Architettura, individuo e collettività

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Anni Accademici 2018 | 2021

CELLULA / ORGANISMO

INDIVIDUO / COLLETTIVITÀ

PORTFOLIO DI TESI Sofia Manieri


In copertina fronte e retro: Tavola del corso di Disegno dell’Architettura intitolata: Scavare-Connettere. Rappresentazione di un villaggio cinese della comunità ... attraverso i principi compositivi ispirati dalla lettura di Franco Purini, Una lezione sul disegno. Le cellule abitative del villaggio sono ipogee, inserite nell’oscurità. Le attività collettive avvengono invece nella luce, nei pozzi rettangolari che hanno la duplice funzione di illuminare le abitazioni e di collegarle.

Università degli Studi Roma Tre Dipartimento di Architettura Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura Sofia Manieri Matricola: 539194 Anno Accademico 2020-2021 Relatore Prof. Arch. Marco Burrascano


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Premessa

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Introduzione

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La cellula: libertà individuale

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L’organismo: organizzazione collettiva

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Abitare

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Meditare

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Ospitare

Idioritmie

La Certosa di Ema e le Immeuble-Villas

La Certosa di Ema e le Immeuble-Villas

Unitè d’Habitation du grandeur conforme, Le Corbusier, Marsiglia, 1952 01 - Casa per sei scrittori, 2019

Couvent Sainte-Marie de La Tourette, Le Corbusier, 1959 02 - Community Hall, 2019 03 - Biblioteca in Market Street, 2020

Citè de Refuge, Le Corbusier, 1933 04 - Coworking nell’Ex Mira Lanza, 2021



Prefazione

Nel tentativo di ripercorrere il percorso formativo degli ultimi tre anni, propongo qui una riflessione sull’importanza della figura dell’architetto come professionista in grado di interpretare le suggestioni offerte dal mondo circostante e di concretizzarle in spazi fisici. In particolare, sulla sua capacità di formulare un problema e di attribuirgli una soluzione specifica, che è lo spazio costruito e poi abitato. Le conseguenze del suo operare si manifestano nei modi di vivere che ogni individuo sviluppa e fa propri, sia con sé stesso sia con l’altro. È proprio qui che giace il senso dell’immaginare e del realizzare uno spazio costruito: garantire la massima espressione dell’individuo ma anche l’armonia e la fecondità dei rapporti interpersonali, che dipendono necessariamente dai luoghi in cui questi si verificano. In questo senso, figura esemplare è

quella di Le Corbusier, il quale dedica parte della sua ricerca alla comprensione e alla risoluzione del conflitto tra individualità e collettività. Per questa ragione, parte della sua opera è qui oggetto di analisi e, nella sua rilettura, è interessante soffermarsi non solo sulla soluzione al problema che egli propone – ossia il prodotto architettonico – ma anche sulla formulazione stessa del problema e sul processo che ne è alla base. L’incontro con la Certosa di Ema e con l’ordine dei certosini, che il giovane architetto visita nel 1907 e nel 1910, ha dato un contributo non poco rilevante a questo processo risolutivo e permette, qui, una migliore comprensione del risultato. Nondimeno, l’ordine dei certosini e il loro modo di vivere insieme offrono già di per sé spunti interessanti al discorso più generale del vivere collettivo.

“In questa prima impressione di armonia, nella Certosa di Ema, il fatto essenziale, profondo mi è apparso solo più tardi: la presenza, l’istanza dell’equazione da risolvere affidata alla perspicacia di uomini: il binomio individuo-collettività.”1

1. TALAMONA, Marida. L’Italia di Le Corbusier, Fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, p. 63. Milano, Mondadori Electa, 2012. Riporta una citazione di Le Corbusier dal libro di PETIT, Jean. Le Corbusier lui-même, cit. p. 44.

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Into great silence

GRÖNING Philip, Into great silence, Zeitgeist Films, 2017; fotografia tratta dal film


Introduzione Idioritmie

La definizione di un territorio – inteso come lo spazio proprio di un individuo, ove questo è in grado di proteggersi dagli intrusi e di governare sulle sue proprietà – ha un’importanza legata non solo alla sicurezza di chi lo occupa, ma anche alla capacità stessa dell’occupante di definirne i margini e i limiti legati alla presenza di un altro individuo.2 Tale capacità è l’essenza più profonda del vivere insieme e investe la sensibilità dell’individuo di rapportarsi con l’altro e di orientarsi nella complessa dialettica tra individualità e collettività, che si realizza nello spazio. Qui, l’individuo naviga per assecondare i propri ritmi e si scontra con quelli dell’altro, generando tensioni. Storicamente il conflitto è risolto con l’uso del potere e con l’imposizione di regole – intese come leggi – che annullano i ritmi individuali, appiattendo le eccezioni e le particolarità. Roland Barthes, invece, offre una interessante alternativa che è leggibile nei modi di vivere di alcune comunità monastiche, le quali incorporano il concetto di

idioritmia. L’idioritmia è l’incontro di più rhuthmos, ossia di ritmi e movimenti che sono idios, ossia unici, imperfetti, assimilabili al muoversi delle onde, che è mutevole e mai ripetibile. In questo incontro, ogni individuo coinvolto si impegna a preservare la forma del proprio rhuthmos e ad accettare quella dell’altro, senza la necessità di omologarsi e raggiungendo, così, la completa realizzazione di sé stesso.3 La regola si determina come punto di partenza per la risoluzione di questo conflitto; la soluzione al problema, tuttavia, è l’architettura. È nell’architettura che si riconcilia l’irreconciliabile, ossia la sfera privata e quella pubblica, il personale e l’impersonale, il particolare e il generale.4 Ciò è vero perché non tutti gli individui aderiscono deliberatamente ad una regola e tale condizione rende necessario il ruolo dell’architetto, che, con il suo progetto, comprende le idioritmie e le traduce in spazi vivibili.

