03/03/2011 RELAZIONE DEL CONVEGNO
SCELTE URBANISTICHE E RISCHI NATURALI NEL TERRITORIO DI POMEZIA: il rischio idrogeologico, il rischio radon e dei gas vulcanici problematiche sanitarie
Relatori: Dott. Mario Voltaggio – Geologo - Primo Ricercatore C.N.R. IGAG – Roma Dott.ssa Laura De Vito – Dirigente Medico Policlinico Umberto I – Roma Dott. G. Antonio Di Lisa – Geologo - Docente I.C. “E. Pestalozzi” - Pomezia
Il convegno, pur avendo come obiettivo principale quello di presentare dati scientifici, vuole esporre ad un pubblico vasto quali sono i rischi naturali e ambientali presenti nel territorio di Pomezia, le problematiche sanitarie conseguenti all’esposizione della popolazione al gas radon e agli altri gas vulcanici tossici e, soprattutto, quanto tali conoscenze siano fondamentali nell’ottica di una giusta programmazione urbanistica. Queste tematiche, affrontate al convegno, sono tanto più importanti ed attuali, oggi, che il Comune di Pomezia si appresta ad avviare una Variante al Piano Regolatore Generale. Premesso che il futuro urbanistico di ciascuna città, paese o frazione che sia, viene assoggettato alla normativa vigente (nazionale, regionale e provinciale) la quale impone di esaminare il territorio e di evidenziarne la pericolosità sotto l’aspetto sismico, vulcanico, idrogeologico, valutando la specificità delle aree sotto l’aspetto vegetazionale, ambientale-paesistico e storico-archeologico, si rende comunque necessario informare la popolazione sui rischi potenziali alle persone ed all’ambiente, qualora le decisioni prese in campo urbanistico non fossero valutate con estrema attenzione.
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L’intervento del Dott. Mario Voltaggio del C.N.R. (Impatto ambientale di emanazioni gassose naturali) ha evidenziato in sintesi i numerosi lavori scientifici sui gas vulcanici condotti, in particolare, nella zona della Solfatara di Pomezia e del Lazio (si riportano in allegato i riferimenti bibliografici). L’analisi dei dati scientifici è stata preceduta da una preziosa argomentazione storica dei luoghi oggetto di studio.
[…] “Nell’età classica e in particolar modo in età romana, la consapevolezza della pericolosità di queste manifestazioni era molto elevata, lo testimonia una vera e propria mappatura delle emanazioni gassose, rintracciabile ad esempio nei trattati di Seneca e Plinio il Vecchio; in tali documenti, infatti, le esalazioni terrestri solfuree vengono distinte in diversi tipi a seconda dei loro effetti specifici sugli animali e sull’uomo (Plinio il Vecchio, Nat.Hist., II, 206; Seneca, Nat.Quaest., III, 20-21). L’aumento delle esalazioni e le loro conseguenze su uomini e animali furono riconosciute in alcuni casi come fenomeni precursori di terremoti (Nat.Quaest.,VI,26). In questo interesse delle antiche popolazioni per le emanazioni gassose fu il fattore antropologicoreligioso a giocare un ruolo decisivo. Esso si è espresso attraverso il culto di divinità (Mefite, Albunea, Fauno) e la frequentazione di antichi santuari (Valle D’Ansanto, Tor Tignosa di Pomezia) connessi a fenomeni esalativi, nei quali si praticava la divinazione e anche il sacrificio rituale di animali proprio per soffocamento gassoso” […]. Successivamente, il dott. Mario Voltaggio si sofferma ad esporre la genesi delle esalazioni gassose presenti nella fascia tirrenica e le caratteristiche geochimiche delle specie presenti nella zona della Solforata. Trattasi principalmente di anidride carbonica ed acido solfidrico e, poiché, i prodotti vulcanici dell’apparato vulcanico laziale sono particolarmente ricchi di uranio e torio, i fluidi gassosi in risalita dal sottosuolo presentano elevatissime concentrazioni di radon, gas radioattivo, appunto, prodotto del decadimento dell’uranio e del torio. L’attuale tasso di degassamento, alla Solforata di Pomezia, è stato stimato attorno a 580 tonnellate/giorno di anidride carbonica (CO2) in appena 1800 m2 di superficie, 5 tonnellate/giorno di acido solfidrico (H2S) e 4,4 x 1010 Bq di Radon/giorno; la quantità di radon è tale da essere superiore persino ai valori stimati all’interno dei crateri di vulcani attivi. 2
