11 I Prowinter Outdoor, parola ai brand DATI & STATISTICHE
12 I Presentati i dati dell’Osservatorio Economico Sportsystem FOCUS ATTIVITÀ
17 I Sherpa3 di Claudio de Lorenzi INAUGURAZIONI
18 I Dynafit Speed Factory BRAND PROFILE
20 I Mountain Equipment, specialisti delle intemperie INTERVISTE
22 I Marco Busa, ceo Montura
24 I Brian Beckstead, co-fondatore Altra Running
25 I Luca Anghileri, product manager Ande
26 I Ruth Oberrauch, founder LaMunt PRODOTTO DEL MESE
28 I Kilo, lo scarpone da skialp più innovativo di La Sportiva #INSIDETHERACE
30 I L’importanza dei circuiti di gare TRAIL RUNNING
31 I La Pro Trail Runners Association
32 I La Terraskin di X-BIONIC CLIMBING
34 I L’Open Day di Kong
36 I Belay Experience Tour di Petzl
36 I The North Face Global Climbing Day
37 I La World Cup Paraclimbing #MONTURAPEOPLE
38 I Montura Editing compie 25 anni ALPINISMO
39 I Alpine Connections: intervista a Kilian Jornet
40 I Lo youtuber Inoxtag sull’Everest
41 I Marco Milanese vola dal Kilimangiaro TURISMO
42 I Dati positivi dalla fiera del camper
44 I I 15 cammini in terra sarda COLLABO
46 I norda e Soar per un apparel di qualità VETRINE PRODOTTO
48 I Vaude, Trezeta
50 I Climbing Technology, Lowa, Montura
51 I Aku, CMP, Jack Wolfskin, Mico SNOWCORNER
52 I Assemblea generale dell’Anef
53 I FISI: al via la stagione 24/25
54 I Prowinter 25, parla Geraldine Coccagna
Marco Busa
VISIONI
E SOLUZIONI GLOBALI
Da sempre Outdoor Magazine, oltre a essere diventato un punto di riferimento per la outdoor industry italiana, ha avuto l’ambizione e l’obiettivo di allargare le proprie vedute anche a livello internazionale. Anche perché quello che avviene negli altri mercati esteri può essere un importante spunto per tutti gli operatori nazionali. Inoltre, in un mondo sempre più globalizzato e connesso, è sempre più strategico allargare punti di vista, contatti e visioni.
Partiamo dai numeri. È importante rimarcare come negli ultimi quattro anni il mercato si sia rivelato decisamente volatile e soggetto a notevoli fluttuazioni in senso positivo e negativo. Una situazione insolita per il nostro settore che, negli anni pre-Covid, ci aveva abituato a una crescita lenta, graduale e continua. In qualche modo sana e “sicura”. Il Covid in primis ha smosso questi equilibri. Paradossalmente la più grande pandemia dell’epoca moderna, come sappiamo, ha generato per due anni poderosi e in parte inaspettati effetti benefici sulle vendite e i bilanci dell’outdoor industry. Con due in particolare (2021 e 2022) chiusi con incrementi abbondantemente a doppia cifra. Di contro il 2023 e – pare ormai assodato – anche il 2024, hanno invece generato per tutti i brand sensibili cali di fatturato (anche se non tutti lo dichiarano apertamente). Con percentuali dal -10 al -30% per entrambe le annate e grandi overstock di magazzino sia sul fronte delle aziende che dei retail, in particolar modo lo scorso anno.
Certo, per la legge dei grandi numeri e a rigor di logica, c’è da aspettarsi (e augurarsi) che la situazione possa tornare a riallinearsi nel 2025 e soprattutto nel 2026. Va però sottolineato che le condizioni al contorno che ci attendono nei prossimi due anni sono differenti e più sfidanti rispetto a quelle che, pur non prive talvolta di alcune problematiche, hanno caratterizzato i precedenti 20. Vale a dire da quando l’outdoor ha iniziato a prendere una forma compiuta come mercato anche in Italia. A proposito: in tutto questo periodo (e anche prima ovviamente) svariati marchi nostrani hanno messo solide basi per la loro crescita proprio partendo da una forte presenza nei mercati nazionali. E i marchi italiani non hanno fatto ecce-
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Direttore editoriale: BENEDETTO SIRONI
zione, pur essendo votati chi più chi meno a un presidio sempre maggiore anche dei principali mercati esteri. Solo fino a pochi anni fa, per fare un esempio, tanti brand italiani erano grandi protagonisti negli USA sia come vendite a livello numerico che come posizionamento nei migliori outdoor store statunitensi.
Oggi ovviamente molti di loro continuano ad avere una buona o discreta presenza nel mercato a stelle e strisce, così come in altri Paesi. Ma le dimensioni delle aziende italiane in media continuano a essere più piccole rispetto a quelle di importanti brand o gruppi con size da multinazionali. La concorrenza inoltre è aumentata e ci sono brand sempre più presenti, aggressivi e in costante crescita che semplicemente qualche manciata di anni fa non esistevano (pensiamo solo a On e HOKA nel footwear, per esempio, così come ad altri vari marchi emergenti e molto “in hype” di cui vi abbiamo parlato nel numero 7/8).
Dall’altra è indubbio che la situazione geo-politica attuale sia particolarmente instabile, assai più di quella delle decadi precedenti, dove pur non sono mancati i conflitti.
In questi scenari, oltre alla visione di cui accennavamo sopra, occorre senza dubbio rafforzare anche la presenza effettiva del proprio brand in chiave internazionale. Innanzitutto perché è assai probabile che il mercato domestico sia ben presidiato o magari saturo. Inoltre perché così facendo si aumenta la differenziazione diminuendo il rischio d’impresa, oltre ad accrescere l’awarness del marchio. Una presenza importante e strutturata in numerosi Paesi può portare, inoltre, benefici in termini di stimoli, arricchimento culturale, nuove idee e relazioni. In questa direzione, oltre a consolidare ancor più l’attenzione su argomenti, analisi e dati internazionali sui canali di Outdoor Magazine e degli altri nostri media, il gruppo MagNet annuncia una grande novità che riguarda gli Outdoor & Running Business Days: dal 2025, in occasione dell’11esima edizione, avranno un focus e un’attenzione particolare proprio verso i mercati esteri, come vi spieghiamo nell’articolo dedicato. Perché dalla crisi – ci auspichiamo pur sempre passeggera e non sistemica –del mercato outdoor si esce anche e soprattutto grazie a visioni e soluzioni globali.
Benedetto Sironi benedetto.sironi@mag-net.it
Contributors: KAREN POZZI, MANUELA BARBIERI, PIETRO ASSERETO, SARA CANALI, BENEDETTA BRUNI, TATIANA BERTERA, CRISTINA TURINI, PAOLO CASSANO, MAURIZIO TORRI
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Redazione: Corso della Resistenza, 23 - 20821 Meda (MB) Via Tertulliano, 68 - 20137 Milano Tel. 02.87245180 - Fax 02.87245182 redazione@outdoormag.it www.outdoormag.it
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Chiuso in redazione il 21 ottobre 2024
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BORIS ZANOLETTI NOMINATO
AMMINISTRATORE DELEGATO DI INTERSPORT ITALIA
Nel suo nuovo ruolo, Boris, attualmente direttore generale di Cisalfa Group, continuerà a guidare le strategie di crescita del Gruppo e, al contempo, si occuperà dello sviluppo di Intersport Italia, oggi uno tra i punti di riferimento nel mercato italiano dell’abbigliamento e delle attrezzature sportive. “Intersport Italia ha un ruolo di punta all’interno di Cisalfa Group e conta circa 130 affiliati, con oltre 260 negozi in Italia, ai quali garantiamo, attraverso la costruzione di una duratura relazione basata sulle competenze e sulla sinergia, la possibilità di acquistare prodotti di circa 80 brand. Sono felice di essere alla guida di Intersport Italia e di promuovere la sua evoluzione, sempre più in stretta sinergia con la strategia di crescita del Gruppo”, ha dichiarato Zanoletti.
JOSEE LAROCQUE NEO CEO DI ELEVATE OUTDOOR COLLECTIVE
Elevate Outdoor Collective, la casa madre di K2, Marker, Dalbello, Völkl e tanti altri, ha annunciato che Josee Larocque lascerà il suo ruolo di coo per diventare la nuova ceo dell’azienda, andando a sostituire John Colonna. “Sono entusiasta di avere, in questo ruolo di ceo, l’opportunità di riunire tutti i membri del team Elevate in un’unica cultura globale in grado di sviluppare, innovare e offrire ai nostri clienti emozioni e valori senza pari. La nostra forza risiede nel nostro personale e nella capacità di collaborare tra i team di progettazione, ingegneria, produzione, operazioni e commerciali che danno vita ai prodotti e ai marchi per i nostri clienti, offrendo loro un’esperienza complessiva migliore della categoria”.
NUOVE FIGURE
AI VERTICI DI PRIMALOFT
L’azienda ha annunciato la nomina di Chris Gallo a senior vice president of product strategy e di Andrea Paulson a senior vice president of innovation and technology. Queste assunzioni sottolineano la nuova visione strategica di PrimaLoft, mirata a innovazioni di prodotto che consentano di vivere esperienze autentiche, riducendo al contempo l’impatto ambientale. Con un curriculum importante presso marchi come New Balance, adidas e Reebok, Gallo porta con sé una forte esperienza: svolgerà un ruolo chiave nel promuovere la crescita dell’azienda tramite l’eccellenza di prodotti e innovazioni dirette al consumatore. L’arrivo di Paulson indica il passaggio strategico di PrimaLoft verso un’innovazione di prodotto orientata all’utente; quando era in Saucony, Paulson ha guidato lo sviluppo e l’innovazione dei materiali, cosi come lo Human Performance Lab e ha contribuito a plasmare il futuro delle calzature tecniche.
INTERNATIONAL NEWS
KONG APRE UNA SEDE A SHANGHAI
Questo traguardo rappresenta un passo importante nella strategia di crescita internazionale, rafforzando ulteriormente la presenza di Kong nel mercato asiatico. La nuova sede, che include uffici commerciali, un ampio magazzino e un centro di formazione all’avanguardia, è pensata per supportare lo sviluppo di Kong in Asia, portando il know-how del brand e la qualità made in Italy sempre più vicino ai clienti locali. Kong si è dichiarata entusiasta di offrire un servizio ancora più efficiente e personalizzato, mantenendo i suoi standard elevati di sicurezza e innovazione. “La produzione resta concentrata in Italia. Vogliamo portare il meglio del made in Italy in tutto il mondo, e questa nuova apertura è un tassello fondamentale per seguire da vicino un mercato così importante per noi” ha commentato Davide Losa, direttore commerciale Kong.
NEW BALANCE STABILISCE LA SEDE EMEA AD AMSTERDAM
Il brand ha ufficialmente inaugurato i nuovi uffici presso A-Factorij nel quartiere Schinkel di Amsterdam, vicino allo Stadio Olimpico, come nuova sede EMEA. New Balance ha firmato un contratto di locazione di 3.865 mq in un edificio ampio 12.000 originariamente costruito negli Anni ’50 come come fabbrica di biciclette e convertito in uno spazio per uffici creativi nel 2002. Nel 2020, la struttura è stata acquisita dalla società immobiliare Jamestown, nota per i suoi progetti di riutilizzo adattivo su larga scala, tra cui il Groot Handelsgebouw a Rotterdam e l’Industry City a Brooklyn. Lo spazio New Balance presso A-Factorij comprende un’area per uffici creativi, showroom e uno studio per la creazione di contenuti e ospita oltre 150 dipendenti. “Siamo lieti di trasferirci in un’area così altamente innovativa, creativa e vibrante che riflette così bene il carattere e la personalità del marchio New Balance”, ha affermato Mathias Boenke, vicepresidente senior della regione EMEA di New Balance.
FERRINO
ACQUISISCE LA DISTRIBUZIONE DI FACTION SKIS
Il brand di Torino ha annunciato di aver raggiunto un accordo con Faction Skis, il brand nato a Verbier nel 2006, per la sua distribuzione nel nostro Paese. Si tratta di marchio emergente per lo scialpinismo, creato da un collettivo indipendente di sciatori, artisti, cineasti, ingegneri, partner uniti dall’amore per la montagna. l marchio torinese ha di recente concluso la collaborazione decennale con Black Crows che avrà una nuova gestione per l’Italia da parte di Midi Management di cui fa parte anche Grivel. Ferrino non si è fatto cogliere impreparato e ha subito chiuso l’accordo per la distribuzione del marchio Faction Skis. L’accordo partirà dal 1° gennaio 2025, per la campagna ordini FW25. Insieme a Faction, Ferrino distribuirà anche United Shapes, marchio di snowboard, e Phaenom, brand di scarponi da freeride.
BROOKS INAUGURA IL SUO PRIMO STORE IN CINA
Il marchio americano ha ufficialmente aperto il suo primo store nella Cina continentale. Il negozio, di oltre 1.200 mq e situato all’interno del centro commerciale Kerry Center a Shanghai, ha parzialmente aperto a metà luglio, ma è stato poi ufficialmente inaugurato in congiunzione con il lancio della nuova Glycerin Max. Per il design dello store, Brooks ha chiamato L.L. Lab, un’azienda di architettura con sede a Shanghai, per ricreare la stessa sensazione che sente il runner mentre punta all’orizzonte. Il concetto si rifà al nuovo claim del brand “Let’s Run There”, che incoraggia le persone a celebrare il potere della corsa e a raggiungere le loro destinazioni. Il negozio sfrutterà inoltre i display per promuovere gli ultimi lanci prodotto del brand ogni circa 60 giorni. Oltre al punto vendita, Brooks userà altre strategie di marketing in giro per il centro commerciale per pubblicizzare il nuovo store e i prodotti ai consumatori.
Chris Gallo
Josee Larocque
Boris Zanoletti
Andrea Paulson
JANJA GARNBRET IN VISITA
DA CAMP A PREMANA
La slovena Janja Garnbret, 25 anni, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo e di Parigi, è considerata la più forte climber di tutti i tempi. Nonostante i successi e la celebrità, non ha tuttavia perso la sua autentica spontaneità. Nei giorni scorsi, in visita quasi a sorpresa nella sede di C.A.M.P. a Premana, ha conquistato tutto lo staff. Il brand collabora con Janja Garnbret dal 2014 e nei prossimi mesi lancerà sul mercato una linea esclusiva di prodotti che portano la sua firma. Un progetto di cui la top climber è entusiasta, come ha ribadito incontrando il personale dell’azienda. Janja, sempre sorridente, si è intrattenuta con dipendenti e collaboratori: ha parlato con loro, ha raccontato i suoi progetti e non si è sottratta a decine di fotografie e autografi. Proprio come le accade dopo ogni competizione, quando è attorniata da giovanissime e giovanissimi che in tutto il mondo fanno il tifo per lei. E il team di C.A.M.P. – tutti appassionati e praticanti, senza eccezioni – si è stretto attorno alla sua stella facendola sentire a casa.
EVENTI
OUTDOOR 2025:
LE NOVITÀ E L’IMPEGNO “20-20-20” DELLA FIERA DI MONACO
SCARPA PROTAGONISTA NEL FREERIDE
CON NIKOLAI SCHIRMER
Con il lancio dello scarpone 4-Quattro Pro, il noto sciatore e filmaker e l’azienda veneta portano innovazione e sostenibilità tra gli appassionati della disciplina. Il nuovo prodotto, disponibile nei prossimi giorni, è adatto a pendii ripidi, creste e linee estreme, ed è il più leggero e performante sul mercato. L’atleta, considerato un’icona dagli appassionati della disciplina per la sua capacità di raccontare storie attraverso contenuti video di qualità, diventa così ambassador di SCARPA a livello mondiale. Negli ultimi mesi Schirmer ha potuto testare “su pista” il 4-Quattro Pro, fornendo all’azienda indicazioni preziose per la sua realizzazione. Celebre per le sue discese su pendii ripidi e in condizioni estreme, sarà inoltre protagonista di un video promozionale, disponibile a breve sui canali social del brand, in cui si potranno ammirare le sue evoluzioni.
Durante l’ultima edizione dell’European Outdoor Summit è stato presentato il nuovo concetto dietro alla fiera Outdoor 2025 elaborato da due dei principali protagonisti del settore, ovvero EOG (European Outdoor Group) e Messe Monaco. OutDoor 2025 si terrà nei padiglioni della fiera della città tedesca dal 19 al 21 maggio con un impegno “20-20-20” da parte dei partner del salone, con la promessa di aumentare il numero di espositori di marchi del 20% e il numero di visitatori retail del 20%, mentre si riduce il costo di partecipazione del 20%. La volontà di EOG e Messe München è quella di fornire una piattaforma commerciale di alto valore e a lungo termine per rappresentare e servire l’intero settore outdoor, inclusi marketing e comunicazioni, design, approvvigionamento, responsabilità sociale d’impresa e sostenibilità, e altro ancora.
L'OUTDOOR INDUSTRY ASSOCIATION
TORNA IL MILANO
MONTAGNA FESTIVAL
L’appuntamento è per il 26 e 27 ottobre a Fondazione Giangiacomo Feltrinelli in via Pasubio 5 a Milano. Due intense giornate ricche di incontri, talk, film, documentari, mostre ed esperienze. Lo storico Milano Montagna Festival, che dal 2014 chiama a raccolta gli appassionati e curiosi delle terre alte, torna dopo qualche anno di assenza grazie all’associazione IDA Idee Dall’Alto. Gli storici fondatori Laura Agnoletto e Francesco Bertolini da quest’anno hanno deciso di affidare il Festival al collettivo “I.D.A. Idee Dall’Alto” dei soci Francesca Davide, Michela Belli, Marco Mascheroni, Marco Zambaldo. Il Milano Montagna Festival riparte e ritrova così nuova luce. L’obiettivo del festival è quello di creare un contesto urbano dove conoscere e approfondire le più belle storie e incontrarne i protagonisti. “Tempo di montagna” è il tema di quest’anno.
LASCIA OUTDOOR RETAILER E SI ALLEA CON SWITCHBACK
Tempi di cambiamenti per il settore americano. Outdoor Retailer e Outdoor Design + Innovation hanno annunciato la cancellazione del loro evento di novembre 2024 a Salt Lake City, l’Outdoor Retailer Winter Market, concentrandosi invece su un unico grande show annuale a giugno a partire dal 2025. Una decisione che molti davano già per assodata e che è stata presa dopo un’attenta valutazione del feedback da espositori e partecipanti in seguito all’evento di giugno 2024, evidenziando l’importanza del periodo di vendita estivo per il settore.
Confermato invece Switchback, che si presenta come luogo di ritrovo per la business community dell’industria outdoor e unisce un programma di formazione e di networking che offre anche la possibilità di effettuare ordini commerciali. Switchback può contare sul supporto dell’Outdoor Industry Association: una partnership strategica annunciata a luglio 2024. Dopo 30 anni di sodalizio infatti, l’OIA ha concluso la sua collaborazione esclusiva con Emerald Expositions, l’operatore fieristico a capo di Outdoor Retailer. Il sodalizio tra Switback e l’OIA nasce per rafforzare l’impatto, l’efficacia e la partecipazione alla fiera statunitense ma anche per supportare le connessioni e la crescita del settore. Durerà tutto l’anno, debutterà all’evento inaugurale di Switchback Spring a Nashville, Tennessee (16-18 giugno 2025) e includerà anche il supporto per l’appuntamento autunnale di novembre. Per entrambi gli eventi, Switchback e OIA collaboreranno per accogliere rivenditori specializzati, marchi, organizzazioni e media con un interesse diretto alle esperienze outdoor – tempo trascorso sui sentieri, nei campeggi e come parte di uno stile di vita outdoor tutto l’anno.
IL GRUPPO BOLLÉ BRANDS OTTIENE
LA CERTIFICAZIONE B CORP
Questo risultato testimonia l’impegno costante dell’azienda per elevati standard di prestazioni sociali e ambientali, responsabilità e trasparenza. Bollé Brands ha ottenuto un punteggio di 86,8 entrando così a far parte del gruppo delle oltre 500 grandi aziende privilegiate che hanno ottenuto il marchio B Corp. Bollé Brands è onorata di essere di ispirazione per il suo settore verso un modello di business più sostenibile ed etico, entrando a far parte di un movimento di aziende interessate ad avere un impatto positivo sul mondo. Dal 2021, Bollé Brands ha intrapreso un percorso di trasformazione per rimodellare il suo programma e la sua strategia ESG. L’azienda ha fissato obiettivi e azioni ambiziosi per il 2027 e il 2030. Questi nuovi traguardi hanno influenzato Bollé nella gestione dei processi di implementazione, di trasformazione e di progettazione dei prodotti, coinvolgendo anche i propri dipendenti.
DECATHLON PULSE IN PARTNERSHIP CON UNSPUN PER UNA PRODUZIONE GREEN IN EUROPA
BOOM DEL TURISMO SOSTENIBILE A LIVELLO GLOBALE: +234% ENTRO IL 2031
Il turismo sostenibile sta vivendo una crescita esponenziale, affermandosi come uno dei principali trend del settore turistico a livello globale. Secondo un recente report di Coherent Marketing Insights, questo mercato raggiungerà un valore di 2,61 miliardi di dollari nel 2024 e, entro il 2031, arriverà a toccare 8,73 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuale del 18,8% e un aumento del 234% rispetto ai dati attuali. Questa trasformazione è alimentata da una crescente consapevolezza ambientale e sociale da parte dei viaggiatori, che sempre più spesso scelgono destinazioni ed esperienze che rispettino i criteri ESG (Environmental, Social, Governance). Un sondaggio ha rivelato che il 64% dei turisti è disposto a pagare di più per viaggi che rispecchino questi principi, evidenziando l’importanza di adottare pratiche sostenibili per attrarre una clientela responsabile.
Decathlon Pulse intende collaborare al fianco di unspun, azienda di tecnologia per la moda, come partner industriale per diffondere la tessitura 3D in Europa al servizio di molti brand europei. La start-up californiana punta a lanciare le sue macchine Vega per aprire la strada nel vecchio continente a una produzione locale, con bassi scarti di tessuto e basse scorte di magazzino. L’avanzata tecnologia di tessitura 3D Vega, rivoluziona il processo di produzione creando prodotti semifiniti direttamente dal filato. La visione di unspun si spinge oltre il ridurre le emissioni di carbonio, lanciando in anteprima capi d’abbigliamento e metodi di produzione innovativi. Vega libera il potenziale scalabile di una produzione su richiesta, permettendo ai marchi di aprire microimpianti per la manifattura automatizzata e localizzata. Con la direttiva quadro sui rifiuti all’orizzonte, l’approccio e la tecnologia di unspun offrono ai brand una gestione migliore dei livelli di scorte dei prodotti finiti, riducendo gli sprechi legati agli stock invenduti. Facendo fronte alla sovraproduzione e alle emissioni, il metodo a basse scorte di unspun è fondamentale per combattere il crescente problema dei rifiuti in tutto il mondo, che si stima aumenterà del 70% entro il 2050.
Il percorso responsabile di Ternua
Il marchio basco è diventato una società B Corp dopo che una rigorosa valutazione ne ha stabilito l'impatto positivo sulla società e sull'ambiente. Per ottenere ciò, il brand è stato valutato in cinque aree di impatto - lavoratori, ambiente, clienti, governance e comunità - e ha ottenuto un punteggio di 95,7 punti, ben al di sopra della media delle aziende che completano la valutazione (50,9) e riuscendo a superare agevolmente l'asticella degli 80 punti, il minimo per ottenere la certificazione. Questo riconoscimento arriva in un momento molto speciale poiché quest'anno Ternua celebra il suo 30° anniversario.
"Siamo molto contenti di questo risultato e molto orgogliosi poiché riconosce il nostro buon modo di fare le cose. Rappresenta una pietra miliare in un percorso di miglioramento continuo iniziato molto tempo fa e, come azienda B Corp, ci impegniamo a continuare ad attuare i cambiamenti necessari che ci consentano di avvicinarci sempre di più all'obiettivo di diventare un’azienda migliore, allineando ulteriormente i nostri valori con la missione aziendale. Fin dall'inizio, abbiamo scelto di dare più importanza a come agiamo piuttosto che a cosa facciamo, concentrandoci sul farle nel modo più etico possibile, riducendo l’impatto negativo della nostra attività e aumentando l’impatto positivo sul nostro personale, sulla società e sul pianeta. Il nostro motto è 'Change Priorities' e lo scopo è chiaramente aiutare a mantenere il ciclo della vita in movimento proteggendo, creando e avanzando” Jokin Umerez, direttore generale di Ternua Group
Le aziende B Corp, per mantenere la certificazione, vengono rivalutate ogni tre anni secondo gli standard B Lab, che anch'essi si evolvono e migliorano sempre. Oggi sono già più di 8.200 aziende provenienti da 96 Paesi diversi appartenenti a 162 settori che si muovono nella stessa direzione sotto la certificazione B Corp. In Spagna ce ne sono solo 260.
ORBDAYS 2025: RITORNO AL FUTURO IN CHIAVE INTERNAZIONALE
Forte espansione verso i mercati esteri, ospiti prestigiosi, analisi e meeting strategici.
Oltre a una riscoperta dei valori e dell’importanza dell’outdoor sotto svariati punti di vista.
Presentata a Madrid, l’undicesima edizione del trade show di Riva del Garda, location iconica e di riferimento per il settore, svela importanti novità e offre nuovi stimoli a tutta la industry
Una sorta di “ritorno” alle origini ma con gli occhi ben puntati al futuro. Questa la duplice sfida degli ORBDAYS, evento lanciato dieci anni fa dal gruppo MagNet e divenuto negli anni la fiera italiana di riferimento per i settori outdoor e running. L’undicesima edizione, infatti, che si volgerà a Riva del Garda il 25-26 maggio 2025, punterà anche a una decisa e strategica internazionalizzazione.
di Karen Pozzi
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE - A partire dai feedback ricevuti, dall’esperienza dell’organizzazione dei dieci anni trascorsi, dalla sua conoscenza dei mercati in cui si muove e dal supporto delle aziende, ORBDAYS prospetta una crescita importante puntando ai Paesi più rilevanti nell’outdoor e nel running. L’obiettivo è quello di diventare punto di riferimento per i negozi internazionali e per le aziende (non solo italiane) la piattaforma ideale per incontrare nuovi mercati, allargare la distribuzione e riunire in un solo evento più target. Il primo annuncio ufficiale di questa internazionalizzazione giunge da Madrid dall’headquarter spagnolo di Green Media Lab, prima tappa di un road show internazionale, dove gli organizzatori hanno incontrato rappresentanti di aziende, retailer e media del mercato iberico con lo scopo di coinvolgerli e concordare la loro partecipazione. Ma il trade show, insieme a partner importanti come Italian Outdoor Group, Assosport e ICE, punta a rivolgersi anche a molti altri Paesi. In primis quelli dell’area germanica e i principali stati europei, senza trascurare i mercati oltre oceano.