2. BARTHES, Roland. How to live together, novelistic simulations of some everyday spaces, notes for a lecture course and seminar at the Collège de France (1976-1977), sezione Règle/Rule, 116-121. (New York, Columbia University Press, 2013) 3. BARTHES, Roland. How to live together, novelistic simulations of some everyday spaces, notes for a lecture course and seminar at the Collège de France (1976-1977), sezione Athos/Athos, 33-36. (New York, Columbia University Press, 2013) 4. SERENYI, Peter. Le Corbusier, Fourier, and the Monastery of Ema, The Art Bulletin, 49:4, 277-286. JSTOR, www.jstor.org/stable/3048487. (1967)

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La cella-tipo nella Certosa di Ema

Schizzi di Le Corbusier dal suo viaggio nel 1907 e 1911


La cellula: libertà individuale

La Certosa di Ema e le Immeuble-Villas

fettorio, camera, dormitorio, scriptorium, laboratorio, giardino e orto.6 È E questa è architettura e urbanistica. La quindi la risposta ad un modo preciso certosa di Ema era un luogo, e i locali era- di abitare. “Per risolvere gran parte dei problemi

umani, è necessario avere luoghi e locali.

no presenti, attrezzati secondo la migliore biologia architettonica.” 5

Con queste parole il giovane Le Corbusier definisce la qualità spaziale delle celle certosine, funzionali, secondo lui, ad assecondare i ritmi biologici, vitali e spirituali dei monaci ospitati. I monaci certosini, infatti, vivendo in totale silenzio e isolamento, ritirati ognuno nella meditazione e nello studio individuale ed eremitico, necessitano di uno spazio autonomo e autosufficiente, che è comparabile alle cellule degli organismi viventi. Questo carattere non è rintracciabile nei monasteri degli altri ordini cenobitici e l’idea stessa di cella assume una connotazione nuova, ben diversa da quella di stanza. Differentemente da quest’ultima, infatti, la cella non assolve a una sola funzione, ma accoglie la vita del monaco in tutti i suoi aspetti. Funge, infatti, da chiesa, chiostro, re-

Nei suoi schizzi, Le Corbusier non solo annota le funzioni che la cella ospita, ma indaga soprattutto la sequenza degli spazi, fondamentale al fine di garantire al monaco la totale solitudine e il contatto con Dio. Ciò che risalta maggiormente è l’allontanamento della stanza principale dal chiostro, per garantire il totale isolamento dai rumori esterni. Nell’allontanarsi, questo spazio si avvicina progressivamente al paesaggio esterno, proiettandosi verso il cielo e il panorama toscano. In ordine si dispongono: il loggiato del chiostro, fondamentale a segnare il passaggio dallo spazio pubblico a quello privato, l’agiamento (un piccolo vano di ingresso), un corridoio e due scale che conducono rispettivamente verso il giardino, in basso, e verso la cella del monaco, in alto, sviluppata su più livelli. Alla vista di questi luoghi, egli stesso

5. TALAMONA, Marida. L’Italia di Le Corbusier, Fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, p. 63. Milano, Mondadori Electa, 2012. Riporta una citazione di Le Corbusier dal libro di PETIT, Jean. Le Corbusier lui-même, cit. p. 44. 6. GUÉRARD Véronique, LE LOGEMENT COLLECTIF dans l’architecture de Le Corbusier de la chartreuse de Galluzzo à l’Immeubles-Villas, Cellule La question de l’isolement, p. 38-41. (2019)

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La cella-tipo nell’Immeuble-Villas

Le Corbusier and Pierre Jeanneret, Œuvre complète, volume 1, 1910-1929


afferma “S’appliquerait admirablement à garantire qualità di luce e aria. La vita des maisons ouvrières, les corps de logis collettiva si abbandona nell’ingresso ètant entièrement indépendants. Tranquil- all’alloggio attraverso un piccolo dilité épatante”7. Non a caso, è a que- simpegno. Adiacente a questo, sono ste qualità spaziali che Le Corbusier collocati i servizi, a costituire una zona ambisce quando progetta l’Immeu- cuscinetto che isola acusticamente e ble-Villas, un complesso di abitazioni visivamente lo spazio vitale della casa espressamente ispirato dalla Certosa dal corridoio comune esterno.8 Lo spadi Ema, ma mai realizzato. zio vitale è l’area privilegiata dell’abitazione, che ospita il soggiorno e la L’unità abitativa fondamentale del com- terrazza-giardino. Sormontati da una plesso – la cellula – è pensata per ga- doppia altezza, questi due ambienti rantire la massima dignità individuale aprono lo spazio angusto dell’ingresso e il giusto isolamento di chi lo occupa, e si proiettano verso il panorama e la senza sacrificare il contatto con il pae- città, proprio come le celle guardano il saggio e con la natura, determinanti a cielo e i colli toscani.

