Outdoor Magazine_The Responsible Issue

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DATI & STATISTICHE

L’impatto ambientale della supply chain

OUTDOOR RETAILER

CLIMATE COMMITMENT

Gli obiettivi verso la decarbonizzazione

CI SAR À UN BEL CLIMA Intervista all’attivista Clara Pogliani

Allegato redazionale di Outdoor Magazine n. 9anno 16settembre 2023
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Editore: MagNet Srl SB - Direttore responsabile: ANGELO FRIGERIO - Direttore editoriale: BENEDETTO SIRONI

Contributors: SUSANNA MARCHINI, PIETRO ASSERETO, FRANCESCA CASSI, SARA CANALI Art director: ROSANGELA BARNI

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Allegato redazionale di Outdoor Magazine n. 9 – anno 16 – settembre 2023

Registrazione al Trib. di Milano n.186 del 20 marzo 2007. Iscrizione al ROC n. 16155 del 23 novembre 2007

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dati: Benedetto Sironi

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Responsabile
Chiuso in redazione il
settembre
2023
& STATISTICHE L’impatto ambientale della supply chain 6-7 Case study: il progetto Impacto di AKU 7 BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ Il primo report di MagNet 8 OUTDOOR RETAILER CLIMATE COMMITMENT Gli obiettivi verso la decarbonizzazione 10-11 INIZIATIVE Montura e il progetto Ice Stupa Zanskar 12 SCARPA diventa Società Benefit 12 Il potere della riparazione per Patagonia 13 Upcycling Ferrino, il workshop del riuso 13 BRAND PROFILE Lorpen festeggia 25 anni con la prima calza biodegradabile 16 RESPONSABILITÀ AMBIENTALE Ci Sarà Un Bel Clima: intervista alla portavoce Clara Pogliani 14-15 RESPONSABILITÀ SOCIALE Welfare aziendale di La Sportiva: parla Romina Pinamonti, direttrice HR 18 Sentirsi protagonisti del cambiamento: l’impresa di Ettore Campana 19 TEXTILE & TECH Karen Beattie, director of product mgmt, racconta la produzione di Polartec 20 Sympatex presenta le sue membrane completamente riciclabili 20 SNOWCORNER I dati Salomon sull’impatto ambientale dei suoi prodotti invernali 22 Outdoor Magazine @outdoormag_ mag-net-srl 14 8 13 16 19
the responsible issue DATI

Sci e riscaldamento globale: l’ultimo report di Nature sul futuro dell’industria dello sci

Il turismo dello sci è una componente sostanziale dell’economia delle regioni montane europee ed è sempre più vulnerabile di fronte alla scarsità di neve causata dal cambiamento climatico. Finora, inoltre, l’impatto climatico della creazione di neve artificiale in Europa non è mai stato quantificato. Il nuovo report di Nature fa proprio questo, correlando gli effetti dell’aumento dei gas serra e delle temperature all’industria dello sci europea e all’impatto della neve artificiale.

Il report studia delle proiezioni su 2.2234 resort sciistici nei 28 Paesi europei, considerando sia la sola presenza di neve naturale che la copertura del 25%, del 50% e del 75% di neve programmata. Senza la neve artificiale, con l’aumento di 2 C° il 53% dei resort sarà a rischio di fornitura neve; percentuale che passa il 98% se si considera l’aumento di 4 C°. Con la copertura al 50% di neve programmata, le percentuali scendono al 27% e al 71%: tuttavia, questo comporta una maggior domanda di acqua e fornitura elettrica, che di conseguenza vanno a pesare sull’impronta carbone dei resort – e inevitabilmente sul riscaldamento globale stesso. La neve artificiale va così a rappresentare i nessi tra l’adattamento al cambiamento climatico, la mitigazione e lo sviluppo sostenibile nelle montagne con la loro vulnerabilità sociale e ambientale. Il report completo è accessibile al QR qui di fianco.

Protect Our Winters Austria ha celebrato il “funerale del ghiacciaio”

Lo scorso 5 settembre, ai piedi del Großglockner, la montagna più alta dell’Austria, Protect Our Winters Austria ha celebrato il “funerale” del ghiacciaio Pasterze, il più esteso del Paese. Intorno a una simbolica bara di ghiaccio si sono radunate autorità politiche, civili e religiose per portare l’attenzione sulle conseguenze del riscaldamento globale. Il ghiacciaio è in gravissima sofferenza – la lingua glaciale si sta per spezzare, interrompendo così l’indispensabile connessione con l’area di alimentazione del ghiacciaio stesso, collocato più a monte. Secondo quanto comunicato dal Club Alpino Austriaco, “non si è mai verificata una perdita di ghiacciaio così grande come nell’ultimo periodo. Lo scorso anno, nella sola zona della lingua glaciale, il Pasterze ha perso un volume di 14,7 milioni di metri cubi di ghiaccio. Questa quantità corrisponderebbe a un cubo di ghiaccio con un lato lungo 245 metri”.

Il presidente Antonio Montani ribadisce la contrarietà del CAI all’eliturismo e all’eliski

Mentre l’estate tra le più calde e climaticamente problematiche che abbiamo mai conosciuto volge al termine, le polemiche sulle contraddizioni emerse durante la stagione continuano. Il Presidente generale del Club Alpino Italiano è infatti intervenuto dopo la pubblicazione, sulle pagine social dell’associazione Mountain Wilderness Italia, di un post che mette in dubbio la chiarezza della posizione del CAI rispetto all’eliturismo ed eliski. “La posizione ufficiale del Club alpino italiano è fermamente contraria all’utilizzo ludico dei mezzi motorizzati in montagna, primo tra tutti l’elicottero […]. Non è questo il modello di sviluppo turistico che giova alla montagna. Per questo motivo invito fermamente tutte le Sezioni a rispettare le posizioni ufficiali del Sodalizio astenendosi da iniziative inappropriate”.

Vaude diffonde il nuovo bilancio di sostenibilità

Trasformazione del sistema energetico, e-mobility, riduzione delle emissioni di CO2, divieto di PFAS, riciclaggio dei tessuti, equilibrio vita-lavoro: i claim in apertura del nuovo Report di sostenibilità di Vaude illustrano la diversità e la molteplicità dei temi all’avanguardia su cui il brand è impegnato.

Il nuovo Report illustra gli importanti progressi fatti da Vaude nel campo dell’economia circolare e della lotta al cambiamento climatico. Vuole mostrare dove il brand è arrivato nel suo viaggio verso un futuro più sostenibile, ciò che ha fatto e raggiunto e i campi in cui deve ancora migliorare.

“Siamo orgogliosi dei nostri importanti progressi, che ci forniscono la motivazione di cui abbiamo bisogno per fare ancora meglio” ha commentato Antje von Dewitz, ceo di Vaude.

“The New Fish: the truth about farmed salmon and the consequences we can no longer ignore”, è un libro pubblicato da Patagonia che presenta un’indagine illuminante e pluripremiata sull’industria del salmone d’allevamento. In quest’indagine durata cinque anni e premiata dalla critica, gli autori Simen Sætre e Kjetil Østli hanno esaminato il ruolo della Norvegia nell’industria globale del salmone e, per la prima volta, hanno fornito una valutazione completa degli effetti nocivi legati all’allevamento di questo animale. Dai pidocchi alle fughe di esemplari, dall’accumulo di escrementi delle gabbie di allevamento nei fiordi attraverso cui nuotano i salmoni selvatici, risalendo i corsi d’acqua per depositare le uova a monte, al fatto che l’allevamento del salmone comporti una netta riduzione di proteine sottratte all’oceano, i risultati non sono incoraggianti. Alcune recenti vittorie, come il divieto di allevamento di pesci in gabbia nelle acque dello Stato di Washington, indicano che si stia prendendo coscienza del prezzo ambientale richiesto dall’impiego di specie ittiche geneticamente modificate.

Al via il Congresso Nazionale a Roma il 25-26 novembre 2023

La tutela della montagna e lo sviluppo sostenibile dei suoi territori saranno il tema del 101esimo Congresso nazionale dell’associazione. Il Congresso è intitolato “La montagna nell’era del cambiamento climatico” e si terrà a Roma sabato 25 e domenica 26 novembre 2023. L’obiettivo del Congresso è di individuare una linea guida che, partendo dall’attuale contesto, guardi al futuro e sottolinei l’importanza di promuovere un approccio sostenibile alla montagna. Questo evento e il suo percorso di costruzione intendono dunque rappresentare un’opportunità di ampio confronto interno ed esterno, in cui il Club Alpino Italiano rafforza il suo impegno civile per la tutela della montagna.

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CLUB ALPINO ITALIANO
The New Fish: il libro-indagine di Patagonia sull’industria del salmone d’allevamento
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Il World Congress For Climate Justice al via a Milano dal 12 al 15 ottobre

Il progetto di riunire i rappresentanti dell’attivismo ecologista radicale mondiale, per permettere un confronto su tematiche, strategie ed esperimenti su larga scala, ha preso ufficialmente forma: così, il World Congress For Climate Justice si terrà a Milano, perlopiù all’Università Statale, dal 12 al 15 ottobre 2023 Lo scopo di questo appello è quello di riunire movimenti internazionali per elaborare strategie contro l’ingiustizia climatica. La siccità che ha bruciato l’Europa, la Cina, il Nord America e l’alluvione che ha sommerso il Pakistan hanno reso evidente la minaccia che stiamo affrontando collettivamente in questa emergenza climatica. Il Congresso vuole rispondere all’urgenza di questa mobilitazione e contribuire a instillare un senso di speranza e un orizzonte di liberazione nei molteplici movimenti in tutto il pianeta che difendono gli ecosistemi, il diritto alle città e agiscono contro le installazioni e infrastrutture fossili impattanti. Il weekend a Milano vedrà delegati di movimenti, collettivi, sindacati, territori e spazi sociali confrontarsi su questi problemi per arrivare a strategie comuni, attingendo all’esperienza di proteste ambientali su larga scala.

