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DESIGN.ER IL TUTTO SI TRASFORMA

Loredana Barillaro/ Angelo, cos’è per te fare il designer, e dunque creare design?

Angelo Minisci/ Sono interessato alla sperimentazione, purché abbia sempre come riferimento il tema dell’industria (in qualche modo), dell’artigianato e dei prodotti. Mi interessa che quel prodotto sia di qualità e che possa far riflettere. L’obiettivo non è produrre nuove cose ma cercare di capire come spingere un po’ più in là la riflessione sugli oggetti. Nel tempo, tutto questo è diventato sempre più coerente con una mia idea di design che preferisce il processo e la ricerca contestuale a quella formale. La forma, in fondo, è conseguenza di un processo, cambia. Siamo inquieti e irrequieti in queste nuove complessità. Spesso più che dare soluzioni propongo o mi faccio domande possibili.

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LB/ Sei Direttore del Dipartimento di Design della Libera Accademia di Belle Arti di Firenze, quanto può essere complesso, e forse anche per questo appagante, trasmettere i concetti del mestiere e formare futuri designer?

AM/ Lo scopo è capire come la disciplina del design possa evolvere oltre le dinamiche generate dal pensiero moderno. Un progettare “pensante”, ma anche analizzare e ripensare sistemi molto più ampi e complessi che influenzano la produzione a livello globale.

Per me, la didattica, è un momento importante, un rapporto complesso, intenso. Più che didattica, infatti, mi piace chiamarla educazione allargata, dialogo. Partendo da un presupposto: cogliere il senso e le opportunità della cultura del progetto, e della cultura del produrre. Ma, le mie idee sono molto più radicali rispetto a quello che poi effettivamente faccio nella realtà. Le aule fisiche (e quelle virtuali degli ultimi due anni) e l’accademia sono luoghi dove le idee trovano spazio ulteriore, dove crescono perché condivise e messe in discussione. Ecco allora che, la mia frustrazione - consapevole che non si riuscirà a fare tutto ciò che uno vorrebbe nella propria carriera - si trasforma in energia, contribuisce al coraggio. Quello che mi entusiasma è provare a sfruttare le diversità che compongono la classe, quindi storie, emozioni, caratteri differenti.

È quella pluralità che mi permette di poter imparare e allo stesso tempo giocare con gli studenti, la possibilità di poter sperimentare sempre nel rispetto delle persone, delle ideologie, del credo e di tutto quello che è l’identità della persona.

LB/ Quali sono i progetti a cui hai lavorato che ricordi con entusiasmo e a cui tieni particolarmente?

AM/ Certamente tutto il lavoro dedicato all’artigianato è stata un’esperienza intensa. Le prime esperienze con il Cristallo di Colle Val D’Elsa, ma anche il lavoro svolto per Artex Centro per l’Artigianato Artistico e Tradizionale della Toscana, e altro. Ma, a memoria di tutto questo, vorrei ricordare il lavoro per MIDA 2022, progetto sviluppato con l’azienda Savio Firmino. Un ritornare alle origini. Straordinario. Con il progetto INCLUSA fermo posta di comunità Nato nell’ambito della kermesse “Made in MIDA - L’artigianato che sarà” in occasione proprio della Mostra Internazionale dell’Artigianato di Firenze. Sei cassette della posta, identiche nella forma ma diverse per trama e disegno, che divengono metafora di una micro/ macro comunità condominiale. Ciascuna si “racconta” in maniera diversa e, a suo modo, ci “racconta” il proprietario, “abitante” di quella comunità.

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