7. TALAMONA, Marida. L’Italia di Le Corbusier, Fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, p. 63. Milano, Mondadori Electa, 2012. Riporta una citazione di Le Corbusier dal libro di PETIT, Jean. Le Corbusier lui-même, cit. p. 43. 8. GUÉRARD Véronique, LE LOGEMENT COLLECTIF dans l’architecture de Le Corbusier de la chartreuse de Galluzzo à l’Immeubles-Villas, FILTRE L’architecture comme filtre entre l’homme et la nature, p. 41-45-. (2019)

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Organizzazione della Certosa di Ema Niccolò Acciaioli, 1341


L’organismo: organizzazione collettiva La Certosa di Ema e le Immeuble-Villas

“Un complesso organico è fatto di particelle infinitamente piccole, in sé perfette, che sono a loro volta un complesso, un sistema ridotto all’essenziale. La cellula condiziona il complesso; la cellula deve essere un sistema puro. L’intero complesso vive per la cellula. La cellula assume la sua efficacia per il fatto che rientra nel complesso.” 9

Per Le Corbusier, la perfetta organizzazione dello spazio individuale è funzionale al miglioramento della vita collettiva. Per questo, il raggiungimento del suo ideale di società passa per il perfezionamento della cellula, ma si conclude necessariamente con la partecipazione corale delle cellule al funzionamento dell’organismo. Il fine ultimo di questo assemblaggio è quello di raggiungere la libertà dell’individuo grazie all’ordine e all’organizzazione. Nell’Immeuble-Villas questa visione di società si manifesta chiaramente ed è frutto della maturazione di numerose suggestioni provenienti dalla Certosa di Ema, dal Narkomfin di Ginsburg e dal Falansterio di Fourier. Si tratta innanzitutto di architetture che non par-

lano solo di organizzazione degli spazi, ma di programmi definiti di modi di vivere, che esprimo un’idea ben precisa di società collettiva. Nell’esempio delle certose, infatti, nonostante i monaci professino una vita in solitudine, essi dispongono di addetti laici che si occupano del loro sostentamento, senza i quali la vita eremitica non sarebbe possibile. La preparazione del cibo e la lavanderia, per citarne alcuni, sono i lavori affidati agli addetti. Questa condizione offre l’occasione per creare una nuova classe lavorativa che permetta all’organismo di funzionare. Altrettanto importante è il contributo del Narkomfin di Ginsburg, il quale riesce a relegare parte delle funzioni domestiche alla vita collettiva, piuttosto che confinarle in quella individuale. Questo avviene in un’ottica di risparmio ed efficienza, ma anche in senso ideale di rivoluzione, dove l’architettura si fa portatrice delle nuove trasformazioni. La delocalizzazione di servizi come il ristoro al di fuori della cella permette di meccanizzare il processo di produzio-

9. LE CORBUSIER. Urbanistica. Paris, Fondation Le Corbusier, 1925. Edizione italiana tradotta da Beltrami Raini Annamaria. (Milano, il Saggiatore, 2017)

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Organizzazione dell’Immeuble-Villas

Le Corbusier and Pierre Jeanneret, Œuvre complète, volume 1, 1910-1929


ne e consumo del cibo e rappresentano il punto di partenza per l’abolizione del modello tradizionale di casa e famiglia, appartenente ad una società borghese fossilizzata sullo sfruttamento della figura femminile. L’intento di Moisei Ginsburg e dei costruttivisti russi è quello di scomporre il nucleo familiare ricomponendo, al suo posto, una società fatta di individui autonomi. Con questo pretesto, la donna viene liberata dalla sua schiavitù secolare che la intrappola nell’ambiente della casa relegandola ai lavori domestici, finalmente affidati ad un organismo centrale, condiviso e meccanizzato.11 In ultima istanza, il Falansterio di Fourier ha un’importanza fondamentale sul piano ideale. Si basa sulla convinzione che, per raggiungere una condizione di collettività che sia produttiva per la società, ogni individuo debba maturare in un ambiente di per sé collettivo. Nell’immaginario di Fourier, oltre ad ospitare 1.800 abitanti di diversa estrazione sociale, il Falansterio doveva disporre di laboratori e di aree comuni per giocare e per mangiare, ma soprattutto di un sistema centralizzato di acqua corrente, riscaldamento e luce per rendere la vita qualitativamente accettabile.12

appartamenti, aggregati secondo un’idea concreta di con-dominio, che significa condividere, possedere e usufruire insieme. Ogni cella può servirsi di spazi aperti verso la comunità e verso l’esterno, collocati nel grande cortile centrale e sul tetto dell’edificio. Il cortile, per composizione e per funzione, è un esplicito richiamo al chiostro della Certosa di Ema. Alla base di questa interpretazione giace l’idea che, se nella Certosa il chiostro ha un ruolo centrale per la meditazione – poiché è uno spazio silenzioso di transito fondamentale alla vita spirituale del monaco – nell’Immeuble-Villas il cortile è destinato al tempo libero, all’attività fisica e al gioco in comunità, essenziali per una vita fisicamente e socialmente sana e a contatto con gli elementi naturali.13 Poiché ogni cellula deve garantire le “gioie essenziali”, ossia il sole, l’aria e la natura, ogni appartamento è privo di cucina, in modo da mantenere la salubrità e l’igiene degli ambienti. Le cucine vengono centralizzate in uno spazio comune a servizio degli abitanti, che funziona come un vero e proprio hotel. Allo stesso modo è possibile parlare dei servizi di lavanderia o anche di intrattenimento ed educazione per i bambini, di solaria, di sale di ricevimento per feste. Tutto concorre La commistione di questi spunti si a un funzionamento meccanizzato ed realizza in un grande complesso di efficiente.

