Stadium n. 11-12/1998

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n° 11/12 dal 1906 il mensile del centro sportivo italiano Dovevalosportitaliano? L re 1 000 SPED IN A BB POST ART 2 COMMA 20/C LEGGE 662/96 FIL ALE DI ROMA 1 9 9 8 n o v e m b r e / d i c e m b r e

n°11/12

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editoriale

03 Facce di bronzo di Donato Renato Mosella

vitacsi

12 Mai appiattirsi! di Livio Olivi

14 Più sport e meno chiacchiere di Edio Costantini

16 La carica dei cinquemila di Massimiliano Giombini

18 Il calcio va in convento di Patrizia Cattaneo

19 Tevere Cup di Gian Luca Donato

22 Quelli che il calcio l’hanno dentro di Gianni Marchi

25 AranBlu

28 Aggiungi un posto a tavola di Renato Picciolo

29 Quattro passi di solidarietà di Vittorio Bosio

dossier

08 Parrocchia addio? di Leo Leone

sport&sport

04 Caro ministro, salviamo lo sport di Giampiero Spirito

07 La riforma secondo il CSI di Andrea De Pascalis

argomenti

20 Le tre “ambizioni” del Progetto culturale di Luigi Crimella

23 Un’alleanza educativa per i giovani di Marco D’Amico

26 Una cometa di speranza di Alessandro Cappelli

rubriche

24 Allo specchio di mons Vincenzo Manzella

30 Il racconto di Edio Costantini

radici

31 Pellegrini verso il giubileo di Vittorio Peri

R E T T O R E Donato Renato Mosella D I R E T T O R E R E s p O n s a b I l E Edio Costantini D I R E z I O n E , R E D a z I O n E E a m m I n I s T R a z I O n E Via della Conciliazione, 1 00193 Roma p u b b l I c a z I O n E I s c R I T Ta al n 4987 del Reg Stampa del Tribunale di Roma del 4/1/1956 p R O g E T T O g R a f I c O Medias Pubblicità - Napoli I m pa g I n a z I O n E C SI Editore l E f O T O D I q u E s T O n u m E R O s O n O D I : A Criscuoli: pagg 1, 4/5, 8, 14/15, 16, 17; LDC : pag 10, 11; R Siciliani: pag 20/21; pag 30 disegno di Nevio De Zolt s Ta m pa Romana Editrice s r l Via Colle Ara della Signora, 8 San Cesareo (RM)

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D I
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sommario

Facce dibronzo

e

Il 1998 volge al termine e ancora non ci è dato sapere come sarà l'organizzazione sportiva italiana del nuovo Millennio.

Probabilmente le cose saranno più chiare tra qualche settimana, quando il Ministro con delega allo sport, on. Melandri, presenterà la sua proposta di riforma. Quand'anche fosse un 'ottima riforma, per il sistema sportivo si tratterà di un pesante autogol. Rassegnando le dimissioni e offrendosi come capro espiatorio di tutto il settore, Mario Pescante aveva consegnato ai vertici del CONI la possibilità di una matura e serena riflessione che conducesse ad una seria autoriforma. Purtroppo è andata diversamente: i "reduci" hanno pensato di poter riscattare il CONI dei mille scandali presentando proposte ridicole, seguendo una linea di politica sportiva conservatrice e retrograda come mai si era visto durante la presidenza Pescante

L'unico cedimento al nuovo il Palazzo lo ha mostrato "aprendo" alla possibilità di fare entrare una rappresentanza di atleti, la minima possibile, nell'anticamera della stanza dei bottoni Fumo negli occhi, più che sincera voglia di democrazia

A quanti, come me, credevano nella strada dell'autoriforma non resta che ravvedersi, accettando in maniera definitiva che nulla può cambiare davvero nello sport italiano se il Governo non interviene con il coraggio del bisturi

Chi ha sognato un sistema sportivo che si raccogliesse in assise plenaria, con unità di intenti, per disegnare dal basso una riforma giusta ed efficace, deve ammettere di aver sottovalutato il nostro vivere in Italia Siamo il Paese che sta facendo naufragare tra i privilegi di pochi l'ansia della gente comune di avere dopo Tangentopoli una democrazia più sicura e più stabile; dove vecchi faccendieri di ogni settore, colti con le mani nel sacco e condannati dalla legge, non hanno difficoltà a riciclarsi alla pubblica opinione come accorti manager senza macchia e senza paura; dove si ama esercitare il potere senza contraddizioni, fino a crederlo un diritto assoluto cui non si rinuncia neanche con i carabinieri alle porte

Quindi, non costituisce un fatto eccezionale che certe facce di bronzo del CONI pensino di buttare in burletta la questione della riforma, di gabbare il Ministro, di gabbare Guariniello e colleghi, di gabbare anche i media e lo sport di base, riunendosi di notte per concordare il modo in cui affossare ciò che altri propongono alla luce del giorno

Lo sport al guinzaglio della politica non è il massimo della vita Tuttavia facciamo il tifo per il Ministro Melandri, affinché cambi le regole, ripristini la partecipazione e la democrazia, riaffermi la chiarezza dei comportamenti obbligando i padri padroni dello sport a mandati limitati, a controlli amministrativi esterni rigorosi, senza commistioni tra controllati e controllori Ben venga una legge, e a questo punto anche un Ministero dello sport, se è il solo modo per dare a ciascuno il suo: in mezzi, in responsabilità, in dignità

La certezza di una legge è quanto occorre per evitare che al Foro Italico si continui a parlare con sufficienza e superficialità di associazioni come la nostra Meglio separare la nostra strada da quella del CONI, meglio chiedere il riconoscimento al Parlamento della Repubblica che ai trasformisti del Foro Italico Se si perderà l'unitarietà del sistema sportivo, la responsabilità sarà di chi pensa di rappresentare l'unico sport possibile e l'unico modo di gestire lo sport Noi, per conto nostro, ne guadagneremo in libertà progettuale e di denuncia

A tutti i soci e ai lettori di Stadium giungano gli auguri affettuosi e sinceri, con l'auspicio che l'anno che sta per iniziare possa portarci un 'organizzazione sportiva nuova, libera, capace di riaccendere i cuori di tutti

Siamo sempre più convinti che gli interlocutori privilegiati di Gesù siano i poveri, cioè coloro che non fanno grandi discorsi su Dio, che non hanno interessi da difendere, che non contano niente, ma che sono disponibili, semplici, piccoli

Questa "luce" ha sempre affascinato questa Associazione e continua ad affascinarla Non è magica ma passa attraverso la difficile strada del "servizio" Dietro ogni bambino abbandonato, ogni ragazzo violentato, dietro ogni giovane che non conta niente c'è Dio Come si può resistere a questo tipo di provocazione? Come si fa a non farsi contagiare dalle parole, dai segni e dai gesti di Gesù?

Gesù non condanna nessuno, non proclama stragi, non si vendica ma si offre a morire Questo Gesù, assolutamente "sbilanciato" verso i poveri e gli ultimi, sceglie la strada della croce È questa la strada che continua a scandalizzarci perché è una scelta troppo radicale per la nostra cultura, per il nostro modo di pensare e di essere Ma questa è la sola strada praticabile per chi sceglie di stare "dalla parte dell'amore", ogni volta che vengono negati i diritti alla parola, al lavoro, alla libertà, all'amicizia, al gioco e allo sport

È
Natale
e d i t o r i a l e
Auguri Stadium
D o n a t o R e n a t o M o s e l l a D o n a t o Re n a t o M o s e l l a 3

Dove va lo sport italiano?

roMinistro, viamolosport!

Dove va lo sport? È l’interrogativo più frequente di questo periodo È quanto si chiede l’opinione pubblica, disorientata dallo scandalo doping, dalla trasformazione delle squadre di calcio in società per azioni, dai coltelli lanciati sui giocatori in campo E dalla voglia di riforma che ha agitato la classe politica dominante per tutti questi mesi La stessa classe politica che è stata rapidissima a concedere per decreto il fine di lucro a Milan, Juventus e compagnia, ed è stata fermissima (nel senso che niente si è mosso ) nel consentire alle società dilettantistiche di operare, con un’apposita legge Disegnata e mai discussa

CaroMinistro, salviamolosport!

Hanno il diritto di saperlo atleti, tecnici e dirigenti che hanno speso, spendono e continueranno a spendere il loro tempo, libero e non, su campi, palazzetti e palestre Che alle soglie del duemila, l’organizzazione sportiva, istituita da una legge varata in tempo di guerra, debba rivedere le proprie regole sembra a tutti scontato Sul modo di farlo semmai ci sono più dubbi che certezze Innanzitutto è una rivoluzione o una restaurazione? Viene da dentro o dall’esterno del mondo sportivo? Ammettiamo francamente che la riforma tanto attesa e che sarebbe dovuta intervenire per motu proprio non c’è stata Ritardata da chi doveva attuarla Colpa quindi del mondo sportivo Ma insomma, vederla calare dall’alto, anche con una certa insistenza, non rende troppo fieri, in un mondo come quello sportivo, fatto di campioni e di gente

abituata a combattere con mille avversità Nessuna resistenza, quindi, nessuna obiezione L’allarme iniziale di Gianni Petrucci, presidente della federbasket, preoccupato dall’intrusione dell’allora vice premier Walter Veltroni è rimasto isolato Chi per interesse di poltrona, chi per timore, tutti tacciono di fronte all’invasione E l’autonomia dello sport, in un periodo di autonomie gridate e minacciate, in tutti i settori della vita sociale, diventa bandiera per conservatori A proposito di simboli e bandiere è curioso che il giorno in cui il consiglio dei ministri dell’Italia ha ratificato le dimissioni di Mario Pescante, presidente del Coni dal ‘93 al ‘98, a San Pietroburgo, città chiamata Leningrado nell’Unione Sovietica comunista, l’associazione dei comitati olimpici europei abbia respinto simil atto dello stesso Pescante in seno a questa organizzazione Non solo, ma all’ex padrone di casa del Foro Italico sono stati tributati tre minuti di applausi Eppure quelle dimissioni erano necessarie per evitare il commissario al

di

Giampiero Spirito

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Coni Non il commissariamento Decapitato il vertice storico, caduto in disgrazia nei rapporti con il governo, dopo il flop della candidatura olimpica di Roma 2004 è stato tutto più facile

C’è però un altro fatto curioso La riforma disegnata da Veltroni propone tra l’altro l’elezione dal basso dei presidenti federali, come segno di democrazia Però la ristrutturazione del Coni non si è basata su alcun referendum

Altro fattore di discussione: la privatizzazione delle federazioni con le risorse affidate alle capacità specifiche Insomma chi ha più forza ottiene più contributi da sponsor e tv Chi organizza sport meno vistosi si arrangi Alla faccia della tutela delle minoranze!

