory) personale e dare libero sfogo alla sua fantasia, grazie alla vastissima gamma di colori e alle numerose combinazioni possibili dei vari moduli. L’allestimento flessibile di spazi e contenitori consente un uso funzionale e personalizzato degli arredi, rispon-
dendo perfettamente alle esigenze dell’ufficio moderno, i cui ambienti devono spesso essere rapidamente riconfigurati per nuovi utilizzi.
Leggerezza: la base per il benessere produttivo Un principio basilare nella progettazione di terri tory è stato quello di mantenere l’ariosità dell’ambiente: “l’aria non sarebbe dovuta mai mancare”, spiega Henriette Deking di Formwelt Industriedesign. Mentre una stanza d’ufficio per sua natura esprime rigidità, il design lineare degli elementi modulari terri tory viene associato a un senso di leggerezza del tutto
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nuovo e gradevole, che si riflette sul clima lavorativo nel suo insieme. Perfetto sia come elemento d’arredo a sé stante che come mobile contenitore nell’ufficio singolo, il sistema di contenitori terri tory, insignito del premio di design “Red Dot 2013”, riunisce tutte le caratteristiche del benessere produttivo, trasformando il lavoro in ufficio in un’esperienza sempre proficua. ◆ Maggiori informazioni su terri tory di Sedus:
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IDEE Strutture mobili in ufficio No 9/14
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Strutture mobili in ufficio Elementi divisori leggeri e flessibili
D i D o ro th e a S c h e i d l-Ne n n e m a n n
I crescenti costi degli immobili inducono a concentrare maggiormente gli spazi, un trend sempre più in aumento. Ora più che mai, la strutturazione flessibile degli uffici, che consente di creare diverse aree funzionali e ambienti in grado di garantire una schermatura visiva e acustica, è un’esigenza molto sentita.
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olto prima che gli open space e i grandi uffici entrassero a fare parte della nostra quotidianità, esistevano già fabbricati dalle planimetrie generose che ne assicuravano un utilizzo poliedrico e, dunque, durevole. Si trattava di costruzioni massicce, sostanzialmente inamovibili. In passato, le pareti divisorie fungevano da barriere in ambienti dotati di un’unica fonte di riscaldamento, ma ne rendevano molto difficoltoso il cambio di destinazione d’uso. Proprio per questo motivo esistevano i grandi ambienti comuni, come le sale di copiatura dei manoscritti nei conventi, o gli ampi scrittoi e uffici dei commercianti anseatici. Il silenzio della biblioteca era ideale per lavorare concentrati. Gli spazi venivano usati in comune preservandone la massima flessibilità. La necessità di separare in modo più efficiente gli spazi nasce quando il sottofondo sonoro generato da macchine da scrivere, tastiere dei computer e conver-
sazioni telefoniche diventa sempre più fastidioso. Da meri esecutori e destinatari di istruzioni, i collaboratori diventano con il tempo membri di team a composizione variabile che operano sotto la propria responsabilità in un rapporto di continuo scambio di idee fra colleghi. In un certo senso è come se oggi si fossero riattivati, grazie anche al supporto dei moderni mezzi di comunicazione, i nostri atavici geni di “nomadi” rimasti per secoli repressi a causa di comportamenti improntati alla vita sedentaria Quello che un tempo era il grazioso paravento di origine cinese, usato come divisorio e schermo, è ridotto oggigiorno a un triste tramezzo o sistema a pareti divisorie che poco ha di poetico. Sedus propone soluzioni polifunzionali e molto flessibili per dividere gli spazi in modo attraente, giocoso e rispettoso della riservatezza.
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viswall
Il sistema viswall permette di dividere l’ambiente in modo lineare garantendo la protezione sia visiva, grazie al pannello coprente, che acustica con i pannelli riempiti di tessuto non tessuto di poliestere. I singoli pannelli possono essere ruotati di 360° per consentire sia la schermatura che la visuale più o meno completa. In questo modo si conciliano anche in un ufficio dal layout aperto le esigenze di riservatezza e il desiderio di essere al riparo dalle distrazioni. Basta spostare gli elementi fissati nella base per suddividere un’area e schermarla parzialmente o completamente.
