di
Dal 1906 il mensile del Centro Sportivo ItalianoLuglio 1999 LIre 2.500 Sped. In abb. poSt. art. 2 Comma 20/b Legge 662/96 FILIaLe dI roma 7
coraggio
cambiare
Il
I dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti vengono utilizzati esclusivamente per l’invio della pubblicazione e non vengono ceduti a terzi per alcun motivo
editoriale
03 Il coraggio di cambiare di donato renato mosella
vitacsi
04 Società sportiva al centro di edio Costantini
12 Giocasport: finale nazionale di edio Costantini
14 Convegno “Sport e famiglia” di tito della torre
18 Joy Cup: finali nazionali di marco d’amico
23 Wheelchair hockey: finale nazionale di daniele perini
24 Convegno “Sport & handicap” di Claudio bardini
dossier
08 Volontari per il Giubileo di andrea de pascalis
sport&sport
28 Lo sport (non) è un gioco di alessandro Cappelli
argomenti
26 I ragazzi, il gioco e la parrocchia di mons. Silvano montevecchi
rubriche
25 Allo specchio di Vittorio peri
30 Il racconto di edio Costantini
MENSILE DEL CENTRO SPORTIVO ITALIANO DIRETTORE RESPONSAbILE edio Costantini
EDITORE
aranbLU s.r.l. Società unipersonale del Centro Sportivo Italiano Via della Conciliazione, 1 - 00193 roma
PRESIDENTE del Consiglio di Amministrazione donato renato mosella
DIREzIONE, REDAzIONE E AMMINISTRAzIONE Via della Conciliazione, 1 - 00193 roma tel. 066867941- Fax 0668802940 http:\\www.csi-net.it e-mail: csi@csi-net.it
PubbLICAzIONE ISCRITTA al n. 4987 del reg. Stampa del tribunale di roma del 4/1/1956
PROgETTO gRAfICO medias pubblicità - napoli
IMPAgINAzIONE gianlucaCapponi,marcoCroci,albertogreganti
sommario
LE fOTO DI quESTO NuMERO SONO DI: a. Criscuoli.
STAMPA
So.gra.ro. Società grafica romana S.p.a. Via Ignazio pettinengo, 39 - 00159 roma Spedizione in abbonamento postale art. 2 Comma 20/b Legge 662/96 Filiale di roma
abbonamento annuale Lire 25.000 una copia Lire 2.500
Dal 1906 il mensile del Centro Sportivo ItalianoLuglio 1999
7
12 4
periodico associato all’USpI (Unione Stampa periodica Italiana)
18
8
Il coraggio di cambiare
Il 9 luglio scorso il Consiglio dei Ministri, approvando il "Decreto Melandri" di riordino del CONI, ha abrogato la famosa legge 426 del 16 febbraio 1942, istitutiva del Comitato Olimpico Nazionale Italiano quale federazione delle federazioni e unico riferimento di tutto lo sport italiano. Contro i limiti e i difetti del sistema sportivo "conicentrico" varato nell'anteguerra, quando ben diverse erano le condizioni storiche e sociali, il CSI ha combattuto nei decenni innumerevoli battaglie. Oggi accoglie con soddisfazione il varo di un provvedimento che promette di essere il primo tassello di un più moderno ed equilibrato quadro normativo dello sport italiano.
Nell'immediato il Decreto consentirà, grazie ai limiti di eleggibilità, al voto degli atleti, alla separazione tra controllati e controllori e ad altri strumenti, una maggiore democrazia all'interno del sistema CONI-Federazioni.
Un altro dato importante è il riconoscimento che il Decreto attua del Comitato Nazionale Sport per Tutti. Anche se la definizione dei compiti e del funzionamento del Comitato è demandata al nuovo Statuto che il CONI si dovrà dare entro sei mesi, e che dovrà poi ricevere l'approvazione del Governo, è la prima volta che una legge dello Stato riconosce lo sport per tutti, e anzi lo inquadra come
parte integrante del modello sportivo italiano.
Ciò, sia detto per inciso, è avvenuto anche per l'azione del CSI, che ha insistito nelle sedi opportune perché il Decreto Melandri fosse occasione di un primo e immediato riconoscimento dello sport sociale.
Altri segnali incoraggianti ci sono giunti in questo primo scorcio di luglio. Nell'assegnare al CONI un contributo straordinario per la preparazione olimpica, il Governo ha stabilito che una piccola quota di esso vada allo sport per tutti.
Infine, in occasione della cerimonia di consegna dei "collari d'oro" al Foro Italico, il presidente del Consiglio, on. D'Alema, al quale va la nostra gratitudine, ha difeso davanti ai vertici del CONI l'importanza e la dignità dello sport dei cittadini a fronte dello sport dei campioni. Ribadendo, nella medesima circostanza, l'impegno del Governo per una riforma globale dell'assetto sportivo e per una sollecita convocazione della Conferenza nazionale dello sport.
Il CONI ha ora davanti a sé una magnifica occasione: lasciar perdere le polemiche, smettere di difendere l'indifendibile, e mettersi a lavorare per dare al Paese la migliore riforma sportiva possibile, ripartendo da un dialogo sereno e costruttivo con tutte le componenti interessate, per trovare
quell'unità di intenti che è sempre attuale tra soggetti ragionevoli e animati dalla buona volontà.
Lo sport per tutti non chiede la luna. Chiede ciò che ha sempre chiesto, e che è logico chiedere: riconoscimento, pari dignità rispetto allo sport di prestazione, finanziamenti certi e adeguati al ruolo sociale che svolge.
Se c'è davvero la voglia di cambiare, il CSI è pronto a sedersi a qualsiasi tavolo. Con le carte in regola, visto che prima di parlare di cambiamento e di democratizzazione del sistema, l'Associazione ha provveduto a cambiare e democratizzare se stessa, ponendo limiti di eleggibilità ed altri paletti a difesa della rappresentatività effettiva dei soci, senza attendere che le fosse imposto per legge.
Del resto, sembra che anche al Foro Italico ci si stia rendendo conto che il Governo fa sul serio, e che la riforma si farà con o senza il consenso del CONI. Per questo al CONI ci sentiamo di dire, guardando alla nostra stessa esperienza: cambiare è possibile; non è facile e non è indolore, ma senza regole nuove e coraggiose l'associazionismo sportivo, di qualsiasi matrice, rischia di restare schiacciato dai compromessi e di essere bocciato dai giovani. In altri termini, di non avere futuro.
Donato Renato Mosella
3
Lo statuto dopo il Congresso di Salsomaggiore
Società sportiva al centro
Il nuovo statuto del CSI è ormai una realtà. Chi non era a Salsomaggiore probabilmente lo ignora, ma dietro alla nuova stesura delle regole statutarie, c'è stato anche il contributo autorevole dello Studio Legale Tonucci, uno dei più competenti in Europa in materia di diritto sportivo.
Credo che il miglior complimento ai lavori congressuali sia arrivato dall'assemblea attraverso un calorosissimo e lungo applauso al presidente nazionale. "Abbiamo lavorato con grande maturità, con grande senso di responsabilità e soprattutto mantenendo salda l'unità associativa - ha detto Mosella -. Mai come questa volta l'Associazione si è stretta attorno alla sua identità associativa, alla sua ideologia forte per trovare la spinta al cambiamento..."
E in effetti Mosella è riuscito a fare quello che nessuno credeva possibile: fare approvare dall'assemblea le modifiche statutarie in soli due giorni di lavori, quando nel passato, anche recente, ci volevano minimo tre congressi per completare i lavori.
Gli applausi dell'assemblea sono stati per Donato Mosella quasi certamente il più bel regalo, perché è noto che per diversi mesi alcuni dirigenti provinciali si erano mostrati fortemente critici verso le nuove proposte di modifiche imposte dal DL 460/97.
In quegli applausi c'erano almeno due ragioni di soddisfazione: da un lato essi davano atto che il CSI non ha paura del cambiamento e delle fatiche necessarie per accettare regole nuove; dall'altro sottolineavano il rilancio di una forte unità associativa. Anche chi era stato critico e severo fino a quando c'era stato da criticare, poi, alla fine, non ha potuto che complimentarsi con il presidente nazionale per la sua velocissima "maratona" congressuale.
Insomma, il consenso unanime ed evidente espresso dall'assemblea al termine dei lavori è stato, in un certo senso, il sigillo sul successo del congresso.
Volendo semplificare con una battuta, si può dire che il CSI è entrato in congresso con 12.000 società sportive e 700.000 soci e ne è uscito con 12.000 soci e 700.000 tesserati. Infatti, si è reso necessario attribuire la qualifica di "socio" alle Società sportive piuttosto che alle persone fisiche, mentre a queste ultime è stata attribuita la qualifica di "tesserati".
Il grande dono dell'unità associativa
A parole nessuno si sottrae. Chi si pronuncerebbe contro l'unità associativa? Chi, in questi anni, non si è schierato per la solidarietà tra i Comitati territoriali, la legalità, la democrazia, il rispetto delle regole, la pubblicità dei bilanci, l'aiuto ai più deboli? Tutti.
Poi subentrano i "però", i distinguo, le eccezioni, le deroghe, le incoerenze, i cavilli. Così i valori e i principi spesso restano enunciazioni anziché divenire le coordinate e il tessuto connettivo e condiviso che qualifica l'Associazione.
