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Ristorazione a Sud: dove sta andando?

In

Generazionale

Nessun cliché, la ristorazione del Sud profuma davvero di famiglia, di orti e di tipicità. Ma l’aspetto rivoluzionario è che non si tratta più di un limite, ma di un valore aggiunto che consente di contenere i costi, non tralasciando più la formazione e il valore delle nuove tecnologie e della sperimentazione.

Ma quali sono i pilastri della ristorazione del Sud? Lo abbiamo chiesto a Carmine Fischetti del ristorante Oasis Sapori Antichi di Vallesaccarda (AV), ad Antonello Magistà del ristorante Pashà di Conversano (BA), a Caterina Ceraudo del ristorante Dattilo di Strongoli (KR) e a Natale Giunta del ristorante Castello a mare di Palermo.

F come famiglia

“La famiglia è un grande valore aggiunto, specie in questi tempi in cui c’è un po’ di smarrimento in questo settore, c’è chi scappa da questo lavoro perché lo impegna molto e la famiglia ti permette di resistere. Noi abbiamo in cucina mia sorella e mia nipote, in sala ci siamo ancora noi tre fratelli con mia cognata. Un nipote ha studiato sala e sta facendo esperienze importanti prima di tornare qui da noi”, racconta Carmine.

La famiglia Fischetti rappresenta uno spaccato della ristorazione di qualità che nasce da un sogno co- mune. C’è davvero un’intera famiglia allargata nel ristorante Oasis Antichi Sapori, nell’Irpinia che si affaccia alla Puglia.

“C’è crisi di personale, professionalità e materie prime. Ma il Sud si difende bene sulla qualità, perché ancora abbiamo i contadini che vengono a portarci verdure fresche e riusciamo a produrre alcune cose direttamente. Oggi fare ristorazione è un atto rivoluzionario, coraggioso, si soffre perché le difficoltà sono giornaliere, i costi di gestione si sono alzati tantissimo. Dobbiamo essere bravi a contenerli, perché alzare il prezzo non è una soluzione”.

E la famiglia è stata anche alla base del percorso professionale della chef Caterina Ceraudo. Classe 1987, dal 2012 è alla guida della cucina di Dattilo. Ha studiato enologia per sostenere l’azienda vitivinicola calabrese di famiglia, ma poi la cucina l’ha rapita e si è formata alla scuola di Niko Romito.

“La famiglia ha contato moltissimo, direi tutto! Mio padre Roberto da sempre si è occupato del territorio valorizzando la nostra terra attraverso il vino e l’olio. Cerco di portare avanti questa tradizione di eccellenza. Un locale come il nostro ha il dovere di dare l’esempio, sia nel sostenere la crescita del territorio, sia nel concetto attuale di sostenibilità ambientale. La mia cucina può contare su un rapporto di fiducia e di sostegno con i produttori locali per creare un circolo virtuoso di valore ambientale, culturale ed economico”.

Il Pashà di Conversano, nato nel 2000 sopra al caffè di famiglia, non si sottrae ai racconti di famiglia. Il desiderio di fare ristorazione di Antonello Magistà si è compiuto quando, per forza di cose, ha portato in cucina sua madre Maria. Si è rivelata la migliore scelta possibile, ma anche un’opportunità per poter investire sulla propria at- tività con maggiore tranquillità.

“La famiglia è un pilastro della ristorazione del Sud non solo per tradizione, ma anche perché consente continuità e sostenibilità economica. In questo momento la conduzione familiare è la forma più sicura per far bene, dare continuità e consentire ad un’azienda di ristorazione di resistere”.

T come tradizioni

Che vengano rivisitati, alleggeriti, o proposti in maniera autentica, i piatti tradizionali continuano a tenere banco sulle tavole del Sud. Non solo una scelta di radici, ma anche una chiara richiesta del mercato. E non si tratta di semplificare con spaghetti, pizza e parmigiana, la ristorazione meridionale ha messo in vetrina prodotti antichi e autentici poco noti al grande pubblico.