Parigi 2024 sarà la prima eco-Olimpiade?

Che si tratti di un grande evento o di una competizione locale, la crisi climatica sta imponendo agli organizzatori di manifestazioni sportive l’onere di diventare sempre più sostenibili. Sono tanti gli esempi degli ultimi anni che segnano un’evoluzione in questo campo: un processo che ha già portato tanti ricercatori e addetti ai lavori a definire Parigi 2024 come la prima eco-Olimpiade. I Giochi Olimpici del 2024 sono una motivazione importante per la trasformazione della città francese: sono in costruzione infatti numerose nuove piste ciclabili e parcheggi, non solo negli impianti sportivi; gli spettatori potranno utilizzare gratuitamente i mezzi pubblici e gli atleti saranno trasportati da una flotta di veicoli ecologici. La sostenibilità è stata un aspetto chiave nella decisione di assegnare i Giochi a Parigi. Il più grande vantaggio risiede però nel fatto che il 95% delle competizioni si svolgerà in sedi esistenti o temporanee e la costruzione di poche nuove infrastrutture comporteranno meno inquinamento da CO2. Piccole premesse, senza dubbio, ma che fanno ben sperare per l’impatto climatico dei Giochi del 2024

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Una riprogrammazione per il futuro

Due terzi dell’impronta ambientale lasciata da un’azienda derivano dai suoi fornitori.

Chi interviene con coraggio sulla propria supply chain può fare la differenza in termini di sostenibilità

Le indagini di settore condotte a metà del 2020 hanno suggerito che i temi ambientali, sociali e di governance (ESG) fossero scivolati in fondo alla lista delle priorità delle aziende, anche a causa del complesso periodo che il mondo stava affrontando. Oggi però i grandi player stanno recuperando il tempo perduto. Nel 2021 , per esempio, il 29 % delle aziende ha incluso le metriche ESG nei suoi piani di incentivazione del personale, con un aumento di sette punti percentuali rispetto all’anno precedente.

Questa ripresa di consapevolezza deriva da diversi fattori: adempiere all’obbligo di normative sempre più stringenti, migliorare il coinvolgimento dei dipendenti o attrarre nuovi talenti, evitare i crescenti rischi reputazionali, soddisfare i propri consumatori che scelgono marchi sostenibili anche se i prezzi sono più alti.

Qualunque sia la ragione, si sta osservando come i principali operatori del settore stiano già ottenendo benefici da questa inversione di rotta. Una recente analisi di McKinsey & Company mostra come i top performer ESG godano di una crescita più rapida e di valutazioni più elevate rispetto ai competitor, con un margine compreso tra il 10 e il 20 %. Le forti credenziali ESG fanno anche scendere i costi del 5-10 %, poiché ci si concentra sull’efficienza operativa e sulla riduzione degli sprechi. Inoltre, l’eccellenza ESG riduce il rischio di transizione, aiutando le aziende ad anticipare i cambiamenti normativi e il sentiment degli stakeholder.

GLI INTERVENTI SULLA SUPPLY CHAIN - Ricordiamo innanzitutto che la base per una trasformazione incentrata sui temi ESG include si la quantificazione delle risorse consumate e delle emissioni generate dalle attività dirette dell’azienda (Ambiti 1 e 2) ma anche quelle prodotte indirettamente (Ambito 3). Si stima che quest’ultime siano l’80-90 % delle emissioni e che due terzi provengano esclusivamente dalle forniture delle aziende. In questa nuova ondata di trasformazioni della sostenibilità aziendale quindi, la supply chain ha un ruolo assolutamente centrale. In un’indagine di settore del 2020, tra le nove iniziative ESG evidenziate dai dirigenti come importanti per la transizione, la maggior parte coinvolge direttamente questo aspetto o ha implicazioni significative per la sua configurazione (figura 1 ).

VORREI MA NON CONOSCO - Chi si occupa di acquisti all’interno di un’organizzazione (CPO) è l’interfaccia principale con la supply chain e ha un ruolo decisivo nel plasmare l’impronta ESG della sua azienda, sia direttamente attraverso le decisioni di acquisto sia indirettamente, influenzando la progettazione. I CPO comprendono l’importanza della loro posizione, ma la maggior parte delle aziende sta ancora lottando per delineare una visione chiara. In una recente indagine condotta su 20 CPO di grandi aziende europee, ad esempio, il 60 % sapeva dove voleva arrivare, ma non aveva una strategia di sostenibilità allineata. Solo il 20 % ha dichiarato che le loro organizzazioni utilizzano le misure di sostenibilità come criteri primari nelle decisioni di approvvigionamento

Quanto ricicla il consumatore finale Sicurezza, salute e trattamento equo dei dipendenti

Cambiamento

(IN AZZURRO) SETTE DELLE NOVE INIZIATIVE PIÙ POPOLARI A LIVELLO AMBIENTALE, SOCIALE E GOVERNATIVO, INFLUISCONO IN MODO SIGNIFICATIVO SULLA SUPPLY CHAIN

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THE RESPONSIBLE ISSUE DATI & STATISTICHE Riduzione degli imballaggi di materiale e prodotti Modelli di economia circolare Riduzione delle emissioni della catena Modifica degli standard di approvvigionamento Iniziative d’inclusione e diversità
Altre questioni sociali
delle preferenze dei consumatori
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FIGURA 1

STEP DELLA SOSTENIBILITÀ PER IL CPO

Quanto possiamo essere performanti?

4-6 settimane

Come raggiungiamo il nostro scopo?

10-12 settimane

Realizzazione

5 mesi

o nelle revisioni dei fornitori. Quando è stato chiesto ai CPO perché non avessero integrato l’ESG nel dna dell’organizzazione, è emerso chiaramente che la maggior parte di loro riteneva di non avere gli strumenti, le competenze e i dati necessari per farlo. Il 70 % del campione ha dichiarato che le loro organizzazioni non sapevano da dove venissero generate le emissioni indirette. Il 90 % ha dichiarato di avere difficoltà a identificare le azioni giuste per spostare l’ago della bilancia sui temi ESG e quasi tre quarti non sapeva quali obiettivi ESG fissare. Tuttavia, i CPO dispongono già di una grande quantità di dati sulla supply chain, in quanto dovrebbero conoscere esattamente quanto un’azienda acquista, da dove proviene e chi lo produce.

PRIMI PASSI - Adottando un approccio olistico allo sviluppo di nuovi dati, processi e capacità incentrati sull’ESG, si può iniziare a costruire il cambiamento. Questo approccio si compone di tre fasi fondamentali (figura 2 ) che insieme rendono la sostenibilità semplicemente parte del modo in cui l’azienda opera, a partire da ciò che acquista e fino a ciò che vende e a come supporta i suoi clienti.

1. Determinare la linea di partenza e quanto lontano si vuole andare Individuare e quantificare l’attuale impronta ESG dell’organizzazione. Identificare le aree di rischio più significative e le opportunità di miglioramento. Determinare ciò che conta di più nel contesto dell’agenda ESG complessiva dell’azienda. Stabilire obiettivi e target per gli acquisti sostenibili.

2. Stabilire il core e incentivare le iniziative che producono valore Definire le metriche e le politiche ESG che saranno integrate nei processi standard di selezione dei propri fornitori, degli approvvigionamenti e della gestione delle forniture. Parallelamente, selezionare un certo numero di temi ESG di massima priorità e affrontarli attraverso iniziative di innovazione cross-funzionali, come la collaborazione con i partner per ridurre a zero le emissioni della supply chain.

3. Guidare il cambiamento dell’organizzazione

Scalare e diffondere le iniziative di successo. Integrare le pratiche di acquisto sostenibile nell’organizzazione. Formare continuamente i responsabili degli acquisti sui principi sostenibile e sulla loro applicazione. Monitorare le prestazioni rispetto agli obiettivi.

A PROPOSITO DI SUPPLY CHAIN

AKU con il progetto Impacto ha portato un esempio virtuoso sul fronte italiano, calcolando le emissioni di CO2 delle sue calzature e fornendo ai propri rivenditori uno strumento per stimare quelle del loro assortimento

Ve lo abbiamo già raccontato ampiamente sullo scorso numero di Outdoor Magazine, ma ci sembrava molto significativo citare anche su questo speciale il progetto Impacto di AKU. L’impegno del brand nella ricerca di soluzioni progettuali e produttive per ridurre il suo impatto è, da tempi non sospetti, uno dei principali asset sui quali si muove la sua strategia di sviluppo. Fra le varie attività messe in campo dall’azienda nel corso degli ultimi anni, la quantificazione e certificazione del livello di emissioni di CO2 del singolo prodotto e dell’intera propria organizzazione industriale rappresenta una delle più importanti e concrete azioni responsabili nei confronti della crisi ambientale. Azioni rese possibili dalla naturale vocazione di AKU nell’operare in chiave di partnership lungo tutta la filiera, dai fornitori delle materie prime alla distribuzione specializzata, nella costante ricerca di soluzioni condivise per la creazione del valore.