Sepolti sotto la nebbia dei distinguo e delle furberie, quei valori vengono
diEdio Costantini
4
nominati in continuazione ma resi inoperanti.
Pensate alla solidarietà: la si infila ormai in ogni discorso, ma il più delle volte la si "usa", separandola dai comportamenti concreti, quotidiani, rendendola inoffensiva. Questo vale sia nel rapporto Nord-Sud dell'Associazione e sia tra Comitati della stessa regione.
Siamo tutti per la solidarietà, però preferiamo non interrogarci sulle modalità reali con le quali realizzarla.
Il rilancio di "una sola Associazione" invece che di 140 Associazioni in Italia, non è stato un semplice fatto formale che si risolverà con l'approvazione di un unico bilancio nazionale. Sarà una scommessa che comporterà doveri e coerenze per tutti, perché tutti saremo chiamati a collaborare e a promuovere la nuova impostazione.
Appunto perché l'unità associativa non è una cosa che cala dall'alto ma impegna tutti a mettersi in gioco, a esercitare diritti e assumere doveri e responsabilità.
In questo senso l'unità associativa servirà a riaffermare il principio e il valore dell'uguaglianza. Sarà partecipazione attiva e critica dei "soci" (società sportive) alla vita associativa, che non si esaurirà nell'ordinaria amministrazione, nella gestione dell'esistente, nella ricerca di consenso, ma deve diventare progettualità e investimento sul futuro per arrivare prestissimo ad un milione di tesserati, come ha sostenuto a conclusione dei lavori congressuali il presidente nazionale.
Il nuovo ruolo della società sportiva
Come è cambiato lo statuto CSI?
Il momento fondamentale in cui si esercita la democrazia associativa è ora l'assemblea nazionale, che si distingue in:
- assemblea generale dei soci, che si svolge ogni quattro anni;
ad esercitarvi il diritto di voto (direttamente o a mezzo delega) saranno, in quanto "soci", le Società sportive, che eleggeranno il consiglio nazionale, modificheranno lo statuto e così via;
- il congresso nazionale, convocato almeno una volta l'anno, che approva il conto consuntivo, la relazione di gestione, piani e programmi di azione; vi partecipano con diritto di voto i delegati delle società sportive eletti nei congressi regionali .
Da queste novità ne derivano altre, per conseguenza logica e anche per armonizzare il nuovo dettato statutario. Ciò che è importante notare, comunque, è che l'insieme delle novità non intacca la sostanza dello spirito e delle finalità dell'Associazione.
In verità anche l'art. 1 dello statuto, quello che disegna le finalità associative, è stato modificato, rendendolo più aderente al ventaglio di potenzialità che oggi si profilano ad un'organizzazione non profit che operi nel campo dello sport per tutti a forte connotazione sociale. Ma ogni cosa rimane ancorata al richiamo della condivisione dei principi contenuti nel Patto Associativo.
Come ha commentato in chiusura di congresso il presidente nazionale Donato Mosella, il CSI si è sempre posto come obiettivo primario quello di rendere un servizio alla persona umana attraverso lo sport. Che ora la persona cui rendere servizio venga a chiamarsi " associato" invece che "socio" è solo una questione di termini.
I limiti di eleggibilità
È ormai noto che per i mandati presidenziali (territoriali, regionali e nazionale) è in vigore il limite dei due mandati (si considera valido il mandato esercitato per almeno due anni).
Ne deriva che alla prossima occasione - l'assemblea generale dei soci del 2000 - circa il 70% degli attuali presidenti (ma è
5
solo una proiezione statistica) dovrà passare la mano. Il CSI ha dunque davanti a sé un grande rinnovamento dei suoi quadri. Un impegno "forte", che va però accettato e valorizzato. Accettato, perché ispirato da norme legislative che intendono garantire più democrazia all'associazionismo; valorizzato, perché può essere una grande occasione per innovare il CSI.
"Nel panorama dello sport italiano, - ha spiegato in proposito il presidente Mosella al quotidiano Avvenire - dove il potere logora chi non ce l'ha e le poltrone si conservano per decenni, la scelta del CSI di porre limiti di rieleggibilità costituisce un segnale di grande cambiamento. Nel mondo delle Federazioni non c'è niente del genere, né si prevede che possa esserci. Con le conseguenze che ogni tanto esplodono sotto gli occhi di tutti".
Lo scarso ricambio di idee e di persone si verifica anche ai vertici dello sport italiano, come ha segnalato lo stesso Ministro Melandri motivando in Parlamento il fatto che il "suo" decreto di riordino del CONI preveda il limite dei due mandati per il presidente e i membri della Giunta CONI proprio "al fine di garantire un rinnovo della dirigenza sportiva".
È ormai ampiamente dimostrato dai fatti e dai numeri che in Italia la domanda sportiva cambia rapidamente e di continuo. Un ricambio gestionale più in linea con il trend del fenomeno sportivo va visto come occasione per conferire freschezza all'azione associativa.
Ciò non vuol dire mettere in soffitta quel 70% di dirigenti CSI che il prossimo anno dovranno lasciare l'incarico. Né bisogna
cadere nell'equivoco che la non rieleggibilità suoni come bocciatura di una generazione dirigenziale che invece ha avuto un ruolo rilevante nel rilancio del CSI.
"Negli ultimi sette anni - questo il commento del presidente nazionale - il CSI ha pressoché raddoppiato i suoi numeri: di tesserati, di Società, di attività sportive e formative. Un merito che va distribuito tra quella classe dirigenziale che ha operato in puro spirito di volontariato ai vari livelli sul territorio. Gente che ha lavorato duro, che ha mostrato di saperci fare. L'associazione li aspetta a braccia aperte in altri ruoli di livello. Lasciare un incarico per consentire l'avvicendamento non deve significare abbandonare l'Associazione. È solo il gioco della democrazia, e della necessità di assicurare un giusto ricambio di idee ad uno sport che ormai ha bisogno di continue innovazioni".
Abituarsi al cambiamento
"Dove andremo a finire - si è sentito ripetere durante il dibattito congressuale - se lo Stato continuerà a mettere lacci e laccioli burocratici ad un associazionismo che vive di slanci e di intuizioni che nascono sul momento?". Una domanda legittima, rinforzata dall'intervento dell'ospite di eccezione don Antonio Mazzi, che ammoniva: "Attenzione: fate in modo che le leggi non soffochino la fantasia!".
In questo senso è stato chiarificatore l'intervento conclusivo del presidente nazionale. "Per decenni - ha detto - abbiamo lamentato che lo Stato si disinteressava di noi, del nostro lavoro, lasciandoci senza riconoscimenti e senza leggi. Ora le cose stanno cambiando. Si è identificato l'associazionismo di sport per tutti come un'impresa sociale non profit, e si è operato in modo che il settore fosse regolato da norme interne uguali per tutti. Non possiamo lamentarci. Gli obblighi formali che ci vengono imposti sono l'altra faccia della medaglia rispetto ai diritti che ci vengono riconosciuti. Prima o poi arriverà la legge sullo sport dilettantistico e gli enti di promozione, che fisserà altri paletti ma conferirà altre garanzie. Le leggi rendono la nostra libertà un po' più piccola, ma certamente la rendono più sicura".
6
D oSSiEr
“ero
forestiero e mi avete accolto”
Anno Santo:
Tra cinque mesi, il 29 dicembre, l'apertura della Porta Santa darà inizio al Giubileo del 2000. A partire da quel giorno e per l'intera durata dell'Anno Santo gruppi di volontari si metteranno al servizio dei pellegrini e daranno una mano agli operatori pubblici affinché tutto si svolga nel migliore dei modi, in un clima di grande serenità. Migliaia di équipe di volontari provenienti da ogni parte del mondo si alterneranno in quella che sicuramente sarà la più grande operazione di volontariato mai realizzata fino ad oggi. Tutte le associazioni di volontariato di ispirazione cristiana sono chiamate a dare il loro contributo. Anche il CSI. Vediamo in che modo.
La centralità dell'accoglienza
Il primo Giubileo della storia fu quello del 1300. Qualche anno dopo il suo svolgimento, Giovanni Villani ricordava con accenti di stupore l'ottima accoglienza prestata in quell'occasione ai pellegrini: "E fu la più mirabile cosa che mai si vedesse che al continuo in tutto l'anno durante, avea in Roma oltre al popolo romano, ducentomila pellegrini, sanza quegli ch'erano per gli cammini andando e tornando, e tutti erano forniti e contenti di vittuaglia giustamente, così i cavalli come le persone, e con molta pazienza e sanza romori o zuffe: ed io il posso testimoniare, che vi fui presente e vidi".
In occasione del Grande Giubileo del 2000 i pellegrini saranno forse 100 volte di più rispetto all'evento narrato da Villani, eppure il problema di realizzare un'accoglienza ordinata, continua ed esaustiva resta il problema primario.
Il termine accoglienza non investe solamente la necessità di fornire ai pellegrini vitto e alloggio, ma chiama in causa una molteplicità di altri loro bisogni: dall'informazione alla mobilità, dalla sicurezza alla tutela dell'igiene, dall'assistenza sanitaria all'assistenza spirituale. Un compito immane, che è impensabile delegare soltanto ai servizi pubblici.