Andiamo avanti con le curiosità Lo sport che al femminile conta numerose campionesse, da Sara Simeoni a Novella Calligaris, da Trillini a Paola Pezzo, a livello dirigenziale ha effettuato sempre una discriminazione Al Consiglio nazionale del Coni l’unica donna era Manuela Di Centa, in rappresentanza degli atleti Ma presidenti di federazioni, mai! E quindi è anche aria di rivincita rosa, il fatto che a dirigere le operazioni sia

la giovane Giovanna Melandri, 36 anni, neo ministro dei Beni Culturali con delega allo sport e con un passato tutt’altro che sportivo Nel 1982, mentre l’Italia vinceva il suo terzo campionato mondiale di calcio, la ventenne romana, nata a New York, approdava al direttivo della Legambiente dove cominciava a fare esperienza con l’eco-mafia e gli incendi Dieci anni dopo, mentre Barcellona festeggiava una delle più grandi Olimpiadi della storia, la Melandri entrava in un’altra direzione, quella del Pds E nel 1994, anno in cui gli azzurri marciavano spediti sulle nevi di Lillehammer e si squagliavano ai rigori, nel caldo dei mondiali statunitensi, Giovanna Melandri faceva il suo ingresso in Parlamento tra i progressisti, in opposizione al governo di Silvio Berlusconi, presidente del Milan La sua specializzazione varia tra la comunicazione e la bioetica “Sarà una bella sorpresa per chi non la conosce”, ha detto, presentandola il suo predecessore, Walter Veltroni “Da parte mia - ha quindi fatto sapere l’attuale segretario dei Democratici di Sinistra - avrò sempre a cuore le sorti dello sport di questo Paese e continuerò, con lo stesso rispetto di sempre per la sua autonomia, ad impegnarmi per esse” Stesso rispetto nei confronti della Melandri che, tra una questione relativa ai beni culturali e una nel campo dello spettacolo, mansioni tipiche del suo dicastero, ha incontrato i dirigenti del Coni e ha deciso di “procedere alla riforma del Coni, attraverso la delega conferita al governo per la riforma degli enti pubblici” Come punto di partenza il ministro ha affermato di considerare “le linee generali

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indicate dal precedente ministro Veltroni nella sua lettera del 14 ottobre al vicepresidente del Coni, Bruno Grandi”

“Un nuovo Coni” chiedeva Veltroni, commentando i risultati della relazione della commissione d’inchiesta governativa, Grosso, che aveva espresso un giudizio negativo soprattutto sulla federcalcio e sulla federazione dei medici sportivi, in riferimento allo scandalo doping L’ente avrebbe dovuto “ essere rinnovato, autonomo, più leggero e meno burocratico, con ruolo e competenze ben definite ma anche con rapporti chiari con le varie articolazioni del mondo sportivo” Ma in particolar modo più controllato da parte del governo attraverso una commissione di garanzia per sostituire il vecchio collegio dei revisori dei conti Quindi la ridefinizione dei rapporti tra Coni e federazioni sportive E poi l’accesso alle cariche direttive aperte a tanti, quindi anche agli atleti E il fatto che nella giunta non dovranno più sedere i presidenti di federazioni ma altri Sperando che siano a conoscenza dei problemi dello sport Oppure in ogni riunione ci saranno audizioni per capire quali e quante sono le esigenze dei praticanti? È vero che in politica siamo abituati a vedere, qualche volta, i ministri occupare le massime poltrone di ministeri di cui conoscono poco o niente Ma lo sport merita concretezza e rapidità di soluzioni

Insomma la riforma è necessaria Lo sport verso il 2000 deve cambiare e soprattutto garantire diritto di cittadinanza a chi realmente ha i numeri, come tesserati e mole di attività (senza soffocare le minoranze: pesce grande che mangia pesce piccolo non è un modo di fare prettamente sportivo)

Finalmente vengono abbattuti gli steccati tra federazioni ed enti di promozione: da considerare di pari dignità E ben vengano le ripartizioni (senza barriere però) tra sport di vertice e pratica di base, con rispettive competenze degli organismi federali e associativi Eh già, proprio una questione di ruoli e competenze Così il mondo politico, chiamato soprattutto a legiferare, prima che imporre, avrebbe potuto attuare la sua funzione principale E procedere come ha fatto in occasione della promessa legge sulle società sportive dilettantistiche

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Dove va lo sport italiano?

La riforma del CONI costituisce solo il primo, indispensabile passo per cambiare il sistema sportivo italiano É indispensabile che a breve giunga un riordino organico e globale del settore, attraverso lo strumento di quella legge-quadro che manca da sempre, una legge che, secondo il C SI, deve articolarsi su cinque punti fermi

La dis tinzion e dei ruoli Dopo decenni di confusione e di sovrapposizioni tra federazioni, enti di promozione, scuola, regioni ed enti locali, deve essere chiaro chi fa che cosa, distinguendo compiti e modalità organizzative tra chi ha il compito di preparare l’alta prestazione e chi si deve occupare dello sport di massa, con i suoi risvolti educativi e sociali

Lariformasecondo ilCSI s

La pari dign ità de i sogge tti Ciascuno dei due ambiti, l’alta prestazione e lo sport di massa, meritano uguale rispetto Un rispetto che i due ambiti devono meritarsi: lo sport di alta prestazione tutelando la salute degli atleti, riconquistando un’etica, rimettendo al centro la persona umana; lo sport di massa dandosi rigore organizzativo e continuità, rinunciando ad essere quel supermercato che troppo spesso è oggi, dove si entra, si sceglie, si paga, si consuma e si va via

L’unit ariet à del s iste ma Nessuno che si sia occupato davvero di sport può pensare che esso funzioni a compartimenti stagni Lo sport per tutti e lo sport di alto livello sono come le due gambe di un unico individuo: se si vuole che funzionino bene e camminino in armonia, è necessario che siano comandate da un unico “cervello” Troppe sono le interconnessioni tra l’uno e l’altro mondo per pensare di poter fare diversamente Basti solo considerare che lo sport di massa è, volenti o nolenti, un insostituibile serbatoio per lo sport di alta prestazione; come basta pensare che ogni gesto prodotto da un campione si riverbera nel costume e nei comportamenti delle giovani generazioni

L’au tonomia del sis tema Nessuno può pretendere che lo sport non sia oggetto di vigilanza da parte degli organismi istituzionali Autonomia non significa franchigia dalle regole e dalle leggi Ma è anche evidente che quello dello sport è un

Lariformasecondo ilCSI di

mondo del tutto peculiare, fatto di bisogni, di comportamenti e di esperienze originali; un mondo, quindi, che non può essere ingabbiato in metodi gestionali e burocratici usati per un qualsiasi comparto industriale o finanziario

La certezza de i fin an ziame nti Pochi sanno che il crollo del totocalcio, costringendo il CONI a rivedere il suo bilancio, minaccia di riversarsi sugli Enti di promozione con tagli al bilancio 1998, cioè alle spese già effettuate É inaccettabile che questo sistema si perpetui nel tempo, rendendo impossibile programmare le attività per l’impossibilità di prevedere l’ammontare dei contributi Se lo Stato ha davvero chiaro che lo sport di massa ha un’insostituibile funzione sociale ed educativa, è scandaloso che pensi di lasciarlo in balia degli esiti di una lotteria Ed è cinico che pensi ogni giorno ad inventare scommesse alternative, lasciando che gli introiti arricchiscano le proprie casse e quelle dei gestori, pur sapendo che così facendo si toglie ossigeno a chi supplisce ad inefficienze educative che sono anche proprie

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Andrea De Pascalis Il presidente del CSI, Donato Renato Mosella, all’insediamento del Comitato nazionale Sport per Tutti

Lo sport emigra oltre il sagrato

D O S S I E R

P A R R O C C h I A A D D I O ?

Una genuina fantasia pastorale, per individuare nuove occasioni di incontro e di approfondimento tali da consentire a educatori e giovani di camminare insieme alla luce dell’esperienza evangelica: è quanto si chiedeva in uno dei passaggi strategici del documento dei vescovi “Evangelizzazione e testimonianza della carità”, che agli esordi degli anni novanta tracciava le linee di intervento pastorale per la chiesa italiana.

In quello stesso documento, si sottolineava la necessità di “ evangelizzare tutta l’esperienza giovanile”. Un chiaro invito quindi ad andare oltre il sagrato Quanta strada si è fatta in tale direzione?

A che punto siamo oggi sullo scorcio del decennio che ci porta al 2000?

È sui giovani che dobbiamo concentrare l’attenzione: essi rappresentano l’oggetto privilegiato del nostro impegno, tra le loro file si vanno manifestando sempre più i segnali di nuove povertà, ma anche di accorate attese Proviamo a delineare l’orizzonte nel quale si colloca oggi l’esperienza giovanile ricorrendo ad una opinione condivisa tra gli esperti, oggetto per altro di conferme che ogni giorno può riscontrare chiunque si interessa in qualche modo a loro La condizione diffusa dei giovani d’oggi sembra essere quella dei non aventi fissa dimora Con un linguaggio vicino al paradosso qualcuno parla di “giovani che vivono in non-luoghi”; emigrano senza meta dopo aver tagliato ponti e recinti di gruppi e di associazioni che in passato avevano costituito per loro solidi punti di riferimento e di appartenenza: partiti politici, associazioni culturali, di tempo libero e di matrice religiosa.