La nascita di Impacto rappresenta la fase finale di un processo che ha comportato per AKU una complessa analisi scientifica durata oltre due anni. Un calcolo realizzato con l’assistenza di Aequilibria, un’azienda consulente specializzata nei temi di impatto ambientale e condotto secondo standard riconosciuti a

livello internazionale. L’impronta di CO2 non è infatti un quadro generico in cui i dati possono essere semplicemente inseriti, ma è un modello meticolosamente sviluppato che tiene conto della specifica struttura organizzativa di AKU, delle pratiche di approvvigionamento, delle metodologie di produzione e dei processi di spedizione.

Il processo di raccolta dati comprende tutte le fasi delle operazioni di AKU, estendendosi fino allo Scope 3, ovvero il tracciamento dell’impronta a ritroso nella supply chain fino alle materie prime. Esaminando ciascun componente, AKU può determinare l’impatto specifico di tutti gli elementi del prodotto nelle sue diverse fasi di vita, fornendo un’analisi quanto mai dettagliata e curata dal punto di vista scientifico. Un lavoro lungo e complesso, ma reso oggi semplice e fruibile attraverso la pubblicazione di uno strumento di lavoro che spiega al negoziante in che modo poter effettuare una stima realistica delle emissioni di CO2 derivanti dalla vendita delle calzature. Una quantificazione sulla base della quale il retailer può autonomamente, o in accordo con il produttore, intraprendere delle azioni concrete finalizzate alla compensazione dell’impatto.

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THE RESPONSIBLE ISSUE DATI & STATISTICHE
FIGURA 2
Ogni attore della filiera può fare la propria parte
A fianco, un esempio di scheda tecnica di una delle calzature presenti in Impacto

THE RESPONSIBLE ISSUE BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ

Ciò a cui teniamo

MagNet pubblica il suo primo bilancio, relativo al biennio 21/22.

Uno strumento importante a sostegno del percorso verso un futuro più leggero, simbolo dei nostri valori e della nostra dedizione _ di Francesca Cassi

La sostenibilità è un argomento infinitamente complesso, che tocca ogni ambito delle nostre vite quotidiane. Si tratta di un benessere sì ambientale, ma non solo - anche sociale ed economico. Abbiamo iniziato a parlare seriamente di sostenibilità a partire dagli Anni ‘90 - con la crisi climatica, energetica e della biodiversità. Piano piano, l’idea di una crisi globale sta iniziando a prendere piede nell’immaginario collettivo. Ora, si presenta sempre più necessario un cambiamento nella maniera che abbiamo di percepire le entità non-umane che ci circondano - l’aria, l’acqua, gli oceani, i ghiacciai, le foreste - ma anche quelle umane e il modo in cui viviamo. L’attuale crisi sottolinea chiaramente la rilevanza di queste entità che abbiamo sempre dato per scontate, come risorse a nostra disposizione. Una tale manifestazione ci colpisce e dovrebbe tradursi nell’intuizione di non poter più, moralmente e materialmente, trattare queste ricchezze come dei mezzi: ovvero, è necessario ormai trattarle come dei fini. Questa rivendicazione di un nuovo “statuto” rimette in questione la nostra posizione di esseri umani, e persino quella di esseri e basta. Che tipo di soggetti vogliamo essere di fronte a questo dibattito? Come vogliamo rispondervi?

Parte dell’industria outdoor e fashion cerca di rispondervi già da tempo, e si impegna nella riduzione del proprio impatto per la conservazione degli ambienti naturali dei quali si è fatta espressione. Tuttavia, il percorso è appena iniziato, e si presenta lungo e difficile; mentre gli effetti della crisi si amplificano sotto i nostri occhi.

“Le montagne sono le sentinelle del clima, […] fragili termometri della Terra che misurano la febbre del nostro pianeta. E nelle montagne gli effetti del riscaldamento globale sono molto gravi e densi di ripercussioni” ha scritto Luca Calzolari, ex direttore di Montagne360. Per noi, che viviamo di outdoor ogni giorno, questo è dolorosamente chiaro e riteniamo non si possa più non parlarne. E questo, nell’interesse di tutti - sia di chi vende capi e attrezzature destinati all’uso in montagna, sia di chi li produce ma anche di chi li compra.

La sostenibilità non è un compartimento stagno: è un concetto che dovrebbe essere considerato sempre in relazione alla produttività, l’efficienza e la redditività di un’a-

zienda. Proprio per queste ragioni e per il contesto in cui ci troviamo, la pubblicazione del primo bilancio di sostenibilità di MagNet assume un valore particolarmente importante per tutti noi. Non solo come coronamento di un percorso aziendale, ma anche come conferma del commitment del gruppo a contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Agenda 2030, implementandoli all’interno della nostra strategia, lavoro e cultura aziendale.

Il percorso di MagNet è iniziato ufficialmente nel 2020, quando siamo diventati Società Benefit. Due anni dopo, nel settembre del 2022, siamo entrati a far parte del movimento globale delle B Corp e del Global Compact delle Nazioni Unite. Questo testimonia il nostro concreto impegno nel campo della responsabilità sociale e ambientale. Nulla di tutto ciò comunque è solo un traguardo: sono momenti di un percorso di miglioramento continuo Riteniamo la funzione socio-economica del bilancio fondamentale - poiché presenta e analizza in un unico documento tutti gli aspetti sociali, economici e ambientali legati allo svolgimento dell’attività di business dell’azienda. Ma non solo: ci permette di rafforzare la nostra visibilità nella maniera più trasparente possibile e di potenziare il rapporto con i nostri stakeholder attraverso un dialogo continuo. Siamo persuasi che ci permetta anche di incrementare il senso di fiducia che la nostra community ci ha sempre dimostrato. Internamente, siamo convinti che questo bilancio vada a sostegno del senso di appartenenza dei nostri lavoratori e della consapevolezza che hanno del ruolo che MagNet ricopre nel suo settore.

Basandoci sul Global Reporting Initiative (GRI) il bilancio di MagNet è stato stilato seguendo una lista di indicatori, divisi per ambito, che raccontano l’azienda dal punto di vista economico, ambientale e sociale e forniscono informazioni sul board, sulla governance, sulle caratteristiche dei dipendenti (genere, età, inquadramento), sulla sicurezza e la salubrità dell’ambiente lavorativo, sul codice etico e su altri aspetti che permettono di conoscere l’organizzazione sotto ogni punto di vista. Il bilancio è pubblico ed è disponibile sul nostro sito, oppure scaricabile tramite il QR Code qui di fianco. Vi auguriamo una buona lettura.

IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ DIVENTA OBBLIGATORIO

La Direttiva UE 2022/2464, pubblicata il 16 dicembre 2022, va a rivedere e modificare la precedente Direttiva EU 2013/34 relativa all’obbligo di “comunicazioni di informazioni di carattere non finanziario” da parte di aziende di grandi dimensioni. Nell’ultima Direttiva si fa presente che dal 2024 la rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) diventerà obbligatoria per tutte le aziende con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore ai 50 milioni di euro e un ricavo annuo di almeno 43 milioni. Ha un impatto notevole: a oggi, in Italia, sono circa 300 le aziende che pubblicano i propri bilanci di sostenibilità - aziende quotate in borsa o di interesse pubblico - il cui numero andrà ad aumentare notevolmente. Saranno più di 6.000 le PMI

italiane, e oltre 50.000 in tutta Europa, che verranno impattate dalla direttiva e che avranno l’obbligo di pubblicare il proprio bilancio di sostenibilità dal 2024 con i dati e le informazioni riferite all’anno precedente. La Direttiva ha come obiettivo di dare una maggiore rilevanza ai temi ESG, imponendone la rendicontazione all’interno della relazione finanziaria annuale, eliminando la possibilità di pubblicare tali dati in una relazione separata. Inoltre, viene richiesto che la rendicontazione sia in formato digitale XHTML e che prima della pubblicazione questa sia sottoposta ad assurance, rafforzandone l’attendibilità, una maniera simile a quanto accade con la revisione dei bilanci economico-finanziari di esercizio.

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RAPPORTO ANNUALE - Quello pubblicato lo scorso anno, rappresenta una panoramica dei progressi compiuti dai membri nel corso del 2021. Tutti i membri dell’ORCC sono tenuti a rispondere a un sondaggio completo, che copre le questioni relative alle impronte di carbonio aziendali, alle strategie climatiche, ai dati misurati e agli obiettivi proposti.

Emissioni di CO2 in tonnellate

Riduzione dal 2019 (rispetto al 2021 per Scope 1 & 2)

AZIENDE

*CO2 = CO2 e sostanze equivalenti espresse in tonnellate

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SCOPE 3 - Naturalmente, l’impronta di carbonio aziendale completa include anche le emissioni Scope 3. Misurarle è spesso una sfida per i retailer a causa della poca disponibilità di dati. Tuttavia, sette retailer su dieci hanno già calcolato le proprie emissioni in questo ambito. Nonostante la misurazione rappresenti ancora una sfida, i rivenditori lavorano per implementare misure di riduzione efficaci che riguardano: responsabilità e supporto dei fornitori, strategia aziendale e dipendenti, logistica, imballaggi e prodotti e l’ottimizzazione dell’uso di sfotware e dati.

CARBON FOOTPRINT - La prima domanda riguarda proprio la misurazione della propria impronta di carbonio e parte dalla rete e, per la massima trasparenza, sono state chieste le emissioni dirette (Scope 1 e 2) e indirette (Scope 3).