L’EVENTO - “Ci vediamo a Riva”, questa la frase più ricorrente tra colleghi, clienti o partner dell’outdoor e running industry nei mesi che precedono Outdoor e Running Business Days. E da qui MagNet è partita per ripensare all’immagine grafica e all’identità dell’evento, con l'obiettivo di conferire un ruolo centrale alla location e, giunto all’undicesima edizione, guardare alla seconda decade in chiave internazionale. “The place to be” aveva affermato l’organizzazione appena conclusa la decima edizione, andata in scena il maggio scorso, e oggi diventa il claim dell’appuntamento di Riva del Garda. Perché esserci significa fare del bene al proprio business, ma anche al mercato in cui si muove, che sia running o outdoor. In un periodo storico ricco di sfide continue, sempre di più acquisisce valore il motto "l’unione fa la forza". La prospettiva è quella di superare i già notevoli numeri del 2024: 230 marchi presenti, 1.200 retailer per 530 insegne, oltre 4.000 operatori presenti nella due giorni, più di 9.000 test effettuati, 30 presentazioni. Dati emblematici che confermano la bontà della formula: un mix ben calibrato tra esposizione, ordini, incontri di business, anteprime prodotto, ospiti speciali, workshop, occasioni di relax, divertimento e condivisione come l’attesissimo e imperdibile ORBDAYS Party.
WORKSHOP, PRESENTAZIONI, EXPERIENCE E MEETING
Ad animare questa intensa due giorni, infatti, non ci saranno solo i consueti spazi espositivi e gli showroom di oltre 300 brand all’interno del quartiere fieristico di Riva del Garda. ORBDAYS è molto di più: una piattaforma multifunzionale al servizio dei brand dove organizzare momenti differenti per trasmettere un bagaglio di conoscenza. Previste, come di consueto, coinvolgenti experience, presentazioni, workshop e test di prodotto. Inoltre, l'edizione 2025 vuole portare l’attenzione su temi di grande rilievo e sui valori di riferimento per tutto il settore attraverso tavole rotonde e meeting strategici coinvolgendo ospiti prestigiosi, anche extra-settore. Come quello organizzato da MagNet presso la sede milanese di Green Media Lab lo scorso anno insieme a McKinsey & Company, durante il quale erano già stati anticipati e affrontati temi di grande rilievo per tutto il settore. Al centro del confronto numeri, ricerche di mercati e trend. Con l’obiettivo di organizzare dei veri e propri stati generali internazionali del mondo outdoor e running. Attività che possono peraltro contribuire in misura sostanziale sui bilanci di una nazione, generando maggior introiti diretti e minori spese sanitarie. Da qui l’importanza di inserirli al centro del dibattito anche istituzionale e politico, grazie a una loro maggior valorizzazione e alla diffusione di una corretta cultura.
RIVA DEL GARDA: IL PARADISO DELL’OUTDOOR - Indubbio punto di forza dell’evento è la location, insieme alla vicina Arco una delle “capitali” delle attività all’aria aperta, perfetta dunque per richiamare la community dei settori outdoor e running: punto di congiunzione tra le acque del lago e le Dolomiti del Brenta, Riva del Garda è una destinazione di riferimento europea e mondiale per gli amanti dell’outdoor. Per questo costituisce senza dubbio un’ulteriore attrattiva per gli operatori esteri, ai quali saranno proposti anche attività collaterali e dedicate.
LE DATE - A partire dal successo della scorsa edizione e dai feedback ricevuti da negozianti, aziende e media, MagNet conferma il 25 e 26 maggio 2025 come date dell’evento. Infatti, la scelta di collocarlo all’inizio della stagione in ottica di presentazione e di lancio delle collezioni si è rivelata vincente perché ha messo d’accordo visitatori ed espositori: alcuni di loro hanno deciso di organizzare anche nei giorni precedenti la fiera il proprio sales meeting, ottimizzando così tempo e risorse e sfruttando questo timing ideale per la presentazione delle nuove collezioni. Indipendentemente dalla data, la fiera si rivela comunque un’occasione importante non solo e non per forza legata alla campagna vendita, ma anche per l’apertura di nuove relazioni, contatti e occasioni di confronto reciproco.
Un’opportunità che diversi brand specializzati hanno colto al volo, quella di partecipare a una fiera che per anni è stata punto di riferimento per il noleggio e lo sci. Quali sono i motivi di questa scelta e quali le aspettative? _ a cura dell'Italian Outdoor Group
È nata Prowinter Outdoor, in programma dal 13 al 15 gennaio 2025 a Bolzano. Un’espansione al settore outdoor della fiera Prowinter, appuntamento già di riferimento per il noleggio e lo sci. Un’iniziativa che vede coinvolti in rapporto di partnership operativa Fiera Bolzano, Italian Outdoor Group, il gruppo che raccoglie i principali marchi italiani del settore outdoor nell’ambito dell’associazione Assosport e MagNet.
_LE DOMANDE
Prowinter Outdoor rappresenta un laboratorio ideale per un nuovo concetto di outdoor invernale, basato sulla contaminazione delle stagioni in ragione dei nuovi scenari climatici e dell’evoluzione delle forme di esperienza a contatto con la natura con o senza neve.
Abbiamo dato voce ad alcune aziende associate che credono in questo nuovo progetto e hanno già confermato la loro presenza all’evento.
1_Cosa penso del progetto Prowinter Outdoor? 2_Con quali obiettivi partecipo alla fiera? 3_La mia idea sul futuro del mercato outdoor nella stagione invernale
MGM – Halinka Fietta, marketing manager
1_Credo si tratti di una bella opportunità per le aziende dell’outdoor. Come si è spesso detto, la dimensione locale dell’evento fieristico si sta dimostrando assolutamente efficace (non solo in Italia) e ritengo che quest’onda vada cavalcata al meglio per il bene del nostro business a livello internazionale. La case history italiana vede in questo momento i brand di estrazione squisitamente outdoor presentare le loro collezioni winter, che in certi casi sono considerate collezioni “minori” aderendo al format vincente di Prowinter. Le aspettative sono alte e ci auguriamo che l’output sia soddisfacente. Noi abbiamo scelto di esserci e siamo positivi.
2_Con l’obiettivo di dare peso e consistenza al business invernale dei nostri brand di calzature, certi che il contenitore giusto aiuterà anche una giusta comprensione del prodotto, delle sue funzioni e del suo potenziale. In particolare, le nostre linee winter si prestano sia a un’interpretazione indipendente di prodotto tecnico, sia in accostamento al mondo sci e neve in generale, quali prodotti complementari di assoluta necessità per chi vive la montagna a tutto tondo, tutto l’anno. Prowinter sarà sicuramente il posto giusto per raccontare tutto questo.
3_Rafforzare la dimensione winter dell’outdoor è una scelta importante, oltre che strategica. La montagna d’inverno, infatti, non è solo sci. È anche trekking, ciaspole, avventura, escursione e, per alcuni, lavoro. Ritengo quindi fondamentale il ruolo delle aziende e dei brand nell’accompagnare il consumatore verso un’esperienza di montagna sempre più ampia e profonda. Se sapremo innovare e continuare a essere interessanti, il business invernale potrà acquisire, anche per un’azienda come la nostra, un sapore decisamente più interessante.
LA SPORTIVA – Andrea Ranalletti, trade marketing manager
1_Riteniamo che Prowinter Outdoor rappresenti una grande opportunità per incontrare i professionisti del settore, confrontarsi e portare il nostro punto di vista sugli sviluppi e le tendenze del mercato outdoor invernale in un momento di rapida evoluzione. La piattaforma ideale per dare visibilità alle aziende che condividono il nostro impegno per l’innovazione tecnica e la qualità del prodotto. Prowinter Outdoor diventa dunque un appuntamento di contatto tra gli appassionati per misurare lo stato dell’arte dell’innovazione nel settore outdoor.
2_Vediamo questa fiera come l’occasione per presentare le nostre novità nel segmento invernale: per la stagione FW 25 ne vedremo delle belle! La nostra missione è sempre stata quella di offrire attrezzi all’avanguardia e Prowinter Outdoor ci permette di comunicare direttamente con gli interlocutori più attenti e sensibili alla componente tecnica di prodotto. Altro elemento fondamentale è l’incontro con la nostra rete di distribuzione e ascoltare da vicino i rivenditori, consolidare i rapporti e costruirne di nuovi. Prowinter Outdoor rappresenta per La Sportiva un
appuntamento fondamentale per rafforzare la posizione tra i top player nell’industria dell’outdoor invernale, promuovendo una visione del futuro che combina tecnicità, passione e rispetto per l’ambiente.
3_Il mercato outdoor invernale sta vivendo una fase di trasformazione. In La Sportiva, vediamo un futuro che pone al centro due elementi chiave: la performance tecnica e la capacità di rispondere alla crescente sensibilità al tema ambientale. Crediamo che il futuro del mercato outdoor invernale sarà segnato da una crescente attenzione verso l’impronta ambientale dei prodotti, senza rinunciare alla necessità di performance elevate in qualsiasi condizione. La nostra sfida è continuare a innovare in questa direzione, rimanendo fedeli ai nostri valori di rispetto, passione, ingegno e concretezza che da sempre ci caratterizzano.
BRUGI – Marco Sempreboni, responsabile commerciale e marketing
1_Una nuova sinergia positiva e di collaborazione tra i vari soggetti organizzatori (Fiera Bolzano, MagNet, Assosport e IOG) che secondo me rafforzerà ulteriormente due appuntamenti già qualificati e attesi da espositori e visitatori che attendiamo in numero crescente.
2_Presentare al mercato le novità delle collezioni invernali, del brand AST per gli sport della neve e del brand Nordsen per l'outdoor. Consolidare il portafoglio dei clienti esistenti, acquisire di nuovi anche internazionali.
3_Le attività sportive outdoor fanno registrare un interesse crescente nelle stagioni invernali. Aumenta il numero di persone che le praticano, cercando soprattutto il benessere personale, riscoprendo spazi naturali anche a quote intermedie o in pianura, dove dedicarsi al nordic walking, alla camminata o all'outdoor fitness. Per questo abbiamo ampliato la proposta affiancando all'abbigliamento trekking le nuove proposte pensate per rispondere a questi utilizzi "crossover" che si integrano nella collezione Nordsen.
OUTBACK 97 – Günther Ausserhofer, general manager
1_Abbiamo creduto e ricevuto buoni riscontri già nell'edizione precedente, perciò riteniamo che questo allargamento di prospettiva sul mondo outdoor a tutto tondo possa essere un valore aggiunto.
2_A fianco dei marchi storici presentiamo diversi brand emergenti o comunque in fase di rilancio; il primo obiettivo è portarli alla conoscenza della platea dei negozianti.
3_Come per i negozi, siamo legati all'andamento del mondo neve che presenta nuove declinazioni. Dobbiamo prestare attenzione ai segmenti emergenti di nicchia e ad alto valore aggiunto. Un tema spinoso che al momento lascia diverse incertezze.
italianoutdoorgroup.it
PUNTO IOG
LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL?
Presentati i dati dell’Osservatorio Economico Sportsystem relativi al 2023 e le prospettive di crescita nell’attuale scenario _ di Manuela Barbieri
Il 28 giugno scorso, a Montebelluna presso la Fondazione Sportsystem, sono stati presentati i dati 2023 dell’Osservatorio Economico Sportsystem. Nonostante il nostro Paese sia ancora nella “coda” degli shock economici recenti, puntando su nuove tecnologie e sostenibilità le previsioni di crescita sembrano essere positive.
SCENARIO / complesso, con molti fattori di incertezza: conflitti, tensioni geo-politiche, elezioni in Europa e negli Stati Uniti
LO SCENARIO MACROECONOMICO
LE PROSPETTIVE MACROECONOMICHE GLOBALI IN BREVE
PROSPETTIVE 2024 PIL GLOBALE / miglioramento congiunturale nel secondo semestre nell’eurozona
Negli ultimi anni, l’economia italiana ha registrato una crescita superiore alla media dell’area euro. Tra il 2010 e il 2019, l’incremento per l’Italia è stato dell’1,1%, significativamente inferiore al +12,6% dell’area euro. Tuttavia, dopo la pandemia (tra il 2021 e il 2024), la crescita cumulata stimata del nostro Paese è del +6% rispetto a quella dell’area euro (+4,7%) e dei principali competitor europei.
Una spinta importante è venuta dagli ottimi risultati ottenuti sui mercati internazionali, dove le PMI italiane, che realizzano più della metà del nostro export, hanno saputo sfruttare la ripresa della domanda post-pandemica puntando sulla qualità.
Tuttavia, gli alti livelli di inflazione del 2023 hanno pesato sui consumi delle famiglie europee, determinando una diversa distribuzione della spesa per beni e servizi e penalizzando i beni semidurevoli, tra cui figurano i prodotti del distretto di Montebelluna, come abbigliamento e calzature sportive
Italia non più fanalino di coda. Le prospettive di crescita
FLUSSI COMMERCIALI INTERNAZIONALI / deboli, ma in ripresa
INFLAZIONE / in leggera diminuzione (ma ancora con volatilità in corso d’anno), intorno alla soglia del 2% entro il 2025
Primi segnali di ripresa dell’attività economica globale e del commercio internazionale
Evoluzione della spesa per consumi delle famiglie
Fonte: Intesa Sanpaolo
L’EXPORT DI CALZATURE E ARTICOLI SPORTIVI NEL 2023
Nel 2023 l’export trevigiano di calzature è stato pari a 1.174 milioni di euro, registrando una flessione del 4,8% rispetto all’anno precedente. L’export di articoli sportivi è stato invece di 377 milioni di euro, con un calo del 7,9%. Treviso si conferma la terza provincia d’Italia per export di calzature, preceduta solo da Milano e Firenze, e la prima per articoli sportivi, seguita da Forlì-Cesena.
Queste significative flessioni annue nelle esportazioni riflettono un rallentamento della domanda internazionale, dovuto in parte alla normalizzazione dopo le brusche oscillazioni post-pandemia, e in parte alla maggiore cautela dei consumatori nei comportamenti di spesa, influenzati dall’inflazione e dall’incertezza prolungata degli scenari economici.
L’EXPORT DI CALZATURE E ARTICOLI SPORTIVI NEL PRIMO TRIMESTRE 2024
Nel primo trimestre del 2024, le esportazioni del distretto (che nella definizione monitorata da Intesa Sanpaolo comprende calzature, scarponi e articoli sportivi e biciclette) si sono fermate a 389 milioni di euro, registrando un calo del 17,6% rispetto allo stesso periodo del 2023. Le calzature sportive, che nel 2023 rappresentavano il 66% dell’export, hanno subito la contrazione più significativa, con un decremento del 21,2% rispetto al primo trimestre 2023. In particolare, i mercati di Germania e Austria hanno registrato le perdite maggiori, con una diminuzione del 29% per la Germania e del 48% per l’Austria.
_Siamo in una fase di transizione delicata che richiede alle nostre aziende di affrontare sfide impegnative: scenari geopolitici, mutamenti sociodemografici, cambiamenti tecnologici, crisi climatica. Dobbiamo lavorare sempre più aggregati per traghettare quanto prima le nostre imprese verso una nuova fase di crescita, resiliente e duratura Gianni Frasson, presidente Fondazione Sportsystem
Treviso – EXPORT
TREVISO - Export di calzature e articoli sportivi: primi 10 mercati di sbocco nel 2023 (valori assoluti in migliaia di euro)
In frenata le esportazioni del distretto nel primo trimestre del 2024…
In frenata le esportazioni del distretto nel primo trimestre 2024...
Evoluzione delle esportazioni del Distretto Calzatura e Sportsystem di Montebelluna
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati ISTAT
... soprattutto nelle calzature e nei mercati tedesco e austriaco
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati ISTAT
Fonte: elab. Ufficio Studi e Statistica CCIAA di Treviso - Belluno su dati ISTAT
I RIFLESSI SULLA PRODUZIONE
Gli effetti del rallentamento della domanda sulla produzione emergono chiaramente dalla survey congiunturale del Sistema camerale veneto sul manifatturiero regionale. Sebbene l’indagine copra un ampio campione di oltre 2.400 imprese con più di 10 dipendenti, non arriva a monitorare l’andamento puntuale dello Sportsystem che viene così incluso nel più ampio comparto del “Sistema Moda” (322 imprese intervistate). Per quest’ultimo, il dato più recente riferito al primo trimestre 2024 evidenzia una produzione in contrazione del 7,1% su base annua, a fronte di un calo del 2,4% dell’intero settore manifatturiero. Emerge tuttavia un timido segnale di ripresa, grazie all’aumento dei nuovi ordinativi dall’estero che nel primo trimestre del 2024 sono cresciuti del 2% rispetto al quarto trimestre del 2023.
Il manifatturiero veneto al I trimestre 2024: il confronto fra settori. Andamento della PRODUZIONE: variazioni su base congiunturale e tendenziale
Il manifatturiero veneto al I trimestre 2024: il confronto tra settori.
Andamento della produzione: variazioni su base congiunturale e tendenziale
Il manifatturiero veneto al I trimestre 2024. ANDAMENTO degli ORDINI ESTERI: variazioni percentuali congiunturali (t-1) e tendenziali (t-4)
Il manifatturiero veneto al I trimestre 2024
Andamento degli ordini esteri: variazioni % congiunturali (t-1) e tendenziali (t-4)
Gomma,
Settore Produzione
LE PREVISIONI FAVOREVOLI
-4)
Dopo il rallentamento osservato tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, le previsioni di Intesa Sanpaolo indicano una ripresa dell’economia italiana a partire dalla seconda metà dell’anno in corso, trainata da un incremento nei consumi e negli investimenti. I principali fattori che contribuiranno a questa ripresa saranno il calo dell’inflazione, la riduzione dei tassi di interesse e la realizzazione degli investimenti previsti dal PNRR.
Sebbene i rischi geopolitici restino una preoccupazione, le previsioni del Research Department di Intesa Sanpaolo rimangono ottimistiche: si prevede che, nel quinquennio 2024-2028, l’export di manufatti italiani crescerà in media del 2,7% annuo.
Nel lungo periodo, l’evoluzione sociodemografica della popolazione italiana influenzerà sempre più le abitudini e gli acquisti per il tempo libero. In particolare, si prevede un aumento significativo della popolazione over 65 che passerà dal 24,3% del 2024 al 33,3% nel 2042, insieme a una crescita delle famiglie unipersonali.
Buone opportunità di sviluppo sui mercati esteri
Nel lungo periodo invecchiamento e cambiamento delle famiglie
Nel lungo periodo invecchiamento e cambiamento delle famiglie
decennio
persona sola monogenitore coppia senza figli coppia con figli altro
L’ADOZIONE DI STRUMENTI DIGITALI
L’adozione di strumenti digitali (in particolare l’intelligenza artificiale) sembrerebbe ormai cruciale per le aziende perché consentirebbe loro di affrontare una domanda sempre più incerta e volatile, adottando logiche decisionali più flessibili, adattive e predittive.
VENETO. Il grado di digitalizzazione dei principali settori manifatturieri (composizione % imprese fra adottanti-non adottanti, dati giugno 2023)
Gomma e plastica Occhialeria
Macchine elettriche ed elettroniche Metalli e prodotti in metallo
Macchine ed apparecchi meccanici
Alimentare, bevande e tabacco
Mezzi di trasporto
Legno e mobile
Tessile, abbigliamento e calzature
e altri minerali non metalliferi
Marmo, vetro,
Variazione % rispetto al trimestre precedente (t-1) Variazione % rispetto al I trimestre 2023 (t
ceramica
Nessuna tecnologia Almeno una tecnologia
Fonte: elab. Ufficio Studi e Statistica CCIAA di Treviso - Belluno su dati VenetoCongiuntura (nel primo trimestre 2024 indagine su un campione di 2.466 imprese manifatturiere venete, di cui 322 appartenenti al Sistema moda)
NATURAL STRIDE SYSTEM
DIECI ANNI DI NETWORKING
I leader dell'industria outdoor si sono confrontati sulle principali sfide aziendali durante l'European Outdoor Summit (EOS) 2024, tenutosi a Cambridge, nel Regno Unito, in occasione del suo decimo anniversario
di Pietro Assereto
L'European Outdoor Summit, nato nel 2014, è un appuntamento annuale che riunisce professionisti di alto livello del settore outdoor con un focus specifico sul business. Ogni edizione affronta le principali tematiche del comparto, stimolando la cooperazione per superare le sfide e cogliere nuove opportunità.
Il summit ha offerto un programma di due giorni ricco di interventi, discussioni, workshop e momenti di networking. L'evento è stato organizzato dall'European Outdoor Group (EOG), in collaborazione con l’Outdoor Industries Association (OIA). Per l’edizione 2024, l'agenda si è concentrata su questioni cruciali per il settore, offrendo approfondimenti e contributi da esperti sia del mondo outdoor che di altri ambiti industriali.
Per l’edizione 2024, EOS ha accolto 100 leader aziendali presso la Cambridge Union Society, la più antica società di dibattito attiva al mondo. Gli organizzatori hanno collaborato con la Judge Business School dell’Università di Cambridge per strutturare il programma, e
l’istituzione ha messo a disposizione tre dei principali relatori dell’evento. Tra gli altri interventi figuravano esperti e figure di rilievo provenienti da vari settori, che hanno affrontato temi come il commercio al dettaglio, l'importanza di porre la natura al centro delle strategie aziendali, l’inclusione e la diversità nel contesto outdoor, nonché la gestione del rischio, la leadership in tempi incerti e il rapporto con l’intelligenza artificiale.
Oltre alle presentazioni e ai workshop, il summit ha offerto numerose occasioni di networking, incluse una cena sponsorizzata dalla principale fiera europea del settore, OutDoor. Durante l'evento, i delegati hanno scoperto in anteprima i dettagli del nuovo format di fiera previsto per il 2025, ora disponibile sul sito theoutdoor.show. L'evento ha proposto anche attività all'aria aperta, tra cui due corse mattutine organizzate da Altra e passeggiate con #itsgreatoutthere, Opening Up the Outdoors e Protect Our Winters. Per chi desiderava iniziare la giornata con un momento di relax, erano disponibili sessioni di meditazione guidate da Sophie Bulman dell'EOG.
_SCOTT NELSON, MANAGING DIRECTOR OF THE EOS
“Abbiamo fatto uno sforzo straordinario per rendere questa edizione degli EOS memorabile e per assecondare le richieste che abbiamo ricevuto nel corso degli anni. Per questo motivo ci siamo concentrati in modo particolare sulle sfide e le opportunità economiche ed ecologiche del nostro settore. Ci siamo prefissati di fornire contenuti che fossero all'altezza di una sede davvero stimolante e di un'ambientazione di rilievo e, dal feedback ricevuto, è chiaro che siamo riusciti a raggiungere questo obiettivo. Questo è stato possibile grazie al duro lavoro di molti individui e organizzazioni. Siamo grati a tutti loro, ai nostri grandi sponsor e all'Outdoor Industries Association per averci aiutato a riportare EOS nel Regno Unito”
OUTDOOR, AMORE A PRIMA VISTA
Svoltare vita e diventare un vero e proprio imprenditore si può e Claudio De Lorenzi, proprietario della società Sherpa3 e di quattro negozi, ne è la prova vivente di Pietro Assereto
La seconda vita di Claudio De Lorenzi è incominciata quando sua sorella, laureata in fisica, si è trasferita negli Stati Uniti per lavoro negli Anni ’80. Nella prima, infatti, Claudio lavorava nel negozio di famiglia: una boutique di Trento che trattava abbigliamento di fascia medioalta, quali maglioni in cashmere, abiti e camicie eleganti. Ogni volta che sua sorella tornava dagli USA portava a tutta la famiglia delle t-shirt con il logo della Great Pacific Iron Works, quella che un giorno sarebbe diventata Patagonia. Claudio s’innamorò del brand e ci volle poco per scoprire che a Cortina c’era una Guida Alpina di nome Lacedelli e a Vicenza una coppia di signori che la vendevano. Iniziò quindi a intraprendere numerosi viaggi verso queste due località e adibì nel negozio di famiglia un piccolo angolo prima, e un intero piano poi, dove vendere il marchio americano. Ma lo spirito imprenditoriale di Claudio non aveva limiti e capì che era giunto il momento di staccarsi dall’attività di famiglia e creare uno spazio indipendente legato a Patagonia: aprì un primo store in via Belenzani nel 2010, a un passo dal Duomo di Trento e successivamente nel locale di un altro negozio storico della città in via San Vigilio, una delle vie più trafficate e interessanti di Trento. Era iniziata la sua seconda vita. Ne abbiamo parlato con il proprietario, Claudio De Lorenzi.
Ciao Claudio, è vero che è nato tutto da tua sorella?
Esatto! (ride, ndr) Mia sorella, appena si è laureata in fisica, è partita per gli States e, ogni volta che tornava a trovarci, ci portava delle bellissime t-shirt di un brand che si chiamava Great Pacific Iron Works. Oggi è conosciuto come Patagonia. Contestualizziamo il “tutto”...
Sono Claudio De Lorenzi, titolare della realtà Sherpa 3. Ho scoperto Patagonia grazie a mia sorella e me ne sono innamorato. Io ai tempi lavoravo nel negozio di abbigliamento della mia famiglia a Trento: trattavamo vestiti di fascia medio-alta ma decisi di inserire il brand californiano. Inizialmente due scaffali, nel giro di poco tempo aprii un negozietto di 40 mq solo per Patagonia e ho mollato l’attività di famiglia. Sono stato 5/6 anni in questo nuovo spazio e poi, dato che gli affari andavano bene, ho colto l’opportunità di trasferirmi all’incrocio strategico tra via San Vigilio e piazza D’Arogno in uno store di 150 metri. Sempre e solo monomarca Patagonia. Poco dopo ho avuto anche l’occasione di rilevare il negozio Patagonia a Courmayeur e qualche anno dopo ho aperto anche un monomarca La Sportiva. E, infine, sempre a Courmayeur, ho rilevato uno storico negozio multibrand che si chiama Ardi Sport. Tutti e quattro questi negozi fanno parte della società Sherpa3. Come sono strutturati i negozi? Il team, principalmente local, è formato da 15 ragazzi eccezio-
nali a dir poco. Ho del personale che è veramente fantastico: siamo diventati una grande famiglia, siamo molto uniti e questo per me è un vanto. In ogni negozio c’è un ragazzo che è un filo più responsabile degli altri. Cerco, per quanto possibile, di farli girare tra i quattro negozi in maniera tale che tutti conoscano tutti. Che rapporto avete con Patagonia e La Sportiva?
Con Patagonia è un rapporto d’amore: il primo ordine che ho fatto con loro era in lire. Conosco benissimo tutto lo staff italiano, un po' meno quello americano. Con La Sportiva invece ho un bellissimo rapporto con tutto lo staff e la famiglia Delladio. Se li incontro per strada, andiamo a bere il caffè insieme. Che tipo di clientela avete?
Nel nostro negozio di Trento abbiamo una clientela un po’ più cittadina, quella tecnica è una minoranza. Nel negozio Patagonia di Courmayeur invece abbiamo entrambe, ma gli alpinisti sono di più: stando sotto il Monte Bianco è normale, collaboriamo con la socità Guide Alpine, che indossano Patagonia e calzano La Sportiva. Nello store di La Sportiva, idem: clientela decisamente specializzata e tecnica. Nel multibrand, invece, è super trasversale e segue perfettamente la linea del negozio: dallo sciatore all’escursionista. Noi adoriamo i nostri clienti e loro noi. Cerchiamo sempre di vivere momenti di spensieratezza insieme; molti passano anche solo per bere il caffè insieme. Ovviamente dobbiamo essere impeccabili nella fase di vendita: i miei ragazzi sono molto competenti i e seguono il cliente in tutto. Se fai un ordine online, non riceverei una mail di conferma bensì un video di uno del personale. Ci mettiamo la faccia.
