Ardit. Una nuova era ebbe inizio quando tutto ebbe una fine

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I veggenti sono concordi: è ormai imminente lo scontro finale tra il feroce Maier.sil e gli ultimi superstiti della stirpe Danui. Dall’esito di questa battaglia epocale dipendono le sorti degli uomini, degli ultimi antichissimi dèi e delle loro discendenze... Arroccati nell’inespugnabile fortezza di Ardit, i Danui si preparano a resistere all’assedio e attendono il loro salvatore, l’Elekies del Giorno del Giudizio. E’ rimasto solo un esile filo di speranza, che continua ad assottigliarsi, man mano che gli eserciti del Maier.sil crescono e avanzano. Per avere almeno una possibilità di sopravvivere e salvare l’umanità, i Danui dovranno riuscire a trovare il coraggio e la capacità di percorrere sentieri inesplorati e di affidarsi alla sapienza segreta dell’antico prigioniero, il misterioso dio dimenticato, l’Ultimo dei Primi.

Una nuova era ebbe inizio quando tutto ebbe una fine

«Un testo lungo e intrigante, con una narrazione ricca di fantasia e di elementi “immaginali”. Si tratta di una costruzione articolata, chiaramente fondata su immagini, ognuna delle quali corrispondente ad un “mitologema”: la lotta tra il bene e il male, il rapporto tra gli dèi e gli uomini, la ricerca della “elevazione” spirituale e della salvezza recuperando e riscoprendo ciò che in realtà, anche se inconsapevolmente, poiché occultato, già si possiede» Dalla prefazione del dr Francesco Di Mario «Così come Eva si staccò da una costola di Adamo, Silvia con il suo perfetto e ingegnoso romanzo Ardit può dichiararsi una diretta discendente di Tolkien. Ardit però è molto più di una storia fantasy. Si tratta di un vero e proprio atto d’amore verso il

filone iniziato da Tolkien con la sua sublime saga Il Signore degli Anelli» Dalla postfazione dello scrittore Rodolfo Baldassarri ___________________________________

«Battaglie, missioni disperate, astuzia, magia, tecnologia, morte, amore e humor, sono sapientemente miscelati nella narrazione. Avvincente, appassionato, delicato» «Un romanzo di fantasy-fantascienza folle, geniale, atipico, che coinvolge con una sequela di emozionanti colpi di scena» «L’epilogo ti stende. Muta la prospettiva dell’intero romanzo, quasi vien voglia di rileggerlo dal principio, soprattutto le strane tavole antiche, per comprenderlo davvero in tutte le sue sfumature» Le opinioni degli editor

Silvia Matricardi, giornalista e grafica, vive e lavora ad Ardea, in provincia di Roma. Appassionata di archeologia, paleoastronautica, esoterismo ed eventi misteriosi, ha pubblicato centinaia di articoli di cronaca, politica e cultura.

€ 20,00


A Stefano, che non smette mai di appoggiarmi, in qualunque follia voglia perseguire, inclusa questa. A coloro che mi hanno illuminato la via.

Ardit Silvia Matricardi

2012 - Youcanprint Self-Publishing


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-----PREFAZIONE ------

n testo lungo e intrigante, con una narrazione ricca di fantasia e di elementi “immaginali”. Si tratta di una costruzione articolata, chiaramente fondata su immagini, ognuna delle quali corrispondente ad un “mitologema”: la lotta tra il bene e il male, il rapporto tra gli dèi e gli uomini, la ricerca della “elevazione” spirituale e della salvezza recuperando e riscoprendo ciò che in realtà, anche se inconsapevolmente, poiché occultato, già si possiede. In un’epoca come la nostra, figlia di quel razionalismo che domina quasi totalmente la nostra esistenza, il messaggio che si cerca di comunicare con Ardit corrisponde ad una visione diversa della vita, un tentativo da parte dell'autrice di “andare oltre”, cercando di dare risposte a “necessità” interiori profonde, per tornare a costruire, come facevano i nostri antenati, “un mito di fondazione e di origine”. In tal modo, i valori che già possediamo, possono acquisire una nuova autorevolezza, una maggiore dignità e profondità, con la speranza, inoltre, di poter raggiungere, e soprattutto trasmettere ai lettori, una “altra” consapevolezza della vita. E Silvia Matricardi persegue il suo scopo operando per archetipi, esattamente come accadeva con i miti in un passato ormai per noi lontano, anche se ancora ben vivo e attuale. La sagesse oracolare della Grande Dea, simbolo della più antica spiritualità, lo scontro continuo tra umani e dèi, raccontato dall'autrice attraverso un magistrale metodo “simbolico-storico”, sono intrecciati abilmente a dati mitico-archeologici, il tutto basato su un “eterno” combattimento decisivo per il raggiungimento di un primordiale sistema pacifico. Tutto viene espresso attraverso parole che pian piano realizzano, quasi dipingendole, forme esistenziali importanti. Ciò viene realizzato anche usando 2


“strumenti” come l’analogia e le metafore: la ricerca di quella maggiore consapevolezza che ognuno di noi persegue, più o meno consapevolmente, per tutta la vita, la necessità di darsi risposte rasserenanti su quelle questioni esistenziali fondamentali e purtroppo prive di qualsiasi certezza, e che da millenni, sempre identiche a se stesse, solleticano e torturano l’uomo che si interroga e ricerca se stesso. Siamo dinanzi ad un’opera che rappresenta in maniera “essenziale” l’antico concetto del mysterium tremendum et fascinans ovvero, di quel principio di vita che con la nascita, attraverso la crescita e la trasformazione, vuole concludersi con il ritorno alla “sorgente” di tutta la shakti, l’energia in movimento, che ci sostiene e ci (ri)-genera. Silvia Matricardi rende la storia straordinariamente viva, grazie a personaggi accattivanti, con una vicenda che è contemporaneamente intrigante e molto piacevole. Una narrazione suggestiva, che seduce il lettore con una scrittura brillante, nonché con una vivida e accurata esposizione di ambienti e fatti. Ardit è, inoltre, un omaggio alla terra di Ardea, così ricca di importanti presenze antiche, testimonianze ancora vive di una grande civiltà che si perde in un lontano passato e di cui il sito di Castrum Inui (importante insediamento sacro e portuale che per la sua ricchezza fu necessario fortificare), con il “suo” dimenticato dio Inuus, divinità solare e Fecondatore, rappresenta una delle più evidenti attestazioni. E la citazione di questo grande sito archeologico, attualmente salvaguardato e tutelato anche grazie all’operato dell'amica Silvia, rappresenta, da parte dell'autrice, un ulteriore atto di ossequio e di amore per la terra in cui è nata e in cui tuttora vive.

Francesco Di Mario direttore degli scavi di Castrum Inui 3


SOMMARIO

Prefazione del dr Francesco Di Mario

Prologo

Capitolo primo

L’arrivo ad Ardit

Capitolo terzo

L'Ultimo dei Primi

Capitolo quinto

La Triade

Capitolo secondo

Capitolo quarto Capitolo sesto

Capitolo settimo Capitolo ottavo Capitolo nono

Capitolo decimo

Capitolo undicesimo Capitolo dodicesimo Epilogo

L'incontro

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Zeria

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Le Arche di Nui

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Ramon

Amore e morte

L’assedio ha inizio Ritirata strategica Lo scontro finale La fine di un’era

Postfazione dello scrittore Rodolfo Baldassarri Varie

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149 205 229 265 307 333 359 388 396 398


Silvia Matricardi

Ardit Una nuova era ebbe inizio quando tutto ebbe una fine

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Se poniamo a confronto il fiume e la roccia, il fiume vince sempre, non grazie alla sua forza ma alla sua perseveranza. Buddha

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-----PROLOGO ------

Così ha parlato Ptha.ris, Ultimo dei Primi, dio fra gli uomini, signore della scienza, conoscitore delle cose segrete, che venne dalla Terra perduta di Nui ... lacuna di 5 righe nel testo ... Con spirito straziato elevo il mio grido di dolore, gemiti amari riempiono il mio cuore, com’è desolata la terra di Nui con i suoi abitanti in balia del vento del male, abbandonate le stalle, vuoti gli ovili, come sono desolate le città di cristallo, i cadaveri degli abitanti ammassati come fieno, annientati dal vento del male, desolati i campi, la vegetazione appassita, sferzata dal vento del male, desolati i fiumi, privi di ogni vita, le acque cristalline mutate in veleno. Del suo popolo, gli eterni A.nui, Nui è ormai svuotata, svanisce ogni forma di vita, 6

TAVOLA I


nelle sue città un tempo maestose, solo il vento ulula e spande ovunque odore di morte, una calamità mai prima vissuta, fino a quel giorno ignota, la cui forza non può essere fermata, si è abbattuta su tutte le terre ... lacuna di 4 righe nel testo ... De.vasi dell’oscurità, coloro che sterminano i mondi, hanno liberato armi avvelenate, i pochi A.nui sopravvissuti piangono e abbandonano le città di cristallo, le lasciano in balia della furia del vento, nulla possono fare per fermarla.

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Così gridai nell’occhio lontano, fuggite... fuggite... fuggite nelle barche celesti salpate in tutta fretta. ... lacuna di 2 righe nel testo ... Prendi la tua sposa protettore di Nui, prendi le Luci di Nui, ... lacuna di 2 righe nel testo ... prendi il sapere che fu e più non sarà e fuggi nel mondo lontano, in gran fretta, sulle arche di salvezza conduci gli esuli a Thera ... lacuna di 8 righe nel testo ... distruggi i luoghi di conoscenza, che del viaggio verso la nuova patria non resti traccia, che la via che vi conduce non venga mai dai De.vasi trovata ... lacuna di due righe nel testo ... ~•~

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-----CAPITOLO PRIMO -----L’arrivo ad Ardit

Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti. Eraclito di Efeso

L

e prime luci dell’alba accarezzavano timidamente la bassa nebbia sulla sterminata pianura, formando un soffice tappeto scintillante sul quale, ad ovest, galleggiava una luce sfolgorante, quasi adagiata sulla linea dell’orizzonte: era Ardit, l’imprendibile, che risplendeva ai primi raggi del sole. La foresta di cedri secolari, che giungeva fino al limite della piana dei Danui, si tingeva di rosa e si apriva, come un sipario vivente, su quello spettacolo di luci e colori. Aron si fermò ad ammirare, per la prima volta in vita sua, il suggestivo effetto che, ne era certo, si ripeteva in occasione di ogni aurora. La guarnigione al suo seguito proseguì, mantenendo la lenta andatura. Presto sarebbe arrivato a destinazione, presto ogni domanda avrebbe trovato una risposta ed ogni stranezza, forse, avrebbe acquistato un senso. Costruita dagli antichi dèi con pietre di smisurata grandezza, Ardit era 9


arroccata su un altopiano che si stagliava, solitario, al centro dell’immensa pianura dei Danui, dove ogni vegetazione era rigogliosa e colorata, ma rigorosamente inferiore all’altezza delle ginocchia di un uomo. Era di fatto impossibile, per uomini e animali, avvicinarsi a meno di un giorno di viaggio senza essere avvistati, ma si diceva che gli occhi della Fortezza fossero in grado di guardare assai più lontano. Si diceva... Su Ardit si favoleggiava da secoli. I mercanti avevano descritto un impressionante sistema di fortificazioni, che circondava l’altopiano. Si parlava di due anelli di immense mura e due fossati estremamente profondi, che proteggevano la cittadella, il cuore di tutta la Fortezza, della quale nulla era dato di sapere. A nessun forestiero era, infatti, consentito varcare l’ultimo fossato, perché la cittadella era terra sacra, proibita a chiunque non fosse un Danui. Alcuni mercanti avevano persino raccontato che qualche curioso, riuscito ad eludere la sorveglianza, avvicinatosi alla zona interdetta del fossato, fosse immediatamente e misteriosamente caduto a terra, privo di sensi. Tale impudenza veniva poi punita con il bando perpetuo dalla terra dei Danui e non c’era verso, per chiunque fosse dichiarato sgradito, di recuperare il lasciapassare per l’ambito mercato di Ardit. La stirpe sacra serbava gelosamente i suoi segreti. Un’antica ballata diceva: Due anelli d’acqua e cinque di pietra abbracciano la bianca torre, ma nessun nato da donna umana ne vedrà mai più di due...