11. MOOS, Stanislaus von, and Jan de Heer. Le Corbusier, elements of a synthesis. Variations on a Utopian Theme, Salvation Army: Cité du Refuge, p. 143-186. (Rotterdam: 010 Publishers, 2009) 12. SERENYI, Peter. Le Corbusier, Fourier, and the Monastery of Ema, The Art Bulletin, 49:4, 277-286. JSTOR, www.jstor.org/stable/3048487. (1967) 13. GUÉRARD Véronique, LE LOGEMENT COLLECTIF dans l’architecture de Le Corbusier de la chartreuse de Galluzzo à l’Immeubles-Villas, COUR, p. 34-37. (2019)

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Le Corbusier sul cantiere della cellula abitativa Fotografia di HUGES Bigo e CEMAL Emden


Abitare

Unitè d’Habitation du grandeur conforme, Le Corbusier, Marsiglia, 1952

Se da un lato l’Unitè d’Habitation ridimensiona lo slancio utopico manifestato nell’Immeuble-Villas, per il semplice fatto che sia stata realizzata, dall’altro è proprio la sua realizzazione a rendere il progetto ancora più interessante. Il binomio individuo-collettività prende forma in un blocco in calcestruzzo armato galleggiante su pilotis che ospita al suo interno 337 appartamenti, ai quali offre servizi essenziali come palestra e asilo, ma anche servizi secondari come negozi, supermercati o uffici postali.

la vita collettiva estensione di quella individuale. In questa sua riforma del modo di abitare lo spazio pubblico, Le Corbusier non dimentica l’importanza del momento individuale. Nell’abbandonare la rue intérieure, buia e ostile, la porta di ogni alloggio si apre su uno spazio luminoso e accogliente che invita l’abitante a ritirarsi in una solitudine quasi spirituale, nella quale l’occupante può dedicarsi al suo spazio personale in compagnia solamente del paesaggio circostante. Ogni cellula si estende lungo l’intera sezione trasversale e può godere della vista verso La vita degli abitanti si trasforma qui Est, sui monti, e verso Ovest, sul mare. in una quotidiana promenade architecturale dallo spazio privato a quello Individuate le necessità fondamenpubblico. Cellula e organismo sono tali dell’abitare, ossia la calma indiindissolubilmente legati e l’abitazione viduale, il sole, l’aria e il paesaggio, stessa diventa un logement prolongé, Le Corbusier sviluppa un modello di poiché vive necessariamente di ciò casa e delle regole per riprodurlo in che l’edificio-città può offrirle.14 L’indi- serie. L’appartamento è assimilato a viduo non è mai costretto tra le pareti una bouteille parfaite che è possibile della casa poiché ha la possibilità di riprodurre e infine inserire in un portadelocalizzare alcune sue attività nel bottiglie.15 L’edificio è quindi un mobile, resto dell’edificio, potendo quindi abi- la cui griglia in calcestruzzo armato di tare l’intera architettura e rendendo modulo 4,19 m permette di alloggia-

14. SBRIGLIO, Jacques. Le Corbusier L’Unité d’Habitation de Marseille, nella collezione Monographies d’architecture. Services communs et prolongements du logis, p. 96-99. (Marsiglia, Editions Parenthèses, 2013) 15. SBRIGLIO, Jacques. Le Corbusier L’Unité d’Habitation de Marseille, nella collezione Monographies d’architecture. La Cellule: Contenant/Contenu, p. 71-73. (Marsiglia, Editions Parenthèses, 2013)

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re al suo interno l’oggetto-casa. Sulla struttura primaria, infatti, si poggia una sottostruttura secondaria in acciaio e in legno che sorregge i solai delle singole cellule. Tale struttura poggia su blocchi in piombo che rompono il propagarsi delle vibrazioni acustiche, così che ogni cellula sia tecnologica-

mente e acusticamente indipendente dall’altra e permetta di raggiungere il completo isolamento.16 L’organismo accoglie in maniera seriale un oggetto che, attraverso la tecnologia e la costruzione, mantiene la sua unicità e indipendenza. L’idea di società si realizza, qui, attraverso l’architettura.

16. MILLAIS, Malcom. A critical appraisal of the design, construction and influence of the Unité d’Habitation, Marseilles, France, in Journal of Architecture and Urbanism, Volume 39(2): 103–115. (2015) Sezione, pianta e alzato da SBRIGLIO, Jacques. Le Corbusier L’Unité d’Habitation de Marseille, nella collezione Monographies d’architecture. La Cellule: Contenant/Contenu, p. 71-73. (Marsiglia, Editions Parenthèses, 2013) e da LE CORBUSIER. OEuvre complete Volume 6: 1952-1956. L’Unitè d’Habitation de Marseille (Basel, Birkhauser, 2006)