Quanto è importante l’e-commerce per voi?
È importante a livello d’immagine perché ci permette di farci conoscere in Italia e in Europa. È una bella vetrina. È meno importante se parliamo di fatturato ma comunque in continua crescita.
Quanto è forte il legame che avete con il territorio?
Molto forte. Abbiamo un ottimo rapporto con la comunità locale perché, al contrario di tanti negozi, noi rimaniamo aperti tutto l’anno, non siamo stagionali. Vogliamo bene al paese. Siamo partner di svariati rifugi sulle pendici del Monte Bianco.
Utilizzate i vostri spazi anche per attività extra vendite?
Organizziamo spesso, insieme a Patagonia, serate a tema ambientale: dibattiti, proiezioni di film, letture. In un anno organizziamo sette/otto eventi a scopo educativo e la sala è sempre piena. Quanto sono importanti i social per la vostra realtà?
Io questo aspetto lo lascio tutto in mano ai ragazzi, sono davvero poco social. Ma vedo che stanno facendo un ottimo lavoro: girano questi piccoli sketch molto divertenti dove raccontano il prodotto. Questo ha una duplice funzione: mostra i capi di alta qualità che vendiamo e instaura con il cliente un rapporto molto “famigliare”. L’aria che si respira in negozio è quella che si vede dai nostri canali social: si scherza, si ride e “last but not least”, si lavora.
Claudio De Lorenzi
Negozio La Sportiva a Courmayeur
Negozio Patagonia a Trento
ANDARE SLOW PER ESSERE PIÙ FAST
Il 19 settembre è stata inaugurata la Dynafit Speed Factory, il nuovo headquarter del brand che si trasferisce ufficialmente da Monaco a Kiefersfelden, al confine con l’Austria.
Un luogo dove leggerezza e performance trovano finalmente la loro “casa”
_ di Benedetta Bruni
“Heimat” è una delle cosiddette parole intraducibili, il cui significato si rifà più a un sentimento che a una definizione vera e propria. Se volessimo usare un solo sostantivo, i più vicini sarebbero “casa” o “patria”. Nella sua forma estesa, bisognerebbe invece dire “luogo dove ci si sente a casa, che fa parte della propria identità”. È molto più di una semplice abitazione o di un luogo natio, quindi, perché richiama un sistema semantico fatto di accoglienza, famiglia, valori condivisi. Con queste premesse, è stata subito chiara la direzione che hanno voluto prendere Ruth Oberrauch, vicepresidente del Gruppo Oberalp (che dal 2003 ha acquisito anche Dynafit) e fondatrice di LaMunt, e Heiner Oberrauch, fondatore del Gruppo, che hanno inaugurato la sede del marchio del leopardo con questa parola proprio nella primissima frase di apertura: “Ogni brand ha bisogno di una casa”. La nuova Dynafit Speed Factory vuole in effetti avvicinarsi alle montagne come, appunto, luogo in cui sentirsi a casa. Ma intende anche dare una forma al concetto di velocità a cui fa riferimento il marchio: riduzione della complessità, maggiore leggerezza, performance senza limiti. Velocità come preparazione meticolosa al raggiungimento di un obbiettivo, di una gara disputata a ritmi altissimi, ma un battito cardiaco controllato. Un’arte, come definita nell’intervento inaugurale dal ceo di Dynafit Benedikt Böhm, che abbiamo intervistato per l’occasione.
LA DYNAFIT SPEED FACTORY
Inaugurato il 19 settembre, il nuovo headquarter si trova a Kiefersfelden, in Germania, a pochi chilometri dal confine austriaco e in un crocevia fortunato che collega i principali poli commerciali del brand: Monaco, Salisburgo e Innsbruck. Il trasferimento dalla precedente sede di Monaco – ancora aperta, ma con un solo shop Dynafit all’interno – era già stato annunciato nel 2019, mentre i lavori sono durati per due anni e mezzo con un investimento di circa 30 milioni di euro. L’edificio, realizzato dallo studio di architettura di Barcellona Barozzi Veiga, è composto da due strutture triangolari alte 32 metri, che richiamano le cime delle montagne circostanti per meglio integrarsi con l’ambiente. L’edificio si estende su 10.000 m2 di superficie e un terreno di 8.200 m2. All’interno invece si staglia su sei piani, illuminati dalle ampie vetrate che coprono l’intera facciata e raffrescati da pannelli esterni che ricreano un gioco di ombre ed eliminano quindi la necessità dell’aria condizionata. Con l'innovativo sistema di climatizzazione, la pompa di calore alimentata in buona parte dall'impianto solare e il sistema di ombreggiamento, il nuovo edificio è in larga misura neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2. Gli uffici open space possono ospitare circa 100 dipendenti, mentre non mancano alcuni spazi dove prodotti e visitatori possono
entrare in contatto. Prima fra tutti è la Dynafit Ski Factory, dove è possibile realizzare i propri sci personalizzati. Si prosegue con l’area Care & Repair, in cui il brand ripara alcune tipologie di prodotto del Gruppo Oberalp. Poi lo Speed Lab e lo Speed Tunnel, dove i visitatori possono usufruire di servizi come l’analisi professionale della corsa e del piede, personalizzazione degli scarponi da sci e assemblaggio degli sci direttamente nella fabbrica di attacchi. Un flagship store, per avere una visione a 360° dei marchi Oberalp. E infine il bistrot, il Dynafit Bivac, che con il motto “Athlete’s Kitchen” propone cucina regionale e prevalentemente vegetariana ispirata ai piatti preferiti degli atleti.
L’INTERVISTA A BENEDIKT BÖHM, CEO DYNAFIT
Durante l’inaugurazione della nuova sede di Kiefersfelden, il ceo di Dynafit Benedikt Böhm ha ricevuto le chiavi dell’edificio da Ruth Oberrauch, sancendo il passaggio a una nuova era. Abbiamo quindi chiesto al nuovo “landlord” di darci qualche informazione in più sulla nuova casa degli atleti.
Come e da quale esigenza nasce questo cambio di location?
Il nostro è un brand fatto da atleti, per gli atleti. Per questo ho sempre creduto che dovessimo avere sede in montagna, perché è da lì che proveniamo. Per noi la questione verteva sul quando ci saremmo finalmente trasferiti da Monaco a un ambiente che meglio rispondesse al nostro dna. E per me è stato anche un viaggio lungo 21 anni, da quando sono arrivato in una Dynafit praticamente in bancarotta, e ci chiedevamo se avremmo guadagnato abbastanza soldi da dimostrare ai clienti di essere un brand affidabile, e poi poterci finalmente trasferire tra le montagne. Non mi sarei mai aspettato che sarebbe stato così bello, se devo essere sincero.
È responsabile da un punto di vista architettonico?
“LA VELOCITÀ È UN’ARTE”
Per la nuova sede, l’elemento dinamico è tutto. Significa ridurre la complessità per ottenere la massima performance, che è anche la promessa di Dynafit agli appassionati di montagna
Sin da subito è stata chiara la nostra forte vicinanza alla natura. Inoltre, credo che i nostri clienti guardino molto attentamente cosa facciamo e cosa non facciamo in questi termini. Per questo, già dal primo briefing non volevamo che questo edificio fosse solo un punto di riferimento, ma che fosse anche “adatto” da un punto di vista ambientale e sociale. Il fatto che fosse sostenibile era un requisito che è sorto naturalmente, senza forzarlo. Non ci pensiamo quasi più ormai, perché è integrato nel modo di essere di Oberalp.
Com’è nato il nome Speed Factory e che cosa rappresenta?
La Speed Factory è nata perché la velocità è il nostro dna. Nel discorso che ho fatto durante l’inaugurazione parlavo dell’incomprensione che si crea quando si parla di questo elemento. Viene spesso frainteso perché considerato troppo frenetico, ma per me è il contrario: devi andare piano per andare veloce. Devi prepararti molto bene, controllare il battito cardiaco, far sì che sia basso anche a ritmi molto elevati. Questa per me è un’arte. E poi, da un punto di vista più filosofico, credo che sia anche un modo di vivere. Perché più velocemente facciamo le cose, più tempo abbiamo. Abbiamo 700mila ore di vita e il regalo più prezioso che ci è stato dato è vivere su questo meraviglioso pianeta. La domanda che ci poniamo è: “Come possiamo ottenere il massimo da questo tempo?”. E poi, non dobbiamo dimenticare che la velocità è divertente.
Nella Speed Factory oltre all’ideazione avverrà anche la produzione dei vostri articoli?
No, la produzione non sarà qui. L'headquarter includerà la proprietà intellettuale in termini di sviluppo, design e così via. E non solo qui, ma anche a Bolzano e Montebelluna. Dynafit è sì un’azienda internazionale, ma alla fine è come se fossimo una famiglia italobavarese, perché lavoriamo molto a stretto contatto.
La scelta della zona geografica per la nuova sede è strategica dal punto di vista commerciale? Quali sono i vostri mercati principali?
Sì, la sede è strategica perché ci troviamo al centro delle nostre zone chiave da un punto di vista commerciale, tra Salisburgo, Monaco e Innsbruck. Siamo probabilmente in una delle aree alpine più attive nel mondo. Di fatto, nella strada davanti a noi passano 30 mila macchine al giorno. In Germania è un po’ diverso rispetto all’Italia, non è così facile avere l’opportunità di costruire un edificio così vicino a un’autostrada. Come si vede, poi, non c’è nessun cancello per l'ingresso alla struttura, quindi l'accesso alla nostra sede è diretto.
La nuova sede fa parte di un processo di cambiamenti più ampio nella strategia di Dynafit?
Per noi è tutto sempre in mutamento, ma questo si può definire epocale: 21 anni fa non ci saremmo mai immaginati di essere in grado di costruire qualcosa del genere in termini di impatto, forza e potere. Noi ci siamo adeguati ai cambiamenti, per esempio entrando più in contatto con i trend fashion. E anzi è un aspetto che cerchiamo di trasmettere anche con questo edificio, che da un lato vuole mostrare quanto siamo cresciuti in questi anni, e dall’altro vuole dire “Noi siamo fatti per questo territorio e questa è una cosa che non è destinata a cambiare”.
Avete atleti molto forti che salgono spesso sul podio delle gare più rilevanti. Quanto è importante per Dynafit la figura dell’atleta?
Per noi tutto verte sugli atleti. Il fatto che anche i nostri dipendenti lo siano è molto importante. Prima mi hai chiesto perché ci siamo trasferiti: facile, per le persone che lavorano con noi, che amano le montagne e gli sport che vi si praticano e non vogliono vivere in città. Per questo motivo dobbiamo respirare e sentire questo ambiente da vicino, è il vero significato di essere un marchio fatto da atleti di montagna, per atleti di montagna.
Ci sono dei requisiti specifici per essere atleta Dynafit?
Bisogna anzitutto avere un certo livello professionale, in termini di record e di risultati personali. Ma è anche essenziale che i valori corrispondano con i nostri. Per me non è abbastanza avere “solo” un atleta: posso avere anche il migliore di tutti, ma non può funzionare se non incarna le caratteristiche care al marchio. Alla fine sta portando in giro l’immagine di Dynafit, quindi per noi è importante considerare anche ciò che va oltre al livello professionale, come ad esempio avere una mente aperta.
Contribuiscono anche al processo di creazione dei prodotti?
Assolutamente sì. Come dicevo Dynafit è fatto da atleti, per atleti. Siamo super interconnessi con loro. Tanti lavorano con noi e tanti sono qui in questo momento, come Prakash (Sherpa, guida alpina UIAGM e atleta Dynafit, ndr). Non perdiamo mai la connessione che c’è tra di noi, altrimenti non funzionerebbe più niente! Ma finché sono qui, prometto che non la perderemo mai.
La velocità è cruciale per Dynafit, ma nei processi di produzione come viene rappresentata?
Per noi la velocità è ridurre la complessità, per questo ingegnerizziamo i sistemi più efficienti per gli atleti in ogni prodotto che realizziamo – e questo è quello che intendevo quando parlavo del perché esistiamo. Il nostro scopo è sempre stato uno: come ridurre la complessità nello sport, come renderlo più leggero? E uso “leggero” nel senso di riduzione del peso ma anche di maggiore semplicità. Per esempio, il calcio è fantastico perché è facile, basta tirare un calcio a un pallone e i bambini lo capiscono al volo. Questo concetto di velocità è nel nostro dna e si trova ovunque: nella produzione, nei diversi processi aziendali, nell’architettura del prodotto. E, se un articolo non esprime leggerezza, velocità e performance, allora non abbiamo fatto un buon lavoro.
Pensate di restare nel target race o vi espanderete ad altri? Vogliamo restare nel settore performance, ma declinato in segmenti diversi. Ora ad esempio ci stiamo spingendo verso un approccio più ibrido, infatti stiamo realizzando anche prodotti per lo sci alpino. Ma anche in questo caso utilizziamo i materiali più leggeri e flessibili possibili. Questo per dire che se decidiamo di avventurarci in un segmento sappiamo allo stesso tempo che dobbiamo essere i più performanti, i più efficienti. Perché è questa la promessa del brand.
SPECIALISTI
DELLE INTEMPERIE
Da oltre 60 anni Mountain Equipment crea l’attrezzatura per raggiungere le vette più alte del mondo anche nelle condizioni più sfidanti. Ma non dimentica la sua promessa alla sostenibilità
di Benedetta Bruni
Le spedizioni alpinistiche non sono probabilmente il modo più comodo di vivere la montagna, ma sono di certo quello che richiede maggiore attenzione alla qualità del corredo e alla sua elevata prestanza tecnica. Realizzare l’attrezzatura adatta alle condizioni impervie che solo le vette sanno offrire è l’impegno di Mountain Equipment, che dalla sua fondazione in un fienile nei pressi di Manchester nel 1961 supporta alpinisti e scalatrici a raggiungere le cime più alte del mondo, da un polo all’altro, conciliando al contempo un impegno ambientale e sociale.
DOWN CODEX
Nel 2009 Mountain Equipment è stato il primo marchio di articoli per l'outdoor a introdurre un sistema che rende trasparente e comprensibile l'intera catena di approvvigionamento della piuma. Con l’obiettivo di rispettare il benessere animale, il marchio si avvale dell’organizzazione indipendente IDFL (International Down and Feather Laboratory) per la regolare ispezione dei fornitori al fine di bandire pratiche come la spiumatura viva, l'ingrasso forzato e l'accorciamento del becco. Dal 2013 è stato introdotto “Trace Your Down”, che permette ai clienti di recuperare informazioni sull’origine della piuma e le caratteristiche qualitative del rispettivo lotto grazie a un codice a 12 cifre presente su ogni prodotto in piuma d’oca del brand. Nel febbraio 2022, Mountain Equipment ha integrato il Responsible Down Standard (RDS 3.0) nel Down Codex dopo aver verificato che anche questa versione fosse conforme alle severe regole.
DOWN CYCLE
Dal 2017 Mountain Equipment ha introdotto anche il Down Cycle, un processo a sostegno del riciclo della piuma. Il concetto di base risiede proprio nella durevolezza di questo materiale, che se trattato correttamente possiede un ciclo vita estremamente lungo.
Le qualità che la rendono un ottimo isolante sono le stesse che le permettono di essere riciclata con successo: si stima che i prodotti che la impiegano possano essere recuperati al 95%. I prodotti in piuma d'oca in disuso (per esempio giacche e sacchi a pelo) vengono dunque raccolti, la piuma viene rimossa, lavata, sterilizzata e riselezionata per finire in nuovi prodotti. Mountain Equipment garantisce inoltre l'alta qualità e l'affidabilità dei materiali riciclati, la cui impronta ecologica è inoltre significativamente inferiore alla piuma nuova. Uno tra tutti il risparmio d’acqua: oltre il 70%.
FAIR WEAR FOUNDATION (FWF)
Dal 2012 Mountain Equipment fa parte della Fair Wear Foundation, un’organizzazione no-profit con l’obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro nel settore abbigliamento. La sua mission principale è di stilare delle linee guida per il rispetto dei diritti umani attraverso tutta l’industry. In quanto membro, l’azienda si impegna a garantire i più alti standard per condizioni di lavoro socialmente eque, nonché di rispettare i punti del “Codice delle Pratiche di Lavoro” di FWF, come il pagamento di un salario di sussistenza, un orario di lavoro adeguato, la sicurezza sul lavoro e il divieto di lavoro minorile.
L’impegno del brand non si vede solo nelle sue intenzioni ma è palpabile anche a livello di prodotto, come dimostrato dalla Oreus Jacket, vincitrice di un ISPO Award. Il premio è arrivato per l’innovativo Aetherm Precision Insulation, un sistema di isolamento sintetico che garantisce il connubio ideale tra calore, comfort e resistenza alle intemperie. La struttura brevettata intreccia fibre sintetiche riciclate all’interno di uno strato riflettente, che consentono all’umidità di dissiparsi rapidamente grazie all’ampia superficie e all’aria di passare attraverso le fibre interconnesse, mantenendo al contempo una sensazione di morbidezza e protezione “simile alla piuma”. Con questo, Mountain Equipment non ha voluto aspettare che qualcun altro realizzasse nuove tecnologie di isolamento da impiegare nei suoi prodotti, ma ha anzi usato la sua esperienza per farlo in prima persona.
Al QR Code verifica
l'origine e la qualità dei prodotti in piuma di Mountain Equipment
1983: gli ultimi passi di Andy Parkin sul Broad Peak (8.051 m, Karakorum), alla terza risalita di sempre senza ossigeno
OREUS JACKET
RITORNO ALLE ORIGINI, CON SGUARDO AL FUTURO
Marco Busa torna dopo undici anni in Montura nel ruolo di amministratore delegato. Il suo bagaglio di esperienza lo guiderà nella crescita del brand anche in chiave internazionale
di Karen Pozzi
Marco Busa è il nuovo ceo di Montura. Un nome, il suo, ben conosciuto nel mondo outdoor grazie a un’esperienza importante sviluppata attraverso un percorso di crescita lungo 11 anni in Oberalp Group. Nel gruppo bolzanino ha rivestito prima il ruolo di sales manager di Salewa per poi diventare general manager della Business Unit Italia; una parentesi da general manager di Wild Country dove si è occupato di rilanciare il marchio, per poi tornare in Salewa come general manager dal settembre 2020 e in cui è rimasto per quattro anni. Da settembre 2024, Busa arriva nell’head quarter di Montura con un nuovo ruolo apicale. Quello di Marco è un ritorno nell’azienda vicentina visto che, da gennaio 2010 a giugno 2013, ha ricoperto il ruolo di director of sales & marketing.
INTERVISTA A MARCO BUSA
Marco, il tuo è un ritorno in Montura. Cosa ti ha riportato qui?
È un ritorno dopo 11 anni. Montura è stato un progetto importante e di successo; ai suoi inizi c’era un entusiasmo incredibile ed una visione chiara e dirompente. Tornare significa continuare a mantenere vivo l’entusiasmo e, forse, far sviluppare quella visione in un mercato che è profondamente cambiato. Un brand ha le sue radici; radici che, per forza di cose, resteranno sempre fedeli a sé stesse. Il segreto è farle evolvere, capire dove si vuole arrivare, tenendo però sempre ben presente da dove si è partiti.
Riparto da qui...
Cosa ti hanno insegnato gli 11 anni nel Gruppo Oberalp e come ti guiderà tutto questo bagaglio nel nuovo ruolo?
Oberalp mi ha sicuramente insegnato tanto; in primis che sono i valori di un brand a portare al raggiungimento dei risultati. Senza valori si è vuoti e non si ha nulla da dire. Montura è il brand più ricco di valori con cui io sia entrato in contatto, bisogna continuare a farli emergere, renderli tangibili, tornando a sottolinearli e inserendoli in tutto ciò che facciamo.
Tornando in Montura cos’hai trovato di cambiato e cosa invariato rispetto al 2013?
L’azienda è naturalmente cambiata; il brand no. Sento ancora la passione che ha sempre mosso tutte le azioni fatte. Il prodotto rimane il driver di ogni decisione; c’è una dedizione maniacale per concepire e creare il capo perfetto. Montura è sicuramente un’azienda di prodotto e la sua centralità si percepisce in modo forte, esattamente come 15 anni fa, e nel tempo si è fortunatamente strutturata e sviluppata nei processi. Ma la strada da fare è ancora lunga.
Come sta Montura oggi? Qual è il tuo giudizio e punto di vista sull’azienda attuale?
Montura è in salute. La sua solidità sta aiutando la navigazione in un periodo di mercato complesso, in cui non è facile fare previsioni accurate. C’è sicuramente bisogno di modernizzare alcuni processi, spingere la digitalizzazione, capire come parlare ad un consumatore che è cambiato, senza modificare la nostra essenza. C’è molto lavoro da fare, ma le basi sono solide e il marchio rimane molto forte, proprio perché non ha mai accettato compromessi.
Oggi torni con un nuovo ruolo determinante per il futuro dell’azienda. Quali sono gli aspetti su cui ti vuoi concentrare?
L’evoluzione dell’azienda e del brand sono fondamentali. Sono due entità ben distinte, l’azienda è l’azienda e il brand è il brand, con valori ben distinti, anche se ovviamente non contrastanti. C’è da far evolvere l’azienda, portarla ad un altro livello organizzativo, capace di rispondere alle richieste di un mercato veloce che è cambiato e sta ancora cambiando. L’evoluzione dei sistemi e dei processi interni sarà la chiave per affrontare il futuro con successo. Il brand ha radici forti, che devono essere “rispolverate” e fatte evolvere. Montura non cambierà la sua natura; siamo e rimarremo un brand tecnico di montagna, anche se il “tecnico di montagna” è molto cambiato rispetto a 15 anni fa. I consumatori e le loro necessità si sono evoluti, dobbiamo evolvere anche noi.
Qual è il posizionamento di Montura nel mercato outdoor? Procederai nella stessa direzione o pensi ci sia bisogno di un cambio di rotta?
Il posizionamento è la nostra forza, lo è sempre stato. “Searching for a new way”, essere disruptive, diversi, affrontare le sfide con un punto di vista innovativo. Montura continuerà a fare prodotto tecnico, cercando di farlo sempre meglio; poi il prodotto tecnico del 2025 avrà
Marco Busa, ceo Montura
caratteristiche e contenuti diversi rispetto al passato, perché il mondo è cambiato, ed è giusto che un brand lo comprenda e dia una sua risposta sensata.
Quali aspetti e valori ti uniscono a Claudio Marenzi?
Con Claudio c’è stata una sintonia immediata. Siamo due persone appassionate di quello che fanno, anche se siamo molto diversi e arriviamo da due mondi altrettanto diversi. Entrambi amiamo il prodotto e promuoviamo in azienda un’idea di eccellenza.
Marenzi proviene dal mondo fashion e tu hai una grande esperienza in quello outdoor, pensi che l’unione di questi due punti di vista possa essere vincente?
Credo che il mondo fashion e quello outdoor siano profondamente diversi, parlino lingue diverse e si approccino al mondo in modo diverso. Vedere le cose da prospettive a volte opposte è sicuramente arricchente. Questo non significa però mescolare questi due mondi, che hanno bisogno di mantenere identità ben distinte.
A livello di prodotto, moda e sport si contamineranno in Montura?
No, sport e moda non si contamineranno nel prodotto. Montura ha un chiaro focus: risolvere un problema al suo consumatore, offrendogli il migliore prodotto possibile. Sicuramente i problemi dei consumatori outdoor, rispetto ad anni fa, sono cambiati, e a volte si potrebbe percepire che il prodotto di montagna si spinga verso il lifestyle, ma è solo un fattore legato al design e non ai contenuti. Montura è montagna, e continuerà a fare quello; se il prodotto è e verrà usato anche in altri contesti, il contenuto non cambia.
Dove vedi Montura tra cinque anni?
Vedo un brand più internazionale. Perché tentare di sviluppare altri segmenti di mercato quando abbiamo davanti un mondo in cui poter espanderci? Questo comporta un’internazionalizzazione della nostra mentalità e del nostro approccio; una volontà di comprendere culture e necessità diverse. Non sarà un lavoro facile.
Come giudichi attualmente il mercato outdoor italiano ed estero? Secondo te le difficoltà che stiamo affrontando sono legate a questo particolare momento o ci sono anche dei problemi strutturali?
Per prima cosa inizio a vedere una luce, e penso sia la cosa più importante. Il mercato si sta pian piano riprendendo. I consumi reali non sono mai veramente crollati. Le situazioni di stock, discusse molte volte, stanno gradualmente rientrando. Vedo sicuramente anche dei problemi strutturali, sui quali bisogna intervenire. Dobbiamo, comprendere che il consumatore è cambiato, e che quello che facevamo 10 anni fa forse non è più corretto per soddisfare le nuove richieste. Il nostro “capo” è il consumatore finale, dobbiamo ascoltarlo e adeguare la direzione.
Cosa possono fare le aziende per migliorare la situazione?
Personalmente non vedo più una distinzione tra aziende e distribuzione. Tirare acqua al proprio mulino non porta e non porterà a nulla. Serve una vera integrazione di questi due mondi, che forse dialogano troppo poco o dialogano solamente dalla propria posizione. Credo che le aziende devano diventare più consumer oriented, mantenere una linea chiara, la propria, e non seguire solamente dei trend.
UNA CRESCITA REPENTINA
Fin dal 2011, anno della sua fondazione, Altra Running non ha mai smesso di correre. Ci ha raccontato dell'ascesa il suo co-fondatore Brian Beckstead di Pietro Assereto
Quando i co-fondatori del brand, Brian Beckstead e Golden Harper, si sono incontrati il primo giorno di allenamento di sci di fondo al loro secondo anno alla Orem High School, nello Utah, inconsapevolmente venne depositato il primo mattone dell’azienda. Il punto d’inizio di una sfida. Altra Running nasce da un approccio innovativo alle scarpe da corsa, che ha richiesto dieci anni di impegno e di lavoro. Un approccio, come ci ha raccontato Brian Beckstead a Chamonix, che ha ispirato e continua a ispirare ogni singolo modello dell’azienda americana.
Com’è nato il brand?
Abbiamo iniziato nel 1998 da un negozio di corsa chiamato Runner's Corner, uno store indipendente con una sola vetrina. La nostra peculiarità era che ci concentravamo sulla biomeccanica e sulla tecnica di corsa. Io avevo 16 anni ed ero amico di Golden Harper, figlio del proprietario del negozio e futuro socio fondatore del marchio; ci siamo conosciuti il primo giorno di allenamento di sci di fondo al loro secondo anno alla Orem High School, nello Utah. Era un periodo in cui la running industry era focalizzata sulla pronazione, sulla stabilità e sul supporto dell’arco plantare. Noi invece eravamo convinti invece che se si correva con una buona meccanica e si rafforzavano i piedi, non c’era bisogno di scarpe pesanti e ingombranti con un arco plantare eccessivo: ai tempi ogni intersuola era due volte più alta nel tallone che nell’avampiede. Alla fine degli Anni 2000, Golden ebbe l’idea di togliere il tallone rialzato a un paio di scarpe, rendendole di fatto piatte. Come? Si mise a scaldarle in un forno a microonde quel tanto che bastava per poter rimuovere il tallone e bilanciarle adeguatamente. Tutto questo avveniva in negozio: vendevamo le scarpe e alcuni dei nostri clienti spendevano 20 dollari in più per farsi togliere il drop.