Apriamo una stagione di riflessione e di verifica

Forse il tempo è giunto per aprire un dibattito aperto e franco per verificare se l’associazionismo cattolico ha raccolto il messaggio dei vescovi italiani e si è incamminato lungo itinerari segnati da una pastorale “organica, intelligente e coraggiosa”.

Una prima costatazione possiamo fare senza eccedere in euforia, ma con il piacere di avviare una lettura in positivo: da qualche anno la Chiesa, anche quella italiana, si è aperta all’incontro con i giovani realizzando eventi di forte risonanza per i temi trattati, per la partecipazione ottenuta, per lo sforzo organizzativo e le risorse impegnate, con la conseguente notevole ricaduta in termini di immagine e di effetto di trascinamento soprattutto tra le giovani generazioni.

Valgano per tutti i ricorrenti meeting della gioventù, che hanno fornito immagini di grande suggestione degli incontri tra Giovanni Paolo II e le sterminate folle giovanili

Per una pastorale feriale

I grandi eventi tuttavia non esauriscono la funzione pastorale che, come per ogni processo rivolto al cambiamento dell’uomo, è chiamata a fare i conti con il quotidiano, con le piccole storie di ciascun uomo, con i rapporti tra persone all’interno di un determinato contesto storico e ambientale È la via obbligata di ogni

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D O S S I E R diLeo
Leone

processo educativo che miri a incidere nel profondo, a maturare le persone, a mobilitarle per scelte di senso Evangelizzare significa porsi in questa prospettiva e su questa strada di impegno diuturno, nella continuità, affrontando l’inevitabile indice di rischio, mettendo in conto lo scacco, profondendo energie e disponibilità verso gli altri, per un approccio “ feriale” con i giovani.

L’espressione più bella, recuperata dalla storia della chiesa primitiva e che viene sempre più applicata anche alla parrocchia intesa come chiesa locale, è quella di comunità ecclesiale

In un lucido intervento, apparso recentemente in Note di Pastorale Giovanile, Riccardo Tonelli così si esprime: “Considero comunità quel gruppo di persone, segnato da intensi rapporti di solidarietà, collocato in un territorio e capace di offrire proposte e risposte che afferrano, in modo complessivo, le attese e l’esistenza delle persone che in esso si riconoscono”

Essere comunità in cammino

Incontrare i giovani sul loro cammino non è impresa da poco. È facile la tentazione di attenderli nel recinto Qualsiasi recinto È arduo cercarli perché si tratta di scendere nei loro non-luoghi. L’incontro oggi più che mai si realizza nella “strada” intentendo con tale categoria una serie di spazi indefiniti o comunque non definitivi come riferimento che indichi frequentazioni, appartenenze, attività, in ultima analisi, identità.

Si tratta di riscoprire il non fascino di questo richiamo che però ci riconduce alla dimensione più naturale del Vangelo Gli incontri autentici Gesù li realizzò nei non-luoghi: presso la fontana, al pozzo, nella piazza, lungo i margini nella marginalità sociale senza con questo fornire modelli cosiddetti “alternativi” alle frequentazioni più “rituali” nel tempio, nella sinagoga

La sensazione che si ricava da tante storie di giovani e da tante situazioni pastorali è che l’incontro non avviene perché le strade non si incrociano. La parrocchia resta spesso uno spazio recluso, la comunità ecclesiale si manifesta come gruppo autoreferenziale: fa tante cose belle... al proprio interno, vi sono i protagonisti delle liturgie, i capi dei vari gruppi, i catechisti, il parroco Sono lì a garantire la funzionalità del tutto e c’è tanto da fare che si è spesso a rischio di un iperattivismo che non consente neppure di aprire la finestra per vedere quel che avviene nel quartiere, nel paese, nella città

E ritorna prepotente alla mente la provocazione di Gesù, che nel narrare la storia del buon samaritano, guarda caso una storia di “strada”, mette in allerta i benpensanti quando mostra a dito talune figure emblematiche di passanti distratti nei confronti di chi versa in stato di sofferenza: il sacerdote, il levita...

Talora forse la sindrome del ripiegamento in sé, dell’autosufficienza, dell’autoappagamento che si instaura nei gruppi (tanti gruppi !) parrocchiali può determinare anche quella inclinazione più o meno consapevole, da parte dei responsabili della pastorale parrocchiale, a marcare sempre più le distanze tra chi è dentro e

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chi è fuori Il meccanismo scatta quasi per processo di accumulazione: più si è rimasti estranei al mondo esterno e più si alzano gli steccati

Anche questo può spiegare perché nell’immaginario collettivo giovanile la chiesa viene percepita per lo più come istituzione, come efficiente macchina di servizi, come spazio di securizzazione per coloro che ne fanno parte

Si percepisce la fatica a trovare spazi di accoglienza per progetti e proposte di preevangelizzazione che vengono targati come estrinseci, poco “ecclesiali”, non consoni alle linee pastorali. Quando non suonano come vere e proprie provocazioni di disturbo. Si evita quasi di registrare la distanza che ogni giorno si accresce tra chi è dentro e chi è fuori

Non dappertutto è così: vi sono sacerdoti in prima linea e comunità locali che esprimono con chiari segni di testimonianza il servizio agli ultimi e non solo nei termini del solidarismo tradizionale: nei confronti degli anziani soli, dei malati, delle famiglie in stato di bisogno. Vi sono storie di presenza delle Caritas parrocchiali a sostegno delle nuove povertà anche nel mondo del disagio giovanile.

Lo sport migra, la parrocchia che fa?

Negli ultimi tempi come CSI abbiamo ancor più compreso l’urgenza del nostro compito di promuovere uno sport a dimensione educativa ma anche di non nascondere la finalità di tradurlo in opportunità di preevangelizzazione, sempre nel rispetto pieno dei ragazzi e dei giovani che incontriamo Anche per questo abbiamo cercato in vario modo di infrangere un tabù che fa parte delle regole e della cultura dello sport moderno ( all’inizio non era così) Abbiamo fatto uscire le discipline sportive dagli spazi reclusi, appartati, riservati e recintati per trasferirle sulla piazza, nella strada inventando anche le cosiddette forme di free sport, sport libero dai cappi spesso soffocanti di regole e codicilli.

Abbiamo offerto con maggiore insistenza e con grande voglia propositiva opportunità nuove anche alle parrocchie, alle chiese locali e non solo, per stimolare ed essere stimolati, con risultati anche molto diversi tra loro.

L’impressione è che la pastorale parrocchiale non sia ancora pronta a scendere in strada, né a seguire in questa “avventura” altri compagni di viaggio Ma lo sport non può attendere, non può attestarsi sul sagrato aspettando che i tempi cambino. Altrimenti rischia di perdere di vista i giovani, incamminatisi verso i loro nonluoghi di vita quotidiana. Se la parrocchia aprirà gli occhi, le orecchie e le porte a tutti i soggetti che perseguono le sue stesse finalità, e dunque anche a quelli sportivi, si può ancora recuperare. Altrimenti la parrocchia perderà, oltre ai giovani, anche lo sport

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Assemblea nazionale di verifica

Maiappiattirsi!

Mai come questa volta l'Assemblea di Verifica ha davanti a sé il compito di non limitarsi ad analizzare i numeri che fissano la consistenza organizzativa e le attività svolte dall'Associazione

Ne fa fede il tema stesso prescelto per l'assemblea: "Essere associazione sportiva nella realtà italiana Il progetto culturale del C S I " La prima parte richiama al dovere di approfondire il senso che assume la presenza del C S I nel difficile e mutevole contesto odierno mentre la seconda pone le premesse di una sfida per la promozione e animazione di una cultura sportiva a impronta umana cristianamente ispirata

È fin troppo chiaro il richiamo al "Progetto culturale orientato in senso cristiano" della Conferenza Episcopale Italiana, che invita la comunità cristiana e tutte le sue aggregazioni a produrre un incontro tra fede e cultura

Anche l'associazionismo sportivo di ispirazione cristiana è chiamato a dare il suo contributo Di qui la responsabilità del C S I a darsi un progetto culturale che faccia da ponte tra la fede e lo sport

Mettersi in una dinamica di ricerca, di risposta e di proposta è tanto più necessario in un momento, come quello attuale, di grave crisi per lo sport italiano

Ed è con questa crisi che l'Assemblea deve anzitutto confrontarsi Le sue origini e le sue dimensioni, infatti, vanno ben al di là dei controlli colabrodo del laboratorio antidoping del CONI Lo scandalo del doping è solo il segnale più vistoso di una situazione di malessere molto vasta e profonda di cui soffre l'organizzazione sportiva italiana

È il sistema stesso che denuncia i suoi limiti storici, culturali e sociali, perché è nato in un contesto e con degli obiettivi che sono venuti meno da oltre cinquant'anni; perché la cultura della prestazione, dello spettacolo, del guadagno e del commercio hanno soffocato, assieme ai valori dell'uomo, il senso stesso

dello sport; perché, infine, non è stato dato il giusto riconoscimento ai bisogni e alle domande di "sport per tutti" che sono nati e si sono andati sviluppando nella nostra società da almeno trent'anni

ai appiattirsi!