Maggiori informazioni su viswall di Sedus:
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IDEE  Strutture mobili in ufficio No 9/14
Sedus
viswing
Trasparenza e leggerezza contraddistinguono gli elementi viswing che permettono di separare gli spazi in modo semplice e di cambiare posizione velocemente. Sotto il profilo ottico il design tridimensionale della vela crea dinamismo. Il telaio curvato dalla forma avvolgente, fissato alla base, genera un effetto plastico grazie alla membrana di rivestimento tesa su ambo i lati. La particolare membrana elastica produce un intrigante effetto moirÊ, protegge dagli sguardi diretti, lasciando filtrare la luce. La vela può essere orientata in senso verticale o orizzontale, a seconda delle esigenze personali. Maggiori informazioni su viswing di Sedus:
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IDEE Strutture mobili in ufficio No 9/14
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acoustic wall
Pareti divisorie
Il sistema acoustic wall rappresenta una soluzione efficiente per allestire nuovi spazi negli interni esistenti o realizzare schermi protettivi. La funzione fonoassorbente è inserita all’interno del sistema, che attutisce in modo ottimale la riflessione acustica. Sul tessuto di rivestimento possono essere riprodotti, con una stampa di eccellente qualità, elementi decorativi scelti dal cliente che trasformano i componenti di questo sistema in una vera e propria opera d’arte. I tessuti di rivestimento sono facili da montare e sostituire grazie al bordo che si inserisce perfettamente nel profilo del telaio. L’anima fonoassorbente è perfettamente sagomata sul profilo del telaio. A sua volta, il profilo è dotato di una scanalatura perimetrale nella quale possono essere inseriti elementi di raccordo utili per collegare fra loro più telai. Suonerie, ticchettii, brusio, rumore di passi e il chiasso proveniente dall’esterno sono così efficacemente smorzati.
Le pareti divisorie Sedus si contraddistinguono per la loro robustezza strutturale, flessibilità funzionale e per il design senza tempo. Sia come divisori indipendenti, ad angolo o come pannelli più complessi e collegati, le pareti divisorie sono disponibili in diverse altezze e aperte a qualsiasi cambiamento. Gli elementi possono essere fissati anche come schermi protettivi alle scrivanie. Nei pannelli dotati di guide integrate possono essere inseriti componenti funzionali, come ad es. portaoggetti. Data l’ampia scelta di piedini, i divisori possono essere collocati in qualsiasi ambiente. Le singole pareti divisorie possono essere anche munite di rotelle. I pannelli possono essere rivestiti in tessuto o realizzati in metacrilato. Maggiori informazioni sulle pareti divisorie di Sedus:
Maggiori informazioni su acoustic wall di Sedus:
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RUBRICHE Un tuffo nel passato Sedus
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Un tuffo nel passato “Contact System”, l'ufficio orientato alla persona
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egli anni ‘70, quando iniziavano già a diffondersi gli uffici open-space, i creativi di Gesika (dal 2002 consociata del gruppo Sedus Stoll) studiavano soluzioni per ambienti di lavoro più a misura d’uomo. Fu così che nacque il sistema modulare orientato alla persona “Contact System”, grazie al quale era possibile arredare e suddividere ampie superfici in modo flessibile. Questo sistema dal linguaggio formale fluido, senza angoli o spigoli appuntiti ma con linee leggere e arrotondate, permetteva non solo di dare
un’immagine di rappresentanza a uffici di recente costruzione, ma anche di ristrutturare con successo ambienti già esistenti. Al pari di oggi, quarant’anni fa gli uffici versavano in una situazione di emergenza strutturale. Almeno la metà delle superfici esistenti era, infatti, completamente obsoleta quanto ad arredi e compatibilità con le nuove tecnologie. La semplice costruzione modulare si rivelava una soluzione perfetta per progettare con semplicità l’ambiente ufficio integrandovi spazi di
discussione e aree di lavoro dalle diverse funzioni. Solo le esigenze erano leggermente diverse. Allora, si spostavano le segretarie assieme alle loro macchine da scrivere dagli uffici di stenografia, ridistribuendole nei diversi dipartimenti. Oggi, si introducono ambienti lounge e salottini di conversazione, per rendere più ariose e gradevoli le aree funzionali di lavoro. Rimangono invece sempre attuali le riflessioni sul panorama lavorativo e sulle esigenze di flessibilità. ◆
VIVERE Il momento Suntory No 9/14
Sedus
Il momento Suntory
Yatte Minahare (Go for it!) è la filosofia che si nasconde dietro la determinazione di Shinjiro Torii. Un modo di pensare a cui lui rimase fedele tutta la vita.