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La concentrazione di radon misurata al suolo nell’area della Solforata risulta essere di 150.000 Bq/m3 mentre ad altezza uomo di 7.500 Bq/m3 (concentrazione outdoor). Normalmente in aria la quantità di radon è di qualche decina di bequerel, pertanto, il valore misurato in questi siti, ad altezza uomo, è 500 volte maggiore rispetto alle situazione outdoor standard, ed è 20 volte maggiore del valore indoor consentito per le abitazioni da parte della Commissione Europea. Alla Solforata, la concentrazione di Rn nell’aria (outdoor) è addirittura superiore ai valori della concentrazione indoor fino a circa 600 m di distanza dal punto di emissione. La vulnerabilità connessa ad esposizioni a lungo termine di Rn e dei suoi figli, considerando che la concentrazione outdoor di Rn, può raggiungere valori sottovento di circa 100 Bq/m3 fino ad 1 km di distanza. Inoltre, per quanto riguarda gli altri gas (CO2 anidride carbonica e H2S acido solfidrico) la modellizzazione della dispersione nelle zone circostanti indica che le concentrazioni sottovento permangono al di sopra delle massime concentrazioni tollerabili, rispettivamente fino a 300 e 800 m di distanza dal sito di emissione. Nelle zone circostanti la Solforata si registrano concentrazioni sottovento di H2S superiori a 2 ppm (venti volte il limite raccomandato dalla WHO) fino a 2 km dal punto di emissione. La Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica ha individuato nell’esposizione al radon ambientale la seconda causa di mortalità per cancro alle vie respiratorie dopo il fumo. Nell’area dei Colli Albani, sia l’alto contenuto di radio che l’alta porosità dei prodotti epivulcanici contribuiscono a determinare elevati flussi di radon dal suolo di intensità quindici volte maggiori della media Europea (1.3 KBq/m2 al giorno). Poiché gli alti flussi di radon sono connessi all’elevato contenuto di radio in equilibrio con l’uranio (6-18 ppm) delle locali vulcaniti (Voltaggio et al., 1998), è stato possibile effettuare una mappatura dell’emissione gamma totale nelle aree circostanti la Solforata, al fine di individuare zone prone/risk per il radon.
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L’anomalia più evidente, che coincide con l’area delle emissioni gassose della Solforata, è stata confermata da queste ultime misure, che hanno indicato una zona a contenuto anomalo di radio del tenore di circa 200 ppmeU, probabilmente dovuta ad accumulo secondario di uranio in zone di risalita di H2S.
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Il Geologo Antonio Di Lisa, coautore con il Dott. Voltaggio di numerose pubblicazioni scientifiche, ha partecipato direttamente alle ricerche del C.N.R. nella zona ed è stato il responsabile del progetto, per conto del Comune, di Mappatura della radioattività naturale dell’intero territorio di Pomezia, conclusosi nel 2000. Il progetto, all’epoca, fu accolto con molto entusiasmo dalla stampa locale e nazionale per il suo carattere innovativo e per il suo tempismo rispetto alla legislazione in materia. I risultati dello studio sono stati presentati ed apprezzati in diversi congressi scientifici. Purtroppo, il progetto non fu del tutto ultimato e soprattutto l’obiettivo del progetto (prevenzione della popolazione dal rischio radon) non è stato perseguito sia nell’ azione di divulgazione e di informazione della popolazione sia nell’ introduzione di norme tecniche, nel Regolamento Edilizio, da seguire per la progettazione dei fabbricati. L’intervento di Di Lisa parte da un’analisi dei rischi naturali ed ambientali presenti nel territorio di Pomezia, agganciandosi all’intervento di Voltaggio, e ponendo l’accento su come la ricerca dei fattori di rischio sia fondamentale per una corretta gestione e programmazione urbanistica. L’intervento si snoda in tre tematiche principali: • Rischio sismico • Rischio vulcanico (esalazioni gassose naturali) • Rischio idrogeologico
Il rischio sismico Il Comune di Pomezia con la recente riclassificazione sismica del Lazio (D.G.R. n. 545 del 26/11/2010) è inserito tra le località dichiarate sismiche, (Gruppo 3 sottozona 2B) pertanto qualsiasi intervento sul territorio (edilizio, urbanistico ecc.) obbliga l’Amministrazione comunale, i progettisti, i privati, a seguire la procedura prevista dalla Normativa sismica (Legge n. 64 del 2/2/1974) con l’invio dei progetti alla sezione sismica del Genio Civile per l’approvazione. La legge regionale inoltre impone ai comuni di ottemperare 5
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alla Microzonazione sismica nell’arco di un anno dall’entrata in vigore delle Linee Guida della L.R. n. 545/10. La sismicità del territorio di Pomezia si inserisce in quella più generale della zona dei Colli Albani (Vulcano Laziale) e del sistema tettonico di Ardea.