Il C SI queste analisi e queste critiche le va facendo da tempi remoti e certamente non sospetti, ma ora che i nodi sono giunti al pettine avverte la responsabilità e il dovere di portare nella riforma dello sport italiano il contributo delle sue idee e della sua esperienza L’Assemblea Nazionale costituisce l'occasione

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v i t a c s i
di

per definire i termini della proposta che vogliamo avanzare e per affermare il nostro impegno politico per realizzarla

Come si vede, non è certamente avulso da questo proposito il compito dell'Assemblea di fare il punto sull'attuale capacità del C S I di costituire una proposta valida e credibile nel panorama sportivo italiano, coerente con i valori umani e cristiani a cui si ispira

Complessivamente considerato, il C S I gode oggi di buona salute, come dimostra la crescita costante degli iscritti, delle società sportive e delle attività Ma al di là dei numeri occorre valutare la qualità della proposta associativa

Seguendo gli impegni assunti nel Congresso Nazionale di

due anni orsono, occorre anzitutto rilanciare la dimensione associativa del C S I che si realizza soprattutto nella vita delle sue società sportive Per promuoverle e animarle occorre predisporre adeguati servizi, sostegni ed estendere fino a loro quella cultura dell'Associazione che è espressa nel "Patto associativo" recepito dal Congresso Nazionale due anni orsono Un secondo impegno congressuale che occorre verificare e rilanciare è quello dell'attività sportiva, ricordando le scelte congressuali del '96: caratterizzare in senso promozionale ed educativo tutte le attività sportive; costruire un sistema integrato tra attività di base e manifestazioni complementari a livello regionale e nazionale; organizzare iniziative che costituiscano modello e segno della cultura sportiva dell'Associazione; sviluppare l'impegno sociale dando vita a progetti, interventi e iniziative che realizzino un servizio sportivo per gruppi, categorie ed aree della società che presentano particolari situazioni e bisogni

V'è infine da considerare l'ambito organizzativo, riguardante il servizio associativo che devono realizzare le strutture ai vari livelli Rientrano in esso la cultura e il metodo della progettualità che deve caratterizzare l'operatività delle strutture, l'assunzione effettiva delle responsabilità e funzioni da parte delle nuove Regioni (autonomia e federalismo solidale), la qualificazione culturale e tecnica degli operatori secondo il progetto formativo recentemente elaborato L'Assemblea, insomma, non può appiattirsi sui successi raggiunti ma deve impegnarsi a delineare il modello organizzativo e culturale di un'Associazione all'altezza dei principi umani e cristiani cui si ispira, capace di far fronte alle funzioni e alle responsabilità che le spettano in un momento critico dello sport italiano Poiché ogni “successo”, in termini di numeri, produce sempre le premesse che provocano un possibile declino, occorre sfuggire ad ogni tentazione di “onnipotenza” e far emergere i semi di novità, scoprire nuove attenzioni per rielaborare costantemente i grandi progetti associativi

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v i t a c s i

partita la nuova stagione sportiva

Piùsportemeno “chiacchiere”

Seicentoventi campionati di calcio, 532 di calcio a cinque, 412 di pallavolo, 116 di basket, 800 prove di atletica leggera, 1574 prove di corsa campestre e poi 1200 prove di tennistavolo e centinaia di altre manifestazioni di ulteriori 41 discipline sportive È l’attività sportiva avviata dai 154 comitati territoriali del Centro Sportivo Italiano per la nuova stagione 1998/99 appena iniziata

Tutti in gioco, dunque E la “parola” passa a loro, agli oltre 750 000 atleti che affollano le 12 000 società sportive C SI presenti in tutto il territorio nazionale Qui gli atleti sono tutti protagonisti: non assistono, ma corrono, giocano e si divertono Se in questi giorni vi trovaste in giro per l’Italia, soprattutto nel fine settimana, negli oltre 1500 campi parrocchiali e di quartiere, nelle 800 palestre, potreste pensare di essere vittime di un miraggio nel vedere flotte di ragazzi, giovani e meno giovani impegnati in ben 48 discipline sportive per un totale di oltre 13 000 manifestazioni all’anno

E ben 190 000 operatori tutti volontari, oltre 10 milioni di ore di impegno gratuito e spontaneo, capaci di garantire una mole di attività che ha lo scopo di aggregare, allestire campi e offrire momenti sportivi spesso dove mancano i servizi primari Con immediatezza, viene messo in luce la funzione che riveste il C SI nella promozione dell’attività sportiva nel nostro Paese

Joy Cu p La coppa della Gioia è la manifestazione dell’anno Una nuova formula di attività che ispira da quest’anno gran parte dello sport giovanile del C SI Oltre diecimila le squadre che hanno aderito con oltre 150 000 giovani atleti per un costo complessivo alle società sportive di oltre 40 miliardi di lire Tramontati i vecchi campionati, troppo legati al tradizionale modello sportivo italiano, ormai desueto e ammuffito, si consolidano nuovi filoni di attività sportiva più legati ad un modello educativo capace di coniugare i valori umani a quelli più autenticamente sportivi La formula Joy Cup tende a

Edio Costantini

rivitalizzare soprattutto la proposta sportiva tra i giovani per creare novità e tentare di sconvolgere l’impianto del sistema sportivo tradizionale La finale nazionale si svolgerà a Levico Terme (TN) dal 16 al 20 giugno 1999

ù sportemeno chiacchiere”

St adiu m Lo sport incontra la piazza è la sfida che il C SI desidera continuare nella promozione del progetto arrivato alla

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3ª edizione Coinvolgerà migliaia di giovani in 12 piazze italiane, da quelle più importanti come piazza Duomo a Milano, a quelle meno note di Melfi, in piazza Mazzini e di San Severino Marche in piazza del Popolo Un Tir con attrezzature sportive: 5 campi di pallavolo, 5 campi di basket 3x3, una pista di atletica, 2 campi di calcetto, un tatami per le arti marziali, partirà l’11 aprile del 1999 da Melfi, percorrerà tutta l’Italia e concluderà il tour a Lecce il 25 settembre

Giocas port È la proposta tipica del C SI per i preadolescenti

che si avviano alla pratica sportiva È un’attività ludico-sportiva che ogni anno coinvolge oltre 100 000 giovanissimi L’obiettivo è quello di “mettere in gioco” il ragazzo attraverso un’esperienza polisportiva ricca di contenuti tecnici ed educativi che mira ad arricchire, attraverso il gioco, il clima aggregativo proprio dei ragazzi e delle ragazze dai 9 ai 13 anni Il trofeo prevede 300 manifestazioni locali ed una nazionale, che si svolgerà a fine giugno a San Benedetto del Tronto Per l’occasione, si prevede la partecipazione di circa 1 000 giovanissimi

I giovani atleti saranno ospiti delle famiglie per tutta la durata della manifestazione

Whe el chair h ocke y È una grande manifestazione sportiva e di solidarietà per giovani disabili che oramai ha raggiunto un buon livello tecnico, tanto da avere anche una risonanza internazionale Sedici squadre divise in tre gironi, nord ovest, nord est e centro sud, prenderanno parte al 3º campionato nazionale di hockey in carrozzina organizzato dal C SI con la collaborazione della Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare)

Formazione e P olitiche sociali Si presenta ricca per la nuova stagione associativa l’attività delle politiche sociali, dello sport a scuola e della formazione Sono previste oltre 2 000 iniziative formative che riguardano da una parte la formazione di nuove figure di educatore sportivo (arbitri, allenatori, giudici) e dall’altra la formazione dei dirigenti e quella dei “formatori” L’Ufficio nazionale delle politiche sociali, curerà e sosterrà i progetti locali con attenzione particolare ai programmi europei Eurathlon, Gioventù per l’Europa e Sport e disabili Per il 1999 verranno privilegiati gli ambiti dell’handicap Inoltre, l’ufficio nazionale Sport a Scuola sarà impegnato nell’entusiasmante campagna di promozione del progetto che impegnerà tutta l’Associazione nella promozione di attività sportiva nelle scuole italiane di ogni ordine e grado

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Lacarica deicinq

«Insieme per una nuova cultura dello sport» è lo slogan scelto per una grande manifestazione di sport per tutti organizzata dal C SI ed approvata dalla Commissione europea all’interno del Programma Eurathlon 1998 L’iniziativa si è realizzata a Roma nella meravigliosa cornice di Piazza di Siena con l’esibizione di atleti inglesi e olandesi in gare di Rounders e Korfball, discipline molto diffuse in questi paesi ed espressione della loro cultura e tradizione Il rounder è un gioco simile al baseball e al softball Per fare un “rounder”, il battitore deve colpire una palla e correre intorno ad un’area marcata con dei pali Ogni squadra è composta da un massimo di 9 giocatori ad un minimo di 5 Viene giocato generalmente dalle donne e dai bambini

Il Korfball, invece, è simile alla pallacanestro e viene giocato da due squadre, ciascuna composta da 4 uomini e 4 donne Il campo è suddiviso in due zone, in ogni zona si piazzano due uomini e due donne

La manifestazione, che si è conclusa tra i viali di Villa Borghese, ha proposto più di 20 discipline sportive diverse, alle quali poteva iscriversi chiunque e non soltanto gli atleti del C SI Questa formula assolutamente libera e diretta ha consentito la partecipazione di circa 5 000 cittadini romani che potevano scegliere tra attività come: ginnastica, aerobica, basket 3x3, arrampicata sportiva, pattini in linea, mini-volley, fun-ball, arti marziali e altro ancora

Il programma sportivo si è inserito nell’ambito di “Aria Aperta”, appuntamento promozionale patrocinato dall’assessorato per le politiche sportive del comune di Roma e giunto alla quinta edizione, con grande soddisfazione del presidente provinciale del C SI di Roma, Giuseppe Pagella Oltre ventimila sono stati i “curiosi” che hanno applaudito e incoraggiato i tantissimi principianti dello sport che si sono cimentati

Massimiliano Giombini

Lacarica deicinqu di

16 Eurathlon 1998
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uemila

nelle varie discipline

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Per il suo elevato valore sociale, l’iniziativa rientra nel programma Eurathlon, varato dalla commissione europea e che ha l’obbiettivo di promuovere la funzione sociale dello sport tra i cittadini europei

Il carattere internazionale della manifestazione è stato garantito dalla partecipazione, oltre che degli atleti inglesi e olandesi, di rappresentanze provenienti dalla Grecia e dalla Repubblica Ceca “Il nostro intento - spiega Franco Mazzalupi, un’istituzione nel C SI di Roma - è di riuscire ad allargare ulteriormente il numero dei Paesi ospitati nei prossimi anni”