Su una cosa erano tutti concordi da sempre: l’arma misteriosa, che rendeva Ardit imprendibile, non poteva che essere la magia antica, la stessa magia che l’aveva creata e avrebbe continuato a proteggerla per l’eternità. E di protezione i Danui avevano un gran bisogno. Sebbene stirpe antica e benedetta dagli dèi, erano vittima del più feroce e interminabile sterminio a memoria d’uomo. Chiunque avesse anche un lontano antenato di tale li10


gnaggio, se scoperto o semplicemente sospettato, era braccato e ucciso dagli eserciti del Maier.sil, il Mietitore di Anime. Così era da migliaia di anni. Nessuno ricordava quando l’incubo fosse iniziato, non esistevano storie relative ad un’era priva del grande massacro. Si diceva che la persecuzione risalisse all’alba dei tempi, quando i figli degli dèi giunsero o caddero in questo mondo, avvolti in una nube di luce e lampi. Si diceva che l’antico dio del Cielo, nella sua infinita saggezza, avesse inviato tra gli uomini il più grande dei mali, per punirli dei loro peccati, insieme al più grande dei beni, per aiutarli, salvarli e redimerli. Una grande tenebra per inghiottire il mondo ed una luce altrettanto grande per sconfiggerla. Un’altra versione del mito, riteneva che dall’universo fosse fuoriuscita la luce assoluta e si fosse diretta nel mondo degli uomini, inseguita dall’oscurità. Le due forze erano destinate a scontrarsi per l’eternità. Molti saggi avevano tentato di risolvere il grande mistero dello scontro tra i Danui ed il Maier.sil, tuttavia nessuno era mai riuscito nell’impresa. Per qualche oscuro motivo, le cose erano sempre andate in questo modo. La stirpe luminosa da una parte ed il nemico oscuro dall’altra. Gli uni pronti ad ogni sacrificio per aiutare gli uomini, l’altro pronto ad ogni nefandezza per riuscire a sterminare gli unici in grado di resistergli e fronteggiarlo. Aron sospirò, contemplando ancora un istante il suggestivo panorama. Quanti villaggi aveva visto bruciati e gli abitanti massacrati, solo per non aver segnalato la presenza di un Danui, o presunto tale, tra di loro! Ormai aveva perso il conto, purtroppo la lealtà nei confronti dei guaritori, quello, in genere, era il ruolo ricoperto da tale gente benedetta, era pagata a prezzo altissimo, con il sangue del popolo. I Danui, il popolo della Luce, erano sacri ovunque, per legge. Ogni imperatore giurava lealtà e protezione ad Ardit, luce degli uomini e baluardo contro le forze del male. Ciò non fermava il Mietitore di Anime. Nulla fermava il Maier.sil. Per ogni mille guerrieri del male che venivano sconfitti, il demone ne corrompeva e soggiogava altrettanti fra gli uomini e li rendeva soldati per il suo esercito infinito. Solo la stirpe benedetta era immune alla sua malìa, non po11


teva essere corrotta e mutata in malvagia. Questo era il motivo per cui il Mietitore li voleva tutti morti... fino all’ultimo... Povera gente, condannata allo sterminio a causa della sua natura incorruttibile. Dopo secoli di massacri, ormai i membri della razza di luce erano quasi svaniti, non camminavano più con gli uomini, non li guidavano più come guaritori e consiglieri, i Danui erano scomparsi. Si diceva che i pochi superstiti fossero tornati tra le sacre mura, a prepararsi per lo scontro finale. I veggenti erano tutti concordi su questo: la lunghissima guerra tra la luce e le tenebre stava per terminare, annunciata da una distruzione senza eguali. Si diceva che l’ultimo scontro fra il bene ed il male fosse ormai imminente, e che entrambe le parti si stessero preparando per la più grande delle battaglie, quella che avrebbe sancito la definitiva vittoria della luce degli uomini o dell’oscurità perpetua. L’antica profezia lasciava spazio alla speranza di un esito finale favorevole: Grande è la lotta tra la Luce e l’Oscurità, ferocemente è stata combattuta attraverso tutte le età, antica e mai nuova. Eppure verrà un tempo, lontano nel futuro, in cui la Luce sarà il Tutto e l’Oscurità cadrà.

Fra poco lo scoprirò. Pensò Aron spronando il destriero a riprendere il passo. Fra poco potrò finalmente capire cosa c’è di vero e quanto è invece fantasia, tra le storie che ammantano di mistero i Danui.

Mai nella sua vita Aron aveva vissuto tanti cambiamenti tutti insieme. Le 12


imprese sui campi di battaglia, per difendere i villaggi dalle incursioni dei predoni e dai massacri dell’armata del Maier.sil, lo avevano reso famoso, acclamato come un eroe. Era presto diventato il comandante in capo dell’esercito imperiale, il più giovane che avesse mai ricoperto tale carica, e le sue gesta venivano cantate dai musici, in tutto l’impero. Il popolo lo adorava e lo chiamava il Leone. Poi era arrivata quell’improvvisa convocazione a corte e lo strano incarico di comandare una guarnigione di rinforzi per la sacra Ardit, un onore mai concesso ad un uomo, né mai era accaduto che l’imperatore avesse inviato truppe in appoggio alle difese della Fortezza proibita. Non aveva senso. Significava disegnarsi sulla schiena un enorme bersaglio, sfidando apertamente l’ira del Maier.sil. Poche ore dopo, l’imperatrice lo aveva convocato ed incontrato in segreto. Era stata lei a svelargli chi fosse, alzando una parte del velo che ammantava di mistero le sue origini. «Voi siete un Danui, nobile Aron – gli aveva dichiarato senza tanti giri di parole Maraja, la donna più potente dell’impero, una dama di rara bellezza che sembrava non risentire affatto del trascorrere degli anni – appartenete alla più nobile e sacra delle stirpi, di cui siete uno dei rari e preziosi Leanai Shaikun, un figlio di sangue reale».

«Vostra altezza – aveva replicato Aron, mantenendo rispettosamente il capo chinato, ma non riuscendo a dissimulare né la propria sorpresa né il disagio – non per osare contraddirvi ma io sono il figlio di Darrel e Fiona di Passo Scuro, che pur essendo di nobili natali sono un semplice uomo ed una comune dama. Non posso essere né di sangue reale né Danui, tantomeno entrambe le cose. E mi permetto di aggiungere che la mia presenza, da solo nelle vostre stanze, è di per sé alto tradimento contro l’impero» aveva concluso, sempre più a disagio, osando fin troppa sincerità.

«Quanto vi devo dire non può essere udito da altri orecchi – aveva replicato 13


la sovrana con una punta di irritazione, liquidando, con un noncurante gesto della sua esile mano, l’allusione all’inappropriatezza di quell’incontro privato – sono a conoscenza del vostro segreto, so che il vero figlio di Darrel e Fiona morì e che voi ne avete preso il posto. Io stessa suggerii che proprio loro fossero scelti come vostra famiglia adottiva. Quando parlo della vostra stirpe mi riferisco naturalmente ai principi Leanai Shaikun, i Danui che vi hanno generato, gli stessi che furono attaccati e uccisi mentre vi conducevano ad Ardit. Voi foste salvato da una Guardiana e condotto, in gran segreto, dalla famiglia che vi ha cresciuto. Il Mietitore di Anime vi crede morto da 20 anni»

A quelle parole Aron era impallidito. Nessuno, a parte lui stesso ed i suoi genitori adottivi, sapeva che non era il figlio naturale di Darrel e Fiona, l’unico padre e l’unica madre che avesse mai conosciuto e che amava profondamente. Non avevano mai parlato a fondo delle sue origini, ma se fosse stato un Danui non avrebbero potuto tacerglielo, tantomeno incoraggiarlo, come avevano fatto sempre, ad una vita pubblica; non avrebbe avuto alcun senso... la stirpe benedetta si doveva nascondere, non esporre. Né aveva mai percepito in sé alcun particolare potere sovrumano, da indurlo a sospettare che fosse qualcosa di più che un uomo. Eppure, se la sovrana conosceva la verità su quella notte, forse era plausibile che ne sapesse più di tutti, anche sulle sue origini. Esternare incredulità con l’imperatrice era fuori discussione, equivaleva ad insultarla mettendo in dubbio la veridicità delle sue parole. Aron trasse un respiro profondo, sarebbe stato inutile anche tentare di saperne di più, la donna più potente dell’impero gli avrebbe detto, comunque, soltanto quanto intendeva dirgli, non una parola in più.

«L’imperatore ne è a conoscenza?» chiese infine rassegnato, decidendo di ignorare le mille altre domande, che si affollavano nella sua mente, man mano che rifletteva sulle parole della regina.

Sua altezza aveva ripetuto quel gesto con la mano, come a scacciar via insetti inesistenti. «L’imperatore non ha sangue Danui nelle vene, e questi 14


non sono segreti che possono essere rivelati al di fuori della stirpe sacra. Neanche la vostra famiglia adottiva ha mai saputo chi voi foste in realtà. Per loro eravate il figlio di due ricchi mercanti, miracolosamente sopravvissuto ad uno dei tanti massacri dell’esercito del male. Un bambino che aveva bisogno di un padre e una madre. La Guardiana si occupò di convincerli dell’assoluta necessità di spacciarvi come il loro vero figlio, in sostituzione di quello che avevano appena perso. Il luogo dove vivevano era isolato e nessuno avrebbe prestato attenzione allo scambio» «Questo può significare solo che anche voi siete una Danui, altezza...» di sorpresa in sorpresa... una Danui sul trono.

L’imperatrice lo aveva fissato per qualche istante, poi aveva compiuto qualche passo verso un tavolo per afferrare due coppe di vino e offrirgliene una. «Solo in parte – aveva risposto con un sospiro e un’espressione imbronciata – quanto basta ad avere la grazia di una vita più lunga del consueto e, al contempo, decretare la mia condanna a morte se il Maier.sil dovesse scoprirlo. E questo – aveva aggiunto con un tono che non ammetteva repliche – la dice lunga sulla necessità che questa conversazione resti assolutamente segreta» «Tale resterà mia signora»

«A qualsiasi costo» e nel dirlo lo aveva guardato dritto negli occhi.