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01 Casa per sei scrittori

Laboratorio di Progettazione Architettonica 1

In questa piccola abitazione a Chia, nel viterbese, sei scrittori si trovano a condividere temporaneamente lo spazio abitato per dedicarsi allo studio e alla scrittura. L’edificio risulta molto introspettivo se osservato dall’esterno, per via della sua geometria compatta che si apre solo episodicamente verso il paesaggio. Dall’interno, però, è attraversato da una spaccatura longitudinale che richiama il carattere delle forre locali e che offre l’opportunità di aprire lo spazio rendendolo fluido e continuo. In questo modo, il piano terra è dedicato

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ai momenti collettivi che si intrecciano senza necessariamente categorizzarsi in funzioni precise; il piano superiore è, invece, riservato allo studio, alla concentrazione individuale e allo sguardo verso l’esterno. Sei celle disposte longitudinalmente sono posizionate di fronte alla biblioteca, alla quale è possibile accedere attraverso tre balaustre. Ogni scrittore vede la propria cellula prolungarsi nella sua postazione dedicata ed è incoraggiato a scandire la sua quotidianità in un continuo muoversi dallo spazio individuale a quello collettivo.

2018-2019 Primo anno, secondo semestre Luogo: Chia, VT Docente: Prof. Arch. Marco Burrascano Studentesse: Sofia Manieri, Sofia Moscoloni

A sinistra: Sezione prospettica A-A’ A destra: Planivolumetria



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A sinistra: Prospetto ovest Sezione B-B’ Pianta del primo piano A destra: Fotografie del modello finale

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Individuale e collettivo, le logge e il refettorio Fotografia di Sofia Manieri


Meditare

Couvent Sainte-Marie de La Tourette, Le Corbusier, Eveux-sur-Arbresle, 1960

Giungendo nei pressi del Convento di La Tourette, l’edificio appare imponente e severo, quasi ostile alla presenza umana. Questa prima impressione viene smentita quando ci si appresta verso l’ingresso: l’entrata all’edificio viene preceduta da un piccolo portale che accoglie il visitatore entro delle dimensioni di 2,26x2,26 metri, le dimensioni della scala umana. L’intero progetto ruota attorno a una meticolosa attenzione alla presenza umana nella sua forma individuale, collettiva e spirituale.17 I ritmi e le necessità degli occupanti sono positi al centro del progetto che si rivela essere una macchina estremamente funzionale nella quale le pluralità delle azioni si svolgono in totale armonia. Il volume si sviluppa su quattro lati, tre dei quali, rivolti a Est, Sud e Ovest, ospitano le celle dei monaci, collocate nei piani superiori, e le sale collettive, che vengono collocate nei piani inferiori. Il quarto lato risulta indipendente dal resto del complesso per funzione e conformazione e ospita la chiesa e la cripta. Visitando l’edifcio dall’interno

questo appare ancora estremamente austero e poco accogliente. In realtà, Le Corbusier decide di sacrificare alcuni caratteri, che renderebbero l’ambiente più confortevole, a fronte di un’essenzialità che ruota attorno a due soli parametri: la proporzione, e dunque le misure dell’individuo, e la luce, e dunque le sue attività. In questo senso l’architetto si serve di due strumenti fondamentali: il Modulor e i cinque punti dell’architettura.18 L’intero edificio è progettato seguendo le proporzioni che Le Corbusier indaga nel suo Modulor, ma risultano particolarmente evidenti nelle dimensioni della cella, ritagliata interamente sulle esigenze umane tradotte, qui, in termini geometrici e spaziali di 5,92x1,83x2,26 metri. Il passaggio dalla dimensione individuale a quella collettiva viene mediato dalla pianta libera che permette la flessibilità delle distribuzioni. Negli spazi della collettività, che risentono fortemente dei ritmi quotidiani dei monaci, la luce diventa, attraverso la facciata libera, materiale di arredo dello spazio architettonico,

17. FERRO, Sergio, KEBBAL, Chérif, POTIÉ, Philippe, SIMONNET, Cyrille. Le Corbusier Le Couvent de la Tourette, nella collezione Monographies d’Architecture. (Marsiglia, Éditions Parenthèses, 1987) 18. DENTI, Giovanni. Le Corbusier Il Convento di La Tourette, nella collezione Momenti di Architettura Moderna (Firenze, Alinea Editrice, 1988)

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che, con il suo mutare durante tutto l’arco della giornata, scandisce il susseguirsi delle attività. Nel refettorio, spazio simbolo della collettività e convivialità della vita dei monaci, questo carattere della luce diventa fondamentale. Al mattino, la facciata rivolta verso est e verso il chiostro permette l’ingresso della luce fredda delle prime ore del giorno. Nel pomeriggio, quando il sole si sposta verso ovest, la facciata principale, occupata da frangisole ritmati da un passo musi-

cale, proietta un’ombra sul pavimento che replica l’andamento della facciata. Infine, al tramonto, nel momento della cena, una luce calda illumina la sala di rosso.19 Individualità e collettività, per i monaci, trovano compimento nella meditazione e, dunque, nello spazio della chiesa. È un luogo del tutto eccezionale dove proporzioni e luce in tutte le forme e in tutti i colori si fanno protagoniste di un ambiente scenografico e suggestivo.