Il meeting ha alternato momenti sportivi a spazi di dibattito ed approfondimento sui temi del diritto allo sport per tutti, cercando anche di approfondire come l’inserimento dello sport si innesta all’interno delle realtà sociali dei vari Paesi favorendo l’educazione alla salute, l’integrazione sociale e la solidarietà

L’interesse del dibattito si è stretto sul concetto di sport legato alla cultura d’origine e alle tradizioni del proprio Paese È stata messa in luce l’importanza di valorizzare le discipline sportive minori per “esportarne” la pratica e rafforzare l’idea, in un’Europa unita, di uno sport senza frontiere, strumento di comprensione umana e di integrazione sociale Questo è quanto è emerso dagli interventi di Leo Leone e Renato Vailati, della sociologa Antonietta Brandi, ideatrice del progetto, di Brian Mackinney e Ina Julsing, rispettivamente capi delle delegazioni inglese ed olandese

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Ilcalciova inconvento

La “spedizione” organizzata dal C SI Liguria e guidata dal suo presidente, Luca Castellaro, ha avuto come obiettivo una partita di calcio tra italiani e gli abitanti di Slany, una cittadina che si trova a circa 50 chilometri da Praga

calciova nconvento

L’incontro era stato organizzato dai Padri Carmelitani della Provincia ligure, responsabili del famoso Santuario del Bambino Gesù di Praga

Il programma, scaturito da una serie di telefonate Italia-Praga ha permesso di realizzare un incontro di calcio in un bel campo erboso messo a disposizione da Padre Mauro del convento dei Carmelitani di Slany, che si è pure dimostrato un buon calciatore

Il primo tempo dell’incontro è terminato con esito un po’ troppo favorevole per la nostra rappresentativa, per cui, nel secondo tempo, i giocatori delle due squadre sono stati mescolati e la partita é terminata con un risultato più equilibrato

Arbitro ufficiale Luca Castellaro, che ha brillato per la sua grande mobilità, si fa per dire!

Notevole é stato il tifo, soprattutto dalla parte italiana, munita di megafoni, maglie, bandiere C SI, palloncini arancioni con scritte blu che hanno destato l’attenzione di tifosi di tutte le età, e con un grande movimento di ragazzi

La giornata si è conclusa con un momento conviviale presso il convento carmelitano di Slany: la bruschetta e gli spaghetti hanno riscontrato il più largo consenso da parte dei giocatori cechi e delle loro famiglie

In segno di amicizia e per ringraziare dell’ospitalità vi è stato uno scambio di doni: le divise usate durante la partita, del vino e il graditissimo libro di Mons Peri: “Sport, poesia e preghiera”

La realtà economica e sociale della cittadina ceca, estremamente modesta, è servito a tutti per farci apprezzare di più le piccole cose di tutti i giorni che riteniamo scontate mentre, in altre nazioni, sono ancora dei sogni

di

Patrizia Cattaneo

18 Il C SI Ligure a Praga
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Un’iniziativa del C SI

Roma e del Circolo Canottieri

TevereCu

Può accadere che alcuni soci dei più blasonati circoli sportivo-ricreativi della Capitale si accorgano improvvisamente del degrado in cui versa il Tevere

TevereCup

Ed ecco che così nasce la Tevere Cup, un’idea di due giovani sportivi, provenienti da due ambienti così diversi, il Circolo Canottieri e il C SI Roma, ma così vicini nell’amore per lo sport vero: quello della sofferenza Due fondisti che amano divertirsi guardandosi attorno E proprio durante una corsetta sugli argini del “biondo” Tevere è nata in un mite pomeriggio questa originale iniziativa

Due obiettivi principali:

- la realizzazione di una attività sportiva intercircolo di carattere continuativo, che offra successive occasioni di confronto con l’attività sportiva di una Associazione come il C SI;

- l’attivazione di una iniziativa concreta per la risoluzione di alcuni problemi legati al degrado del Tevere e del suo parco fluviale

Un progetto ambizioso, che lo stesso Nicola Pietrangeli, indimenticato braccio d’oro del nostro tennis, ha elogiato confessando la sua sorpresa per la positiva risposta dei vecchi soci dei circoli romani all’iniziativa L’Ammiraglio Sotgiu, presidente del Circolo Ufficiali della Marina Militare, lo si è visto già al lavoro nel tentativo di recuperare l’argine sottostante il suo circolo e realizzare, assieme alle strutture confinanti, un corsello di un chilometro circa da dedicare alla corsa Ed ancora il colorito Giampierone Galeazzi, che dal terrazzo del CC Roma osservava con la sua curiosità “apostrofante” i tiratori di dardi impegnati nel loro esercizio di precisione Così come faceva anche effetto vedere “Long John” Chinaglia in campo con i colori giallorossi del suo circolo; lui bandiera per tanti anni dei biancazzurri della Lazio e della nazionale Fuori dai Vip, inaspettato il successo per il bridge ed il biliardo, che hanno richiamato sui “green” dei circoli romani, tanti appassionati di mezz’età; un’apertura della Tevere Cup a coloro abitualmente desueti al gesto atletico Carenza non certo del 62enne Claudio Castellano (detto il “sindaco”), cinque volte

Gian Luca Donato

“Iron man” alle Hawaii, testardamente in spinta sulla sua mtb, per regalare il successo nella staffetta triathlon al suo SC Flaminio

Il tennis si è invece riempito di grazia, con una prova tutta al femminile, con i nobili campi del Parioli che hanno applaudito signore, anch’esse di mezz’età, che eseguivano perfetti colpi accademici sui campi che hanno visto nascere il talento di Adriano Panatta

Questo e altro ancora per un’intuizione che nel tempo può definitivamente aprire i circoli all’esterno; soprattutto nella consapevolezza che si può condividere con i “colleghi” degli altri circoli, ma anche con altri sportivi più “anonimi”, la passione per un sano e divertito agonismo In un periodo decisamente tumultuoso per lo sport italiano, questo doppio segno associativo ed ambientalista della Tevere Cup richiama tutti agli antichi valori dello sport; inteso come espressione di una festosa aggregazione in movimento

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Pr“ambizioni”ogettoculturale

L’Italia è un paese in cui una larga maggioranza degli abitanti si dice cristiana Quindi che bisogno c’era del “progetto culturale orientato in senso cristiano” lanciato dai vescovi?

La risposta l’ha data il presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), card Camillo Ruini, nel corso dell’ultima assemblea generale dei vescovi, svolta a Collevalenza nel novembre scorso “Anche il ‘progetto culturale’ in cui siamo impegnati - ha detto - ha bisogno certo di radicarsi nella pastorale ordinaria, di restare aderente alle situazioni e ai problemi della vita della gente e di saper parlare e comunicare con i linguaggi di oggi, ma non ha meno bisogno della fatica e della creatività del pensiero, se vuole offrire all’evangelizzazione e alla vita sociale un contributo non effimero”

Dunque, “progetto culturale” come fatica del pensiero, contributo all’evangelizzazione e alla vita sociale

La formula - come si capisce - è piuttosto complessa e intende coinvolgere le coscienze e le intelligenze dei credenti per un rilancio della presenza cattolica a tutti i livelli

Un apposito servizio, con uffici e dipendenti, è stato allestito presso la sede della Conferenza Episcopale, a Roma Una volta imboccata la strada del “progetto”, la Cei sta dimostrando di volerla perseguire con decisione, anche se non mancano perplessità e resistenze nello stesso ambiente ecclesiastico C’è infatti chi ritiene che la catechesi di base delle parrocchie sia, in fondo, l’unica strada davvero popolare e praticabile di prima (e forse unica) evangelizzazione

Il “progetto culturale” della Cei, invece, ha altre ambizioni e deve superare alcuni ostacoli non indifferenti Prima ambizione (e primo nodo) è quella di chiamare a raccolta i “mondi vitali” della Chiesa in un grande sforzo di “discernimento comunitario” Le parole sono un po’ tecniche, ma si possono tradurre così: se nelle diocesi e parrocchie ci sono diverse realtà impegnate (Azione cattolica e altre associazioni ecclesiali

Le tre“ambizioni” delProgettoculturale diLuigi Crimella

quali, ad esempio, il C SI, movimenti, gruppi, volontariato, religiosi e consacrati ecc ), essere davvero chiesa oggi significa diventare capaci di lavorare insieme, pensare insieme, progettare insieme

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Dalla CEI
un invito all’unità
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Ma progettare cosa?

Arriviamo qui alla seconda ambizione (e al secondo nodo) Proprio da questo substrato di persone impegnate può partiresecondo la visione del “progetto culturale” - una piccola ma importante rivoluzione ecclesiale: quella che permette di attuare una nuova “pastorale” Non si tratterebbe più di limitarsi ad accogliere gli insegnamenti del Magistero del Papa e dei Vescovi, ma di integrarli creativamente in un tessuto di azioni

pastorali a 360 gradi, rivolte cioè a tutte le dimensioni umane e sociali Questo secondo traguardo del “progetto culturale” evidenzia la necessità di una “conversione pastorale”: nella chiesa, in sostanza, tutte le realtà vive sono chiamate ad essere protagoniste e quindi a proporre una pastorale nuova, moderna, all’altezza dei tempi

La terza ambizione (con conseguente nodo) consiste nella traduzione concreta di questa nuova pastorale Se i cristiani hanno davvero attuato in loro questa “conversione pastorale”, ne può derivare sul piano civile una presenza creativa, partecipe, attiva, orientata al bene di tutti: in una parola, un “cristianesimo sociale” che non può non lasciare il segno Questa rinnovata presenza cristiana non è da intendersisecondo i primi orientamenti del “progetto culturale” - in senso politico La politica costituisce un campo di testimonianza, perché riassume in sé responsabilità e decisioni che riguardano la società intera Ma non esaurisce le dimensioni dell’esistenza, che sono anche interiori, culturali, spirituali, esistenziali

Il “progetto culturale” è in movimento su questi percorsi In ogni parte d’Italia si fanno convegni, incontri, conferenze, in cui se ne parla Anche se rimane un certo sconcerto in quanti vorrebbero che tale “progetto” avesse un inizio, dei contenuti e una fine, in realtà si sta presentando come un processo dinamico

