Stadium n. 11/1999

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editoriale

03 Il volto e l’anima di donato renato mosella

vitacsi

04 Una voce che grida

06 ...quelli di Roma di edio Costantini

12 Sport in Oratorio di massimo achini

14 Facciamo sul serio di Vittorio Ferrero

20 Acta non verba di massimiliano giombini

21 La Scuola oltre la Scuola di Santo gagliano

22 Con lo sport il quartiere cambia volto di remo rossi

dossier

08 Percorsi possibili da un secolo all’altro di andrea de pascalis

sport&sport

18 S.p.A. - Società per Amici di david Ciaralli

24 Lo spogliatoio di giampiero Spirito

25 Dov’è finito l’allenamento? di guido betti

argomenti

26 Ricominciaaamooo...!!! di alessandro Cappelli

rubriche

28 Allo specchio di Vittorio peri

30 Il racconto di edio Costantini

r a t r r a ons D po t o t a e a A B n de o ma t e on v o m so B a t C y M R K Po A da A g A e c A to i Go d n AN P Cr o so K r r a ug Ba S y N n b d l o an a s e H a t f R l r m OO co suma o R r r r r o c b 1 M An L e t s o e B R AMO S o o S u e tu c b No e o NS sa S e on o S S r mav r P l po t a am D n mo G e d P rr c h a P e R s o ar a o SMA a oc a con o A S r So bo o A Ru b no uv n u r r r r a e o G up o m R a a C b m s a e Me c r a S e S n M he n da ar e Po po t a ra e s o e s r C s l e o e No e o o sp r v C r r r an u n ro r C B s l ro ma d n a uo M r a r o o R r a v r r r cu l E r r a J v n ud u or C n ro p r a on d o M dr go a c ro u or R c e t o l s r B rd F on e a 0 t a z u ra C l a o o s or v a cr z a ano Mar h s B r Sm e O c e t o o r B r E i e C s ba b t q r r r r a k t p a a orm a r e A c R no ngo a da o s O ar o z r a M r h ne no R m l ama or B rm o n u g or i Na M a c c o ra om ra r c b M C pp Ann C nn t l c r o o e s e ro mp a t N c t R a co a r r r r R r t a No g a Bo o ar c c o S n P o a c A ro a M d sa e e 4 S o an ao o a i Ha em b r P C i o R i t s P an o i c o a a a e c p ne C C u ad r ud c J z dan t d o Pa ma 0 P a c u o s or v h r r r R r ndo P ro t a on e an c o Opp & s e o S Po an a so O f

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I M PA g I N A z I O N E gianluca Capponi, marco Croci, alberto greganti

L E f O T O D I q u E S T O N u M E R O S O N O D I : a Criscuoli: pagg 6, 12, 15, 24; m Leopardi: pag 19

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na me cos z e a nc n ro Ama o a ma o a C n ro n rna on e d n a V n nt e m i ru po po t o ba s pa m n e i on 8 Nonno e a F U Co nne o a c o t Nuo o Mon i A c G mo a A so a on Sa T o s M rr r Ono S a M r h an E v ano Re Po ga New e m i po n ro S a g a omo a t oc h M p nt A he a A t h S po Y m t r S C t d l An B n de o ma t e F n e vo S mp on B au C S mos Ame c ud x A a A o S nt n o Go n AN P C s o r s r o K r A ro i c i y N n ud l oc nd s e He r o o er m C OP on uma or nor e e P S ud S or c u Pa ma C a O M i c l bo c C co de o po t e M L no b r a
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sommario

Il volto e l’anima

Sembra non esserci fine al peggio che investe il mondo dello sport Atleti selezionati in laboratorio, che abusano di farmaci e, stanati da un'analisi a sorpresa, ostentano che l'ematocrito è sballato perché "influenzale". Campioni che improvvisamente perdono la loro straordinaria capacità sparendo nell'anonimato. Gente che parla di gare comprate e vendute, senza che si apra un'inchiesta. Ragazzini ingaggiati in Africa come f u t u r i b i l i t a l e n t i e a b b a n d o n a t i i n Europa all'angolo di una strada.

Non dovremmo stupircene. La crisi che attraversa il mondo dello sport è la stessa che attraversa la società. Non passa molta differenza tra lo sfruttamento dell'immigrazione clandestina e la tratta dei minorenni del calcio Non ce n'è tra un ospedale degradato dove si muore invece di guarire e un laboratorio antidoping dove si perfeziona e si gestisce il doping La truffa di un magliaro televisivo che ti rifila una patacca come smeraldo è analoga a quella proposta da un corridore abituato all'epo che sale sul podio

L a s o c i e t à m a l a t a i n c i d e s u l l o sport, e lo sport malato incide sulla

s o c i e t à , i n u n c i r c o l o v i z i o s o L'arbitro dilettante che guadagna di rimborso spese più di un dirigente aziendale, il campione che firma e straccia i contratti nel gioco al rialzo, i l r e c o r d m a n d o p a t o c h e d iv e n t a t e s t i m o n i a l p u b b l i c i t a r i o va n n o a d aggiungersi ai modelli di riferimento d i q u e i g e n i t o r i c h e , s m e s s o d i sognare per i figli professioni come l'ingegnere o il notaio, desiderano farne un cantante o una miss Italia.