19. DE SOETEN, Hans, EDELKOORT, Thijs. La Tourette+Le Corbusier. The Architecture of the Monastery and the Architect’s Attitude. Delft, Delft University Press, 1985. Assonometria, sezione e pianta. da FERRO, Sergio, KEBBAL, Chérif, POITIÉ, Philippe, SIMONNET, Cyrille. Le Corbusier Le Couvent de la Tourette, in Monographies d’Architecture. (Mrseille, Éditions Parenthèses, 1987)

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02 Community Hall

Laboratorio di Progettazione Architettonica Erasmus

Il tema dello spazio pubblico, del senso di comunità e di appartenenza è particolarmente rilevante in un contesto come quello scozzese, in cui la struttura della città risente fortemente del clima freddo e piovoso che persiste durante tutto l’anno. L’idea di piazza mediterranea è pressochè utopica in questi climi e dunque, affinchè l’organismo-città possa funzionare, le cellule abitative, estremamente introspettive, devono trovare un elemento di complementarità in luoghi che ospitino funzioni specifiche come club, biblio-

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teche o centri sportivi, così che l’individuo possa sentirsi parte di una comunità e non cada nel totale isolamento. In questo progetto, che si stabilisce nel sito dell’antica Cattedrale di St. Andrews, un edificio parzialmente ipogeo si sviluppa attorno a una vecchia rovina, tentando di integrarsi con la storia e le suggestioni del luogo. Al suo interno è ospitata una sala cinematografica che può essere sfruttata sia all’interno sia, nei periodi estivi, all’esterno, per la proiezione di film e per le attività di produzione creativa.

2019-2020 Secondo anno, primo semestre

Luogo: St. Andrews, Scozia Docente: Prof. Arch. Andrew Campbell, Prof. Arch. Michael Angus Studentessa: Sofia Manieri

A sinistra: Sezione prospettica dello spazio principale C-C’ A destra: Fotografia del plastico finale



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A sinistra: Pianta del piano terra Prospetto nord Sezione prospettica B-B’ A destra: Vista dell’ingresso nord Vista del foyer


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A sinistra: Esploso assonometrico A destra: Fotografia del plastico dall’ingresso Plastico Strutturale


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03 Biblioteca su Market Street

Laboratorio di Progettazione Architettonica Erasmus

In continuità con il progetto della community hall, la biblioteca si trova a dover coinciliare, in maniera più esplicita, le necessità collettive e quelle individuali in un’attività come lo studio. L’incontro tra queste due dimensioni della vita degli abitanti di St. Andrews viene risolto attraverso la continua reinterpretazione del tema della corte. Il courtyard, tipico di questi luoghi è uno spazio pubblico che non si apre direttamente sulla strada, ma si nasconde dietro a possenti pareti in pietra e assume una valenza fortemente privata.

Questo progetto si articola, quindi, attorno a tre corti, due esterne e una interna, che costituiscono un filtro tra la città e l’edificio, ma anche tra le aree più pubbliche e private dell’edficio stesso. Le tre corti sono ottenute dalla giustapposizione di un corpo a forma di L attorno a un blocco compatto, galleggiante su una struttura in acciaio. L’edificio a L, proiettato verso la città, ospita l’aula della biblioteca pubblica e costituisce una barriera acustica per gli spazi dello studio individuale e per l’archivio, collocati nel blocco interno.

2019-2020 Secondo anno, semestre

secondo

Luogo: St. Andrews, Scozia Docente: Prof. Arch. Andrew Campbell, Prof. Arch. Jamie Sneeden Studentessa: Sofia Manieri

A sinistra: Sezione prospettica dello spazio principale A-A’ A destra: Planivolumetria



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A sinistra: Prospetto est Pianta del piano terra Sezione B-B’ A destra: Vista della corte interna di ingresso


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A sinistra: Pianta del primo piano Pianta del secondo piano Sezione C-C’ A destra: Assonometria della cella di studio privato Vista dell’affaccio delle celle sulla galleria


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La nave

Fotografia di Sofia Manieri


Ospitare

Citè de Refuge, Le Corbusier, Parigi, 1933

La Cité de Refuge è un progetto commissionato a Le Corbusier dall’Esercito della Salvezza per la realizzazione di un ostello per i poveri e per i senzatetto con lo scopo di reintegrarli nella società. La forte natura morale di questa commissione offre all’architetto l’opportunità di caricare l’architettura di significati e di simboli; egli stesso si impersona in un benefattore della società che può portare in salvo i più deboli su quella che lui immagina essere un’Arca di Noè. 20 Gli ospiti dell’arca sono singoli individui che vivono solo transitoriamente nella comunità dell’Esercito della Salvezza, con l’auspicio che un ambiente fisico più salubre possa migliorare la loro condizione sociale e permetta loro di riappropriarsi di una vita più dignitosa attraverso il lavoro e la contemplazione all’interno di un ambiente collettivo. A partire da questi presupposti, la forma che secondo Le Corbusier risulta più ovvia alla realizzazione dell’opera è quella della nave. La nave incorpora in sé un modello, ossia un modo di vivere, che l’architetto ritiene ottima-

le per la vita collettiva e che risulta compatibile con quello, esemplare, già indagato nei monasteri certosini. La permanenza sulla nave è temporanea, di transito da una costa a un’altra, come un monaco lo è tra la Terra e il Paradiso. 21 La sua organizzazione ottimizza movimenti, funzioni e spazi, misurati al minimo possibile secondo una logica di economia e di taylorizzazione, che permetta di raggiungere la libertà attraverso l’ordine. Infine, è l’emblema di una condizione di condivisione di un bene o di un male comune, di un viaggio tra la solitudine – la cabina, la contemplazione, il lavoro – e la collettività – gli spazi comuni. Nella Cité, la cella individuale viene parzialmente abolita e la condizione di malessere comune viene risolta da una grande macchina collettiva che affianca ai dormitori per uomini, donne e donne-madri, servizi come mense, asili e sale ricreative, ma che soprattutto collettivizza i beni essenziali di aria e di luce attraverso la tecnologia: la facciata continua e il sistema di ventilazione - “l’aria esatta”22.