I dati mostrano che sette retailer su dieci hanno già misurato le proprie emissioni Scope 1 e 2, creando così le basi per un’efficace protezione del clima. Inoltre, i dati mostrano che si potrebbe realizzare una riduzione significativa delle emissioni dirette, adottando delle misure alternative tra le quali:

• ottimizzare l’energia e la fornitura attraverso: utilizzo di biogas, investimento in sistemi fotovoltaici/solari, scelta di elettricità verde/rinnovabile, utilizzo di LED, implementazione di sistemi di controllo energetico e misure di efficienza energetica e valutazione di concetti di riscaldamento alternativi nella logistica;

• ottimizzazione dei trasporti attraverso un parco auto elettrificato e una riduzione dei documenti di spedizione.

OBIETTIVI CLIMATICI E QUADRO

DI RIDUZIONE - Tutti i partecipanti si impegnano ad agire in modo deciso per contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di Parigi per limitare il riscaldamento del pianeta a 1,5° e ridurre le emissioni. A oggi, Il 50% dei membri ha in atto piani d’azione concreti per ridurre la propria impronta di carbonio e il 40% sta per crearne uno. Inoltre, poiché il coinvolgimento dei fornitori è fondamentale per la riduzione dello Scope 3, tre membri dell’ORCC hanno già creato obiettivi di coinvolgimento, due sono in procinto di crearne e cinque hanno in programma di farlo al fine di mirare a una quota compresa tra il 75 e l’80% delle vendite di prodotti che arrivano da fornitori responsabili entro il 2026

11 THE RESPONSIBLE ISSUE UN NETWORK PER IL CLIMA
AZIENDE Obiettivi di coinvolgimento Obiettivi prefissati Sì Sì 75% 80% Sì In corso In corso In corso In corso In corso In corso In corso Non ancora In corso In corso In corso Quota entrate 2026 Obiettivo scientifico Obiettivo scientifico Obiettivo scientifico Obiettivo scientifico, pianificato Obiettivo scientifico Allineato agli obiettivi scientifici Quota entrate 2026 Sì Sì Sì Sì Sì / No Framework scelto/ utilizzato Target di coinvolgimento dei fornitori? Obiettivi di riduzione Meccanismi di riduzione

La via è tracciata

SCARPA assume la forma giuridica di Società Benefit e ufficializza l’impegno a esercitare le proprie attività, operando secondo un modello di sviluppo responsabile, sostenibile e trasparente

di Pietro Assereto

L’adozione dello status di Società Benefit è avvenuta tramite modifica statutaria e raggiunto con il supporto di NATIVA. Questa Regenerative Design Company si occupa di affiancare le aziende e le imprese per la transizione verso un paradigma rigenerativo – per contribuire a risolvere le grandi sfide ambientali e sociali del nostro tempo. Si è trattato di un lungo percorso dedicato alla sosteni-

La sostenibilità è da sempre insita nel nostro DNA. Fin dalle origini, la nostra filosofia produttiva verte sul rispetto per l’ambiente, le persone e la comunità. Realizziamo prodotti che permettono di vivere da vicino l’ambiente naturale e la montagna, in maniera sicura e rispettosa, con un approccio sostenibile che ora è entrato anche nel nostro statuto. Diventando Società Benefit non abbiamo fatto altro che formalizzare un disegno che era già tracciato e che ora diventa un impegno preciso. Essere sostenibili oggi significa creare un nuovo modello di fare impresa, saper misurare e pianificare con rigore e trasparenza l’effetto nel breve e nel lungo periodo delle nostre attività, affiancando al piano industriale quello di sostenibilità Sandro Parisotto, presidente SCARPA

bilità, da sempre parte integrante della storia e del modello di business dell’azienda di Asolo. La persona e il suo rapporto, rispettoso e autentico, con la natura e con l’ambiente montano sono da sempre uno dei focus di SCARPA. Così nascono prodotti di qualità, sicuri e altamente performanti, oltre che di lunga durata per ridurre la produzione di rifiuti immessi nell’ambiente.

Le Società Benefit sono state introdotte in Italia nel 2016 per identificare quelle aziende che oltre al profitto perseguono specifiche finalità di beneficio comune, con l’obiettivo di generare valore per le persone, il pianeta, le imprese e le realtà produttive del Paese. Questo impegno viene ribadito formalmente all’interno dello statuto aziendale. L’adozione dello status di Società Benefit da parte di un’azienda crea una solida base per il perseguimento di tale obiettivo nel lungo termine e la creazione di valore condiviso. Le Società Benefit s’impegnano a comunicare annualmente, attraverso la Relazione di Impatto, i risultati ottenuti, misurando i benefici sociali e ambientali generati con l’obiettivo di diventare un modello di riferimento.

Ghiacciai artificiali per le persone e per il Pianeta

In India è stato inventato un sistema innovativo per immagazzinare acqua e congelarla. A fianco del progetto, Montura _ di Pietro Assereto

Gli effetti della crisi climatica sono sotto gli occhi di tutti e le sue conseguenze, lo sappiamo, si manifestano soprattutto nelle aree più povere del mondo. Nel territorio del Ladakh, in India, nonostante questo sia incastonato tra le catene montuose del Karakorum e dell’Himalaya, le precipitazioni scarseggiano sempre più. Ormai, la sua fornitura idrica dipende principalmente dall’acqua di fusione dei ghiacciai. Tuttavia, la neve fonde sempre più in fretta: così questa imprescindibile fonte di vita scarseggia, in particolare nei mesi primaverili. Ciò non permette l’irrigazione al momento della semina dei campi. Nel 2013 l’ingegnere indiano Sonam Wangchuk, fondatore e direttore del Students Educational and Cultural Movement of Ladakh (SECMOL), grazie a un’intuizione geniale, ha inventato gli “ice stupa”: si tratta di un sistema innovativo che permette di creare dei “ghiacciai” artificiali, dei cumuli di ghiaccio di forma conica che ri-

cordano la pagoda buddista. Questo ghiaccio permette di immagazzinare enormi quantità di acqua e proprio per questo in dieci anni le strutture sono diventate fondamentali per il sostentamento della popolazione locale. Molteplici progetti di cooperazione sono allora nati a sostegno della loro realizzazione. Montura, attraverso l’associazione Trentino for Tibet, è orgogliosa di sostenere il progetto “Ice Stupa Zanskar”, realizzato dall’Himalayan Istitute of Alternatives e dal SECMOL. Il progetto prevede la costruzione, già avviata e in procinto di essere conclusa, di un ghiacciaio artificiale nell’area dello Zanskar per fornire acqua ai villaggi limitrofi. Il ghiacciaio viene realizzato portando le acque in superficie con un sistema solare, e poi viene rilasciata a bassa intensità. Oltre a quella dell’ice stupa, è prevista la costruzione di serre sotterranee e il riscaldamento solare di edifici passivi che potranno essere usati anche per l’accoglienza turistica.

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COS’È UNA SOCIETÀ BENEFIT
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Patagonia lancia un portale per mettere il potere della riparazione nelle mani dei clienti e invitando l’industria dell’abbigliamento a fare lo stesso

Patagonia lancia un nuovo portale online che consente ai clienti di richiedere autonomamente una riparazione in qualsiasi momento e di seguirne il processo. In questo modo il brand californiano prosegue nel suo percorso di lunga data nell’ambito delle riparazioni. Il marchio sta espandendo la sua rete di esperti, portando nei propri negozi europei un maggior numero di strumenti e servizi con l’obiettivo di quadruplicare le riparazioni, fino a 100.000 all’anno nei prossimi cinque anni.

L’IMPORTANZA DEL RIPARARE - Mantenere un prodotto in uso per nove mesi in più consente di ridurre dal 20% al 30% l’impronta in termini di emissioni di carbonio, rifiuti e acqua rispetto all’acquisto di un capo nuovo. Negli ultimi 12 anni, Patagonia ha sensibilizzato i clienti sul perché e sul come prolungare la vita dei propri vestiti attraverso il programma Worn Wear e messaggi come “Don’t Buy This Jacket”. Si tratta di un annuncio pubblicato sul New York Times

Sempre meglio che gettare C’è vita oltre al consumo

Il reparto post vendita di Ferrino si basa su due concetti chiave: riparazione e manutenzione. Con il progetto Upcycling anche le tende usate hanno una seconda possibilità

L’avventura di Marta Borello all’interno dell’azienda Ferrino è iniziata con un tirocinio curriculare durante il periodo dell’Università. Correva l’anno 2019 e la giovane laureanda in Design al Politecnico di Torino ha lavorato fianco a fianco all’amministratore delegato Anna Ferrino occupandosi di sostenibilità aziendale, aspetto ritenuto molto importante dalla realtà torinese. Oggi, a distanza di alcuni anni, Marta è diventata responsabile del settore post vendita che si basa sulle 4 R: Redesign, Reduce, Recycle, Repair. “Ferrino punta molto sulla sostenibilità in diverse maniere”, spiega Marta. “Utilizziamo materiali riciclati per confezionare i nostri prodotti, siamo certificati ISO, e limitiamo al massimo il nostro impatto sull’ambiente, cercando di non produrre scarti, né avanzi di prodotto”. Il servizio post vendita si compone di due azioni principali: riparazione e manutenzione. Per quanto riguarda la prima, l’azienda sfrutta un suo laboratorio interno dove offre servizi sia per prodotti in garanzia che fuori garanzia. La richiesta di assistenza viene eseguita tramite Punto Vendita o tramite format presente su sito online. “Proviamo sempre a riparare i nostri prodotti danneggiati, anche se risalgono a molti anni fa, per dar loro una seconda vita, a patto che possano

durante il Black Friday del 2011, in cui si chiedeva alle persone di considerare l’impatto di un capo nuovo prima di acquistarlo. Con il sostegno dell’Amsterdam Economic Board, l’anno scorso Patagonia ha collaborato con Makers Unite per lanciare lo United Repair Centre (URC), un nuovo fornitore di riparazioni creato per servire diversi marchi di abbigliamento, formando e offrendo lavoro garantito a lavoratori specializzati dell’industria che hanno difficoltà a trovare un impiego, come i nuovi arrivati nei Paesi Bassi con lo status di rifugiati.