I competitor non si sono accorti dell’innovazione che stavate portando? Non ci credevano inizialmente. In America c'è una fiera molto importante, chiamata Outdoor Retailer. Noi vivevamo a un'ora di distanza e un anno siamo andati cercando di dare gratuitamente la nostra idea a tutti gli altri marchi: ci hanno riso in faccia, pensavano che fossimo pazzi. Quindi vi siete messi in proprio?
Esatto, nel 2009 si sono uniti il cugino di Golden, Jeremy Howlett, e Joe Morton, il nostro primo investitore. Loro due hanno svolto un lavoro immenso in termini di principi fondanti e di costruzione del marchio nel primo periodo. Ci sono comunque voluti due anni e tanti sacrifici per entrare nel mercato. Abbiamo lanciato la nostra prima scarpa da strada nell’aprile del 2011, seguita poco dopo dalla Lone Peak, la nostra scarpa da trail più venduta. Com’è cambiata la running industry dal 2011?
Sono cambiati tanti aspetti, a partire delle scarpe. Prima quelle neutre non andavano tantissimo, eravamo gli unici a puntarci. Lo stesso discorso vale per l’ammortizzazione: da nulla a massima. Sono le leggi del mercato, dettate da mode e innovazioni sempre nuove. Un altro cambiamento clamoroso riguarda ovviamente il trail running: è un mercato enorme che, tra l’altro, per caratteristiche delle nostre scarpe, gioca a nostro favore.
Quali sono stati gli ostacoli più grandi che avete incontrato negli anni?
Penso sia stato quello di convincere le persone a pensare in maniera diversa. Ai tempi era difficile che la gente ci prendesse sul serio, si trattava di una cosa troppo fuori dagli schemi. Pensare in termini non convenzionali di calzature da running è stato sicuramente un nostro pregio, ma anche un grande ostacolo.
Perché è importante per voi essere all’UTMB?
La settimana di UTMB a Chamonix è molto importante: siamo consapevoli del fatto che la maggior parte delle persone che partecipano a gare di trail running, almeno una volta nella vita vogliono correre sui sentieri di Chamonix. Qui incontriamo atleti, partner da tutto il mondo, colleghi e costruiamo reti per nuove opportunità.Inoltre condividiamo esperienze con la nostra community: quest'anno oltre 40 ambassador - CHX24 Team - hanno vissuto momenti unici con il nostro team, in preparazione e durante la settimana di UTMB. Le nostre scarpe sono l'ideale per UTMB e i numeri lo dimostrano: fit naturale e comfort ci hanno fatto raggiungere il terzo gradino più alto del podio tra i brand utilizzati durante la settimana. In che mercato siete più forti?
Sicuramente il nostro core è l’America: solo qui realizziamo il 70% delle vendite. Vogliamo crescere in Europa, dove i nostri paesi forti sono quelli nordici: Regno Unito, Germania e Scandinavia. Vogliamo crescere, investire e diventare sempre piú presenti anche in Italia, Spagna e Francia. Sono sicuro che sentirete parlare di noi sempre di più anche nel Bel paese nei prossimi anni. Lato responsabilità ambientale, cosa fate nel concreto?
A breve usciremo con dichiarazioni molto forti e incisive su questo aspetto. Presto passeremo quasi esclusivamente a tomaie riciclate e rinnovabili nelle suole intermedie. Tutte le nostre scatole di cartone sono riciclate al 100%. Stiamo cercando di ridurre notevolmente la plastica monouso. Ci rendiamo conto che l'industria calzaturiera, storicamente, non è stata un granché, riconosciamo che dobbiamo fare meglio. Come sta andando il 2024?
Per noi è un anno record. Abbiamo finito le scorte! È pazzesco. Quest'anno verrà ricordato come un anno di svolta per il brand. Ma ci auspichiamo che il 2025, con l’uscita di nuovi modelli, sarà ancora migliore. Siamo super entusiasti, abbiamo registrato una crescita a due cifre in ogni singolo Paese. In molti Paesi europei addirittura un +30/40%.
Qual è stata l’evoluzione del brand e dove vi vedete in futuro?
Abbiamo iniziato con un modello da trail e uno da road e ora ne abbiamo rispettivamente sette e otto. Anche grazie a VF, il nostro gruppo di proprietà, siamo in grado di investire sempre di piú in innovazione e nuove tecnologie. Penso che la nostra evoluzione si possa riassumere così. Siamo uno di quei pochi marchi che sono ancora 50/50 in termini di vendite, non è scontato. Lato tecnologie, sono sicuro che continueremo a vedere un’evoluzione in termini di mescole e intersuole.
Da sinistra, Brian Beckstead e Golden Harper
Golden Harper sforma le scarpe in microonde
Brian Beckstead
LUNGA VITA AL BRAND
Dal 2017 la famiglia Anghileri è tornata proprietaria di Ande, il marchio lecchese da sempre sinonimo di innovazione. E ora guarda al futuro per una strategia di crescita ed equilibrio di Sara Canali
“Prima di tutto, l’amore”. Con questo mantra, il lecchese Aldo Anghileri ha dato vita ad Ande, insieme al socio Fabrizio Dell’Oro: era il 1978 e quel nome rappresentava la crasi dei due cognomi, ma anche il sinonimo di passione e amicizia. Inizialmente l’azienda si occupava di distribuzione per terzi, ma con il passare del tempo nacque sempre più forte l’esigenza di creare un qualcosa di proprio, una linea di attrezzatura di montagna, da zaini a tende, che rendesse Ande un vero e proprio brand. Con la prematura scomparsa di Fabrizio nel 1987, Aldo rilevò tutte le quote della società e, credendo fortemente nel mercato cinese, nel 1990 creò la prima collezione basata al 70% sull’attrezzo. Ande raggiunge il suo apice negli Anni 2000, all’insegna dell’idea di realizzare a prodotti di qualità alla portata di tutti. Nel 2008 Aldo cedette parte della società a un imprenditore cinese e un anno dopo, per vicende interne, la famiglia Anghileri decise di vendere tutto il pacchetto azionario. Il brand Ande fallì nel 2012 sotto la nuova proprietà. Quando nel 2017 si aprì la possibilità di riacquisire il marchio, la famiglia Anghileri non se la lasciò scappare. Ne abbiamo parlato con il figlio del fondatore, responsabile dello sviluppo prodotto e operation manager, Luca Anghileri.
Quando e come sei entrato in azienda?
Sono entrato ufficialmente nel 2017, quando abbiamo riacquisito il brand Ande. Forte di un’esperienza pregressa, ad appena 16 anni ho iniziato a muovere i primi passi in azienda, da subito in magazzino, poi a fianco di mio fratello Marco nello sviluppo prodotto, soprattutto nel segmento calzature. Infine sono approdato nel marketing per l’azienda Avantgarde, che ha rappresentato la fase intermedia tra la prima Ande e la seconda fase. Oggi, a 30 anni, sono operation manager con una
visione aziendale a 360 gradi, e gestisco direttamente lo sviluppo prodotto per attrezzatura e calzature e affianco mio padre nella gestione dell’azienda.
Rappresenti la nuova generazione di un marchio con un heritage molto importante. Come si lancia nel futuro un brand dal forte passato?
Come mi ha insegnato mio padre, prima di tutto bisogna crederci e metterci amore e passione. Ovviamente non nego che sia stato difficile far rinascere il brand: il consumatore finale era diffidente, aveva perso la fiducia. Con mia sorella abbiamo riesumato lo slogan “Questione di equilibrio”, frase celebre di mio fratello Marco scomparso nel 2014 sul Monte Bianco, rendendolo il nostro pay off. Qual è il nostro equilibrio? Fare con calma, passo dopo passo, senza voler bruciare le tappe, creando un rapporto di garanzia con retailer e consumatori.
Qual è il progetto della nuova Ande?
Abbiamo capito che c’era una nicchia ancora libera: si passava da calzature di primo prezzo della grossa distribuzione, a quelle di alta gamma. Noi ci siamo posizionati a metà strada, offrendo prodotti di qualità accessibili a tutti. Non solo, abbiamo capito che oggi non basta più creare dei prodotti, ma bisogna saperli anche raccontare. Nella mia visione, c’è quella di dare un ruolo più centrale al marketing e alla comunicazione per trasmettere al meglio le emozioni dietro a ogni nostro progetto. E poi di rinnovare il brand, spostandolo anche su un target giovane continuando a guardare al futuro in termini di ricerca e sviluppo. Come vedi Ande da qui ai prossimi anni?
Oggi fatturiamo circa 9 milioni l’anno, abbiamo nove negozi di proprietà in Lombardia, uno in Veneto e, a fine ottobre, apriremo un nuovo store in Valtellina. L’obiettivo è arrivare ai 12 milioni di fatturato nel biennio 2025/2026 (diviso equamente tra rete vendita commerciale e negozi di proprietà) ed espandere i nostri Ande Point a 14 punti vendita.
Nella nuova visione di Ande, il mondo del marketing e della comunicazione assume un ruolo centrale. Per questo motivo a giugno di quest’anno è entrato in azienda Nicola Faccinetto come responsabile del reparto, portando con sé tutta l’esperienza maturata nei 15 anni di lavoro in Vibram come sport innovation marketing coordinator. È proprio lui a parlarci della nuova strategia. “Ande ha un animo lecchese che è sinonimo di pragmatismo e concretezza, elementi che hanno sempre rappresentato il punto di forza del brand. Ma con un mondo in trasformazione, creare prodotti validi non basta più se poi non li comunichi all’esterno. Una realtà come Ande che si vuole rinnovare deve necessariamente raccontare ciò che fa, anche perché l’innovazione che ha apportato nel settore durante gli anni ha rappresentato un valore aggiunto importante”. In questo senso, il lavoro impostato da Luca e Nicola va nella direzione del cambiamento del look, alla
ricerca di un nuovo tone of voice. “Vogliamo arrivare all’attenzione di altri target di pubblico, senza però perdere il nostro cliente affezionato. Il claim 'Questione di equilibrio' si trova tutto qui, nel voler creare prodotti dall’identità forte in cui potersi riconoscere, accessibili, in maniera tale da poter soddisfare le necessità dei giovani, tendenzialmente un target non propriamente alto-spendente, ma che affondano le radici in un know how sviluppato nel tempo, quindi affidabili”. Eventi sul territorio, engagement sui social ma anche creazione di community sono alcuni degli obiettivi della nuova strategia di un marchio che punta a passare da territoriale e nazionale fino a toccare l’internazionalità. “Sempre ponderando bene le azioni e senza bruciare le tappe. Vogliamo avere un approccio multicanale e puntare all’innovazione, ma senza dimenticare mai da dove veniamo”.
UN NUOVO PUNTO DI VISTA
Luca Anghileri
Nicola Faccinetto
LAMUNT VUOL DIRE COMMUNITY
A tre anni dalla nascita del brand, la founder Ruth Oberrauch fa un bilancio del progetto e presenta la crew che, collezione dopo collezione, ispira ogni capo di Sara Canali - foto di Ivana Coronet
“Dalle donne per le donne”. Quando LaMunt è passata dall’essere un’idea a una realtà, il suo claim ne rappresentava l’essenza. Non solo una campagna di marketing, ma una vera e propria community nata nel 2021 insieme alla progettazione della prima collezione (SS 22) che ha preso la forma di una crew internazionale composta da donne di diverse età e professioni, legate dall’amore per la montagna che, come un focus group, ha lavorato insieme al brand per capire esigenze, desideri, progetti e volontà. In questi anni sono stati organizzati diversi incontri in posti incantati dell’Alto Adige durante i quali sono stati discussi vari aspetti, dalla progettazione dei capi, alle strategie commerciali fino alle questioni legate alla sostenibilità e da cui ne sono usciti importanti spunti a cui LaMunt si è ispirata. Durante gli ultimi incontri, poi, il gruppo ha accolto anche importanti dealer e giornaliste per comunicare “all’esterno” il fondamentale ruolo che la crew ha giocato in questi anni e raccontare le storie di donne capaci di ispirare. Ne abbiamo parlato con la vice-presidente Oberalp Group e fondatrice di LaMunt Ruth Oberrauch, con cui abbiamo anche ragionato sul presente e il futuro del brand.
Sono passati circa tre anni dalla creazione di LaMunt, possiamo fare un primo bilancio?
Il brand LaMunt nasce come idea a gennaio 2020, appena prima che scoppiasse la pandemia. È rimasto fermo qualche mese per poi diventare realtà ed essere lanciato con la collezione SS 22, in un periodo davvero propizio per l’outdoor con dati che restituivano la fotografia di una crescita importante della presenza della donna in montagna. Guardandomi indietro mi accorgo che è stato proprio il momento giusto. Oggi, a tre anni di distanza, il mercato sta vivendo un momento molto diverso, non semplice, caratterizzato da una certa cautela nell’acquistare da parte dei dealer. Ma se lo vivi come sfida, allora ecco che un brand piccolo come il nostro può trovare una possibilità di affermare e rafforzare la propria identità.
Come si crea un'identità forte?
Noi abbiamo tre leve principali su cui fare forza: un investimento forte sul point of sale con un visual accattivante e immediatamente riconoscibile che ci distingue fin da subito da tutti gli altri brand. I social media su cui lavoriamo molto, soprattutto Instagram e LinkedIn che per noi sono quelli che funzionano di più, cui si aggiungono Facebook e Pinterest. E poi sempre di più il tema community, che abbiamo iniziato con la crew e che oggi stiamo aprendo a sempre più appassionate anche grazie all’organizzazione di una serie di eventi sia con i
dealer che con diversi stakeholder. Per esempio, abbiamo avviato una collaborazione con la rivista tedesca Female Explorer con cui coinvolgere il pubblico finale.
Perché una crew e come è evoluta in questi tre anni?
Quando ho pensato a LaMunt volevo davvero un brand “by women for women”, ma che non fosse un claim e basta. Mi sembrava una scatola vuota. Per questo ho voluto includere vari punti di vista, visioni, esperienze, che arrivassero da tipologie di donne diverse. La crew non nasce come progetto di marketing, infatti per diverso tempo non l’abbiamo nemmeno comunicata, ma piuttosto come una sincera volontà di confronto. Ogni volta che ci siamo trovate, sono usciti spunti assolutamente interessanti.
E questi spunti, hanno spostato delle decisioni o aggiustato il tiro nella creazione della collezione successiva?
Molti degli imput usciti durante i workshop sono diventati degli spunti interessanti per lo sviluppo di una collezione o di una campagna e anche come ispirazione per le linee future. Inoltre ci hanno fatto ricredere su alcune convinzioni o aperto gli occhi su punti che magari non avevamo considerato, se non marginalmente. Per noi è davvero una fonte di ispirazione fondamentale.
Rispetto a tre anni fa quando siete nate, oggi la donna a cui vi rivolgete è la stessa o è cambiata e si è evoluta?
L’idea della donna LaMunt è rimasta abbastanza uguale a sé stessa, anche se ci siamo rese conto di parlare a un pubblico di età leggermente più elevate rispetto a quello che pensavamo, quindi dai 30 anni in su. Restano però le quattro parole chiave su cui abbiamo basato la nostra idea di consumatrice: Confident, sicura di se stessa, Autentica, Style conscious, che non significa la fashion diva, ma con una certa sensibilità estetica e Mindful. Quando si pensa alla donna in montagna c’è ancora quel pregiudizio che ci vuole o super sportive alla ricerca della performance, oppure carine, eleganti e all’ultima moda anche in alta quota. Tra questi due stereotipi invece c’è un mondo infinito di tutte quelle che vivono la montagna a modo loro. Ed è qui che si trova la donna LaMunt.
Ruth Oberrauch
AVISTA
KILO DI NOME E DI FATTO
Salire leggeri e riscendere divertendosi, La Sportiva parte da qui per sviluppare il suo scarpone da skialp più innovativo per veri appassionati. Un concentrato di tecnologie all'avanguardia in un solo chilogrammo
Massima leggerezza in salita senza rinunciare alla performance in discesa: è questa la promessa di Kilo, lo scarpone progettato da La Sportiva per gli scialpinisti più esigenti. Scafo e gambetto sono realizzati in Grilamid Bio Based LF Carbon, una formulazione innovativa e studiata per questo attrezzo mentre il nuovo
KILO
MECCANISMO SKI WALK / estremamente facile da azionare anche nelle condizioni climatiche peggiori e con l'utilizzo dei guanti. Facile, veloce, preciso ed estremamente affidabile
FORCE STRAND / extra supporto garantito da questa fascia micro-regolabile nelle fasi di maggior spinta in discesa
SUOLA / FriXion Wave Alpine: suola extra leggera che garantisce il miglior grip su neve e roccia con extra protezione dello scafo nella fascia centrale
sistema di chiusura Force dello scafo permette di distribuire e regolare al meglio l'avvolgimento del piede, offrendo grande comfort in salita e precisione in discesa. Il gambale è dotato di un gancio di chiusura easy-to-handle a cui si aggiunge il Force Power Buckle per il massimo supporto in fase di spinta in discesa.
SCAFO / Grilamid Bio Based LF Carbon Shell: innovativo materiale composito sviluppato ad hoc, consente di avere grandissima rigidità minimizzando il peso. Nervature extra nei punti di maggior sollecitazione a garanzia di robustezza, affidabilità e prestazioni
GAMBETTO / Grilamid Bio Based LF CarbonTM Cuff: stesso innovativo materiale dello scafo per fornire il supporto necessario durante la spinta in discesa. Range of motion di ben 70° per una salita fluida e veloce. Due inclinazioni per l'assetto in modalità discesa
SCARPETTA INTERNA / KILO Liner: scarpetta termoformabile disegnata in modo specifico per ottenere il minimo peso assicurando termicità e supporto. Morbida ed ergonomica, grazie agli spessori variabili e ai materiali differenziati assicura grande comfort e prestazioni
SISTEMA DI CHIUSURA DELLO SCAFO / FORCE Closure System: consente di mantenere grande comfort in salita e la massima precisione in discesa
SOLETTA / WarmSoleTM Platform: soletta interna in poliuretano isolante. Evita il contatto diretto del piede con lo scafo interno, permettendo di avere un miglior comfort e un perfetto isolamento termico
Una scommessa ambiziosa
Per entrare ancora più a fondo nel mondo Kilo abbiamo intervistato
Mauro Delvai, R&D footwear product manager – SkiBoots di Sara Canali
Da che esigenza nasce il Kilo?
Kilo nasce dal desiderio di presentare sul mercato un prodotto che ha come priorità offrire massime prestazioni sia in salita che in discesa, mantenendo il peso dell’attrezzo contenuto all’interno di 1.000 grammi. La sua progettazione ha rappresentato una scommessa ambiziosa, ma necessaria per introdurre ad oggi un prodotto concorrenziale in grado di garantire facilità di utilizzo e massimo comfort già dalla prima calzata. A che tipo di scialpinista si rivolge?
Kilo si rivolge a un utilizzatore evoluto, uno scialpinista esperto che ama cimentarsi in escursioni di varia difficoltà e durata. È pensato per chi si pone la cima della montagna come obiettivo, ma anche per coloro che amano percorrere le creste a piedi con gli sci in spalla. Chi è oggi lo scialpinista “moderno”?
Lo scialpinista moderno è un utilizzatore attento, alla continua ricerca dei prodotti più performanti presenti sul mercato. È un utente che ama vivere la montagna a 360°, dai passaggi più tecnici ai pendii più dolci e meno impegnativi, ma che sia in fase di salita che in discesa non vuole scendere a compromessi. Ci racconti cos’è il Grilamid Bio Based LF Carbon e in cosa differisce dalle normali plastiche?
Il Grilamid Bio Based è un materiale che viene ricavato dall’olio di ricino e vanta caratteristiche come una buona resistenza agli UV e agli agenti chimici, all’impatto in condizioni di basse temperature e minimo assorbimento dell’umidità. Queste peculiarità lo rendono ottimo per le situazioni di fatica e negli impieghi estremi come su ghiaccio e neve.
Quale è stata la parte più difficile da sviluppare?
Sicuramente assicurare il massimo della performance in discesa senza sforare il tetto dei 1000 g di peso è stato un aspetto su cui abbiamo lavorato tanto. Siamo soddisfatti di aver raggiunto l’obiettivo grazie agli elementi strutturali ad-hoc ricavati sia sullo scafo che sul gambale, che generano struttura senza aumento di peso. Quanto avete investito in termini di ricerca (tempo e persone)?
Il progetto Kilo ha rappresentato una sfida totalmente nuova, partita da zero più di tre anni fa. Abbiamo investito tempo, risorse ed energie insieme a un team di professionisti altamente qualificati, ma
sempre guidati da una grande passione per il nostro lavoro. Grazie a questo profondo senso di collaborazione abbiamo sviluppato un prodotto unico che rappresenta un notevole passo avanti in termini di qualità e performance. In più il contesto di montagna nel quale siamo immersi ci permette di testare i prototipi a pochi passi da casa, offrendoci un vantaggio straordinario: riusciamo a individuare rapidamente gli aspetti da rivedere, li miglioriamo e ripetiamo i test fino a raggiungere il nostro obiettivo. Un gran lavoro di squadra, dove ogni persona porta il proprio contributo.
Come convincere il consumatore a fidarsi di uno scarpone leggero in fase di discesa?
È sufficiente calzare il Kilo per comprendere come sin dal primo fit sia in grado di regalare un senso di leggerezza e allo stesso tempo massimo sostegno. La struttura di rinforzo dello scafo e del gambetto trasmettono le giuste sensazioni tra sci e sciatore.
Nel presentare Kilo, dite che “rappresenta la nascita di una nuova piattaforma di sviluppo degli scarponi per lo scialpinismo”. Cosa si intende?
Kilo introduce di fatto una nuova piattaforma per gli scarponi da scialpinismo. I materiali e le tecnologie utilizzate nella realizzazione di questo nuovo attrezzo ci permettono di abbracciare una nuova fetta di mercato. Il prossimo anno arriveranno ulteriori novità, tra cui anche un’estensione della piattaforma Kilo, spostando l’asticella ancora più in alto sulle prestazioni in discesa. Ma non voglio anticipare nulla!
Qual è il futuro della disciplina e di questo sport?
L’impressione è che sempre più persone amino vivere e trascorrere del tempo in ambienti outdoor. La tranquillità e il silenzio che si apprezzano praticando lo sci alpinismo sono unici. Dobbiamo solo sperare che nevichi e poi via nella polvere!
Come i Giochi di Milano Cortina impatteranno sulla percezione dello skialp in Italia?
Sicuramente molte persone scopriranno una nuova disciplina, fonte di adrenalina e contatto costante con la natura. Tuttavia, mi permetto di fare una piccola considerazione rispetto a ciò che vedremo durante i Giochi Olimpici, cioè gli stili sprint, che differiscono dallo scialpinismo puro. Però questo è solo un mio parere da appassionato e praticante di questo fantastico mondo.
Mauro Delvai
GOD SAVE THE CIRCUITS
È anche grazie ai circuiti che la corsa off road si guadagna lunga vita. Per le singole gare, farne parte significa assicurarsi atleti, visibilità e sponsor. Ecco qualche numero e una riflessione
MAURIZIO TORRI
Giornalista freelance, fondatore del sito sportdimontagna.com, fotoreporter e consulente di comunicazione per alcuni degli eventi più iconici del settore trail, skyrunning e scialpinismo
Nonostante i numeri si stiano progressivamente riassestando su quelli registrati nel pre-Covid, in un ambiente ancora relativamente di nicchia quale quello della corsa in natura (trail running, skyrunning e mountain running classic), reperire grossi partner commerciali extra settore è un'impresa ardua. A sostegno degli eventi contribuiscono i cosiddetti “sponsor tecnici”, ma, se non fosse per il prezioso supporto degli enti locali, molte super classiche sarebbero già cadute nel dimenticatoio.
Organizzare costa, organizzare bene ne richiede molti di più. Per questo, nei momenti di difficoltà, a rischiare non sono tanto le “garette di paese”, bensì i grandi eventi; quelli con budget superiori ai 100 mila euro, tanto per intenderci. Da qui l’importanza dei circuiti, che spesso portano in dote sponsor, incremento di adesioni e altri benefit. Nel nostro piccolo mondo ne esistono diversi; non tutti hanno un format vincente, ma quelli ben strutturati hanno ricadute positive che gratificano gli organizzatori. A dirlo sono i numeri…
UTMB WORLD SERIES
Dopo Lavaredo Ultra Trail e Chianti Ultra Trail, dall’anno prossimo anche la Monterosa Walserwaeg potrà entrare in questo prestigioso club e beneficiare dei vantaggi di essere una “gara by UTMB”. Uno status che, a fronte di alcuni obblighi, garantisce ritorni impressionanti. Entriamo nei dettagli. La LUT, con i suoi 6.500 partenti spalmati sulle cinque distanze previste, ha registrato un veloce sold-out di pettorali grazie a qualcosa come 14.320 preiscrizioni giunte da ben 111 Paesi differenti. Anche la crescita del bell'evento toscano non è da meno: basti pensare che nel 2023 aveva chiuso con 2.300 partenti e per il prossimo anno ne sono previsti 4.500. Grazie alla vetrina UTMB, in due sole edizioni, le nazioni rappresentate sono passate da 45 a oltre 70. E i dati sono in evoluzione. Per quanto riguarda invece l'ultima new entry valdostana, le presenze previste per il prossimo anno sono 3.500; considerate che nelle ultime due edizioni i pettorali distribuiti si attestavano intorno a quota 800. Non male!
GOLDEN TRAIL NATIONAL SERIES BY SALOMON
Forte del fascino suscitato dal fratello maggiore di caratura mondiale e da un’accurata selezione delle tappe, che garantivano belle
location e alti standard organizzativi, il circuito proposto dalla sede italiana del prestigioso brand transalpino è stato quello che ha raccolto maggiori consensi a livello nazionale. Anche in questo caso, a parlare sono i numeri: Dolomiti Beer Trail (1.400 iscritti), Ledro Sky (470 iscritti), Dolomyths Run (oltre 1.000 iscritti) e Transpelmo (oltre 1.000 iscritti). Oltre alla chicca di poter annoverare la super classica fassana, tra i suoi punti di forza vi sono i free pass per le finali di GTWS in programma sui sentieri svizzeri di Locarno.
SKYRUNNER WORLD SERIES
Dando maggiore visibilità e premi ai top runner, questo circuito sembra essere risorto dalle ceneri e, anche se al momento conta davvero troppe gare (il format migliore sarebbe massimo otto top event, a fronte dei circa 25 attuali), per quanto ci riguarda ha dato riscontri più che positivi. Le due tappe italiane del 2024, Trofeo Kima (800 atleti da 40 nazioni) e Maga Skymarathon (456 atleti da 32 nazioni), hanno centrato un facile sold-out con parterre decisamente internazionali. I numeri non sono ovviamente quelli del mondo trail, ma sono comunque importanti quando si parla di percorsi altamente tecnici che richiedono indubbie doti alpinistiche.
CRAZY ITALY CUP
A differenza degli altri, questo non è un circuito commerciale, ma è stato appositamente creato dalla Fisky (Federazione Italiana Skyrunning) per dare visibilità e far crescere giovani gare che altrimenti rischierebbero di essere fuori dai radar. Quest’anno gli eventi coinvolti erano nove e hanno visto classificarsi 1.231 “corridori del cielo”. Oltre alla copertura assicurativa, alle gare era anche garantito un pacchetto di comunicazione con news pre e post gara. Insomma, un buon modo per permettere alle competizioni emergenti di farsi conoscere e trovare spazio in un calendario sempre più caotico, dove per gli atleti orientarsi è a dir poco difficile.
