

n°3
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editoriale
03 Cosa sognano i ragazzi di Donato Renato Mosella

vitacsi
04 Judo è bello di Manuela Robazza
06 Insieme per sentirsi uguali di Leonio Callioni e Micaela Faggiani
07 Primavera, fiorisce i calcio baby di Enrico Lusetti
13 Un ponte tra uomo e atleta di Marco D’Amico
14 Vince la qualità di Arianna Cucinotta
18 Obiettivo Francia ’98 di Renato Picciolo
21 Venti progetti un solo CSI di Claudio Fontaneto
22 La carica dei settecento di Giampiero Spirito
26 Quando lo sport è per tutti di Vittorio Ferrero
dossier
08 Sport in parrocchia di Andrea De Pascalis
sport&sport

16 Sparito un praticante su cinque di Tito Della Torre
argomenti
23 Voglia di ricominciare di Francesca Petruccioli
24 Chi la vuole se la paghi! di Davide Iacchetti
riflessioni
20 Sei regole per rendere al massimo di Emerenziana Rossato
28 Chi è il primo? di Fabrizio Mastrofini
rubriche
12 Allo specchio di don Evandro Della Dote
30 Il racconto di Edio Costantini
radici
31 Le parole del “Patto”: Etica di Vittorio Peri
I s c R I T Ta al n 4987 del Reg Stampa del Tribunale di Roma del 4/1/1956 p R O g E T T O g R a f I c O Medias Pubblicità Napoli I m pa g I n a z I O n E C SI Editore l E f O T O D I q u E s T O n u m E R O s O n O D I : Antonio Criscuoli e Archivio C SI f O T O l I T O Punto & Linea s Ta m pa Romana Editrice s r l Via Colle Ara della Signora, 8 San Cesareo (RM)

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Cosa sognano iragazzi...
L’ultima vittima della v i o l e nza malavitosa è caduta a Barra, uno dei tanti quartieri a rischio della città di Napoli: a rischio per chi ci vive e per chi ci opera. Una realtà che il CSI conosce bene per averla spesso animata con i suoi programmi di attività.
Giovanni, la vittima, aveva appena 14 anni Sognava di poter avere un c a v a l l o , d a g u i d a r e n e l l e c o r s e a d Agnano Invece accudiva una scuderia abusiva, e per sbarcare il lunario faceva il posteggiatore, sempre abusivo
La scuola l’aveva abbandonata in prima media, o forse la scuola aveva abbandonato lui: troppa distanza tra l’uno e l’altra, tra i bisogni reali di lui e quanto la scuola era disposta ad insegnargli
Giovanni è stato ucciso con un colpo alla nuca sparato a bruciapelo, in strada, e i suoi sogni si sono spenti sull’as f a l t o L e t e l e c a m e r e a n c h e q u e s t a v o l t a n o n h a n n o r i s p a r m i a t o n u l l a della tragedia, descrivendo nei minimi dettagli i luoghi della marginalità, del disagio, dell’indifferenza, del degrado ambientale.
tali, cose che già basterebbero a far rinascere la fiducia
Lo sport deve spendere in questa direzione il suo futuro È in queste zone che si devono costruire, o a volte solo aprire, gli impianti sportivi; è qui che l’alleanza con la scuola non si deve fermare a montagne di carte È in questi quartieri che i grandi club professionistici devono portare i loro campioni, visto che la loro voce vale ormai più di quella di genitori e insegnanti.
A chi ci obietta che qualche cosa già si sta facendo in tal senso, rispondiamo che è poco, che non basta Ronaldo che va una volta la settimana nelle periferie milanesi ad incoraggiare i ragazzi è una cosa bellissima, ma è anche una goccia nel mare Servono interventi vasti, dai grandi numeri, che coinvolgano tutto il sistema sportivo Vincere dieci o cento medaglie olimpiche è comunque una sconfitta, se lo sport non riesce ad arrivare in basso, lì dove maggiore si avverte il suo bisogno
E dove lo sport non può comunque arrivare, devono arrivare il Governo e le forze istituzionali, programmando una politica per l’infanzia e la gioventù. L’emergenza si supera passando anche dalla strada della prevenzione, là dove crescono giovani che non riescono ad amare la vita Uccidersi o
uccidere finisce per essere una sfida, una prova di forza e di coraggio, forse anche un gioco incosciente. Un passaggio essenziale per far uscire i giovani dal disagio è di far loro recepire un f o n d a m e n t a l e i n s e g n a m e n t o , q u e l l o riguardante il valore e la bellezza della vita

È previsto che in questi giorni i campioni di Nagano vadano tra i ragazzi della finale dei Giochi della Gioventù, a proporsi come testimoni dello sport Ma quei ragazzi sono già dei fortunati, sono già una élite che calca impianti qualificati I campioni, tutti, dovrebbero piuttosto andare in ogni strada, lì dove vivono e sognano ragazzi come Giovanni, per dire loro che lo sport è per la vita
Lo sport di domani bisogna costruirlo attingendo a piene mani da queste realtà. Dietro l’apatia e l’arroganza di molti ragazzi di quartiere si nascondono tesori di generosità inutilizzata, slanci verso ideali che questa società ha smarrito nell’indifferenza generale, valori appena assopiti che attendono solo di essere incoraggiati e risvegliati.
Le medaglie olimpiche ci darebbero più soddisfazione se, dopo ogni trionfo, si costruisse un podio lungo migliaia di chilometri, che attraversi il Paese dal Nord al Sud, sul quale far salire tutti i ragazzi, anche i più sfortunati, affinché tengano compagnia ai campioni, per gioire con loro, per sentirsi parte di un tutto e poter dire “Ho vinto anch’io”
Luoghi tragicamente uguali da Genova a Milano, da Roma a Napoli e Palermo Luoghi di grandi sofferenze e di piccole speranze. Luoghi che attendono lavoro e riqualificazioni ambienD o n a t o Re n a t o M o s e l l a
D o n a t o R e n a t o M o s e l l a
Bologna riscopre le virtù e il fascino delle
Arti marziali
udo è bello
Judo è bello
L’appuntamento è alla palestra San Mamolo, nel centro di Bologna Un vai e vieni di ragazzi, bambini, mamme, allenatori San Mamolo è un complesso di varie palestre dove, oltre al judo, si fa anche basket e danza Paolo Checchi, presidente del C SI provinciale per la sezione del judo, e cintura nera, guida la visita agli ambienti In una piccola palestra, un gruppo di graziose bambine in tutù sta per concludere l’ora di danza Voci e urla da stadio arrivano dalla palestra dove si fa basket Nella tribuna, genitori e amici si divertono a guardare
Si apre la porta di un’altra palestra Le luci sono accese, ma pare che non ci sia nessuno Una serie di pannelli impedisce di vedere cosa sta succedendo Finalmente li vediamo: sono una ventina di ragazzi in kimono Stanno provando le cadute II silenzio è impressionante L’unico rumore è il tonfo delle cadute sul materassino, ma i ragazzi si rialzano immediatamente senza problemi “Non si fanno male?” “Assolutamente no” garantisce Paolo II maestro non grida come l’allenatore di basket Tace e osserva

Judo cioè crescita

Ci sediamo in una saletta in cui aspettano le mamme che accompagnano i figli a judo: nessuno può assistere agli allenamenti C’è bisogno della massima concentrazione Una distinta signora legge il giornale È la mamma di Gianmaria, 12 anni, uno dei ragazzi che provavano le cadute Fa judo da quattro anni L’ha scelto lui e due volte la settimana continua a venire con entusiasmo La mamma ci confida che Gianmaria è un ragazzo vivace ed estroverso, ma aveva poca fiducia in se stesso II judo l’ha fatto crescere molto in questo È più sicuro di sé, più capace di concentrazione, più riflessivo, anche più sereno
Chiediamo al maestro Paolo Natale, quali caratteristiche ci vogliono per fare judo: “Tutti possono fare judo Anche se ci sono delle predisposizioni particolari Ad esempio chi è capace di sacrificio e di fatica è avvantaggiato
Posso dire che cosa non ci vuole: non bisogna iniziare a fare judo pensando di fare carriera Il judo è uno sport povero Le nostre ragazze lo fanno con grandi sacrifici: mentre si allenano tutti i giorni, portano avanti lo studio universitario”
diManuela Robazza della rivista “Primavera”
Judo cioè pensiero
Qual è la cosa che sta più a cuore a un maestro di judo?
“Non è la medaglia” continua Paolo “Il risultato più grande che mi dà più soddisfazione è l’equilibrio che i miei allievi raggiungono Sono contento quando acquisiscono i valori del judo L’abilità sta nel capire gli errori dell’altro e farli diventare utili Alla base c’è un’interessante filosofia giapponese: è inutile opporsi alle forze del male, alle energie negative Bisogna fare
Le arti marziali nelC SI
Sono di tutto rilievo i numeri del CSI per le Arti marziali. Relativamente alla stagione sportiva 1996/97 si sono avuti, ad esempio, 1 455 tesserati, maschi e femmine, per il judo; 234 per il ju-jitsu; 1.480 per il karate 5 685 atleti sono stati tesserati con la voce generica “Arti marziali”

come il salice: quando la neve lo ricopre, i suoi rami si piegano fino a che la neve cade da sola Cosi è il judo: saper cedere per sconfiggere il male senza aggressività e violenza Davanti a te, nella gara, non hai un nemico, non devi scaricargli il tuo odio Hai una persona da rispettare”
Ci sembrano cose molto belle, ma come fate a comunicare questi valori agli allievi? Sono previste delle lezioni di teoria? “II segreto del judo è riuscire a far capire tutto questo senza usare neanche una parola!”
Il gruppo della Dojo Équipe di Bologna. Oltre 300 atleti dai 6 ai 25 anni Il colore della cintura indica il grado di esperienza: dai principianti (bianca) fino ai più esperti (nera) passando attraverso la gialla, arancio, verde, blu e marrone. Al centro, in tuta blu, Paolo Checchi, presidente provinciale del Centro Sportivo Italiano di Bologna, un maestro che crede nei suoi allievi. Un vulcano di simpatia con un chiodo fisso: aiutare i suoi allievi a diventare maestri di se stessi

ieme sentirsiuguali
Promosso dal C SI di Bergamo, che ha coinvolto nell’iniziativa le direzioni didattiche e i comuni della provincia, è partito da alcune settimane il progetto per l’inserimento di bambini portatori di handicap nelle attività dei centri di formazione che si attuano con le scuole
Il Comitato C SI di Bergamo, presieduto da Vittorio Bosio è uno dei più grandi sul territorio nazionale con 48mila tesserati, 730 Società sportive e una ventina di discipline, con il calcio in testa E da quindici anni gestisce con successo i Centri di formazione Si tratta di una proposta di avviamento allo sport attraverso attività ludico-motorie che ha la finalità di contribuire, attraverso il gioco, alla formazione armoniosa e serena dei bambini che frequentano le scuole, dalla materna, alla elementare, alle medie Questi centri, divenuti in breve tempo una realtà importante nell’ambito scolastico provinciale, sono presenti su quasi tutto il territorio: dai paesi di montagna ai centri della Bassa, senza soluzione di continuità e con un esito a favore della popolazione scolastica che è facile immaginare
Wheelchair hockeyaPadova
Insieme persentirsiuguali
Proprio dalla positiva valutazione di questa esperienza è nata e si è sviluppata l’ipotesi, sicuramente interessante, di approfittare dei Centro di formazione per aiutare i bambini portatori di handicap ad inserirsi con i loro coetanei L’intuizione di fondo è di avvicinare i bambini che soffrono per uno svantaggio psico-fisico, agli altri bambini, colti in momenti di serenità e allegria Il coinvolgimento, il gioco, l’attività sportiva limitata alla dimensione ludica: tutti questi momenti, se vissuti dal bambino portatore di handicap insieme e in pari dignità con gli altri bambini, sono portatori di enormi benefici Attualmente sono una decina gli inserimenti già operativi ed altri sono allo studio della commissione che si occupa del progetto L’avvio dell’esperienza ha però dato esiti superiori alle aspettative Alcuni centri sperimentali sui quali operano professionalità molto qualificate, hanno dimostrato la bontà dell’idea che si cercherà di diffondere in tutti i comuni, chiamando a collaborare i direttori didattici e gli assessori allo sport, cultura, servizi sociali