C'era una volta il campione venuto dal ghetto che riusciva a fare del suo riscatto il riscatto di un'intera generazione di giovani, motivandola alla vo l o n t à d i r i u s c i r e , a l l a fa t i c a , a l s a c r i fi c i o O g g i va n n o d i m o d a i campioni che ti invitano, nelle parole e nei comportamenti, ad essere furbo, ad essere irresponsabile, a consumare di più: una tuta, un orologio, una b i c i a l t i t a n i o o q u a l c h e p a s t i c c a quando ti vuoi esaltare Chi prova ad opporsi ha tempo per raccogliere un consenso di facciata, poi viene estrom e s s o , d ive n t a Z e m a n , D o n a t i , Scarpa

I signori dello sport sono troppo impegnati a fare di conto per accor-

gersi che le cose si stanno mettendo davvero male Più che confidare nel nuovo statuto del CONI e nella Conf e r e n z a n a z i o n a l e d e l l o s p o r t , l a nostra associazione deve fare affidamento sulle appartenenze e gli ideali che uniscono e motivano la sua gente. Dobbiamo essere convinti di avere un compito importante, che il riscatto dello sport passerà dal volontariato e dall'impegno sociale, dalle società sportive di base come luogo in cui le persone ancora trovano il piacere di stare insieme dando un senso profondo alla propria esistenza.

Dobbiamo lavorare nel nostro specifico con maggiore impegno, favorendo la nascita di società sportive che sappiano usare la modernità per rendere più efficace il proprio impegno educativo, il servizio alla persona umana Non facciamoci attrarre né ingannare dallo sport che vive alla ribalta Meglio guardare in basso, alle migliaia di campi sportivi dove crescono le vere speranze: ragazzi e ragazze che domani diventeranno gli uomini e le donne in grado di cambiare la rotta dello sport

Donato Renato Mosella

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Una voce che grida

La lettera del giovane calciatore deluso che pubblichiamo qui accanto è autentica, non è una provocazione redazionale È stata pubblicata a fine ottobre su L’Eco di Bergamo, da cui l'abbiamo ripresa Solleva, in tutta la sua amara evidenza, quanto sia ingiusto un sistema che privilegia i più bravi, i campioncini, ed esclude gli altri

Quando nei Palazzi del mondo sportivo si parla di abbandono precoce, si pensa soprattutto ai talenti che si perdono per strada Mai ci si rammarica per l'abbandono delle schiappe, di chi il talento non ce l'ha, ma avrebbe lo stesso tanta voglia di dare quattro calci al pallone o di provare a centrare un canestro Questa forma di abbandono è più crudele dell'altra: perché i "bravi" che abbandonano sono pochi, e lo fanno di loro spontanea volontà, per noia o per nausea. Le "schiappe" sono molte di più, abbandonano perché ci sono costrette, e con ancora tanta fame di sport in corpo Spesso l'ostracismo di tecnici e allenatori fa nascere in loro un senso di frustrazione, di inadeguatezza che si portano appresso nella vita di tutti i giorni, e che è difficile da guarire, come ci avvertono tanti studi di psicologia Altro che stress da superallenamento!

Come risposta/commento alla lettera, L'Eco di Bergamo pubblicava un colonnino di Vittorio Bosio, presidente del CSI bergamasco Riteniamo utile proporre all'attenzione dell'associazione, in un box, anche quella risposta Che evidenzia come nel CSI di oggi anche un grande Comitato come quello di Bergamo, che macina ogni anno innumerevoli tornei e mette in campo oltre un migliaio di squadre, sia ormai consapevole che bisogna fare qualcosa di più e di meglio perché almeno lo sport dei ragazzi torni ad essere gioco e divertimento garantito. Per tutti e non soltanto per i campioncini

Caro allenatore, ti scrivo perché da un po' di tempo mi sto chiedendo le ragioni della mia presenza in squadra e prima di decidere cosa fare per il futuro ho bisogno di capire alcune cose

Tu sai benissimo che io non sono nato per il calcio: rispetto ad alcuni miei compagni sono un po' imbranato, spesso sbaglio i passaggi, o spedisco il pallone in posti lontanissimi da quelli giusti e quasi sempre finisco per farmi saltare dall'avversario che così riesce a segnare qualche gol di troppo

Eppure ti garantisco che il calcio mi piace moltissimo. Un po' perché a casa il papà e la mamma ne parlano (soprattutto dal venerdì alla domenica sera); un po' perché è così importante che ne parlano tutte le tv e tutti i giornali; un po' perché in classe i miei amici - soprattutto quelli bravi - sanno tutto di Vieri, Lippi, Weah (che è simpatico e dice sempre "magna magna generale" e "ciao a tutti belli e brutti"), Del Piero e tanti altri E così quando ci troviamo l'argomento principale è il calcio e chi non ne sa niente o non è in squadra non conta perché dice cose poco importanti

A me piace molto stare con i miei amici e far parte del gruppo Per questo desidererei anche giocare bene per essere uno di quelli rispettati in squadra, uno di quelli che tutti salutano quando ancora sono lontani e che quando si avvicinano vengono accolti con sorrisi e amicizia. Però per come si stanno mettendo le cose anche quest'anno sono un po' mortificato e penso che abbandonerò la squadra Anche mio padre, che si dà un gran daffare tra casa e lavoro per portarmi anche agli allenamenti e alle partite è un po' mortificato perché non sa che soluzione trovare Lui aveva sentito i dirigenti della società, il curato, l'allenatore - tutti insomma - parlare di "valore dello sport" di "offerta formativa dello sport" della necessità di coinvolgere tutti anche quelli meno bravi. Con me finge di non accorgersi che quando è il momento di andare alla partita io divento triste Lui scherza e io invece metto un po' il muso Sbaglio perché il mio papà non lo merita ma io non riesco a fare diversamente perché la tristezza mi prende dentro Non capisco poi perché, come già

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l'anno scorso, come due anni fa, come tre anni fa quando abbiamo cominciato a tirare i primi calci al pallone, quelli che finiscono per fare quasi tutto il campionato in panchina sono sempre gli stessi E sembra che le cose debbano andare così perché altrimenti, se giochiamo anche noi un po' imbranati la classifica peggiora e la nostra squadra scende verso il fondo. È questo che nessuno vuole, né fra di noi né in società, né in paese.