«Morirò piuttosto che rivelarlo. La mia parola vale più della mia vita, vostra altezza»

«Molto bene. Non mi aspettavo niente di meno dal Leone di Passo Scuro. Ora partirete per la vostra terra – la bella Maraja era divenuta di nuovo sorridente, il tono suadente e solenne al tempo stesso – fra la vostra gente, shud shuddi, puro tra i puri quale siete, troverete le risposte alle altre domande sul vostro passato e sul vostro destino, che in questo momento si affollano nella 15


vostra mente e che saggiamente state tenendo a freno. Fra Danui sono io che devo obbedienza a voi – aveva aggiunto inarcando un sopracciglio, trafitto da un cerchio d’oro – ma siamo ancora nel mondo degli uomini e in questo luogo io sono la vostra imperatrice. Posso ordinarvi di fare qualsiasi cosa – di nuovo lo aveva trapassato con lo sguardo. Grandi occhi del colore della pece, brillanti e maliziosi lo avevano assaporato dalla testa ai piedi, come un frutto prelibato – farete dunque qualsiasi cosa vi chiederò di fare» Aron si era sentito a disagio. Se l’imperatrice si era invaghita di lui era in grossi guai, se stava giocando, non aveva la più pallida idea di come affrontare la situazione. Per tutti gli dèi! Avrebbe preferito trovarsi in battaglia in quel momento. Cercando di restare impassibile aveva detto l’unica cosa che poteva dire, pregando in cuor suo di non doversene pentire: «Ai vostri ordini»

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«Molto bene – il sorriso della sovrana era trionfante – alzate il capo Aron, come principe Danui, non dovreste chinarlo neanche davanti a me. Vi do un ultimo ordine, come vostra sovrana tra gli uomini, raggiungerete e proteggerete, a qualsiasi costo, la Gemma che Ardit custodisce. Farete qualsiasi sacrificio per essere al suo fianco e salvarla. E’ la più nobile dei Danui, la creatura più preziosa per la sopravvivenza di tutti noi, la depositaria di tutti i segreti e di tutte le antiche conoscenze. La sua vita e la sua sicurezza sono la vostra vera e unica missione e l’unica ragione della vostra vita. Questo mondo non può sopravvivere ad un vostro eventuale fallimento. Sono stata chiara?»

«Cristallina, vostra altezza» rispose con malcelato sollievo, rendendosi conto che la sovrana si era semplicemente divertita a far pesare la sua autorità. Maledetti scherzi da imperatori. «Dal momento in cui oltrepasserete i sacri alberi, entrando nella terra dei Danui, non dovrete più alcuna obbedienza all’imperatore, né ad alcun uomo o donna di questo mondo. Sarete al solo ed esclusivo servizio della vostra gente e della Gemma di Ardit – aveva aggiunto Maraja sedendosi e sorseggiando il vino pigramente – siete libero di andare e... rammentate che questa conversazione non è mai avvenuta... che gli dèi vi proteggano Aron»

«Che gli dèi ci proteggano tutti, altezza» aveva risposto giungendo le mani al petto, il congedo previsto per una persona appartenente al suo appena svelato status di principe, un Leanai Shaikun... di stirpe Danui.

Ripensando a quell’incontro così enigmatico, mentre procedeva, a passo lento, verso la città degli dèi antichi, Aron scuoteva il capo, con aria assorta: Come può essere possibile che io sia un principe Danui? Io non so chi sono, questa è l’amara realtà, non so nulla del nemico e neanche del territorio di Ardit... come posso essere di aiuto? ~•~ 17


TAVOLA II

... lacuna di 2 righe nel testo ... prima dei tempi remoti ci fu il principio, dopo i tempi remoti ci furono i tempi antichi, nei tempi remoti gli dèi non erano ancora scesi sulla terra la loro dimora era sulla perduta Nui, un grande mondo illuminato da una grande stella, benedetto da una rigogliosa vegetazione ... lacuna di 3 righe nel testo ... Grande era il nostro popolo, fin dai tempi del principio, grande al di là dell’immaginazione degli uomini, saggio del potere della conoscenza della gioventù dell’universo, forte del potere del fuoco eterno ... lacuna di 3 righe nel testo ... Nei tempi antichi seguimmo la via segreta, studiata e calcolata fin dal principio, attraverso le sette porte, giungemmo nel nuovo mondo lontano nella terra di vita, approdammo a The.ra, i raggi del sole erano fulgidi, l’acqua fresca, l’aria profumata, 18


era un mondo pieno di vita, c’erano frutti, animali e pesci, ridemmo e gioimmo, la notizia fu comunicata a Nui dove fu festa per sette giorni e sette notti ... lacuna di 5 righe nel testo ... Erigemmo la nostra dimora, la casa lontano da casa, e studiammo e calcolammo il nuovo mondo, le piante, le creature viventi, il tempo e le stelle ... lacuna di due righe nel testo ... scoprimmo che il tempo vi scorre molto veloce, che un giorno di Nui dura piÚ di dieci anni su The.ra e che le nostre lunghe esistenze qui diventano quasi eterne ~•~

... lacuna di 18 righe nel testo ...

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La Sala del Potere di Ardit era immensa, di una perfetta forma circolare. Il pavimento e le pareti, costruiti con massicce pietre del colore dell’ambra, erano levigati e interamente incisi con i glifi della lingua primordiale dei Danui, ma da millenni, ormai, nessuno era più in grado di comprenderla. Non vi erano arredi né ornamenti ed il tetto sembrava non ci fosse, si potevano ammirare gli astri e il sole. La sala era interamente occupata da dodici enormi tavoli di pietra, del colore della porpora, che formavano due anelli, uno dentro l’altro. L’anello esterno era composto da otto postazioni operative, quello interno, più piccolo, da quattro. Da ciascun banco di controllo sporgeva una piccola piramide luminosa di cristallo, connessa con uno specifico tipo di pietre del potere che erano posizionate in tutto il territorio sacro. Almeno sei delle Guardiane addette al controllo scrutavano, giorno e notte, quelle piramidi. Anche i sedili erano scolpiti nella stessa dura pietra dei tavoli, ma un morbido rivestimento, in tessuto del colore dell’oro, li rendeva estremamente confortevoli.

«Ancora pochi passi ed il futuro Protettore entrerà nella nostra terra... è quasi giunto in prossimità dei sacri alberi e nessun uomo è in vista alle spalle della sua guarnigione per almeno 12 ore di cavallo. Non percepisco alcuna variazione di energia oscura. Se il nemico lo ha individuato, mia signora, non sta reagendo in alcun modo». Isabel, Guardiana dei confini, aveva parlato dopo un lungo silenzio, durante il quale, contemplando la propria piramide, aveva attentamente consultato gli occhi e le orecchie di Ardit, quindi aveva riportato la sua mente in sintonia con le pietre di sorveglianza. Freia si muoveva agitata, i passi leggeri echeggiavano nella gigantesca sala. Il cuore era combattuto fra emozioni contrastanti. Era felice oltre ogni misura, perché finalmente lui stava arrivando. Ogni segreto poteva essere svelato, ogni cosa messa al suo posto, la lunga e straziante attesa sarebbe finita. L’euforia era però mista a preoccupazione, perché non sapeva come Aron avrebbe reagito al sovraccarico di scoperte e rivelazioni, e poi, come sarebbe stato il loro incontro? Una meraviglia o un disastro? Come se non bastasse 20


era tormentata dalla chiara sensazione che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto e sarebbe stato un danno enorme. Sapeva che le mancavano ancora alcuni anni prima di sviluppare il potere della visione nel futuro, tuttavia sospettava e temeva che il dono potesse anticiparsi con piccole avvisaglie in forma di sensazioni. Il Mietitore di Anime stava certamente tramando, ne era sicura, ma cosa? Un danno personale riservato a lei o un danno a tutti i Danui? Le due cose non erano poi così distinte. Ancora una volta fu schiacciata dal peso del suo ruolo, dall’impossibilità di poter vivere una vita normale, almeno per quanto consentito ad una Danui qualsiasi. Ma lei non era mai stata solo una Danui. Sulle sue spalle aveva sempre gravato il ruolo di Gemma e con esso il destino della sua stirpe e di tutti gli uomini. Cosa poteva andare storto? Un attacco del male? Quando? E in che modo? Il flusso dei suoi tormentati pensieri fu improvvisamente interrotto da un inatteso contatto mentale... Perdonatemi Lampsi Litos... sono Iacha, la sposa del veggente del Tempio di Crono, vi saluto e vi interrompo così bruscamente per riferirvi una comunicazione molto urgente. Iacha, salute a voi, riferite pure, vi prego.

Mandise ha visto, mia signora... l’occhio si è aperto nel cuore della notte, egli ha meditato e scrutato ancora, la visione era un messaggio per voi, Lampsi Litos. State per imbattervi in un enigma, la cui unica soluzione è rappresentata dall’antico prigioniero. Dal dio dimenticato dipendono le sorti della speranza per uomini e Danui, egli ha un ruolo fondamentale nel dischiudersi delle varie possibilità. Egli è la chiave di ogni cosa. Vi si chiede una mente aperta, vi si chiede di avere il coraggio di percorrere sentieri mai percorsi. Fatelo e il futuro di tutti potrà essere salvato. Vi ringrazio Iacha, non mancherò di riflettere su queste parole, vi prego di porgere la mia gratitudine al vostro sposo e a tutti i confratelli del Tempio di Crono. 21


Un elemento di ansia in più si aggiungeva quindi agli altri. Un dio dimenticato... un antico prigioniero... Freia respirò profondamente e sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso: era certa di aver intuito il da farsi, ma non riuscì comunque a placare l’agitazione che la tormentava. Devi fare una cosa alla volta... si rimproverò, obbligandosi alla concentrazione, e riprendendo la sua peregrinazione da una postazione di controllo all’altra, consultando ogni Guardiana. «Voi cosa mi dite riguardo la guarnigione?» chiese alla giovane Guardiana dei visitatori.

«Sono ancora troppo lontani per una lettura profonda – Runa rispose sollevando gli occhi dalla pietra dei pensieri – ma i primi flussi mentali non sono malvagi, percepisco 100 menti di uomini fortemente incuriositi che stanno pensando soprattutto a vari bisogni fisici... una mente è per me insondabile e... una traccia incerta... femminile... che sembra preoccupata e agitata per qualcosa di non chiaro. Forse una serva. E’ l’unica lettura che, al momento, può destare preoccupazione». Detto ciò Runa tornò ad osservare la sua piramide.

«Una possibile spia... non mi stupirei... comunque la lasceremo nel villaggio insieme ai soldati. Nessuno oltre a sire Aron varcherà il limite della zona proibita. Raddoppiate le pietre anti intrusione e mandate altre Guardiane nel villaggio, tra i mercanti. Che scrutino ogni mente»

«Perché siete così in ansia Freia? Abbiamo bloccato l’energia di Aron, in modo che il Maier.sil non potesse percepirlo, neanche un Danui sarebbe stato in grado di farlo e neppure una Guardiana. Solo voi avete questo potere e solo voi potete entrare nella sua mente. Il nemico poteva solo accorgersi, ed anche a fatica, che il nostro signore era un Danui, un normalissimo Danui... Ma ormai è praticamente dentro i confini protetti e un attacco ad una guarnigione, per una sola preda, non è nello stile del Mietitore di Anime. 22


Il nemico non può vedere e sentire nulla, di quanto avviene nella nostra terra ed Ardit è imprendibile». Le parole di Amantea, la sovrintendente delle Guardiane, in servizio da oltre 700 anni, erano rassicuranti e corrette, tuttavia la spiacevole sensazione che assaliva Freia non ne voleva sapere di affievolirsi.

