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SOMMARIO
from SMALL ZINE
by SMALL ZINE
TALENT TALENT
3 REALTÀ E FANTASIA SI TENDONO LA MANO
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Dante Cannatella
- Elisabetta Roncati
INTERVIEWS
4 DAL FILO AL MONDO
Giulia Nelli
- Sabino Maria Frassà
6 DI STORIE E ALTRI REBUS
Agnese Guido
- Gregorio Raspa
8 VERSO UN LOGOS DELLA PERCEZIONE
Mariangela Levita
- Davide Silvioli
SPECIAL
10 BLACK HISTORY MONTH.
PER UNA STORIA DEGLI AFRODISCENDENTI con Justin Randolph Thompson
- Loredana Barillaro
PEOPLE ART
12 LA CURATELA COME PROGETTO PER LA REALTÀ
Lucrezia Calabrò Visconti DESIGN.ER 14 IL TUTTO SI TRASFORMA Angelo Minisci
- Loredana Barillaro
SMALL ZINE
Magazine di arte contemporanea
Direttore Responsabile ed Editoriale Loredana Barillaro l.barillaro@smallzine.it Redazione Luca Cofone l.cofone@smallzine.it
Editore BOX ART & CO. Redazione
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Hanno collaborato: Sabino Maria Frassà, Gregorio Raspa, Elisabetta Roncati, Davide Silvioli, Carla Sollazzo, Valentina Tebala
Con il contributo di: Lucrezia Calabrò Visconti
© 2023 BOX ART & CO. È vietata la riproduzione, anche parziale, dei testi pubblicati senza l’autorizzazione dell’Editore.
Le opinioni degli autori impegnano soltanto la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quelle della direzione della rivista.
In copertina Agnese Guido HELLO MOTO, I’M A SIMPLE MAN, 2019 Gouache su carta, 31x24 cm. Courtesy dell’artista
Accostarsi al lavoro di Dante Cannatella, indagare e studiare le sue composizioni equivale ad essere catapultati nell’atmosfera della parte più profonda e, a tratti, rurale degli Stati Uniti d’America. Ed è curioso farlo attraverso gli occhi di un giovane artista classe 1992 dal nome e cognome che ricordano l’Italia. Cannatella è nato a New Orleans, città principale dello stato della Louisiana, patria del Jazz, crogiolo di culture e di ispirazioni trasportate lungo il corso del Mississippi e sospinte dai venti del Golfo del Messico. Città ricca di mistero, simbolo al tempo stesso di libertà e cruda segregazione. Nelle pennellate di Dante, nel suo segno fortemente gestuale si riflette la ciclica storia fatta di costruzione e distruzione, spesso dovuta a catastrofi atmosferiche, della sua città natale. Un panorama dalle forti contraddizioni non solo sociali, ma anche ambientali, in cui è l’elemento naturale, il paesaggio a reclamare prepotentemente lo spazio che gli spetta, a scapito dell’urbanizzazione che avanza. Ecco così apparire nelle opere dell’artista confini tra esterno ed interno sfumati, scene di vite sempre in bilico tra mille incertezze. Di solito i temi delle composizioni di
Cannatella si basano su esperienze personali, su ricordi e sogni racchiusi in un orizzonte fittizio da cui emergono grazie ad una deriva espressionista che, a volte, cede il passo all’astrazione. Particolari sono anche i suoi sfondi: giallo acido, rosa fangoso, blu e grigio. Tonalità perfette per rendere l’immagine di scenari surreali.
Dante lavora molto le superfici che si caricano di densa materia, quasi a catturare le potenti forze della natura con cui si è confrontato nella prima parte della sua esperienza di vita. Si è poi spostato a New York, dove ha conseguito un MFA presso l’Hunter College e tutt’ora risiede.