Però se tutti i dirigenti di tutte le squadre del CSI fossero d'accordo di far giocare tutti, ma proprio tutti, senza stare a guardare quelli che sono bravi (magari questi potrebbero giocare un po' più degli altri) e quelli imbranati, allora le classifiche non cambierebbero Invece se uno comincia, per vincere il campionato, a voler scegliere solo i migliori, quelli che fanno cento palleggi senza lasciar cadere il pallone per terra, quelli che segnano anche se tirano da trenta metri, quelli che corrono tutta la partita, allora tutti gli altri allenatori piano piano si adeguano Così però si rovina tutto. Io vedo le facce di quelli che come me sono in panchina tutta la partita e vedo anche le facce di quelli che fanno panchina per la squadra avversaria Mi stanno antipatici perché sono i nostri avversari, però un po' mi dispiace anche per loro e capisco cosa soffrono ogni volta. Ma lo sai che recentemente io ho fatto una partita sempre in panchina anche se la partita era un'amichevole? E pensare che ci avevo sperato tutta la settimana di poter giocare almeno quella volta, e ogni mattina contavo i giorni che mancavano all'incontro. Quando ho visto che non mi mettevi in campo mi sono sentito morire

Certo, nelle mie condizioni poi, quando finalmente mi fai entrare in campo - e magari mancano tre minuti alla fine - io non ci sto più con la testa L'emozione mi blocca, non sono più sicuro di quello che faccio e gioco malissimo, molto peggio di quando gioco liberamente con i miei amici

Prima di concludere questa mia lettera vorrei farti una domanda precisa: perché ti preoccupi più della classifica che della nostra sofferenza? È vero che lo sport è competizione, ma perché allora quando il curato ha detto che alla nostra età è più importante giocare e divertirsi perché intanto ci formiamo come

Tutti i ragazzi vorrebbero giocare tutte le partite. Ma c’è ancora chi non trova mai posto

persone e in amicizia tu non gli hai detto che si sbagliava?

Settimana prossima il mio papà mi iscriverà ad un corso di musica e io non verrò più a calcio. A me la musica piace tanto, però sono certo che quando passerò vicino al campo dell'oratorio e sentirò i ragazzi giocare al pallone soffrirò tantissimo Anzi penso proprio che per un po' di tempo non mi farò più vedere perché altrimenti dovrei sentirli parlare delle loro partite, delle loro vittorie, degli errori dell'arbitro Io invece penserò all'errore che ho fatto io di credere in quello che mi dicevi

Ciao e senza rancore.

Il tuo Giovanni

P.S.: il giorno di Santa Lucia compirò 11 anni.

Campioni e no

Si tratta di un intervento cortese ma amaro, che lascia spazio ad una riflessione molto seria Per un ragazzo appassionato di calcio non essere un campioncino può essere un problema enorme, di quelli impossibili da risolvere Forse per gli adulti è un po' difficile rendersene conto, ma i ragazzi vivono il loro impegno sui campi di calcio - con i genitori, i parenti, gli amici che li seguono dagli spalti - come un'avventura affascinante e coinvolgente Inoltre hanno bisogno di sentirsi parte del gruppo, accettati ed apprezzati Fallire a questa età, anche solo nella conquista di un posto in squadra, può essere pesante Non fosse altro che per la sofferenza che ne è connessa Il Csi, con i corsi proposti ogni anno, sta portando i dirigenti delle società e in particolare gli allenatori di giovani calciatori, a livelli di consapevolezza prima mai raggiunti Le squadre che stanno superando la fase del risultato a tutti i costi sono sempre di più Però, in un panorama composto da centinaia di formazioni giovanili, sono ancora troppi i dirigenti che pur di avere una bella classifica, rinunciano a mettere in campo quelli che non sono "bravi" Siamo in cammino, la strada è quella giusta, ma ne dobbiamo percorrere ancora tanta

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...quelli di Roma

La mente corre lontano,fino a tentare di scrutare le fatiche, le difficoltà, i sogni e le speranze degli “animatori” delle 12 133 società sportive CSI che, nei campi sportivi, nelle palestre, nelle strade , sono sempre pronti a spendere il loro tempo libero e i loro talenti a servizio dei tanti ragazzi in cerca di qualcuno che riscaldi loro il cuore

Le varie strutture del CSI, da quelle territoriali a quella nazionale, come rispondono alle loro attese?