«Avete ragione, come sempre – rispose la giovane Gemma, sospirando – tuttavia il Maier.sil sa che la cerimonia è vicina e di certo sta tramando qualcosa, per colpirci prima di quel fatidico giorno. Sento chiaramente una terribile minaccia addensarsi, i rapporti dei nostri fratelli rimasti tra gli uomini ci confermano che il Mietitore sta deportando prigionieri in massa, devasta un villaggio dopo l’altro, senza sosta. Egli accumula centinaia di schiavi ogni giorno, migliaia nel volgere di una luna – aggiunse con voce cupa – sapete anche voi cosa significa. E’ andato oltre lo sterminio della nostra gente, si prepara allo scontro finale, siamo prossimi alla resa dei conti. Credo che il giorno del giudizio sia imminente e che si svolgerà nella nostra terra. Non so esattamente il perché – concluse chiudendo gli occhi – ma sono assolutamente certa che stiamo tutti correndo un grave pericolo»

«Anche se non avete ancora il dono della vista, come Litos non potete avere false sensazioni Freia, quindi è doveroso restare in allerta ed estremamente attenti. Rimane comunque il fatto che in questo luogo tutti i poteri di noi Danui sono amplificati. Ardit è e sarà per sempre imprendibile. L’uomo teme il tempo, il tempo teme Ardit»

«Lo spero, per il nostro futuro e per quello degli uomini...» rispose la giovane, per niente rassicurata. ~•~

La guarnigione del Leone di Passo Scuro si fermò, per rendere il tradizionale e silenzioso omaggio all’ombra dei Sacri Giganti. Unici in tutto il mondo, antichi forse più dell’uomo stesso, i due alberi erano uno spetta23


colo di imponenza. Non bastavano 50 uomini, a braccia aperte, per circondarne il tronco e ciascuna delle chiome era talmente vasta da ombreggiare il riposo di 2000 soldati. Si elevavano come torri altissime nella pianura, dono degli antichi dèi, per segnare l’inizio della terra dei Danui e la fine della potestà degli uomini. Le cerimonie più importanti, i trattati di pace, le alleanze e perfino i matrimoni fra famiglie imperiali, erano inviolabili ed imperiture, se celebrate all’ombra delle antiche chiome. Aron non aveva mai messo piede in quel luogo, lo spettacolo davanti ai suoi occhi era superiore ad ogni immaginazione. I due Giganti, uno con il tronco nero come la pece e l’altro candido come la neve, emettevano un profumo intenso, che sembrava lenire ogni stanchezza, donando pace al cuore. Guardò i suoi uomini, sebbene avvezzi alle marce interminabili ed ai combattimenti in ogni condizione, erano tutti molto provati dal lungo viaggio, eppure sembravano improvvisamente rinvigoriti. Solo Darla, la vecchia balia che, quando possibile, lo seguiva ovunque andasse, sembrava a disagio. Ormai gli anni le stavano portando via il senno. Aveva sperato che il viaggio ad Ardit, terra di potenti guaritori, le avrebbe giovato, ma il suo malessere pareva peggiorare ad ogni passo che la avvicinava alla terra sacra. Con un cenno del capo Aron diede l’ordine di proseguire e oltrepassò per primo quella sacra soglia formata dai due tronchi. Il cambiamento fu immediato. La strada, lastricata di pietra candida, che iniziava all’ombra dei Giganti, sembrava risplendere, la natura pareva più rigogliosa, i colori dei fiori e delle erbe più brillanti, i suoni più intensi, la luce più vivida. In lontananza scorgeva l’altopiano, sembrava un colle che emergeva dall’acqua e pareva sorreggere un altissimo scoglio, sul quale svettava una torre, la cui cima sfiorava le nubi. I contorni del colle, dello scoglio e della torre sembravano incoronati di piccole stelle scintillanti. In quel momento Aron comprese a cosa si riferissero i musici, quando cantavano della bellezza delle corone di Ardit. Mentre ammirava tale spettacolo, percepiva anche che qualcosa stava mutando dentro di lui, una sensazione difficile da definire, come se stesse affiorando un antico senso di appartenenza, di leggerezza, quasi di 24


euforia. Si sentiva finalmente a casa e si sentiva più forte... molto più forte... doveva essere l’effetto della magia dei Danui... la sua gente.

Dieci cavalieri, su destrieri candidi come la neve, li stavano aspettando schierati su due file, ai lati della strada. Tutto in loro era del colore dell’oro e risplendeva sotto la luce del sole: le strane armature, sottili come normali abiti, gli scudi tondi decorati con un fregio a spirale, le piccole spade alla loro cintura, gli archi e le faretre, gli elmi a forma di uccello, con le ali ripiegate verso il volto, protetto da una visiera a forma di becco. Solo due di loro avevano una criniera sull’elmo, una era bianca e l’altra dorata.

Aron si fermò: «Sono Aron di Passo Scuro, comandante dell’esercito imperiale delle loro grazie Lugart VI e Maraja I, vengo in pace, da alleato, con l’ordine di aiutarvi a difendere Ardit dal Maier.sil. Chiedo il permesso di procedere» Il primo cavaliere, quello con la criniera dorata, si mosse, andandogli incontro: «Tuya, capitano della guardia personale della Gemma di Ardit. Siete atteso Leone di Passo Scuro». La voce era di una donna, la tonalità molto bassa, graffiante, cupa, il tono formale, ma un po’ divertito.

Impassibile, ma non per questo meno sorpreso, Aron osservò di nuovo e con più attenzione il drappello di guardie Danui, notandone la corporatura esile e le armature leggere. La leggendaria guardia di Ardit era probabilmente composta da sole donne, ma non si sarebbe stupito se ognuna di loro, nonostante lo svantaggio fisico, fosse stata in grado di battere venti dei suoi guerrieri, in pochi minuti di combattimento. Si pose rispettosamente a fianco del capitano, lasciando che lo precedesse di poco. Il cavaliere con la criniera bianca, probabilmente un ufficiale in seconda, era al passo dietro di lui. Gli altri erano rimasti al loro posto, si sarebbero accodati a chiusura del gruppo. Nella pianura, ai lati della strada, si scorgevano un centinaio di persone intente a raccogliere fiori, erbe e radici, che venivano stipati in sacchi dal diverso colore. 25


~•~

Mentre Aron andava incontro al suo destino, non molto lontano da Ardit, nel sancta sanctorum del tempio di Crono, Mandise gettava incenso e mirra nel sacro braciere, pregando il dio del tempo di concedergli visioni più chiare. Il veggente era infatti tormentato da immagini complesse, frammenti oltre il velo del presente ma di difficile comprensione. I confratelli lo circondarono amorevolmente, con gli scribi sempre pronti a trascrivere ogni sua parola e a trasmetterla ad Ardit attraverso il pensiero di Iacha, la guaritrice Danui e sposa di Mandise. Fissando a lungo lo sguardo nella brace ardente, il veggente sentì l’occhio aprirsi. Scrutò le immagini nello squarcio del tempo.

Vide il tempio allagato di sangue, i cadaveri dei sacerdoti galleggiare sulle sacre acque della fonte, i corpi senza vita di se stesso e di sua moglie. Si sforzò di osservare ancora, reprimendo l’angoscia... conosceva già fin troppo bene quella parte del futuro. Vide la sua unica figlia riportare in vita un guerriero terribilmente martoriato e già sprofondato tra le braccia della morte. La scena accadeva nel mezzo di una radura disseminata di sangue e cadaveri. Vide una città bianchissima e scintillante, circondata da un gigantesco anello d’acqua... un’isola sulla terra ferma. Sospirò... ancora una volta l’occhio aveva scrutato troppo lontano. ~•~

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TAVOLA III

... lacuna di 4 righe nel testo ... in principio fu scoperto il segreto, un mondo blu di oceani rigogliosi, terre fertili e ghiacci perenni, l’occhio che tutto vede lo scorse nel braccio esterno del vortice bianco, terzo alla corte di un piccolo lume giallo ... lacuna di 3 righe nel testo ... ~•~

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-----CAPITOLO SECONDO -----L’incontro

La fortuna è quel momento in cui la preparazione incontra l’opportunità

F

Randy Pautsch

reia tremava quando sentì i passi decisi del guerriero risuonare nel corridoio, sempre più vicini. Mi riconoscerà? Mi amerà ancora? Mille dubbi la tormentavano, ma si rifiutava categoricamente di violare la mente di lui per trovare le risposte a cui anelava. Non avrebbe usato neanche la vista interiore, almeno in questa primissima e cruciale fase, voleva che tutto fosse semplicemente... umano e spontaneo come lo era stato un tempo. Era sciocco, forse, infliggersi una simile sofferenza, ma sentiva il bisogno di aggrapparsi a ciò che restava della sua umanità. Freia e Aron, un ragazzo ed una ragazza qualsiasi, si erano amati quando nessuno dei due aveva particolari poteri e facoltà, se quel sentimento era sopravvissuto, doveva riemergere allo stesso modo.

Deve avvenire in modo naturale. Deve funzionare senza condizionamenti. Deve volermi e amarmi davvero, prima di sapere quanto è tremendamente 54


~•~

in principio fu scoperto il passaggio, le sette porte segrete, che rendono il viaggio breve e sicuro, studiammo e scrutammo da lontano, in principio e nei tempi remoti, misurammo il corso del nuovo mondo, il suo calore, il suo freddo, le sue bocche di fuoco, i suoi tremori vitali, comprendemmo che era adatto alla vita, comprendemmo che era pieno di vita, lo chiamammo The.ra, terra di vita ... lacuna di 12 righe nel testo ... ~•~

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-----CAPITOLO TERZO -----L’ultimo dei Primi

«S

Gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare affrontandone le conseguenze Paulo Coelho

tate per incontrare l’unico maschio Danui con poteri mentali superiori a quelli di qualsiasi Guardiana e con un’esperienza ed una conoscenza prossime ad essere illimitate – gli annunciò Freia affrettando il passo – nessun Danui vivente gli ha mai parlato. Da migliaia di anni egli vive isolato e dimenticato da tutti, avvolto nel mistero più assoluto. Cercheremo di convincerlo ad aiutarci. Abbiamo bisogno di percorrere sentieri mai percorsi...»

«Vive da migliaia di anni? Per quale motivo è isolato?» Aron era sbalordito.

«Egli è un antico della nostra specie, in vero è l’unico Antico vivente. Nessuno conosce la sua età esatta, ma si tratta comunque di migliaia di anni. E’ obbligato da una condanna a rimanere confinato nella sua dimora, la cui soglia è interdetta a chiunque. In effetti è un prigioniero... con un po’ di for85


tuna è proprio lui il dio dimenticato in grado di fare la differenza»

«Qual’è la colpa di cui si è macchiato per meritare la condanna ad una carcerazione eterna?»

«Reo confesso di violazione alle leggi fondamentali, i nostri precetti più antichi e inviolabili. E’ tutto quello che sono riuscita a sapere, non ci sono particolari, la natura precisa della sua colpa è un mistero» «Come è possibile che ci sia un prigioniero condannato all’isolamento eterno senza che ci sia traccia del motivo esatto – il Leone era incredulo – in migliaia di anni le cose possono mutare, anche la percezione della gravità di alcuni crimini può risultare profondamente diversa. Ad esempio ricordo dai racconti di Corte che non più di tre generazioni fa era punibile con la morte l’uomo o la donna che osassero mantenere l’altezza della fronte superiore a quella del sovrano o della sovrana, oggi tale comportamento è ritenuto una semplice scortesia non punibile» «E’ un mistero che stiamo per svelare... se c’è qualcosa di oscuro in questa vicenda, come io sospetto, lo chiariremo – fu la risposta di Freia, affrettando il passo – e spero anche che quest’uomo del nostro passato più remoto sia per noi una valida risorsa in tempi tanto oscuri»

Aron la seguì silenziosamente fuori dal palazzo, attraverso la piazza, quindi all’interno dell’altopiano, fino giù alla radura. Attraversarono il frutteto e giunsero dinnanzi ad un edificio isolato, era una piramide costruita in bianca roccia, circondata da un giardino tappezzato di fiori gialli e profumatissimi. Freia indugiò qualche istante davanti alla porta, un arco di pietra blu delimitato da due colonne dello stesso materiale e colore, poi avanzò, seguita da Aron. Si ritrovarono in un’accogliente sala, molto grande per un’abitazione ma priva dell’imponenza degli edifici della Fortezza. Il pavimento era intera86


mente ricoperto di tappeti blu, su cui erano adagiati dei cuscini bianchi, su uno dei quali sedeva quello che doveva essere il padrone di casa.