Il rischio di esalazioni vulcaniche: radon, acido solfidrico, anidride carbonica Esistono due normative specifiche in merito alla prevenzione della popolazione dal rischio radon, che ad oggi non hanno ancora trovato piena applicazione: • D.L.vo n. 241 del 26/05/2000 • D.G.R. Lazio n. 14 del 31/03/2005 Le esalazioni vulcaniche nell’area di Pomezia sono note fin dall’antichità e l’intervento del Dott. Voltaggio del C.N.R. ne ha esaurientemente evidenziato i riferimenti storici. Tanto i dati delle pubblicazioni scientifiche quanto quelli emersi dalla campagna di mappatura del territorio di Pomezia individuano, nelle zone poste a nord-est della Pontina (la Solforata, le Monachelle, Tor Tignosa, S. Palomba), le aree di maggiore rischio di radon, acido solfidrico e anidride carbonica. A tale proposito il geol. Di Lisa ribadisce l’importanza del termine “rischio”: esso definisce la probabilità che un evento naturale accada e che vi sia il coinvolgimento diretto della popolazione. Accertata la pericolosità per le persone esposte a tutte le specie gassose presenti, come è stato ampiamente descritto nell’intervento della Dott.ssa De Vito, occorre una condivisione di intenti tra tecnici e amministratori, affinché le conoscenze in materia siano opportunamente vagliate prima di elaborare qualsiasi proposta di programmazione urbanistica. Questo più che mai in fase di progettazione di un nuovo Piano Regolatore Generale. Il Comune di Marino, in località Cava dei Selci, rappresenta sotto questo aspetto un esempio ed un monito. Circa dieci anni or sono, in questa località, si verificarono episodi di improvvisa fuoriuscita di gas che sterminarono una 6
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mandria di mucche al pascolo e misero a rischio gli abitanti della zona prossima al sito esalativo. Dopo l’accaduto vi fu l’intervento repentino della Protezione Civile e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e di Vulcanologia i quali “imposero” al Comune di Marino di predisporre Norme Tecniche specifiche da allegare al Regolamento Edilizio del Comune. In tali Norme si obbliga, per qualsiasi progetto edilizio nella zona, a verificare preventivamente i flussi di gas in risalita e l’idoneità del sito in merito all’intervento che ivi si voglia realizzare. Il Comune di Roma, ad esempio, in relazione alla prevenzione della popolazione dal rischio radon è in fase di recepimento delle prescrizioni pervenute da parte dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’ASL. Tali prescrizioni sono in fase di integrazione come norma alle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. e nel Regolamento Edilizio, oltre a costituire Elaborati Specifici in seno alla documentazione geologica da allegare al P.R.G.. Il Comune di Pomezia, sia nei Piani Territoriali approvati nella seduta del Consiglio Comunale del 5 gennaio 2011 sia nella recente proposta di Variante al Piano Regolatore Generale, individua nell’area ad alto rischio ambientale compresa tra S. Palomba e la Solforata una Zona B1 (Comparto i 167/2) e una Zona PdL S. Palomba destinata alla realizzazione di edifici abitativi e Zone D2 destinate ad attività artigianali ed industriali. Una scelta esattamente contraria a ciò che richiederebbe una politica finalizzata alla tutela della salute ambientale e della popolazione di Pomezia; pertanto è da auspicarsi un intervento di bocciatura del Piano da parte degli Uffici Tecnici Regionali. Il Geol. Di Lisa ribadisce la necessità di affrontare il tema della prevenzione della popolazione dal rischio radon, come rischio geologico, e come esso debba essere affrontato nelle sedi di approvazione di qualsiasi variante al P.R.G.. E’ emblematico, afferma il Geologo Di Lisa, che più volte nell’ambito del Consiglio Nazionale dei Geologi aveva ribadito la necessità di istituire tavoli di confronto per sensibilizzare gli Amministratori locali ed gli Enti Regionali sulla tematica della prevenzione ambientale, il ritardo di più di dieci anni nell’attuazione del piano, previsto dalla Legge Regionale Lazio n. 14 del 31/03/2005. 7
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Tutto quanto sinora esposto riguarda l’idoneità o meno di una determinata area ad essere inserita nella zonizzazione urbanistica sia per nuovi insediamenti abitativi sia per siti industriali, qualora invece l’area presenti un livello di rischio medio bisognerebbe agire con l’introduzione di Norme Tecniche nel Regolamento edilizio. Tali norme debbono indirizzare i progettisti ad effettuare scelte tecniche tendenti a limitare la risalita del gas all’interno delle strutture, affinché non vengano superati i limiti di concentrazione di radon negli ambienti interni (200 Bq/m3), indicati dalla Raccomandazione Europea n. 143/90 e del D.L.vo n. 241/2000. Per gli edifici esistenti, invece, occorre verificare innanzitutto la concentrazione del radon indoor e, qualora esso superi il limite di 400 Bq/m3 , bisognerebbe mettere in atto azioni di mitigazione attiva (aspiratori che estraggono il gas e lo convogliano all’esterno) o passiva (film isolanti nei solai ecc.).