L'apporto del volontariato
È il volontariato la risorsa che può consentire di organizzare e gestire al meglio il Giubileo del 2000. L'impiego del volontariato è diventato negli ultimi anni un elemento strategico nella preparazione e nella gestione di grandi eventi a carattere nazionale e internazionale, sia a carattere religioso - come le Giornate Mondiali della Gioventù - sia a carattere profano, come le Olimpiadi.
In vista del Giubileo del 2000, la necessità che si prospetta è dunque quella di reperire, organizzare e gestire un numero elevato di volontari, espressione di realtà diverse, mettendoli in condizione di lavorare all'unisono e con un unico stile operativo.
In base a stime dettagliate, effettuate sulla scorta di elementi diversi (il calendario dell'Anno Santo, i luoghi coinvolti dall'Evento, le previsioni
partecipa da volontario Volontari per il Giubileo di
9
Andrea De Pascalis
dei flussi di pellegrinaggio, l'identificazione dei servizi da offrire), si è calcolato che nel 2000 serviranno circa 50.000 volontari per il Giubileo ordinario e 40.000 volontari per gli eventi del Giubileo straordinario (ad esempio la Giornata Mondiale della Gioventù). In realtà, poiché in talune occasioni Giubileo ordinario e straordinario coincidono, il fabbisogno è un po' più basso della somma delle due cifre.
Si tratta comunque di un numero imponente di volontari. Tutto ciò ha consigliato di inquadrare l'apporto del volontariato per il Giubileo in un vero e proprio progetto, frutto del lavoro congiunto del Comitato Centrale del Grande Giubileo, organismo della Santa Sede, e dell'Agenzia romana per la preparazione del Giubileo, organismo che rappresenta le istituzioni italiane.
Scopo del "Progetto del volontariato per l'accoglienza giubilare" è di uniformare e razionalizzare il lavoro di quanti - singoli o organizzazioni - intendano mettere le loro energie a disposizione dei pellegrini del Giubileo e delle città e delle comunità interessate all'evento.
Il compito di coordinare il lavoro di tutti è affidato al "Centro del Volontariato per l'accoglienza giubilare", struttura congiunta del Comitato Centrale della Santa Sede e dell'Agenzia romana, diretto dal presidente del CSI, Donato Mosella.
L'identikit del volontario
Partecipare al volontariato per il Giubileo è una possibilità che si offre a molti. Requisito indispensabile è aver raggiunto la maggiore età e godere di condizioni di salute compatibili con il servizio da prestare. Elemento preferenziale è la conoscenza di più lingue. Agli stranieri si richiede una conoscenza accettabile della lingua italiana
È prevista una soglia minima di servizio. Inutile chiedere di fare il volontario per il Giubileo se non si offre la propria disponibilità per un periodo di almeno 15 giorni. Il volontario residente in Italia ha la possibilità di frazionare il tempo di servizio in più periodi, anche da lui stesso scelti. Chi proviene dall'estero presta il servizio in un unico periodo.
Il lavoro del volontario per il Giubileo
Ai volontari del Giubileo sono affidati compiti di:
- animatore della pastorale del pellegrinaggio, per promuovere il pellegrinaggio e i suoi valori, animare, informare e accompagnare i pellegrini lungo gli itinerari religiosi e presso i principali luoghi di culto;
- operatore dell'accoglienza nei luoghi di culto, per dare assistenza spirituale ai pellegrini, aiutarli e assisterli durante le celebrazioni religiose;
- addetto alle informazioni e alla logistica, per accogliere, informare e orientare i pellegrini nei luoghi di arrivo - come aeroporti, stazioni, valichi di frontiera - e indirizzarli ai servizi della carta del pellegrino;
- operatore dell'accoglienza sociosanitaria, per assistere a accompagnare le categorie di pellegrini che hanno particolari bisogni, come i poveri, i disabili, gli anziani, i bambini;
- assistente sociosanitario, per fornire assistenza sanitaria e primo soccorso nei luoghi di culto e lungo gli itinerari religiosi;
Volontari CSi per il Giubileo
il CSi è tra le associazioni che hanno dato la loro disponibilità a fornire volontari per l'accoglienza giubilare. i volontari del CSi per il Giubileo sono reclutati tramite la Presidenza nazionale. Chi intende aderire deve compilare un apposito modulo con dati anagrafici e altre informazioni primarie che consentano al Centro del Volontariato di inserire il nominativo nel programma di volontariato per l'anno 2000. L'adesione può essere data da singoli, squadre, gruppi e società sportive, comitati. Per informazioni e adesioni ci si può rivolgere alla Presidenza nazionale, via della Con ci liazione, 1 - 00193 roma. Tel. 06.6867941, Fax 06.68802940, E-mail: csi@csi-net.it.
10
- operatore dei beni culturali e ambientali, per svolgere servizi di informazione e tutela nei luoghi di interesse monumentale e ambientale.
Le condizioni di impiego
Se è residente in una città diversa, il volontario raggiunge a suo spese il luogo dove deve svolgere il servizio. Sul posto, gli vengono assicurati vitto, alloggio e trasporto.
Ai volontari residenti sono assicurati unicamente vitto e trasporto.
I volontari prestano servizio indossando una "divisa", che li renda immediatamente visibili ai pellegrini, ai cittadini del luogo e alle stesse Forze dell'Ordine.
Ad identificarli in base alla funzione svolta è il badge, un contrassegno personalizzato, con foto e codice, che viene assegnato ad ogni volontario al momento di entrare in servizio.
Nell'impiego sul campo sono richiesti mediamente turni di servizio di 6-8 ore, con possibilità diverse secondo le età e le situazioni personali.
Un lavoro d'équipe
I volontari operano sul campo in équipe, appositamente costituite in base alla tipologia del servizio.
Il lavoro di équipe consente di lavorare in un clima di affiatamento, di cooperazione e di integrazione.
I gruppi sono composti in modo tale da valorizzare al meglio le competenze e le "ricchezze" di ciascuno all'interno della missione comune.
Le équipe possono essere costituite da volontari che hanno tutti lo stesso ambito di provenienza, ad esempio la stessa parrocchia, lo stesso quartiere, la stessa associazione o lo stesso istituto scolastico. Più spesso sono composte da persone di età e di origine diversa, in modo che l'esperienza di volontariato costituisca, soprattutto per i più giovani, un'importante occasione di apertura all'altro.
Ogni gruppo è guidato da un responsabile, il capo équipe, scelto tra i volontari che hanno un bagaglio di particolari esperienze e competenze, soprattutto nell'ambito di grandi iniziative di volontariato.
Guillaumede
Deguileville:
Il pellegrino incontra Invidia, Tradimento e Calunnia.
11
È sbarcata nel cuore dell'Adriatico, nella bella cittadina marchigiana di San Benedetto del Tronto, la finale nazionale del Trofeo polisportivo 1999 di Giocasport del Centro Sportivo Italiano, con 500 ragazzi partecipanti, all'insegna dello slogan "Gioca con noi... per promuovere i diritti dell'infanzia".
"La grande novità introdotta in questa edizione del Trofeo, fortemente significativa sul piano sociale - afferma il coordinatore tecnico nazionale del CSI, Renato Picciolo - è stata proprio quella della riscoperta del valore della famiglia come parte integrante del vissuto ludico e sportivo dei ragazzi".
L'esperienza sportiva di un ragazzo, continua Picciolo, per diventare una vera esperienza di vita deve essere condivisa anche con la famiglia.
L'accoglienza
Circa duecento famiglie delle Parrocchie: Sacra Famiglia, San Giacomo della Marca, Cristo Re, S. Pio X e Regina Pacis, sono state coinvolte nell'iniziativa. Infatti hanno ospitato nelle loro case i ragazzi partecipanti al Trofeo, provenienti da diverse città italiane. Il cuore dell'accoglienza è stato presso la Parrocchia Sacra Famiglia, da oltre vent'anni al centro di simili iniziative. Nel 1977, grazie ad un gemellaggio della Società sportiva CSI parrocchiale con diverse Società sportive CSI dei centri terremotati del Friuli (Tricesimo, Maiano, Lusevera) molti bambini friulani vennero ospitati dalle famiglie locali. Quella bellissima esperienza di sport e di solidarietà sollecitò il parroco, don Franco Iaconi, a continuare sulla stessa strada. Un'impostazione che si è ripetuta per tutti questi anni, dimostrando che la forte valenza aggregativa dello sport si esalta se abbinata all'accoglienza nelle famiglie, e che si è ripetuta anche quest'anno con le solite emozioni e con il solito entusiasmo.
Il gioco
"Il gioco è la cosa più seria per i bambini", scriveva un grande pensatore e proseguiva "è strano che gli adulti non lo capiscano".
diEdio Costantini
San Benedetto del Tronto: finale nazionale del Trofeo polisportivo
Ogni tanto è bene che ce lo ricordiamo tutti: genitori, insegnanti, sacerdoti, animatori ed educatori in qualsiasi settore ci si trovi ad operare. Nel gioco e nello sport infatti i bambini, e non solo loro, esprimono la parte più autentica di se stessi: i loro sentimenti, le loro aspirazioni, i bisogni e... i loro sogni più belli. Scoprono i grandi valori del rispetto degli altri, delle regole, delle opinioni e degli interessi di quanti li circondano.