LE OPPORTUNITÀ CI SONO, BASTA NON SPRECARLE
I circuiti e le opportunità, come abbiamo visto, non mancano. Ciò che spesso manca è un minimo sindacale di standard organizzativi. Mi spiego meglio: una gara può anche avere il tracciato più bello del mondo, ma in pochi lo verranno a sapere se non si investe in comunicazione, fornendo ai media immagini accattivanti e di qualità. Altre volte si vorrebbe avere ai nastri di partenza atleti di livello senza garantire loro rimborsi spese o montepremi all’altezza. Potrei continuare con una lista di esempi davvero lunga, ma il concetto è chiaro: il circuito può essere un booster, ma serve a poco se non supportato da un evento ben congeniato.
Sono passati due anni da quando Kilian Jornet, Francecso Puppi e Pascal Egli hanno dato vita alla Pro Trail Runners Association, che oggi conta più di 250 atleti iscritti provenienti da tutto il mondo di Sara Canali
Era novembre 2022 quando tre grandi nomi del panorama mondiale della corsa in montagna hanno dato vita alla Pro Trail Runners Association, un'associazione internazionale senza scopo di lucro che ha come obiettivo quello di dare voce agli atleti di questa disciplina, prendersi cura della loro salute fisica e mentale, partecipare alla definizione del futuro e dell'ambiente in cui viene praticata, nonché garantire correttezza e sostenibilità delle competizioni. I membri fondatori sono Kilian Jornet, Francesco Puppi e Pascal Egli e oggi, a due anni di distanza, sono più di 250 i trail runner in tutto il mondo che hanno aderito alla PTRA abbracciandone la filosofia che guarda sia all’interno che all’esterno: se da una parte il progetto mira a salvaguardare i diritti degli atleti, soprattutto in situazioni legate a contratti, infortuni, salute e rapporti con i media, dall’altra la volontà è quella d'ispirare le persone anche fuori dalla cerchia, rimanendo sempre fedeli ai valori di fair play, sostenibilità, uguaglianza. La struttura è molto dinamica e prevede un'Assemblea generale con tutti i membri e un Consiglio di lavoro. Esistono poi dei gruppi di lavoro che si concentrano sui progetti particolari e che hanno a che fare con diverse aree: competizioni, antidoping, uguaglianza di genere, diversità, accessibilità e ambiente. Tra le novità anche il gruppo per l'Uguaglianza Femminile che ha lanciato la campagna “Here for the Women’s Race”, iniziativa che mira ad aumentare la visibilità di storie al femminile, fornendo sovvenzioni a creativi che desiderano mettere in luce le atlete di diverse età, abilità, etnie, espressioni di genere e orientamenti sessuali. Abbiamo chiesto a Francesco Puppi di aiutarci a fare un bilancio di questi due anni per guardare al futuro.
Francesco, ci puoi spiegare come e perché due anni fa è nata la Pro Trail Runners Association?
La PTRA è nata da un’esigenza comune e condivisa di avere una voce all’altezza di altri stakeholder, federazioni e organizzazione del nostro sport. Prima, quando noi atleti ci interfacciamo con queste realtà o anche con i brand, eravamo da soli mentre oggi possiamo far parlare un’associazione che ha come obiettivo quello di difendere gli interessi di tutti oltre a influenzare lo sviluppo della disciplina. L’input è partito da me e Kilian Jornet che nel nostro mondo ha una voce molto importante e influente e la risposta è stata da subito molto buona con tante adesioni che hanno fatto sviluppare tutto molto velocemente. A due anni di distanza come si è evoluta l’associazione?
In questi due anni sono successe tante cose. Intanto la nostra autorevolezza è cresciuta e oggi siamo tenuti in grande considerazione da tutti soprattutto per il confronto su questioni rilevanti. Per esempio, abbiamo lavorato tanto con UTMB per elaborare le regole di accesso, ma anche sull’anti doping e sulla questione della gender equality. Inoltre, siamo stati contattati dalla World Athletics per un confronto sul tema del trail running alle Olimpiadi e di sicuro ci fa piacere essere riconosciuti e coinvolti anche se, ovviamente, non abbiamo potere decisionale.
Tra i tavoli di lavoro, una forte rilevanza ce l’ha quello della sostenibilità. Come lavorate su questo tema?
La sostenibilità ambientale è un tema per noi molto importante e trasversale. Ovviamente noi possiamo tracciare delle linee guide e dare dei pareri, poi la loro attuazione esula dal nostro controllo. Al momento abbiamo un manifesto delle regole e dei buoni propositi che vorremmo fossero rispettati. Riteniamo che sul tema sia importante fare educazione, attraverso webinar con gli atleti e non solo.
Nel 2024 PTRA è stata molto attiva sul tema femminile con il gruppo di lavoro dedicato alla visibilità delle atlete. Quali altri temi per il futuro?
L’iniziativa Here for the Women’s Race ha riscosso un grande successo e avuto molta visibilità e questo ci rende orgogliosi. Non penso ci saranno grandi temi nuovi, ma piuttosto un’evoluzione dei filoni su cui concentriamo il nostro lavoro. Oggi contiamo circa 250 associati e vorremmo sempre più che a noi si aggiungessero atleti di Paesi o federazioni poco rappresentate in modo da poter costituire davvero una voce universale.
Tema Olimpiadi? Cosa ci dici?
Dico che la questione non è tanto il “se”, ma piuttosto il “come”. La corsa in montagna conta tantissime discipline diverse e ogni gara è un universo a sé. Se da una parte i cinque cerchi rappresentano una bellissima vetrina, dall’altra c’è la paura di snaturare lo spirito del trail running. Bisogna trovare il giusto bilanciamento e aspettare che i tempi siano maturi.
La partenza dell'OCC
Francesco Puppi
Il podio della OCC maschile UTMB. Da sinistra, Francesco Puppi, Eli Hemming
e Antonio Martinez Perez
Francesco Puppi e Kilian Jornet
DALLA PELLE AL TERRENO
X-Bionic debutta nella categoria footwear con i modelli TerraSkin dedicati al trail running. Due anni di duro lavoro che hanno unito l’innovazione del marchio svizzero con l’artigianalità e l’expertise di un territorio come Montebelluna. Ce lo racconta Flavio Guarnier, alla guida del progetto di Cristina Turini
Dalla pelle al terreno, questa è la filosofia attorno alla quale è stata progettata la prima gamma di calzature da trail running di X-Bionic. Ed è per questo che nel packaging dei modelli è compreso anche il calzino X-Socks, come parte integrante del concetto che racchiude la funzione di queste scarpe. Lo scorso 19 settembre, in occasione del lancio ufficiale, abbiamo avuto l’opportunità di visitare il laboratorio del marchio svizzero a Montebelluna, la patria per eccellenza delle calzature sportive. Un vero e proprio centro di ricerca e sviluppo che unisce macchinari di ultima generazione con il know-how e l’artigianalità tipiche di questo territorio, dove sono stati messi a punto i tre modelli che compongono la prima collezione dedicata all’off-road. A raccontarci questo impavido e impegnativo progetto, è stato direttamente il general manager footwear Flavio Guarnier.
Siete entrati nel segmento footwear a gamba tesa. Come ti aspetti che reagisca il mercato?
Fin dall’inizio di questa avventura era chiaro per noi che nel mondo non ci fosse bisogno dell’ennesimo brand di scarpe da trail running. Da un lato sapevamo che entrare in questo segmento soltanto con una buona scarpa, non ci avrebbe distinto e non avrebbe migliorato il nostro business. Però eravamo convinti invece che creare qualcosa di fortemente impattante e innovativo avrebbe fatto la differenza. Crediamo che oggi ci sia tanta fame di qualcosa di nuovo e di fresco, quindi abbiamo concentrato tutti i nostri sforzi nell’aprire questo centro a Montebelluna e inserirvi all’interno un team forte per creare un prodotto davvero innovativo. Cosa mi aspetto? Non ti nascondo che ci sono stati momenti difficili in questi due anni. Prima di lanciarmi in questa avventura gestivo un team di 12 persone e un business di crescita di quasi 60 milioni di fatturato. Decidere di ripartire da zero quindi non è stato semplice. In altri momenti però ho pensato che avevamo tutte le carte in regola per sfondare. La scarpa è stata presentata in questi giorni e i primi feedback sono incredibili e se riusciamo a cogliere bene le opportunità che si presentano, non vedo limiti. Non te lo sto dicendo da sognatore, ma da persona con i piedi ben ancorati a terra.
Nel footwear oggi stanno arrivando sul mercato tanti marchi emergenti che hanno, tra i loro punti di forza, una community molto solida. A livello di marketing e comunicazione invece voi come lo volete raccontare il prodotto?
X-Bionic è un’azienda che storicamente ha sempre lasciato “parlare” il prodotto, che è il nostro punto di forza. Ma ci stiamo
"Privilegiamo gli specializzati che credono davvero nel nostro prodotto"
evolvendo anche dal punto di vista della comunicazione e stiamo creando la nostra community. Non vogliamo solamente un team di atleti forti che vincono le gare, crediamo che puntare solo su questo sia un po’ limitativo per comunicare e promuovere un brand. Abbiamo un paio di runner forti, ma l’obiettivo è quello di creare un approccio un po’ più originale e di creare, per esempio, siniergie con personaggi che hanno dei sogni “impossibili”. Da Savas Coban che è un atleta estremo che fa traversate da 200mila km, all’impiegato svizzero appassionato che ha il sogno di abbattere il suo record personale. Supportiamo queste avventure non solo con i nostri prodotti, ma ci piace anche raccontare l’aspetto umano delle persone, che non devono necessariamente essere atleti top.
Ora che la vostra offerta comprende anche il footwear, volete ampliare la rete distributiva? Come vorrete procedere per arrivare agli specialisti?
Copriamo tutto il territorio nazionale, siamo distribuiti da Colmar con agenti molto bravi e di grande esperienza. Siamo presenti in maniera capillare in tutto l’arco alpino e nel Nord Italia però andiamo a coprire anche le regioni del Centro e del Sud e quindi tutto il Paese. Nel primo anno faremo molta selezione e daremo il prodotto a chi ci crede davvero, privilegiando i retailer più tecnici. Non abbiamo intenzione di finire nei megastore “troppo” generalisti dove puoi trovare un po’ di tutto.
Flavio Guarnier, general manager footwear X-Bionic
Get off the brake!
La costruzione della scarpa verte sul concetto di cushioning accompagnato dalla stabilità e dal controllo, così indispensabili sui terreni più tecnici. Ogni strato tra calza, scarpa e terreno è stato meticolosamente considerato e progettato per garantire che tutti gli elementi interagiscano perfettamente tra loro. Il risultato è un sistema innovativo che offre ai runner il controllo necessario per un appoggio sicuro a qualsiasi velocità. Ecco perché il claim della TerraSkin è “Get off the brake!”
XSKIN: DALLA PELLE ALLA SCARPA
Per ridurre al minimo l’attrito tra calza e scarpa, le TerraSkin vengono vendute con un paio di X-Socks abbinate. Queste tecnologie complementari sono state studiate e progettate per ottimizzare l’interfaccia tra calza e tomaia, in modo da farle funzionare perfettamente insieme.
Canali di raffreddamento
Sia la calza che la scarpa sono dotate di sezioni aperte in rete racchiuse da schiuma 3D, che non solo assicurano un’adeguata ventilazione del collo del piede, ma proteggono anche il piede dalla pressione e dall’attrito.
Protezione del tendine d’Achille
Un doppio strato di schiuma 3D e una conchiglia a forma di V accolgono il tallone. Oltre ad adattarsi a tutte le forme di piede, proteggono anche il delicato tendine d’Achille.
Prese d’aria
Le prese d’aria a rete nelle calze agiscono in combinazione con il materiale a celle aperte della soletta per garantire la corretta ventilazione della pianta del piede.
Le strisce di filato appositamente progettate nelle calze migliorano il grip tra calza e scarpa, prevenendo le vesciche e offrendo agli atleti il massimo controllo sui piedi.
Benda Trail Suppronation
La benda integrata nelle calze stabilizza il piede e ne favorisce il naturale movimento di rotolamento, attenuando l’iperpronazione e la supinazione.
CONTROLLO QUADRUPLO CON YIN E YANG
Il team del progetto X-Bionic si è ispirato al concetto di yin e yang della filosofia cinese: l’interazione tra elementi opposti e complementari. Con XSkin come yin e XTerra come yang, TerraSkin offre quattro caratteristiche chiave che garantiscono un maggiore controllo sotto i piedi: avvolgenza, stabilità, aderenza e frizione.
XTERRA: DALLA SCARPA AL TERRENO
XTerra utilizza tre nuove tecnologie in attesa di brevetto per ridurre al minimo la perdita di energia tra scarpa e terreno, massimizzando al contempo aderenza, stabilità e reattività.
Tecnologia SpeedFrame Il concetto di yin e yang è evidente anche nella tomaia e nella suola della scarpa TerraSkin. Invece del metodo convenzionale che prevede di incollare o cucire insieme gli elementi, la costru zione unica e brevettata crea un insieme funzio nale unificato. Tomaia e suola si avvolgono l’una con l’altra, aumentando il controllo e la stabilità e migliorando l’esperienza di corsa.
Carbonio Power-Lite
Reattività, stabilità e conservazione dell’energia sono garantite da una struttura asimmetrica brevettata che cattura e dissipa efficacemente l’energia. Lo speciale design a ferro di cavallo fa sì che la suola si adatti in modo flessibile alle condizioni del terreno, offrendo un supporto senza precedenti su terreni irregolari, un vantaggio fondamentale per i trail runner.
Tecnologia SpinWeave X-Bionic ha collaborato con gli esperti di suole di Vibram per creare una suola brevettata con tecnologia SpinWeave in grado di adattarsi a qualsiasi terreno, anche se irregolare. I risultati di uno studio a lungo termine condotto dal CeRiSM dell’Università di Verona dimostrano che i prodotti che incorporano la tecnologia SpinWeave hanno un contatto maggiore con il terreno rispetto a due prodotti concorrenti del settore trail running, garantendo una migliore aderenza e trazione.
Manifattura Mario Colombo & C. - 039.39431 - colmar.com
Flavio Guarnier, nel laboratorio di Montebelluna con alcuni collaboratori e giornalisti
ORGOGLIO E MADE IN ITALY
Il 28 settembre Kong ha tenuto il suo tradizionale Open Day. Un evento che negli anni
è diventato una festa molto partecipata e un modo per scoprire la produzione locale del marchio
di Benedetta Bruni
La storia di Kong s’intreccia con l’arrampicata da quasi 200 anni, sin dalla realizzazione dei primi ganci in agricoltura e allevamento che poi sono stati usati dai soldati a cavallo tra le due guerre, dando il via a una lunga evoluzione che ha portato all’attuale concetto di moschettone. Poi la produzione si è concentrata sul mondo del soccorso in montagna e della sicurezza sul lavoro, tanto che oggi l’azienda fa di quest’ultima motivo di formazione, grazie ai suoi training center sparsi per il mondo. Una storia ricca di brevetti e invenzioni (il key-lock, che oggi è standard in tutti i moschettoni, è stato brevettato proprio dal brand), che da 15 anni viene celebrata con un Open Day, quest’anno caduto sabato 28 settembre. Un’occasione per conoscere i processi produttivi, realizzati proprio nel sito dell’evento. Ma soprattutto una festa per adulti, bambini, persino cani. Ne abbiamo parlato con Enrico Ostidich, marketing & communication manager.
Enrico, raccontaci come nasce e si compone questo Open Day?
Siamo ormai giunti alla 15esima edizione, quindi possiamo dire che è ben consolidato. È iniziato come un esperimento per far conoscere meglio la nostra realtà, per far capire come nascono i nostri prodotti e mostrare con orgoglio la nostra produzione “made in Italy”, anzi, “made in Monte Marenzo”. Nel tempo abbiamo aggiunto attività ludiche per adulti e bambini. Quest’anno l’evento è strutturato per fasce d’età: c’è una zona dedicata ai più piccoli con pareti d’arrampicata, zip line e gonfiabili, una per i ragazzi un po’ più grandi con attività a tema Vigili del Fuoco e per i più audaci una parete da bouldering dove poter tirare qualche presa. Abbiamo previsto anche un laboratorio per imparare a fare i nodi e dei giochi di lancio della corda, tutto sempre seguito in sicurezza dai nostri tecnici qualificati. E anche la SICS, la Scuola italiana cani da salvataggio, che utilizza gli imbraghi prodotti da Alp Design (brand recentemente rilevato da Kong) e fa sfilate e dimostrazioni di soccorso. C’è poi uno showroom con l’esposizione di tutti i nostri prodotti e un piccolo museo con i nostri cimeli degli ultimi 50-60 anni.
Qual è il senso di questa giornata?
L’orgoglio dei dipendenti prima di tutto. E poi è una festa: di certo lo è per chi ci visita perché ci sono attività per tutti. I primi anni era più mirata sui bambini, ma un po’ per volta abbiamo introdotto attività anche per gli adulti. D’altronde quando abbiamo iniziato nel 2007 è stata una sfida: quando ho visto arrivare la prima macchina mi sono sentito rincuorato e ho pensato che forse era stata una buona idea. Ora iniziano a chiamarci mesi prima per chiederci se faremo l’Open Day. Poi è un’occasione per coinvolgere anche i nostri partner, che in questo caso hanno tutti una provenienza locale.
Com’è diverso il moschettone Kong dai competitor?
Il nostro è genuino perché è a chilometro zero. In certi casi i prodotti Kong possono sembrare un po’ più spartani, ad esempio per via delle lavorazioni a freddo dei connettori che permettono forme forse meno com-
plesse e accattivanti, ma in Kong abbiamo sempre dato precedenza alla qualità e alle performance del prodotto. Ci stiamo comunque spostando verso un’estetica più raffinata, stay tuned. Abbiamo riconsiderato anche il confezionamento, con l’adozione di un packaging riciclabile e l’abolizione graduale della plastica. Stiamo uscendo anche con delle novità interessanti nel mondo del climbing: non è un segreto che negli ultimi anni ci siamo concentrati prevalentemente sul mondo professional del soccorso e della sicurezza sul lavoro, ma per noi l'outdoor è stato il punto di partenza dove tutto ha avuto inizio, il primo amore non si scorda mai...
E ora come vi state muovendo nel settore arrampicata? Recentemente abbiamo deciso di rinnovare la gamma prodotti. Abbiamo infatti realizzato la linea Lario, composta da due imbragature moderne e davvero comode, un set di rinvii con fettuccia ergonomica, casco, chalk bag e due nuovi set ferrata, il tutto proposto in due gamme cromatiche coordinate ideali per chi vuole avere un kit completo per la falesia o per la ferrata senza rinunciare allo stile. Siamo contenti di quello che sta per arrivare. È vero, il mercato outdoor è affollato, ma è un mondo dove bisogna esserci. Inoltre, abbiamo dalla nostra il vantaggio della produzione locale, che ci permette di avere un rigoroso controllo sulla qualità dei nostri prodotti. Sono molti i controlli svolti nelle varie fasi di lavorazione, dal controllo della materia prima in ingresso, a quelli sui semilavorati, durante le fasi di assemblaggio, poi ogni moschettone viene trazionato al 60-70% del carico per verificare che non ci siano macro difetti, e infine ai controlli di funzionalità ed estetici sul prodotto finito. Tutto questo è tracciato in un gestionale che permette di risalire alla storia del prodotto grazie a un numero di serie. È un grosso vantaggio a livello di sicurezza, sia per il cliente che per noi.
Cosa c’è nel vostro futuro?
Abbiamo un sacco di novità in arrivo, sia nel mondo dei moschettoni che in quello del soccorso in montagna e sul lavoro. Il più grosso cambiamento per noi è stato l’essere passati da produttori a partner a 360° grazie all’offerta formativa dei nostri Training Center e all'implementazione dell'assistenza post-vendita. Inoltre abbiamo migliorato la digitalizzazione: ora i nostri prodotti hanno quasi tutti un chip NFC di facile lettura che permette di risalire alla storia completa del prodotto e dei controlli periodici che sono stati eseguiti su di esso. Siamo riusciti a creare anche un moschettone con NFC integrato, dove tra l’altro l’acquirente può inserire in autonomia le informazioni che desidera, come i suoi dati personali in caso di emergenza. E qualche mese fa abbiamo lanciato il RISE, un semplice ma innovativo sistema di ghiera automatica che riduce il rischio di apertura involontaria.
Enrico Ostidich
MOUNTAIN ME-TIME
LA FACCIA “SICURA” DEL'ARRAMPICATA
Il Belay Experience Tour di Petzl arriva in Italia per presentare NEOX e celebrare l’arte dell’assicurare con due appuntamenti: prima tappa a Bergamo, poi a Milano
di Laura Giunta - Foto di Michele Guarneri
Un successo. Non si può definire in altro modo la tappa inaugurale del Belay Experience Tour targata Italia di Petzl che il 3 ottobre ha animato la sala indoor di arrampicata e boulder della palestra Orobia Climbing di Bergamo. Obiettivo: far vivere ai partecipanti un’esperienza a tutto tondo sull’altra faccia dell’arrampicata, importante tanto quanto la progressione verticale stessa, ovvero il mondo della sicura. Una giornata all’insegna della condivisione, dell’apprendimento, del climbing e del divertimento, iniziata con la formazione degli istruttori che hanno potuto per primi conoscere e testare NEOX, il nuovo assicuratore con bloccaggio assistito mediante camma, ottimizzato per l’arrampicata da primo.
WORKSHOP - Nel pomeriggio poi si sono aperte le danze del Belay Experience Tour grazie ai tanti iscritti, tramite l’app Niva, ai workshop in programma: Lead Climbing, Catch a Fall e Slack Race durante i quali tutti hanno potuto comparare, sotto la guida dei tecnici commerciali Petzl Italia e degli atleti del marchio, la
gamma di assicuratori con bloccaggio assistito, dal nuovo nato NEOX, allo storico GRIGRI, fino al funzionale GRIGRI+. L’appuntamento è stato anche l’occasione per sperimentare l'ebbrezza della sicura dinamica, grazie a un manichino sapientemente guidato nelle sue cadute da una guida alpina del team e, ancora, per misurarsi con un nuovo modo di dare corda, grazie proprio all’unicità di NEOX applicata a una sfida in velocità e in orizzontale su un muro boulder attrezzato con due speculari linee di rinvii e altrettante prese colorate. Ciliegina sulla torta, i tantissimi premi distribuiti al pubblico della palestra grazie a una lotteria che si è conclusa con l’estrazione del fortunato vincitore di un NEOX nel suo cofanetto di presentazione unico, ovvero due travi esagonali da falesia creati ad hoc per Petzl e firmati Y&Y Vertical.
OSPITI - A seguire i partecipanti in ogni workshop c’erano anche tre atleti Petzl: Anak Verhoeven, straordinaria climber che in Coppa del mondo ha collezionato 35 finali e 19 podi ed è entrata solo qualche mese fa nell’olimpo femminile del 9b con la salita della via La Planta de Shiva. Nico Favresse, forte ed eclettico alpinista e scalatore che da tempo ispira climber di tutto il mondo e Alessandro Larcher, vero climber della porta accanto, forte, umile e appassionato, capace di dedicarsi all’arrampicata e agli studi di Medicina con lo stesso entusiasmo. Atleti che non si sono messi in cattedra e che hanno lasciato personalismi e performance fuori dalla porta della palestra per vivere insieme al pubblico l’esperienza di conoscere e sperimentare gli assicuratori Petzl.
UN EVENTO PER TUTTI
The North Face Global Climbing Day: una giornata all’insegna dell’inclusione insieme a tanti appassionati e a grandi campioni di Pietro Assereto
L'evento, con il quale The North Face ha confermato il proprio impegno nel rendere l'arrampicata sempre più inclusiva e accessibile, si è tenuto presso Urban Wall - Milano Climbing Factory il 25 settembre.
Alla serata hanno partecipato 325 persone. L'atleta del team Jacopo Larcher ha tenuto due workshop dedicati all’arrampicata in fessura, condividendo la sua esperienza e utili consigli sia con chi si avvicinava per la
prima volta a questa disciplina sia con chi è già un climber provetto.
Nel corso della serata si sono svolte la Maratona Lead – con 20 vie tra il 5a e il 7b dove vinceva chi scalava di più - e l’adrenalinica sfida Psicobloc: un blocco alto sei/sette metri e collocato nel centro della NewUrban Cliff; sotto, un enorme “air bag” per attutire le cadute. A chiudere, dj set e festa con premiazioni e consegna dei numerosi gadget offerti.
Jacopo Larcher
OLTRE OGNI LIMITE
Nel rinnovato Centro Federale FASI di Arco preso in consegna a metà settembre, in tempo per ospitare il Rockmaster, 173 atleti hanno chiuso la World Cup Paraclimbing di Tatiana Bertera
La terza e ultima tappa di Coppa del Mondo Paraclimbing IFSC, che si è disputata ad Arco il 27 e 28 settembre al Climbing Stadium, è stata il primo evento organizzato dalla FASI nello storico centro di allenamento della squadra azzurra dopo la sua ristrutturazione. Da un anno, infatti, l’area è oggetto di una modernizzazione che sarà completata, indicativamente, per fine anno e che permetterà alla Mecca dell’arrampicata trentina di ospitare competizioni anche di livello internazionale, nelle tre specialità olimpiche (Boulder, Lead e Speed). Un intervento “doveroso” affinché la location, pietra miliare della storia dell’arrampicata sportiva non solo in Italia ma nel mondo, rimanesse al passo con la crescita dello sport climbing e con le richieste che la Federazione Internazionale avanza affinché una parete possa diventare il palcoscenico delle competizioni più importanti. Oltre ai primi Campionati del Mondo Paraclimbing nel 2011, Arco è stata anche tappa della
_LOS ANGELES 2028
IFSC World Cup Series per sei stagioni tra il 2012 e il 2019, ha ospitato tre Coppe del Mondo Paraclimbing (nel 2012, 2013 e 2014) e due Campionati Mondiali Giovanili (nel 2015 e 2019).
Tra i 19 azzurri al via, quattro sono quelli che sono saliti sul podio. Nadia Bredice (categoria B1), con la sua guida blind Sonia Cipriani, in qualifica aveva raggiunto il 1° posto con notevole distacco dalle avversarie e in finale ha letteralmente danzato sulla parete, conquistando una meravigliosa medaglia d’oro. Anche Lucia Capovilla (categoria AU2) aveva dominato nettamente la qualifica e non è stata da meno in finale, vincendo uno strepitoso oro fra le ovazioni del pubblico di casa. Chiara Cavina (categoria RP2) dopo un 2° posto in qualifica realizza una grande salita, che le frutta la medaglia di bronzo. Giuseppe Lomagistro (categoria AL1) che si era piazzato 4° in qualifica, conquista con grinta una bellissima medaglia di bronzo.
Anche l’Italia del paraclimbing si avvia verso il sogno olimpico
Questa terza e ultima tappa di Coppa del Mondo Paraclimbing ha visto la partecipazione di atleti provenienti da 20 nazioni fra cui, per l’appunto, anche i ragazzi della squadra azzurra. Per tutti loro, ovviamente, il sogno è rappresentato dalle Olimpiadi (e Paralimpiadi) di Los Angeles 2028 dove, per la prima volta nella storia di questo sport, anche il Paraclimbing troverà un suo spazio. La storica inclusione è stata proprio l’argomento principale della conferenza stampa che ha preceduto le finali.