IN TUTTA EUROPA - Dopo il momento del lancio, l’URC si è trasferito in una struttura più ampia ad Amsterdam per gestire l’aumento della domanda e ha firmato contratti di riparazione con altri marchi partner, tra i quali Decathlon. L’iniziativa prevede l’apertura di una seconda sede nel Regno Unito nel 2023, mentre l’aggiunta di altre località europee è in programma per il prossimo anno.

ancora garantire sufficienti requisiti di performance e sicurezza. Interveniamo principalmente su zaini, tende, abbigliamento e sacchi a pelo, dice Marta. Per quanto riguarda invece la manutenzione, sul sito sono presenti dei video tutorial che spiegano come fare riparazioni in autonomia e danno suggerimenti per prendersi cura della propria attrezzatura. “Offriamo un attento servizio post vendita da sempre e, con il mio arrivo, abbiamo pensato insieme ad Anna di creare un progetto esperienziale. È nato così Upcycling, la proposta con cui Ferrino invoglia i suoi consumatori a prolungare la vita delle tende facendo sì che esse non vengano gettate in discarica, ma riutilizzate al fine di creare nuovi oggetti utili nella vita quotidiana di ogni utente”, conclude la responsabile del settore. Upcycling si declina anche in workshop itineranti al suono delle parole d’ordine “Taglia, strappa, cuci” e chiede ai propri modelist il compito di agevolare gli appassionati di outdoor nel trovare soluzioni pratiche e facilmente realizzabili di riutilizzo creativo. In alcuni degli eventi più importanti del settore outdoor, come gli ORBDAYS, Ferrino è presente con uno spazio dedicato dove chiunque può rivolgersi per portare la propria tenda in disuso con la volontà di diffondere una cultura basata sul riuso.

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INFO : eu.patagonia.com
Sopra, Marta Borello, responsabile del settore post vendita di Ferrino

Ci Sarà Un Bel Clima

Dare una voce comune all’attivismo ambientale italiano e fare qualcosa, ognuno con la propria sensibilità. Queste le necessità impellenti di questo collettivo per affrontare la crisi

_ di Francesca Cassi - foto: Gabriele Ruffato

“Un collettivo di attivisti climatici convinti che la chiave della transizione ecologica stia nella comunicazione e nel contatto, nella diffusione di messaggi onesti e responsabili, nella creazione di sentimento di coesione e positività.” Così si presentano i membri di Ci Sarà Un Bel Clima. Il collettivo vuole dare più rilevanza all’attivismo climatico italiano: sono loro ad aver convocato gli “Stati Generali dell’Azione per il Clima” al Campo Base Festival lo scorso 1° settembre, per trovare una voce corale e fondare una comunità coesa e cooperativa. Ne abbiamo parlato con Clara Pogliani, portavoce del collettivo.

Ciao Clara. Ci parli brevemente di chi siete e del vostro progetto?

Siamo un collettivo di attivisti che è nato circa tre anni fa, dopo il primo periodo di pandemia. Abbiamo lanciato una chiamata aperta a diverse persone che ci occupavano di clima e ambiente: l’obiettivo era capire cosa poteva tenerci insieme. Il Covid ha avuto un forte impatto sugli spazi della crisi climatica – sullo spazio mediatico, ovviamente, ma anche sullo spazio fisico, a causa del social distancing. Così ci siamo trovati in montagna, in Val grande, per incontrarci e capire cosa fare. Due giorni, cinquanta persone: in cinque abbiamo deciso di portare avanti il progetto, facendolo diventare un collettivo stabile. Le diverse direzioni verso le quali abbiamo deciso di muoverci sono le grandi mobilitazioni, anche se ci sono movimenti che già lo fanno molto bene; e soprattutto un lavoro sui linguaggi da una parte e l’organizzazione di eventi dall’altro. Questo per fare rete, per unire le diverse realtà che si occupano di attivismo. Il nostro perché rimane la connessione con la natura – per questo la maggior parte dei nostri eventi si svolgono o si sono svolti in montagna. Quest’ultima è un vero e proprio laboratorio della crisi climatica e sociale. Grazie a tutti questi elementi, abbiamo deciso di lavorare su una proposta comune per il clima.

Come sono andati gli Stati Generali?

Direi che è andata bene. Non si sono ovviamente conclusi con questi primi tre giorni: si tratta di un processo partecipativo che è iniziato al Campo Base Festival, ma che continuerà tutto l’anno. C’erano oltre 70 aderenti a organizzazioni di attivisti e almeno altri 40 osservatori di

varie realtà italiane che si occupano di clima e ambiente. Abbiamo avuto una bellissima risposta e percepito grande volontà di partecipazione. C’è stato anche tanto entusiasmo per la proposta che abbiamo fatto: ovvero, quella di lavorare insieme per definire la nostra richiesta alla politica da un lato e per capire come avere un impatto maggiore sulla società civile e la civilizzazione sulle sfide che ci aspettano i prossimi anni dall’altro.

Quali sono queste sfide di cui parli? Le avete identificate insieme?

Non le abbiamo ancora definite internamente; però si inizierà con la COP28, che si terrà nei prossimi mesi a Doha (Qatar) – un petrol-Stato – e con la consapevolezza che vogliamo portare su queste tematiche. Un’altra sfida importante è quella che ci impone il governo attuale, che non sta agendo per contenere il cambiamento climatico e che anzi spesso si muove in direzione opposta alla nostra. Poi, indubbiamente bisognerà affrontare la questione delle elezioni europee del 2024: l’Unione Europea è stata una delle grandi possibilità che abbiamo avuto, uno dei fari per affrontare il problema del clima in questo contesto che ha visto negli ultimi giorni lo zero termico fisso a Capanna Margherita. Si tratta di salvare le nostre vite, e l’umanità come la conosciamo.

Avete organizzato altre azioni oltre agli Stati Generali?

Al momento questo aspetto non è ancora stato definito, ma è un format di lavoro che gli Stati Generali vogliono avere. Il processo vuole essere, come ho già accennato, partecipativo, a partire dai temi che sono emersi in questi tre giorni. Abbiamo chiesto a diversi candidati di esprimersi su come portare avanti la transizione e l’obiettivo generale è di proseguire in questo percorso su un modello di “assemblea di cittadini”, che prevede: una formazione per tutti gli aderenti per capire a quali argomenti ci si sente più affini e per avere una conoscenza comune come fondamenta – e come Stati Generali vogliamo proprio lavorare sulle cose che ci accomunano, al di là delle differenze; più tavoli di lavoro, scelti in base alle proprie affinità di cui sopra, per definire in ognuno un documento che il gruppo andrà a redigere; e un passaggio finale in un’assemblea generale che proporrà poi il documento alla società civile e politica.

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Clara Pogliani

Con quali enti o figure collaborate maggiormente?

Al momento, l’obiettivo è di trattare con i rappresentati dei vari movimenti di attivisti italiani; poi, ovviamente, desideriamo raggiungere i cittadini e la politica. Tra i nostri sostenitori annoveriamo Patagonia e abbiamo anche organizzato una rassegna dal titolo “Un’ora per acclimatarsi” nel contesto del Trento Film Festival – tra i cui supporter c’è Montura – insieme a Protect Our Winters Italia, il Dolomiti e il blog Altorilievo. Tutte le sere, prima del festival, si teneva un talk su una tematica ambientale. Ne siamo molto contenti perché grazie a questa collaborazione abbiamo anche avuto un palco in centro a Trento, avendo così la possibilità di coinvolgere molte più persone, sia gente che era già informata che solo passanti. Abbiamo inoltre coinvolto alpinisti, scienziati e vari esperti su tante tematiche.

Perché vi muovete molto nel contesto alpino?

Le Alpi sono uno di quei luoghi che sono stati identificati come hotspot climatici: ovvero, zone dove anche a partire da fenomeni metereologici si possono vedere direttamente gli effetti della crisi climatica. Ci si confronta con le conseguenze tangibili, davanti agli occhi di tutti. Per esempio, lo scioglimento dei ghiacciai – si stima che entro fine secolo i ghiacciai alpini potrebbero scomparire se non limitiamo le emissioni di gas serra – e la scarsità d’acqua. Tutto il nostro approccio alla montagna sta crollando: non è più quel luogo dove andiamo a cercare il fresco anche d’estate. E oltre a queste evidenze fisiche, si notano anche quelle socio-economiche: il sistema economico che abbiamo costruito crolla e ci porta a domandarci più cose. Come possiamo mitigare la crisi climatica, partendo dalla limitazione delle emissioni? Come possiamo vivere la montagna in un contesto così cambiato?

Si tratta di un ambiente ricettivo?

Sì, molto, soprattutto negli ultimi due anni. Abbiamo lanciato in que-

sto contesto un’idea e un progetto. L’idea è quella che Giovanni Ludovico Mantagnani ha chiamato “Allontanare le montagne”. Si basa sul progetto “Avvicinare le montagne” promosso dall’Alpe Devero e si muove verso un paradigma opposto. Si tratta di chiedersi come arriviamo in montagna – in auto, in treno, o con i trasporti pubblici? È magari possibile andare in posti anche meno lontani e selvaggi, ma con mezzi meno inquinanti, e magari non per forza dover arrivare sulle vette più remote? E si tratta di chiedersi anche quanto siamo dipendenti dagli impianti di risalita. Siamo soddisfatti perché ha avuto risonanza in tanti gruppi.