È cioè una progressiva presa di coscienza da parte dei credenti che essere cristiani non consiste solo nella pratica religiosa o nell’avere devozione in questo o quel Santo I tempi attuali richiedono di poter tradurre il Vangelo in svariati linguaggi (basta pensare a Internet, tanto per citarne uno) e per farlo con efficacia è meglio essere inseriti in una presenza organizzata e capace di far fronte al “nuovo” In fondo, si potrebbe dire che il “progetto” è un invito all’unità d’intenti tra le varie componenti della Chiesa, pur nella necessaria distinzione di ruoli e compiti, perché il messaggio del Vangelo arrivi a tutti gli uomini, arricchito e potenziato dell’apporto corale di tutte le realtà vive della comunità cristiana

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Milano: “sport oltre le sbarre”

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Quellicheilcalciol’hannodentro

La cella che diventa spogliatoio, il cortile che si trasforma in campetto, i secondini in tifosi Lo sguardo di diffidenza è per chi arriva dall’esterno e non perché è un uomo libero, al confronto di chi sta dentro, come detenuto Ma per capire se l’avversario di turno può esser forte, può battere quella voglia di calcio che assomiglia tanto alla libertà Per il secondo anno consecutivo una squadra formata da detenuti partecipa, a pieno titolo, al campionato di calcio a 7, organizzato dal C SI Ed ogni sabato il rituale si ripete La formazione che deve giocare “dentro” si ritrova davanti all’ingresso del carcere di piazza Filangeri Ultimati i controlli si oltrepassa la prima porta a cui seguono tutte le altre Sempre con lo stesso rumore, tipico di un carcere Si arriva all’interno del raggio e si raggiunge la cella, adibita a spogliatoio La squadra dei detenuti, composta da italiani e stranieri, sta là, già pronta, ad osservare incuriosita gli avversari del sabato Il campetto di calcio è stato allestito nello stretto cortile interno di cemento In realtà si gioca 4 contro 4 proprio perché di più non ci stanno

I minuti trascorrono veloci e la partita sembra durare un istante Non c’è differenza tra casa e fuori, per la squadra del carcere di S Vittore, denominata S Victory Boys, la possibilità di non giocare le trasferte è l’unico vantaggio E le squadre partecipanti hanno accettato di buon grado l’insolito confronto

“Sport oltre le sbarre” nasce dall’iniziativa del Comitato provinciale C SI di Milano, del direttore di S Vittore, Mario Pagano e del consigliere comunale, Umberto Gay Sabato 14 novembre all’incontro con la formazione del C SI Correzzana hanno assistito anche giornalisti e telecamere (il servizio è stato trasmesso su Sat 2000 il martedì successivo) Presente il direttore del carcere e il consigliere Gay, oltre al presidente provinciale del C SI, Massimo Achini Per la cronaca ha vinto la squadra del S Victory per 12 a 7

“D’ora in poi potrò vantarmi di essere il presidente di una squadra che gioca a calcio e vince, più che un direttore di carcere”, ha esclamato Pagano all’indirizzo dei cronisti, al termine dell’incontro di sabato, prima di richiudere le sbarre

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diGianni Marchi v i t a c s i

Doping: una legge non basta

Un’alleanzaeducativaperigiovani

Un’alleanzaeducativaperigiovani

«No al doping » Di fronte al costante e coraggioso emergere di denunce sull’uso del doping, tutti si sentono autorizzati a dire la loro Tra le tante proposte fatte dai politici, dai vari ministeri, dagli enti di promozione sportiva, dalla gente comune, la più urgente è quella dell’approvazione di una legge che vieti l’uso del doping Anche l’ispettorato di educazione fisica del ministero della pubblica istruzione, guidato dall’intraprendente Luigi Calcerano, si è mobilitato insieme all’associazionismo sportivo di base per una campagna di sensibilizzazione sul doping Si tratta senz’altro di un’ottima iniziativa ma non basta Non è solo un problema di sensibilizzazione o di approvazione di una legge, forse è giunto il tempo per aprire un dibattito aperto e franco se l’associazionismo sportivo in genere e in modo particolare quello cattolico ha raccolto il messaggio di aiuto che viene dal mondo dello sport

Sébastien aveva 21 anni ed una passione per il ciclismo Sognava il Tour de France e pazientava nel gruppo dei 400 migliori corridori dilettanti Il 18 settembre scorso, Sébastien è morto su una strada di Monterau, nel corso di un criterium di fine stagione I testimoni l’hanno visto cadere bruscamente dalla sua bicicletta, senza un chiaro motivo e l’analisi del sangue ha rivelato una massiccia presenza di corticoidi Sébastien era “dopato”, eppure praticava lo sport come semplice amatore Ciò prova che il doping non è solo appannaggio di un’élite di campioni, professionisti del calcio, dell’atletica o del baseball ma tocca anche il ragazzo della strada, il podista della domenica e il pallavolista da spiaggia In Francia è in corso di pubblicazione una ricerca fatta da un medico sportivo dell’Università di Nancy su un campione di 2000 sportivi amatoriali che fa rabbrividire Il 10% di questi atleti, scelti a

Marco D’Amico

caso, che rappresentano 51 discipline, hanno confessato di utilizzare prodotti dopanti Il consumo non varia da un sesso all’altro, raggiunge dei picchi molto rilevanti per i giovani di 25 anni e per tranche di età che va dai 35 ai 39 anni e si può stimare, in Francia, un milione di amatori su 13 milioni di praticanti che fanno ricorso al doping Purtroppo, anche gli sportivi italiani che fanno ricorso al doping “fai da te” non sono pochi e c’è gente disposta ad ingurgitare di tutto pur di vincere la maratonina del paese

I dati sono preoccupanti ma ancora più preoccupante è lo stato di disagio in cui vive parte del mondo giovanile compreso quello sportivo «Diventa sempre più difficile far incontrare i giovani con lo sport che educa, che incontra l’uomo - afferma Leo Leone - pertanto abbiamo fatto uscire le discipline sportive dagli spazi reclusi, appartati, riservati e recintati per trasferirle nella piazza, nella strada e soprattutto nella scuola perché la congiuntura giovanile ci provoca a percorrere altre strade»

È arrivato il tempo per realizzare un patto educativo fra soggetti associativi ed istituzionali: famiglie, parrocchie, scuola, oratori, associazioni, che perseguono le medesime finalità, per fare strategie comuni e non contendersi spazi e persone

Della stessa idea è mons Vincenzo Zani, direttore dell’ufficio nazionale per l’educazione e la scuola della CEI, promotore di momenti di confronto e di approfondimento sulle opportunità relative all’autonomia scolastica con alcune associazioni che risultano essere più presenti sul territorio nazionale, per verificare la possibilità di realizzare insieme alcuni progetti culturali e formativi nella scuola italiana

Si può giocare qualcosa di più e insieme su questo fronte? È l’interrogatorio del C SI, che è sceso in strada, nei cortili, nelle scuole, nei bar e che è disposto ad interloquire con altri compagni di viaggio, con lo scopo determinato che alla fine ci si è messi in cammino per incontrare quell’uomo, quel giovane che vive lungo la strada che da Gerusalemme porta a Gerico È solo un invito a discuterne

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r g o m e n t i
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Come vescovo, e in qualità di delegato dalla Conferenza Episcopale Siciliana per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, mi preme ricordare che l'attività sportiva sviluppa appieno le sue valenze educative solo se viene radicata in un'adeguata cultura di valori sociali e morali Noi cristiani, anzi, siamo consapevoli che lo sport, promosso e vissuto alla luce del Vangelo, è perfino capace di proiettare chi lo pratica ai più alti livelli spirituali Esso può dunque essere non solo una "palestra di virtù umane", per usare un'espressione cara a Pio XII, ma anche uno strumento di ascesi, una via di autentica santità La Chiesa ha mostrato una costante e cordiale attenzione allo sport in generale fin dal sorgere delle federazioni, che risalgono agli ultimi decenni dello scorso secolo E , in particolare, fin dai primi anni di questo secolo con S Pio X ha dato un deciso sostegno culturale e operativo all'associazionismo sportivo cattolico che, a quel tempo, si riconosceva nella Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche Italiane (FASCI)

Lungo il corso di questo secolo poi, tutti i pontefici - eccettuati Benedetto XV per motivi inerenti alla grande guerra, e Giovanni Paolo I a causa della brevità del suo pontificato - hanno parlato di sport e agli sportivi in centinaia di circostanze e con documenti di assoluto valore culturale, oltre che pastorale

Basti ricordare la coraggiosa e inedita indicazione operativa di Giovanni Paolo II ai partecipanti al convegno promosso dalla CEI nel 1989 sul tema "Sport, etica e fede": "La Chiesa dev'essere in prima fila per elaborare una speciale pastorale adatta alle domande degli sportivi e, soprattutto, per promuovere uno sport che crei le condizioni di una vita ricca di speranza"

Questa indicazione, che dovrebbe essere presa in attenta coinsiderazione da tutti i responsabili delle comunità ecclesiali - diocesi e parrocchie, in particolare - è stata poi rilanciata dai Vescovi italiani con il prezioso documento "Sport e vita cristiana" del 1995 Ai responsabili delle Chiese locali i Vescovi scrivono che "la pastorale dello sport costituisce un momento necessario e una parte integrante della pastorale ordinaria della comunità" (n 43)

Alle associazioni sportive di area cristiana, com'è il C SI, i Vescovi chiedono invece di "evitare la separazione tra l'ispirazione cristiana dell'associazione e l'autonomia della dimensione sportiva" per essere capaci di svolgere "un'azione qualificata e preziosa di prima evangelizzazione" (n 48)

La Chiesa considera dunque lo sport non come fine a se stesso, ma come

La v i t a : “sport”impeg nativo di

itinerario che conduce alla maturazione integrale della persona, come capacità di temprare carattere e istintività, come sforzo per coordinare le doti fisiche e psichiche con le virtù morali e spirituali Lo sport contribuisce, gradualmente e in un clima gioioso, alla formazione di persone forti ed equilibrate, capaci di affrontare la vita con responsabilità In un discorso rivolto il 30 maggio 1964 ai ciclisti del Giro d'Italia Paolo VI disse queste splendide parole: "Lo sport è un simbolo d'una realtà spirituale che costituisce la trama nascosta, ma essenziale, della nostra vita: la vita è uno sforzo, la vita è una gara, la vita è un rischio, la vita è una corsa, la vita è una speranza verso un traguardo"

Per questo l'apostolo Paolo, ben consapevole delle difficoltà, invita a non scoraggiarsi di fronte agli ostacoli: "Ho combattuto fino alla fine la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede Ora non mi resta che attendere la corona del premio” (2 Tm 4, 7 - 8)

La vita cristiana appare dunque come uno sport assai impegnativo, che unifica tutte le energie della persona, per orientarla verso il traguardo finale che tutti siamo chiamati a raggiungere

(dall omelia pronunciata in occasione dell’Assemblea Regionale di verifica del C SI Sicilia)

mons Vincenzo Manzella Vescovo di Caltagirone

allo specchio o 24 r u b r i c a

AranBlu

È la società di servizi del CSI voluta e deliberata dal Consiglio nazionale del CSI su sollecitazione di una mozione congressuale presentata ad Assisi nel 1996.

