LINEE GUIDA | SNPA 38/2022
la quale sono estinguibili anche le contravvenzioni punite la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda. Data la prevalenza, al momento attuale, dell’interpretazione che ritiene estinguibili ex parte sesta bis D.Lgs. 152/2006 solo le contravvenzioni punite con ammenda e quelle punite con pena alternativa, pare utile riportare le argomentazioni che depongono a favore della stessa e a sfavore dell’interpretazione minoritaria. In sintesi le argomentazioni sono le seguenti: •
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la mancata previsione nell’ambito del comma 2 dell’art. 318-quater di un qualsiasi criterio di ragguaglio pecuniario della pena dell’arresto esclude l’applicabilità della procedura estintiva alle contravvenzioni punite con arresto e alle contravvenzioni punite con la pena congiunta, considerato che un recupero per via interpretativa di detto criterio si porrebbe in netto contrasto con il principio di legalità; d’altra parte anche l’azzeramento della pena dell’arresto nelle contravvenzioni con pena congiunta si porrebbe in contrasto con il principio di legalità delle pene, in quanto la pena dell’arresto, prevista dal legislatore congiuntamente all’ammenda, sarebbe sempre disapplicata, in difetto tuttavia di una norma espressa che consenta tale operazione; applicare la disciplina estintiva alle contravvenzioni punite con pena congiunta e non a quelle punite con il solo arresto sarebbe contrario al principio di uguaglianza e ragionevolezza, perché la disciplina di favore sarebbe applicabile alle contravvenzioni più gravi (punite con pena congiunta) ed esclusa per le contravvenzioni meno gravi (punite con il solo arresto); da un punto di vista sistematico l’interpretazione prevalente, più restrittiva, trova conforto nella disciplina dell’oblazione
penale (art 162-bis del codice penale) e nella disciplina prevista dagli articoli 20 e seguenti del D.lgs. n.758/1994 in materia di sicurezza e igiene sul lavoro, anch’esse applicabili alle sole contravvenzioni punite con l’arresto e con la pena alternativa. 2.1.5 Criteri di ammissibilità della procedura con riferimento al danno o pericolo di danno Ai sensi dell’art. 318-bis, comma 1, del D.lgs. 152/2006 un altro dei presupposti per l’applicazione della procedura di estinzione dei reati è che non abbiano cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. La questione attiene ai fondamenti stessi della procedura di estinzione: la sua rilevanza risulta infatti dirimente rispetto all’attivazione della procedura. Purtroppo però rispetto alle previsioni testuali delle disposizioni di cui agli artt. 318-bis e seguenti, sin dalla loro entrata in vigore si sono rilevati dubbi e difficoltà in vista di una univoca e omogenea applicazione. In effetti, già nella prima edizione degli indirizzi per gli operatori del SNPA era stato evidenziato che trattandosi di aspetti centrali per l’intero svolgersi della procedura sarebbe stato auspicabile un intervento legislativo di precisazione e chiarimento. Occorre qui rilevare, preliminarmente, come in tema di rischio e pericolo i termini assumano accezioni diverse nell’ambito tecnico e in quello giuridico. Tali differenze se ignorate possono indurre in errore o rendere difficile la lettura del testo. In ambito tecnico si introduce una distinzione tra “rischio” e “pericolo”. Per pericolo si intende una proprietà o qualità intrinseca di un determinato agente avente il potenziale di causare danni, mentre il rischio è quel parametro che definisce la probabilità che una situazione di pericolo possa determinare effetti negativi, ed è generalmente quantificata attraverso la combinazione della frequenza degli accadimenti e dell’entità dei medesimi. In ambito tecnico il rischio è graduabile, il pericolo non lo è. Nel testo normativo il sostantivo rischio non è mai adoperato e la distinzione concettuale tra rischio e 19