La determinazione è quella di “volerci essere”, al di là dei condizionamenti esterni e dei pregiudizi delle persone È questo lo spirito che ha posto le fondamenta e che continua tuttora a caratterizzare il Coco Loco Hockey Team di Padova, società sportiva di hockey in carrozzina elettrica Sorta nel 1996 dall’esperienza di alcuni audaci pionieri e dal sostegno sia psicologico che materiale della sezione cittadina dell’UILDM,Unione ltaliana Lotta Alla Distrofia Muscolare - il Coco Loco ha iniziato con la partecipazione al campionato nazionale “Wheelchair Hockey League”, cosi suona la dizione corretta del campionato, che viene organizzato ogni anno dal C SI nazionale, con il supporto dei Comitati provinciali Tale “League”, alla quale attualmente partecipano 16 società sportive in tutta Italia, risulta divisa in tre gironi, Central-South, West e East Division ed articolata in due fasi eliminatorie, una semifinale e una finale
Una scelta di impegno sociale
La scelta di far parte di un’associazione sportivo-educativa di ispirazione cristiana, quale il C SI, sembra non essere per nulla casuale per la squadra padovana E , sempre secondo la filosofia del C SI, ciò che più conta è di avviare, oltre il momento competitivo, un processo che faccia crescere l’atleta come individuo Proprio qui gli obiettivi del Coco Loco e del C SI vengono a coincidere; impegno nel sociale attraverso lo sport, desiderio di costruire un futuro nel rispetto delle diversità e nell’impegno a migliorare questo mondo, a partire magari solo da una partita
Attualmente il Coco Loco conta una rosa di 13 atleti, sia maschi che femmine, seguiti dall’allenatore Marcato e da due dirigenti, Schiavon e Sorato Naturalmente fondamentale, anche se spesso viene messo in secondo piano, risulta essere il sostegno delle famiglie e del centro UILDM Non bisogna dimenticare però che spesso sono molti gli ostacoli che quotidianamente si devono affrontare: strutture sportive inadeguate e piene di barriere architettoniche e una eccessiva burocrazia che blocca sul nascere molte iniziative Speriamo che la solidarietà e l’impegno verso chi è meno fortunato diventino ancora più forti In bocca al lupo Coco Loco!
Micaela FaggianiPrimavera, fiorisce il calciobaby
Primavera, fiorisce il calciobaby

A Reggio Emilia è pronto a scendere in campo un esercito di piccoli calciatori decisi soprattutto a fare del pallone uno strumento di divertimento, senza isterismi, senza dover pendere dalle labbra del loro allenatore per sapere se devono marcare a zona o ad uomo, senza sentirsi assillati da genitori-tifosi che pretendono una coppa da esporre sul mobile buono del salotto
Come ogni anno, in primavera, tutto questo si realizzerà con l’avvio di tre tornei organizzati dal Centro Sportivo Italiano: Torneo Scolastico, Torneo D’Andrea, Torneo Studentesco Ad ogni edizione i partecipanti si contano a migliaia Non esiste zona della provincia, dalla Bassa bagnata dal grande Po alle vette dell’Appennino tosco-emiliano, che non abbia almeno una squadra militante in questa kermesse
Il Torneo Scolastico è forse il più bello È riservato ai più piccoli Il suo fulcro sono i campi dell’oratorio cittadino, dove ogni domenica si susseguono decine di partite Ma l’iniziativa, come già detto, tocca ogni angolo della provincia attraverso la formula dei concentramenti E così una domenica si giocano quattro partite a Scandiano, quella successiva altrettante su in montagna, a Cavarezza, e via di questo passo
Per il Centro Sportivo Italiano lo sforzo organizzativo è notevole, ma è compensato dalla soddisfazione di vedere che anche il calcio, con determinati presupposti, può tornare ad essere quello di una volta, un semplice gioco che tutti possono fare Il clima è disteso, con bambini
Enrico Lusetti
infilati in calzoncini troppo larghi e magliette che arrivano alle ginocchia, allenatori che badano ad allacciare le stringhe degli scarpini o asciugare il naso del centravanti piuttosto che suggerirgli come eludere la marcatura dell’avversario, il parroco che segue tutto dal bordo del campo Se non ci fosse qualche genitore che protesta, sarebbe perfetto
Il Torneo D’Andrea è organizzato per i ragazzi delle scuole medie, lo Studentesco per quelli delle superiori e vive delle rivalità esistenti tra istituto ed istituto Le finali si svolgono in una cornice di tutto rispetto: il vecchio ma sempre romantico stadio Mirabello, dove si esibiva fino a tre anni fa la Reggiana Una struttura impegnata al massimo nella finale dello Scolastico, quando, dalle 9 del mattino alle 20 di sera, scendono in campo tutte le formazioni partecipanti, che in pratica si giocano le loro possibilità di piazzamento dal primo all’ultimo posto, con il terreno di gioco diviso in due mini-campi

Si gioca fino a sera nei tornei scolastici di Reggio Emilia
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p a r r o c c h i a
La grande sfida del 2000
Riportare lo sport nelle parrocchie italiane in occasione del Giubileo del 2000: è il traguardo che si propone un progetto vasto e articolato che il CSI sta mettendo in cantiere I dettagli sono da definire, ma già si conoscono i due pilastri su cui si fonderà l’iniziativa: una vasta opera di formazione, per preparare figure di operatori specificamente attrezzati ad operare nell’ambito parrocchiale; proposte di tornei, feste ed altre attività da mettere a disposizione delle parrocchie, anche a scopo dimostrativo.
Attualmente nel CSI le Società sportive parrocchiali non sono la maggioranza, forse il 30% del totale e anche meno. Un’enorme potenzialità sciupata, se pensiamo che le parrocchie in Italia sono circa 25.000 e che almeno la metà di esse, secondo stime ufficiali, è abbastanza ben strutturata da ospitare attività che vadano oltre il catechismo.
Sulle cause che, ad un certo punto degli anni Sessanta e Settanta, hanno portato lo sport fuori dalla parrocchia si è già detto tanto, ed è inutile ripetersi L’incognita resta il modo di ricongiungere il filo interrotto
I giovani e la parrocchia
Pensare di ripercorrere i metodi e le soluzioni dei tempi in cui lo sport parrocchiale andava forte tra i giovani, è impensabile Troppe cose sono cambiate, a cominciare dai tre termini del rapporto: i giovani, la parrocchia, lo sport.
“Se pensiamo ai giovani - dice mons Enrico Masseroni, vescovo di Vercelli - è difficile evitare l’impressione di una rapida metamorfosi generazionale, altrettanto è dello sport come fenomeno sociale; se invece pensiamo alla parrocchia, è difficile evitare l’impressione di una fatica, di un travaglio, di una svolta che però si compie tra molte difficoltà e lentezze”.
Da una parte - sostiene sempre mons Masseroni - la parrocchia soffre di essere presenza importante, ma fragile, debole, all’interno di una società attraversata dai venti dell’indifferenza e del nichilismo; dall’altra, la parrocchia avverte la fatica di doversi quasi ‘declericalizzare’ in modo da poter conservare la prerogativa, attraverso la partecipazione di tutti, di essere una comunità tra la gente, vicina alla gente Dunque, mentre il mondo giovanile si evolve con rapidi cambiamenti, la parrocchia stenta a rinnovarsi in modo da adeguarsi alle nuove esigenze. E il problema si fa più rilevante se si pensa al terzo polo del rapporto: lo sport Anche lo sport ha cambiato faccia È mutato il bisogno di sport, sono mutati soprattutto i modi con cui i giovani intendono praticare lo sport (vedi su questo stesso numero di Stadium i risultati dell’indagine ISTAT sulla pratica sportiva)
Oggi non possiamo più pensare di buttare un pallone in un cortile parrocchiale e lasciare che i ragazzi giochino, con il prete che fa da tecnico e arbitro Per riportare lo sport in parrocchia non solo occorre proporre formule di attività nuove, diverse, giovani, ma occorrono operatori specializzati e impianti all’altezza
Campus per operatori sportivi in parrocchia
Il C SI ha messo in cantiere per il 13-19 luglio prossimi, a Capracotta (Isernia) un Campus per operatori sportivi in parrocchia che può costituire un modello da proporre alle chiese locali C’è un programma che si articola in momenti di preghiera, di animazione e di laboratori per attività ludico-sportiva rivolta ai bambini, agli adolescenti e ai giovani Per renderlo più operativo, il Campus prevede la costruzione di un vero e proprio “cantiere” che sfocerà nella realizzazione di una megafesta di Giocasport per adolescenti di un vasto territorio: la regione Molise che ospiterà il campo
Gli operatori
Una società sportiva parrocchiale ha una sua specificità, non può inseguire una vocazione puramente sportiva La sua finalità fondamentale è quella di porsi al servizio delle finalità certamente più ampie del progetto pastorale della parrocchia