Il progetto è invece “L’occhio del Gigiat”, di Michele Argenta. Si tratta di una pagina su Instagram che vuole essere collettrice di sguardi sui cambiamenti della montagna. Pubblica moltissimo ed è molto cresciuta negli ultimi anni. Raccoglie gli sguardi e le voci di tutte quelle persone che vedono la crisi climatica, che vogliono parlarne e vogliono approfondire i vari temi.

Perché bisogna continuare a fare attivismo? E come possiamo renderla un’attività alla portata di tutti?

Bisogna fare attivismo perché i prossimi anni saranno quelli cruciali per decidere se possiamo continuare a vivere su un pianeta che è sicuramente cambiato, ma che è ancora abitabile. Sono gli anni in cui bisogna spingere di più e di coinvolgere più persone possibili intorno a questo tema. L’attivista oggi è chiunque si occupi di portare l’attenzione della società sulle urgenze e che non sono ancora interamente percepite dalla maggior parte delle persone. È una tematica emergente nella sensibilità generale, ma non è mai stata così impellente come in questo momento.

Poi, l’attivismo non è un mestiere, non è un ruolo ma una postura che possono assumere tutti, e che ognuno può vivere con le proprie sensibilità e come proprio momento creativo. L’attivismo lavora tanto con immaginazione e immaginari. Chiunque di noi, avvicinandosi a queste tematiche, può fare attivismo con modi e ispirazioni propri che non sono ancora stati usati.

Ti va di lanciare un appello finale?

Certo. Durante quest’estate abbiamo già visto le conseguenze sulle nostre montagne e sul nostro ambiente di cosa significa vivere in un mondo che si avvicina sempre di più a quello dei 1,5 gradi – che rappresenta la soglia vivibile stabilita dagli scienziati. È necessaria un’analisi su quello che abbiamo vissuto in questa stagione. Tutto è già cambiato e si impone un esame di coscienza per capire cosa fare e quanto è importante fare qualcosa. È fondamentale affrontare tutto ciò subito, senza che questa necessità rimanga nella sensibilità di poche persone.

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Gli Stati Generali al Campo Base Festival

25 anni vissuti responsabilmente

Lorpen continua a progettare prodotti altamente tecnologici, introducendo la nuova Comfort Plus. E quest’anno festeggia un traguardo importante

_ di Pietro Assereto

Il marchio spagnolo del gruppo Ternua compie 25 anni. Un quarto di secolo all’insegna della responsabilità e della tecnologia. Il brand è infatti noto per essere stato pioniere nell’ideazione della tecnologia T3 (tre strati di filati diversi nella stessa calza), che ha migliorato combinandola con il sistema SLS (Selective Layering System) - un sistema di strati diversi disposti in aree strategiche in base all’attività da svolgere e alle condizioni in cui viene praticata - e che ora incorpora anche la tecnologia Comfort Plus nei modelli T3 Light Hikers e Running a media altezza.

L’obiettivo è continuare a fornire supporto alla calza, ma senza stringerla eccessivamente, in modo che durante le attività non lascino segni o infastidiscano l’atleta. Un prodotto, quindi, estremamente flessibile ed elastico, che si adatta a tutti i tipi di polpaccio, garantendo sostegno ma con il massimo comfort.

Il fine ultimo è sempre quello di proteggere i piedi, soprattutto durante la fase di massimo sforzo. Nota di merito per il modello

T3 Running Padded Eco 3 M&W che è stato aggiornato: da lunghezza short a mid, sempre con la tecnologia Comfort Plus integrata.

NOVITÀ PER LA PROSSIMA STAGIONE

Oltre alla tecnologia, Lorpen ha ridisegnato i suoi modelli nella collezione SS 24, introducendo nuove texture e combinazioni

di colori, optando per tonalità uniche, donando un aspetto più tecnologico alle calze, giocando con i toni per marcare la struttura della calza e i diversi strati di filato, mostrando a colpo d’occhio quali parti della calza sono più rinforzate e quali più ventilate.

UN SUCCESSO SEMPRE PIÙ SOSTENIBILE

Vale la pena ricordare che nell’ultima collezione FW 23/24 Lorpen ha annunciato il culmine del suo processo di trasformazione dei materiali tradizionali in altri materiali “eco” in tutti i suoi modelli, seguendo la sua roadmap di innovazione sostenibile, e ha anche presentato la prima calza biodegradabile, che le è valsa un ISPO Award. In questa collezione, il brand ha utilizzato il Red-Cycled Nylon (altamente resistente, ricavato da reti da pesca riciclate al 100%), il Coolmax EcoMade (ricavato da bottiglie in PET riciclate al 100%) o il Tencel, una fibra di cellulosa altamente traspirante di Lenzing che proviene da piantagioni di eucalipto sostenibili certificate.

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INFO : infor@LORPEN.com - LORPEN.COM
modello T3 Running Padded Eco 3 M&W con tecnologia Comfort Plus integrata
Il

Rispetto e concretezza

Il benessere dei dipendenti è un tema che sta molto a cuore a La Sportiva, motivo per cui sono state implementate alcune iniziative welfare. Ne abbiamo parlato con Romina Pinamonti, direttrice risorse umane

La Sportiva ha vissuto un importante percorso di crescita negli ultimi anni grazie alla capacità di investire in persone, innovazione, tecnologie avanzate, digitalizzazione e ricerca. I dipendenti sono parte integrante del processo di sviluppo, motivo per cui il brand ha deciso di implementare il pacchetto welfare volto a migliorare il benessere generale dell’azienda e dei suoi lavoratori. Dal primo luglio, infatti, l’azienda ha promosso alcune novità: sono state messe a disposizione tre navette per raggiungere l’azienda, è stata ampliata la flessibilità oraria di ingresso al mattino dalle 7:30 alle 9:00 (con conseguente uscita possibile dalle ore 16:00 in poi) e si è espanso il programma di attività outdoor così come le serate culturali e formative. Abbiamo avuto occasione di parlarne con Romina Pinamonti, direttrice HR.

Come avete deciso di inserire le nuove iniziative? Qual è l’obiettivo?

Il motivo dell’inserimento è elaborato: possiamo sicuramente dire che La Sportiva sta attraversando una fase di fortissima espansione aziendale per cui si sente l’esigenza di consolidare, veicolare e mettere in pratica valori che si porta dietro da 100 anni. Questo perché può capitare che, quando un’azienda cresce tanto e in fretta, la filosofia e il dna si possono sfilacciare. Abbiamo sentito quindi la necessità di ritrovarci attorno ai nostri valori e di comunicarli alla comunità aziendale. Secondariamente, con queste iniziative vogliamo creare un ambiente lavorativo coinvolgente e infondere un clima aziendale di squadra e una cultura del prodotto: quando andiamo a fare una ferrata tutti insieme, testiamo contemporaneamente i nostri prodotti. Quali risultati vi aspettate?

Per quanto riguarda un ritorno sull’investimento, non abbiamo assolutamente aspettative. O meglio, ci aspettiamo a lungo termine un ritorno culturale: un gruppo affiatato e un ambiente lavorativo nel quale le persone si possono riconoscere, stare bene e sentirsi rappresentate. Il benessere incide sulla produttività di un dipendente? Certamente. Il benessere ha tantissime sfaccettature, molte delle quali sono soggettive e personali. Ma crediamo che lavorare in un ambiente

Vogliamo creare un ambiente lavorativo coinvolgente e infondere un clima aziendale di squadra e una cultura del prodotto

dove si sta bene e nel quale si hanno legami duraturi e genuini possa influire sulla produttività generale dell’azienda. Avere persone ingaggiate e motivate, appassionate del prodotto, non può che avere conseguenze positive in qualsiasi tipo di lavoro. Dal contabile al designer. Lo dico con fermezza perché abbiamo ottenuto riscontri e feedback molti positivi da parte del personale.

C’è un legame tra il welfare e lo sviluppo sostenibile di un’azienda?

Sì, ed è indissolubile. Siamo un’azienda nel cui dna è insito il rispetto, facciamo tanto sotto questo punto di vista e vogliamo fare sempre di più: ci sono ancora tante praterie da esplorare. In tutto quello che facciamo –e quindi anche il welfare che abbiamo ideato – il tema della sostenibilità è insito. Da azioni più eclatanti come l’inserimento del sistema navette che riduce l’uso delle automobili private, ai temi riguardanti il territorio e la comunità. A tal proposito, infatti, facciamo parte di una fondazione locale che raggruppa le aziende della zona: sfruttiamo le sinergie mettendo anche a disposizione di piccole imprese le nostre risorse, creando una sostenibilità di valle.

Quali ulteriori azioni avete in programma?

Vogliamo introdurre con più forza il tema della connessione con la montagna. Come? Legandoci alla comunità organizzando serate informative con i nostri dipendenti sulla sicurezza, e programmando uscite per testare i nostri prodotti. Un altro aspetto sarà quello di coinvolgere maggiormente i nostri atleti e ambassador, che per noi sono un vero e proprio patrimonio: il fatto di creare un canale diretto tra dipendenti e atleti è qualcosa che vogliamo fare.