Whisky dal Giappone
D i Á l va ro R u i z d e l R e a l
Narra una leggenda scozzese che alcuni guerrieri celti, alla ricerca di un riparo dal cattivo tempo, entrarono in una grotta e prepararono della birra. Pare che il vapore generatosi dalla cottura del decotto d’orzo si sia accumulato sul soffitto della caverna per poi ricadere nel calderone. Assaggiando il liquido, i tenaci guerrieri e fecero subito scintille. Uisge-beatha! Acqua di vita!... Gridarono a pieni polmoni. Questo popolo non poteva minimamente immaginare che alcuni secoli più tardi, su una lontana isola dell’estremo oriente, un giovane imprenditore dalle idee rivoluzionarie avrebbe prodotto quello che oggi molti esperti considerano il miglior whisky del mondo.
A
lla fine della seconda metà del XIX secolo, la società giapponese visse un periodo di profondi sconvolgimenti, e fu protagonista di un lento processo di modernizzazione che mirava a tagliare i ponti con un impero di stampo feudale, chiuso a qualsiasi influenza dal mondo esterno. Shinjiro Torii nacque e crebbe a Osaka in una famiglia di modeste condizioni. All’età di tredici anni iniziò a lavorare come apprendista in una bottega e lì apprese a miscelare differenti tipi di sakè. Grazie all’apertura del mercato giapponese al commercio estero, Shinjiro comin-
ciò poco a poco a conoscere i vini e i liquori stranieri, sviluppando un eccezionale senso del gusto e dell’olfatto che nel corso della sua carriera si sarebbe rivelato di enorme importanza, fino a valergli il soprannome di “naso di Osaka”. Non è un caso se Shinjiro divenne il simbolo dell’avvento di una nuova era, un giovane innovatore che desiderava far conoscere il miracolo giapponese al resto del mondo. Già nel 1899, all’età di soli vent’anni, conduceva la propria attività di importazione di vini e liquori. In quel periodo ebbe anche la geniale idea di
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uniformare il sapore delle bevande straniere al gusto dei giapponesi. Otto anni più tardi, nel 1907, iniziò a commercializzare un vino Porto di produzione propria, destinato a diventare un assoluto campione di vendite. Ma tutto questo successo non bastava a soddisfarlo. Shinjiro, infatti, covava già da qualche tempo un’idea rivoluzionaria. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale aveva depositato in alcune vecchie botti di vino una certa quantità di alcool che sarebbe dovuto servire per la produzione di liquore, ma ben presto si era dimenticato della sua esistenza. Quando alcuni anni più tardi riscoprì le botti, assaggiò il liquido che contenevano. Fu una rivelazione assoluta. Shinjiro volle scoprire in che misura il processo di invecchiamento influiva sul gusto della bevanda ottenuta e restò affascinato dai misteri e segreti di questa tecnica. Da quel momento, creare la miscela perfetta a ogni costo e sfidando ogni difficoltà ▸▸
VIVERE  Il momento Suntory Sedus
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VIVERE Il momento Suntory No 9/14
Sedus
INFORMAZIONI Pioniere della responsabilità sociale d’impresa Shinjiro Torii era dell’idea che fosse necessario reinvestire una parte dei guadagni aziendali a favore della collettività, e donò quindi fin dagli inizi una somma cospicua per finanziare progetti sociali. Sotto questo punto di vista, negli anni ‘60 l’azienda Suntory fu una pioniera e diede inizio a numerosi progetti culturali e sociali. Nacque così il museo d’arte Suntory con una vasta collezione di opere d’arte giapponesi, la sala per concerti Suntory Hall, un museo dedicato al whisky e numerose strutture per giovani e anziani, oltre a molte altre iniziative.