Ai suoi operatori, perciò, la preparazione sportiva specifica non può essere sufficiente Essi devono essere: radicati nella realtà ecclesiale; motivati al raggiungimento dei fini specifici della parrocchia; consapevoli del servizio educativo da rendere attraverso il mezzo sportivo
“Come CSI siamo consapevoli che la particolarità del contesto parrocchiale rispetto a quello della società sportiva tradizionaleprecisa il presidente nazionale Mosella - comporta qualche aggiustamento di tiro anche nel campo della formazione, se vogliamo che in parrocchia attecchiscano società sportive vitali. Ad esempio, vanno individuate e formate nuove figure di operatori parrocchiali, oltre al dirigente e al tecnico -allenatore. In questo senso stiamo già lavorando Mi viene però in mente un altro problema: che per i sacerdoti la preparazione come operatori sportivi parrocchiali dovrebbe cominciare ancora prima, in seminario, dove troppo spesso l’attività sportiva viene proposta come mezzo per sgranchirsi e non come approccio ad uno strumento educativo da porre nel proprio bagaglio di sacerdote”.
Il campetto sterrato non basta più
Quante sono le parrocchie che dispongono di impianti? E quanti di quegli impianti sono davvero agibili? Oggi come oggi nessuno può rispondere esattamente a questa domanda, ma va comunque recepito che il campetto sterrato non basta più
“C’è stato un tempo - spiega Mosella - in cui le parrocchie erano le sole agenzie educative in possesso di strutture sportive Ora c’è la concorrenza degli impianti pubblici e privati, la maggior parte dei quali offre quel minimo di comfort cui siamo tutti abituati e che riteniamo irrinunciabile Gli impianti parrocchiali devono offrire quel comfort, altrimenti i ragazzi si rivolgeranno altrove Le parrocchie devono avere una competenza specifica anche nel campo della ristrutturazione e gestione degli impianti. Pure qui è un problema di formazione”
Conoscere le leggi, nazionali e locali, per essere in regola e attingere a possibili incentivi non è necessario soltanto per gli impianti.
“Oggi - prosegue Mosella - all’attività sportiva di base si offrono diverse possibilità di accedere a contributi e facilitazioni Queste risorse potenziali vanno sfruttate per contenere i costi, ma ciò diventa possibile solo se si dispone di operatori perfettamente formati anche sotto il profilo gestionale, che conoscano il quadro di riferimento in cui si colloca lo sport di base”

Sport in parrocchia come scelta pastorale
Ma il nodo vero del progetto di riportare lo sport in parrocchia sta nella difficoltà di coniugare in modo armonico sport e pastorale parrocchiale Si sconta un certo pregiudizio verso lo sport “È indubbio - dice Mons. Carlo Mazza, Direttore dell’Ufficio Nazionale Pastorale Tempo libero, Turismo e Sport della CEI - che nel presente la comunità cristiana si rapporta al fenomeno sportivo come ad un evento a valenze differenziate e sovente contraddittorie. Da una parte si esalta la sua funzione ludica, educativa e festosa, dall’altra si impreca verso la sua pervadenza distraente, dall’altra ancora si tenta una captazione strumentale a fini di pratica religiosa e di conferimento di impeti passionali- emotivi”

Nuovi percorsi li ha indicati la nota pastorale della CEI “Sport e vita cristiana” “La nota - spiega don Gianni Gherardi, già consulente ecclesiastico nazionale del CSI ed attualmente parroco a Modena - sottolinea l’esigenza di una nuova mentalità pastorale verso lo sport, che preveda l’impegno prioritario, e insieme viene spesa più di una parola sull’uso delle strutture sportive parrocchiali, sul ruolo delle associazioni e delle società sportive, sul rapporto tra domenica e sport e su quello tra catechesi e attività sportiva”

La nota riconosce nella pastorale dello sport “ un momento necessario e una parte integrante della pastorale ordinaria della comunità” e indica come orizzonte di riferimento il dare “ senso, valore e prospettiva alla pratica dello sport come fatto umano, personale e sociale” Di qui la necessità di guardare, nell’organizzare lo sport parrocchiale, anche agli “ultimi”, come i disabili, i poveri, gli extracomunitari
Il progetto C SI
Rilanciare lo sport in parrocchia guardando al Giubileo del 2000 non è un’idea... pellegrina. Il Giubileo è un evento che interpella tutta la comunità cristiana, quindi anche il CSI, chiamandolo a dare testimonianza, nel suo specifico, dei valori cristiani che lo animano. E un modo può essere, appunto, quello di ravvivare l’esperienza sportivo - educativa nelle parrocchie italiane. Come agire? Il progetto è in corso di definizione, ma si possono anticipare alcune linee portanti:
a) fare in modo che il CSI sia presente, “ visibile”, “udibile” nel momento in cui si programma la pastorale parrocchiale;
b) fare in modo che il CSI locale riesca a supportare con la sua organizzazione le parrocchie del territorio in tutte le necessità, anche gestionali, che derivano dalla scelta sportiva;

c) mettere a disposizione delle realtà parrocchiali progetti sportivo - educativi finalizzati, specificamente studiati, che siano dei “contenitori” di attività diverse, polivalenti, di durata variabile, adatti a tutte le persone e agli stessi nuclei famigliari
Indagine e convegno della CEI
Agli incaricati per la pastorale dello sport delle 227 Diocesi italiane sta arrivando in questi giorni un questionario dell’Ufficio per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della CEI Scopo dell’iniziativa è accertare se e in che modo funziona nel territorio diocesano il rapporto tra sport e parrocchia Il materiale raccolto servirà da base per i lavori di un Convegno nazionale “Parrocchia e sport” che la CEI intende promuovere il prossimo giugno
I risultati dell’indagine saranno di grande utilità anche al C SI, che ha messo in cantiere un vasto e articolato progetto per rilanciare le attività motorie e sportive all’interno delle parrocchie
specchio
“L’uomo è irragionevole, illogico, egocentrico.
Non importa: amalo
Se fai il bene ti attribuiranno secondi fini, e verrà domani dimenticato
Non importa: fai il bene
L’onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile.
Non importa: sii franco e onesto
Se aiuti la gente se ne risentirà
Non importa: aiutala
Se realizzi i tuoi obiettivi troverai falsi amici e veri amici.
Non importa: realizzali
Quello che per anni hai costruito
può essere distrutto in un istante.
Non importa: costruisci
Dà al mondo il meglio di te e ti prenderanno a calci
Non importa: dai il meglio di te.”
(Teresa di Calcutta)

Sipuòdare dipiù
La nostra Associazione nelle sue finalità concrete è aperta e attenta all’uomo; una finalità che ci fa tuffare nell’utopia: sì, perché è utopia in una società dove è il tornaconto che predomina, dove è l’interesse che determina, dove è il risultato che qualifica - pensare di fare “sport” a servizio dell’uomo, di mettere l’uomo al centro
La nostra, però, è un ’utopia realizzabile nella misura in cui non ci lasciamo condizionare e nella misura in cui dentro di noi cresce e irrompe la speranza
Questo è il fondamento su cui ogni dirigente, allenatore, responsabile pone la sua scelta di campo, da cui motiva la sua “ r i s p o s t a ” a q u e s t a c h i a m a t a , s u c u i costruisce la sua missione educativa.
E allora prendiamoci in mano, prendiamoci sul serio, perché il nostro cammino non può essere percorso con la testa nel sacco, con la convinzione del già conosciuto e del già scontato; noi ogni giorno ci incontriamo con realtà, con situazioni che ci provocano, ci interpellano E allora l’int e r r o g a t i v o : c o s a f a r e ? C o m e u s c i r n e ? Come essere risposta?
In questo cammino molte volte non soltanto siamo soli, ma riscontriamo che la famiglia, la scuola camminano su parametri opposti e alcuni anche contrastanti.
A noi il prezioso compito di far riscoprire che si può mettere l’uomo al centro; a noi annunciare che è possibile questa utopia; a noi allora rimboccarci le maniche, caricarci di speranza
In questo cammino ci può essere guida la riflessione di madre Teresa che, presentandoci la storia dell’uomo, la storia di ogni giorno, la nostra storia, ci carica di coraggio per essere luce che illumina e mette in evidenza la positività e la speranza.
Punto di partenza è l’amore: dobbiamo amare ciò che facciamo, dobbiamo amare le persone ed è questo che ci dà la capacità di fare il bene, che è il segno della nostra franchezza e onestà di intenti, di rapporti; e con gioia sapremo porgere il nostro aiuto per costruire e realizzare ogni giorno il nostro obiettivo
E questa utopia ci richiede di essere disponibili, senza calcolo, a dare il meglio di noi
Radichiamo nel nostro cuore e nella nostra mente questo settenario, e giorno dopo giorno, nella fatica, nel sacrificio e nella gioia vedremo l’uomo che c’è in ognuno crescere e realizzare il progetto che Dio ha seminato in ciascuno: essere immagine di quel Dio che ci ha voluti capaci di gioia e di vita.
di

testimonianza di mons. Fernando Charrier ai dirigenti del C SI
Unponte trauomo e atleta
«Portate un po’ di gioia in un mondo, come quello dello sport, che è tutto ripiegato su se stesso, sugli interessi e sullo spettacolo» Con questo invito, il vescovo di Alessandria, mons Fernando Charrier, si è rivolto ai dirigenti nazionali del C SI e ad una folta platea di educatori sportivi presenti all’incontro svoltosi presso il Centro di spiritualità “Betania”
Il nord-ovest del C SI si è dato appuntamento ad Alessandria per “rivoluzionare” con progetti fortemente innovativi il sistema sportivo tradizionale Le innovazioni saranno sia nelle formule di attività, sia nell’azione formativa La tappa di Alessandria è stata la penultima di un tour che i dirigenti nazionali dell’Associazione hanno svolto in tutta Italia, incontrando tutte le strutture territoriali
Per il C SI la sfida del Duemila non riguarda solo i numeri e le attività ma le qualità, il valore, le finalità dell’esperienza associativa A tanto il C SI è sollecitato dal recente invito della CEI a impegnarsi su un “progetto culturale orientato in senso cristiano” Anche l’ambito sportivo è chiamato a dare il suo contributo Di qui la necessità e l’importanza di un progetto culturale che faccia da ponte tra fede e sport Per questo il grande progetto di rilancio dello sport in parrocchia Così il vescovo Charrier, intervenuto ai lavori testimoniando la sua gratitudine ad una Associazione fortemente impegnata nel rinnovamento del sistema sportivo e nella preparazione del difficile ruolo di educatore sportivo Ha parlato di valori, di etica e di scelte di vita
«Purtroppo viviamo in una cultura figlia dell’illuminismo che ha decapitato Dio - ha continuato mons Charrier - e quando una cultura decapita Dio decapita anche l’uomo Sono i giovani, soprattutto, che vivono e sperimentano sulla loro pelle le contraddizioni del nostro tempo Essi si mostrano fragili e incostanti, incapaci di dare un senso al proprio vivere Perciò la
Unponte trauomo e atleta di
vostra missione è quella di aiutare i giovani a guardare un po' più in alto e ciò significa aiutarli a trovare un orientamento della loro vita»
Educare i giovani ai valori attraverso le regole del gioco e dello sport è possibile Anche se apparentemente ognuno cerca la vittoria e la coppa, i giovani rivelano un’aspirazione più profonda, un desiderio di vita interiore, un bisogno di esperienze significative In questa prospettiva educare è un mestiere difficile «Non allenate solo i corpi - ha esortato il Vescovo - non li modellate solo per la vittoria, aiutate ogni atleta a scoprire l’immagine di uomo che è dentro ognuno di loro Ciò vuol dire tribolare E tribolare per l’uomo è tribolare per Dio Voi svolgete un compito grande nella società Dovete sapere che il vostro è un compito unico, anche se lo svolgete a fianco della famiglia, della scuola, della parrocchia»
«La Chiesa - ha concluso mons Charrier - ama l’uomo in tutte le sue espressioni, ma tiene presente tutti, soprattutto quei giovani che non incrociano i sentieri della comunità cristiana Ma non basta In una società così egoista vince l’umiltà, vince chi si mette a servizio dei meno fortunati Essere umili è la grande vittoria contro ogni forma di sopruso e di emarginazione: possa allora lo sport diventare una grande “ricreazione” dell’uomo, per ridare dignità e pienezza di vita a ciascuno»