Molti considerano del CSI solo "quelli di Roma" e Roma, per molti responsabili di società sportiva, è molto lontana

Allora cosa fare? Forse la cosa migliore è fare un "accordo" per sentirsi tutti della stessa Associazione Ma un accordo tra "lontani" non serve a nessuno, anzi provoca fastidio perché rimane sempre una dichiarazione di intenti. Allora si può pensare, in vista della nuova stagione congressuale, ad una raccolta di impegni che, quelli di Roma insieme a quelli del proprio Comitato territoriale, assumono nei confronti delle società sportive alle quali, come contropartita, si chiede di sentirsi "attori e protagonisti" dentro un unico progetto, ciascuno per il ruolo che gli compete e non semplici "spettatori" o peggio ancora "clienti"

Tutto questo è importante ma ancora non basta. Occorre avere la consapevolezza che l'appartenenza al CSI non si realizza con la semplice partecipazione ad un campionato Non basta un'affiliazione per sentirsi parte viva di un'associazione Il sentimento di appartenenza è un habitus che, per un verso, ha a che fare con la memoria del passato dell'Associazione, per un altro, costituisce la base per costruire il futuro

In questo sta la forza rivoluzionaria del CSI e cioè nel percorrere un cammino insieme a tutte le società sportive consapevoli della grande responsabilità che ci è stata affidata: promuovere lo sport ma anche dare "un'anima" allo sport. E la società sportiva ne diventa la prima e l'unica l'interlocutrice Allora, essa non può essere solo una semplice agenzia erogatrice di servizi ma un ambiente accogliente dove tutte le componenti, atleti, tecnici e dirigenti generano amicizia, creano rapporti, suscitano domande, provocano le responsabilità di ciascuno

Ciò non significa chiudere le porte in faccia agli “stranieri”, cioè ai tanti gruppi spontanei che spesso vengono considerati degli "ospiti " , anche se graditi, per un torneo o un campionato Anche se molte società sportive pensano solo ed esclusivamente all'attività e "saltano" da un Ente di promozione all'altro senza farsi tanti problemi, guardando solo ai costi e all'efficienza organizzativa , sappiamo però che l'identità, il senso di appartenenza, sono dei beni ai quali l'Associazione non può fare a meno.

Come superare le diverse conflittualità tra società sportive consolidate e ben strutturate e gruppi spontanei? Come far convivere due realtà associative tanto differenti nella loro struttura ma entrambe figlie della stessa madre? La questione si supera riscrivendo con i fatti un patto di solidarietà nel quale possa riconoscersi non tanto le diversità ma il perseguimento degli stessi obiettivi. Prima di tutto battersi perché lo sport sia veramente per tutti Di fatto non lo è Poi perché l'attività sportiva venga considerata un valore umano ed educativo al pari

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di tanti altri valori Di fatto lo sport è tempo perso per molte agenzie educative e per molte istituzioni a partire dalla scuola fino alla parrocchia. Non sarà più "tempo perso" quando allo sport verrà riconosciuto ufficialmente il suo valore prioritario e non quella "cosa poco seria" tra le cose serie della scuola che sono i "saperi" e della parrocchia che sono i momenti religiosi

Per far fronte a queste sfide è necessario che la società sportiva, moderna ed aperta e inequivocabilmente sbilanciata verso quelli che non fanno sport sappia coniugare memoria e innovazione, passato e futuro Una società sportiva del CSI se vuole vincere deve essere idealmente distinguibile dal bailamme delle centomila presenti sul territorio nazionale, sia sul piano della qualità della proposta sportiva sia associativa. Deve essere una vera "casa delle persone" Cioè capace di accogliere, di accompagnare, di allenare le nuove generazioni non solo sotto il profilo tecnicosportivo ma anche umano È bello ricordare che l'attività sportiva prima di essere un'esperienza fisica, prima di essere un risultato tecnico, sarà sempre un'esperienza umana.

Non basta più aprire le sedi

Non basta un ’affiliazione per sentirsi parte viva nell’Associazione

È necessario farne dei luoghi reali di accoglienza, di confronto sulle idee, sui progetti Il rilancio della funzione e del ruolo delle società sportive per essere credibile ha bisogno di una nuova passione. Una passione che faccia emergere la visibilità dei valori predicati; una passione all'ascolto, alla tolleranza, alla democrazia, alla collegialità Siamo convinti sostenitori della necessità di rilanciare la società sportiva ad una maggiore alleanza con le altre agenzie educative e non un volersi rinchiudere a riccio attorno a quel po' di attività sportiva che riesce a fare La società sportiva vince e convince se è programma, progetto, idealità. Solo così torneranno a guardare ad essa i tanti giovani che non fanno sport

Una società sportiva con una forte identità associativa è, ancora oggi, la condizione per costruire una grande associazione Non lo è, certamente, la società sportiva senza identità associativa, anche se parrocchiale

Il CSI dal 1944 ad oggi ha "allenato" intere generazioni tramite le migliaia e migliaia di società sportive Esse sono state e sono tuttora “il CSI”. Un dono che “quelli di Roma” possono solo valorizzare.