Impegno per l’acqua Nel quadro del proprio impegno per la sostenibilità, Suntory si è posto come obiettivo la protezione delle falde acquifere. Questa iniziativa è tutt’altro che altruista, dato che l’acqua è la più
Fin dal primo istante il giovane Shinjiro Tori fu rapito dai segreti della miscelazione del whisky.
importante materia prima dell’azienda, ma conferisce senz’altro una forte credibilità alla politica di responsabilità sociale dell’azienda. I progetti spaziano dalla sensibilizzazione delle nuove generazioni fino a misure più concrete, quali la salvaguardia delle foreste e la protezione delle risorse acquifere.
Suntory Limited Oggi Suntory è un’azienda multinazionale con partecipazioni nei settori più
divenne la sua unica missione. Un whisky giapponese distillato per i giapponesi.
Primi passi verso la realizzazione di un sogno
disparati: dalle bevande analcoliche ai vini e liquori, fino ai fiori e alla ricerca biomedica. Suntory possiede vigneti in Francia, distillerie in Scozia, una catena di distribuzione di bevande a livello mondiale e molto altro ancora.
I membri del consiglio di Kotobukiya, l’impresa fondata da Shinjiro nel 1921, erano tuttavia assolutamente contrari all’idea di mettere a repentaglio l’intera attività, e all’unanimità gli consigliarono di abbandonare il progetto. Shinjiro era però talmente convinto della propria idea che nulla e nessuno poté fermarlo. Fedele al motto Yatte Minahare (Go for it!) decise di iniziare i lavori e investì l’intero capitale
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dell’azienda nella costruzione di una distilleria, con grande rammarico dei suoi consiglieri. Shinjiro scelse con ponderazione il luogo in cui sarebbe sorto l’edificio, perché sapeva che la buona riuscita del suo whisky dipendeva in modo decisivo dalla qualità dell’acqua. In seguito a una lunga ricerca optò per la valle Yamazaki, punto di confluenza di tre fiumi nei pressi dell’antica città imperiale di Kyoto. Per le sue condizioni climatiche e la ricchezza di eccellente acqua, questo luogo era perfetto per la costruzione di una distilleria. L’acqua sorgiva ai piedi del Tenno, in mezzo a boschi di bambù, fu l’elemento decisivo per la produzione
VIVERE Il momento Suntory No 9/14
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di una bevanda che doveva essere in grado di soddisfare l’esigente palato di Torii.
Da sogno a incubo? Già nel 1924 la costruzione della distilleria era conclusa e a dicembre ebbe inizio la produzione di whisky. In seguito a un avvio non proprio incoraggiante accompagnato da numerosi fiaschi, che tuttavia non fecero altro che rafforzare la volontà di Shinjiro Torii, questi si mise alla ricerca di un “naso” scozzese, un miscelatore di whisky che avrebbe dovuto seguirlo e aiutarlo nella produzione dei suoi liquori. Purtroppo non trovò nessuno all’altezza delle sue aspettative, ma in cambio fece la conoscenza di Masataka Taketsuru, un giovane che aveva lavorato in una distilleria in Scozia e che aveva appreso un’infinita quantità di segreti sullo scotch. Finalmente, nel 1929, i due riuscirono a creare il Suntory Shirofuda (etichetta bianca), il primo vero Malt Whisky giapponese della storia. Shinjiro era riuscito in quello che molti avevano reputato impossibile. Eppure, il mercato giapponese gli voltò le spalle. Shinjiro aveva puntato tutto su un’unica carta e sembrava aver perso. Ma questo piccolo dettaglio non bastò a fermarlo: se per il whisky giapponese non esisteva un segmento di mercato, allora bisognava crearlo. Per 10 anni la distilleria di Yamazaki continuò ad accumulare riserve di whisky, e lo stesso fondatore, come un moderno alchimista, si dedicò anima e corpo alla creazione della miscela perfetta. Finalmente nel 1937 riuscì nel proprio intento con Suntory KAKUBIN (“Il whisky con la bottiglia quadrata”). Ora più nulla poteva fermare Suntory e i suoi progetti. Yatte Minahare!