“L’inclusione del Paraclimbing nel programma dei Giochi Paralimpici di Los Angeles rappresenta un passo epocale per la nostra disciplina. Permetterà al mondo di scoprire che non ci sono limiti per la pratica dell’arrampicata, uno sport tanto avvincente quanto inclusivo. Inoltre per gli atleti è una grande occasione per diventare professionisti: credo che questa sia la cosa che ci rende più orgogliosi" Cristina Cascone, direttore Tecnico F.A.S.I. della Nazionale Italiana Paraclimbing
L’attività di Montura è racchiusa nel motto “Searching for a new way”, che per un quarto di secolo ha accompagnato ogni nuovo prodotto, ogni nuova linea, ogni nuova collezione. Significava – e significa – essere in costante “ricerca”, distinguersi dagli altri. Il ruolo sociale non era, 25 anni fa, uno dei temi prioritari per le imprese, ma per Montura lo fu fin dai primi momenti impegnandosi, ad esempio, nel sostenere progetti di solidarietà internazionale. Così come sollevando l’attenzione verso tematiche scomode per l'epoca, quali l'integrazione a tutti i livelli delle persone con disabilità. Ma anche con esempi pratici di responsabilità ambientale, non occupando per le sue sedi alcun nuovo suolo fertile ma rilevando edifici già costruiti. Non da ultimo anche nella ricerca delle materie prime, selezionando solo quelle certificate secondo le normative più restrittive, cercando il minore impatto possibile fino alla produzione e commercializzazione del prodotto. E poi la cultura, che doveva essere accessibile a tutti, per contribuire a formare cittadini e consumatori più competenti e consapevoli. Così, al fianco del brand “Montura” nacque “Montura Editing”. Un laboratorio creativo, un luogo dove mettersi alla ricerca di nuovi progetti. In estrema sintesi, nient’altro che una delle espressioni della sperimentazione e della ricerca che è alla base degli stessi prodotti Montura.
MONTURA EDITING
alle opere scritte od interpretate da Erri De Luca. Fino ai tanti film autoprodotti da filmaker che sono riusciti a raggiungere il picco delle finali o prestigiosi premi a Trento, Banff, Lubiana, Bilbao. Sempre parlando al cuore delle persone. Oltre cento libri, più di cento film, centinaia di sponsorizzazioni culturali o di solidarietà in meno di un quarto di secolo: ci sono altri brand al mondo a questo livello nel settore outdoor?
Nata dall’idea che la cultura contribuisca a formare cittadini e consumatori più competenti e consapevoli. Da 25 anni un laboratorio per sperimentare nuovi e vari spazi d’espressione quali libri, film, festival e premi letterari
a cura della redazione
EVENTI E FESTIVAL - La cultura in tutte le sue declinazioni è sempre stata al centro dell’attività di Montura Editing. Sono così nate le collaborazioni con “I Suoni delle Dolomiti”, grande festival musicale in quota e con diversi altri eventi musicali; con Arte Sella, prestigioso parco artistico in natura; con il MUSE di Trento e con il Forte di Bard. Pure il sostegno o la partecipazione ad innumerevoli eventi culturali, dedicati al cinema, ai libri, alla cultura: da Trento – dove Montura sostiene come main sponsor da 15 anni il più longevo festival di montagna del mondo - a Torino, da Mantova a Ferrara, da Roma a Milano, dalla Slovenia alla Romania. Poi la “centralità” data a temi sociali come la disabilità, le pari opportunità, le aree marginali, progetti di woman empowerment, le scuole. Persino uno spettacolo teatrale.
EDITORIA - Definirsi laboratorio creativo ha concesso a Montura Editing la possibilità d’inventarsi veramente di tutto, diventando così non una vera e propria “casa editrice”, piuttosto un “marchio editoriale” che porta il nome di una manifattura di abbigliamento con uno stile che probabilmente non ha avuto uguali al mondo. Sì, perché i libri non si vendono, ma si distribuiscono per alimentare conoscenza, nell’ottica di uno scambio: chi riceve un libro in dono da Montura, s’impegna a far parte di una “cordata umanitaria” per sostenere, in maniera libera e responsabile, un progetto di solidarietà. I primi e più durevoli quelli in Nepal e Perù, ma in seguito anche in Mongolia, in Bolivia, naturalmente in Italia. Dopo il primo, “Sguardi dall’alto” di Giulio Malfer, Montura ha favorito la stampa di oltre 100 titoli, per un totale di oltre 200 mila copie. Numerosi i libri della collana “Uno Montura”, aperta nel 2004 dal climber Manolo e giunta nel 2024 con il viaggio di Alessandro de Bertolini dalla Mongolia al Nepal. Volume di rappresentanza dei titoli Montura, per qualità editoriale e tiratura, è senz’altro “Il Grande Viaggio” di David Bellatalla e Stefano Rosati, con tutta la parte cartografica realizzata in casa da “Montura Maps”.
LE PRODUZIONI CINEMATOGRAFICHE - Diversa metodologia, ma identico spirito quello che ha animato Montura Editing nella ricerca dei film da sostenere, opere che dovessero avere un forte valore sociale, preferibilmente girati da cineasti giovani, o esordienti o da registe. Si parte con “Io sono Li” di Andrea Segre ed è subito un successo: il film vince il “Premio Lux” del Parlamento Europeo e viene distribuito in tutta Europa. Seguiranno altri cento film, con piccoli sostegni sottoforma di prodotto o con sponsorizzazioni determinanti per la produzione. E non sono mancate le soddisfazioni. Dai film con Adam Ondra fino alle “Otto Montagne”, opera premiata a Cannes. Dalle adorabili “Cholitas” di Jaime Murciego
I CAMMINI - La “creatività” del laboratorio di Montura non ha avuto limiti, ma è sempre stata stimolata a raggiungere nuove mete. Tra i molteplici esempi possiamo ricordare la creazione, assieme a sette aree protette dell’Italia centrale, del Cammino naturale dei Parchi, trekking di 450 chilometri tra Roma e L’Aquila. Andare a piedi è sempre stato un must per Montura, forse perché rappresenta il metodo più rispettoso per entrare in contatto con la natura e per conoscere un territorio: dal Sentiero Italia CAI al Sentiero della Pace con i giovani di Và Sentiero, passando per la Via Appia con Paolo Rumiz o per i Sentieri Frassati.
PREMI E CONCORSI - L’attenzione ai giovani ha portato per molti anni alla sponsorizzazione con conseguente crescita del Premio letterario Mazzotti. Ma Montura Editing ha pure creato un suo concorso, insieme con l’Atlante delle Guerre. Realizzato fino ad ora in tre edizioni, “WARS –War and Revolutionary Stories” ha premiato – nella prima edizione con una scultura straordinaria ad opera di Mauro Corona – fotoreporter di guerra e di conflitto tra i più importanti al mondo. In questa fase storica, caratterizzata da innumerevoli conflitti, Montura ha ritenuto che i protagonisti da mettere al centro dell’attenzione non dovessero essere soltanto gli alpinisti o gli esploratori, che rimangono sempre nel cuore della propria missione, ma anche quelle persone che mettono la loro vita al servizio della verità.
Ora, al traguardo dei 25 anni, la nuova proprietà guidata dal presidente Claudio Marenzi e dal ceo Marco Busa, persone da sempre interessate al mondo della cultura, sta immaginando nuove attività ma sempre in una linea di continuità con lo spirito che ha animato l’originale viaggio del brand.
“Perché Montura non è semplicemente Montura”!
ABBRACCIARE LE ALPI
Kilian Jornet ha attraversato tutti i 4.000 dell’arco alpino. 82 vette in soli 19 giorni. Un vero "test" dei limiti umani e dei prototipi NNormal
di Benedetta Bruni
Lo scorso agosto, per il progetto “Alpine Connections”, Kilian Jornet ha indossato le vesti da alpinista per collegare le 82 vette di 4.000 m delle Alpi senza supporti motorizzati. Ce l’ha fatta in soli 19 giorni, un nuovo record assoluto – che però non festeggia: la vera gioia è stata l’esperienza, questo traspare dalla nostra intervista.
Kilian, partiamo subito alla tua impresa “Alpine Connections”. Quale storia vuoi raccontare con questo progetto?
L’obiettivo del progetto era il progetto stesso: passare del tempo in montagna con gli amici, ma anche esplorare di nuovo un’area a cui sono legato. Per farlo, mi sono ispirato a chi è venuto prima di me: pionieri dell’alpinismo veloce e leggero, persone che avevano già provato questa traversata ma anche alpinisti specifici su vie specifiche: è il caso di Patrick Berhault, delle prime connessioni dei 4.000 di Martin Moran e Simon Jenkins, quelle di Franz Nicolini e Diego Giovannini o di Ueli Steck. Nessuna ricerca della performance o di record da battere. Solo la pura esplorazione delle Alpi collegando le cime senza supporto esterno.
C’è un motivo per cui sei partito proprio in quel periodo?
Ho pianificato il viaggio affinché coincidesse con la fine della SierreZinal, gara a cui ho partecipato, in modo da rendere i miei spostamenti più efficienti. Cerco infatti sempre di ridurre la mia impronta ecologica sfruttando al massimo ogni viaggio.
Hai dichiarato che uno degli obiettivi del progetto sarebbe stato quello di esplorare i limiti umani di fronte all’immensità della montagna. Tu non sei certo uno che non è solito a questo tipo di prove. Cosa ti porti a casa di nuovo da un’esperienza come questa?
Credo che non si smetta mai di scoprire cose nuove sul proprio corpo e mente, e questo progetto è stato un buon modo di esplorare questi limiti. Ma penso che non troveremo mai il limite ultimo: c’è sempre qualcosa che possiamo imparare. È stato molto interessante poter studiare la fisiologia dei limiti del corpo e della mente. Durante questa iniziativa, abbiamo cercato di vedere cosa succede metabolicamente e cognitivamente durante uno sforzo di questo tipo.
Un altro aspetto chiave è stato il rapporto uomo - montagna e la loro profonda connessione. Quanto conta il ruolo di ognuno di noi?
Passare così tanto tempo in montagna ti mette di fronte al cambiamento che sta vivendo. I ghiacciai recedono e il clima sta diventando più imprevedibile. Queste esperienze confermano il mio impegno nel sensibilizzare una protezione urgente di questi luoghi per le generazioni future. Credo però che chiunque possa dare il suo contributo alla causa, anche se piccolo. Secondo me, si tratta di educare gli altri e se stessi sugli impatti del cambiamento climatico, riducendo la nostra impronta, e sostenere pratiche sostenibili per la comunità e oltre.
Passione, fatica, perseveranza. La convivenza di questi elementi per un lungo periodo di tempo e in ambienti sfidanti non è affatto scontata. Come sei riuscito a mantenere la concentrazione per 20 giorni?
L’aspetto mentale è stato molto fondamentale. Credo che la preparazione arrivi dall’esperienza e dal non stressarsi in situazioni pericolose. Mantenere la calma e prendere una decisione alla volta è essenziale per evitare scelte avventate. La difficoltà più grande del progetto è stata la quantità di
ore che ho dovuto passare in uno stato di completa concentrazione, ma avevo già previsto che sarebbe stato così e perciò sono partito preparato. Per fortuna, sono una persona abbastanza tranquilla e riesco a mantenere la calma in situazioni rischiose.
Ci sono stati dei momenti più complicati di altri?
Il più difficile tecnicamente è stata la cresta del Diable, dove fino a Isolée ha un grado di 5c e tutta la salita sul traverso è abbastanza impegnativa. Ma la roccia è molto solida e la via piuttosto intuitiva, quindi alla fine non è stata difficile. Anche salire il Grand Pilier d’Ange da destra per evitare la caduta di massi era simile tecnicamente, ma più impegnativo. La cresta sud del Weisshorn è nel complesso e in buone condizioni probabilmente la via più completa. E poi la traversata dei Droites sulla cresta per evitare cadute è stata molto tecnica e complessa. E infine per attraversare la crepaccia nel ghiacciaio del Brouillard verso Eccles è stato necessario arrampicare una parete di ghiaccio molto ripida.
A chi ti rivolgi con le produzioni di Alpine Connections e Into the (Un)known, sulla tua impresa sui Pirenei? Cosa possono imparare il neofita della montagna e l’alpinista esperto?
Non sappiamo ancora se Alpine Connections sarà un film, ma in caso credo che sarebbe un’introduzione alla bellezza della montagna per tutti. Per i climber esperti, ma anche per i novizi e per gli appassionati outdoor: rappresenta un’opportunità per riflettere sulle condizioni mutevoli e sulle sfide che affrontiamo per via del cambiamento climatico.
Quanto questa impresa è collegata e supportata da NNormal?
Alpine Connections era un progetto personale, ma ovviamente NNormal è parte di me, quindi legare l’iniziativa al marchio è stato qualcosa di organico. Usare l’attrezzatura e i prototipi e avere il supporto del team è stato cruciale per il progetto in sé. NNormal, così come la Kilian Jornet Foundation, ha aiutato Alpine Connections a raggiungere sempre più persone che si interessano e preoccupano di temi come la natura, i cambiamenti climatici e le sfide dell’alpinismo in un contesto ambientale come quello attuale.
Quali prodotti del brand hai usato e come ti hanno aiutato?
Ho usato tre paia di Tomir 2.0. Per la maggior parte dei giorni ho usato il prototipo impermeabile della scarpa, ovvero dal giorno uno fino al Rifugio Torino e dopo Droites (al giorno 16) ho iniziato a usare un paio delle Tomir 2.0 non impermeabili sul Nadelgraat per far asciugare le altre. Dal Torino ho cambiato un altro paio di Tomir 2.0 – non waterproof – per gli ultimi quattro giorni. Sono scarpe comode e ideali per correre, camminare e la scalata d’aderenza. Per quanto riguarda i vestiti, ho usato calze NNormal, un paio di leggings o pantaloni attivi, sempre del brand. Poi una maglia in Merino, una giacca midlayer, una giacca a vento, una per la pioggia e un piumino. Alcuni di questi erano dei prototipi e ho avuto l’opportunità di testarne la prestazione e la durata in un periodo di attività molto intenso e in condizioni realmente tecniche. Spero che questa esperienza possa essere utile per il team di prodotto.
Ci saranno delle novità in casa NNormal?
Il team NNormal è sempre impegnato a scoprire nuovi materiali, soluzioni e tecnologie per assicurarci che i prodotti raggiungano gli standard di qualità e durabilità che desideriamo. Il nostro obiettivo è migliorare la linea esistente, piuttosto che crearne di nuove. Spero che alcuni dei prototipi che abbiamo testato verranno poi integrati nella nostra offerta, ma è un piano per il futuro e non è ancora confermato.
Lo youtuber francese Inoxtag documenta la sua avventura vissuta sull'Everest, dopo un anno di preparazione. Una case history che torna a far parlare di montagna anche ai più giovani
di Sara Canali
Da quando è stato caricato su YouTube, il documentario Kaizen: un anno per scalare l'Everest ha già registrato più di 36 milioni di visualizzazioni, con un trend in costante crescita. Una eco enorme per un film che parla di montagna e che è stato pensato per una fruizione via streaming e non nelle sale di un cinema, alla portata (gratuita) di tutte le generazioni di appassionati e non. Se in questi anni i social ci hanno insegnato qualcosa è che ognuno può diventare il protagonista della propria storia e trasformare il proprio messaggio in qualcosa in grado di smuovere opinioni e interessi. In questo contesto, l'opera dello youtuber francese di 21 anni Inoxtag, celebre per i suoi contenuti spensierati e coinvolgenti, ha dimostrato come la sua sfida personale di arrivare in cima all'Everest, dopo un anno di preparazione, sia stata in grado di far parlare di montagna tutta la Francia e non solo. Infatti, oltralpe non c'è un solo quotidiano che non abbia fatto servizi o ne abbia parlato suscitando al contempo ammirazione e polemiche mettendo a confronto i puristi dell'alpinismo con un pubblico che invece della montagna ha sentito appena parlare. Se da una parte la salita all'Everest con ossigeno viene considerato un modo “non appropriato” di andare in montagna, dall'altro ci sono molti alpinisti e guide, ragazzi appassionati di montagna o anche solo giovani sportivi e non, che ne sono entusiasti soprattutto per l'enorme produzione, le immagini mozzafiato, l'idea della sfida della persona comune e perché, finalmente, si torna a fare documentari ben fatti sulla montagna capaci di parlare anche ai più giovani. Quale che sia il pensiero, non si può non considerare la case history che questo lavoro rappresenta.
IL DOCUMENTARIO - Nella sinossi su YouTube, Inès Benazzouz, in arte Inoxtag, racconta cosa significa questo film: “Kaizen è una filosofia giapponese di progresso continuo, che consiste nel migliorare ogni giorno, passo dopo passo. Scalare l'Everest, un ideale che sembrava irraggiungibile ma che è diventato realtà seguendo diversi passi: sognare, condividere e seguire una disciplina rigorosa Infine, Kaizen significa combattere le proprie paure e agire nonostante i dubbi”. Senza alcuna esperienza pregressa, lo youtuber si è posto l’obiettivo di conquistare una delle imprese più estreme al mondo affidandosi alla guida Mathis Dumas, fotografo e ambassador SCARPA, che lo ha aiutato a prepararsi per l’impresa durante tutto l’anno scorso. Per l’occasione, sono diverse le scalate che hanno affrontato insieme prima di raggiungere la cima dell’Everest durante questo lungo anno di preparazione. E il film, che dura in totale due ore e mezza, non ha tralasciato niente di tutta questa preparazione, affrontando con grande sincerità ogni momento di difficoltà, superando i dubbi e le paure che
necessariamente un'impresa come questa porta con sé. Non una celebrazione, ma un viaggio all'interno dei sentimenti di una persona reale che durante il suo anno di preparazione subisce una vera e propria metamorfosi non solo nel fisico, ma anche nell'atteggiamento, vestendo i panni di un alpinista che vuole raggiungere il suo sogno. Senza tralasciare il rapporto guida-cliente che nel film viene descritto molto bene rimettendo questa figura al centro.
LA REAZIONE - Il documentario è stato presentato venerdì 13 settembre in contemporanea in 500 cinema, facendo registrare 340.000 spettatori in un giorno. Da sabato 14 poi, il lungometraggio è diventato disponibile su YouTube ed è difficile trovare qualcuno che non ne abbia almeno sentito parlare. Inoxtag è sponsorizzato Nike e il product placement durante le due ore di riprese hanno riguardato solo questo brand e altri che hanno sostenuto il progetto. Il materiale tecnico per affrontare la salita, però, è stato scelto in modo soggettivo dalla guida e dallo youtuber stesso, che hanno selezionato brand e prodotti per la loro affidabilità e non per un accordo commerciale. La scelta è ricaduta su due brand italiani come HDry e SCARPA: durante tutto il film sono spesso ben visibili i guanti promo HDry indossati sia da Inoxtag sia da Dumas mentre, nella parte delle salite himalayane, tutto il team indossa gli scarponi d’alta quota Phantom 8000 con tecnologia HDry oltre ai guanti SCARPA con HDry.
LA TECNICITÀ CHE SI FA RICONOSCERE
Abbiamo chiesto a Matteo Morlacchi, co-founder della tecnologia di impermeabilizzazione HDry, di fare un'analisi del fenomeno Kaizen.
“Oggi fare film di montagna che coinvolga così tanto i giovani non è scontato. È una storia interessante, perché ha come protagonista un ragazzo normale che ha scelto un obiettivo e l'ha raggiunto. Il messaggio che passa è chiaro: chiunque può darsi obiettivi ambiziosi e, con volontà e pazienza, ci può arrivare”. Poi per quanto riguarda la scelta della tecnologia, ha risposto così: “La scelta dei materiali per l'escursione è stata libera e ci ha fatto piacere che sia stata dettata da una visione tecnica e non commerciale. Sono stati usati scarponi di SCARPA con tecnologia HDry e sicuramente questo è motivo di grande soddisfazione”. E sul ritorno in termini di visibilità, aggiunge: “Ci ha procurato una discreta visibilità che abbiamo riscontrato nella crescita dei follower sui social, ma soprattutto nella ricezione di messaggi per avere maggiori informazioni”.
Al Qr Code il documentario Kaizen: un anno per scalare l'Everest
PER AMOR DI NATURA
La guida alpina Marco Milanese ha effettuato il secondo salto in assoluto dal Kilimangiaro con la tuta alare. Un' incredibile avventura dell’atleta multidisciplina, ambassador The North Face
Il 19 settembre 2024, la guida alpina nonché atleta e ambassador The North Face Marco Milanese ha compiuto il secondo salto di sempre e il primo europeo dal Kilimangiaro, effettuato con tuta alare e paracadute secondo tecnica BASE jump. Un’esperienza compiuta insieme a Tim Howell, amico e avventuriero inglese parte dei Royal Marines. Il primo a essere riuscito era stato il russo Valery Rozof, quasi 10 anni fa, purtroppo successivamente deceduto in Himalaya. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare di questa straordinaria avventura.
Partiamo dalla fine: vuoi raccontarci questa incredibile impresa?
A me non piace troppo la parola impresa, preferisco parlare di avventura. In questo senso, è stata davvero intensa, nonostante salire sul Kilimangiaro non sia alpinisticamente troppo complicato. Si tratta di un luogo incredibilmente bello per la sua unicità con la giungla che arriva fino a 3.500 metri d’altezza prima di lasciare spazio a un terreno completamente marziano, vulcanico che non si trova facilmente in giro per il mondo. Noi abbiamo avuto la fortuna di campeggiare in cima, a quasi 6.000 metri, di fianco a crateri con ghiacciai vivendo un’esperienza davvero unica. Altro discorso invece per quanto riguarda il salto con la tuta alare, quello è stato un po' più complicato. Era stato fatto solo una volta 10 anni fa e dunque non vi erano troppe informazioni a riguardo, diciamo che l'abbiamo vissuta come se avessimo dovuto aprire quel salto per la prima volta.
E come è stato “il salto”?
Dalla cima siamo scesi di 400 metri, su un terreno vulcanico decisamente friabile alla ricerca del punto più verticale della parete. Dopo circa un'ora e mezza di ricerche in parete facendo diversi traversi, calate eccetera, ho finalmente trovato il punto grazie all'esperienza che ho maturato in centinaia di salti. Per calcolare l’altezza non abbiamo usato il laser, ma lanciando una roccia e contando i secondi di volo. Ho capito di avere un margine di sicurezza molto ampio e così ho saltato. Un volo mozzafiato, nel vero senso della parola: l'altitudine sommata allo sforzo e allo stess fanno si che arriviamo a terra tutti ansimando!
Quanto tempo di preparazione ci vuole per fare quello che avete fatto?
Tim, mio compagno di avventure storico, è molto bravo a studiare e curare tutti gli aspetti logistici ed erano almeno quattro anni che studiava nei minimi particolari questo salto, in particolare la verticalità del salto vero e proprio, la traiettoria per arrivare al punto d’atterraggio attraverso le mappe e il GPS. Poi ovviamene le condizioni
di Sara Canali
meteo giocano un ruolo fondamentali, ma noi siamo stati molto fortunati nel trovare la giornata perfetta.
Leggendo un po' di articoli che ti riguardano, sei stato chiamato il signore dell'aria, l'uomo delle altezze. Se tu dovessi darti un soprannome, quale sceglieresti?
Così sui due piedi non saprei, diciamo che in generale mi sento legato all'elemento natura nel suo insieme. Sono un polisportivo, e mi piace fare tantissime cose diverse. Non essendo un super specialista, non riesco a eccellere in nessuna delle specialità che faccio, ma riesco a unire le mie capacità creando combinazioni per giornate uniche, che poche persone fanno. Laureato in Scienze Forestali, la natura l’ho anche studiata, mi piace sentire la roccia sotto le mani, l'aria in faccia e vivere il mare anche praticando surf e windsurf.
Tra tutti gli sport che hai fatto, pensi di essere arrivato alla tua passione definitiva con la tuta alare?
In realtà vado a periodi e in questi giorni stavo proprio pensando che forse sta arrivando il momento di iniziare un nuovo sport. Sicuramente il volo mi sta prendendo ultimamente, anche se quest'anno ho arrampicato di più che volato. Quello che mi appassiona della slackline e del volo è il fatto che ci sia ancora tanto di nuovo da fare. Quando scali, puoi aprire una via nuova ma sarà semplicemente una tra un milione. Stessa cosa per le spedizioni. Il volo invece è ancora abbastanza nuovo e quindi dà la possibilità di esplorare in tutto il mondo.
Come guida alpina e atleta, lavori tanto con i ragazzi giovani. Cosa ti piace di questo aspetto della tua professione?
Sono due gli aspetti principali, il primo è che mi sento anch'io un bambino, sempre alla ricerca della meraviglia nella scoperta delle cose. L'altro aspetto è una sorta di missione educativa che perseguo unendo le mie capacità di guida alpina, scrittore, dottore forestale e amante della natura. Quello che voglio fare è trasmettere queste conoscenze per preservare il nostro ambiente naturale. Il nostro motto è che per rispettare la natura bisogna conoscerla, per conoscerla bisogna viverla.
Nelle tue avventure, quanto supporto dà un marchio come The North Face?
Devo dire che, lato prodotto, The North Face mi sta dando tutta la disponibilità possibile, nel senso che quando ho bisogno è sempre disponibile a fornire materiale e pensare anche a cosa mi potrà servire nella spedizione successiva. Mi fornisce una gamma numerosa di materiale, sia abbigliamento che attrezzatura come tende e sacchi a pelo. L'anno scorso mi ha pure finanziato una spedizione, quindi gli devo sicuramente molto.
Marco Milanese
Preparazione al volo
Marco in volo
Marco in cima al Kilimangiaro
VIAGGIARE LIBERI A TUTTE LE ETÀ
Cresce anche quest’anno il numero di camper, furgoni e van immatricolati in Italia e in Europa, registrando un trend in positivo per le vacanze in movimento, lontane dal turismo di massa
di Sara Canali
Sono state più di 100.000 le presenze registrate alla quindicesima edizione della Fiera del Camper di Parma andata in scena dal 14 al 22 settembre. Un record in linea con il trend in crescita delle immatricolazioni che, secondo gli ultimi dati APC (Associazione Produttori Caravan e Camper), ha registrato quest’anno un +24,34% in Italia, mentre in Europa il primo semestre 2024 ha segnato un +9,40% Il nostro Paese è il terzo produttore di camper in Europa, dopo Germania e Francia, e circa il 20% di tutti i mezzi immatricolati annualmente in Europa ha origine dall'Italia. Per questo motivo, un salone come quello emiliano rappresenta una cartina tornasole per il settore dimostrando come la voglia di avventura all’aria aperta e di una vita più semplice anche in vacanza sia un desiderio sempre più ricercato dai viaggiatori. In questo senso, i veicoli ricreazionali sono mezzi che permettono di vivere l’ambiente tutto l’anno, non solo durante le vacanze stagionali, ma anche nei weekend e negli scampoli di tempo libero. Camper, roulotte, ma anche furgoni e van, tutti protagonisti di un modo di viaggiare diverso e protagonisti nei cinque padiglioni della fiera di Parma. Tra i 330 espositori, di cui 70 provenienti da 16 Paesi esteri, presenti oltre 600 veicoli ricreazionali ma anche diverse realtà che si occupano dell’allestimento dei furgoni al fine di camperizzare veicoli nati per rispondere a una diversa esigenza.