Era un uomo che mostrava più anni di tutti gli altri Danui che Aron aveva finora visto, ma non poteva di certo essere definito anziano. I capelli, del color terra, segnati qua e là da candide striature, erano lunghi fino alle spalle; la barba, ben curata, gli si adagiava sul torace; una tunica blu, decorata con ricami dorati, gli arrivava ai piedi, evidenziando il fisico alto e slanciato. Gli occhi di un blu vivido sottolineavano un’espressione lucida e vigile, il volto mostrava più i segni di intense emozioni che quelli del tempo. Fosse stato un uomo qualsiasi, gli si sarebbe potuta attribuire un’età di poco superiore o inferiore ai 40 anni.

«E’ un grande onore ricevere la visita della nostra preziosa Litos nella mia umile e solitaria dimora, vi prego, accomodatevi – disse indicando i cuscini intorno a sé con tono e gesto cerimonioso, ma senza alzarsi. Poi si rivolse ad Aron, sgranando gli occhi a manifestare una meraviglia assoluta che probabilmente provava solo in parte – ed il vostro nobile accompagnatore è l’Urvirardit in persona, quante emozioni improvvise e simultanee per questo povero vecchio criminale» Parlava in modo cordiale ma vagamente canzonatorio, come se da tempo immemorabile avesse atteso quel momento e lo volesse assaporare lentamente, forse per una rivincita personale di qualche tipo o forse per esternare la frustrazione di una forzata ed eterna solitudine. L’uomo restò impassibilmente seduto, osservandoli mentre si accomodavano; un gesto che probabilmente era scortese anche fra Danui di pari status... quindi o stava sottolineando un rango immensamente superiore persino alla Gemma, oppure agiva con voluta impertinenza, malcelata dalla cortesia nelle parole. Il Leone, sempre più incuriosito, azzardò una fugace occhiata con la vista interiore e ne restò sbalordito. L’uomo davanti a lui aveva un enorme nucleo di energia di un blu brillante, che si espandeva ben oltre il suo stesso corpo fisico, riempiendo quasi l’intera stanza ed i filamenti 87


erano innumerevoli. Ne contò tre particolarmente evidenti, di cui uno gigantesco. Intorno al nucleo e a quel filo enorme saettavano guizzi di energia bianca, come piccole stelle comete che si fermarono improvvisamente e parvero schierarsi in difesa dell’Antico. Osservandolo negli occhi, Aron si rese conto, con sgomento, che non solo era stato a sua volta scrutato allo stesso modo, ma al contempo che la sua ispezione era stata percepita.

«Aron – stava intanto dicendo Freia in tono solenne – vi ho condotto nella dimora di Ptharis, l’Ultimo dei Primi, il Verliede Ilki. L’unico Antico della nostra stirpe che sia ancora vivente, il più anziano, l’unico anziano di tutti noi e per questo Puro tra i Puri, Shud Shuddi. Ptharis – proseguì rivolta all’Antico – come avete già intuito questi è Aron il Leone, predestinato Protettore di Ardit, uno dei rari leanai shaikun Danui» «Sono onorato di conoscervi Ptharis»

«Fa piacere anche a me parlare e addirittura con il nostro Elekies Urvirardit Kaitshardit – fu la risposta piatta e sbrigativa – come suppongo sappiate non ho molte occasioni di dedicarmi alla conversazione, visto che il mio esilio mi condanna all’isolamento totale»

«La vostra condanna è stata sospesa – precisò Freia – anche se solo temporaneamente, per consentire questo colloquio»

«Allora lasciatemi sperare che questa chiacchierata duri a lungo»

«Non saremmo qui se non fosse una questione di vitale importanza e non abbiamo molto tempo da dedicare ai convenevoli»

«Lasciate che vi dica una cosa – fu la risposta dell’Anziano, sollevando un sopracciglio e con un tono che tradiva un rancore antico – nobile e luminosa Litos Danui, non è saggio parlare del tempo con me, il mio esilio in questa 88


casa dura da quando le fortificazioni sono state costruite. Io stesso ho contribuito al loro progetto, anche se dubito che persino voi ne siate a conoscenza. Sappiate, comunque, che ero già qui prima che Ardit fosse immaginata... prima che la nostra gente vi si stabilisse, all’inizio dei tempi antichi. Ho trascorso 80.000 anni in questo mondo e ne sono passati 12.000 da che non parlo con nessuno, confinato in questa dimora. Non ditemi – aggiunse scandendo ogni parola – mia radiosa fanciulla, che non c’è tempo per parlare, ve ne prego... rischiate di farmi dimenticare del tutto le buone maniere»

«State dicendo che avete più di 80.000 anni? – si intromise Aron, un po’ per l’incredibile affermazione, un po’ per allentare la tensione che sentiva salire nella stanza – sapevo che la nostra gente ha una lunga vita ed invecchia lentamente, ma non immaginavo nulla del genere» «Siamo un popolo piuttosto longevo, in effetti – rispose l’Antico ricomponendosi all’istante e recuperando il tono canzonatorio – e non sono certo un vecchio, come potete vedere con i vostri occhi» «Perdonatemi – Aron intervenne di nuovo – se non siete vecchio ed avete più di 80.000 anni, qual’è la durata della nostra vita, allora?»

«Per quanto riguarda la mia persona – rispose Ptharis sorridendo – non sono ancora giunto alla mezza età, sono in buona salute... e mi aspetto pertanto abbastanza ragionevolmente di vivere altrettanto a lungo. Per ciò che attiene ai Danui, temo che la longevità possa essere meno estesa, ma non saprei essere più preciso – quindi si rivolse di nuovo a Freia – tornando a noi, mia signora, benché io mi consideri, senza alcun dubbio, la più brillante mente con cui interagire, sono ormai stanco di conversare solo con me stesso. Qualsiasi cosa vogliate chiedermi Lampsi Litos – aggiunse con un sorriso da predatore – temo proprio che vi costerà la fine immediata del mio isolamento» 89


-----CAPITOLO QUARTO -----Zeria

L

Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia Arthur C. Clarke

e Montagne della Speranza, a dispetto del suggestivo nome, erano inospitali e selvagge. Si stagliavano altissime verso il cielo di ponente, appena terminata la pianura dei Danui. La natura era talmente ostile che nessuno viveva tra quelle cime sempre innevate, separate da dirupi e burroni, scosse da forti venti e percorse da fiere selvagge... nessuno tranne i Dazeiri... una tribù solitaria di leggendari cacciatori. Di loro non si sapeva nulla o quasi, perché erano ben pochi i mercanti che si avventuravano fino alle pendici dei loro monti per comprarne l’esotico pellame. I Dazeiri si coprivano il volto, vestivano tutti allo stesso modo e non parlavano quasi mai. Molti ritenevano che fossero privi dell’abilità di comunicare con la voce. I più evitavano di nominarli, temendoli, e ritenendo si trattasse degli spiriti di guerrieri defunti, fantasmi combattenti condannati a restare in eterno nel mondo dei vivi, pronti a perseguitare chiunque osasse solo pronunciare il loro nome. Era in effetti strano che degli esseri soprannaturali commerciassero e producessero pellame finemente conciato, ed era opinione delle menti più acute che in realtà i mercanti si rifornissero di tali 127


merci da qualcuno che abitava le pendici, osando vivere vicino agli spettri, sfruttandone l’alone di paura e mistero. Neanche il Maier.sil si era mai interessato direttamente ai Dazeiri e alle montagne selvagge da loro abitate, il che era una prova, per i saggi fra gli uomini, che tali leggendari esseri fossero solo frutto del mito, oppure che non fossero umani. La calda e dolce voce di Ptharis aveva raggiunto la mente di Zeria durante l’adunanza nella Grotta delle Decisioni. Tutti si accorsero che la grande madre era in comunicazione con la suprema divinità e tacquero in rispettoso silenzio, rimanendo in attesa. La dèa sorrideva come mai era avvenuto nei millenni, era felice e radiosa.

«Lasciatemi sola con Talya e Esus – disse la donna al termine del contatto mentale con il suo sposo – e convocate l’adunanza di tutti nella grande caverna». Un ordine di Zeria l’eterna, madre di tutti i Dazeiri e fonte della loro vita immortale, non era da discutere e fu immediatamente eseguito.

«Figli miei adorati – disse Zeria appena fu sola con i suoi bellissimi gemelli, il suo più grande orgoglio, il tesoro più prezioso, l’unica parte dell’amato Ptharis che aveva continuato a vivere con lei per migliaia di anni – è giunto il momento che sappiate la verità su vostro padre e sul perché siamo quasi immortali»

Talya e Esus, figli segreti di Ptharis, avevano entrambi ereditato dal padre i doni dei Danui e non solo l’intelligenza, la forza e la longevità che il suo sposo le aveva trasmesso, violando le leggi del suo popolo. Avevano quasi 12.000 anni, anche se non ne dimostravano più di 20. I loro ragazzi erano, dopo il loro padre, i più anziani Danui viventi ed in effetti la loro famiglia, nel suo complesso, era composta dai più antichi esseri del mondo. Quando il suo amato l’aveva salvata, Zeria era già incinta, ma non lo sapeva. Nel momento in cui lui la salutò, prima di essere recluso per sempre nella sua stessa casa in Ardit, lei lo sospettava, ma non ebbe cuore di dire nulla, tanto 128


era il timore che i Danui, scoprendo anche quella violazione, avrebbero potuto privarla del frutto del loro amore. Così, sola e disperata, aveva raggiunto le Montagne della Speranza. Era stata accolta dai cacciatori del posto, una piccola tribù isolata, ma ospitale e generosa. Ptharis l’aveva assistita mentalmente e presto Zeria era diventata la loro protettrice, la sposa dell’invisibile, ma premuroso e benevolo, dio delle montagne, dispensando loro i saggi consigli dello scienziato per vivere meglio, guarire velocemente, cacciare più facilmente. Poi erano nati i gemelli, la gioia di Ptharis era stata incontenibile e la sua protezione ancora più assidua. I ragazzi erano cresciuti sani e forti, brillando con le loro doti di divinità tra i cacciatori. Anche loro avevano conosciuto l’amore tra quelle montagne, ed avevano avuto molti figli, tutti con sangue Danui, unito alle doti speciali di Zeria. Nel giro di pochi secoli gli abitanti delle montagne e la progenie di Zeria e Ptharis si erano fusi completamente, originando i Dazeiri, il popolo di Zeria. Tutti molto longevi, immuni all’influenza del Mietitore di Anime, dotati di grande forza e con un’intelligenza superiore a quella degli uomini comuni. Nascosti tra le montagne selvagge, loro rifugio, sostentamento e salvezza, né uomini né Danui, o almeno questo era quanto credevano, i Dazeiri si celavano a tutti per proteggere il segreto dei loro doni, grati alla grande madre di averli benedetti, protetti e guidati per migliaia di anni.