Purtroppo non è facile giocare, fare sport e farlo bene. Spesso i ragazzi cadono nelle trappole di giochi che non li aiutano a crescere, ad incontrare gli altri, a vivere il momento del gioco e dello sport come un'occasione educativa.
12
A tutto ciò il CSI intende rispondere con il progetto Giocasport, un modo adeguato per coniugare il gioco e la festa con l'avviamento alla pratica sportiva.
Il programma
Innumerevoli le esperienze ludiche e sportive presentate nell'arco della settimana di gioco e di sport organizzata a San Benedetto.
È stato dato ampio spazio alla creatività e alle attività ludicosportive svolte in ambienti morfologicamente diversi: la piazza, il mare, il bosco, il campo sportivo, il prato. Giochi di animazione, il Ciclo-Running, la Maxi-Staffetta a squadre, un laboratorio creativo "La bottega della solidarietà" e poi tanti giochi polivalenti in… spiaggia.
Nel programma c'era anche una gara di orienteering, svolatsi la domenica mattina lungo le vie del borgo del paese alto.
L'arcocanoa
Una citazione a parte la merita "Arcocanoa" un riuscito mixage di tiro con l'arco e di canoa che ha avuto come validissimi ispiratori e supervisori tecnici due atleti olimpionici: Daniele Scarpa, campione di canoa, e Sandra Truccolo, campione di tiro con l'arco.
Due Dragon boat da venti posti, con squadre di ragazzi a
bordo, hanno consentito di effettuare gare a tempo su un percorso in mare attrezzato appositamente anche per fare il tiro con l'arco, con i "paglioni" (i bersagli) disposti sulla spiaggia. Roba da fare impallidire i pellerossa dei film di John Wayne.
A parte le battute, nell'occasione si è avuta la prova evidente di come talvolta basti poco per innovare discipline tradizionali, trasformandole in un gioco graditissimo ai ragazzi e pur sempre valido come approccio alla prestazione sportiva vera e propria.
I
genitori
Papà e mamme sono stati anch'essi protagonisti attivi, supportando e vivendo il gioco accanto ai più giovani e dando dimostrazione di come anche il genitore debba... mettersi in gioco.
In secondo luogo si è cercato di promuovere un percorso di promozione e di formazione per rendere più concreto il rapporto tra famiglia e sport. Perché, questa è l'idea del CSI, la famiglia deve acquisire "la cultura dello sport" per essere più attenta all'evoluzione della pratica sportiva dei figli, verificando se lo sport educa o… se rappresenta solo un'esperienza di evasione.
Solidarietà
Il Trofeo, si è caratterizzato anche per un'iniziativa di solidarietà finalizzata al sostegno e alla promozione di attività ludico-sportive finalizzate a favorire la creazione di un Campo di vacanze nella Parrocchia di NSAM (Yaoundé - Cameroun) che coinvolgerà circa 200 ragazzi/e dai 10 ai 14 anni.
Infine, tra i partecipanti al torneo c'erano anche trentadue ragazzi di Chernobyl, la sfortunata cittadina russa disastrata dalla rottura di una delle sue centrali nucleari. Anche loro si sono cimentati sulla Dragon boat. Per loro ci sarà anche l'ospitalità estiva dell'Arca di Servigliano.
13
Convegno: Sport e Famiglia
Lo sport cerca famiglia
È un fatto acclarato che oggi come oggi lo sport incida molto poco o nulla nelle dinamiche dei rapporti genitori-figli. Anzi, a volte si trasforma in un ulteriore strumento di incomprensione, di diseducazione e di separazione. Di qui la conclusione ricorrente: per essere strumento al servizio delle famiglie, la pratica sportiva va ricostruita secondo un modello diverso dall'attuale nelle formule e nei contenuti. Ma in concreto, come agire?
Qualcosa di nuovo ha cercato di dirlo il Trofeo Polisportivo di Giocasport di San Benedetto, facendo accogliere nelle famiglie del luogo i giovanissimi partecipanti. Del resto, per tutto l'arco dell'anno il tema del Trofeo è stato "sport e famiglia". Logico che San Benedetto ospitasse anche un convegno dedicato all'argomento.
Ha introdotto i lavori il presidente nazionale, Donato Mosella, con una circostanziata relazione in cui ha puntualizzato alcuni elementi che rendono deficitario il rapporto sport-famiglia: la staticità delle proposte sportive, che o sono per ragazzi o sono per gli adulti, costringendo gli uni e gli altri a spendere il loro tempo libero a compartimenti stagni; il modello culturale imperante nello sport, che provoca l'abbandono giovanile; la scuola che manca nel suo ruolo di raccordo; una legislazione sullo sport per tutti che ancora manca, rendendo tutto più difficile; una politica degli impianti sportivi che continua a privilegiare le grandi strutture per pochi, a scapito di quegli impianti polivalenti che potrebbero essere ulteriore terreno di incontro tra generazioni.
Coordinato ottimamente da Bruno Pizzul, che a sua volta ha
evidenziato come la cultura del campionismo giovanile passi attraverso le attese esagerate e controproducenti dei genitori, il convegno ha avuto un altro momento di spicco con l'intervento di S. E. mons. Gervasio Gestori, vescovo di San Benedetto del Tronto, Ripatransone e Montalto. Richiamandosi anche alla nota pastorale della CEI "Sport e vita cristiana", mons. Gestori ha focalizzato l'attenzione sul fatto che ogni intervento educativo sulla gioventù ha bisogno, per essere efficace, dell'apporto/interazione dei genitori. E dunque, se si vuole fare sport educativo, se si crede che lo sport giovanile debba mirare all'educazione e non al campione, la famiglia non può delegare ogni cosa alla società sportiva. Le modalità di questa corresponsabilità - ha concluso - vanno certamente studiate, definite, anche incoraggiate. E come esempio, il vescovo ha citato la possibilità di una collaborazione certo inedita: "I genitori non devono fare gli spettatori sugli spalti: potranno, certamente, fare il tifo per i figli, ma dovranno intervenire anche come arbitri, fare da guardalinee nella loro attività sportiva, perché tutte le regole del gioco della vita siano osservate. Nel gioco dello sport è da sportivi saper perdere, ma perdere non è lecito nel gioco della vita, e la famiglia deve volere sempre la vittoria vitale del figlio".
Tra gli altri interventi di rilievo, quello di mons. Montevecchi, che riportiamo più avanti, e quello dell'olimpionico di canoa Daniele Scarpa.
Come sempre forte e polemico l'intervento di Scarpa, che ha parlato, anche in base a testimonianze personali, della mancanza di valori che ormai contraddistingue lo sport, commercializzato fino all'estremo.
Quindi altri interventi ancora: del sindaco di San Benedetto, Paolo Perazzoli; di Mons. Vittorio Peri, consulente ecclesiastico nazionale del CSI; di Emanuele Pierini, dell'Associazione Genitori; di Sandra Truccolo, campionessa di tiro con l’arco; di Nga Donatien, operatore sportivo del Camerun formatosi con il programma CSI "Sport for Africa"; di Andrea Rosati, curatore del volume "Quando i bambini diventano protagonisti". Insomma, tantissimi input su cui ora costruire una riflessione associativa.
diTito Della Torre
14
Sulla bellissima spiaggia di San Benedetto del Tronto, in uno spazio appositamente attrezzato, Sandra Truccolo, campionessa olimpionica di tiro con l’arco insegna ai ragazzi del CSI la propria disciplina.
Momento "clou" sul tratto di mare sambenedettese, è stato "papà ti salvo io", un grande evento di sport e di gioco con la partecipazione di Daniele Scarpa, campione olimpionico di canoa. Due Dragon boat da venti posti, con squadre di ragazzi a bordo, hanno effettuato delle gare a tempo.
diMarco D’Amico
Val di Sole, Trentino: finali nazionali di Calcio, Calcio a 5, Pallavolo, Atletica leggera e Wheelchair Hockey
A dispetto del nome della località di svolgimento, in Val di Sole le finali nazionali della Joy Cup hanno dovuto sfidare la pioggia, che però non ha impensierito più di tanto i duemila giovani atleti partecipanti, con 114 squadre e 500 tra allenatori, arbitri e giudici, per le quattro discipline sportive interessate.
Un esito ragguardevole per una formula nuova, che ha riportato la grande competizione sportiva nel vissuto associativo del Centro Sportivo Italiano abbinandola a forti contenuti di gioco, in un mix che ha scatenato un vero boom di simpatia e di interesse. Una formula diversa, pensata non come saldo di fine millennio ma come novità in grado di portare un po' di aria nuova nel respiro dello sport italiano sempre più viziato da un agonismo esasperato, e abbruttito dalla violenza dentro e fuori gli stadi, dal doping e dal mercato.
Per quanto fosse al suo debutto, il circuito Joy Cup ha assunto proporzioni tali da qualificarsi come migliore "attività dell'anno" del CSI. È stato un vero boom di partecipazione su tutto il territorio nazionale. Nel mese di settembre dello scorso anno sono partiti in contemporanea 310 campionati tra calcio, calcio a 5, atletica leggera e pallavolo con 8.900 squadre e con oltre 150.000 atleti partecipanti.