Il rischio idrogeologico Il geologo Di Lisa prosegue l’intervento illustrando quali sono i rischi idrogeologici cui il territorio di Pomezia è esposto. Le caratteristiche geologiche del territorio di Pomezia sono tali da non evidenziare un alto rischio legato ai fenomeni franosi; rischi ben più evidenti sono legati all’ alluvione e all’erosione costiera. Infatti la presenza di prodotti di origine vulcanica ben cementati e di versanti poco pendenti escludono la possibilità di dissesti gravitativi di massa, mentre, un reticolo idrografico ancora poco sviluppato e le ampie aree di depressione prossime alla costa, espongono il territorio ad esondazioni ed allagamenti. Tali fenomeni sono sempre più frequenti ed intensi a causa di un incremento smisurato delle opere di urbanizzazione (case, strade, piazzali, capannoni ecc.) e della fortissima contrazione del terreno agricolo. L’eccesso di urbanizzazione aumenta la superficie impermeabilizzata e diminuisce di fatto la superficie permeabile, utile per dissipare nel terreno l’acqua delle precipitazioni e che consente di tenere basso il livello di portata dei corsi d’acqua durante i fenomeni atmosferici. Contribuisce sensibilmente a peggiorare il quadro la scarsa manutenzione di ripulitura dell’alveo e delle 8
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sponde dei Fossi, e quella delle opere di raccolta delle infrastrutture stradali (spesso inesistenti) e dei manufatti. Per comprendere meglio l’importanza della permeabilità dei suoli, in relazione all’aumento delle portate di piena, basta analizzare quanto accade nelle zone prealpine e della pianura padana: i fenomeni alluvionali e di esondazione dei corsi d’acqua sono rarissimi in inverno, pur essendo quest’ultima la stagione più piovosa dell’anno, poiché alle alte quote le precipitazioni avvengono a carattere nevoso quindi non contribuiscono ad aumentare la portata massima dei fiumi e dei torrenti. I fenomeni alluvionali sono invece concentrati nei mesi autunnali quando le temperature sono ancora alte e le precipitazioni, anche alle alte quote, sono di natura piovosa. L’analisi severa del dissesto idrogeologico in aumento nei versanti sottesi alle alture dei Colli Albani viene rimarcata anche nel Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico, a cura dell’Autorità di Bacino. In esso viene esplicitamente sottolineato che la principale causa dei dissesti va ricercata nell’aumentato livello di antropizzazione del territorio avvenuto negli ultimi anni. Il geologo Di Lisa continua nella sua analisi della zona e si sofferma sulle caratteristiche dei corsi d’acqua che attraversano il territorio di Pomezia. Detti corsi sono poco evoluti e ciò significa che la pendenza d’asta dei fossi è ancora elevata; essi pertanto esplicano un forte carattere erosivo, e sono alla continua ricerca di un equilibrio. Nel quadro complessivo della situazione idrografica della zona tra Pomezia ed il mare il dott. Di Lisa fa notare che: a) il Fosso di Pratica di Mare è stato deviato dalla sua direzione naturale per consentire la realizzazione dell’Aeroporto; b) il Fosso della Crocetta, pur essendo un corso d’acqua, che ha origine da Via Varrone, decorre per un tratto a pochi metri dall’abitato di Martin Pescatore in un’area in contropendenza a forte rischio per le abitazioni; c) il Rio Torto, infine, rappresenta il corso d’acqua con la più alta portata e scorre affiancando molte zone abitate quali Nuova Florida e la parte bassa di Campo Jemini. Il relatore sottolinea, inoltre, come l’intera area che si estende dal lato nord, dell’Aeroporto di Pratica di Mare, sino a sud, al confine amministrativo con Ardea, sia una zona strappata alla palude su cui è stato effettuato un lavoro di bonifica idraulica, come testimoniato dalla presenza delle opere dei canali 9
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e delle idrovore per l’allontanamento delle acque. La stessa toponomastica riportata nella cartografia ufficiale è lì a rimarcare l’origine e la storia dei terreni della zona. In questo quadro come si inseriscono le scelte previste nella zonizzazione urbanistica della Variante al Piano Regolatore Generale? Analizzando gli elaborati del futuro P.R.G. si evince che tutta l’area compresa tra il centro di Pomezia ed il mare sarebbe oggetto di una generale urbanizzazione. Le uniche aree escluse da possibilità edificatorie sono relegate all’area di Selva dei Pini (la Sughereta) e all’area circostante il Borgo di Pratica di Mare, quest’ultima per evidenti vincoli archeologici ed impossibili condizioni morfologiche. Persino il sito archeologico di Torvaianica, dove è ubicata la Villa Romana in Via Siviglia, è stato inserito in Zona C3 pur essendoci un vincolo in merito. Le nuove aree soggette ad urbanizzazione sono circa 30 Km2, su un totale di 86 Km2, che si andrebbero a sommare a quelle già urbanizzate. In particolare le scelte urbanistiche del Piano vanno nella direzione di