«Non siamo figli del dio delle montagne madre? – chiese Talya fissandola con gli stessi meravigliosi occhi blu di Ptharis – e non è a questo che dobbiamo ciò che siamo?»

«Siete figli di un grande uomo di scienza del popolo Danui – rispose, ammirando ancora una volta la straordinaria bellezza della sua incantevole bambina, alta, snella, forte e temeraria, degna figlia del padre – il suo nome è Ptharis, è un Antico, l’Ultimo dei Primi, un dio per gli uomini, il più eccelso e potente della sua gente. E’ al suo sangue purissimo e unico che dovete ciò che siete» 129


-----CAPITOLO QUINTO -----La Triade

F

L’amore è un frammento di infinito caduto sulla terra Anonimo

reia ed Aron erano soli al cospetto della Luce di Ardit, nei sotterranei della torre che sovrastava l’altopiano. La sala era circolare ed il tetto formava una cupola, al cui centro si apriva un minuscolo foro, da cui un raggio di sole filtrava inondando di luce l’altare sottostante. L’ara era un monolite in pietra, a forma di cubo, da cui sporgevano quattro petali di cristallo, uno per lato. Al centro del monolite, direttamente sotto al raggio di luce, una sfera trasparente roteava sospesa nel vuoto, emanando una propria tenue luminosità. «Poggiate le mani su uno dei petali – gli disse Freia – io farò altrettanto. Non opponete alcuna resistenza, non avete nulla da temere»

Appena toccarono i petali, questi si illuminarono, dapprima di rosa, poi di verde. La sfera stessa irraggiò i medesimi colori, emettendo dei lampi di luce intensi, ma non accecanti. 149


Gli dèi si circondano di segreti, di forza e potere, per proteggere gli uomini dal male, per proteggere gli uomini dagli dèi stessi e per proteggere i giovani dèi dal potere dimenticato, per salvarli da ciò che non viene più compreso. ... lacuna di 2 righe nel testo ... Solo colui che non fu mai un figlio di The.ra, solo colui che restò come Ultimo dei Primi dèi, egli solo conosce, conosce e comprende, ciò che deve restare celato per sempre. ~•~

172


-----CAPITOLO SESTO -----Le Arche di Nui

Il futuro appartiene alle persone che vedono le possibilità prima che diventino ovvie...

I

Ted Levitt

l gioiello, in forma di serpente, avvolgeva da sempre il suo avambraccio destro, avvinghiandolo dal gomito al polso. Neanche ricordava più il giorno in cui l’aveva indossato per la prima volta, era parte di lui, nel vero senso della parola, essendo a tutti gli effetti unito al suo corpo e alla sua mente. Ne rimirò la perfetta fattura. Creato con una lega metallica naturale estremamente rara e preziosa di Nui, il lucido monile riproduceva un ofide in ogni minuzioso dettaglio, pur essendo tutt’altro che un semplice ornamento. Coraggio Ptharis – disse a se stesso, sospirando e lisciandosi il capo rasato – questa cosa va fatta e solo tu la puoi fare... Zeria...

La risposta della sua amata sposa fu immediata, come sempre: Sto arrivando da te, mio amore, sono ormai prossima al territorio sacro. Fra po173


chissimo saremo di nuovo insieme.

Ascoltami... la situazione è molto grave, ma abbiamo delle concrete possibilità di vittoria. Possiamo risolvere questo maledetto problema una volta per tutte. Sarò al tuo fianco, qualsiasi sia il sacrificio da compiere.

Sai che la mia vita non ha alcun significato senza di te... e che attendo da 12.000 lunghi anni il momento di riabbracciarti e stringerti a me. Sai che darei mille volte la mia vita per te...

Che succede? Cosa stai cercando di dirmi? Come al solito Zeria riusciva a comprenderlo anche a distanza, anche senza che i suoi pensieri si esprimessero. C’è una cosa che va fatta immediatamente, è un compito che spetta a me e nessuno può sostituirmi, ma ci sono dei rischi molto grandi. Nessuna risposta. Zeria?

Sbrigati. Fa quello che devi fare, eseguilo bene, in fretta e vedi di esserci domani al tramonto, ai grandi alberi. Il tuo posto è al mio fianco e per gli dèi ti verrò a stanare ovunque sarai, anche a strapparti dalle fauci dell’oltretomba, se solo oserai sottrarti a me proprio adesso che possiamo finalmente ritrovarci. Ci sarò, anche a costo di fuggire dal regno dei morti.

E non prendere impegni per tutta la notte, dobbiamo parlare molto a lungo, 174


-----CAPITOLO SETTIMO -----Ramon

Non arrenderti mai, perché quando pensi che sia tutto finito, è il momento in cui tutto ha inizio.

I

Jim Morrison

cavalli nitrivano spaventati, nonostante i cappucci con i quali erano stati bendati. Il ritrovarsi in un ambiente ignoto senza esserci arrivati con i propri zoccoli li aveva innervositi. Anche per i dodici guerrieri non era stato facile, nonostante fossero stati avvisati di nulla temere. Ramon sospirò, i tanti assalti in prima linea al fianco del Leone di Passo Scuro avevano fatto di lui un guerriero duro, in grado di affrontare qualsiasi situazione. Non avendo nulla da perdere e nessun affetto ad attenderlo a casa, aveva sempre combattuto confidando in una morte gloriosa, ma questa volta il futuro del mondo era nelle mani di quel gruppo di dodici volontari, e quindi una sua responsabilità come loro comandante. Al pari di Damien, era anch’egli un gigante, una montagna di muscoli. Occhi di ghiaccio, pelle olivastra, il corpo pieno di cicatrici per le innumerevoli ferite riportate in battaglia. La sua sola presenza incuteva timore agli avversari e sicurezza ai suoi compagni. Si guardò attorno, mentre i destrieri venivano 205


-----CAPITOLO OTTAVO -----Amore e morte

L’amore è una parola di luce, scritta da una mano di luce, su una pagina di luce.

R

Khalil Gibran

aggiunsero il tempio nelle prime ore del pomeriggio. Evitarono di avvicinarsi troppo e si accamparono lungo il fiume, nel luogo dove era stabilito che completassero quella parte della missione.

«Abbiamo qualche ora prima che il sole cali, riposatevi. Chiaro, Abel, primo turno di guardia, turni da un’ora». Dolcemente Ramon sciolse l’abbraccio con Ziga e smontò da cavallo, aiutandola poi a scendere. Scoprì con piacere che ora riusciva a reggersi sulle sue gambe, lo sguardo meno fisso, più presente. L’aiutò a sedersi su un masso, vicino alla riva del fiume e, come tutti i suoi uomini, iniziò ad occuparsi dei cavalli, facendoli bere e rifocillare, senza mai allontanarsi né perderla di vista.

«Ziga, se vuoi lavarti meglio di quanto abbia potuto fare io – le disse sorridendo, appena ebbe terminato con i destrieri – ti lascio un po’ da sola, vado 229


dietro quel cespuglio», ma lei rispose con un eloquente sguardo terrorizzato: non era pronta a restare da sola... non ancora...

«Va bene, ho capito, non mi muovo – si affrettò a rispondere Ramon – resto qui, ma mi volto e non ti guardo, così puoi lavarti con comodo e fare le cose che fate voi ragazze quando siete sole. Va bene?» Lei piegò la testa di lato, lo guardò e poi annuì, stavolta con decisione. «Voglio che vi allontaniate tutti – gridò rivolto ai suoi – e che nessuno di voi si azzardi a guardare in questa direzione finché non sentite il mio fischio»

Dal fagotto il sergente estrasse una manciata di bacche schiumose e due panni puliti e li depose vicino a lei: «Non ti addentrare troppo nell’acqua, non sei in forze. Cerca di fare rumore, così mi accorgo se la corrente ti trascina via, va bene? – ancora una volta lei annuì – quando sei pronta batti le mani, così saprò che posso voltarmi». La ragazza accennò un sorriso e di nuovo annuì con la testa. Ramon sorrise di rimando e si sedette dandole le spalle. Sentì un fruscio di vestiti e poi un deciso sguazzare nell’acqua. Il suo sorriso si allargò. Sta reagendo.

Dopo un bel po’ di tempo capì che aveva finito, ma anziché sentirla battere le mani se la ritrovò barcollante in piedi vicino a lui.

«Molto bene piccola – le disse facendola sedere – adesso vorrei fare anche io la stessa cosa. Puoi stare seduta qui voltandomi le spalle, per qualche minuto? Io ti parlerò per tutto il tempo, così saprai che non mi allontano». Lei fece di nuovo un accenno di sorriso, che non le raggiunse gli occhi, ed annuì. Il giovane guerriero si alzò velocemente e raggiunse il suo fagotto, da cui 230


estrasse altre bacche, un panno, da bere ed un pezzo di pane. Offrì l’acqua e il pane a Ziga, quindi si allontanò. Si spogliò velocemente ed entrò in acqua, senza perderla di vista neanche per un istante.

«Sai, questo posto mi ricorda molto la casa in cui sono cresciuto – iniziò a parlare in tono tranquillo e allegro – c’era un fiume come questo, ci andavo sempre a nuotare, anche quando faceva freddo. Mia madre mi inseguiva gridando, diceva che mi sarei ammalato, provava anche a chiudermi in casa, ma io trovavo sempre il modo di scappare e tornare al fiume. C’era un grande albero, di quelli che hanno secoli, che con il tempo si era chinato, aveva formato una sorta di ponte su un tratto del fiume, io mi ci arrampicavo e ci passavo le ore lì sopra. Mi piaceva anche dormirci, sospeso sopra l’acqua, guardando le stelle... era bello». Continuò per tutto il tempo a parlare di momenti allegri della sua fanciullezza, finché non fu ragionevolmente pulito e completamente vestito. Emise il fischio convenuto per avvisare i suoi e tornò a sedersi vicino a lei, notando con piacere che il pezzo di pane era sparito. «Ci voleva proprio – disse sorridendo e facendola voltare di nuovo verso il fiume – e anche il tuo odore è migliorato sai?» Lei si passò le mani tra i capelli, arruffandoli ancora di più, e fece un respiro profondissimo.

«Grazie – la voce di lei era un sussurro – e... scusa per tutto il disagio che ti causo»

Il sorriso di Ramon si fece più ampio «Non dirlo neanche – aggiunse, con voce incupita – molti di noi hanno alle spalle storie come questa, sappiamo un po’ tutti come ci si sente» «Dici davvero?»

«I due smilzi coi capelli rossi, ad esempio, per salvarsi si erano gettati in un 231


pozzo da cui non era possibile uscire, ed erano ancora lì una settimana dopo, quando li abbiamo trovati»

Lei lo guardò negli occhi, lo sguardo era divenuto finalmente limpido e presente: «Stesse... circostanze?» «Identiche» rispose tristemente Ramon, afferrando un sasso e gettandolo rabbiosamente nel fiume. «E tu?» chiese lei inclinando la testa.

«Storia simile alla tua – fu la risposta, accompagnata da un sospiro – fummo attaccati. Per salvarmi mi hanno chiuso in un baule, ero molto piccolo, sono rimasto immobile mentre... mentre succedeva tutto... e poi, quando non sentii più rumori e tentai di uscire... io... io non riuscivo ad aprire il coperchio, ecco, non... era tecnicamente possibile. Mi trovarono i soldati dell’imperatore tre giorni dopo, più morto che vivo, completamente inzuppato del sangue di mia madre» «Allora capisci davvero»

«Sì... capisco... capisco davvero – rispose con un filo di voce, gettando un altro sasso nel fiume, poi chiuse gli occhi, emise un respiro profondo, li riaprì e la guardò sorridendo – allora uccellino, ce l’hai un nome? E una storia, prima di questo schifo?»