A maggio si sono svolte le finali regionali e interregionali. Dal 16 al 20 giugno si sono concluse le fasi nazionali. Le squadre vincitrici hanno avuto in premio la "Joy Cup", disegnata da Rò Marcenaro. Proviamo a ripercorrere le tappe e gli avvenimenti vissuti i questa settimana di sport e di festa.
La cerimonia inaugurale in piazza Madonna della Pace a Dimaro, alla presenza del Sindaco Maurizio Albasini, del presidente del Comprensorio Val di Sole Paolo Frenguelli, dell'Assessore allo sport e turismo della provincia di Trento Iva Berasi, del Presidente dell'Apt Val di Sole, Pejo e Rabbi Carlo Daldoss e dal consulente ecclesiastico del Trentino padre Vigilio Torresani.
La serata è stata animata dalla cerimonia del fuoco rappresentata dall'Ars Group di Trento, che, attraverso alcuni simboli, ha voluto mettere in evidenza il fuoco come elemento
18
rigeneratore e di rinnovamento, di gioia e di unità; dall'arrivo della staffetta con la fiaccola della pace accesa al Santuario di San Romadio a 34 Km di distanza da Dimaro; dalla presenza del Corpo bandistico "Sasso Rosso" di Dimaro.
Emozionante è stata la lettura della "promessa dell'atleta", in cui sono stati evidenziati i principi guida dell'atleta del Centro Sportivo Italiano, improntati al rispetto delle regole ma soprattutto alla valorizzazione della gara come "dono", come momento di incontro, di amicizia dove, se si vuole, si può sperimentare l'esperienza rigeneratrice della fraternità. Sembra fuori tempo quella promessa, eppure è concreta. La vittoria più grande contro la noia, il vuoto, l'indifferenza e la solitudine possiede le armi dell'amicizia, della compagnia degli altri, della guida dell'allenatore. Ed essere contenti della propria prestazione e del proprio comportamento più della sconfitta degli altri, deve far riflettere un mondo, quello sportivo, dove ai vertici si assiste sempre di più alle soddisfazioni per i fallimenti altrui.
Concetti importanti ribaditi dall'accattivante messaggio che il Coordinatore tecnico nazionale del CSI, Renato Picciolo, ha rivolto agli atleti: "Provate a vivere l'esperienza sportiva, la gara, la vittoria senza egoismi e senza rancore e ritrovate nello sport praticato l'equilibrio e l'armonia con voi stessi e con gli altri".
Promessa dell'atleta
Quando vengono meno le certezze del futuro, la vita diventa drammatica ed affascinante contemporaneamente. Anche fare sport diventa pesante.
Diventa drammatica quando non c'è comunicazione: con i genitori, con gli insegnanti, con il prete, con l'allenatore...
E quando viene meno la comunicazione, vince sempre la noia, il vuoto, l'indifferenza e soprattutto la solitudine.
È affascinante quando si sperimenta il caldo dell'amicizia, la forza disarmante della sincerità, la compagnia e la presenza dell'allenatore.
Questa sera mi sento stanco, ma in pace.
Sono contento di essere qui, di partecipare a questo incontro, di fare sport e festa, di trovare nuovi amici.
Questa manifestazione di sport può essere per me un dono; un'esperienza rigeneratrice di vita, di amicizia, di fraternità.
Può essere anche noiosa, banale, già vissuta...
Dipende anche da me...
Mi sono allenato e nel cuore ho tanto desiderio di vincere.
Dovrò mettere in campo tutte le mie forze. ora ci vuole concentrazione e riposo per affrontare la gara. La gara è sempre difficile e speriamo che non venga archiviata presto...
Poiché dipende da me, dal mio entusiasmo e dalla ricchezza della mia presenza, sono sicuro che sarà una bella esperienza. Spero che anche il mio allenatore la pensi così.
Poiché ogni dono va accompagnato da un grazie sincero, questa sera ho molti motivi per dire grazie.
Grazie al CSi perché mi consente di fare sport, di allenarmi e di gareggiare, di giocare e fare festa.
Grazie ai miei genitori che mi hanno permesso di praticare lo sport che desideravo;
grazie all'allenatore perché non è mai solo un tecnico.
Grazie a te o Signore
Prometto di essere leale nel gioco, di saper accettare i miei limiti, di saper gioire anche per le vittorie degli altri.
E spero che anche tu sarai contento della mia prestazione e del mio comportamento. Ne sono sicuro.
Nella gara e nella festa sarai con me.
Dammi la tua luce, la tua parola, la tua gioia.
19
Classifiche finali
Calcio a 5
Under 16: 1. Messina Club (Messina); 2. Pol. SS. Pietro e Paolo (Ascoli Piceno); 3. Inter Club Monteiasi (Taranto); 4. G.S. Miani (Venezia).
Under 18: 1. Interforze Agrigento (Agrigento); 2. Club Olimpico Piedimonte M. (Caserta); 3. Insieme Castromediano (Lecce); 4. Real F.D.R. (Venezia).
Under 21: 1. S. Tarcisio (Molfetta); 2. S.M.S. Petrarca (Catania); 3. Pol. Bissuola (Venezia).
Under 35: 1. Resurrezione Anastasis (Bari); 2. Csi Caldarola (Macerata); 3. Anspi S. Francesco (Carpi); 3. Elettrica Marfoli (Civitavecchia).
Calcio
Under 16: 1. S.C.Bellinzona (Messina); 2. S.C. "A. Benarrivo" (Brindisi); 3. Pro Catania (Catania); 4. Pol. Sacro Cuore (Milano).
Under 18: 1. A.S. Brasil Melfi (Melfi); 2. Oratorio S.P.G. (Milano); 3. Pol. S. Giorgio (Catania); 4. A.S. Luzzarese (Reggio Emilia).
Under 35: 1. Penta Calcio (Milano); 2. Orpas (Milano); 3. Bar Silvano (Rimini); 4. Legno 2000 Arzachena (Gallura A.).
Pallavolo
Under 16 F.: 1. Invicta S. Faustino (Modena); 2. Il Giglio (Foligno); 3. Slimmig Club (Messina); 4. Pol. Maerne (Venezia).
Under 18 F.: 1. Pol. Capaccio Paestum (Salerno); 2. US Mondial Carpi (Carpi); 3. US S. Bernardo (Lodi); 4. Pol. S. Paolo (Catania).
Under 35 F.: 1. Csi Caldarola (Macerata); 2. Volley Poggese (Mantova); 3. Pol. S. Paolo (Catania); 4. ASD Genovese (Messina).
Under 16 M.: 1. Pol. Bodes Socofasa (Salerno); 2. F.B. Pallavolo Soliera (Carpi); 3. A.S. Pol. C.B. Condor (Napoli).
Under 18 M.: 1. US Universal Pallavolo Carpi (Carpi); 2. Pol. Bodes Socofasa (Salerno); 3. A.S. Cerignola Volley (Cerignola); 4. Volley Caltagirone (Caltagirone).
Under 21 M.: 1. Pallavolo Pio X (Treviso); 2. Cabro VBC Arezzo (Arezzo); 3. US Universal Catania (Catania).
Under 35 M.: 1. Celle Volley "Il Laboratorio" (Rimini); 2. CSI Piscinola (Napoli); 3. CSI S. Antonio Mesagne (Brindisi); 4. S.A.S. Oratorio (Cremona).
Atletica leggera
Classifica a squadre maschile: 1. Trento (Togni, Graziola, Tomasi, Miorandi, Serapioni, Dellai, Lanziner); 2. Sondrio (Perregrini, Vaninetti, Codega, Curtoni, Piganzoli, Cassina, Dalle Grave); 3. Lombardia (Chiari, Andreoli, Contesini, Leoni, Orlandi, Iachetti, Fassini); 4. Lombardia Amico (Pollastri, Orlandi, Novarina, Livoti, Zecchin, Campanella, Galluzzo).
Classifica a squadre femminile: 1. Trento (Zappini, Vulcan, Beber A., Beber S., Lanziner, Pileggi, Ghezzi); 2. Sondrio (Mottarella, Pontiggia, Raffoni, Righetti, Mazzoni, Tacchini, Malgesini); 3. Eden Esine (Albanese C., Bruschi, Cotti Cottini V., Brizzi, Cotti Cottini S., Albanese D., Salvetti); 4. Lombardia Amico (Figaroli, Scarcella, Saviano, Comotti, Ferri, Tresoldi, Mariotti).
Classifica assoluta: 1. Trento.
20
Wheelchair Hockey: finali nazionali
I "Blue Devils" di Napoli hanno conquistato per la prima volta il titolo di campioni d'Italia di Wheelchair Hockey, disciplina riservata ai disabili. Le lacrime di gioia che accompagnavano l'emozione di un successo, conquistato sul filo di lana da parte dei napoletani, resteranno a lungo tra le immagini più belle di queste finali in Val di Sole e di tutto il campionato.
Semifinali e finali sono state uno spettacolo di tifo, di gioco, di agonismo e di festa. Quattro gare in cui ha sempre regnato l'incertezza. Le semifinali vedevano di fronte il "Dream Team" Milano contro il "Thunder" Roma, da una parte e quindi il confronto tra Napoli e "Sharks" di Monza. Nella prima hanno prevalso i milanesi. Particolarmente agguerrita la seconda gara, vinta dai "Blue Devils" partenopei.