Il grande salto Arrivò la Seconda Guerra Mondiale. A causa dell’impossibilità di ricevere forniture, la distilleria si vide obbligata a interrompere la produzione. Nell´immediato dopoguerra, grazie a una rinnovata apertura della società, i sostenitori della modernizzazione riuscirono a imporre le proprie idee. L’imperatore perse il suo status di divinità e il capitalismo fece definitivamente il suo ingresso in Giappone. Un terreno veramente fertile per persone determinate come Shinjiro Torii. Poco a poco, numerose novità conquistarono i mercati, e la qualità dei prodotti aumentava costantemente. Nel 1950 venne
introdotto il Suntory Old Whisky, bevuto da James Bond in persona nel film Si vive solo due volte. Nel 1955 aprirono i primi Suntory bar, un’idea che rivoluzionò lo stile di vita dei giapponesi, specialmente nelle città di Tokio e Osaka. Negli anni ‘60, dopo che Shinjiro ebbe ceduto l’attività al figlio, venne rafforzato il business della produzione di birra e in poco tempo l’azienda divenne leader anche in questo segmento di mercato.
Il cambiamento e nuovi input Nel 1973, in occasione del 50° anniversario dell’azienda, Keizo Saji, seguendo l’ispirazione del padre, incaricò la costruzione ▸▸
PREPARAZIONE DI UN BUON “MIZUWARI” (WHISKY CON ACQUA) Il whisky Suntory andrebbe bevuto sotto forma di Mizuwari, poiché il suo aroma si sviluppa pienamente solo se miscelato con acqua. 1. Riempire un bicchiere di cubetti di ghiaccio. 2. Versare la quantità di whisky desiderata. Mescolare tredici volte e mezzo.
3. Aggiungere altro ghiaccio 4. Aggiungere acqua minerale di qualità (in quantità doppia rispetto al whisky) e mescolare con cautela due volte e mezzo.
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Il successo particolare del whisky Suntory è dovuto alla straordinaria qualità dell’acqua utilizzata, la cui salvaguardia è un pilastro della filosofia aziendale.
La distilleria di whisky Suntory Hakushu vista dall’interno.
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La distilleria di Yamazaki fu costruita nelle Alpi giapponesi. Già nel XVI secolo le sorgenti di questo luogo avevano affascinato il più importante maestro della cerimonia del tè, Senno Rikyu.