estendere a più di un terzo del territorio la possibilità di edificazione mediante Zone C3 e Zone E3. La prime risultano essere aree di sviluppo urbano “a bassa densità”, le seconde sono aree destinate ad “insediamenti residenziali estensivi in zona agricola”. Entrambe le tipologie di zonizzazione pur avendo la pretesa di essere a basso impatto (indice di fabbricabilità basso) sul sistema suoloacqua-aria non è sufficiente a tutelare il territorio da possibili dissesti, in quanto la superficie impermeabilizzata verrebbe notevolmente aumentata, specialmente se si considera che il lotto minimo di terreno agricolo per la zonizzazione E3 passa da 30.000 a 5.000 m2. In particolare nella Tav. P2 del Piano si individuano le seguenti zonizzazioni a rischio geologico: • Zona C3 (area di sviluppo urbano a bassa densità) : rientrano in questa zona le aree attualmente in zone agricole di Castagnetta, Vicerè, Campo Jemini, Torvaianica Alta, Martin Pescatore sino a Torvaianica Litorale. Dal punto di vista geologico risultano essere aree in prevalenza alluvionabili (Bonifica di Campo Selva, Bonifica di Campo Jemini, Pancrazio Martin Pescatore) o molto prossime a fossi 10
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esondabili le cui caratteristiche sono state precedentemente descritte (Fosso di Selva Piana, Fosso della Crocetta, Rio Torto). • Zona E3 (insediamenti residenziali estensivi in zona agricola) : sono state inserite in tale zona le aree poste all’interno del Fosso di Selva Piana, prima che lo stesso fosso si immette nel Rio Torto, e sul versante molto acclive sud occidentale di Torvaianica Alta. Rientrano, inoltre, in questa zona anche le aree a forte rischio di esalazioni gassose comprese tra Monachelle e S. Palomba. • Zona H1 (aree per servizi e attrezzature sportive e ludico ricreative private) Zona i1(aree turistico-ricettive): anche queste zone ricadono in prevalenza nelle aree di bonifica (Bonifica di Campo Ascolano e di Campo Jemini) a rischio di alluvionamento. • Zona D2 (area a prevalente destinazione industriale, artigianale e commerciale): aree individuabili nella zona di Bonifica di Campo Selva a rischio idrogeologico ed aree comprese tra la linea ferroviaria e Via di Valle Caia, e aree molto prossime alla Solforata lungo la S.P. in località Casale della Zolforatella ad elevato rischio di esalazioni gassose vulcaniche. • Zona B1 (comparto E 167/2): area ricadente all’interno della testata dell’ impluvio dalla quale si origina il Fosso della Crocetta, versanti acclivi e scarpate naturali da incisione torrentizia. • Zona B1 (comparto I 167/2): zona inserita in un’area estremamente pericolosa sotto l’aspetto del rischio di esalazioni gassose vulcaniche come testimoniano sia la toponomastica locale (Fosso della Zolforatella) sia i dati scientifici raccolti nelle varie pubblicazioni scientifiche. L’area, anche nel passato, è stata sempre esclusa da qualsiasi intervento dell’uomo guidato, evidentemente, dalla saggezza pur non possedendo le conoscenze disponibili attualmente. Senza voler entrare nell’ambito specificamente tecnico urbanistico, compito che viene assegnato ad Ingegneri ed Architetti, il geologo ha il dovere e l’obbligo di verificare, unitamente ad essi, come l’assetto generale del territorio risponda ad una proposta di variante urbanistica, dicasi appunto Valutazione Ambientale Strategica. 11
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Il geologo Di Lisa ricorda, a tale proposito, gli eventi alluvionali avvenuti nel 2005, nel vicino territorio di Ardea, nelle località di Nuova Florida e Banditella le cui cause, unanimemente ammesse da Amministratori locali e tecnici, vanno ricercate nell’abusivismo edilizio e nell’alto livello di antropizzazione. A tale proposito il geologo chiede coerenza nei comportamenti e nelle scelte affinché l’ analisi dei dissesti e la valutazione dei rischi, per le persone e per l’ambiente, non siano espresse soltanto a posteriori ai dissesti.
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1. Voltaggio M., Di Lisa G.A., Voltaggio S. : “The Volcano of the Alban Hills : its social influence from the pre-roman age to present” Meeting on Quaternary Volcanism and its climatic and societal impacts : forcings and feedbacks – Godwin Institute for Quaternary Research, pag. 27. Cambridge 29-30 Settembre 1998
2. Di Lisa G.A., Voltaggio M., Voltaggio S. : “La Solforata di Pomezia: un’area associata ad un elevato rischio geochimico” – FIST – GEOITALIA 1999 – 2° Forum Italiano di Scienze della Terra. PLINIUS n. 22, 148-150 - Bellaria 20-23 settembre 1999.
3. Voltaggio M., Di Lisa G.A., Voltaggio S.: “Studio dei disequilibri radioattivi della serie dell’uranio in un’area di manifestazioni gassose (Solforata di Pomezia, Colli Albani): Implicazioni per il rischio vulcanico e geochimico” – FIST – GEOITALIA 1999 – 2° Forum Italiano di Scienze della Terra. PLINIUS n. 22, 376-377 - Bellaria 20-23 Settembre 1999.