La finalissima Milano-Napoli del 20 giugno è stata una partita
La prima volta dei Blue Devils di
emozionante. L'equilibrio in campo era tale che si è dovuti ricorrere ai calci di rigore, dopo il 4-4 dei tempi regolamentari. Ad esultare meritatamente alla fine la compagine campana del capitano Riccardo Rutigliano. Da segnalare la straordinaria cornice di pubblico che ha accompagnato tutte le partite.
Il terzo campionato italiano di Weelchair Hockey aveva preso il via con le squadre divise in tre gironi, nordest, nordovest e centrosud. Quindi il concentramento dei quarti di finale svoltosi il 29-30 maggio, a Cesenatico, con otto squadre impegnate a guadagnarsi la qualificazione per le finali trentine. Ricordiamo le altre partecipanti ai quarti e cioè "Dolphins" Ancona, "Coco Loco" Padova, "Magic" Torino e "Pantere" Milano. Ma tutte le squadre iscritte hanno fornito un esempio importante di sport e integrazione.
23
Daniele Perini
Una messa a fuoco di esperienze diverse, come fonte di dibattito per individuare nuove piste percorribili: così potrebbe essere compendiato il convegno "Oltre la siepe. Sport & handicap" tenutosi a Mezzana, in Val di Sole, durante la settimana dedicata alla Joy Cup.
La "copertina" del convegno è stata fornita da uno dei relatori, il prof. Osvaldo Brumana, per mezzo di una videocassetta realizzata dagli amici di Brescia con immagini tratte da alcune manifestazioni nelle quali si è riusciti a far svolgere attività non solo motoria, ma anche sportiva nel senso più compiuto del
Mezzana, Trentino: Convegno Sport & handicap
termine, a disabili con problematiche diverse ed anche a stadi di gravità rilevante insieme a normodotati.
La gioia che traspariva da quelle immagini non ha oscurato la consapevolezza degli ostacoli incontrati dal progetto a causa di una certa indifferenza dell'ambiente circostante. Il problema centrale, evidentemente resta quello di creare una nuova e radicata sensibilità nei confronti dello sport per disabili. Il convegno è stato presentato dal vicepresidente nazionale del CSI Edio Costantini, che ha voluto evidenziare la grande rilevanza
Claudio Bardini
Oltre la siepe di
che assume, in considerazione dei valori propri dell'Associazione, ogni progetto finalizzato ad aiutare le persone svantaggiate ad inserirsi nella vita sociale.
Il primo dei relatori è stato Mario Ciani, udinese, allenatore della Pallacanestro Cantù, assurto agli onori delle cronache nei mesi scorsi per essere arrivato ai massimi livelli nella propria professione nonostante sia affetto da focomelia. Ciani ha raccontato le difficoltà incontrate durante la sua carriera professionale, fatta di diciannove anni passati in palestra ad insegnare basket e vita a giovani atleti prima ed a famosi professionisti ora.
L'importanza di una famiglia capace di messaggi importanti e di dare il giusto equilibrio nell'affrontare questo tipo di problematiche è stata più volte sottolineata, così come la serena disponibilità di dirigenti ed operatori sportivi nel valutare la possibilità di inserimento dei portatori di handicap nel contesto di un'attività sportiva praticata da normodotati: due aspetti questi che lo stesso Franco Ciani ha affermato essere stati basilari per la sua esperienza di vita prima e professionale poi e che proprio il CSI per primo gli fece conoscere.
"In sostanza - ha concluso - i disabili possono trarre grandi vantaggi a livello motorio e di inserimento sociale dalla partecipazione a campionati e momenti agonistici anche solo a loro riservati. E questo senza avvertire particolari disagi nel rapportarsi ai normodotati, se non proporzionalmente al disagio che proprio le persone normali possono patire nel rapportarsi ai portatori di handicap. Per tutto questo però ci vuole serenità e coraggio da parte delle famiglie ed anche grande sensibilità e disponibilità da parte degli operatori e dirigenti sportivi".
È stata poi la volta di Riccardo Rutigliano, capitano della squadra di Wheelchair Hockey di Milano, che ha sottolineato aspetti e problematiche relative alla propria patologia ma anche alla pratica sportiva specifica, alle necessità logistiche e di impianti senza barriere architettoniche ed alla disponibilità che troppo spesso manca alle prime difficoltà organizzative.
Un momento particolarmente importante è stato vissuto poi con gli interventi del prof. Osvaldo Brumana di Brescia e di Roberto Nicholis (uno degli artefici primari della "Grande Sfida" di Verona) i quali hanno portato delle esperienze vissute di organizzazione e di realizzazione di progetti importanti, condotti al compimento pur tra mille difficoltà (evidenziate nell'occasione).
La loro esperienza ha lanciato a tutti un grande messaggio: lo sport per disabili si può fare, ed i riscontri sono incredibili per il loro valore umano. Impegniamoci tutti e sempre di più per questo.
24
specchio
Le regole del cuore
Secondo un antico racconto ebraico, al momento di dare la legge al popolo di Israele il Signore volle accertarsi che essa sarebbe stata fedelmente osservata. Prima di consegnarla chiese perciò precise garanzie al popolo. "Abbiamo come garanti Abramo, Isacco e Giacobbe, i nostri patriarchi", dissero gli israeliti. Ma il Signore rispose: "Non mi bastano". Replicarono allora: "Abbiamo le nostre mogli", "Non mi bastano ancora", rispose il Signore. "Ti presentiamo allora i nostri figli", disse infine il popolo. Il Signore finalmente accettò dicendo: "I patriarchi sono il vostro passato; le mogli il vostro presente. Ma solo i giovani sono il vostro futuro. Questi sono una garanzia sicura".
Più volte, durante i lavori del recente congresso straordinario di Salsomaggiore che ha deliberato i notevoli cambiamenti statutari che ormai tutti conoscono, mi sono chiesto quali potessero essere le garanzie educative che l'Associazione poteva dare alla società in cui opera e alla chiesa in cui è nata. Il pensiero mi è allora andato a due brevi ma dense espressioni di S. Paolo che vorrei proporre ai lettori come pure a tutta l'Associazione.
La prima si legge nella lettera ai Romani. "Giudeo non è chi appare tale all'esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente, e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito e non nella lettera" (2, 28-29). Non diversamente dalla legge mosaica,
Vittorio Peri
diceva in sostanza l'apostolo Paolo, la circoncisione, cioè il segno fisico dell'alleanza tra Dio e Israele, è insufficiente per la salvezza. Se si riduce a semplice atto rituale, non è sorgente di vita spirituale. La vera circoncisione è quella del cuore, è l'adesione profonda e vitale all'alleanza con il Signore. Non conta il segno, ma la realtà da esso significata.
Nelle intense ore del dibattito congressuale le analogie tra i due binomi "legge/circoncisione - salvezza" e "norme statutarie - vita associativa" mi erano continuamente presenti. I tanti e spesso complessi articoli che l'assemblea andava ratificando non erano certo inutili, stante la necessità di dare un nuovo volto giuridico all’Associazione. Ma sentivo che quel pur faticoso impegno legislativo non poteva bastare.
Sentivo che sarebbe stato più che mai necessario "andare oltre" le norme scritte immettendo in esse un soffio vitale, vivificarle con un supplemento di orizzonte culturale e spirituale e con una più forte carica educativa. Per fare questo non c'è tuttavia bisogno di alcuna aggiunta al testo statutario. È sufficiente restare coerenti con l'identità educativa del CSI ricordata anche nel Patto Associativo; è sufficiente, da parte di ogni responsabile, una convinta e concreta adesione a quella visione cristiana della persona e della storia che da sempre connota e che continuerà a connotare la nostra Associazione.
25
di
allo
o
Quando ero un giovane prete, passavo molto tempo in mezzo agli sportivi, e addirittura presi il tesserino di allenatore di pallavolo. Una volta ero sulle Alpi Orobiche per un camposcuola. Si realizzavano anche delle gare che noi chiamavamo “Olimpiadi dei ragazzi”. Uno di questi ragazzi lo avevo a scuola tra i miei alunni. Era tra i più intelligenti, però non voleva mai giocare e questo mi dispiaceva. Cercavo di convincerlo, finché un giorno mi disse: “Vede, io vorrei un gioco dove vincono tutti”. Non fui capace di rispondergli sul momento, però la domanda me la portai nel cuore durante la giornata, e la sera mi sembrò di trovare una soluzione. Dissi ai miei ragazzi che esiste un gioco nel quale tutti possiamo e dobbiamo vincere, ed è il gioco della vita. In seguito ho scoperto che la mia intuizione era vecchia, che l’aveva già avuta quel simpatico educatore che si chiamava Baden Powell, il quale ha insegnato nello Scoutismo che la vita è un gioco, e che solo prendendola come gioco diventa positiva.