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D o S S I E r

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Lauda; Sport club Parma; Cral OCME; Circolo bocce; Circolo dello sport; Step by step; La Vela; Nuto club ' 91 MILAno; Libertas volley BERGAMO; S Polo; C S ; Juventus club Noceto ANSPI; Villa Bonelli nuoto; Realchemi Sissa S Secondo; S S Primavera; Polisportiva Giam; Dinamo; G Verdi; Parrocchiale Pieve Cusignano; La Vela Stimmatina; Ristobar; Salso SMA ; La; Rocca S Secondo; AVIS Cri Sorbolo; S A S Rubbiano; Juventus Vicopò; Atl Azzurra; Albatros; Polisportiva 2000; Tosco Biliardi e Birre; Solari; Montebello; Busseto AVIS C SI; Il Portico; Circ ricr sp cult ; rescarolese; Il Castello; Gruppo amici di Rivalta; Club musicale; Mercury La Salle; San Michelino; Rondine; Circolo due Fiumi; Dick dastardley; Polisportiva Traversetolese; Astra; Casalese; Volley Noceto; Polisportiva; Salsese; Archè; Felino Real Sala; Circ.ricr. Sanguinaro; Circ. C SI Bastelli; Proxima danza; Suor Maria Circolo Ricreativo; varanese; Laura Sanvitale; gu fa; Ponteghierese; Pool Master Club; Santa Maria; U S Sacra famiglia; G S Virtus; Pol Intrepida; S S Bar dello Sport; Scuola PEtrarca; Juventude; Fulgor; Centrosport; Ballone; Ideco; Madregolo calcio; Cannetolo F C; Valcedra; Lido Taro; Fulgor; Ricreativo Pilastro; Bardi; Frontiera 70; Stella azzurra; Coltaro; Polisportiva Corchia; Chiozzola; Farini S Pancrazio; Varano Marchesi; Bar Smile; Ottica centro torri; Bar Eclisse; Casalbarbato; Parmense; Bar Denny Gramignazzo; Pro Loco Cella; Equipe 97; Chelsea trattoria Benecchi; Nova tecno; Conforti Libertas; Le fate e le streghe; Sweet bar; Basket piattaforme aeree; Arcs Reno; Longobarda; Golese; C O I S ; Carrozzeria Marchinetti & C ; Ottica Zambrelli; Solignano; Ramiola amatori; Bormioli ing Luigi; Torrile; Nar Mea calcio; Cral Comit; Fraore; Anspi il ponte; Il cervo; Parma club M Crippa; S Anna Cannetolo circolo; Biesse; elettroimpianti Noceto; Real Vico; Bar magia; Estudiantes A S C ; Lloyd Adriatico Busseto; Pizzeria verdi ricordi; Cuba libre; Real Firenze; Vicopò; Albareto; Blu bar; Basilicagoiano; Yoga e vita; Val Noveglia; Bogotaro calcio; San Polo calcio; Aurora; Medesanese; 4 ESSE Montebello; Lesignano; S Quirico; San Paolo Calcio; Harlem bar; Pol Cristo Re; Virtus U P ; San Leo; Piscinola; Casale di Felino; Bogolese; Real Malva; Scipione F C ; Crusaders; Audace; Jazz dance studio; Parma 80; Play club; Polisportiva Soragna; Don Bosco Basilicanova; Borghetto; Corsaro; Alberi; Atletico S Leonardo; P G S OR SA ; Vicofertile F C ; Ristorante Astoria; Meditec; Condor Paroletta; Il ponte; Panificio Oppici; L&F sklero; S Pol San Basso; Officina meccanica Maestri; Sorapis; Bar Laros; Pizzeria incontro; Amatori Valmazzola; Centro internazionale danza; Vincent team; Bar Tenerè; Incerti assicurazioni; Gruppo sportivo bassa parmense; Airone S C 89; Nonno Pera F C ; U S Colonnella; Virtus SMA ; Dream team; Sorbolo calcio a 5; La costa; Nuoto Monticelli; Arci Golese; Timor Libera; Associazione San Martino; New Castle; Pizzeria "I Trolls"; Mirrors; Onori Scavi; Marchiani A .E.I. Sivizzano; Real Ponga; New team nippon; Eia Club; Susan Ebrahimi; Autocentro; U S san giacomo; Baistrocchi; FMI sprint; Athena; Antichi Sapori Y B ; Amatori S ; Secondo; Lazy Lions; Deportivo Cittadella; SAn BEnedetto martire; Fontevivo; Simpson; Beauty F C ; Samos America; Langhirano volley; M A R K; Pol Audax Alga; Atletico; S Antonio; Golden ANSPI Cristo risorto; Kiria; Airone; Circolo ANSPI; Riano; Tartaruga; Bar Sixty Nine; I budelli; Locanda sole; Heart of Rollerlam; COOP consumatori nordest; Alimentari Boschi - Riviera volley; P G S Lauda; Sport club Parma; Cral OCME; Circolo bocce; Circolo dello sport; Step by step; La Vela; Nuto club 91 MILAno; Libertas volley BERGAMO; S Polo; C S ; Juventus club Noceto ANSPI; Villa Bonelli nuoto; Realchemi Sissa S. Secondo; S.S. Primavera; Polisportiva Giam; Dinamo; G. Verdi; Parrocchiale Pieve Cusignano; La Vela Stimmatina; Ristobar; Salso SMA ; La Rocca S Secondo; AVIS Cri Sorbolo; S A S Rubbiano; Juventus Vicopò; Atl Azzurra; Albatros; Polisportiva 2000; Tosco Biliardi e Birre; Solari; Montebello; Busseto AVIS C SI; Il Portico; Circ ricr sp cult ; rescarolese; Il Castello; Gruppo amici di Rivalta; Club musicale; Mercury La Salle; San Michelino; Rondine; Circolo due Fiumi; Dick dastardley; Polisportiva Traversetolese; Astra; Casalese; Volley Noceto; Polisportiva; Salsese; Archè; Felino Real Sala; Circ ricr Sanguinaro; Circ C SI Bastelli; Proxima danza; Suor Maria Circolo Ricreativo; varanese; Laura Sanvitale; gu fa; Ponteghierese; Pool Master Club; Santa Maria; U S Sacra famiglia; G S Virtus; Pol Intrepida; S S Bar dello Sport; Scuola PEtrarca; Juventude; Fulgor; Centrosport; Ballone; Ideco; Madregolo calcio; Cannetolo F C; Valcedra; Lido Taro; Fulgor; Ricreativo Pilastro; Bardi; Frontiera 70; Stella azzurra; Coltaro; Polisportiva Corchia; Chiozzola; Farini S Pancrazio; Varano Marchesi; Bar Smile; Ottica centro torri; Bar Eclisse; Casalbarbato; Parmense; Bar Denny Gramignazzo; Pro Loco Cella; Equipe '97; Chelsea trattoria Benecchi; Nova tecno; Conforti Libertas; Le fate e le streghe; Sweet bar; Basket piattaforme aeree; Arcs Reno; Longobarda; Golese; C O I S ; Carrozzeria Marchinetti & C ; Ottica Zambrelli; Solignano; Ramiola amatori; Bormioli ing Luigi; Torrile; Nar Mea calcio; Cral Comit; Fraore; Anspi il ponte; Il cervo; Parma club M Crippa; S Anna Cannetolo circolo; Biesse; elettroimpianti Noceto; Real Vico; Bar magia; Estudiantes A S C ; Lloyd Adriatico Busseto; Pizzeria verdi ricordi; Cuba libre; Real Firenze; Vicopò; Albareto; Blu bar; Basilicagoiano; Yoga e vita; Val Noveglia; Bogotaro calcio; San Polo calcio; Aurora; Medesanese; 4 ESSE Montebell