Il legame lavorativo con l’Italia è scaturito prima dalla partecipazione alla collettiva “Night Owl” presso la galleria MASSIMODECARLO (spazio virtuale) e poi grazie all’intenso lavoro di ricerca di giovani talenti svolto da Tube Culture Hall. Nello spazio espositivo della realtà milanese, in Piazza XXV Aprile, si sono potute ammirare dal vivo, per la prima volta in Italia, due sue opere, all’interno della collettiva “SOMEWHERE IN TIME”, a cura di Sabrina Andres. The distribution of favor e St. Sebastian sono entrambe ispirate al Polittico della Misericordia di Piero della Francesca. La prima raffigura la Vergine Maria che stende il mantello sui fedeli in segno di protezione. Nella seconda si staglia invece una figura a gambe divaricate e braccia incrociate, priva dei tratti distintivi che donano espressività al viso. Sottili frecce penetrano il suo corpo a ricordo del martirio del Santo cristiano, ma anche delle sofferenze dei cittadini di New Orleans a causa del terribile uragano Katrina. Ancora una volta una figura misteriosa immersa in uno scenario surreale che delinea un mondo pervaso da disintegrazione, innocenza, crimine e punizione.
Un universo onirico o forse no: sempre più spesso la nostra realtà quotidiana supera la fantasia e purtroppo non in senso positivo.
Interviews Dal Filo Al Mondo
“Ho capito che il gesto dello strappo era per me in qualche misura liberatorio; mi consentiva di riflettere sul mio stato d’animo del momento e di concentrarmi sul messaggio che volevo esprimere.”
Giulia Nelli ha vinto la 9° edizione del Premio Cramum con Madre terra. L’opera racconta l’identità individuale quale frutto del complesso intreccio di legami con gli altri da sé e di tutto ciò che ci circonda e lega. L’artista impiega in quest’opera e nella maggior parte dei casi i collant: li smembra e li trasforma, fino quasi a non permettere più di identificare il filo con cui sono stati fatti. Un lavoro di continua costruzione nella - e a partire - dalla distruzione, che abbiamo approfondito con l’artista.
Sabino Maria Frassà/ Le prime calze opera d’arte: come sei arrivata a questo materiale?
Giulia Nelli/ Il mio primo incontro con i collant è stato casuale ed è avvenuto in un periodo in cui stavo sperimentando molteplici materiali, dai foil alle colle viniliche. Ciò che mi ha colpito è stato fin da subito non la calza in sé, quanto la forma delle smagliature dei collant usati, ormai da gettare via.
SMF/ Che ruolo ha nella tua arte questo riutilizzo, quasi riciclo, di uno scarto?
GN/ I miei lavori nascono da subito con materiale usato, ma solo dopo la collaborazione con Elly Calze ho potuto utilizzare sempre collant di scarto anche per opere molto grandi. Il fatto che il materiale sia di riciclo è importante per sottolineare come ogni attività umana determini un impatto inevitabile sull’ambiente, ovvero sulla collettività e quindi sull’individuo. L’utilizzo di materiale di scarto è divenuto così indispensabile per realizzare il mio progetto Humus, che intende mettere in evidenza l’insostenibilità dei nostri attuali stili di vita.
SMF/ Il tuo lavoro sembra stia evolvendo nello spazio. In che modo si sta evolvendo il tuo gesto artistico?
GN/ Ho capito che il gesto dello strappo era per me in qualche misura liberatorio; mi consentiva di riflettere sul mio stato d’animo del momento e di concentrarmi sul messaggio che volevo esprimere. Arrivavo al filo, che è l’essenza della materia, che non veniva da me distrutta ma solo “riportata” all’origine. Il mio è però sempre un gesto di liberazione consapevole, mai di nichilistica distruzione. Con il passare del tempo ho perciò voluto imparare a calibrare la forza, a controllare la gestualità e a lavorare un materiale che, per quanto molto duttile, risulta anche molto delicato e imprevedibile se la smagliatura non viene gestita bene. Negli ultimi lavori lo strappo e lo smembramento lasciano spazio a un’azione di ricostruzione della materia: cucio e assemblo pezzi diversi di collant lasciati integri nella loro fisicità per dare maggiore matericità al lavoro. Il risultato è uno straordinario gioco di vuoti e di pieni e un movimento di forme leggero e allo stesso tempo molto intenso. Il prossimo passaggio sarà perciò portare questo mio gesto di pieni-vuoti nello spazio e alle persone, per cercare di chiudere un percorso che va dal filo al mondo.
Da sinistra: LA PIENEZZA DELLA SEMPLICITÀ. VORTICE D’INFINITO. Per entrambe courtesy dell’artista.