4. Voltaggio M., Di Lisa G.A., Voltaggio S. (2001): “U-series disequilibrium study on a gaseous discharge (Solforata of Pomezia, Alban Hills, Italy) : implications for volcanic and geochemical risk” Applied Geochemistry Vol. 16 pagg. 57-72 5. G.A. Di Lisa, S. Voltaggio, M. Voltaggio : Metodologia geochimica per l’individuazione delle aree ad elevati flussi di radon dal suolo: esempio di applicazione nel Comune di Pomezia (Roma, Colli Albani). Pubblicato sugli Atti del Convegno dell’Istituto Scientifico Europeo ARPA Piemonte “Problemi e tecniche di misura degli agenti fisici in campo ambientale” – Ivrea 3-5 aprile 2001
6. Voltaggio M. : “Impatto ambientale e sanitario di emanazioni gassose naturali: effetti dell’acido solfidrico” Relazione al Convegno dell’Accademia dei LINCEI Roma, 7-8 Ottobre 2003, pubblicato in “Geochimica 2000”
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L’intervento della Dott.ssa De Vito ha evidenziato, mostrando i dati della letteratura internazionale e nazionale, la correlazione esistente tra i fattori di rischio dovuti alla presenza di acido solfidrico e l’insorgenza di cancro e di altre manifestazioni patologiche. Per grandi linee l’intervento si è articolato come segue:.. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO-OMS) ha dichiarato già dal 1988, attraverso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), che il radon è una delle 75 sostanze cancerogene assieme al benzene, all’amianto, al fumo di tabacco. I risultati preliminari ufficiali di uno studio condotto su popolazioni esposte al radon, evidenzia che il rischio relativo, legato all’esposizione, aumenta circa del 10% se la concentrazione di radon aumenta di 100 Bq/m3. Questa stima approssimativa è in accordo con quanto ribadito nell‘ambito della “5th International Conference on High Levels of Natural Radiation and Radon Areas: Radiation Dose and Health Effects“ (Monaco settembre 2000). A causa della sua ubiquità il radon è la fonte dominante dell'esposizione umana alle radiazioni ionizzanti. Il radon ed in particolare i suoi discendenti sono importanti dal punto di vista radioprotezionistico in quanto, decadendo, emettono particelle alfa e beta. Le particelle alfa, in particolare, sono caratterizzate da un'elevata energia ed efficacia biologica. Inalati, il radon e soprattutto i suoi “figli”, si depositano sul tessuto polmonare e causano un irraggiamento delle cellule epiteliali, in particolare nella regione bronchiale. Le particelle alfa hanno una penetrazione di ca. 60 micron ed una velocità di 30.000 Km. al secondo: lo strato cutaneo è quindi sufficientemente spesso per arrestarle. Il Radon, tuttavia, non rappresenta una minaccia se le radiazioni provengono dall’esterno, diventa invece una seria minaccia se inalato, arrivando ad irraggiare il tessuto polmonare dall’interno, provoca rotture multiple dello strato epiteliale basale nel DNA. Il problema insorge quando dette particelle si depositano nel pulviscolo dell’ambiente e vengono inalate attraverso la trachea e la laringe, penetrando
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nei polmoni e nei bronchi, in tal modo irraggiano gli organi dall’interno con una fortissima energia. Pur essendo il radon la seconda causa di cancro ai polmoni, dopo il tabagismo, assume fondamentale importanza la combinazione tra fumo di tabacco e esposizione al radon: per i fumatori il rischio assoluto di un tumore polmonare causato dal radon viene considerato 15-20 volte superiore rispetto al rischio per i non fumatori. Inoltre il rischio di cancro ai polmoni aumenta proporzionalmente al numero di atomi di radon presenti nell’aria di uno spazio chiuso ed alla durata di esposizione. L’aria e con essa il pulviscolo, viene inalata attraverso il naso o la bocca e inviata verso il basso per mezzo della faringe e della trachea, attraverso i bronchi che si dividono in un infinito numero di ramificazioni; giunge poi a minuscole sacche d’aria, gli alveoli, dove penetra. Si suppone che le radiazioni alfa, a causa della loro grande massa, entrando in una zona ricca di cellule in mitosi (epitelio basale alveolare) e incontrando il DNA, siano in grado di rompere in più punti la doppia elica, provocando un serio danneggiamento al materiale nucleare. Questo può dar luogo a mutazioni permanenti delle cellule colpite aumentando così la probabilità di contrarre tumori polmonari. Naturalmente le cellule sono in grado di riparare la catena spezzata con sistemi enzimatici quando