WORLD WELLNESS WEEKEND 2023

Anche quest’anno la Val di Fiemme ha ospitato il World Wellness Weekend. Giunto alla 7^ edizione, l’evento internazionale ha come obiettivo quello di promuovere il benessere psicofisico come stile di vita. Dal 15 al 17 settembre, ai piedi delle Dolomiti, si sono tenuti tre giorni di eventi, talk ed esperienze rese uniche dall’impareggiabile bellezza del territorio. Il tema scelto per quest’ultima edizione è stato il bosco, il vero cuore pulsante della Valle. Il territorio fiemmese è infatti un gigantesco polmone verde, dove il patrimonio boschivo amministrato dal 1111 dalle Regole locali della Magnifica Comunità di Fiemme oggi conta 60 milioni di alberi. Il bosco e il suo prodotto d’eccellenza, il legno, sono il filo conduttore che collega e riunisce i valori identitari di numerose aziende locali, conosciute ormai a livello internazionale.

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Sentirsi protagonisti del cambiamento

Essere, nel proprio piccolo, una fonte d’ispirazione: l’impegno ambientale e sociale di Ettore Campana, giovane bresciano appassionato di viaggi e sport

_ di Francesca Cassi

Mettere la propria energia e il proprio entusiasmo a supporto di cause più grandi di noi, per essere fonte di ispirazione e partecipare attivamente alla creazione di un futuro migliore. Così Ettore Campana si è lanciato in due grandi avventure, Cycling For Trees e Scalo Sogni, dimostrando come con forza di volontà e con nel cuore la giusta causa si possa arrivare lontano con qualsiasi mezzo e in qualsiasi condizione.

Ciao Ettore. Raccontaci un po’ di te: com’è nata la tua passione per lo sport e per le avventure?

Ormai sono tanti anni che lo sport è diventato il mio stile di vita – qualcosa di imprescindibile che mi fa stare bene. Soprattutto parlo degli sport all’aria aperta: l’importante è il contatto con la natura. Gli sport al chiuso non mi interessano. La passione per la montagna ce l’ho fin da quando sono bambino, quando andavo con i miei genitori. Dopo il periodo adolescenziale, è diventata una vera e propria pulsione che mi ha permesso di scoprirmi attraverso i miei viaggi e le mie avventure per il mondo. In particolare, il trekking all’Everest Base Camp ha acceso qualcosa di potente – il richiamo delle grandi montagne. Poi la passione si è autoalimentata. Dello scialpinismo, invece, mi piace l’indipendenza che dà nell’esplorazione delle montagne, la libertà che sta alla base di questa disciplina. Ricerco sempre l’avventura e la connessione con la natura, e lo scialpinismo mi rende libero di vivere le esperienze che voglio in quel momento.

Ci parli del tuo primo progetto, Cycling for trees?

Diciamo che si tratta del primo progetto che ho reso “pubblico”. Prima, dal 2013, quando sono iniziate le mie avventure all’estero, non condividevo molto a parte con amici e famiglia. Ma due anni fa, lo scontrarmi con l’impatto del cambiamento climatico mi ha spinto a voler fare qualcosa di più, di più concreto. Così è nato Cycling For Trees. Si trattava di pedalare da Brescia fino a Marrakech per permettere la piantumazione di una nuova foresta nelle Torbiere del Sebino, una riserva naturale in provincia di Brescia. Una bella sfida, soprattutto per trovare l’azienda che credesse in me perché non avevo mai documentato nulla. Credo di aver scritto almeno un centinaio di mail. Solo Wow Nature ha percepito il mio entusiasmo e la mia voglia di mettermi in gioco. Con loro, in sei mesi abbiamo raccolto 5.000 euro! Questi verranno utilizzati a ottobre per piantumare 230 alberi: il capitolo conclusivo di quest’esperienza che voleva sensibilizzare su quelle azioni semplici – come piantare un albero – che però possono fare una differenza enorme. Proprio Wow Nature mi ha comunicato la necessità di pubblicizzare l’idea soprattutto sui social. Così, ho creato il mio profilo Instagram e ho iniziato a usarlo come si deve.

Veniamo all’ultima tua avventura, Scalo Sogni.

Un progetto molto diverso. Intanto, la sfida sportiva era più impegnativa: ovvero, attraversare le alpi in bicicletta in solitaria con l’attrezzatura da scialpinismo legata alla bici per sciare grandi vette. Ma anche la sfida “sociale” era particolare: ho voluto dedicare quest’avventura ai bambini del reparto di Oncoematologia pediatrica dell’Ospedale Civile di Brescia. L’obiettivo era trasmettere loro un messaggio di speranza, di forza e tenacia. Alla mia partenza, hanno firmato delle bandierine che ho portato sempre con me.

Com’è nata l’idea?

L’intuizione l’ha avuta Tony Gialdini. Tony aveva un sogno: che qualcuno dedicasse qualcosa a questi bambini. Davanti al mio entusiasmo e alla mia voglia di mettermi in gioco, mi ha proposto subito questa cosa. Avevamo già iniziato una piccola collaborazione per Cycling For Trees – mi aveva fornito un satellitare e altre cose per il viaggio – e poi grazie a Scalo Sogni è nata una sintonia importante. Metterlo insieme è stato un tour de force: abbiamo deciso il tutto solo due mesi prima della partenza. Tony ha davvero messo il turbo per permettermi di partire.

Quant’è durato il viaggio?

Circa due mesi. Prima di partire, siamo andati a trovare i bambini due volte, per incontrarci e far firmare le bandierine. Poi, il 15 aprile, li ho salutati e sono partito. Ci ho tenuto fin da subito a farmi conoscere, mantenendo con loro un’interazione diretta grazie a una chat WhatsApp creata appositamente. Questo per me è stato il vero traguardo: il rapporto che si è creato con loro. Io li aggiornavo sulla traversata, e loro su quello che succedeva nelle giornate. Cosa ti ha colpito di più di questo lungo attraversamento delle Alpi?

Sono stato positivamente colpito dalle persone che ho conosciuto: ovunque mi trovassi, ho trovato persone che mi hanno ospitato. Quasi sempre i local erano incuriositi, aperti, e raccontando il mio viaggio e il progetto erano più che entusiasti di potermi aiutare. Adesso ho amici a Bormio, sulle Dolomiti, a Cervinia e a Chamonix! Ho trovato persone davvero meravigliose che hanno reso il viaggio memorabile. Molti incontri davvero insperati – vivevo giorno per giorno. Quali erano gli obiettivi a livello sportivo?

Gli obiettivi erano tre: raggiungere Chamonix partendo da Brescia; raggiungere la vetta di cinque cime oltre i 3.000 metri; raggiungere la vetta del Monte Bianco. Mi sono sentito da subito in una sorta di missione, e l’energia e i sogni dei bambini mi hanno dato una spinta pazzesca. Così, in totale, le cime sono state 33, concatenamenti compresi. Il Bianco è stata l’emozione più grande, anche perché ho pensato di dovervi rinunciare per il maltempo. Sono rimasto comunque in zona ad aspettare il momento propizio. Sono salito dalla via dei Grands Mulets per poi scendere sciando la parete nord. Che legame hai con la tua community?

Molto forte – mi sta spronando! Sono molto schietto sui social, condivido molto e tratto temi complessi. In parecchi mi chiedono consigli su come vivere la montagna in modo più sostenibile o su come non farmi abbattere dalla frustrazione vedendo il disinteresse generale sull’argomento. Quello che voglio comunicare è che bisogna sentirsi protagonisti del cambiamento, ognuno come può. Nel nostro piccolo possiamo essere una fonte di ispirazione. O almeno possiamo provarci: io lo faccio per essere in pace con me stesso.

Puoi anticiparci qualche sogno futuro?

Dunque, tra ottobre e novembre sicuramente farò un altro viaggio avventuroso in bici e in montagna alla ricerca di posti nuovi. Sarà un viaggio “propedeutico” per un sogno più grande che vedrà il via nel 2024. Ultimamente, mi sono imposto nuove sfide – non utilizzo più la macchina, per esempio, e sto riscoprendo la bellezza di fare tutto in bicicletta. Ti permette di valutare molto di più l’esperienza che il risultato. Ho moltissime idee in mente e tanta voglia di fare e continuare su questa strada.

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ECCEZIONALI
THE RESPONSIBLE
IMPRESE
Ettore Campana La partenza dall’Ospedale Civile di Brescia Ettore con la sua attezzatura da viaggio Segui tutte le avventure di Ettore sul suo sito

Tutte le facce di Polartec

Il brand americano mette al centro della sua filosofia una produzione responsabile. Come? Ce lo racconta Karen Beattie, director of product management

Quante e quali risorse il brand investe in termini di ricerca e sviluppo nell’area della responsabilità ambientale?

Polartec sta elevando le proprie capacità in ambito di materiali sostenibili esplorando nuove fibre, adottando tecniche di produzione avanzate, promuovendo l’innovazione e collaborando con i partner. Gran parte degli investimenti in R&S sono finalizzati al miglioramento della sostenibilità.

Oggi la parola “sostenibilità” è abusata. Cosa significa per Polartec e quali sono gli aspetti “responsabili” su cui il marchio sta principalmente lavorando?

Nei prossimi anni, la sostenibilità sarà sempre più caratterizzata da un impegno crescente verso i principi dell’economia circolare nell’industria della moda e dell’abbigliamento. Questo cambiamento comporterà un’ampia trasformazione rispetto alle pratiche di spreco del passato, in cui gli indumenti vengono gettati dopo un uso minimo. Polartec si concentra sulla progettazione di prodotti durevoli, riciclati e riciclabili. I materiali verranno acquistati in modo responsabile e verranno impiegate tecniche innovative per riciclare e rigenerare i rifiuti della moda in tessuti di alta qualità, riducendo al minimo l’impronta ecologica del settore.

Può darci un’anticipazione, a grandi linee, delle prossime innovazioni dedicate alla protezione dell’ambiente?