La
nceualità
Il 1998 è l’anno della verifica di metà quadriennio che chiama il C SI a riflettere sull’esperienza associativa in atto, a mettere sotto esame il suo modo di esprimersi e di agire, a valutare dove e in che modo migliorarsi Una verifica che interessa le strutture C SI a tutti i livelli, e che per dare i suoi frutti deve andare al di là dei numeri dell’attività svolta, per soffermarsi piuttosto sulla qualità, il valore e il livello della vita associativa

Da questo numero Stadium accompagnerà il cammino verso l’Assemblea nazionale di dicembre, raccogliendo le testimonianze dei dirigenti, degli operatori, dei consulenti ecclesiastici che giorno per giorno promuovono lo sport del C SI in ogni regione d’Italia
Vittorio Bosio, presidente del C SI di Bergamo
Nelle società sportive le attività istituzionali sono affiancate da iniziative di tipo associativo, culturale o sociale? Ed eventualmente in che misura?
Si deve fare una distinzione preliminare tra società sportive organizzate e società sportive formate da gruppi di amici che vogliono semplicemente fare attività sportiva Le prime svolgono anche attività di tipo culturale e sociale, mentre per le seconde l’esperienza è circoscritta alla partecipazione al torneo di questa o quella disciplina sportiva
Tra le iniziative a carattere sociale promosse dalle società quelle più rilevanti sono a favore dei disabili, nei confronti dei quali è molto cresciuta l’attenzione Esistono poi alcune società impegnate in attività collaterali che poco o nulla hanno a che fare con lo sport Come il teatro, ad esempio, che è già stato occasione di incontro per società sportive di diversi quartieri della città, offrendo così lo spunto per la realizzazione di un progetto mirato sostenuto dal Comitato
Vince laqualità di
Qual è il livello di impegno delle attività praticate dalle società sportive?
È un livello alto, anche perché oltre alla pratica sportiva istituzionale, che di per sé implica un notevole sforzo organizzativo, un buon numero di società promuove attività polisportive
Che cosa ha fatto il Comitato provinciale per stimolare la partecipazione degli atleti e dei dirigenti alla vita associativa?
Negli ultimi anni abbiamo attuato una campagna di sensibilizzazione sui temi associativi In particolare si è scelto di ritagliare sempre, all’interno delle riunioni tecniche o di quelle per la consegna dei calendari, un momento formativo, a volte semplicemente dedicato a pubblicizzare i corsi ai vari livelli Inoltre abbiamo affrontato i problemi che le società sportive quotidianamente devono risolvere: la certificazione medica, gli adempimenti fiscali oppure quelli con la Siae In questo modo le abbiamo avvicinate e conosciute più profondamente, instaurando un rapporto costruttivo Tanto che oggi è considerevole la partecipazione ai momenti assembleari
Naturalmente non arriviamo in modo uniforme a tutte le società, ma siamo comunque consapevoli di un’attenzione nuova che ci viene rivolta
Alessandro Diviggiano, presidente del C SI di Brindisi
Le attività organizzate dal comitato coprono organicamente le varie esigenze (età, sesso, categorie sociali)?
Tra gli obiettivi indicati dall’ultimo Congresso vi è quello di ampliare il numero delle discipline sportive promosse a livello territoriale L’intento è soprattutto di coinvolgere in misura crescente i molti ragazzi che non hanno alcuna familiarità con la pratica sportiva, o che sono costretti in attività specialistiche che
Arianna Cucinottanon li divertono, e che inevitabilmente finiscono per allontanarli, talvolta anche in maniera definitiva, dallo sport
Quali ambiti dell’attività sportiva sono scoperti e perché?
In questo momento manca l’attività di prima fascia Nelle famiglie prevale, infatti, l’opinione che l’attività integrativa pomeridiana svolta nelle scuole elementari possa sostituire quella promossa dalle associazioni come il C SI Non viene valutata la valenza educativa e formativa rappresentata dall’attività ludico-motoria, anche perché non si conosce la profonda differenza che passa tra questa e l’attività sportiva precoce Prova ne è il numero di iscritti - appena 25 - all’unico Centro Fantathlon inaugurato dal Comitato Tra i nostri impegni per l’immediato futuro c’è dunque quello di produrre un cambiamento di mentalità, di diffondere in misura crescente la nostra cultura sportiva, anche sostenendo le società sportive presenti sul territorio
Don Eugenio Mondini, consulente ecclesiastico del C SI Lombardia
Tra gli operatori delle società sportive è presente l’intenzione di educare attraverso l’esperienza sportiva?

Credo di sì, e lo dico pensando alla grande maggioranza degli operatori a contatto diretto con gli atleti Occorre però fare qualche distinzione: intenzione di educare non significa necessariamente capacità di educare, oppure scelta consapevole di servire prima di tutto la vita dei bambini, dei ragazzi, dei giovani che si incrociano promuovendo l’attività sportiva Anzi, spesso l’intenzione di educare si limita alla sola volontà di chiedere buona educazione, il che non è poco evidentemente, ma non significa mettere nel cuore dei ragazzi i valori che potrebbero sostenerli nel cammino della vita
Sono pienamente consapevole che non è possibile (e non sarebbe nemmeno giusto) che “tutta” l’educazione competa ad un ambito di vita come quello sportivo Ma se un rapporto
educativo è buono, i “germi” di bene fatti maturare in un ragazzo o in un giovane non servono solo a farlo essere un buon atleta, ma anche a renderlo uomo o donna “interi”
Ancora, credo che parlare di intenzionalità educativa nel C SI significhi un approccio a tutto l’uomo, fino nella sua dimensione più segreta: là dove incontra il Signore, là dove la persona si fa pienamente se stessa Le due espressioni sono equivalenti o almeno interdipendenti Ciò significa che c’è vera intenzionalità educativa quando - già nella volontà dell’operatore-educatore è presente la tensione verso il massimo possibile per ogni esperienza umana
Cosa si è fatto ed eventualmente si potrebbe fare per affiancare alla competenza tecnica o dirigenziale quella educativa?
Credo che lo sforzo fatto dal C SI - a livello nazionale e periferico - sia enorme e produca una fittissima serie di appuntamenti formativi Solitamente tali appuntamenti non sono mai a carattere esclusivamente tecnico (pensando poi che non vi è nulla di puramente tecnico) o destinato al cosiddetto management E il nodo sta proprio qui: pur avvertendo la necessità di una esplicita provocazione sulla dimensione educativa, e alla quale va dato il giusto spazio, occorre che tutto abbia il sapore e la volontà di far crescere coloro che fanno attività sportiva nel C SI Tutti, adulti compresi
A questo si aggiunge una riflessione andata un po’ sotto tono negli ultimi anni: ed è un’attenzione precisa all’essere uomo e donna Un percorso formativo che tratta le persone quasi fossero asessuate rischia di essere riduttivo, se non ingiusto
C’è un altro tema che mi sta particolarmente a cuore, sollecitato dalla domanda forte della nostra cultura postmoderna: il binomio sport e spiritualità Su questo fronte va approfondita la riflessione e vanno offerte delle risposte, cioè percorsi formativi che non giustappongano tecnica, formazione, educazione e spiritualità ma che armonizzino queste diverse dimensioni all’interno di un progetto associativo preciso
parito praticante cinque
Numeri e tendenze della pratica sportiva
Anche se nessuno ha il coraggio di dirlo chiaramente, le cose non vanno granché bene per la pratica sportiva in Italia Solo un accorto maquillage degli ultimi dati ISTAT ha consentito al CONI, in occasione della presentazione del suo “Rapporto annuale 1997”, nel gennaio scorso, di dichiarare che “Trentaquattro milioni di italiani praticano una qualche attività fisica o sportiva”, per poi concludere: “L’Italia non è più un Paese di sportivi seduti” I media hanno riproposto la notizia con titoli vistosi, e ne abbiamo riportato la convinzione che la promozione sportiva nel nostro Paese abbia raggiunto livelli eccelsi: trentaquattro milioni di praticanti rappresentano circa il 60% della popolazione; meglio di così è difficile fare

E invece no, le cose stanno in tutt’altro modo Basta prendersi la briga di leggere il commento che lo stesso ISTAT ha fatto ai propri numeri: “Tra il 1988 e il 1995 si evidenzia una diminuzione di coloro che dichiarano di praticare continuativamente sport (dal 22 9% al 18% delle persone con 6 anni e più) Il dato non sembra essere legato esclusivamente all'invecchiamento della popolazione ” Come dire che nel periodo a cavallo dei primi anni Novanta il 5% dei cittadini ha smesso di fare sport davvero Per il sistema sportivo passare dal 22 9% al 18% di praticanti significa aver perso per strada un praticante su cinque Più che un risultato esaltante, sembra una Caporetto
Pratica continuativa, pratica saltuaria
Da dove spuntano fuori, allora, i 34 milioni di sportivi “ non seduti”? L’indagine ISTAT, molto minuziosa, bada a distinguere la frequenza con cui si pratica sport Il mistero sta proprio qui: il 17 8% degli Italiani di 3 anni o più pratica sport con continuità; l’8 8% saltuariamente, il 35 3% dichiara di “fare qualche attività fisica”, il 37 8% dichiara di non aver mai fatto sport Se mischiamo tutti insieme coloro che fanno sport in modo
Tito Della Torre
Sparito un praticante sucinque di
continuativo, quelli che lo fanno saltuariamente e quelli che dichiarano di fare ogni tanto una “qualche attività fisica” viene fuori dal cilindro delle statistiche il fatidico 61 9% di sportivi
Ma possiamo definire sportivi coloro che, pur avendo ammesso di non praticare sport, né continuativamente né saltuariamente, precisano che tuttavia nel loro tempo libero capita “di svolgere qualche attività fisica come fare passeggiate di almeno 2 chilometri, nuotare, andare in bicicletta almeno qualche volta nell’anno“? Chi porta il cane a passeggio tre volte al giorno, percorso totale due chilometri, è uno sportivo? E lo è chi si fa una nuotata a ferragosto, inquinamento permettendo?