le rotture sono minime, ma non riescono a farlo quando i danni causati dalle particelle alfa sono di notevole entità. Tra l’irradiamento del tessuto polmonare e l'insorgenza di un cancro ai polmoni possono trascorrere anni o decenni. In Italia si è stimato in via preliminare che da 1500 a 6000 casi annui potrebbero essere dovuti all’esposizione al Radon ( su un totale di circa 30.000 casi). L'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) di Roma) stima che il tumore del polmone colpisca più di 32.000 persone ogni anno in Italia: 3.400 nuovi casi solo nel Lazio (IRE centro italiano che ha partecipato al programma internazionale per la prevenzione del tumore del polmone Early Lung Cancer Action promosso dalla Cornell University di New York Roma, 21 maggio 2010) Negli ultimi anni in Italia, l'incidenza del tumore al polmone è in diminuzione tra gli uomini. 15
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Se ne registra una crescita tra le donne e questo è solo in parte spiegabile con un aumento del vizio del fumo nel gentil sesso. Nel Lazio le stime dell‘ISS indicano un tasso grezzo di mortalità di 30 decessi ogni 100.000 donne in un anno, più elevato rispetto alla media italiana di 20/100.000 Se correggiamo i dati per l'età, abbiamo un tasso di 17/100.000 decessi nel Lazio. L'incidenza per la regione ha un tasso grezzo pari a 39 casi all'anno su 100.000 donne, quello corretto per età 23, contro le medie nazionali che sono rispettivamente 25 per il tasso grezzo e 14 per il tasso corretto per età. Se il Lazio preoccupa..… la provincia di Roma e Latina inquietano. Circa 35.000 nuovi casi di tumore maligno vengono diagnosticati ogni anno nel Lazio - 8 ogni 1.000 maschi (soprattutto cute, prostata, polmone, vescica e colon) - 6 ogni 1.000 femmine (soprattutto mammella, cute, colon, polmone e stomaco) La patologia oncologica ha causato, solo nel 2004, 14.600 decessi, - 3,3 per 1.000 abitanti tra i maschi (dove la sopravvivenza a 5 anni è in media del 38%) - 2,4 ogni 1.000 abitanti tra le femmine (dove la sopravvivenza media a 5 anni è del 53%) Il Lazio è la prima Regione per tassi di mortalità e incidenza di tumore del polmone tra le donne (dati elaborati dall'Iss al 2008 sui numeri realmente osservati dal registro tumori che copre la zona di Latina). Un’altra presenza inquietante sul nostro territorio è l’acido solfidrico. L'acido solfidrico è un gas estremamente velenoso. Una prolungata esposizione può essere mortale. La sua tossicità è paragonabile al cianuro ad alte dosi di inalazione. Impedisce all’ossigeno di arrivare alle cellule. A temperatura ambiente ed alle basse concentrazioni, l’idrogeno solforato è un gas incolore che emana un caratteristico odore di uova marce.
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Il gas è infiammabile e brucia con una fiamma bluastra a temperature superiori ai 260°C. Concentrazioni di H2S nell’aria superiori al 4% sono esplosive. I valori di H2S normalmente immessi nell’atmosfera da processi naturali sono inferiori ad 1 ppb (una parte per bilione). Classificazione dell’Unione Europea: H2S è estremamente infiammabile, molto tossico se inalato, pericoloso all’ambiente, estremamente tossico per gli organismi acquatici. Rapporto ufficiale delle Nazioni Unite: A causa dei gravi effetti tossici dovuti all’esposizione alle alte concentrazioni di H2S per brevi periodi di tempo, qualsiasi tipo di contatto con questa sostanza deve essere evitato. Effetti dell’H2S a varie concentrazioni in aria a cura della Sottocommissione per l’idrogeno solforato : Soglia dell’ attivazione dell’ odorato 0.05 ppm (= 50 ppb) Odore offensivo 3 ppm Soglia dei danni alla vista 50 ppm Paralisi olfattoria 100 ppm Edema polmonare, intossicazione acuta 300 ppm Danni al sistema nervoso, apnea 500 ppm Collasso, paralisi, morte immediata 1000 ppm Il limite di esposizione senza danni è inferiore a 10 ppm per un massimo di 8 ore al giorno. 10–20 ppm è il limite oltre il quale gli occhi vengono irritati dal gas. 50–100 ppm causano un danno oculare. 100–150 ppm paralizzano il nervo olfattivo dopo poche inalazioni, impedendo di sentire l'odore e quindi di riconoscere il pericolo. 320–530 ppm causano edema polmonare con elevato rischio di morte. 530–1000 ppm stimolano fortemente il sistema nervoso centrale e accelerano la respirazione, facendo inalare ancora più gas e provocando iperventilazione. 800 ppm è la concentrazione mortale per il 50% degli esseri umani per 5 minuti di esposizione (LD50).