«Syria – rispose lei inclinando di nuovo la testa – ma Ziga mi piace, penso che me lo terrò – sospirò – sono nata 18 anni fa e sono figlia di Iacha e Mandise, una guaritrice Danui e il veggente del tempio di Crono, io stessa sono... ero... appena entrata a far parte delle guardie del santuario» «Quindi sei anche tu un membro della stirpe benedetta, figlia di una Danui 232


-----CAPITOLO NONO -----L’assedio ha inizio

Solo quando è molto buio riusciamo a vedere le stelle.

«S

Martin Luther King

tanno arrivando – la voce di Isabel, la Guardiana dei confini, ruppe improvvisamente il silenzio ed echeggiò nella Sala del Potere – sono al limite delle capacità di percezione delle pietre, ma già chiaramente individuabili»

«Avvisa la Gemma – le ordinò Amantea – stiamo per essere attaccati»

Freia ci siamo, comunicò mentalmente, il momento che stavamo attendendo è giunto. L’Armata del Maier.sil è in marcia contro Ardit.

Quanti sono?

Una moltitudine sterminata. Fra quanto saranno qui?

265


A questa andatura tre giorni, se rallentano quattro. Da dove giungono? Da ogni direzione.

Freia chiuse gli occhi e richiamò Lamis. La bambina luminosa comparve davanti a lei. Le tese le mani, come a sfiorarle, ricevendone l’onda di potere della sua gente. Calmò il respiro, cercò e trovò la pace mentale che le era necessaria. Dobbiamo parlare con tutti coloro che possono ascoltarci. Lamis annuì sorridendo. Freia visualizzò tutti i filamenti di energia che partivano dal suo corpo, li vide brillare ed espandersi... vide il raggio che la collegava alla bambina farsi più grande e le migliaia di filamenti che da lei dipartivano si illuminarono. Sentì la connessione con tutti i Danui viventi, percepì le loro anime, le loro essenze vitali.

Fratelli, sorelle, il nemico giunge da ogni direzione. Ardit sta per essere assediata. Chiunque si trovi alle spalle degli invasori, a più di quattro giorni di distanza dalla Fortezza, fugga verso le Montagne della Speranza. Chiunque si trovi più vicino abbandoni ogni cosa, prenda armi e viveri e raggiunga le bianche mura più in fretta che può. Non indugiate, correte, affrettatevi.

Fratelli e sorelle della Fortezza, suonate i corni di guerra, sparate le detonazioni di allarme, accogliete il popolo entro la prima cinta di mura, preparatevi all’attacco. Il nemico sarà qui entro tre giorni, massimo quattro.

Un cerchio di luce avvolse Freia e Lamis, un potente palpito di energia si diffuse da Ardit, espandendosi in ogni direzione. L’onda di amore e gioia, calma e pace, dolcezza e bontà dell’Evnovya avvolse ogni membro della stirpe sacra, ovunque nel mondo. Con esso giunse, 266


per la prima volta, una sferzata di forza, guarigione e speranza.

Fratelli e sorelle questo è lo scontro finale, combattiamo per sopravvivere, combattiamo per esistere, difendiamo gli uomini e noi stessi dalla distruzione.

Dopo pochi minuti i poderosi corni di guerra di Ardit iniziarono a suonare. Il loro triste canto echeggiò entro le bianche mura e nella pianura circostante, fino ai grandi alberi, che parvero fremere, come scossi da un vento improvviso. Il cupo annuncio giunse alle sentinelle esterne, che lo rilanciarono con i loro corni affinché fosse udito in tutta l’area dove era possibile mettere in salvo gli abitanti.

Nei villaggi immediatamente prossimi ad Ardit le campane di allarme iniziarono a suonare insistentemente. Dalle bianche mura tre colpi, più potenti di qualsiasi tuono mai udito, esplosero nell’aria e tutta la terra dei Danui tremò. ~•~

Quella sera Ramon era di guardia. Come al solito lui e Ziga erano abbracciati, lui seduto con la schiena poggiata ad un albero, lei semidistesa sopra di lui e quasi assopita. Le stava baciando i capelli quando si bloccò repentinamente.

«Svegliati uccellino. Subito! – le mormorò scuotendola leggermente e serrando tutti i muscoli – va via, striscia verso gli altri, svegliali più silenziosamente che puoi. Sono almeno un centinaio, forse di più e sono molto vicini. Dì a tutti che arretrino nel bosco e mi aspettino»

Lei sgattaiolò veloce, ma fece pochissimi passi a carponi prima di immobilizzarsi improvvisamente in terra. Il suo corpo diventò luminoso e si sollevò dal suolo. 267


Maledizione! imprecò mentalmente Ramon, togliendosi velocemente il mantello e gettandoglielo sopra, quindi con un balzo si stese su di lei, ancorandola ad un palmo da terra con il peso del proprio corpo. Se ci vedono siamo morti. Dopo pochi istanti scesero lentamente al suolo e l’erba sotto di loro cessò di essere irradiata dalla luce. Il guerriero si puntellò su gambe e gomiti per non schiacciarla. «L’assedio ad Ardit sta per iniziare» mormorò semplicemente lei aprendo gli occhi. «Vai, ora!» le bisbigliò dopo averle dato un fugace bacio tra i capelli.

Il gruppo si teneva sulla strada, nessun prigioniero al seguito, procedevano a passo spedito, in direzione di Ardit. In meno di un giorno avrebbero raggiunto il villaggio successivo... se stavano convergendo per l’assedio non avrebbero fatto prigionieri... avrebbero massacrato tutti. Ramon, sdraiato tra i cespugli, imprecò tra sé, e si allontanò strisciando. Quando fu abbastanza lontano procedette carponi, si sollevò in piedi e iniziò a correre solo quando ci fu vegetazione sufficiente alta a garantirgli la necessaria copertura. Raggiunse i suoi uomini che era passata quasi un’ora, si annunciò con il verso della civetta e li trovò coi cavalli pronti e le armi sguainate. Ziga tratteneva i loro quattro cavalli, pallida come la luna, gli occhi sgranati, i capelli neri scompigliati.

«Centocinquanta, senza prigionieri – riferì avanzando a grandi falcate verso di lei e arruffandole i capelli – convergono probabilmente su Ardit come rinforzo per l’assedio. Ora voliamo al prossimo villaggio prima che lo raggiungano – e montò a cavallo – cerchiamo di far scappare quanta più gente possibile e ci dileguiamo prima che arrivino. Combattere sarebbe un suicidio, quindi dobbiamo limitarci a fuggire. Cerchiamo di salvare quei poveretti. In sella. Marcia veloce nel bosco finché non riusciamo a superarli. Sono molto vicini. Elio, laterale di vedetta, segnala quando li abbiamo di268


-----CAPITOLO DECIMO -----Ritirata strategica

Mai ti è dato un desiderio senza che ti sia dato anche il potere di realizzarlo

I

Richard Bach

l formicaio di assedianti restava immobile lungo le linee più vicine alle mura, ma appariva chiaramente indaffarato nei settori più lontani. Damien osservava inquieto. Quanto stava accadendo era un mistero anche per le vedette Danui munite di cristalli di lontananza, degli strani vetri che, inseriti in anelli di metallo, consentivano a chi le usava di vedere a grandi distanze. Riuscivano a capire solo che erano intenti a costruire qualcosa, anzi, una serie di cose.

«Non mi piace – brontolò il gigante rivolto ad Aron – non mi piace neanche un po’»

«Credo stiano costruendo le torri di assedio – rispose il Leone con espressione concentrata, anche lui stava usando la sua vista potenziata per cercare di capire – forse assemblano anche qualche nuova macchina da guerra, qualcosa che non si è mai visto prima. Scorgo manovre e operazioni che non 307


comprendo, stanno stendendo una serie di grandi teli di... stoffa, mi sembra» «Fermiamoli»

«Sono fuori dalla gittata massima delle catapulte maggiori – sospirò Aron – non abbiamo niente che arrivi così lontano» «Non mi piace per niente»

«Neanche a me, amico mio... neanche a me»

Calò la notte, il vento, che si era levato sempre più forte, sospinse una fitta coltre di nubi scure fino a celare la luna e le stelle, solo le corone di Ardit squarciavano le tenebre. Le vedette erano in massima attenzione, i sensi vigili, ma nessuno pensò di scrutare il cielo, tutti erano concentrati sugli assedianti sotto le mura, nessuno si accorse che la morte stava scendendo, subdola e silenziosa, dall’alto.

Una raffica di frecce mortali iniziò a trafiggere i Danui ed i guerrieri del Leone, uno dopo l’altro. «Sono dentro!» il grido di Damien risuonò agghiacciante, mentre si tuffava in avanti con la spada in pugno e deviava con un fendente una freccia diretta alla testa del capitano Tuya. I corni suonarono, le luci di tutte le fortificazioni si accesero, rivolte in ogni direzione illuminando uno spettacolo terrificante e mai visto prima: i soldati del Mietitore scendevano dal cielo, appesi con delle corde a degli enormi teli, alcuni a forma di arco, altri a forma di sfera e, mentre si avvicinavano al suolo, scagliavano frecce in ogni direzione. Appena raggiunto il terreno, tagliavano le funi che li fissavano a quei dispositivi che gli avevano consentito il volo e iniziavano a correre verso le postazioni chiave delle difese di Ardit. Erano ovunque. Tuya si immobilizzò, lo sguardo fisso al cielo, mentre Damien cercava di 308


-----CAPITOLO UNDICESIMO -----Lo scontro finale

Siamo legati da infiniti fili sottili, facili da recidere a uno a uno, ma che essendo intrecciati tra loro formano corde indistruttibili

R

Isabel Allende

amon era sdraiato in terra, era il suo turno di riposare. Mizar e Caliel erano di guardia, arrampicati sugli alberi. Erano passati due giorni, ormai Kito e gli altri dovevano essere nei paraggi. Ziga lo aveva contattato tre volte, entrandogli direttamente nei pensieri. Si era abituato velocemente a quel modo strano di comunicare. Era come averla vicina, nonostante le distanze. Lei gli aveva riferito dell’assedio, dei rinforzi, e di come fossero tutti ripiegati sul secondo muraglione. Aron aveva lasciato una torre in piedi, era giunta a ridosso delle mura e stava vomitando i soldati del Maier.sil. Sorrise. Conosceva il Leone molto bene. Non era tipo da arrendersi, nĂŠ da cedere terreno al nemico. Se aveva deciso di ripiegare stava sicuramente attuando un piano, che prevedeva esattamente ciò che stava accadendo. Avere gli assedianti dentro Ardit. Probabilmente avrebbe ripiegato ancora. Gli anelli difensivi interni erano meno estesi e, con i suoi 333


-----CAPITOLO DODICESIMO -----La fine di un’era

Solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero.

«P

Albert Einstein

erché continuano a combattere? – Aron aveva raggiunto i difensori sulle mura, constatando con sgomento che non avevano cessato l’assedio – il Maier.sil è morto e l’immunità è stata attivata, dovevano smettere di attaccare e ridestarsi... non capisco... è impossibile che nessuno di loro abbia un po’ di sangue Danui nelle vene»

«Lo stato di schiavitù deve aver impedito il risveglio della loro parte Danui sopita – rispose Freia a bassa voce – in tal caso, temo che continueranno ad eseguire gli ultimi ordini ricevuti, finché non saranno raggiunti dal liquido di contagio, con i nostri oproi già desti e attivi»

«I loro ultimi ordini – Aron si passò una mano tra i capelli, gli occhi verdi incupiti – che sicuramente sono di conquistare Ardit e sterminarci tutti»

«Dobbiamo rassegnarci a considerarli come assedianti a tutti gli effetti – 359


-----EPILOGO ------

La pazienza è un albero: le radici sono molto amare, ma i frutti dolcissimi.