La società Aranblu s.r.l. (il CSI è l’unico socio) sarà a servizio del CSI come qualificato supp i all’operatività dell’A Svolgerà le proprie fu settori più indispens strategici per una mi e moderna organizzaz dei servizi tecnici prestati. Essa svolger tutte le attività di natura commerciale che abbiano relazione con il CSI, provvedendo alle prestazioni e ai servizi per lo sport e il tempo libero. Fornirà assistenza servizi comprende

l’elaborazione dati, l’ideazione, la realizzazione e la gestione di progetti riguardanti eventi e manifestazioni sportive, attività di animazione e formazione, iniziative didattiche, gestione di impianti sportivi pubblici o privati. Potrà produrre, tampare e diffondere proprio e conto terzi bri, riviste e periodici vari, nonché videocassette e CDRom. Potrà inoltre ganizzare, allestire e gestire strutture sanitarie di medicina sportiva, produrre e commercializzare teriale di oggettistica ortiva di ogni tipo.

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Al servizio del C SI

cometa speranza

Unacometa disperanza

Sono in macchina, sto attraversando Roma nelle ore in cui il traffico la rende invivibile e le riflessioni hanno modo e tempo di impadronirsi di noi Dall’Eur devo raggiungere Ponte Milvio, nei pressi del quale c’è l’Istituto dove mi sta aspettando Suor Paola Si sta avvicinando il Natale, se ne respira l’aria, la radio lo preannuncia con i tanti spot pubblicitari e le tradizionali canzoni Nemmeno a farlo apposta, mentre cerco nervosamente una stazione che non sia disturbata, riconosco delle note che mi sono care È una canzone del ‘92, la eseguono Carboni e Jovanotti, il titolo se non sbaglio dovrebbe essere “O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai” Dovreste sentirla per capire quante considerazioni se ne possono trarre Quelle parole, profonde, dolci ed amare ad un tempo, ci ricordano quanto sia diventato sottile il margine che divide il Natale, inteso come festa religiosa, come nascita di nostro Signore, da quello quasi esclusivamente consumistico, in cui l’unica ricchezza che otteniamo non è certo quella interiore, ma quella materiale del profitto Il luccichio di colori, la televisione, le “offerte speciali”, non fanno altro che abbagliare i nostri occhi e raggelare inconsciamente i nostri cuori Invece di ingrassare davanti ad un panettone, quanto sarebbe meglio stringersi tutti insieme, armarsi di buona volontà e non permettere alla guerra, al razzismo, alla fame, di rovinare questo nostro mondo Ed infine, se un giorno mai dovesse nascere questa volontà, perché manifestarla solo a Natale?

C’è tanto da meditare quando arriva il 25 Dicembre!

Ma per fortuna sono arrivato da Suor Paola, che con il suo sorriso, le sue parole e la sua positiva esperienza mitiga il mio cupo riflettere Iniziamo a chiacchierare e subito si sofferma sulla famiglia, da sempre più raccolta ed unita quando il Natale si avvicina Gli affetti, mi spiega, in questo periodo sono vissuti più intensamente

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Natale con suor Paola
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È più facile, per chi gode di una vita serena, pensare a chi è nel bisogno ed ha meno di noi Per questo il Natale è spesso sinonimo di solidarietà Quando poi le chiedo come si pone lo sport nei confronti della solidarietà, le si illuminano inevitabilmente gli occhi (pochi non conoscono la “fede” calcistica di Suor Paola) Mi racconta che in questo periodo sta lottando per un obiettivo ben preciso: donare entro Natale una sedia a rotelle cingolata ad una giovanissima ragazza slovena, Mojca, divenuta paralizzata per via di una cura sbagliata La nuova sedia le donerebbe una relativa autonomia, sufficiente per una vita quanto meno dignitosa Il mondo dello sport si è subito messo a disposizione ed ora, grazie a varie iniziative (è stato inventato appositamente il “Derby del panino”), l’obiettivo è sempre più vicino

Altro bel momento di sport sarà la “Maratona del giocattolo” che da anni viene organizzata il giorno della Befana Particolare è la modalità di iscrizione: invece della solita quota in danaro, si partecipa donando un giocattolo, che verrà poi distribuito ad orfanotrofi o ad altri istituti di sostegno

Molto più dura è sicuramente l’esperienza che la porta ad assistere, accompagnata da numerosi volontari, i detenuti delle nostre carceri Quando arriva il Natale in prigione la vita si fa veramente dura I reclusi avvertono ancor più la loro condizione, proprio perché sono impossibilitati a trascorrere tempo vicino ai propri cari Ed è sicuramente in questi momenti che il volontariato e lo sport hanno una funzione considerevole Si cerca, per quanto possibile, di far vivere al meglio il Natale anche a queste persone Vengono organizzate tombole, giochi di vario genere e soprattutto tornei sportivi Naturalmente il calcio la fa da padrone Un goal non sostituirà mai il calore umano, ma sicuramente può regalare un sorriso a chi, per ovvi motivi, non ne avrebbe affatto voglia

Il suadente incontro con Suor Paola porta ad una ottimistica riflessione Questo nostro mondo, in bilico tra frenesia ed apatia, volontariato e menefreghismo, indifferenza e sensibilità, sembra ancora lasciar spazio a valori apparentemente assopiti L’attività ludico-sportiva può diventare, nella concomitanza del Santo Natale, la cometa che irradia spicchi di speranza per una umanità migliore

27 a r g o m e n t i

Aggiungiun ostoatavola

Non c’era occasione migliore per rilanciare il ruolo della famiglia nello sport che quella di accogliere proprio nelle famiglie gli ottocento giovanissimi atleti del Trofeo Polisportivo di Giocasport

Infatti il tema che caratterizzerà la manifestazione nazionale del prossimo anno sarà “sport e famiglia” Durante l’anno verranno promosse attività a carattere territoriale e regionale che culmineranno nella fase finale che si svolgerà a San Benedetto del Tronto dal 24 al 27 giugno 1999 Una importante novità è che proprio in relazione al tema le famiglie del Piceno verranno coinvolte nell’accoglienza e nell’ospitalità degli atleti provenienti dalle diverse regioni italiane Ogni famiglia ospiterà due o più ragazzi, in questo modo si cercherà di mettere al centro il valore dell’ospitalità e consolidare nuove esperienze di amicizia

La tentazione di “chiudersi” esiste in ogni famiglia, in alcune in modo particolare, in tante c’è diffidenza ad aprirsi agli estranei Nasce da questa manifestazione una “pressione” ad aprire le porte e ad “aggiungere un posto a tavola” ai tantissimi ragazzi che prenderanno parte alla grande manifestazione di fine stagione

La proposta non sarà un’occasione per risolvere i tanti problemi che affliggono la famiglia di oggi, né per risparmiare i costi alberghieri, ma un’occasione per rimettere in gioco quei valori umani e quel “caldo” del focolare domestico che sono venuti meno

Sappiamo che il ruolo dell’essere ospite non è sempre confortevole, si preferisce l’albergo per sentirsi più liberi e sempre meno si preferiscono quegli ambienti dove occorre comunicare Ma la forza, la vastità e l’originalità della proposta aiuterà ogni ragazzo, e soprattutto i loro genitori, a superare questo finto ostacolo

Gli animatori e gli accompagnatori dovranno lavorare molto in questi mesi per preparare i ragazzi a questa “nuova” esperienza L’ospitalità non è nuova per le famiglie del Piceno, vantano un’esperienza ultraventennale Fin dal 1976 queste

famiglie aprirono le loro case a decine di ragazzi terremotati del Friuli, e poi nel 1979 per ospitare i 500 giovani partecipanti della Spazio RS, negli anni ’80 e ’90 manifestazioni regionali del C SI e poi nel 1995 ai 3500 giovani provenienti da tutta Europa per l’incontro con il Papa a Loreto

Educare all’ospitalità e ad essere ospiti è il compito dei dirigenti e degli animatori C SI in questa fase preparatoria alla manifestazione nazionale Il tutto per ritrovare il gusto del dialogo e la conquista di nuove amicizie

Il coinvolgimento delle famiglie vuole condurre alla riscoperta dell'essere sportivi disponibili a sperimentare la gioia del tempo donato e condiviso; apprezzare la generosità dello stare insieme

Elemento ultimo ma non per questo meno apprezzabile: la quota di iscrizione dei ragazzi alla finale sarà devoluta per la realizzazione di un progetto di solidarietà

Ciò indica una chiara direzione all'impegno di quanti hanno a cuore il difficile compito di educare i ragazzi non solo alla pratica sportiva, ma alla convivialità e alla socialità