Lavoriamo costantemente su innovazioni dedicate alla protezione dell’ambiente. Per esempio, possiamo citare l’ultima novità di Polartec, Fresh Face, un trattamento di derivazione naturale, anti odore e privo di metalli per le tecnologie

tessili. Sfruttando il potere dell’olio di menta biologico della regione dell’Oregon, il deodorante a base vegetale ed estratto a vapore che offre un’alternativa sostenibile alle tradizionali soluzioni anti odore per tessuti, stabilisce un nuovo standard nella tecnologia di controllo degli odori, preservando al contempo la sensazione e le proprietà originali del tessuto. In futuro lanceremo alcune nuove fibre a base vegetale per raggiungere nuovi standard, due delle quali saranno presentate alle prossime fiere.

Quale parte del processo produttivo è più gestibile in termini di responsabilità? Su quale di questi processi Polartec ha concentrato la propria attenzione?

Polartec si concentra sull’intero processo grazie al suo impegno nell’Eco-Engineering, che impiega input sostenibili, tecniche di produzione avanzate, efficienza logistica, test e certificazioni rigorosi. Obiettivo: creare una pipeline di innovazione senza pari dedicata alla produzione di tessuti sostenibili con caratteristiche prestazionali d’eccellenza. Questo include le certificazioni Oeko-Tex e bluesign in tutti gli stabilimenti nel mondo. L’impegno di Polartec Eco-Engineering mira a stabilire un nuovo e più elevato standard “triple bottom line” per l’industria tessile: input sostenibili, tessuti riciclabili ed ecologici.

E in termini di responsabilità sociale? Come si comporta l’azienda?

Nel corso degli anni, Polartec ha sviluppato una solida filosofia di responsabilità sociale che analizza e gestisce l’impatto della nostra attività sui lavoratori e sulle comunità della nostra catena di fornitura. Il brand americano mette al centro della sua filosofia una produzione responsabile.

INFO : Polartec.com

Al passo con i tempi

Sympatex ha di recente presentato le sue nuove membrane completamente riciclabili.

Senza dimenticare la performance

Lo scopo del brand è quello di avere un business sostenibile. In che modo? Già al giorno d’oggi l’azienda si rifornisce con tessuti derivanti da materie prime riciclate e in futuro ha dichiarato che non utilizzerà mai materiali vergini provenienti dall’industria petrolifera. Il risultato è una membrana altamente funzionale e completamente riciclabile.

A LIVELLO PRESTAZIONALE:

• la membrana è compatta idrofila e priva di pori. Le catene molecolari idrofile presenti nella membrana assorbono il vapore acqueo e lo scaricano all‘esterno. La membrana funziona pertanto in modo dinamico e si adatta a qualsiasi condizione;

• è 100% impermeabile, testimoniato dal test dinamico di impermeabilità che Sympatex effettua simulando la camminata;

• è ottimamente traspirante in maniera dinamica. Le catene molecolari idrofile dissipano il vapore acqueo verso l’esterno. L’effetto aumenta dinamicamente all’aumentare della differenza di temperatura o umidità così da garantire una elevata traspirabilità;

• la membrana è estremamente estensibile, pertanto il comfort e la buona vestibilità sono assicurati.

FEATURES RESPONSABILI DELLE MEMBRANE

> 100% clima neutrale

> 100% riciclabile

> Priva di PFAS

> Riduzione dell’impronta di carbonio grazie ad almeno il 25% di contenuto biologico

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THE RESPONSIBLE ISSUE TEXTILE & TECH 100%Monomateriali P r o g r amma “meno èmeglio ” Detoxdell a cura ProdottiDurevoli L ami nat o d a materi alericiclato Solomaterialiriciclati Sistema collaborativo Riparazione e Ri>Uso Ri>Laminato Design Ecologico Manifattura Prestazioni Ri>Collocazione Ri>Ciclo Ri>Uso Ri>Generazione INFO : sympatex.com
Karen Beattie

Perchè rinunciare al Comfort durante le tue camminate?

La comodità prima di tutto. È facile pensare che per camminare vada bene qualsiasi pantalone che abbiamo nell’armadio, ma la realtà è ben diversa e lo scopriamo solo dopo aver percorso lunghe camminate, portandoci a casa i fastidi causati dall’abbigliamento non corretto. Redelk crea ogni suo prodotto per garantire momenti speciali a chi lo indossa, con focus specifico al comfort del camminatore. Sono l’amore per la natura e la voglia di esplorarla e ammirarla senza distrazioni che ci invitano a non perdere mai di vista il

comfort in ogni cammino. L’esperienza trentennale nella produzione di abbigliamento, unita alla nostra passione per l’outdoor, ci guidano nella scelta dei tessuti sempre più morbidi e confortevoli, nel perfezionamento della vestibilità più adatta per camminare, e nel creare prodotti che durino nel tempo. L’alce rossa simboleggia e rispecchia il carattere del brand: forza, coraggio e perseveranza ci motivano ogni giorno per migliorare.

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La divisione Sport Invernali di Salomon ha messo a disposizione i risultati della valutazione LCA dei prodotti e le proprie conoscenze sulla misurazione dell’impatto ambientale

_ di Francesca Cassi

Creare un sistema di riferimento per l’industria degli sport invernali in materia di innovazione e misurazione dell’impatto ambientale: questo è l’obiettivo di Salomon attraverso la condivisione dei dati ottenuti dalla valutazione del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) su tutta la tua gamma di prodotti – sci, scarponi, attacchi, snowboard. La valutazione tende a verificare l’impatto di ogni fase del processo di creazione del prodotto, dall’approvvigionamento dei materiali fino alla gestione del fine vita. Lo studio è iniziato nel 2019 ed è stato intrapreso allo scopo di comprendere l’impatto ambientale dell’offerta di prodotti Salomon e creare un punto di riferimento che incoraggi il settore a progettare prodotti sempre più sostenibili.

“Il nostro obiettivo è sviluppare una metodologia per calcolare l’impatto ambientale di tutte le attrezzature per gli sport invernali. Questo potrebbe diventare la base di un futuro sistema di etichettatura delle prestazioni ambientali dei prodotti. Vogliamo contribuire attivamente alla trasformazione del nostro settore”

SCI E SNOWBOARD - Per quanto riguarda gli sci da scialpinismo MNT, la ricerca ha dimostrato che è la resina a rappresentare l’elemento più inquinante - con il 26% dell’impatto totale del prodotto - seguita dal topsheet al 23%. Lo sci è inoltre realizzato con il 40% di materiali sostenibili.

Stessi risultati per lo snowboard HIghpath: anche qui la resina al 36%. Per quanto riguarda i materiali sostenibili, questi costituiscono il 28% del prodotto totale. Infine, per lo sci nordico S/Max eSkin, il componente più impattante è il laminato utilizzato nello sci, con il 34% dell’impatto complessivo. Il 45% del peso del nucleo è realizzato in plastica riciclata.

ATTACCHI E SCARPONI - In campo scarponi da sci (parliamo dell’S/ PRO 100) Salomon mostra che è la parte rigida dello scarpone a impattare di più: rappresenta il 44% dell’impatto complessivo. In campo attacchi, i più

problematici sono quelli da scialpinismo a causa della dimensione ridotta dei pezzi che determinano molto materiale di scarto. Il riciclo di quest’ultimi potrebbe ridurre notevolmente l’impatto globale degli attacchi. Per gli attacchi da snowboard, Rhytm, il componente più inquinante è la piastra di base PA6 che rappresenta il 46% dell’impatto complessivo del prodotto.

MASCHERE E CASCHI - Infine, passando a maschere e caschi, per le maschere Radium sono due componenti che rappresentano oltre la metà dell’impatto complessivo: il cinturino, con il 35%; e la custodia, con il 24%. I caschi, modello Brigade, presentano una calotta particolarmente impattate, responsabile al 23% dell’impatto complessivo. Anche il processo di tintura della calotta all’interno del casco non è trascurabile, con il 14%.

CHANGE OUR TOMORROW - L’azienda francese ha condiviso questi dati nella speranza che possano essere un punto di riferimento e spingano l’intera industria degli sport invernali verso una direzione più sostenibile e verso un futuro più leggero. Salomon è stata, tre anni fa, la prima azienda di sport invernali a prefissarsi un obiettivo SBT (Science Based Target) approvato dalla Science Based Target Initiative (SBTi) che definisce e promuove le migliori pratiche in materia di emissioni e target di zero emissioni nette. Il lavoro di analisi LCA supporta quindi il raggiungimento di questi obiettivi e, nell’ambito del programma “Change our Tomorrow 2030” Salomon ha delineato anche un obiettivo di trasparenza: mostrare l’impatto ambientale di tutti i prodotti entro il 2025

TRASH IS GOLD - Il lavoro di analisi del ciclo di vita ha già avuto un impatto tangibile importante in Salomon. Grazie agli esperti di sostenibilità interni all’azienda, i team che sviluppano le attrezzature per gli sport invernali hanno potuto modificare la progettazione dei prodotti per integrare materiali riciclati e trovare nuovi modi utilizzare meno materiali nuovi. Difatti, grazie al progetto di Salomon “Trash is Gold” i team di produzione hanno implementato materiali di scarto nelle bande laterali degli sci, in particolare nel modello Addikt Pro.

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SCI MTN ATTACCO RYTHM SNOWBOARD Fonte: salomon.com
Uniquely Yours Meet Del Día Every one-of-a-kind Del Día is made with high-quality repurposed fabric to keep material out of landfills. Artcrafts International S.p.A.sales@artcrafts.it

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