Giocare con i numeri non porta lontano, meglio ammettere che solo il 17 8% degli Italiani fa sport davvero e cercare di capire cosa sta succedendo
Il quadro di riferimento
La diminuzione di pratica continuativa riguarda tutte le fasce di età, ad eccezione dei bambini più piccoli, ed è particolarmente rilevante nella fascia dei ragazzi tra 11 e 14 anni e tra 15-19 anni Essa si avverte in tutte le zone del Paese, con lievi variazioni
Le motivazioni per cui non si fa sport sono, in ordine decrescente: la mancanza di tempo (39%), la mancanza di interesse (38%), il non avere un’età adeguata (27 5%), uno stato di salute non adeguato
(12 2%), mancanza di mezzi economici (5 3%), mancanza di impianti o difficoltà a raggiungerli (5 1%)
Le motivazioni per cui si fa sport sono: per pura passione (68 8%), per mantenersi in forma (44 1%), per svago (39 0%), per frequentare altre persone (19 2%), come mezzo terapeutico (8 9%), per stare in mezzo alla natura (8 6%) Solo l’1 0% dichiara di mirare ad un guadagno economico
Si conferma così che l’attuale domanda sportiva è ispirata soprattutto dalla voglia di divertimento, di socializzazione, di benessere fisico Sembra superato il cliché dello sport come strumento per temprarsi, per confrontarsi con se stessi e con gli altri, per affermarsi nella vita e nella società
Alla luce di questi dati, viene da chiedersi fino a che punto il sistema sportivo italiano ha capito che la motivazione agonistica conta sempre di meno, che davvero in pochi hanno voglia di fare sacrifici per mirare a un titolo o ad un contratto D’altro canto, riconoscere questa circostanza comporterebbe una revisione dell’intero sistema
Certo, con le indagini statistiche bisogna andarci piano La ricerca ISTAT sulla pratica sportiva, ad esempio, offre un curioso quadro della nostra realtà sportiva: i praticanti delle Federazioni sarebbero 2 milioni e 200 mila, quelli degli Enti 2 milioni e 600 mila Questo dato non quadra, e non solo perché gli atleti delle Federazioni sono certamente più di quelli degli Enti, ma anche perché messi insieme gli uni e gli altri avremmo 4 milioni e 800 mila atleti: con chi farebbero sport continuativo gli altri milioni di praticanti regolari?
Qualche traccia di riflessione

Pur filtrando con le dovute precauzioni i numeri ISTAT, qualche
conclusione è possibile trarla Sappiamo che lo sport regolare viene progressivamente abbandonato nel corso degli anni, spesso sostituito con attività fisiche generiche che non possono essere considerate sport L’abbandono incomincia nella fascia di età 15-19 anni, ed è la stessa fascia di età che dichiara di non praticare regolarmente sport principalmente per mancanza di interesse e mancanza di tempo Come dire che bisogna costruire una proposta sportiva più interessante e meno impegnativa
Fa riflettere che l’età troppo giovane sia addotta come motivo di non pratica dal 71 8% dei bambini di 3-5 anni e dal 24 8% di quelli di 6-10 anni Se a quei bambini fosse stata proposta un’attività prevalentemente ludica, come il nostro Fantathlon, forse essi non si sarebbero sentiti inadeguati a praticarla

Fa riflettere che in un’Italia sportiva che afferma di avere ormai tantissimi impianti, la mancanza di impianti o la difficoltà di raggiungerli continui ad essere un ostacolo per un numero così grande di persone
Quanti impianti, tra quelli esistenti, sono davvero per tutti? Quanti sono adatti allo sport sociale? Quanti sono in condizioni di agibilità effettiva?
Fa riflettere che si parli di sport per tutti mentre il 14 3% dei non praticanti di 11-14 anni dichiara di non potere fare sport per motivi economici, e questa motivazione è ripetuta, con percentuali simili anche dai bambini, e dai ragazzi e giovani fino a 24 anni
Fa riflettere che già ad 11-14 anni il 30 4% dei non praticanti dichiari di non avere tempo per lo sport, e che la mancanza di tempo diventi sempre più avvertita man mano che l’età cresce Il tempo – dice l’ISTAT – sta diventando sempre più una risorsa scarsa, non solo per le fasce adulte della popolazione, ma anche per il complesso della popolazione giovanile In attesa che si realizzi il bertinottiano “lavorare meno, lavorare tutti” sarebbe il caso di incominciare proprio da qui, studiando il nuovo rapporto che si va creando tra l’italiano post-industriale e il suo tempo libero
Snickers: Fair play

Torneo nazionale di calcio a 7 per ragazzi
vo ncia’98
Obiettivo Francia’98 di
Lezioni di Fair play verranno, durante il mese di aprile, da circa 4000 piccoli calciatori coinvolti in una singolare iniziativa promossa dalla Snickers, già sponsor dei mondiali di calcio del ‘90 e del ‘94
Già da allora questa azienda aveva a cuore il tema del fair play facendolo diventare non tanto occasione di sponsor o di spettacolo ma motivo di impegno concreto, per sostenere il valore di un corretto stile di gioco nel calcio Contro i tanti episodi di violenza negli stadi, in occasione dei mondiali americani la Snickers si era occupata della selezione di ragazzi che prima di ogni gara portavano a centrocampo un drappo giallo con il simbolo del fair play La stessa cosa verrà ripetuta in occasione dei mondiali del ‘98
Infatti, in vista dei Campionati del mondo di calcio che si svolgeranno in Francia nel 1998, la Snickers, in quanto partner FIFA , ha promosso la Coppa Fair play, un torneo di calcio a 7 riservato ai ragazzi di 11 e 12 anni L’organizzazione del progetto è stata affidata a tre Enti di Promozione sportiva da sempre impegnati nella promozione dello sport di base, rendendolo cioè alla portata di tutti oltre gli schemi della competizione, con intenzionalità educativa: C SI, ACLI e UISP Saranno loro a gestire le iniziative locali con un Comitato organizzatore composto da un rappresentante di ciascun Ente
Il torneo verrà disputato in 18 città italiane il 4/5 aprile 1997 o il 18/19 aprile 1998

Circa 450 squadre (24 per ogni tappa) ed oltre 4000 ragazzi disputeranno quasi 800 incontri di calcio a 7 con due tempi di 15’ ciascuno con la formula del Little match
Al termine di ciascun incontro le due squadre si porteranno al centro del campo di gioco e si saluteranno prima di rientrare negli spogliatoi, a dimostrazione di come sia possibile mettere da parte animosità e rabbia per realizzare momenti di autentica partecipazione sportiva La volontà dei ragazzi di dare vita esclusivamente al bel gioco acquista la forza di un S O S ai “grandi” del mondo del calcio: per sottolineare - senza che ciò
Renato Picciolo
debba essere considerato retorico - come sia cosa possibile non alimentare episodi di violenza sui campi a gioco
Le 18 squadre vincenti parteciperanno al girone finale che si disputerà il 2/3 maggio a Pavia, su due giornate di gioco In questa occasione si giungerà a premiare la squadra vincente della Coppa Fair Play Snickers che avrà titolo a partecipare, a
Le diciotto città italiane

Ascoli Piceno
Avellino
Bari
Bergamo
Bologna
Parigi, ad una Mini World Cup ed in più la possibilità di assistere ad alcune partite dei mondiali
Il progetto prevede, oltre al momento sportivo, anche un concorso (di grafica, pittura o composizione) sul tema del Fair Play che porterà a Parigi altri ragazzi che non hanno potuto far parte delle squadre in gara

Catania
Cagliari
Cosenza
Firenze
Genova
Modena
Milano
Perugia
Roma
Torino
Lucca
Udine
Verona
L’impegno sportivo tra coraggio e generosità
golerendere a i o

In una società in cui, lasciati appannare i valori, l’immediatezza, l’efficacia la rapidità sono considerate criteri di vita; dove l’emozionalità, l’affettività, la spontaneità la fanno da padrone e dove la comodità è diventata suprema norma di comportamento, credo che un serio impegno sportivo è tanto prezioso, quanto difficile da realizzarsi, difficile perché richiede:
- la conoscenza di sé, dei propri mezzi, qualità, talenti e disposizioni; dei doni di natura e di grazia sui cui poter contare
- la convinzione che tale impegno non è fine a se stesso ma è per la vita, per la propria crescita armoniosa
- la certezza che rendere al massimo delle proprie potenzialità costituisce una redditività personale e comunitaria molto superiore a quella degli impianti e del materiale che richiedono
- la capacità di misurare lo scarto fra il punto in cui ci si trova e l’obiettivo da raggiungere attraverso i vari livelli, l’aggiornamento, le esperienze personali, forti discipline e contenuti da trasmettere
- il coraggio di illuminare i criteri e i valori ai fini della maturità propria: nel dominio di sé, nel controllo dei nervi, dei gesti, delle parole, la capacità di collaborare, di superare l’egocentrismo, di vedere nella partecipazione una condizione di sviluppo
- la generosità di motivare gli altri per offrire un servizio efficace di promozione umana, che va oltre l’impegno sportivo

Rossato
Seiregoleperrendere al massimo di
Al lavoro la nuova Consulta nazionale dei Giovani
Ventiprogetti un soloCSI
La nuova consulta dei giovani si è messa al lavoro
L’esigenza emersa nei primi incontri è stata quella di impegnarci in modo responsabile e creativo al fine di rendere significativa l’azione che andremo a svolgere nei prossimi mesi

I giovani, si sa, quando sono entusiasti hanno voglia di fare, di rendersi utili, di proporsi al mondo adulto non come problema ma risorsa positiva su cui si può investire
Così è che questa nuova consulta è animata da un considerevole “soffio di novità”, non solo perché fatta di responsabili e motivati giovani, ma anche perché fin da subito ha voluto proporsi come laboratorio concreto e propositivo nell’Associazione
Lo slogan “venti progetti per un unico C SI” nasce fondamentalmente dall’esigenza di inventare nuove occasioni di incontro tra un modo di fare sport in cui la centralità è il risultato e un “nuovo” sport, fatto di centralità della persona e intenzionalità educativa alle soglie del nuovo millennio Noi tutti però abbiamo fin da subito espresso una fame di sapere: sapere cosa l’Associazione fosse, dicesse, quali linee guida seguire
Ed ecco allora l’incontro, con la Nuova Progettualità (quel “mattone” azzurro che ogni responsabile dovrebbe leggere), incontro fatto di tanti perché e di parole come progetto, azione, risultati e verifica che, siamo sinceri, non è cibo che quotidianamente mastichiamo
L’esigenza allora di vivere una formazione concreta ha trovato nella Nuova Progettualità il suo essere, affinché tra noi si
Ventiprogetti un soloCSI di
cominci a formare un linguaggio comune nonostante le diverse sensibilità e estrazioni culturali
Alla formazione, filo rosso del nostro operare, seguirà la fase dello “sporcarsi le mani”, azione orientata sul possibile progetto da realizzare e, una volta informati i responsabili associativi locali, ci si impratichirà su cosa significa progettare nel C SI
Successivamente, a seguito della fase del confronto sui progetti elaborati, passeremo alla realizzazione e alla verifica di questi venti giovani progetti che certamente saranno l’azione visibile dei giovani nel C SI