Un altro educatore cui stava a cuore il gioco era Don Bosco. Baden Powell e Don Bosco erano due veri educatori perché volevano bene ai ragazzi, perché avevano una grande fiducia in loro, e hanno lasciato alle nostre Associazioni cristiane un messaggio forse un po’ trascurato: per un ragazzo il gioco è una dimensione fondamentale; se vuoi capire un ragazzo, gioca con lui; non lo capisci confessandolo, non lo capisci, facendogli un discorso, ma lo capisci giocando con lui, perché nel gioco il ragazzo si esprime senza ritegni, con naturalezza.
È molto importante dare ai ragazzi la possibilità di giocare. Ai ragazzi abbiamo rubato il gioco e, come alternativa, gli abbiamo dato la televisione. Nei nostri palazzi, che sono dei casermoni, i ragazzi non hanno più lo spazio per giocare, non hanno modo per poter giocare da soli, per potersi organizzare da soli, così si mettono davanti alla televisione e passano ore e ore a ricevere stimoli che sono dei sonniferi spirituali, quando non sono stimoli controproducenti.
I ragazzi che fanno sport diminuiscono perché non trovano più il gusto del gioco; fare sport significa accettare le regole, essere creativi, essere capaci di fare dei sacrifici, darsi una regola di vita.
mons. Silvano Montevecchi vescovo di Ascoli Piceno
I ragazzi sono di chi gli vuol bene di
La mia principale preoccupazione è questa: restituiamo ai ragazzi ciò che gli abbiamo rubato, restituiamo loro il diritto di poter giocare.
Spesso ripenso ai vecchi preti che vicino alla canonica avevano sempre il campetto per giocare. Penso a Don Bosco che, a sessant’anni, faceva ancora le olimpiadi, con il suo oratorio, correva i 100 metri, si metteva in fila. Diceva ai suoi preti: “Non abbiate paura di aver sempre le vostre vesti infrittellate, impolverate, però state con i ragazzi, giocate con i ragazzi”.
Mi accade anche di pensare a Paolo Rossi, il giocatore che infilò tre goal al Brasile nei mondiali del 1982. C’è stato un periodo della sua vita in cui, tutte le sere, correndo in maniera pazza andava a trovare il suo prete che stava morendo di cancro, il suo vec-
i ragazzi, il gioco e la parrocchia
26
chio cappellano. L’andava a trovare perché quel prete gli aveva insegnato qualcosa che, dopo, nessuno era stato capace di rubargli; magari, gli altri gli avevano dato i soldi e la gloria, ma quel prete aveva giocato con lui ed era stato il suo amico.
Parlando di ragazzi e sport, sono anche convinto che si debba creare un circolo virtuoso formato da famiglia, scuola e istituzione (parrocchia, quartiere, comuni, ecc.). Ormai, siamo nelle cosiddette città solidali, quindi o lavoriamo insieme o combiniamo poco. Dobbiamo fare passare la cultura della solidarietà dai discorsi alla vita concreta. Spesso nello sport si fa un gran parlare, si dice quel che si deve fare e poi non lo fa nessuno.
La famiglia deve essere scuola di vita. Nella mia vita sono anche diventato Vescovo, ma le cose più belle le ho imparate a casa mia. Chi mi ha detto “Devi dire sempre la verità”? Chi mi ha detto “Non devi mai ingannare il prossimo?”. Chi mi ha detto: “Devi fare il tuo dovere?” Sono stati i miei genitori, la famiglia.
Quando Dio ha creato il mondo, ha avuto un problema: “Adesso, tutta questa gente come faccio a educarla?”. La famiglia è la scuola che Dio ha inventato. So che, purtroppo, la famiglia oggi è in difficoltà, anche perché alla famiglia stiamo chiedendo e non diamo più niente. Noi preti chiediamo ai genitori, gli altri chiedono ai genitori; ma cosa diamo noi alla famiglia? Diamo un lavoro adatto, diamo il part-time alla moglie per poter stare con i figli? Purtroppo non diamo nulla. Devono lavorare in due, perché altrimenti non si sbarca il lunario. La famiglia ha bisogno di essere aiutata, di essere supportata, di avere chi le stia vicino.
Penso anche alla scuola. La scuola è bella quando si sente il desiderio di tornarci. Ho insegnato in varie scuole, però l’esperienza più bella è stata quando ho insegnato bioetica agli infermieri. Quando torno nella mia città, se posso, torno in quella scuo-
la che non era gestita da preti, era gestita dall’U.S.L., però c’era un rapporto così bello tra noi, che ci si ritorna. La scuola è veramente un ambiente di confronto.
Anche le istituzioni devono fare la loro parte. Ho riflettuto molto su quello che ha detto il Sindaco di San Benedetto, cioè che bisogna creare luoghi di gioco nei piccoli quartieri. Abbiamo costruito grandi stadi, e adesso a Torino ne vogliono buttare giù uno perché non serve a niente. Abbiamo buttato via miliardi. Anche in questo campo dovremmo sempre mettere al centro i ragazzi e il gioco. Se poi qualcuno fa carriera, diventa un bravo atleta, benissimo, non c’è niente di male. L’importante è che all’inizio della sua vita sportiva abbia avuto il DNA giusto per qualcosa della vita e portarselo dietro. Oggi c’è il mito del successo, del business, dei grandi campioni. La famiglia dovrebbe avere una capacità critica su certi fenomeni. Quando insegnavo a scuola, c’erano bambini che non studiavano perché dovevano andare a giocare a tennis, quasi che il gioco fosse più importante della scuola.
Oggi occorre una grande mentalità critica. Auspico che tutte le nostre Associazioni cattoliche stiano più vicine al CSI. C’è stato un momento in cui il CSI era florido nelle nostre comunità, nelle piccole città. Poi c’è stata una crisi, perché qualcuno ha incominciato a dire: “Non mi interessa mica niente il gioco”. È stato un errore educativo madornale. Anche tante parrocchie, anche tanti preti hanno perso il gusto di giocare con i ragazzi. Magari fanno liturgie solenni, ma non sanno stare a giocare con i ragazzi. Bisogna dirlo, lo ripeto: “Hanno perso il gusto di stare con i ragazzi”. Dobbiamo ritrovare questo gusto di sporcarci la veste, il clergyman, se vogliamo stare con i ragazzi. Ricordando quella frase di Don Bosco che diceva: “I ragazzi sono di chi gli vuol bene”.
27
Cinquecentomila. Questo è il numero di presenze che ha registrato in due anni “Big Gym”, il villaggio sportivo costruito a Roma, intorno e dentro lo Stadio dei Marmi, per la gioia estiva di giovani e meno giovani. L’idea nacque nel 1997 per dare sfogo alla voglia di fare sport dei ragazzi di città, troppo spesso obbligati a rinchiudersi in soffocanti palestre per appagare i loro sani desideri ginnici. Il successo riscontrato è stato da subito enorme, le presenze assolutamente sopra alle aspettative.
L’edizione ‘99 presenta numerose novità e soprattutto si prefigge di tagliare importanti traguardi. Un colpo d’occhio al villaggio, simpaticamente segnalato da un coloratissimo ed animatissimo pupazzo, permette di rimanere strabiliati dalla sapiente gestione degli spazi, dall’efficiente layout, dall’esistenza di sport nuovi e spesso sconosciuti. Basket, free climbing, in line skating, half pipe, area street, funball, soccer jam, thunderball, penalty area, mountain bike, volley, body building, golf, spinning, cardio fitness ed aerobica, sono tra gli sport “classici” del villaggio.
Da quest’anno ingresso obbligatorio anche per gli appassionati di sci e di snow board, che invece di doversi recare in alta montagna per praticare il loro amato sport, potranno abilmente scendere i 70 metri di pista artificiale, ricoperti di neveplast e dotati di impianto di risalita, arrivati “freschi freschi” dall’Austria. Altra novità è la piscina, 1000 metri quadrati dove fare lezione di canoa, vela o wind surf. Ed ancora una rampa alta 14 metri per salti acrobatici ed una vera e propria spiaggia dove tra campi di beach-volley e beach-soccer è possibile dissetarsi all’ombra di un ombrellone, magari seduti su una sdraio!
Le presenze di quest’anno sembrano pronosticare un’ennesimo record. L’afflusso giornaliero medio è di 4.500 persone ed essendo la manifestazione iniziata il 3 giugno scorso, lascia presupporre il crash del muro dei 300.000 partecipanti in una sola estate (il villaggio chiuderà ufficialmente il 15 agosto).
“Lo sport non è un gioco” è il motto con cui è stato deciso di lanciare l’edizione ‘99 del Big Gym. Frase equivoca? Per me si. Lo sport è un gioco, nasce per essere tale, insegna lealtà,
Lo sport (non) è un gioco diAlessandro
impegno, fatica per raggiungere un risultato, accettazione di una sconfitta, ma rimane sempre e comunque gioco. Trovo un po’ forzato, in un mondo che lascia sempre meno spazio allo sport non professionistico e ai vecchi, sani, valori, affermare che non sia un gioco. Al Big Gym si è voluto usare questo tono per sottolineare l’impegno con cui vengono seguiti i ragazzi nelle
Cappelli
28
“Big Gym”: realtà nell’estate romana
varie discipline praticate all’interno del villaggio. Lo sport non è un gioco va inteso come “lo sport è una cosa seria”. Chi fa sport al Big Gym ha la possibilità di essere seguito da insegnanti qualificati; può migliorare la tecnica di una specialità che già conosce ed apprendere i fondamentali di una nuova. I più piccoli (tra 4 e 12 anni) trovano nello “Junior Camp” validi insegnanti Isef che guideranno con esperienza la loro attività ludicomotoria. Nella serietà di come è gestita la manifestazione va inteso il non gioco. Scusate se non mi era troppo chiaro...