di una seconda distilleria riservata alla produzione di Single Malt Whisky, ovvero di whisky proveniente da un’unica distilleria senza essere miscelato ad altri. Costruita nel cuore delle cosiddette Alpi giapponesi, questa è la distilleria più alta in quota al mondo. L’azienda è stata inoltre la prima a servirsi di testimonial stranieri per pubblicizzare i propri prodotti. Alla politica di marketing di Suntory bisognerebbe dedicare un articolo a parte, ma qui ci basterà ricordare tre pietre miliari: la campagna “Let’s drink Torys and go to Hawaii”, che conquistò la popolazione giapponese contribuendo al successo dei Suntory Bar, la campagna con Sammy
Davis Jr, uno dei volti più dissacranti e noti della storia della televisione giapponese (lo si può trovare facilmente in Internet) e le campagne pubblicitarie con alcune grandi star di Hollywood come Sean Connery e Francis Ford Coppola, dalle quali la stessa figlia di Coppola ha tratto ispirazione per il film di successo Lost in translation. Ora non restava che conquistare il mondo, conquista che è tuttora in atto. Dal 2003 i whisky Suntory fanno incetta di premi nei concorsi più rinomati del mondo. Per gli intenditori di whisky, Suntory è ormai da tempo una marca di indiscutibile prestigio. Il sogno di un innovatore, inizialmente
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bollato come pazzo e visionario, nel corso di tre generazioni pare essersi trasformato in realtà. 90 anni addietro Shinjiro Torii non era riuscito a trovare un miscelatore scozzese di whisky, e il progetto era stato sul punto di fallire. Ma quest’uomo dedicò la propria vita a difendere le sue idee. Oggi sono gli scozzesi a venire in Giappone per carpire i segreti del successo di Suntory. Shinjiro Torii ne resterebbe molto contento, almeno per qualche tempo. Salvo, nel giro di poco tempo, porsi nuovi obiettivi e rimettersi al lavoro. Yatte Minahare. ◆
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PANORAMICA No 9/14
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Panoramica
IDEE
Strutture mobili in ufficio
Elementi divisori leggeri e flessibili Pagina 58
I crescenti costi degli immobili inducono a concentrare maggiormente gli spazi, un trend sempre più in aumento. Ora più che mai,
Collezione lounge sweetspot
l’organizzazione flessibile degli uffici, che
Eleganza e stile in ufficio
consente di creare diverse aree funzionali e
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ambienti in grado di garantire una schermatura
Questa collezione di prodotti che porta la firma
visiva e acustica, è un’esigenza molto sentita.
della designer Judith Daur comprende anche due modelli di tavoli oltre alle poltroncine lounge.
Novità, tendenze e suggerimenti
sweetspot crea un’ambiente piacevole che con-
Miscellanea di proposte ispirate al tema di questo numero
sente di lavorare in tranquillità e al contempo di
FATTI
interagire in modo informale con i colleghi.
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Qui potete trovare varie informazioni in linea con il tema di questo numero: come trasformare il pianeta in un luogo più bello, equo e pratico. Idee lungimiranti per la vita pratica di tutti i giorni.
Un tuffo nel passato
“Contact System”, l'ufficio orientato alla persona
Comunicazione o concentrazione? Entrambe!
Puntando in alto
Vodafone Campus di Düsseldorf e il Vodafone Village di Milano
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Il sistema modulare di contenitori terri tory
Già negli anni ‘70, quando iniziavano a diffondersi
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Le due grandi sedi centrali tedesca e italiana
gli uffici open-space, i creativi di Gesika studiavano
L’ampia scelta di elementi, materiali e colori offre
realizzano un ambizioso progetto architettonico:
soluzioni per ambienti di lavoro più a misura
numerose opzioni di arredo; come sala d’attesa,
sono concepite entrambi come “green building”
d’uomo. “Contact System” è la testimonianza di
mobile lounge, angolo di conversazione nella
con moderni uffici ispirati ai criteri del Place 2.5.
uno stile modulare semplice, che offre massima
zona centrale dell’ufficio oppure “rifugio” per
flessibilità di allestimento nell’ambiente ufficio.
lavorare in tranquillità.
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SAPERE
PERSONE
Comunicare nello spazio virtuale
Come i sistemi di telepresenza influenzeranno la nostra futura routine lavorativa Il delicato equilibrio fra visione e utopia
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Weimar, il Prof. Fröhlich si occupa di sistemi ottici di
Cos’è lo sharing?
Incontro con l’architetto giapponese Terunobu Fujimori
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e scoperto come i partecipanti a una discussione
La riscoperta arte della condivisione: oltre a
Terunobu Fujimori è uno degli architetti più estrosi
possono incontrarsi in uno spazio virtuale, per
scambiare conoscenze, beni materiali ed espe-
dei giorni nostri. Con occhio critico analizza le
studiare insieme oggetti digitali e progetti architet-
rienze, si condividono abilità pratiche. Positivo
variopinte tendenze architettoniche contempora-
tonici.
per l’ambiente e il portafoglio, questo approccio
nee formulando un anti-canone estetico. La fama di
produce nel migliore dei casi anche un valore
Fujimori in Europa ha avuto inizio nel 2006, quando
aggiunto sociale. Per i gestori di piattaforme com-
le sue opere sono state esposte presso il Padiglione
merciali di sharing si prospetta una nuova fonte
Giappone della Biennale di Architettura di Venezia.
di profitto dai contorni ancora indefiniti.