I l v o l t o e l ’ a n i m a

U S Sacra famiglia; G S Virtus; Pol Intrepida; S S Bar dello Sport; Scuola PEtrarca; Juventude; Fulgor; Centrosport; Ballone; calcio; Ricreativo

Società

nazionale

Percorsi possibili da un secolo all’altro

Con lo statuto approvato all'inizio dell'estate a Salsomaggiore, la società sportiva è diventata il motore decisionale del CSI

Ora che la società sportiva, e non più il tesserato, è il socio CSI, i congressi territoriali, quelli regionali e l’Assemblea nazionale cambieranno faccia In quelle sedi saranno i presidenti o i vice presidenti delle società sportive a partecipare, direttamente o per delega ad altri presidenti di società

Per certi versi si tratta di un ritorno all'antico. Nel 1906 la FASCI, l'antenata del CSI, nacque dalla decisione di sedici società sportive, formulata con il criterio "una società, un voto" Al di là della curiosità della circostanza, uno sguardo a quel lontano inizio secolo impone una riflessione: che cosa ha consentito a quelle sedici società di diventare dodicimila, qual è stato il "fattore di successo" che ha portato ad uno sviluppo del genere, che mette oggi il CSI in primo piano nel panorama sportivo nazionale?

Il "fattore genetico" della società sportiva C SI

Lasciamo perdere le analisi del come e del perché lo sport sia diventato un fenomeno così importante in questo secolo Certamente l'associazione è cresciuta anche in seguito al dilatarsi della pratica sportiva Ma è tutto qui?

Certamente no La società sportiva ha un fattore genetico proprio, che l'ha sempre distinta nel panorama sportivo: l'impegno sociale Basta sfogliare gli Stadium di inizio secolo, dove le società della FASCI si raccontavano: al loro interno si aprivano casse di previdenza, scuole serali, perfino uffici di collocamento, e ciò avveniva più facilmente dove la società sportiva nasceva in seno ad una preesistente opera cattolica.

Questo interesse della società sportiva al sociale, specchio del più ampio impegno richiesto ai cattolici dalla Rerum novarum (1891), si dispiegava in un'apertura alle classi più povere ed a categorie particolari (al primo concorso FASCI partecipò anche una Squadra sordomuti Torino) Ben diversamente era per le Società federali, votate all'olimpismo Leggete questa affermazione secca di quei tempi: "Non riteniamo, non possiamo ritenere l'educazione fisica come fine a sé stessa, e perciò non vogliamo che le nostre società siano delle Compagnie di ventura, che vanno a caccia di premi ovunque si trovino, o se li disputano con mezzi violenti o con indegne finzioni, facendosi assoldare or da questo or da quello a cui preme l'onore di vincere una coppa o una medaglia..."

Eccolo il fattore genetico della Società CSI, essere dono: per lo sport, per la gente, per la comunità civile, per la parrocchia, per i "poveri" Un CSI che ha sempre scelto i mal-educati preferendoli ai ben-educati, alle élite dei più bravi, dei più agiati, dai più "facili" da gestire

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sportive protagoniste: dai Congressi territoriali all’Assemblea
di
Andrea De Pascalis

In qual modo e con quali strumenti?

Intendiamoci, nel corso di cent'anni o quasi di vita dell'associazione, i modi in cui si è concretizzato l'impegno delle Società sportive è cambiato, si è adeguato ai bisogni e alle possibilità dei tempi Ed è stato anche questo un fattore di successo Sembra dunque logico che ci si debba interrogare su quali sono oggi e saranno nel prossimo futuro le strade attraverso cui la Società sportiva del CSI può concretizzare la sua missione "storica": nei confronti della società civile, della comunità cristiana, del mondo sportivo Ossia quali nuove forme, e con quali nuovi strumenti, adeguati all'epoca storica, incarnare una nuova missionarietà nello spirito di sempre Ciò, ma è solo un esempio, significa porsi domande del tipo:

- Come essere una società sportiva "casa delle persone"?