Claudio Fontaneto
Gran Premio nazionale di Corsa campestre
aricadei cento

Lacaricadeisettecento
È il festival dello sport puro, della volontà, della resistenza e della voglia di stare con gli altri Il palcoscenico naturale di Alberobello (Bari) ospita dunque il “Gran Premio Nazionale di Corsa Campestre”, organizzato dal C SI nei giorni che vanno dal 27 al 29 marzo, per dare un ulteriore impulso all’attività del correre Sono attesi circa settecento partecipanti, di tutte le età: metà hanno ottenuto il diritto a gareggiare sulla base delle prestazioni conseguite nelle varie manifestazioni regionali, interprovinciali e provinciali; l’altra metà come premio per coloro che hanno partecipato alle stesse manifestazioni Criterio misto che vuole premiare non solo chi si è distinto per capacità ma anche chi si è saputo impegnare Spazio quindi alle gare individuali nella giornata di sabato 28 marzo Ce n’è per tutti i gusti: dal percorso di 700 metri degli esordienti, limite d’età 1987-88, ai 5 chilometri di juniores, seniores, amatori e veterani Sedici in tutto le categorie previste, equamente divise tra uomini e donne Già scritto delle esordienti, le ragazze (‘85-’86) si cimentano sulla distanza dei 1000/1200m, mentre le cadette (‘83-’84) salgono a 1400/1600m Per allieve (‘81-’82), juniores (‘79-’80), seniores (‘68-’78), amatori (‘48-’67) e veterane (‘47 e precedenti) la distanza è di 2000/3000m Le categorie di età sono le stesse per i maschi Variano le distanze, a partire dai cadetti: 2000/2400m Quindi gli allievi, 2800/3500m, juniores, seniores e amatori su 4500/5000m e veterani, 3000/5000m Per sabato 28 marzo, dopo cena è previsto un dibattito sul tema della manifestazione e cioè “correre” Solo una piccola pausa Il giorno dopo, domenica 29 marzo, è il momento dello staffettone delle regioni Si tratta di una staffetta mista a squadre regionali di cinque frazioni da 800m l’una per ragazzi e cadetti, maschili e femminili E di cinque frazioni da 1000m l’una per tutte le altre categorie Gran finale di corsa, tutti insieme, per premiare lo sforzo comune Di non fermarsi mai Con muscoli, cervello e tanta passione
Giampiero Spirito

cinque mesi dopo il sisma
Voglia di ricominciare
Voglia di ricomincia
Come vanno le cose nelle zone sconvolte dal terremoto del 26 settembre? Facciamo una visita a Pontecentesimo: una manciata di case, quattrocento abitanti sparsi in altre microfrazioni Anche lì il terremoto ha fatto i suoi danni Non solo alle case e al cuore della gente, che si è vista venire giù davanti agli occhi la propria abitazione, ma anche ai luoghi nei quali era solita radunarsi ed essere comunità E c’era un locale che radunava la gente del paese Dai bambini agli anziani, con attività estive per i più piccoli, ginnastica per i meno giovani, tornei per i ragazzi

Tutto era coordinato dal circolo ricreativo del C SI Tersilia Santinelli, inossidabile presidente della Società, insieme al consiglio era riuscita, con non poche difficoltà, a risistemare alcuni locali che la parrocchia aveva messo a disposizione del circolo e a svolgere lì le varie attività coinvolgendo anche i giovani Poi è arrivato il terremoto Oltre a molte abitazioni le scosse hanno reso completamente inagibili la Chiesa e le salette parrocchiali Risparmiati, anche se con crepe varie, i locali del circolo Determinante la solidarietà di alcune parrocchie di Vicenza che hanno subito risposto all’appello del parroco Don Gigi I locali sono stati così ristrutturati e sono diventati la nuova Chiesa e il luogo ricreativo
Una tenda divide l’altare e il tabernacolo dal locale che la sera si trasforma in qualcos’altro di un po’ meno sacro “I problemi maggiori ce li hanno i ragazzi - spiega Tersilia - si sentono disorientati e privati del loro luogo di ritrovo Lo vedono solo come una Chiesa, si sentono intimiditi e non a loro agio” Nella nuova Chiesa-circolo è stato organizzato un pranzo per salutare i volontari ed una tombolata per i bambini insieme alle loro famiglie È stata quella una delle poche giornate in cui si è riusciti a coinvolgere tutti “Ma la gente sembra cambiata dai primi giorni - commenta un po’ amareggiata Tersilia - All’inizio, durante la fase dell’emergenza, si poteva vedere uno spirito di

reazione più forte Ora sembra invece che tutto si sia appiattito, la gente non riesce più a scrollarsi di dosso quell’aria apatica Eppure lo dobbiamo fare per i nostri figli Quei ragazzi che durante l’emergenza non hanno fatto nulla per aiutare il paese e che sono proprio disorientati”
Tersilia è una donna forte e piena di grinta ed intende ripristinare il clima che si respirava prima del 26 settembre Proprio lei che ha perso la sua abitazione e che ora vive nel villaggio container Nella scatola di latta Ma non si perde d’animo e non si lamenta Anzi tutt’altro È pronta a sostenere le sue convinzioni “Non voglio essere pessimista - dice - in molti di noi c’è questo desiderio di ricominciare, non sono sola Ed ora con qualche altro sacrificio, torneremo a coinvolgere i nostri ragazzi Abbiamo ripristinato i locali e la Chiesa, ora dobbiamo ricostruire le persone, lo spirito di aggregazione che è venuto a mancare Organizzeremo tornei, attività varie e qualsiasi cosa che ci permetta di riconquistare quegli spazi di cui il terremoto ci ha privato”
ProgettoColfiorito diFrancesca Petruccioli
Il CSI ha risposto con una gara di solidarietà senza precedenti all’emergenza creata dal terremoto in Umbria e nelle Marche.
Entro Aprile ’98, nell’ambito del “Progetto Colfiorito” verranno consegnati: la nuova sede, costituita da un prefabbricato, al comitato CSI di Foligno e una ludobus al CSI di Macerata
Tutela sanitaria dell’attività sportiva
“ non agonistica”
vuolese aghi!
Chi lavuolese plaaghi!
Scoppiata la polemica del pagamento dei certificati per la pratica dell’attività sportiva “ non agonistica”, il Consiglio nazionale si è mosso prontamente scegliendo una Commissione che studiasse approfonditamente il problema e facesse delle proposte Ma la Commissione si è trovata ben presto di fronte ad un problema praticamente insormontabile: la legge italiana per la tutela dei praticanti attività sportive non è una legge che vede nello sport un fattore importante per sviluppare e migliorare la salute dei cittadini, ma lo considera come una attività “pericolosa”, che potrebbe causare danni anche gravi La legge conclude che bisogna difendere i cittadini dallo sport e quindi escludere dalla pratica sportiva quelli che non siano in perfetto stato di salute Insomma siamo di fronte ad una legge “contro” lo sport e non “per” lo sport
Ma perché è stata fatta una legge cosi negativa?
L’impressione è che il ritardo culturale circa la vera natura e valore dallo sport sia ancora grande Il legislatore infatti ha fatto riferimento a un tipo particolare di sport, quello, per intenderci, che ricerca soprattutto il risultato e il perfezionamento tecnico e che per questo sottopone i praticanti ad intensi allenamenti e gare, al limite della tollerabilità fisica Da questo punto di vista non stupisce allora che lo sport faccia paura e che debba essere selezionato solo chi ha un fisico sufficientemente perfetto da poter sopportare sforzi anche eccessivi Chi ha fatto la legge non sa o finge di non sapere che esiste uno sport delle “ persone normali”, che privilegiano gli aspetti di divertimento, di ricreazione, di impegno fisico e psichico non stressante, che “fanno sport per tenersi in forma” Per questi il diritto alla salute non esiste, lo Stato se ne disinteressa E infatti non appena il Governo e i Medici di base hanno cominciato a litigare, il primo per non mollare aumenti di stipendi e i secondi per avere qualche lira in più si e trovata la soluzione salomonica Facciamo pagare gli sportivi! Non quelli “speciali” (per i quali le visite di 2º livello continuano ad essere gratuite), ma quelli

Davide Iacchetti
Pillolepratiche di
Qualche consiglio spicciolo: 1 Il certificato è un documento personale di ciascun atleta Esso vale per un anno Se un atleta partecipa ad attività con due o più organizzazioni diverse, lo stesso certificato vale per tutte le attività In questo caso il Presidente della società sportiva può acquisire una fotocopia del certificato, purché si assicuri che non si tratta di una copia falsa
“normali” che “si ostinano” a voler fare sport per la salute, il divertimento, la gioia di vivere Già! Perché la salute, negli ultimi tempi, sembra non essere più un diritto da garantire a tutti, ma un bene superfluo e di consumo: chi la vuole se la paghi!
Fatti tutti questi ragionamenti la Commissione si è trovata in un vicolo cieco, con la netta sensazione che la legge attuale sia semplicemente da prendere e buttare a mare E poi? Colpo di genio!
La Commissione ha pensato che la forza di tutti i soci del C SI sia talmente forte da poter proporre al Parlamento una legge di iniziativa popolare che sia davvero al servizio della salute di tutti i cittadini, che promuova lo sport come attività di prevenzione fisica, psichica e sociale e quindi che impegni lo Stato, tramite le Aziende Sanitarie Locali a visitare gratis tutti i cittadini, almeno fino all’età dello sviluppo, non impedendo, ma al contrario favorendo la pratica sportiva Questa proposta sarà portata al prossimo Consiglio nazionale e se verrà approvata dovrà impegnare tutte le società sportive nella raccolta delle firme per portare finalmente in Parlamento la voce della gente che reclama giustamente i diritti di tutti e non di una minoranza di privilegiati Noi crediamo che il C SI, unendosi ad altri Enti di promozione sportiva, abbia la forza di portare in Parlamento una legge sostenuta da almeno un milione di italiani
Attività agonistica e non-agonistica
La Commissione però non poteva limitarsi ad una proposta di così ampio respiro, perché i problemi vissuti dalle nostre
2 In particolare il certificato che viene rilasciato a scuola per le attività parascolastiche e per i giochi della gioventù vale anche per le attività del CSI Basta acquisire la copia Ricordiamo che il certificato per le attività parascolastiche è rilasciato gratuitamente dal medico di famiglia del ragazzo.
3 Un certificato specialistico di 2º livello sostituisce quello di base o di 1º livello, ma non viceversa
4 Il certificato di base o di 1º livello viene rilasciato dal medico di base o dal pediatra di libera scelta, ma non è obbligatorio rivolgersi a lui Ogni medico è autorizzato ad effettuare la visita e rilasciare il relativo certificato
5. II medico non è obbligato a farsi pagare Se vuole può decidere di rilasciare il certificato gratuitamente Perciò quelle società sportive che hanno un medico sociale o un medico che sia disponibile
società sportive sono quotidiani e gravi Pur ritenendo che l’attuale distinzione delle attività in agonistiche e nonagonistiche sia priva di un reale e autentico significato, non si può che partire da lì per cercare qualche aggiustamento Da questo punto di vista la Commissione ha valutato in modo molto critico la definizione, stabilita nel 1984 dal Consiglio Nazionale, che tutta l’attività sportiva del C SI è da considerare non-agonistica Anche alla luce di alcune indicazioni di circolari ministeriali e di decisioni della magistratura, la Commissione ha ritenuto di suggerire una attenta riflessione e valutazione al Consiglio nazionale: l’orientamento espresso dalla Commissione e che il Consiglio è chiamato ad approvare è di considerare non-agonistica l’attività fino a 14 anni e agonistica l’attività dai 15 anni in su Ciò varrebbe per tutti gli sport, con l’eccezione di quelli che prevedono un impegno fisico non pesante (Es : bocce, pesca sportiva, tennistavolo, ecc ) Inoltre potrebbero essere considerate non-agonistiche le manifestazioni di breve durata quali, ad esempio, le feste, il free-sport, i tornei di durata non lunga Toccherà al Consiglio nazionale entrare nei dettagli e stabilire una normativa definitiva, ma è opinione della Commissione che con la prossima stagione sportiva e quindi a partire dal 1º luglio di quest’anno dovrebbe partire la nuova definizione di attività agonistiche È bene che i Comitati e le Società sportive comincino ad attrezzarsi per tempo, in modo da essere preparati e pronti a partire, in quanto occorrerà richiedere alle ASL o ai Centri Convenzionati di medicina sportiva la visita e il certificato di 2º livello