Abbiamo chiacchierato con lui del suo lavoro e
Avere o condividere
Assieme al suo team della Bauhaus-Universität di telepresenza. Abbiamo testato questa tecnologia
della sua idea di architettura, intesa come delicato equilibrio fra fattibilità e utopia.
VIVERE
Coworking
Il futuro del lavoro
Il momento Suntory
Sulle tracce di questo nuovo fenomeno
Whisky dal Giappone
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Più libertà, complessità in aumento. Chi si assume la responsabilità?
Gli uffici condivisi dilagano in tutte le metropoli.
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La storia della nascita del whisky Suntory
A costi fissi molto contenuti, freelance, microim-
Ce ne rendiamo conto quasi quotidianamente os-
risale alla caduta dell’impero giapponese nel
prese e start-up trovano qui lo spazio necessario
servando la nostra situazione o quella degli altri:
XIX secolo e alle ispirazioni derivanti dalle
alle proprie attività e beneficiano al contempo
nell’era dell’informazione il lavoro è in costante
influenze straniere. In questo contributo
dello scambio di esperienze e del networking con
mutazione. Le strutture esistenti vengono meno,
potrete scoprire come grazie alla determi-
colleghi. Nell’articolo, un quadro internazionale.
mondi prima contrapposti si incontrano. Dove
nazione del fondatore Shinjiro Torii, la sua
porta questo viaggio e com’è possibile guidare le
visione si sia trasformata in una storia di
aziende e le persone?
successo che vive ancora oggi.
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COLOPHON E CONTATTI No 9/14
Sedus
No 9/14 Visioni
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Autori di questo numero:
Joachim Goetz, Michael Mayer, Álvaro Ruiz del Real, Dorothea Scheidl-Nennemann, Julian Tröndle
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Austria
Traduzioni:
Mark Eltringham (en), Corinne Détrès (fr), Álvaro Ruiz del Real (es), daeverso translations (it), Hans Fuchs (nl)
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Francia
Titolo: fpm factor product münchen, P. 02: fpm factor product münchen, P. 03: Andreas Teichmann, P. 04/05: Sedus, P. 06/07: Akihisa Masuda, Reinhard Schwederski, Louis Rafael Rosenthal, fpm factor product münchen (v. l. n. r.), P 09-15: Akihisa Masuda, P. 16: Ralph Richter, P. 17/20/21/24/25: Beppe Raso, P. 18/19/22: Reinhard Schwederski, P. 20 (ritratto): Vodafone Düsseldorf, P. 23: Dorothea ScheidlNennemann, P. 23 (ritratto): Vodafone Italia, P. 26/27 (foto produttore): Michael Rose, Livescribe, Cykno, Greenworks, Crumpled City/Metamorphosen, Fairphone, P. 29-33: big.dk, P. 35-37: Lehrstuhl Prof. Dr. Bernd Fröhlich/Bauhaus-Universität Weimar, P. 35 (in basso): Dorothea Scheidl-Nennemann, P. 36 (ritratto): Jens Hauspurg, P. 44/45: Louis Rafael Rosenthal, P. 46: Jezzica Sunmo, P. 47: Agora Collective Berlin, P. 48: Mastermind KK, P. 49: Jellyfish Cartel, P. 50: Launchdesk, P. 51: Techspace, P. 53-60: Sebastian Bullinger, P. 61: Sedus, P. 63: Gabriel Holzner, P. 64-67: Suntory Holdings Ltd., P. 68/69: come gli articoli, P. 71: fpm factor product münchen, S.72: Sedus
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