_L'ANALISI DEL SETTORE
Abbiamo chiesto a Ludovica Sanpaolesi de Falena, direttore generale - secretary general Associazione Produttori Caravan e Camper –APC di rispondere ad alcune nostre domande per capire meglio il trend di settore.
Com'è cambiato il visitatore della fiera in questi ultimi anni?
I visitatori del Salone del Camper sono diventati nel tempo ancora più “trasversali”, come si usa dire, ovvero non sono etichettabili. Abbiamo giovani, coppie, famiglie con figli di tutte le età, coppie di “best agers”. Rispetto alle altre manifestazione di settore di diversi Paesi europei, in Italia l’età media sembra essere più bassa: siamo ben al di sotto dei 50 anni. E un numero incredibile di visitatori porta con sé il proprio animale domestico, generalmente un cane. Infatti, il camper e il caravan sono mezzi ideali per portare Fido sempre con sé.
UNA QUESTIONE GENERAZIONALE? - Un altro fenomeno interessante in questo senso è quello evidenziato da Yescapa, la piattaforma di camper-sharing leader in Europa, secondo cui, nel 2024, oltre 100.000 italiani hanno mostrato interesse per la condivisone di camper. Questo significa che anche chi non lo possiede fisicamente, desidera noleggiarlo come mezzo alternativo per i propri spostamenti, trend che nella comunità outdoor dimostra anno dopo anno un aumento di interesse soprattutto nel segmento della vanlife. In un articolo pubblicato su Il Giornale il 6 settembre e firmato da Valentina Menassi, si fa un’analisi anche sulla fruizione di questo tipo di mezzo da parte delle diverse generazioni, una sorta di diversità di approccio tra boomer e millennial. Se da una parte i 50enni prediligono il comfort considerando il camper come una seconda casa che allestiscono per avere un ambiente accogliente e rilassato, i 30/40enni invece adottano un approccio più flessibile e innovativo. Per loro, il viaggio rappresenta un'esperienza dinamica e spontanea, favorita dall'uso di app e piattaforme digitali che permettono di organizzare tutto in tempo reale pur mantenendo un approccio minimal ed eco friendly. In questo senso, è la vanlife quella che, anno dopo anno, conquista sempre più appassionati diventando un trend non solo per viaggiatori, ma anche per sportivi e per chi decide di passare un weekend fuori porta prediligendolo a una stanza di hotel.
tre le generazioni dei “baby boomers” tendono a prediligere camper più grandi dotati del massimo comfort. Però non possiamo generalizzare. Inoltre i giovani utilizzano il camper anche per le loro attività sportive, per momenti di socialità esperienziale con coetanei amici e anche per lo smart working, chi può farlo. I giovani spesso approcciano il mondo del camper tramite il noleggio.
Come si collocano, all'interno del settore, le categorie furgone e van?
Vede una differenza di approccio generazionale alla vacanza in camper?
La differenza principale che notiamo è una maggiore predisposizione delle giovani generazioni all’utilizzo di camper più compatti, men-
Negli ultimi cinque anni, i furgoni o van sono cresciuti un po’ dovunque. In Italia un po’ meno che in altri Paesi. A oggi, in Italia, su 100 camper di nuova immatricolazione, circa 42 sono furgoni. In Germania i furgoni hanno superato il 50% del totale dell’immatricolato. E poi sta emergendo anche il fenomeno dei cosiddetti “urban vehicles”, ovvero auto camperizzate che - di normaprevedono in dotazione l’acqua, un piccolissimo frigo e la possibilità di cucinare qualcosa, ma non la toilette. Diciamo, un "quasi camper", il cui vantaggio è ovviamente quello di essere utilizzato come seconda auto ma facendo dei compromessi quando lo si utilizza come camper. Per ora si tratta di una nicchia. I furgoni, invece, piacciono perché hanno comun-
Ludovica Sanpaolesi de Falena
_UN NAVIGATORE DEDICATO
Non basta un normale device per muoversi con Camper e Van. Garmin lo sa bene e propone tre diversi modelli studiati per la categoria.
Parla Luca Cornali, communication specialist automotive – b2b del brand
Negli ultimi anni, Garmin è divenuto un marchio di riferimento nel panorama dei sistemi di navigazione satellitare dedicati ai camperisti. Questo perché i comuni device non tengono in considerazione le misure dei camper o furgoni che, per muoversi dentro e fuori dalle città, hanno dunque bisogno di seguire itinerari diversi dalle automobili. I navigatori proposti da Garmin offrono opportune segnalazioni che avvertono il conducente dell’approssimarsi di curve strette, dislivelli, variazioni del limite velocità, autovelox, passaggi a livello, scuole e così via. “Negli ultimi anni noto un ringiovanimento del target del mondo camper. Sicuramente molto è determinato dalla crescita del trend della vanlife e delle nuove realtà che nascono con l’obiettivo di camperizzare i normali furgoni”, dice Luca Cornali. “Oggi tanti ragazzi e giovani coppie decidono di viaggiare in un modo diverso, lontano dai luoghi affollati e fuggendo dall’overtourism. Per questo fanno un investimento per acquistare un mezzo di trasporto che permette loro di avere una casa mobile”. Inoltre, In tanti uniscono varie passioni: dal viaggio avventuroso all'amore per la bicicletta o per l'escursione a piedi, tutti mondi in cui il brand è ampiamente presente. Oggi infatti il campervan rappresenta un mezzo per trasportare i propri attrezzi sportivi e per raggiungere i luoghi dove praticare lo sport preferito. "Il fatto che molti outdoor addicted scelgano Garmin per le loro attività e il fatto di potersi affidare a noi anche per la fase di viaggio sicuramente è un plus. Questo nuovo trend ha molto a che fare con la voglia di outdoor e di sport all'aria aperta e ha senso riuscire a fornire i giusti device sia durante l'attività, come i nostri orologi, sia durante il viaggio, come appunto i nostri navigatori. È come far parte di una community!” Proprio per camper e
van, Garmin ha pensato alla serie Camper con tre modelli, il 795, l’985 e il 1095, ovvero dispositivi di navigazione con uno schermo da 7, 8 e 10 pollici nati per assistere gli appassionati del turismo su gomma nella propria attività preferita. “Per fare vacanze itineranti in sicurezza bisogna avere un dispositivo che renda semplice spostarsi con questi mezzi di trasporto diversi. Sicuramente a livello cartografico i nostri dispositivi negli ultimi anni stanno migliorando come precisione di dati e velocità nella processione degli stessi”. I navigatori di Garmin infatti dispongono degli enormi
“Camper/van e outdoor sono due mondi molto connessi. Riuscire a fornire i giusti device sia durante l'attività sia durante il viaggio permette a Garmin di rafforzare il suo legame con la community”
Luca Cornali, communication specialist automotive - b2b Garmin
database offerti da ACSI, NKC Campercontact e Trailer’s Park che forniscono informazioni complete su migliaia tra campeggi e aree di sosta, consentendone la ricerca anche applicando un filtro sui servizi disponibili all’interno della struttura. “Per Garmin, quello del camper è un settore che ha un valore importante nell’ automotive anche perché al momento c'è poca concorrenza e davvero siamo leader di mercato.” continua Luca. “Il navigatore per camper e van include anche i dati dei maggiori fornitori di contenuti per il turismo in tutto il mondo: Trip Advisor, Foursquare e la Guida Verde Michelin che fanno sì che l’utilizzatore abbia accesso a informazioni integrate con gli altri utenti e possa cercare i luoghi anche un po' più “sperduti” nella maniera più semplice e snella possibile”.
que raggiunto un ottimo livello di comfort, sono dotati di tutti i servizi e sono poco ingombranti, anche poco sopra i cinque metri di lunghezza. Quindi, spesso, anche il furgone o van viene impiegato come seconda auto familiare.
Ci fa un profilo dei vari utilizzatori? Chi sceglie camper e roulotte e chi invece predilige furgoni e van?
La roulotte (o caravan) viene prescelta principalmente dalle famiglie che intendono fermarsi un po’ più a lungo in un determinato luogo, spesso un campeggio. Ha il vantaggio che - una volta posizionata - si stacca l’auto e si può visitare il territorio con la propria macchina. Generalmente chi sceglie le roulotte ne fa uso principalmente nel periodo primaverile e estivo. Chi sceglie il camper, invece, è potenzialmente un equipaggio che utilizza il camper per il proprio tempo libero (quindi tutto l’anno) e non solo per le vacanze estive. Il camper è perfetto per un turismo itinerante, in cui si visitano luoghi diversi, spostandosi anche ogni giorno. I furgoni vengono maggiormente utilizzati da chi viaggia in coppia. I camper “tradizionali” sono invece scelti da chi vuole il massimo comfort e dagli equipaggi più numerosi, come ad esempio, una famiglia. Un uso che sta prendendo piede è quello della modalità inter-
generazionale: ad esempio, a volte i nonni portano i nipotini con sé in viaggio, altre volte sono i genitori che partono con i ragazzi, altre volte ancora i nonni si concedono una vacanza esclusiva solo per loro. E tutta la famiglia gode del camper.
In fiera erano presenti diverse realtà che si occupano di allestimenti e dunque di camperizzare un van. Quanto vale questo business e quanto può crescere?
Chi può permettersi un camper su misura, può scegliere tra diversi allestitori che realizzano camper unici. Si tratta di una piccola nicchia, difficile da quantificare in termini di fatturato. Gli allestimenti spaziano dal semplice furgone ai grandi camper anche di nove metri di lunghezza, ovviamente con dotazioni e costi molto diversi tra loro. Personalmente ritengo che la tendenza positiva alla crescita continuerà anche per questa nicchia di prodotti, come del resto ci sembra plausibile attendersi un prosieguo di crescita per tutto il mondo dei camper. Soprattutto perché il camper rappresenta oggi uno strumento valido per vivere il proprio tempo libero, gli sport, la natura, la scoperta dei territori: dai borghi, alla cultura, ai parchi, agli eventi locali, senza dimenticare il turismo esperienziale legato all’enogastronomia e il turismo di prossimità.
Luca Cornali
NOI CAMMINIAMO IN SARDEGNA
Più di 300 persone hanno percorso in contemporanea 15 itinerari per conoscere la Regione nel suo aspetto più autentico e identitario. Il successo della terza edizione di un progetto di turismo lento e sostenibile
di Sara Canali
Se il mare della Sardegna è l’immagine del paradiso che si offre agli occhi di tutti, l’entroterra ne rappresenta il cuore segreto, che si svela solo a chi decide di visitarlo. Come è successo a noi che, capitando a Galtellì, borgo medioevale della Baronìa, nella parte centro-orientale della Sardegna, ci siamo lasciati affascinare dalle sue case in pietra bianca, ripercorrendo quelle vie che il Premio Nobel 1926 Grazia Deledda ha reso immortali nel suo romanzo Canne al Vento. E ancora, abbiamo imparato l’arte della tessitura sarda a pipiones con i telai di legno del laboratorio di Rita&Rita, ci siamo lasciati affascinare dai canti antichi dei Cantores e abbiamo seguito passo dopo passo Marzia, la nostra guida nonché assessore al turismo di Galtellì, per scoprire la profonda devozione religiosa che qui è percepibile ovunque. Tutto questo grazie all’evento Noi Camminiamo in Sardegna 2024 che quest’anno è arrivato alla sua terza edizione mantenendo però intatto lo spirito con cui era nato: incarnare un modello di turismo lento, esperienziale e sostenibile, imperniato su un’originale ed efficace fruibilità degli Cammini di Sardegna e delle Destinazioni di pellegrinaggio, iscritti al Registro regionale dei Cammini. Il nostro è solo uno dei 15 gruppi che dal 30 settembre al 5 ottobre hanno camminato in contemporanea su 15 itinerari (di cui otto cammini e sette destinazioni) per un totale di 800 chilometri, con 70 comuni coinvolti. Ogni gruppo era formato da giornalisti, content creator, travel blogger, influencer, guide turistiche e escursionistico-ambientali, foto-video reporter, tour operator, camminantes, esperti ed appassionati del settore per un totale di circa 300 persone che hanno attraversato in lungo e in largo la regione. Il progetto è stato ideato e realizzato dall’Assessorato del Turismo della Regione Sardegna in collaborazione con Terre di Mezzo Editore.
LA NOSTRA SARDEGNA
Come Outdoor Magazine siamo stati invitati a vivere l’esperienza di una destinazione di pellegrinaggio, quella di Galtellì appunto dove ad accoglierci abbiamo trovato la giunta comunale, dal Sindaco ai consiglieri, pronti ogni giorno a fornirci tutto ciò di cui avevamo bisogno. Durante i quattro giorni di permanenza, sono diverse le attività che sono state organizzate, tutte finalizzate alla scoperta e alla valorizzazione del territorio dove l'esperienza è al centro di un programma fitto. Turismo esperienziale significa vivere in prima persona quello che il territorio ha da offrire, una sorta di immersione negli usi, costumi e nella conoscenza delle persone custodi di questo enorme patrimonio. Infatti il primo giorno è l'occasione per visitare il borgo e il percorso deleddiano,
con tutti i luoghi che la Deledda ha reso immortali nel suo romanzo, poi un giro alla chiesa del santissimo Crocifisso in cui si trova il miracoloso Cristo ligneo che ancora oggi richiama pellegrini da tutta Europa ma anche per fare un'esperienza di tessitura con Rita&Rita. E ancora, un'immersione nei canti antichi con il sestetto dei Cantores che, con le loro voci, hanno riempito di suoni religiosi di altri tempi la sala affrescata dell'ex cattedrale di san Pietro. Un pieno di bellezza prima di dedicarci ai manicaretti e alle bontà gastronomiche per un altro tipo di “pieno”.
Lungo le vie percorse nel corso dei secoli dai pellegrini, si arriva al ‘cuore’ dell’identità dell’Isola, nella sua parte più autentica e profonda. Noi questa ascesa la compiamo il secondo giorno con la volontà di raggiungere la vetta del Tuttavista, la montagna bianca e verde su cui Galtellì si adagia. In cima, ci aspetta una riproduzione in bronzo del santissimo Crocifisso, alta 12 metri. Il trekking per raggiungerlo è un’immersione nella macchia mediterranea e nella flora sarda ricca di fiori e profumi che, con la pioggia che ci coglie di sorpresa, si fanno ancora più intensi. Una salita relativamente semplice, con alcuni strappetti che rendono ancora più bello l'arrivo in cima al cospetto della statua, opera di opera dell’artista madrileno Pedro Angel Terron Manrique. Poi, appena il cielo si apre, discendiamo verso il mare, per un tuffo ottobrino nelle acque di Orosei. Il terzo giorno è stato dedicato alla Galtellì medievale, con escursione in e-bike fino al castello di Pontes, per poi conoscere le domus de Janas del parco Malicas fino a farci rapire dai quadri del pittore Zizzu Pirisi, artista fortemente legato al territorio, conosciuto e amato da tutti. Il tour si concluso al museo etnografico Marras, che racconta la cultura contadina prima. Un pranzo in agriturismo ha aggiunto ancora più valore al tour grazie alle specialità tra cui l'immancabile pane carasau. Un susseguirsi di emozioni e di incredibile bellezza, intervallato da racconti di persone vere e radicate in questo angolo di Sardegna fermo nel tempo. Alla fine della giornata, tutti i gruppi si sono ritrovati a Galtellì che è stata invasa di racconti e grandi abbracci per poi proseguire il giorno dopo al teatro comunale di Cala Gonone, frazione marinara di Dorgali con la conferenza conclusiva di Noi Camminiamo in Sardegna 2024, svoltasi alla presenza della presidente della Regione Alessandra Todde. Un momento che ha rappresentato un hub importante di confronto su un modo diverso di fare turismo dove ognuno ha raccontato il proprio incredibile viaggio.
Questo il concept della collaborazione tra norda e Soar.
I brand hanno dato vita a una collezione d’abbigliamento di qualità dedicata al trail running che unisce manifattura contemporanea e innovazione tecnica
di Karen Pozzi
Partendo dalla comune passione e missione di offrire il meglio ai runner, il marchio di calzature norda e quello di abbigliamento Soar si sono uniti per creare una collezione di sette capi ad alte prestazioni pensati per il trail running in condizioni di freddo. Ispirati a “komorebi”, il termine giapponese che indica la “luce del sole che filtra attraverso gli alberi”, i capi sono caratterizzati da un giallo brillante abbinato a profondi toni di taupe e nero, che rappresentano la sensazione dei raggi di sole che illuminano un trail runner in una fitta foresta. La collezione presenta un nuovo logo, che utilizza il parallelogramma del marchio Soar in una configurazione radiale che richiama l'ispirazione solare, perno del concept di prodotto.
"Fin dall’inizio, la strategia di norda è stata quella di spingersi oltre i confini della tecnologia, dell'innovazione e della manifattura, e questo vale anche per le nostre collaborazioni. Scegliamo di lavorare solo con i migliori produttori nei loro rispettivi settori e consideriamo Soar Running un produttore di abbigliamento da corsa di altissimo livello. È un onore lavorare con Tim Soar e il suo team, e abbiamo realizzato insieme questa nuova collezione di abbigliamento da trail running che sarà la migliore sul mercato”
Nick Martire, cofondatore, norda
“Ho ammirato norda fin dall’inizio. Mi sembrava che condividessero il nostro amore per la manifattura, l'innovazione tecnica e il desiderio di fare le cose al meglio.
E ne ho avuto conferma la prima volta che ho corso con le loro scarpe. Erano semplicemente eccezionali: era evidente che norda era all’avanguardia nel suo campo. Non riesco a pensare a un partner migliore per una collaborazione. I capi della collezione sono realizzati con tessuti unici ed estremamente tecnici, oltre a lana e seta. I capi, come tutti quelli Soar, sono progettati per adattarsi al movimento del corpo, cosa non facile da realizzare. Tuttavia, l'intento è semplice: consentire ai trail runner di esplorare l'ambiente circostante con comfort e con stile”
Tim Soar, founder, Soar Running
norda
Fondata nel 2020 a Montreal, in Canada è un'azienda privata che produce calzature e abbigliamento. L'azienda trae ispirazione dalle condizioni ambientali più estreme del Canada e si impegna a creare prodotti ad altissime prestazioni. La missione del marchio è consentire a tutti i runner di raggiungere il loro massimo potenziale e realizzare le migliori calzature sportive, con il minore impatto possibile sull'ambiente. Grazie all'utilizzo di scienza e tecnologie all'avanguardia, norda ha creato la prima scarpa al mondo da trail running senza cuciture e con Dyneema, la fibra più resistente e leggera al mondo. Questo risultato rompe i tradizionali canoni dell'industria calzaturiera e dimostra che prestazioni elevate, durata e sostenibilità possono coesistere.
Soar Running Soar Running progetta e realizza abbigliamento tecnico per la corsa che riflette l'impegno e la passione dei runner di tutto il mondo. L’abbigliamento del brand è il risultato di innovazione nei tessuti, tecnologia di design all'avanguardia, scienza dello sport ed esperienze reali dei runner. Fondata a Hackney, Londra, dal designer e corridore Tim Soar.
La collezione norda è disponibile su paragonshop.it
Ciascun pezzo è realizzato con materiali di qualità e dettagli accurati, per una collezione che offre la traspirabilità, il comfort, lo spazio per oggetti e la sicurezza di cui i runner hanno bisogno per ogni corsa
1_WINTER ANORAK ( unisex )
Con una perfetta vestibilità a quattro pannelli, cuciture completamente nastrate, asole per i pollici e un cappuccio aderente per tenere a bada il maltempo, questa giacca a vento presenta anche dettagli riflettenti, un'ampia tasca sul retro e un'ulteriore tasca Napoleon sul petto. La giacca a vento è realizzata in tessuto Storm di Soar, prodotto in Italia, elasticizzato e resistente alle intemperie, con parte interna spazzolata per assicurare il massimo comfort durante le lunghe uscite nelle più fredde giornate invernali.
2_MERINO SILK BEANIE ( unisex )
Realizzato con una struttura a più pannelli per garantire una vestibilità perfetta, questo berretto è meravigliosamente morbido e naturalmente isolante, progettato per assicurare comfort e calore durante le corse invernali.
3_RUN CARGO TIGHT ( uomo e donna )
Realizzati in tessuto leggero e traspirante, questi leggings uniscono perfettamente design minimalista e praticità; dotati di una tasca in vita
a più scomparti, comprendono un'ampia tasca portaoggetti, un comparto per indumenti e una tasca con zip per oggetti di valore.
4_LONG RUN SHORTS ( uomo e donna )
Realizzati per le lunghe distanze senza compromettere il comfort, questi pantaloncini presentano un cavallo di 17 cm e una vestibilità più ampia per una maggiore protezione sui percorsi più accidentati. Sono inoltre dotati di fori di ventilazione tagliati al laser e di una coulisse in vita. Progettati per accompagnare i runner nelle stagioni fresche, oppure come pantaloncini per le stagioni fredde per i corridori più resistenti che non vogliono utilizzare i leggings.
5_WOOLTECH TOP ( unisex )
Perfetta per le condizioni climatiche più instabili, grazie al tessuto ad asciugatura rapida con proprietà antibatteriche e traspiranti naturali e alla costruzione ergonomica a pannelli con giunture tagliate al laser e incollate. È leggera per poter percorrere chilometri in condizioni fresche, isolante per le mattine ghiacciate, ma in grado di rimuovere il sudore quando l'intensità aumenta.
I SETTE CAPI
AL MASSIMO DELLA FORMA COMFORT CLIMATICO
L’abbigliamento da scialpinismo deve saper stare al passo del praticante e delle condizioni esterne.
Vaude risponde con la linea Monviso
Vaude sa come parlare all’utente outdoor a 360 gradi, e la linea Monviso ne è la prova. Resistente, prestante, estremamente traspirante: insomma, un corredo pensato per chi si cimenta sui terreni alpini, anche quando capita di alternare gli sci a scalate che richiedono un imbrago.
Inoltre la linea è inclusa entro il marchio Vaude Green Shape, che rappresenta prodotti ecologici e funzionali realizzati con materiali sostenibili. In quanto membro dell'organizzazione indipendente Fair Wear con lo status di Leader, il brand si impegna a garantire condizioni di lavoro e salari equi.
MEN'S MONVISO 2,5L
JACKET
Questa giacca hardshell a 2,5 strati particolarmente robusta è in grado di unire prestazioni e sostenibilità in egual misura. Il guscio impiega la membrana Ceplex Pro che, con una resistenza di 20.000 mm di colonne d’acqua e un’elevata traspirabilità, rappresenta la più potente di Vaude, il tutto senza uso di fluorocarburi. Questo capo è specificamente progettato per gli alpinisti: riesce infatti a restare al suo posto dentro l’imbragatura anche durante le manovre di arrampicata, mentre le tasche anteriori sono facilmente accessibili in ogni momento. Il cappuccio è compatibile con il casco e il colletto anti-tempesta, insieme all’orlo e ai polsini regolabili, impediscono l'ingresso di neve e vento. Presenta zip sotto le braccia per una ventilazione aggiuntiva si adatta a diversi strati di isolamento.
MEN'S MONVISO ALPINE PANTS
Pantaloni softshell antivento e idrorepellenti, sono al 100% antivento e trattati con Eco Finish senza PFC per la resistenza all’acqua. Durante le salite garantiscono una ventilazione efficiente grazie alle lunghe zip laterali con rete integrata, senza tuttavia compromettere la protezione dalla neve. I polsini rinforzati delle gambe assicurano lunga durata anche a contatto con rocce, lamine degli sci o ramponi. La vita a basso profilo resta confortevole anche con un’imbragatura da arrampicata, mentre una tasca aggiuntiva sulla gamba offre spazio per un Artva, un telefono, una mappa topografica o un cappello.
Le calzature Shan WP e Tornado di Trezeta sono impermeabili e termicamente isolate, progettate per offrire una totale sicurezza durante le escursioni
Le caratteristiche Multiproof lo rendono ideale per condizioni climatiche difficili e temperature rigide. Uno scarpone tecnico, leggero ma robusto al tempo stesso, che offre prestazioni eccellenti durante le attività invernali, come l'escursionismo a basse temperature o l'uso professionale in ambiente montano innevato. Shan WP è totalmente impermeabile: la tomaia in tessuto con rivestimento in PU abbraccia perfettamente il piede ed è trattata con la tecnologia idrorepellente Water Stopper di Trezeta, una membrana a tre strati che protegge il piede, mentre lo strato interno in rete garantisce un'eccellente traspirazione per un comfort climatico di grande livello. Quando si devono affrontare temperature rigide per un periodo prolungato, la fodera interna isolata mantiene i piedi caldi grazie alla tecnologia Heat Saver, combinata con una vestibilità anatomica e imbottita. La suola dotata della mescola Vibram Nuasi e il disegno speciale del battistrada garantiscono stabilità e ammortizzazione, ulteriormente migliorate dall'intersuola in EVA.
TOMAIA: rivestimento in PU e tecnologia idrorepellente Water Stopper di Trezeta
FODERA: mantiene i piedi caldi grazie alla tecnologia Heat Saver
Una scarpa versatile di taglio medio, ideale per il trekking, le escursioni impegnative e le vie ferrate. Tomaia in pelle scamosciata antiabrasione con tallone e punta rinforzati e fascioni in gomma stampata per rendere la scarpa resistente e leggera allo stesso tempo. La membrana Water Stopper combinata con cinque fori di ventilazione consente un’eccellente protezione dagli agenti atmosferici e regolazione dell’umidità. Gode di una vestibilità avvolgente con collarino rinforzato e pratico sistema di allacciatura costituito da una combinazione di ganci per avere migliore tenuta e serraggio dei lacci. La suola Vibram Tork presenta un battistrada che permette di affrontare i terreni più impegnativi, mentre l’intersuola in EVA microporosa ultraleggera offre un eccellente effetto anti-shock.