Aggiungiun postoatavola di

28 Trofeo Polisportivo 1999 v i t a c s i

Quattropassi disolidarietà

Numeri che da soli illustrano il fenomeno delle marce non competitive nella Bergamasca Da una rilevazione statistica, nei primi sei mesi di quest’anno emerge che il settore coinvolge circa 65mila marciatori In un anno quindi la proiezione è di circa 120-130mila iscritti alle varie manifestazioni Tralasciando la regina delle marce, la “Strabergamo”, capace da sola di richiamare 9000 persone, ve ne sono altre di notevole livello: la marcia del C SE di Nembo con 4000 partecipanti; quella di Sotto il Monte, con oltre 3200 aderenti; Zandobbio con 2800 e la marcia dell’UILDM, l’associazione che lotta contro la distrofia muscolare Ormai ogni domenica almeno due eventi di questo tipo non competitivi richiamano gli appassionati sulle strade meno conosciute della provincia Le partenze libere, normalmente tra le ore 8 e le 9 e percorsi di lunghezze differenziate (tra cui è quasi sempre previsto un percorso per portatori di handicap) consentono a tutti, neofiti e stakanovisti della domenica, di esprimersi al meglio delle loro capacità I motivi di richiamo offerti dagli sponsor sono molteplici e sempre

Quattropassi disolidariet

interessanti La ragione principale rimane la voglia di fare sport in serenità, senza stress e all’aria aperta Quattro passi (e qualcosa di più ) con un gruppo di amici diventa, in fondo, la migliore medicina per persone che trascorrono la settimana chiuse in ufficio, in fabbrica e stretti nell’autobus o angosciati dai ritmi lenti delle auto Fin dagli esordi, 15 anni fa, gli organizzatori hanno saputo calare questi motivi di richiamo in un ambito culturale e paesaggistico

Ma l’aspetto più rilevante delle marce non competitive bergamasche è la spiccata attitudine alla solidarietà Frequenti sono le camminate organizzate sotto il simbolo delle due associazioni di solidarietà principali della Bergamasca: l’Avis (donatori di sangue), e l’Aido (donatori di organi) Con finalità solidali anche altre marce organizzate, ad esempio, per la ristrutturazione dell’oratorio oppure per la costruzione di una casa per disabili o per gli anziani e anche la destinazione di somme alle popolazioni colpite dal terremoto

diVittorio Bosio

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Bergamo: marce non competitive

Farisei o samaritani?

Mentre don Carlo tuonava cannonate contro i dirigenti della Virtus per aver accolto nella squadra di calcio tre extossici , due giovani frati della parrocchia Cristo Re ridacchiavano in fondo alla sala

E don Carlo continuava a dire che era innaturale per una società sportiva parrocchiale mettere nella squadra tre giovani, troppo chiacchierati, drogati, già in carcere per violenza, e per di più di un’altra parrocchia

E le preoccupazioni e le pressioni di alcuni genitori erano così forti da costringere don Carlo a prendere posizioni severe nei confronti dei dirigenti della Società

Ma don Carlo non poteva e non doveva averla vinta Non era un fatto di orgoglio per la Virtus ma una questione di giustizia e nessun dirigente fece concessioni ai ricatti eversivi del “don” La determinazione dimostrata da don Carlo aveva conferito una sorta di fierezza alla Virtus perché la obbligava ad una scelta inequivocabile: continuare a lavorare ed impegnarsi in parrocchia o andarsene

Si potrebbe tagliare corto e ripartire dal fatto che quando una società sportiva deve continuamente sentire il parroco “ruggire”, si fa per dire, su ogni azione, su ogni scelta se non ha dirigenti preparati, disponibili alla sopportazione e alla mediazione preferisce “sloggiare” Ma Giorgio, il mio presidente, con molta pazienza ha fatto notare al “don” che era fuori strada Non aveva alcun dubbio d’aver sbagliato accogliendo nella squadra quei tre giovani, anzi altri sarebbero stati accolti

La Virtus - ha ribadito il presidente - non può chiudersi al territorio Sarebbe uno scandalo costringere i giovani a rimanerne fuori perchè il parroco non vuole La Virtus è solo un esempio, molto relativo ma pur sempre un esempio di quante risorse ha al suo interno e che puntualmente diventano patrimonio prezioso per tutta la Comunità

Purtroppo tutto diventa normale e nessuno ci fa più caso

Quante risorse e ricchezze stanno

ra cc o tn o i l diEdio Costantini

nascoste nei giovani, soprattutto in quelli più disprezzati Si fa un gran parlare di loro, specialmente di quelli che non frequentano la Messa domenicale, quasi sempre a sproposito e con connotazioni negative Se si offrissero loro meno prediche e meno chiacchiere e più occasioni concrete e continuative di incontro e di attività per esprimersi, andrebbe decisamente meglio

La verità è che ciò comporta sporcarsi le mani e molti cristiani preferiscono starsene alla larga dalle testimonianze concrete

Qual è allora il compito di una società sportiva e di un oratorio della parrocchia? Come anticipare e prevenire quelle situazioni di disagio, di degrado, di indifferenza e a volte di violenza che sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti? Come mettere le “periferie” al centro dei progetti associativi e parrocchiali? Non basta condannare, non basta affiggere un invito in bacheca o dare l’avviso alla fine di ogni Messa domenicale Non serve nemmeno ingolfarli di castagnate o di mille occasioni di divertimento Servono presenze vere di adulti, laici e preti, in grado di far emergere tutto il positivo nascosto Serve la possibilità di sperimentare sulla propria pelle e di sbagliare Serve uno sguardo attento, capace di capire il momento buono per lasciare la mano È dimostrato che la “mortalità” precoce di molte società sportive parrocchiali sia molto elevata In realtà questo fenomeno avviene perchè molti preferiscono schierarsi con i farisei che con i samaritani

Quei due fraticelli, apparentemente un po’ scanzonati, avevano assunto un cipiglio serio e attento a quanto stava accadendo Alla fine, un giovane dirigente, incuriosito di quella strana presenza, aveva chiesto il motivo della loro venuta Uno dei due così rispose: ora abbiamo capito cosa dobbiamo fare Dobbiamo convincere Stefano, il barista, a costituire in parrocchia una società sportiva

La Società sportiva G S Virtus continua a raccontarsi

Una... “lezione”sulla “penitenza”

Questa pagina assumerà, per questa volta, una connotazione alquanto scolastica e lo stile di una lezione; una lezione forse tediosa, tenuto conto dell’argomento trattato, piuttosto inusuale Parleremo infatti della penitenza che i pellegrini del Giubileo saranno chiamati a fare nel 2000

Ma per capire correttamente il significato della penitenza, che di per sé vuol dire cambiamento di vita o conversione, è necessario richiamare alcuni aspetti della dottrina cattolica

Il catechismo insegna che Gesù, con l’intera vita terrena culminata con la sua morte-risurrezione-ascensione, ha per così dire pagato i debiti spirituali di tutti gli uomini; ha cioè meritato per essi la salvezza eterna Egli è “il” e non “un” Salvatore Ma la salvezza universale da lui donata a tutti dev’essere accolta e fatta propria da ciascuno E ciò avviene di norma attraverso i mezzi salvifici che Dio mette a disposizione: la fede, la preghiera, i sacramenti

La prima grazia di cui l’uomo sperimenta il bisogno, e non “ una tantum” ma reiteratamente, è il perdono dei peccati Le strade per così dire “ufficiali” per poter ricevere il perdono sono il sacramento del battesimo, che cancella ogni peccato e rende figli di Dio e il sacramento della penitenza, che rimette i peccati commessi dopo il battesimo

Nei primi sei secoli la penitenza era pubblica, e molto severa I peccati più gravi (apostasia, omicidio, adulterio ecc ) richiedevano un lungo periodo di conversione La loro remissione sacramentale veniva di norma concessa, dopo il battesimo, una sola volta

Si contavano quattro categorie di penitenti: i piangenti (flentes), che alle porte della chiesa supplicavano gli altri cristiani di pregare per loro; gli uditori (audientes), che erano ammessi soltanto alla prima parte della messa, la liturgia della Parola; i genuflessi (substrati), ai quali il vescovo imponeva le mani prima di licenziarli insieme agli uditori; gli astanti (consistentes), che rimanevano in chiesa durante tutta la messa, senza tuttavia

Vittorio Peri

ricevere la comunione Questi stadi penitenziali potevano durare anche molti anni, prima di concludersi con l’assoluzione data dal vescovo

La penitenza privata riguardava invece i peccati meno gravi, e quelli segreti Era legata al pentimento personale, all’eucaristia, alle opere di carità, alla mortificazione e anche alla confessione sacramentale privata, dopo che iniziò a diffondersi nel IX secolo

E pian piano si chiarì la distinzione tra perdono delle colpe, che portano fino all’esclusione della visione beatifica di Dio (inferno), e remissione delle pene, cioè delle conseguenze del peccato, per cui è previsto un “tempo” di purificazione (purgatorio)

Tra colpa/peccato e pena c’è una distinzione simile a quella esistente tra malattia e convalescenza Come dopo la guarigione dalla malattia è previsto un periodo di convalescenza secondo le prescrizioni del medico curante, così dopo il perdono sacramentale è stabilita una congrua penitenza indicata dal confessore

Con l’introduzione della confessione privata, tuttavia, vi fu un cambiamento di metodo: prima si dava l’assoluzione dalla colpa e poi si imponeva la penitenza per la pena E questa, essendo proporzionata alla gravità del peccato, era detta “tariffata”; ad ogni peccato corrispondeva una penitenza: digiuno, astensione da alcuni cibi e bevande, abiti penitenziali, lontananza dai sacramenti La durata di questo periodo? Da 40 giorni (quarantena) fino ad alcuni anni

Poiché queste penitenze corporali erano spesso ritenute troppo gravose, furono commutate in elemosine, pellegrinaggi, preghiere, opere di carità, ecc Tale commutazione venne detta “indulgenza”

Ma, di questa, si parlerà nel prossimo articolo

verso il Giubileo di

31 r a d i c i Pellegrini

È Natale

“Stella d i Nata le” Ge rlinde Mader Ger mania

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