20. MOOS, Stanislaus von, and Jan de Heer. Le Corbusier, elements of a synthesis. Variations on a Utopian Theme, Salvation Army: Cité du Refuge, p. 143-186. (Rotterdam: 010 Publishers, 2009) 21. SERENYI, Peter. Le Corbusier, Fourier, and the Monastery of Ema, The Art Bulletin, 49:4, 277286. JSTOR, www.jstor.org/stable/3048487. (1967) 22. LE CORBUSIER. OEuvre complete Volume 2: 1929-1934. La Cité de Refuge, p. 97-109. (Basel, Birkhauser, 2006)

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Sezione e piante. da LE CORBUSIER. OEuvre complete Volume 2: 1929-1934. La Cité de Refuge, p. 97-109. (Basel, Birkhauser, 2006) Assonometria di LAPPRAND, H. Fonte: https://twitter.com/LC_LeCorbusier/status/954397832538214 402/photo/2

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04 Coworking nell’Ex Mira Lanza Laboratorio di Progettazione 3

Questo incubatore coworking progettato in un vecchio fabbricato dell’Ex-Mira Lanza prevede di ospitare professionisti specializzati in campi differenti in un unico edificio per il lavoro. La tipologia del progetto si colloca in una via di mezzo tra la casa e l’ufficio e risponde alla necessità di creare un senso di comunità e di appartenenza a figure professionali lontane tra di loro. Si tenta quindi di rompere l’idea tradizionale di ufficio attraverso uno spazio fluido e poco convenzionale, in cui lo studio dell’arredo diventa fondamenta-

le affinché possano essere instaurate relazioni costruttive. Le aree di lavoro vengono ripartite in cinque piccoli moduli in cui lo spazio si restringe, creando una condizione di prossimità funzionale alla collaborazione. Tali spazi si dispongono attorno a un volume centrale luminoso, dal quale prendono la luce. É nella tensione tra questo spazio centrale e le piccole cellule ramificate che si definiscono situazioni formali e informali diversificate, che assicurano il funzionamento corretto dell’organismo.

2020-2021 Terzo anno, secondo semestre Luogo: Quartiere Ostiense-Marconi, Roma Docente: Prof. Arch. M. Furnari, Prof. Arch. C. Tonelli, Prof. Arch. Finucci; assistente F. Marchetti Studentesse: Sofia Manieri, Lavinia Marenda, Sofia Moscoloni

A sinistra: Sezione prospettica dello spazio principale A-A’ A destra: Assonometria del contesto



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Laboratorio di Progettazione 3C A.A. 2020/2021 Prof. M. Furnari, Prof. F. Finucci, Prof.ssa C.Tonelli Stud. S. Manieri, L. Marenda, S. Moscoloni

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Tavola 2

ARREDO MODULARE

A sinistra: Pianta piano terra Assonometria dell’arredo nell’area eventi A destra: Vista dell’ingresso


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A sinistra: Pianta primo piano Pianta secondo piano A destra: Vista dell’area coworking Arredi


Laboratorio di Progettazione 3C A.A. 2020/2021 Prof. M. Furnari, Prof. F. Finucci, Prof.ssa C.Tonelli Stud. S. Manieri, L. Marenda, S. Moscoloni

Tavola 28

ARREDO tipo coworking

Postazione 1

Postazione 2

Postazione 3

Seduta lavoro singolo

Seduta lavoro collettivo

Sala riunioni informali da 8pp

Postazione 4 Tavolo da lavoro in piedi

Postazione 5 Sala riunioni informali 4pp

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Bibliografia e sitografia

BARTHES, Roland. How to live together, novelistic simulations of some everyday spaces, notes for a lecture course and seminar at the Collège de France (1976-1977). New York, Columbia University Press, 2013. BERGO, Cristina, FIORDIMELA, Cristina, INVERNIZZI, Ermes. Tredici complessi monastici. 1953-2013. Firenze, Edifir Edizioni, 2015. BRUCE TAYLOR, Bryan. La Cité de Refuge di Le Corbusier, 1929/33. Edizione italiana tradotta da Teresa Fiori, Roma, Officina Edizioni, 1979. DENTI, Giovanni. Le Corbusier Il Convento di La Tourette, nella collezione Momenti di Architettura Moderna. Firenze, Alinea Editrice, 1988. DE SOETEN, Hans, EDELKOORT, Thijs. La Tourette+Le Corbusier. The Architecture of the Monastery and the Architect’s Attitude. Delft, Delft University Press, 1985. GUÉRARD Véronique. Le logement collectifs dans l’architecture de Le Corbusier de la chartreuse de Galluzzo à l’Immeubles-Villas. DOCPLAYER, https://docplayer.fr/66727402Le-logement-collectif-dans-l-architecture-de-lecorbusier-de-la-chartreuse-de-galluzzo-a-l-immeubles-villas.html#show_full_text. 2019. FERRO, Sergio, KEBBAL, Chérif, POTIÉ, Philippe, SIMONNET, Cyrille. Le Corbusier Le Couvent de la Tourette, nella collezione Monographies d’Architecture. Marsiglia, Éditions Parenthèses, 1987. LE CORBUSIER. OEuvre complete Volume 2: 1929-1934 e Volume 6: 1952-1956. Basel, Birkhauser, 2006.