«Q

Proverbio Tuaregh

Circa 40.000 anni dopo, nei pressi del sito archeologico di Ardit

uesta traduzione è assurda – l’aitante professore avanzò a grandi passi brandendo i fogli come una prova di reato, gli occhi blu scintillanti – lo sono entrambe. Ritirare fuori l’iscrizione controversa poi? E darne una interpretazione letterale ancora più pazzesca? E collegarla con il tuo scavo? Ma sei impazzita? Hai deciso di rovinarti? Di coprirti di ridicolo? E’ un suicidio professionale»

«Professore lo sai che è precisa – sbuffò Helena sollevando gli occhi al cielo – non è confutabile in neanche un singolo glifo. Ci lavoro da anni»

«Ascolta... – iniziò lui con voce suadente, era sempre stato estremamente affascinante e nonostante dovesse avere almeno una sessantina d’anni, divinamente portati, non c’era una studentessa o una professoressa che fosse insensibile a quello sguardo di notte luminosa e a quella mente geniale collocata in una dimora corporea così invitante. Helena si sforzò di ascoltare – sei la maggiore esperta vivente di lingue arcaiche, dopo di me, ovviamente – 388


Gli dèi sono uomini immortali, mentre gli uomini sono dèi mortali. Eraclito

Nella mitologia egizia Ptha è una divinità creatrice fra le più antiche. E’ la personificazione della materia primordiale, il dio del sapere, della conoscenza, dell’architettura, dell’artigianato e delle arti... ed è anche il custode del segreto stesso della creazione: egli ha creato ogni cosa e ogni parola divina con il cuore ed il pensiero «Il suo potere è più grande di quello di ogni altro dio» (Trattato di teologia di Menfi, 716-701 a.C) La medesima divinità, con i medesimi attributi, era chiamata dai sumeri Enki e dai babilonesi Ea. Signore delle acque abissali, intese come l’infinito cosmico, la cui sapienza e magia sono illimitate, era il protettore degli uomini. Fu lui a salvarne la specie quando il diluvio sommerse il mondo. 395


-----POSTFAZIONE ------

Dalle ceneri rinascerà un fuoco

D

Non tutto quel ch’è oro brilla, Nè gli erranti son perduti; Il vecchio ch’è forte non s'aggrinza, Le radici profonde non gelano. Dalle ceneri rinascerà un fuoco, L’ombra sprigionerà una scintilla; Nuova sarà la lama ora rotta, E re quei ch’è senza corona.

Il Signore degli Anelli, John Ronald Reuel Tolkien

a quando incontrai Silvia Matricardi per la prima volta, son passate ormai tre decadi. Lei era piccolina, aveva le lentiggini e dei capelli lunghi e biondi come l’oro e arrossiva quando la fissavo magari per qualche secondo in più del dovuto. Lei, sorella di un mio amico di infanzia, è stata sempre per molto tempo la sorella di qualcuno. Quasi che questa definizione le togliesse la possibilità di essere se stessa. Poi per un po’ di tempo ci siamo persi di vista. Prima per il fatto che mi ero trasferito a Roma e poi in Germania e in Austria. Ma come spesso accade con quelle persone particolari, non esito a definire Silvia speciale, anche se non le vedi per mesi, anni o ancor più a lungo, quando le incontri sembra che ci si sia salutati il giorno prima, dopo un buon caffè al bar. E con Silvia è proprio così, di lei sapevo che era una valida grafica. Infatti è a lei che ho affidato la stesura e la creazione della copertina dei miei due libri. Sapevo che amava leggere, amore che ci accomuna, e scrivere. Infatti ho sempre associato il suo nome a un mensile locale molto diffuso nel paesino in cui siamo cresciuti, Tor san Lorenzo. Scrivere, altra passione che ci accomuna. E’ una persona simpatica ed ha le mie stesse radici marchigiane; apparentemente non vi era altro ad accomunarci. Ebbene, come spesso accade nei rapporti interpersonali in generale, ed in quelli tra amici in particolare, a 396


volte facciamo un errore di valutazione, o meglio di archiviazione, come lo chiamo io. Spesso creiamo un’etichetta e la applichiamo a quella persona, senza andare in profondità. Ecco allora che per anni abbiamo l’impressione di conoscerla, ma in realtà quello che sappiamo o crediamo di sapere è solo la famosa punta dell’iceberg! E con Silvia è andata così. Poi di colpo è successo qualcosa di nuovo e inaspettato: mi ha dato da leggere un suo breve racconto fantasy. E’ come se un velo si fosse squarciato. In questa sorta di Epifania, all’improvviso, con stupore e gioiosa sorpresa mi son ritrovato piano piano dinanzi a una persona diversa, con qualità inaspettate e sorprendenti. Non so bene se stimolata da me (mi piacerebbe crederlo!) o per via della passione e dell’amore che cullava in grembo già da tempo, Silvia mi ha poi fatto leggere una storia molto più lunga, lunghissima: un vero e proprio romanzo fantasy: Ardit. Così se il primo racconto mi aveva fatto già comprendere e balenare con la sua luce rara la capacità espressiva e creatrice di Silvia, Ardit mi ha dissipato anche il più piccolo dubbio. E anzi conoscendo la sua ammirazione per Tolkien, ho voluto usare proprio una citazione del grande maestro che lei idolatra. In primis per sottolinearne quasi la paternità, ma soprattutto per metterla non a confronto con il grande Bardo (ancora sarebbe prematuro). Ma più per darle il benvenuto a tutti gli effetti nel panorama italiano degli autori emergenti. Così come Eva si staccò da una costola di Adamo, Silvia con il suo perfetto e ingegnoso romanzo Ardit può dichiararsi una diretta discendente di Tolkien. Ardit però è molto più di una storia fantasy. Si tratta di un vero e proprio atto d’amore verso il filone iniziato da Tolkien con la sua sublime saga Il signore degli anelli. E non solo! Ardit rappresenta anche un atto d’amore per la vita e l’intelligenza degli uomini, la cultura, il rispetto della natura, la nostra vera madre e la bellezza del creato. E soprattutto è un omaggio ad Ardea, la terra in cui entrambi siamo nati. Una terra che, come tramandato nei miti, fu incendiata dall’assalitore Enea, ma seppe rinascere dalle sue ceneri e rinascerà ancora, dopo la devastazione di una gestione amministrativa miope e limitata. E da queste ceneri anche la luminosa stella di Ardit si alzerà alta nel cielo del panorama letterario italiano e farà bella figura in compagnia delle altre stelle. Ardit è scritto con un linguaggio piano ma poetico, la trama è avvincente e la storia fa intenerire il cuore. Un grande plauso cara Silvia! Che il tuo amore e la tua passione ti continuino a guidare e ti diano la forza per creare ancora altri capolavori come questo. Grazie.

397

Rodolfo Baldassarri scrittore


Quella che avete appena letto è una storia di fantasia.

Eventuali riferimenti a luoghi, fatti e personaggi reali sono del tutto casuali.

I riferimenti alla città di Ardea e al sito archeologico Castrum Inui sono invece voluti... un mio omaggio alla terra dove sono nata e ad un meraviglioso sito archeologico, che amo e che ho avuto l’onore di contribuire a salvare e valorizzare.

Ringraziamenti

Un grazie di cuore ai miei primissimi lettori, revisori e indispensabili critici: l’amico Flavio (Tito) Pettiti, lo scrittore Rodolfo Baldassarri e ovviamente mio marito Stefano, che ha sopportato con abnegazione mesi e mesi di lavorazione del manoscritto, credo imparandolo, suo malgrado, a memoria. Un grazie anche all’amica Patrizia Bartolomucci e allo staff del Castello di Avalon, per il costante e fondamentale incoraggiamento. Ad Alessandra D’Anna e Gina Scamuffa, per l’attentissimo controllo finale. Al dr Francesco Di Mario per avermi gratificata dell’onore della sua prefazione. Sono grata anche a tutti coloro che non ci hanno mai creduto, per aver avuto la gentilezza di non disturbarmi, mentre ci stavo riuscendo. su Facebook cerca Ardit.romanzo

Illustrazioni di copertina e di pagina 172: progetto grafico dell’autrice includendo e manipolando parte dell’opera ID 100101627 Image courtesy of farconville/FreeDigitalPhotos.net

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Con ordine, affronta il disordine con calma, l’irruenza. (Sun Tzu)

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I veggenti sono concordi: è ormai imminente lo scontro finale tra il feroce Maier.sil e gli ultimi superstiti della stirpe Danui. Dall’esito di questa battaglia epocale dipendono le sorti degli uomini, degli ultimi antichissimi dèi e delle loro discendenze... Arroccati nell’inespugnabile fortezza di Ardit, i Danui si preparano a resistere all’assedio e attendono il loro salvatore, l’Elekies del Giorno del Giudizio. E’ rimasto solo un esile filo di speranza, che continua ad assottigliarsi, man mano che gli eserciti del Maier.sil crescono e avanzano. Per avere almeno una possibilità di sopravvivere e salvare l’umanità, i Danui dovranno riuscire a trovare il coraggio e la capacità di percorrere sentieri inesplorati e di affidarsi alla sapienza segreta dell’antico prigioniero, il misterioso dio dimenticato, l’Ultimo dei Primi.

Una nuova era ebbe inizio quando tutto ebbe una fine

«Un testo lungo e intrigante, con una narrazione ricca di fantasia e di elementi “immaginali”. Si tratta di una costruzione articolata, chiaramente fondata su immagini, ognuna delle quali corrispondente ad un “mitologema”: la lotta tra il bene e il male, il rapporto tra gli dèi e gli uomini, la ricerca della “elevazione” spirituale e della salvezza recuperando e riscoprendo ciò che in realtà, anche se inconsapevolmente, poiché occultato, già si possiede» Dalla prefazione del dr Francesco Di Mario «Così come Eva si staccò da una costola di Adamo, Silvia con il suo perfetto e ingegnoso romanzo Ardit può dichiararsi una diretta discendente di Tolkien. Ardit però è molto più di una storia fantasy. Si tratta di un vero e proprio atto d’amore verso il

filone iniziato da Tolkien con la sua sublime saga Il Signore degli Anelli» Dalla postfazione dello scrittore Rodolfo Baldassarri ___________________________________

«Battaglie, missioni disperate, astuzia, magia, tecnologia, morte, amore e humor, sono sapientemente miscelati nella narrazione. Avvincente, appassionato, delicato» «Un romanzo di fantasy-fantascienza folle, geniale, atipico, che coinvolge con una sequela di emozionanti colpi di scena» «L’epilogo ti stende. Muta la prospettiva dell’intero romanzo, quasi vien voglia di rileggerlo dal principio, soprattutto le strane tavole antiche, per comprenderlo davvero in tutte le sue sfumature» Le opinioni degli editor

Silvia Matricardi, giornalista e grafica, vive e lavora ad Ardea, in provincia di Roma. Appassionata di archeologia, paleoastronautica, esoterismo ed eventi misteriosi, ha pubblicato centinaia di articoli di cronaca, politica e cultura.

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