“Il nostro lavoro si basa sulla tradizione, perché ce n’è una grande richiesta. Ovviamente con una visione moderna, evitando zuccheri e grassi eccessivi. Abbiamo così tanta storia, che si intreccia con influenze e sapori lontani, che c’è voglia di vivere la cucina tradizionale con una rinnovata curiosità verso i suoi segreti. Anche nel mio ristorante romano, che pure potrebbe avere un respiro internazionale, mi chiedono la tradizione. Le terre del Sud hanno molto da raccontare, hanno una biodiversità e una vastità di ricette tipiche che non ci sono altrove”, sottolinea Natale Giunta.

Il suo quartier generale è a Palermo, nel ristorante Castello a mare, nel Parco archeologico del Castellammare, nel quartiere la Loggia. Il Castello è stato il più importante baluardo difensivo del porto di Palermo fino al XX secolo, edificato nel IX secolo, in epoca arabo-normanna. Oggi rappresenta per lo chef Natale Giunta un simbolo di riscatto, per lui che ha saputo dire no al pizzo e, nonostante tutte le difficoltà, è voluto restare nella sua città.

Sulle tradizioni si unisce anche Caterina Ceraudo: “Sono le basi da cui partire. Nei miei menù parlo di Calabria e di territorio, di pesce, di carne ma anche di vegetale, quello del mio orto. Il Sud sicuramente ha degli elementi distintivi soprattutto sulle materie prime, sulle coltivazioni come l’olio e il grano, fonte per me di grande ispirazione. La cucina calabrese è talmente ricca di influssi, ingredienti, tecniche che ultimante si sta facendo riconoscere anche sulla scena internazionale. Io vedo in questo una grande potenzialità per tutto il territorio”.

A come accoglienza

Ogni ristorante ha il suo stile, ognuno la sua cucina. Ma l’accoglienza sembra il fil rouge che ancora resiste, in un settore in cui il rapporto umano e la comunicazione giocano un ruolo di primaria importanza. Nonostante le difficoltà del mercato del lavoro, il Sud per DNA continua a rappresentare l’accoglienza per definizione.

“Siamo un popolo accogliente, l’ospite è ancora ospite, rischiamo di aprire casa nostra anche se si tratta di uno sconosciuto. A me è successo a Panarea, sono finito a pranzare da una signora perché non c’era nessuna attività aperta. Nel resto del mondo non succede, la Sicilia e il Sud sono anche questo. Ma dobbiamo fare in fretta e formare i nostri ragazzi, siamo un Paese dalle grandi potenzialità ma c’è bisogno di professionalità. Il settore della ristorazione può far crescere tanto, far guadagnare subito e dare tante soddisfazioni”, sottolinea Natale Giunta.

“La ristorazione del Sud ha la caratteristica di avere una forte riconoscibilità dei sapori e un servizio affettuoso e familiare, cosa che si sta perdendo. Il rapporto con il territorio in cui ci si trova è profondo, il piatto si identifica nel territorio e viceversa”, ribatte Carmine Fischetti

E a dar man forte ad un cambio generazionale che sta plasmando alcuni tratti della ristorazione meridionale, a favore di addetti ai lavori più professionali e consapevoli, ci sono i rientri dei giovani che fanno gavetta all’estero, ma scelgono di aprire le proprie attività nei piccoli borghi del Sud dove sono cresciuti.

“Si può parlare di una ristorazione del Sud perché stiamo assistendo ad un grande ritorno. Molti ragazzi stanno investendo nel proprio territorio e hanno portato una ventata di freschezza. Finalmente c’è un ricambio, senza voltare le spalle alla cucina tradizionale”, incalza Antonello Magistà, “le tecniche e le tecnologie consentono un nuovo corso pur partendo dai classici. Occasione per fare un tributo al territorio prendendone ispirazione”.

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