a seguire le visite senza farsi pagare possono ricorrere a lui
6. Se il medico si fa pagare deve però rispettare una tariffa minima, che è di 35 000 lire, non esiste una tariffa massima Purtroppo si hanno notizie di medici che arrivano a farsi pagare anche 70.000 lire. Anche nel caso di pagamento non è obbligatorio rivolgersi al proprio medico di famiglia o al proprio pediatra di libera scelta

Il C SI e le politiche sociali
ndolosport ertutti
L’attenzione al territorio e alle persone è l’elemento che caratterizza da sempre l’impegno del C SI, finalizzato alla crescita dell’individuo e della società L’attività sportiva, in quanto strumento di educazione, è messa al servizio di tutte le persone, di qualsiasi età e senza distinzioni di sesso Ma la novità di questi ultimi anni è che la sensibilità al servizio si è andata spostando anche verso quelle persone che in qualche modo vivono al di fuori della normalità e spesso sono emarginate dal contesto sociale

La nuova scommessa è stata quella di farsi carico delle cosiddette politiche sociali, utilizzando gli strumenti che sono propri del C SI, uscendo così dal chiuso della realtà sportiva per inserirsi nel contesto globale del territorio, andando ad offrire “servizi” a coloro che vivono appunto in situazioni marginali
Ecco allora che gli educatori del C SI hanno cominciato, in maniera timida ma motivata, ad entrare nei luoghi del degrado umano, delle condizioni a rischio, dell’abbandono sociale, della
I disabili
Esperienze molto significative riguardano l’ambito dell’handicap sia fisico sia psichico, dove le difficoltà sono notevoli ma i risultati sono interessanti in presenza di progetti finalizzati e di operatori qualificati L’attività con i disabili si allarga ai diversi tipi di handicap fisici e psichici a partire da portatori di handicap di età infantile e articolandosi attraverso le diverse età L’ippoterapia può rappresentare una punta avanzata di intervento ma molto importante è il lavoro attraverso il rapporto con l’acquaticità o con attività più tradizionali
Le carceri
Quandolosport èpertutti di
È ormai entrato nella tradizione di diverse realtà del C SI l’impegno rivolto agli istituti di pena, sia quelli minorili sia quelli per adulti, con progetti molto mirati che hanno dato e danno risultati molto validi ai fini del rapporto sociale con coloro che vivono una esperienza di detenzione L’attività sportiva ma soprattutto il rapporto con gli operatori e con gruppi o squadre esterne alla realtà del carcere favoriscono la possibilità di vivere in termini non retorici ma esperienziali i valori del rispetto degli razione in un clima di da te” Ma soprattutto la servizio permettono di di ognuno l’abitudine alla one e di rifiuto della realtà
tiva raggiunge anche blema è legato ad un altro , cioè, legata alla use le iniziative rivolte agli a riscoperta
Vittorio Ferrero
dell’esperienza del gruppo, la responsabilizzazione nell’impegno organizzativo, ridanno senso alla vita, all’integrazione nel tessuto sociale del quartiere o del paese Il solo riappropriarsi del proprio corpo, conoscendolo nei suoi limiti e nelle sue reali potenzialità, unito alla possibilità di vivere “il gioco”, determina una consapevolezza e un recupero del sé che aiutano a vivere con dignità ed amore la propria normale e validissima realtà di “anziani” E anche la parola “vecchio” assume connotazioni diverse

I minori a rischio
Se il campo degli anziani o dei disabili presenta esperienze sostanzialmente collaudate, maggiori difficoltà, come nel caso dei progetti per i detenuti, presenta l’azione rivolta a minori a rischio in zone di degrado
Ma anche in questo settore la realtà associativa si va muovendo in maniera sempre più intensa, con progetti che elaborano soluzioni e proposte spesso “fantasiose” ma di grande efficacia, prive di moralismi o di “predicazione” Si tratta di interventi che tendono, nel breve tempo, a rendere i ragazzi e le ragazze protagonisti della loro attività e a convogliare le loro abilità e le loro capacità (spesso più precoci e sviluppate rispetto ai loro coetanei “integrati”) verso forme di aggregazione, di associazione e di organizzazione nella quali ritrovano dignità di persona e rispetto di sé e degli altri
Le comunità terapeutiche
Ugualmente molto qualificati ma sempre più ramificati sono i progetti che si rivolgono alle comunità terapeutiche Questo tipo di intervento tende ad offrire supporti e collaborazione con le strutture delle comunità ai fini di attività estremamente “terapeutiche” come quelle legate all’esperienza motoria-ludica e sportiva Fondamentale, infatti, in questo tipo di realtà, è la riscoperta del proprio corpo e della propria corporeità, primo
passo per recuperare il senso del rispetto e dell’amore di sé che porta all’apertura al sociale
Gli extracomunitari
Interessanti iniziative vanno articolandosi, con progetti sempre più definiti e finalizzati, nel settore degli extracomunitari Alcune esperienze sono circoscritte negli ambiti del territorio della società sportiva che offrono agli extracomunitari la possibilità di inserirsi nell’attività sportiva, sia con gruppi-squadra etnicamente coerenti sia inserendosi individualmente nelle squadre o nei gruppi locali
Altre esperienze tendono a creare attività o manifestazioni di grande respiro dove gli extracomunitari vivono l’esperienza di essere parte integrante di un tessuto culturale e sociale che non solo li accoglie ma in cui essi sono protagonisti a pieno titolo con tutte le altre persone della realtà in cui vivono
In questo ambito una particolare attenzione deve oggi essere posta, e già sta avvenendo, nei confronti dei figli degli extracomunitari
Ormai, con il passar del tempo, la presenza delle comunità straniere sta passando dal momento delle realtà individuali alla situazione delle realtà familiari e quindi il servizio si deve articolare in modi nuovi e più articolati Nel caso dei bambini si tratta di aiutarli a vivere il loro diritto all’attività educativa, sia all’interno delle loro comunità sia favorendo la loro integrazione con i coetanei del loro territorio Il problema si pone, forse con difficoltà particolari legate ai tempi di permanenza, nei confronti dei figli dei nomadi ai quali l’intervento “educativo” anche breve può essere fonte di stimoli importanti per la loro formazione umana
Accanto a questi bambini ce ne sono altri ai quali alcuni progetti si rivolgono Si tratta dei bambini che conoscono la realtà dell’abbandono e vivono negli istituti spesso privati di esperienze che possono vivere i loro coetanei all’interno della famiglia e del territorio

Chièilprimo?

Una volta, racconta l’evangelista Marco, i discepoli avevano avuto una discussione per sapere chi di loro fosse da considerarsi il più importante Venuto a conoscenza di questa discussione, Gesù si rivolge ai Dodici in maniera lapidaria ed efficace, dando loro un ammaestramento perenne: “Se uno vuol essere il primo, deve essere l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”
Essere il primo costituisce una delle aspirazioni più antiche dell’uomo e sottintende la lotta per il potere, il desiderio di lasciare una traccia imperitura, oggi più di ieri in quanto la competizione viene esasperata dal neoliberismo Nel regno della competizione, della corsa al successo, ognuno deve arrivare primo peccato però che i posti sono di meno, molti di meno, rispetto a quanti scendono in campo
Tra servizio e competizione
Nel corso dei secoli, la concezione del primato ha preso molte strade, ma quella davvero interessante l’ha sviluppata la riflessione teologica all’interno del mondo cattolico, laddove cominciò a prendere forma l’idea che il primato è “servizio” E questa concezione la ritroviamo soprattutto all’interno del mondo associativo, quindi in ambito educativo: la funzione del responsabile, del “capo”, non è quella di indicare la méta con piglio militare ma piuttosto lavorare per far emergere le potenzialità latenti Il noto pedagogista brasiliano Paulo Freire, scomparso l’anno scorso, ha combattuto tutta la vita contro l’idea che l’educando sia una sorta di contenitore vuoto da riempire di nozioni e si interessava invece del mondo concreto delle persone che aveva davanti, elaborando una pedagogia tutta particolare che abolisce la distinzione tra docente e discente ma senza sfociare nell’anarchia
Primato in ambiente associativo
Oggi che vuol dire “ essere primi” ed “ essere a servizio”
Fabrizio Mastrofiniladdove la competitività spadroneggia? E poi, ha senso porre questo interrogativo all’interno del mondo sportivo, dove in ogni momento gli interessi commerciali sono lì pronti a prendere il sopravvento sulle persone?