- Come realizzare un'accoglienza di tutti, che sia non attesa ma un "andare incontro"?

- Come proporre ai giovani di prendere in mano la loro vita?

- Come restituire speranza ai "poveri"?

- Come rapportarsi sul territorio, in questi compiti, con le istituzioni, le associazioni, la comunità ecclesiale, anche per essere coscienza critica e stimolo?

Anima e volto

Che ci sia, o che ci dovrebbe essere, un fattore genetico (come disponibilità al servizio della persona e della comunità) tipico della Società sportiva CSI non significa ipotizzare un modello standardizzato di Società

Tra le dodicimila Società del CSI odierno, i modi di essere sono tanti. Forse sono tanti quante le Società Ci sono Società di pochi e di molti, monosportive e polisportive, di lunga tradizione e di nuova costituzione, di città e di paese, ricche e povere, di grande progettazione e di normale gestione…

Società, dunque, che presentano molti volti Ma se l'anima è, o dovrebbe essere unica, quei volti dovrebbero rispecchiare, in un modo o nell'altro, quell'unica anima, quei valori che costituiscono il fondamento e la motivazione del CSI

Ma chi ringrazia?

Quando si fa un dono a qualcuno, le norme del vivere civile ci fanno pensare si debba ricevere un "grazie" e un po' di riconoscenza

Se la Società sportiva del CSI è un dono, una ricchezza che si riversa all'esterno dell'associazione, è pur vero che è difficile sentirsi dire "grazie"

Dalle istituzioni le Società di base attendono ancora di avere i giusti riconoscimenti in punta di diritto. La famosa legge 2761 sulle Società dilettantistiche è impantanata in Parlamento È vero che il testo del DDL dice: "Lo Stato riconosce alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche, quali soggetti essenziali della vita sportiva, la funzione di

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utilità sociale connessa alle finalità di promozione umana e di progresso civile, ne garantisce l'autonomia e ne consente lo sviluppo", ma per ora si tratta di una promessa che non si sa se e quando verrà mantenuta Poco riconoscente è il sistema sportivo, che sovente usa la Società sportiva per raccattare numeri globali, ma la ignora al momento di ascoltarne i bisogni e di fornirle aiuto Riconoscenza ce n'è poca anche da parte della comunità ecclesiale, che nella sua periferia (diocesi e parrocchie) è fin troppo distratta circa l'impegno sociale ed educativo della pratica sportiva Se è giusto donare senza pretendere, è anche umano chiedere attenzione e rispetto, che nel quotidiano significa chiedere le condizioni minime per poter lavorare e il superamento dei pregiudizi

DoMANDE IN At tESA DI rISpoStA

• Cosa si aspetta la società sportiva del CSI dal Comitato territoriale? Da quello regionale? Dalla Presidenza nazionale?

• Cosa si aspetta la società sportiva del CSI dalla parrocchia? Dagli altri gruppi presenti sul territorio? Dalle famiglie? Dal Comitato di quartiere? Dalle istituzioni locali? Da...

• Quali sono le difficoltà che una società sportiva incontra (organizzative, reperimento risorse umane, finanziarie, ...)?

• Le società sportive sono pronte a mettere a disposizione degli altri organismi associativi (prov i n c i a l e , r eg i o n a l e , n a z i o n a l e ) a l c u n i d e i s u o i migliori dirigenti?

• A cosa si impegna la società sportiva del CSI, oggi, in cambio di quanto chiede?

Su questi interrogativi attendiamo dei contributi scritti da parte vostra per scrivere insieme la relazione all’Assemblea nazionale

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Sport in oratorio: molto dipende dal prete

Qual è la cosa più bella?

Vedere un ragazzo sorridere

Padre Lodovico Morell, 86 anni, religioso dell'Ordine dei Gesuiti, ha dedicato gran parte della sua vita ad educare i ragazzi attraverso lo sport e rappresenta per tutta la diocesi ambrosiana un prezioso punto di riferimento. Nell'immediato dopoguerra l'allora cardinale Schuster ebbe l'intuizione di realizzare un grande centro sportivo diocesano per l'aggregazione e l'educazione dei ragazzi. Nacque così il Centro Schuster che lo stesso cardinale affidò a padre Morell che dal 1954 lo dirige con passione ed entusiasmo Oggi il centro Schuster ha una polisportiva con oltre 400 ragazzi che ogni giorno vengono conquistati dalla vitalità e dall'amore che padre Morell testimonia verso ciascuno di loro

Padre Morell, lo sport può essere davvero educazione alla vita?

Lo è, lo è eccome In questi 46 anni in cui ho avuto modo di servire il Signore occupandomi del centro Schuster, ho sperimentato sulla mia pelle quanto lo sport sia uno strumento magico per entrare davvero nel cuore di tutti i ragazzi Perché questo avvenga servono però alcuni ingredienti indispensabili. Ci vogliono prima di tutto allenatori che abbiano a cuore i ragazzi Allenatori che non pensino soltanto al risultato ma capaci di ricordarsi in ogni istante di avere tra le mani il grande dono di aiutare ogni atleta a crescere nella vita. Allenatori che condividano un progetto educativo e siano testimonianza viva dei valori che vogliamo insegnare ai ragazzi Su questo punto sono sempre stato chiaro ed anche abbastanza rigido Fare l'allenatore al centro Schuster significa fare una precisa scelta di vita, chi non la condivide non può allenare da noi Ci vogliono allenatori così, ma questo può non bastare, devono anche saper fare bene l'allenatore. Il linguaggio dello sport è un linguaggio anche molto semplice, non servono tante chiacchiere o grandi intuizioni Dentro l'allenamento e la partita ci sono tutti quei valori e tutte quelle cose che vogliamo trasmettere al cuore dei ragazzi. C’è l'impegno, il sacrificio, il

rispetto, l'amicizia, il confidarsi, la lealtà E per far germogliare queste esperienze dentro un allenamento o in una partita, un allenatore deve essere bravo e competente. Servono infine allenatori determinati e coraggiosi: non è facile educare attraverso lo sport, bisogna abituarsi a tante delusioni, a tante sconfitte (bruciano più di quelle sul campo), al rischio di non essere compresi ma consapevoli che, comunque, ne vale la pena