MEMBRANA: Water Stopper combinata con cinque fori di ventilazione consente un’elevata protezione dagli agenti atmosferici
INTERSUOLA: in EVA SUOLA: mescola Vibram Nuasi
INTERSUOLA: in EVA SUOLA: mescola Vibram Tork
_TORNADO
A PROVA DI PREMIO
Altimate è l’innovativa imbracatura modulare a doppia configurazione ideata da Climbing Technology per scialpinismo e alpinismo tecnico, a cui è stata riservata un'ISPO Nominee
Leggera, impermeabile e completamente apribile, può essere facilmente indossata anche con sci o ramponi ai piedi. Dotata di sistema di regolazione ad alamari versalock che consente due diverse configurazioni: Walk/Ski e Climb. Utilizzata nella configurazione Walk/Ski offre una grande libertà di movimento ed è adatta allo scialpinismo e alla progressione su ghiacciaio; utilizzata nella configurazione Climb fornisce un sostegno ottimale in sospensione ed è concepita per l’alpinismo tecnico su neve e ghiaccio. Il passaggio da una modalità all’altra è facile e intuitivo e può essere effettuato in sicurezza senza togliere l’imbracatura e utilizzando i guanti. Altimate è
"Il nostro nuovo imbraco ha superato con successo il processo di selezione all'ISPO Award e questo dimostra la bontà del progetto e tutto il team di Climbing Technology può ritenersi orgoglioso del giudizio espresso dalla giura"
Gianluca Brioschi, outdoor product manager
realizzata in tessuto anisotropo che garantisce flessibilità e sostegno e consente di ripartire i carichi in modo ottimale senza l’impiego di imbottiture; il tessuto di cintura e cosciali deriva dalle competizioni di barca a vela ed è 100% climate neutral, realizzato in materiale riciclato post-consumo proveniente dalla produzione europea che consente di raggiungere un contenuto riciclato del 28/39% (rPES). L’innovativo anello di assicurazione senza cuciture ha un ingombro ridotto per agevolare la legatura e l’utilizzo di moschettoni compatti e longe; i punti di attacco sono provvisti di fasce catarifrangenti per una legatura sicura anche in condizioni di scarsa illuminazione mentre i cosciali hanno una doppia possibilità di regolazione e sono provvisti di elastici di sostegno regolabili. Presenta una struttura sottile e flessibile che consente di ripiegarla facilmente nello zaino o in una tasca della giacca; completano l’imbracatura tre portamateriali, due inserti per moschettone porta-materiale e due fettucce di stabilizzazione per viti da ghiaccio.
climbingtechnology.com
TRAZIONE E CONTROLLO
CON LE AMPLUX 2 DI LOWA
La scarpa da trail running Amplux 2 arricchisce la collezione ATR by Lowa. Sviluppato in collaborazione con le atlete e gli atleti del team Lowa Trail Racers, questo modello ha alzato l’asticella delle sue prestazioni. Per perfezionare le proprietà di ammortizzazione e di rullata della scarpa, sono stati sottoposti a ottimizzazione l‘intersuola in Lowa DYNEVA, con due diversi gradi di durezza, il gambale rinforzato in carbonio e la sezione del tallone. Grazie al perfetto mix di ammortizzazione e propulsione, di comfort e prestazioni, la Amplux 2 convince per il suo comportamento equilibrato nella corsa e per la sua versatilità, che la rendono ideale per l‘allenamento quotidiano. Più di tutto si sente a suo agio sui percorsi alpini tecnici.
Tecnica Group - 0422.8841 - info@tecnicagroup.com
PER LE AVVENTURE AD ALTA QUOTA
CON ALPHA EVO JACKET DI MONTURA
Giacca con cappuccio in tessuto Pro-Meteo a uno strato ultra leggero con doppio ripstop. Il materiale antivento con protezione UPF50+ è perfetto per affrontare condizioni variabili. Inoltre, il trattamento DWR senza PFAS ripara da pioggia e neve. I dettagli in pile elasticizzato a contrasto danno la massima libertà di movimento in salita e in discesa. E quando la temperatura si abbassa, l’imbottitura Polartec Alpha Direct in 100% poliestere tiene al caldo senza limitare la traspirabilità. Le tasche per le mani e la tasca sul petto con zip sono pensate per portare con sé gli oggetti personali, mentre il cappuccio e l’orlo elasticizzati aderiscono alla perfezione. Alpha Evo Jacket da donna: per affrontare salite, traversi difficili e discese con la massima protezione.
Una calzatura da avvicinamento tecnico e climbing leggero, per vie ferrate ed escursioni anche impegnative su sentieri di montagna. Rock Dfs GTX II rappresenta l’evoluzione del modello Rock Dfs GTX, rispetto al quale si caratterizza per un nuovo design che esalta le elevate prestazioni del prodotto in termini di stabilità e precisione nella calzata. La tomaia in scamosciato, tessuto e microfibra resistente alle abrasioni è dotata di una protezione in gomma che avvolge e protegge la zeppa negli appoggi in arrampicata. Costruzione intersuola asimmetrica a doppia densità EVA e PU, adotta il sistema AKU Elica Natural Stride System per favorire l’efficienza biodinamica. Personalizzazione della calzata con il sistema a doppia allacciatura Dual Fit System che permette di adeguare il comfort e la precisione della calzata durante le diverse fasi di utilizzo: un laccio tradizionale per massima comodità durante l’avvicinamento e un fast lacing per aumentare sensibilità e precisione in fase di arrampicata, anche sugli appoggi più piccoli. La suola Vibram Approcciosa con mescola Megagrip ad alte prestazioni fornisce il massimo grip con un design specifico per l'arrampicata.
GIACCA IBRIDA CON PILE TEDDY DI CMP: VERSATILITÀ PER OGNI AVVENTURA
Realizzata con un mix di tessuti performanti, questa giacca da donna è la compagna ideale per le avventure outdoor. Il busto in Ripstop Grid-Tech garantisce resistenza e traspirabilità, mentre l'accoppiamento teddy e pile assicura un calore eccezionale. L'imbottitura in PrimaLoft Black Rise offre un isolamento termico ottimale, anche in condizioni di umidità. Il design ergonomico, con inserti in Powerstretch sotto le maniche, assicura la massima libertà di movimento. Il cappuccio fisso, con bordo rifinito con tape elastico e collo alto frontale, protegge efficacemente dal vento e dagli agenti atmosferici mentre le numerose tasche con zip e i dettagli riflettenti completano un capo pensato per affrontare qualsiasi sfida all'aria aperta.
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LA TRE IN UNO DI JACK WOLFSKIN
La giacca Taubenberg 3in1 è un’aggiunta must-have al proprio guardaroba. L’interno è realizzato in caldo Polartec 200, un pile resistente e classico composto quasi interamente da fibra sintetica riciclata. Per l’esterno della giacca è stato utilizzato invece il Texapore Core, impermeabile (10.000 mm), antivento e traspirante (6.000g/m²/24h). Presenta un design sportivo e a blocchi di colore, nonché una cerniera idroresistente. Il cappuccio e l’orlo sono completamente regolabili. La giacca è completata da due tasche laterali e una interna dove poter portare una mappa, una barretta energetica o altri accessori per le escursioni.
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Per la stagione AW 24/25 Mico non arriva impreparato, proponendo un completo intimo termico composto da maglia e leggings e delle calze a corredo, il tutto 100% made in Italy. Il completo intimo tecnico è realizzato con l’utilizzo di un tessuto caldo, leggero e traspirante. Esternamente presenta una superficie leggermente irregolare data dalla presenza della fibra naturale. Morbidezza, elasticità, igroscopicità ed elevata termocoibenza sono le caratteristiche distintive di questo tessuto, che è inoltre ipoallergenico e particolarmente comodo. La presenza di fibra sintetica ed elastica garantisce resistenza alle sollecitazioni meccaniche, mentre le cuciture piatte favoriscono una performance senza stress.
Le calze presentano una struttura in maglia light di lana e fibra Lycra. Garantiscono la massima sensibilità, ideale per scarponi termoforati. Includono una fascia elastica anti-torsione su tutto l’avampiede e alla caviglia per una calzata stabilizzata. Infine, completa il tutto una cucitura piatta invisibile anti-frizione.
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SCELTE CORAGGIOSE PER LA MONTAGNA DEL FUTURO
Per l’assemblea generale di quest’anno, Anef ha chiesto alla società di consulenza PwC di stilare un rapporto sugli impatti socio-economici e ambientali degli impiantisti in montagna. E i risultati sono più che incoraggianti di Benedetta Bruni
È stato l’Alto Adige, per la precisione a Bolzano, a ospitare quest’anno il 17 e il 18 ottobre l’assemblea generale annuale di ANEF, Associazione Nazionale Esercenti Funiviari, prima e unica Associazione degli imprenditori funiviari riconosciuta e aderente a Confindustria a cui fanno capo circa il 90% delle aziende funiviarie italiane, distribuite sia nei territori alpini sia in quelli appenninici. Il tema scelto era chiaro: “Un viaggio fatto di traguardi. Gli impianti a fune: un futuro che genera valore”, a ribadire il valore socio-economico e la responsabilità che gli impiantisti hanno saputo interpretare fino a oggi e le convinzioni su cui vogliono impostare il futuro lavoro. Dalle parole della presidente Ghezzi, con i temi posti sul tavolo quest’anno l’intenzione era rimettersi in gioco e ribadire il ruolo di Anef come motore dell’economia di montagna e come presidio per la tutela delle “Terre Alte”.
I RELATORI
Un’intera mattinata, quella del venerdì, dedicata a un confronto con i principali attori del sistema montagna, con la moderazione di Giulia Apollonio, giornalista scientifica e conduttrice Tg2 Rai. Gli altri personaggi coinvolti sono stati Elmar Pichler Rolle, presidente Vitalpin; Stefano Illing, presidente Consorzio Cortina Delicious; Fabrizio De Blasi, glaciologo presso Istituto Scienze Polari del CNR; Fabio Trincardi, ITATEC e Dir. emerito Dipartimento Scienze della Terra e Tecnologie dell'Ambiente del CNR; Paolo Grigolli, docente presso IULM Milano; e Cristian Celoria di PwC. Quest’ultimo intervento è stato il punto focale dell’assemblea: è stata infatti Anef a richiedere alla società di consulenza di effettuare una ricerca per mostrare il valore socio-economico del lavoro degli impiantisti, anche dal punto di vista ambientale. Per la chiusura della giornata, è stata invitata a partecipare il ministro del Turismo Daniela Santanchè, che ha ribadito come “Il turismo montano sia una risorsa strategica” e ha rinnovato l’impegno nel difendere insieme “un patrimonio naturale e culturale che non ha pari nel mondo”.
I RISULTATI DELLA RICERCA PwC ITALIA
La ricerca che Anef ha commissionato a PwC Italia ha coperto la Lombardia, la Valle d’Aosta e la Provincia Autonoma di Trento e ha preso in considerazione un’intera annualità. Dalle analisi, nelle tre regioni sono stati registrati dai 3,53 ai 9,51 milioni di primi ingressi;
“Noi imprenditori di montagna siamo pronti a metterci in gioco, consapevoli della responsabilità che abbiamo come ‘motori’ della filiera e dell’importante quota di PIL rappresentata dal turismo invernale” Valeria Ghezzi, presidente
di questi, una quota dai 2,9 ai 7,7 milioni sono riconducibili alla stagione invernale e da 0,4 a 1,8 milioni alla stagione estiva. Per l’annualità analizzata si è stimata una spesa turistica (ripartita tra alloggio, ristoranti e alimentari, sport, shopping e altre spese come attività ricreative e culturali, spostamenti, cura della persona) locale che va dai 541 ai 1.472 milioni di euro (iva esclusa). Ciò risulta in una spesa media giornaliera procapite che oscilla tra 118 a 127 euro (iva esclusa). Per la spesa sportiva, una parte variabile da 109 a 305 milioni di euro è stata destinata alle società di gestione per l’acquisto di skipass. A tal proposito, si è calcolato un valore aggiunto locale generato su base annua variabile tra 384 e 1.033 milioni di euro. Chi ne ha beneficiato maggiormente, a livello diretto, indiretto e indotto, sono stati: alloggio e ristorazione, dal 28% al 36% del valore aggiunto locale; trasporto e magazzinaggio, dal 16% al 20%, valore principalmente generato a livello diretto dalle società di gestione degli impianti di risalita; commercio al dettaglio e all’ingrosso, dal 9% al 17%; attività immobiliari, dal 9% al 10%.
“Le analisi che abbiamo effettuato – ha sintetizzato Cristian Celoria, Partner PwC Italia – hanno mostrato che a livello locale è stato generato un valore aggiunto che varia tra 384 e 1.033 milioni di euro, con un beneficio prima di tutto per i settori dell'alloggio e ristorazione, trasporto e magazzinaggio, commercio al dettaglio e all’ingrosso e l’immobiliare. I dati mostrano un importante miglioramento sulle emissioni dovuto all’impegno nell’investire in tecnologie sempre più moderne e sostenibili e nell’adottare una serie di buone pratiche mirate a ridurre consumi e prediligere le fonti rinnovabili”.
La FISI ha dato il via alla stagione 24/25 all’Armani/Silos per consolidare la partnership vincente con EA7, per il terzo anno consecutivo. E preparare gli atleti alla Coppa del mondo e le Olimpiadi di Milano Cortina di Benedetta Bruni
L’11 ottobre presso l’Armani/Silos si è tenuta la presentazione ufficiale della stagione sportiva invernale FISI 2024/25 a cui hanno partecipato alcuni atleti, rappresentanti delle diverse discipline. Un’occasione per dare il via a un periodo senza precedenti per l’importanza e la concomitanza delle gare in programma. Il media day si è aperto con un intervento del direttore business unit Giorgio Armani ed Emporio Armani Michele Tacchella, che ha ricordato il profondo legame del signor Armani con lo sport in generale, la sua promozione e lo sposalizio con i valori cari anche alla FISI: passione, eccellenza e spirito di squadra. Non a caso la location prescelta per questa giornata è la stessa in cui il fondatore del Gruppo svela le sue collezioni quattro volte all’anno. Dunque, presentare la partnership in questo luogo è “un simbolo della forza e della volontà di essere insieme a tutti gli atleti nella prossima Coppa del mondo e all’avvicinamento a Milano Cortina”, secondo le parole di Tacchella. Il brand EA7, infatti, per il terzo anno consecutivo è a fianco della
FISI in qualità di official technical outfitter, come fornitore del guardaroba tecnico degli atleti per le competizioni e per gli allenamenti, dei prodotti e degli accessori per il tempo libero da utilizzare in tutte le manifestazioni sciistiche fino alle Olimpiadi Invernali Milano Cortina 2026. Anche per questa stagione, i capi sono stati appositamente studiati con tecnologie avanzate per favorire le migliori prestazioni: completi termici composti da giacca e pantalone realizzati in tessuto blu impermeabile e traspirante, con imbottitura Stratum 7 per il massimo isolamento termico e tute tecniche da gara altamente performanti.
“Lo sport rappresenta la capacità umana di esprimere resistenza, coraggio e volontà. È l’orgogliosa affermazione dell’individuo e della generosità del gioco di squadra. L’uso intelligente della disciplina e l’abitudine a una sfida leale danno un connubio in grado di trasmettere un’enorme energia a chi pratica sport” Giorgio Armani su FISI e la sua passione per lo sport
UNA STAGIONE DELICATA
Quella 2024/25 è una stagione particolare: oltre alle gare di Coppa del mondo, infatti, è quella che precede Milano Cortina 2026. Un’occasione più unica che rara, soprattutto perché tra due anni si giocherà in casa, e questo è stato un motivo sufficiente a convincere alcuni atleti a ritardare il ritiro. Non è però un traguardo che i nostri sportivi perseguiranno da soli. Oltre al
supporto di EA7, gli azzurri sanno di condividere lo stesso sogno per l’Olimpiade del presidente FISI Flavio Roda: “Tutti gli atleti sanno che un’Olimpiade in Italia è un’opportunità di immagine, per loro, la Federazione e il Paese. I risultati sono comunque fondamentali, ma so che sono tutti consapevoli del loro percorso e quindi cercheranno di dare il massimo. E sicuramente faranno una bella figura”. Con l’inizio della Coppa del mondo a Sölden (Austria) il 26-27 ottobre, sembra quindi che i nostri atleti siano particolarmente determinati a dare il meglio di loro tenendo bene in vista l’appuntamento del 2026.
LA NUOVA ATTREZZATURA
Una novità è stata lo svelamento del nuovo bob insieme a Patrick Baumgartner, realizzato in rosso fiammante – sulla scia del colore dell’Italia nelle macchine da corsa – e firmato da Jonny Mole Design. Il bob è stato presentato con lo slogan #42BE1, a indicare la disciplina del bob a quattro, quello a due e il monobob. Il 10 ottobre è stato realizzato anche uno shooting FISI presso l’Armani Silos per presentare l’attrezzatura in uso dagli azzurri per questa stagione, di cui il Pool Sci Italia ha contribuito a dare l’avvio ufficiale. La Federazione e il Consorzio si distinguono da sempre per il loro impegno nel fornire alle squadre nazionali dello sci alpino materiali di alta qualità. Oggi il Pool riunisce 27 brand suddivisi in otto categorie, tra cui sci, attacchi, scarponi, bastoncini, caschi, maschere, guanti e protezioni. Il suo obiettivo è quello di mettere a disposizione degli atleti le migliori attrezzature, garantendo massima sicurezza e prestazioni elevate, sia in gara sia in allenamento.
Da sinistra, Dominik Paris, Marta Bassino, Giovanni Franzoni, Federica Brignone e Alex Vinatzer
Lisa Vittozzi, premiata atleta dell'anno 2024, con Flavio Roda (sinistra) e Michele Tacchella
DIVENTARE GRANDI
Venticinque anni, un’apertura all’internazionalità e nuovi mercati: Prowinter presenta l’edizione allargata del 2025 con le parole della brand manager Geraldine Coccagna
di Sara Canali
Si rinnova nel 2025 l’appuntamento con Prowinter che dal 13 al 15 gennaio 2025 popolerà i padiglioni di Fiera Bolzano radunando nella città altoatesina gli addetti ai lavori del comparto sci e monta gna. La manifestazione espositiva festeggia la sua venticin quesima edizione con un programma di tre giorni ricco di novità ma anche di conferme. Ne abbiamo parlato con Geraldine Coccagna, brand manager di Prowinter.
Quali novità ci dobbiamo aspettare dall'edizione 2025 di Prowinter?
Prowinter è in continua evoluzione e anche nel 2025 ha alcune belle novità da presentare, a partire dal nuovo settore Outdoor. In collaborazione con l’Italian Outdoor Group e MagNet, Prowinter raggrupperà nel padiglione un’importante selezione di aziende operanti nel mondo outdoor e questo renderà Prowinter interessante anche per negozianti che in passato non venivano in fiera a Bolzano. Si confermano i Prowinter Test Days che saranno organizzati e gestiti assieme al Pool Sci Italia e che si allungano a tutti tre i giorni di fiera. I prodotti da testare saranno dedicati allo sci alpino. Prowinter proporrà anche una terza edizione del Prowinter Award Retail, allargando le categorie in gara anche a prodotti outdoor e inserendo una seconda giuria ad hoc.
Dalla fiera del noleggio a quella della montagna invernale a 360°. Quanto è cresciuta e quanto ancora può crescere Prowinter?
I noleggi restano per noi un target importante e vengono coinvolti attivamente nel corso della fiera, anche attraverso le azioni di Prowinter Lab, l’osservatorio di Prowinter per il monitoraggio del mondo rental italiano. Il segmento retail è però diventato il nostro target principale, anche per via delle date anticipate a gennaio. I numeri dello scorso anno sono stati molto incoraggianti: più di 100 aziende con oltre 200 brand presenti a Fiera Bolzano hanno espresso la propria soddisfazione per la buona riuscita dell’evento che ha accolto oltre 3.000 partecipanti totali. Con l’apertura verso il mondo outdoor, l’aggiunta di un’intera giornata e l’internazionalizzazione, Prowinter ha il potenziale per diventare la fiera di riferimento europea per lo sci, gli sport invernali e per l’outdoor.
In un momento storico con un mercato neve in grande cambiamento, quanto è importante fare rete e quanto una fiera può aiutare in questo senso? Quali gli eventi collaterali per gli addetti ai lavori saranno organizzati in questa edizione?
Con un ISPO che diventa sempre più regionale e ridimensionato, Prowinter è il primo vero appuntamento con il mondo "neve" della stagione. Quanto state lavorando in termini di internazionalizzazione?
L’apertura verso nuovi mercati internazionali è iniziata lo scorso anno. Con l’edizione 2025 l’obiettivo è quello di coinvolgere sempre più brand stranieri, specialmente dalla zona di Germania, Austria e Svizzera e di attrarre importanti buyer da questi mercati.
PROWINTER AWARD RETAIL, CANDIDATURE APERTE PER SCI E OUTDOOR
Aprono le candidature al Prowinter Award Retail 2025 tra nuove categorie e il premio speciale per gli sci da donna. A partire da lunedì 7 ottobre e fino all'11 novembre, i brand espositori possono candidare i propri prodotti e i vincitori verranno annunciati a Bolzano il primo giorno della manifestazione. La grande novità è rappresentata dall’introduzione di diverse categorie dedicate al mondo dell'outdoor invernale. Una doppia giuria, chiamata a valutare sci e prodotti outdoor, sarà composta da esperti del settore e analizzerà le candidature secondo tre specifici criteri di valutazione: innovazione, vendibilità, design & storytelling. Uno Special Prize sarà inoltre dedicato agli sci da donna. Le famiglie
Permettere ai brand, ai negozianti e ai noleggiatori di incontrarsi personalmente in fiera resta per noi l’aspetto più importante. Si tratta di un’occasione davvero unica per potersi confrontare sulle tendenze del mercato, sull’andamento stagionale e sulle novità della prossima stagione. Le relazioni continuano ad avere un valore inestimabile per questo settore. Proprio per questo Prowinter cerca di offrire momenti di interazione, come appunto le giornate sulla neve a Carezza per i Prowinter Test Days powered by ITASnow, la festa per tutti gli operatori la sera di lunedì 13 gennaio, il progetto NextGen RetailPro - una giornata in fiera su invito per un gruppo di giovanissimi negozianti -, la visita a Prowinter di un gruppo selezionato di buyer esteri.
di prodotti sono state riviste per essere sempre più vicine alle richieste del mercato: eliminata la categoria all mountain, si è intervenuti sui modelli da ”pista” che rappresentano il cardine del business italiano, tanto da suddividerli in due sottocategorie, top e allround. Per il crescente mercato della neve fresca, rimane invariata la categoria scialpinismo. Per ciascuna delle classi di prodotto verranno premiati rispettivamente sci e scarponi. L'edizione 2025 introduce inoltre all’interno dell’Award quattro categorie dedicate al mondo dell'outdoor invernale che riguarderanno le calzature e gli zaini. Anche la giuria porta con sé numerose novità perché di fatto si sdoppierà: una sarà dedicata a sci e scarponi e un’altra ai prodotti outdoor. Entrambe le giurie valuteranno i prodotti in funzione di tre criteri, strumenti di fondamentale importanza per negozianti nell’acquisto e nella vendita di prodotti, ovvero: innovazione, vendibilità, design & storytelling.
Geraldine Coccagna
FOGLIE MORTE
La montagna in fuga da sé stessa
a cura di Marrano
L’autunno è la stagione dorata per l’outdoor. Boschi dai mille colori, cieli azzurri e tersi, aria leggera e i frutti tardivi carichi dei sapori della natura. Goldner Herbst per gli amici tedeschi. Non c’è stagione più bella per la natura e per la montagna in particolare. Sono sempre di più, infatti, quelli che scelgono di pascolarla al termine dell’estate calda e chiassosa, godendo delle giornate brevi ma intese, con i rifugi che ormai hanno prolungato l’apertura di almeno un mese, per poi aggiungere i fine settimana della vecchia “stagione morta” in attesa della neve. Saltati i vecchi paradigmi temporali, per gli amanti della vita all’aria aperta si prospettano sempre nuove opportunità di svago e rigenerazione. Esperienze gastronomiche nelle sagre di paese che raccolgono piccoli produttori locali con le loro eccellenze artigianali a chilometro zero, fiere d’autunno con vacche trasformate in carri mascherati al ritorno dal pascolo, raffinatissimi eventi culturali tra i filari appena vendemmiati o all’ombra dei castagneti. Insomma, un vero idillio.
Ma intanto, sotto questo luccicante mantello, reso caldo e seducente dalla sapiente opera propagandistica dei consorzi turistici, si consuma il vero volto della montagna: l’abbandono.
Nelle fredde statistiche che sempre più spesso troviamo sui giornali locali, si rivela per gran parte della montagna italiana il suo apparentemente inesorabile destino. Eroi per un giorno, quello della sagra di paese, gli abitanti stabili della montagna sono una specie in via di estinzione, occasionalmente sostituita dal timido ritorno, spesso solo temporaneo, dei “nuovi montanari” o “montanari 4.0” come vengono definiti da qualche osservatore.
A volte coppie, spesso singoli, più raramente famiglie che spinte dalla deflagrazione psico-emotiva indotta dalla routine urbana pensano di trovare pace e una nuova vita lassù fra i monti. Attratti dal mito romantico del ritorno della natura, corroborato dalla geniale truffa dello smart working, li assisti fare capolino fra le mura di qualche vecchia baita da ristrutturare, salvo poi accorgersi di quanto improbabile possa essere realizzare un sogno che per potersi tradurre in realtà necessita dell’esperienza di almeno una generazione precedente alla propria radicata fra i monti.
Una generazione ormai persa e spaesata, la cui identità montanara e la cultura materiale di cui da sempre è stata portatrice, sono andate progressivamente sfumando a causa della fatale combinazione fra l’incompetenza della politica e l’illusione del benessere cittadino, figlia di uno sviluppo industriale forzato, anche dove l’industria non sarebbe mai dovuta esistere.
Una strada panoramica sulla costa della montagna può certo essere il luogo ideale per una passeggiata al sole d’autunno, ma se a monte di quella strada il prato ed il bosco in pendenza che le fanno da cornice non sono lavorati e messi a regime dalla sapiente opera di chi da sempre ne rappresenta il custode, alla prima bomba d’acqua con cadenza ormai settimanale si trasformano in un demone feroce che in un soffio si libera degli intrusi, svelandone tutta l’inadeguatezza a vivere in quel luogo. E tutto si trasforma in emergenza e disagio, che finiscono per soffiare via, come foglie morte, anche gli ultimi montanari rimasti, abbandonati a sé stessi, stanchi e demotivati, anche loro alla ricerca di un qualcosa che li illuda di aver infine trovato pace e benessere.
Così l’autunno dorato della montagna rappresenta, per chi scrive questa discutibile rubrica, una malinconica metafora della realtà del nostro tempo che ci dovrebbe far riflettere, almeno per un attimo, fra una discesa in mountain bike ed una gara di trail running, sul destino di quel meraviglioso parco giochi in cui amiamo auto-fotografarci in pose gloriose, sforzandoci di capire che la realtà della montagna ha una consistenza ben diversa dalle pagine di un catalogo outdoor.
Una realtà che ci sta presentando il conto e che chiama in causa la responsabilità di tutti noi, arrivati o nati fra i monti, per celebrare la loro bellezza o per conservare la cultura di chi li ha abitati da sempre.
QUALCHE DATO DI FATTO
Secondo una recente statistica Istat, nell'ultimo decennio, dal primo gennaio 2014 al primo gennaio 2024, in Italia la popolazione delle aree interne montane è scesa del 5%. Lo spopolamento delle terre alte, secondo Marco Bussone, presidente dell'Unione Nazionale Comunità Enti Montani (Uncem), è un'emergenza sì italiana, ma che riguarda tutti gli stati europei: "In Italia, Alpi e Appennini hanno perso 150mila abitanti in 25 anni. Oltre 200 comuni montani italiani sono privi di negozi e bar, 500 a rischio di desertificazione commerciale. L'Italiacon il 66% di territorio, secondo Eurostat, montano e ruraleha una legge sulla montagna del 1994 totalmente inattuata. E la riscrittura di un nuovo articolato, voluto dal Governo e in discussione in Senato, oggi si basa su 200 milioni di euro di finanziamento annuo, mentre la Francia, con il Piano France Ruralite investe 8 miliardi di euro fino al 2028".
*Lafuori. Una pagina pubblicitaria in meno, uno spunto di riflessione in più. Lafuori non è un nuovo brand outdoor fondato da due giovani mountain runners appassionati di climbing. Non è l’account Instagram di un influencer. Non è nemmeno il nome di una falesia segreta di un’isola sconosciuta del Mediterraneo o di un hotspot di Hokkaido dove cade la neve più polverosa del mondo. Lafuori è il titolo del contro editoriale di Outdoor Magazine. Un racconto libero e disincantato dell’outdoor scritto sotto mentite spoglie