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Recentemente, a causa della progressiva presa di coscienza dei problemi sanitari e ambientali connessi all’H2S, alcuni Stati Americani hanno abbassato la soglia massima legale di presenza di H2S nell’atmosfera. Nello stato della California il limite legale è di 30 ppb (0.03 ppm). Nello stato dell’Alberta, in Canada, il limite legale è di 20 ppb (0.02 ppm). Il governo federale degli Stati Uniti d’America consiglia di fissare il limite massimo ad 1 ppb (0.001ppm). I valori di H2S immessi nell’atmosfera da processi naturali sono inferiori ad 1 ppb (una parte per bilione). Metà della popolazione è capace di riconoscere l’odore acre dell’H2S già a concentrazioni di 8 ppb (0.008 ppm). il 90% riconosce il suo tipico odore a 50 ppb. (0.05 ppm) L’H2S diventa però inodore a concentrazioni superiori alle 100 ppm (100 parti per milione) perché immediatamente paralizza il senso dell’olfatto . A dosi inferiori, fra gli 8 ppb e le 100 ppm, si riportano molti casi di difficoltà olfattive. L’effetto desensibilizzante dell’odorato è uno degli aspetti più insidiosi del H2S perché alle concentrazioni più alte , potenzialmente mortali, la sostanza non è più percettibile ai nostri sensi. In generale gli effetti dell’esposizione cronica all’H2S sono resi più difficili da quantificare, poiché si tratta di effetti cumulativi nel corso degli anni. In particolare, maggiori studi sono necessari per stabilire una relazione quantitativa e precisa che colleghi il dosaggio dell’ H2S ai tempi di esposizione e all’insorgere di malattie. La via principale di introduzione è la respirazione di aria che contiene livelli di H2S che spesso vanno oltre le 90 parti per bilione (90 ppb o anche 0.09 ppm). L’evidenza medico-scientifica mostra anche come un contatto quotidiano con basse dosi di H2S, dell’ordine di grandezza delle normali immissioni nell’atmosfera da un centro di idrodesulfurizzazione, possa essere di alta tossicità sia per la salute umana che per quella animale e vegetale.
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L’ H2S, classificato ad alte concentrazioni come veleno, in basse dosi può causare disturbi neurologici, respiratori, motori, cardiaci e potrebbe essere collegato ad una maggiore incorrenza di aborti spontanei nelle donne. A volte questi danni sono irreversibili. Da risultati recentissimi emerge anche la sua potenzialità, alle basse dosi, di stimolare la comparsa di cancro al colon. Studio del 2004 condotto sulla popolazione residente nel Texas, nelle vicinanze di centri di estrazione e lavorazione del petrolio. Fra gli effetti più comuni lamentati dalla popolazione si riportano: nausea, vomito, disturbi dell’equilibrio, perdita di memoria, difficoltà nel riconoscere i colori, rallentamento dei tempi di reazione, depressione e un generale debilitamento del sistema neurologico. I tassi di esposizione in questa zona sono stimati intorno allo 0.1ppm (100ppb). Nella letteratura medico-scientifica molti studi indagano lo stato di salute degli abitanti in prossimità di emettitori costanti di H2S a bassa concentrazione, fra cui i centri di idro-desulfurizzazione . In tutti gli studi emerge in modo chiaro come le esposizioni croniche, anche a livelli bassi di H2S, possano causare problemi neurologici: affaticamento, debolezza, perdita della memoria, mal di testa, problemi alla vista, alla circolazione del sangue, svenimenti . In molti centri dove i livelli di H2S si attestano attorno ai 0.25 o 0.30 ppm (o 250 - 300 ppb), il continuo odore di zolfo causa cefalee, nausea, depressione e problemi di insonnia . Le modalità di introduzione dell’H2S nel corpo umano sono tre : - per inalazione attraverso i polmoni; - per via orale, specialmente dalla digestione di sostanze contaminate assorbite nel tratto intestinale, prima fra tutte l’acqua; - attraverso la pelle.
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L’H2S agisce inattivando diversi enzimi che contengono metalli; l’effetto letale è principalmente dovuto al blocco della citocromo ossidasi (contenente ferro), responsabile della conseguente anossia istotossica. Con un meccanismo di azione simile al cianuro l’H2S interferisce con la respirazione cellulare: le cellule muoiono per mancanza di ossigeno. Il corpo umano normalmente reagisce alla presenza di H2S trasformandolo in zolfo allo stato puro e in tiosolfati che metabolizza nel fegato e nel sangue, fino ad un limite massimo di quantità presenti nell’ambiente, Respirazione: basse concentrazioni :Tosse, Mancanza di respiro,Bronchite, Danni ai polmoni e alle vie circolatorie,Mancanza di fiato, Paralisi dell’olfatto, Tremori,Vomito, Rigurgiti di sangue alte concentrazioni: Edema polmonare Epidermide: basse concentrazioni: pruriti ed irritazioni alte concentrazioni: Vesciche, Congelamento, Necrosi dell’epidermide Vista: Irritazione, Lacrimazione, Congiuntivite,Bruciori, Sensibilità eccesiva alla luce, Mancanza dimessa a fuoco Sistema Nervoso: basse concentrazioni: Lentezza nei riflessi, Mancanza di coordinamento, difficoltà nel mantenere l’equilibrio, perdita di memoria, alte concentrazioni : Stordimento,Confusione, Mal di testa, Svenimenti, Vertigini. Negli ultimi anni sono apparsi nella letteratura medico-scientifica, articoli dove la potenzialità dell’H2S, di essere un agente genotossico, appare immediata e preoccupante. Questi risultati indicano che, per un dato background genetico predisposto con un debole sistema di auto-cura del DNA, la presenza di H2S può portare all’instabilità genomica o a mutazioni tipiche dei polipi adenomatosi spesso associati al cancro al colon.”
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