Byg Gym significa soprattutto socializzare, stare a contatto con gente nuova, sfidarsi e misurarsi con ragazzi appena conosciuti. Questo trovo sia il vero elemento di forza del villaggio. Per un’intera estate i ragazzi vengono calamitati in un luogo protetto, sano, dove oltre ad eliminare tossine hanno modo di fare nuove amicizie con cui trascorrere intere giornate. Tra l’altro quest’anno è stata organizzata una nuova valida area, il “Pickwick Village”, che permette di intrattenersi fra navigazione
in Internet, partite con la Playstation, buona musica e gustosi gelati.
Il sindaco di Roma, Francesco Rutelli, ottimo giocatore di thunderball, misuratosi con l’assessore allo sport del comune Riccardo Milana, Yuri Chechi e l’intera squadra di pallanuoto dell’ INA Assitalia Roma, sono già stati testimonial della manifestazione.
Un’iniziativa così importante non può che essere sottolineata con meriti, ma non deve offuscare l’impegno di chi organizza lo sport a tempo pieno. Il CSI sostiene lo sport continuativo, teme l’accontentarsi dello sport “una tantum”, rinnega moda e mercato. Non bandisce assolutamente una manifestazione che sottrae i giovani alla strada e riempe l’estate di entusiasmo, ma ad un tempo ci ricorda che la pratica sportiva deve accompagnare un giovane durante tutta la crescita, deve fortificarlo e per fare questo necessita di tempi lunghi, di strutture stabili, di organizzazioni complesse e soprattutto di cultura e passione.
29
racconto il Come si fa goal
Come nel gioco del calcio, anche nella vita di un'associazione gli obiettivi (goal) devono essere visibili perché sia evidente il momento in cui vengono raggiunti e sia giustificata la soddisfazione di chi li segna. Se non si crea il perimetro del campo (descrizione del ruolo, responsabilità, ecc..) e non si fissano le regole del gioco (come si sviluppano le responsabilità: mansioni, ecc...) gli obiettivi sono aleatori, proclamare di averli concretizzati non ha valore. Giocare senza regole significa non dare valore ai risultati. Ciò che conta non è solo far entrare la palla nella rete, ma dare un significato all'azione nell'osservanza delle regole (niente fuorigioco, niente colpi di mano...) e nello sviluppo di gesti tecnici importanti (niente rimbalzi gratuiti, niente autogol...) Pochi sanno rispettare le regole del gioco... Senza regole chiare non si ottengono obiettivi significativi, che producano soddisfazione per chi li raggiunge perché mancherà sempre quel fattore chiave che alimenta lo spirito di squadra: la sfida comune che gratifichi ciascuno. Se volete uno spogliatoio affiatato ci vogliono obiettivi chiari e regole ferree basate su valori guida che tutti, e noi per primi, dobbiamo rendere importanti difendendoli con l'esempio.
L'Associazione vive, adesso, un momento particolare: deve affrontare i problemi e i compiti nuovi scritti nelle regole statutarie approvate a Salsomaggiore.
Autonomia e unità associativa
Qualcuno ha osservato che "l'unità associativa" è stata una grande riconquista del nuovo Statuto CSI, ma è stato anche detto che essa, nel concretizzarsi, non cala dall'alto ma deve essere il risultato dell'impegno di tutti i soci (società sportive).
Ciò non significa la perdita di autonomia dei Comitati territoriali o regionali. I nuovi impegni associativi, ad esempio far confluire i rendiconti territoriali e regionali in un unico bilancio CSI, devono camminare su due binari: "autonomia" per salvaguardare la progettualità di base, la creatività, i servizi adeguati agli associati; "unità associativa" per garantire l'identità, le motivazioni, gli ideali, le finalità, le metodologie, la corresponsabilità...
Sull'autonomia, però, bisogna intendersi, dobbiamo essere chiari e precisi: Presidenza nazionale, Comitati regionali e Comitati territoriali sono strutture di servizio di un’unica Associazione nazionale.
Che senso avrebbe parlare di autonomia della Presidenza nazionale? Certo, anche la Presidenza
nazionale ha un suo spazio di gestione, ma il suo compito principale non è fare attività, piuttosto promuovere, coordinare, realizzare servizi per altri.
Lo stesso vale per le Regioni: certamente hanno spazi di autonomia, ma è forzare un po' le cose parlare di autonomia per strutture che hanno come funzione tipica quella di essere cerniere, di fare mediazione, di coordinare fra il Centro nazionale e i Comitati territoriali.
Del resto, autonomia da chi? Dal Consiglio nazionale? Dalla Presidenza nazionale, che a sua volta è una struttura esecutiva, di coordinamento, sotto moltissimi aspetti simile alla struttura regionale? Senza tacere, poi, che autonomia non è certo indipendenza, indifferenza, separazione... In verità, in questi anni, si è confuso il "decentramento" con la tendenza a "fare ciascuno come crede", o, peggio, ad agire sentendosi un'entità indipendente.
Meglio il gioco
di squadra
Questo momento post-congressuale è, per tanti versi, storico: alla fine di un quadriennio, avendo davanti gli obiettivi e i compiti di una stagione che chiama tutte le strutture associative a rinnovare i quadri dirigenti, viene rivolto un richiamo "forte" alla responsabilità di ogni socio (società sportiva) perché senza l'apporto di tutti i soci non si raggiungerà nessun traguardo ragguardevole.
Per tornare al calcio e al gioco di squadra... Quando una squadra parte con l'unico obiettivo di vincere lo scudetto è facile che ceda prima o poi sotto il peso di un traguardo lontano, della vertigine che coglie chi si mette sulle spalle un macigno di ambizione.
Come insegnano i "mister" più bravi, meglio affrontare una partita alla volta. Perciò, frazionate grossi traguardi in piccoli successi frequenti. Date la possibilità di pensare intanto solo al prossimo goal, formulate obiettivi in modo che sia facile ottenere spesso tanti piccoli risultati positivi. Ogni piccola vittoria crea entusiasmo e diventa motivante per il raggiungimento di quella finale.
Quando gli obiettivi non sono chiari, le persone si buttano nella mischia cercando di fare il loro meglio. Sono desiderose di affermarsi e di riuscire, ma temono di sbagliare, più spesso tendono a strafare, scavalcando gli schemi, ignorando sotto porta il compagno meglio piazzato. Il colpo di genio individuale riesce raramente, più spesso si provoca il fallimento del progetto di squadra. Oggi è tempo di collettivo. La ricerca del gaol attraverso il colpo di tacco non lo si insegna più neanche ai pulcini.
Edio Costantini
di
CURRICOLO DI BASE PER OPERATORI SPORTIVI
È una collana di libri che il CSI ha progettato perché siano utilizzati come sussidi didattici per la Scuola Nazionale Educatori Sportivi e, in linea più generale, per potenziare il patrimonio di competenze dei tecnici associativi e di tutti gli operatori sportivi.
In Concreto la collana prevede due tipologie di testi: quelli che mirano a fornire le conoscenze di basepedagogiche, associative, metodologiche, medicheindispensabili a tecnici di qualsivoglia disciplina e quelli specificamente dedicati a tecnici di un singolo sport.
#
TAGLIANDO RICHIESTA PUBBLICAZIONI
Cognome ________________________ Nome______________________
Via ________________________________ nº________ CAP__________
Città________________________ Provincia_____ Tel._______________
MODALITÀ DI PAGAMENTO
q Allego fotocopia della ricevuta di versamento sul ccp nº34396002 intestato a Centro Sportivo Italiano - Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma
q Allego assegno nº ______________________ di £________________
della Banca __________________________________________________
q Da inviare in contrassegno
Data_________________ Firma______________________
Spedire in busta chiusa o inviare per Fax
I dati forniti verranno utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni richieste
SPORT & EDUCAZIONE Duilio Olmetti, Ermanno Mazza, 1996, pagg. 96, £ 15.000
LA PALLACANESTRO
N. Bevacqua, M. Mondoni, G. Salviati 1998, pagg. 208, £ 30.000
CENNI DI TEORIA E METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO M. Bellucci, R. Longhi, M. Stera 1998, pagg. 120, £ 25.000
ELEMENTI DI BASE DI MEDICINA DELLO SPORT S. Cameli, M. Donisi, R. Vannicelli, 1996, pagg. 96, £ 20.000
IL CALCIO
M. Sartori, F. Nalesso, R. Longhi, O. Jaconi, 1996, pagg. 160, £ 26.000
L’ATLETICA LEGGERA Renato Marino, Fabio Sebastiani 1997, pagg. 128, £ 20.000
LA PALLAVOLO Massimo Stera, 1997, pagg. 272, £ 35.000
Centro Spor tivo Italiano
TITOLO COPIEPREZZO
_________________
PER IMPORTI SUPERIORI a £ 100.000 _________________
DA PAGARE Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma - tel 06/6867941 fax 06/68802940
IMPORTO PARZIALE
SCONTO 20%
IMPORTO