A spiegarlo è Giovanni Paolo II, quando il 31 maggio 1990 inaugura a Roma il rinnovato Stadio Olimpico in vista dei campionati mondiali di calcio che inizieranno nei giorni successivi
Il Papa sviluppa una riflessione sul “primato” e sul ruolo dello sport, a partire dai “pericoli” che lo minacciano e che sono la “ricerca ossessiva del guadagno”, la “commercializzazione di quasi ogni suo aspetto””, la “spettacolarizzazione eccessiva”, la “esasperazione agonistica e tecnicistica” Il papa non lo dice, ma traspare in controluce l’idea che la volontà di essere primi a tutti i costi costituisce la negazione del vero valore dello sport E ciò riguarda non solo gli atleti ma anche i dirigenti delle società sportive Nei primi 17 anni di pontificato, dal 1979 al 1996, il papa si rivolge 133 volte al mondo dello sport, ad atleti, dirigenti e famiglie E sottolinea una caratteristica essenziale dell’attività sportiva: non deve rimanere fine a se stessa, un primato per il primato, ma deve guardare alla formazione umana integrale
“Non è solo il campione nello stadio, ma l’uomo nella
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completezza della sua persona che deve diventare un modello per milioni di giovani, i quali hanno bisogno di ‘leader’ e non di ‘idoli’ Hanno bisogno di uomini che sappiano comunicare loro il gusto dell’arduo, il senso della disciplina, il coraggio dell’onestà e la gioia dell’altruismo”

Dunque il ruolo del “primo”, in ambiente associativo, comporta un impegno fortissimo di servizio Un impegno che Salvatore Maturo, presidente regionale C SI della Campania, riassume tracciando l’identikit di colui che sa primeggiare nel senso di mettersi a servizio degli altri “Ci vuole disponibilità, capacità di essere se stessi
senza volersi mostrare diversi da quel che si è Soprattutto occorre impostare un rapporto chiaro e pulito con la gente” Solo a queste condizioni si evita quel “fare a pugni con lo specchio” che invece appartiene a gran parte della cultura che si riconosce nella mercificazione dello sport, di chi al lunedì critica l’esaltazione degli idoli ma alla domenica è sempre lì a dare sfogo ai suoi istinti per la vittoria “ a tutti i costi”
Chi è il primo, dunque?
È l’ultimo, appunto, come insegna il dettato evangelico ma a patto di guardare alla sostanza e non all’apparenza All’apparenza, infatti, il primo è il vincitore, quello che sale più in alto sul podio Ma sarà il primo solo fino alla prossima gara e quindi questo primato è il regno dell’effimero, anche se molto remunerativo Poi c’è il primato di chi non arriva primo perché contano i valori più ancora del successo E questo è senz’altro un primato più duraturo, come insegna il Vangelo e come il Papa sottolinea ogni volta
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Il sogno di Marco
La storia non è ancora finita, ma la racconto lo stesso Marco non può più allenare la squadra di calcio “giovanissimi” perché ha “ poco tempo “ e non ha le “competenze tecniche ” Così si è espressa la presidenza della Virtus A sostituirlo, a tempo pieno, sarà Giulio, un rampante giovincello diplomato ISEF A garantire a Marco il ruolo di allenatore non sono serviti né il diploma di Educatore sportivo di 3° livello rilasciato dalla SNES e nemmeno la sua vocazione di educatore
Per anni ha “zappato” il terreno che gli era stato affidato: la squadra giovanissimi Lo ha fatto sempre con entusiasmo, a volte con fatica ma senza smettere di essere il compagno di strada di ciascun ragazzo E ha continuato a “zappare”, “scavare” e preparare la semente Ha continuato a gettare la semente incurante del vento che ogni volta ne portava via alcune manciate, né dei sassi che certamente ingombravano il terreno Purtroppo nell’arena degli “affari” non c’è posto per i “valori” E ora Marco si domanda se valeva la pena fare tanta fatica e se i suoi ideali erano solo illusioni Comunque l’avvenimento non è cosa da poco Don Carlo è fortemente imbarazzato La squadra è in subbuglio I genitori più contenti che mai Poi si scopre che l’intero “affare” è stato messo in piedi da un genitore che avrebbe intravisto la possibilità di dare vita ad una sua irresistibile voglia: una scuola calcio per piccoli campioni E non la solita banale squadra di parrocchia
Allora, come scuse per allontanare Marco si sono usate quelle del poco tempo a disposizione e del titolo SNES insufficiente
“Poverino ! - hanno detto - Come fa ad allenare la squadra dopo una giornata di lavoro? E poi, con quei maledetti turni in ospedale ! Questi ragazzi hanno bisogno di un allenatore qualificato e a tempo pieno Chi più di un diplomato ISEF può garantire competenza e serietà?”
L’obiettivo vero è quello di dar vita ad una riorganizzazione della Società sportiva per dare più spazio ai risultati tecnici E per riuscire a reclutare aspiranti campioni, beh, un diplomato ISEF dà più garanzie, perché di certo fa più “immagine”
Dal mio punto di vista ho sempre considerato l’allenatore un grande animatore che, oltre alle competenze tecniche, sappia aiutare i ragazzi a mettere in moto la fantasia e l’entusiasmo, facendo capire loro il gusto del fare sport e operando in modo che ognuno possa discernere le proprie attitudini, lacune, aspirazioni, valori
Perciò trovo di cattivo gusto, o perlomeno incoerente, rinunciare alla collaborazione di Marco per un Giulio che è “solo” un diplomato ISEF, e che, pur avendo una sofisticata preparazione tecnica, didattica e metodologica, niente o poco sa del C SI e delle sue motivazioni
Se la presidenza farà la scelta dell’immagine dichiarando Marco non competente , vincerà il fariseismo di un gruppo di dirigenti sempre pronti a riempirsi la bocca di valori e poi vendersi alla prima occasione scritturando il primo venuto
Se i farisei la spunteranno, i bei ideali attorno ai quali Marco aveva costruito i suoi sogni di educatore scivoleranno via Ma le cose forse andranno diversamente, perché qualche volta gli atleti contano e questa volta sembra che facciano sul serio, nonostante la loro giovane età Hanno avvertito il peso di questo possibile impoverimento e capiscono che ai vertici ci sono uomini che cercano una svolta, che forse non arriverà mai Loro hanno sempre creduto ad una Società sportiva fondata soprattutto sull’amicizia e la stima, anche quelle tra allievi e tecnico Valori che oggi, tra la gente, sono sicuramente meno saldi di qualche anno fa, ma qui restano abbastanza resistenti e che conferiscono alla Virtus un immagine rassicurante
Ed è proprio puntando su educatori come Marco che questa immagine si può consolidare e la Società può costruire il suo futuro
Ancora una volta l’unione fa la forza La Virtus, anche se raramente sa mettere in vetrina le sue ricchezze e bellezze, non può sciupare così i suoi tesori E Marco è uno di questi Vedremo come andrà a finire Intanto a Giulio suggeriamo di iscriversi ai corsi SNES Forse, tenendo conto del suo diploma ISEF, lo iscriveranno direttamente al terzo livello
Le parole del “Patto”: ETICA
“Siateperfetti...”
Leggo in un libricino che un uomo, dopo la morte, si presentò davanti al Signore dicendo con molta fierezza: “ Guarda, Signore, come sono pulite le mie mani!” “Si, è vero - rispose il Signore con un velo di tristezza, ma sono anche vuote”
Un apologo, a volte, riesce a spiegare un concetto meglio di una complicata riflessione dottrinale In questo caso, è tale da gettare una rapida luce sul significato delle due parole che chiudono il n 8 del nostro Patto Associativo: “radicamento etico” Si parla di “radici” (come questa rubrica mensile) e di “etica” o “morale”
Lo sport promosso dal Centro Sportivo Italiano ha in comune con quello delle altre “agenzie” sportive (federali o di altri) gli aspetti tecnici, normativi, organizzativi ecc Ha però una propria - anche se non esclusiva, per fortuna! - peculiarità: una forte e dichiarata connotazione etica
Lo sport targato C SI, in altre parole, è (dev’essere) funzionale al “progetto uomo” e coerente con la sua destinazione finale
Il brav’uomo della favola si era comportato in modo corretto, aveva adempiuto scrupolosamente tutti gli obblighi, i precetti e i doveri morali La sua era stata una morale puramente normativa Come quella dell’uomo ricco del Vangelo che aveva osservato tutte le leggi mosaiche e al quale, Gesù disse che non bastava ancora, ,a che doveva abbandonare tutto e mettersi in cammino dietro a lui (cf Mt 10,17 ss )
La morale proposta da Gesù non è puramente normativa o legalista, fatta di permessi e di proibizioni, di “si” e di “no” che opprimono come un giogo e oscurano il progetto a cui sono funzionali La morale proposta da Gesù non è statica, tale cioè da lasciare tranquilli solo per aver osservato un codice degli obblighi e dei divieti Anzi, si può stare tranquilli solo finché si è inquieti, come ha paradossalmente scritto il romanziere francese Iulien Green
La vita morale che nasce dal Vangelo è dinamica: orienta la crescita della vita, fa lievitare coscienze di ampio respiro attente soprattutto ai fondamentali atteggiamenti del comportamento umano e protese verso un cammino spirituale che non ha mai
Vittorio Peri
termine: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48)
Il ruolo delle norme non è quello di colpevolizzare chi le trasgredisce (anche se il senso della colpa non è affatto da eliminare, se non altro per potersi riconoscere peccatori), ma di indicare l’orientamento della vita che trova nella parola di Dio la sua essenziale stella polare

Più che valori assoluti a sé stanti, allora, nella prospettiva evangelica le norme morali sono espressioni dell’unica legge data da Gesù - quella dell’amore - e a servizio del valore finale della persona che è l’incontro con Dio negli altri o, se si vuole, l’incontro con gli altri in Dio La morale cristiana non si contenta dunque di realizzare una vita virtuosa, ma tende al raggiungimento della comunione di amore con Dio che si prolunga e si avvera nell’amore per gli altri
Parafrasando il noto aforisma di André Malraux - “la politica non si fa con la morale, ma nemmeno senza” - diciamo che l’assenza di una forte connotazione morale nello sport trasforma la festa in rissa, il divertimento in fatica, l’agonismo in sopraffazione, la gratuità in utilitarismo, la competizione in scontro, il fair play in una pura utopia Per non parlare del conseguente annebbiamento di qualsiasi aspetto educativo Il richiamo del Patto al “radicamento etico” è quanto mai opportuno se si pensa che perfino dei calciatori preadolescenti - come è accaduto recentemente in un paesino dell’Italia centrale - sono stati iniziati da certi allenatori all’uso del doping
Un uso talmente comune nel mondo professionistico da far dire che senza il doping certi sport sono ormai diventati impraticabili “L’uso del doping è talmente diffuso nel ciclismo - ha detto qualche tempo fa il ciclista francese Nicola Aubier - che chi non ne fa uso viene guardato come fosse un anormale” E il prodotto è talmente raffinato che, come ha dovuto ammettere l’attuale presidente del CONI, “ a livello scientifico la scienza del doping è più avanzata della ricerca sull’antidoping”
La presenza del doping nello sport rivela l’assenza della moralità sportiva Perché falsa le competizioni, perché trasforma gli sportivi in macchine impazzite per l’effetto di speciali “carburanti”, perché - soprattutto - distrugge le persone: nel corpo e nella psiche È un Molok che reclama vittime umane, un Saturno che divora i propri figli
“Il servizio sportivo-educativo del Centro Sportivo Italiano presenta un forte radicamento etico”
(Patto Associativo n 8)