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LE CORBUSIER. Urbanistica. Paris, Fondation Le Corbusier, 1925. Edizione italiana tradotta da Beltrami Raini Annamaria. Milano, il Saggiatore, 2017. LE CORBUSIER. Verso una architettura, XV edizione. Miano, I Marmi, Longanesi, 2018. MILLAIS, Malcom. A critical appraisal of the design, construction and influence of the Unité d’Habitation, Marseilles, France, in Journal of Architecture and Urbanism, Volume 39(2): 103–115. 2015. RESEARCHGATE, www.researchgate.net/ publication/281266087_ A _critical_appraisal_ of_the_design_construction_and_influence_ of_the_Unite_d’Habitation_Marseilles_France/ fulltext/5baa772e299bf13e604c8304/A-critical-appraisal-of-the-design-construction-and-influence-of-the-Unite-dHabitation-Marseilles-France. pdf. MOOS, Stanislaus von, and Jan de Heer. Le Corbusier, elements of a synthesis. Rotterdam: 010 Publishers, 2009. SBRIGLIO, Jacques. Le Corbusier L’Unité d’Habitation de Marseille, nella collezione Monographies d’architecture. Marsiglia, Editions Parenthèses, 2013. SERENYI, Peter. Le Corbusier, Fourier, and the Monastery of Ema, The Art Bulletin, 49:4, 277-286. 1967. JSTOR, www.jstor.org/stable/3048487. TALAMONA, Marida. L’Italia di Le Corbusier, Fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Milano, Mondadori Electa, 2012. MOOS, Stanislaus von, and Jan de Heer. Le Corbusier, elements of a synthesis. Rotterdam: 010 Publishers, 2009.


Immagini

“Into great silence” GRONING, Philip. Into great silence. Zeitgeist Films, 2017. “La cella-tipo nella Certosa di Ema” LE CORBUSIER, OEuvre complete Volume 1: 1910-1929. Basel, Birkhauser, 2006. “La cella-tipo nell’Immeuble-Villas” Fondation Le Corbusier, Immeuble-villas. http://www.fondationlecorbusier.fr/corbuweb/ m o r p h e u s . a s p x ? s y s I d =1 3 & I r i s O b j e c t I d=5879&sysLanguage=en-en&itemPos =7 7& ite m S or t= en - en _ sor t _ string1%2 0 &itemCount=215&sysParentName=&sysParentId=65. “Organizzazione dell’Immeuble-Villas” Fondation Le Corbusier, Immeuble-villas. http://www.fondationlecorbusier.fr/corbuweb/ m o r p h e u s . a s p x ? s y s I d =1 3 & I r i s O b j e c t I d=5879&sysLanguage=en-en&itemPos =7 7& ite m S or t= en - en _ sor t _ string1%2 0 &itemCount=215&sysParentName=&sysParentId=65.

“Individuale e collettivo, le logge e il refettorio” MANIERI Sofia Disegni di progetto del Couvent di Sainte-Marie de La Tourette FERRO, Sergio, KEBBAL, Chérif, POTIÉ, Philippe, SIMONNET, Cyrille. Le Corbusier Le Couvent de la Tourette, nella collezione Monographies d’Architecture. Marsiglia, Éditions Parenthèses, 1987. “La nave” MANIERI Sofia Disegni di progetto della Cité de Refuge da LE CORBUSIER. OEuvre complete Volume 2: 19291934. Basel, Birkhauser, 2006 e LAPPRAND, H. via https://twitter.com/LC_LeCorbusier/status/954397832538214402/photo/2

“Le Corbusier sul cantiere della cellula abitativa” HUGES Bigo, CEMAL Emden in SBRIGLIO, Jacques. Le Corbusier L’Unité d’Habitation de Marseille, nella collezione Monographies d’architecture. Marsiglia, Editions Parenthèses, 2013 e in LE CORBUSIER. OEuvre complete Volume 6: 1952-1956. Basel, Birkhauser, 2006. Disegni di progetto dell’Unitè d’Habitation SBRIGLIO, Jacques. Le Corbusier L’Unité d’Habitation de Marseille, nella collezione Monographies d’architecture. Marsiglia, Editions Parenthèses, 2013.

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Ringraziamenti

Alla conclusione di questo breve percorso ritengo di dover ringraziare molte persone: i miei compagni di università per avermi sopportata in questi tre anni, la mia famiglia, la mia Ciurma e i miei amici per aver accettato la mia assenza a causa dell’impegno dedicato all’università. Tuttavia, credo di dover dedicare un ringraziamento speciale al Professor Marco Sprecacenere, senza il quale non avrei forse nemmeno scelto di intraprendere questa facoltà. In un ambiente tanto convenzionale come il mio vecchio liceo, incontrare un professore così dedito al suo ruolo di insegnante in modo così anticonvenzionale mi ha incoraggiata ad avventurarmi in un percorso fuori da quella che pensavo fosse la mia portata, scoprendo invece la bellezza di questa materia. A lui va un sincero grazie.

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Università degli studi di Roma Tre

Corso di laurea in Scienze dell’Architettura


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