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Compagni di squadra ‘Ara che fa un po' la star’ Stefano Bettarello

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L'OPINIONE Compagni di squadra di Luca Tramontin

'Ara che fa un po' la star' Stefano Bettarello

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Ame avevano detto che era antipatico, a lui avevano detto che ero matto. Parlerò sempre bene del Veneto e del Rugby, figurarsi, ma – per dire come il machismo e il perbenismo siano il male onnipresente – le figure fetide infettavano e infettano anche due mondi eletti come il mio sport e la mia regione. Collego i punti e mi accorgo che (senza averci mai litigato) esistono due soli esseri umani rugbisti e veneti che non saluto, gli stessi che trent’anni fa avevano puntato contro (solo per complessi personali) me e Stefano Bettarello. Mi chiederò sempre come si faccia a NON andare d’accordo con Stefano. Premetto e ricordo che lui era ed è un’eccellenza dello sport italiano e io uno che giocava in Serie A con il vento a favore e perché quelli alti giocavano tutti a basket. Avevamo giocato contro parecchie volte, poi ci siamo rapidamente incrociati al Treviso, dove io ho sbagliato ad andare, ho sbagliato a lasciare e ho sbagliato a pensare di poter avere uno spazio. Ero stato preso «perché non si sa mai» e sono venuto via perché non si è mai capito cosa fossi andato a fare. In quei mesi quindi salutavo appena e andavo via subito. So che si fatica a immaginarmi così, ma nel bene e nel male dipendo molto dall’ambiente. Poi Stefano è arrivato a Casale, a coprire il ruolo di numero 10 che era stato di stranieri illustri. Aveva già passato i 35. Ha fatto meglio degli stranieri illustri, mi ha aiutato molto, e si è rivelato il contrario di quello che mi avevano detto i due insalutabili. A ripensarci, sembrava che ci tenessero a dirmi che Stefano era snob, perché non ricordo mi abbiano detto altre cose. Uno degli insalutabili credeva che io parlassi le lingue straniere per fregare lui. Mi

Stefano Bettarello (a dx) in una scena di SPORT CRIME: 55 presenze in nazionale, recordman di punti, è stato il primo italiano invitato dai prestigiosi Barbarians.

diceva: «Ara che ho capito, sono mica stupido». Vedi che tutto torna. Io – il capellone hippy che faceva tanti falli in touche - e Stefano – quello che faceva decine di punti anche e soprattutto contro Scavolini, Benetton, Rovigo e Petrarca - scherzavamo spaziando dall’idiozia paesana allo scambio di libri seri. Nelle lunghe trasferte io guardavo solo le cose antiche, Stefano mi insegnava a guardare anche gli hangar degli aerei e a vedere il bello nel cemento armato e nell’industria. Diceva che avevo un blocco e ci aveva preso. Quando attaccavamo a ridere con Giorgio Bottazzo ed Enrico Cancian si formavano dei capannelli di persone, una volta all’aereoporto una guardia ha dovuto chiedere ai passanti di circolare. Credo facessimo delle imitazioni tornando da Catania, ma potrei sbagliare. In campo mi “teneva fuori” dai raggruppamenti, diceva che avevo troppa urgenza di andare “dentro” a sgobbare anche quando non serviva, che dovevo mettermi al suo interno pronto a ricevere e portare il pallone, ma che se per caso non arrivava sarei stato solo più riposato per la touche seguente. Non più colpevole di aver respirato senza contribuire. «Ragiona, aspetta, guarda che se c’è un buco puoi correre anche tu, e se fai un passaggio non casca la terra». Rivisto tutto adesso vale doppio. Le stesse cose che mi diceva Gianluca Veneziano (stesso ruolo e personalità simile) a Milano dieci anni dopo. Le stesse che mi dicono a Hockey ghiaccio adesso. Botta di memoria: avevo 13 anni e la Sanson Rovigo era in visita alla centrale di Porto Tolle nella quale abbiamo girato l’episodio eponimo (uso la parola apposta, così il secondo insalutabile può grugnire che io e Stefano siamo inconcreti, mica come lui che lavora coi brassi) di SPORT CRIME. C’erano Stefano, Dirk Naudè, Narciso Zanella, Alberto Osti, Loredano Zuin, Nino Rossi… wow! 220.000 anni dopo Stefano è nella parte di se stesso nella nostra serie, ci sentiamo sempre, abbiamo fatto tante telecronache insieme, lo uso brutalmente per spiegare che il rugby è fatto anche di persone ironiche, sottili di testa e di sagoma, e che non bisogna mai abbassare la guardia anti perbe-macho.

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