Qual è il futuro dello sport in Oratorio?

Oggi bisogna credere fortemente nello sport come strumento di educazione Lo deve fare la Chiesa aiutando i preti a comprenderne l'importanza e le grandi potenzialità educative Lo dobbiamo fare tutti noi evitando di limitarci alla proposta "in Oratorio" ma pensando di essere testimoni anche nei confronti del CONI e delle Federazioni Anche là, infatti ci sono ragazzi che giocano e che hanno il diritto di “vivere” uno sport che li aiuti a crescere nella vita. Ecco perché, forti della nostra fede, dobbiamo confrontarci, dialogare, interrogare, "provocare" ogni dimensione dello sport

In questi lunghi anni alla guida del Centro Schuster qual è il momento in cui è stato più felice?

Ogni volta che alla fine di un allenamento o di una partita vedo un ragazzo sorridere.

di

Massimo Achini

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Voglia di oratorio

Vent’anni di attività sportiva oltre 300 tesserati impegnati in numerose attività sportive tra cui calcio a 7, pallavolo, pallacanestro, attività motoria per adulti Questo è il biglietto da visita della Società Bresso 4, capitanata dal giovane e determinato Claudio Tarini «Sono davvero orgoglioso della società di cui faccio parte - dice Claudio - ed in questi ultimi anni stiamo vivendo un momento particolarmente felice Il Gruppo Sportivo oggi è parte integrante della vita dell’oratorio, partecipa a tutte le attività che esso promuove e vive lo sport come qualcosa di importante per la crescita umana e per la preevangelizzazione Questo rapporto “felice” con l’oratorio è stata la vera svolta nella nostra Società sportiva e ci ha permesso di arrivare ad essere quello che siamo»

Il sessanta per cento circa degli atleti del Bresso 4 è composto da giovani ad di sotto dei 18 anni Si tratta di giovani che ricoprono spesso ruoli di responsabilità: allenatori dei più piccoli, componenti del Consiglio Direttivo, animatori in oratorio «Siamo molto attenti nel responsabilizzare e impegnare i giovani,prosegue Claudio - Anche le ultime elezioni della Società sportiva che si sono svolte lo scorso anno sono state un segnale importante in questa direzione C’era una vera lista di candidati, con seggi elettorali aperti in oratorio tutto il sabato e la domenica Bene, abbiamo trovato molti giovani che si sono candidati per il Consiglio Direttivo ed il 70% dei nostri tesserati è venuto a votare dimostrando che gli interessa anche la vita della Società sportiva e non solo la partita o l’allenamento»

Per il Bresso 4 non sono sempre state rose e fiori La Società, che opera in un Comune dell’hinterland Milanese, ha avuto anche momenti difficili di fronte ai quali ha sempre saputo reagire con

entusiasmo e determinazione

«Il vero nodo della questione - conferma il Presidente - riguarda il rapporto con l’oratorio Quando la Società Sportiva non è pienamente inserita nel progetto educativo dell’oratorio diventa difficile realizzare davvero qualcosa di concreto e di incisivo Può sembrare banale ma è così Il problema è che molto dipende dal Prete che si trova in oratorio C’è chi è disponibilissimo nei confronti dello sport, chi lo ignora e chi addirittura lo ostacola in vari modi Anche a noi nel passato è capitato di avere problemi e di vivere tensioni in questo senso, mentre oggi ci ritroviamo con Don Stefano in una situazione ideale»

Su questo non c’è dubbio Don Stefano non solo segue con attenzione la vita della Società sportiva, ma appena può si infila pantaloncini e maglietta per giocare nella squadra Seniores di pallavolo mista Perché?

«Nel Seminario Diocesano si parla raramente di sport Eppure nell’80% dei casi un seminarista, diventato prete, si troverà immediatamente a vivere in un oratorio dove c’è una Società sportiva Ed il rapporto con la Società sportiva è sempre affascinante ma anche delicato È per questo che in molti casi, in particolare per chi non ha una grande passione sportiva, un po ’ di formazione diventa estremamente importante Per quel che mi riguarda posso dire che molti ragazzi li abbiamo incontrati, anche in un cammino di fede, attraverso lo sport e che senza il Bresso 4 sarebbe stato davvero difficile raggiungerli»

L’attività del Bresso 4 non è fatta solo di allenamenti, partite, classifiche e campionati A confermarcelo è ancora Claudio «Bisogna sempre avere l’umiltà e la sensibilità di fare un passo alla volta Da due anni proponiamo una serie di incontri sul tema Educarci per Educare Si tratta di iniziative aperte a Dirigenti, allenatori, animatori d’oratorio ed ai giocatori delle categorie Seniores e Juniores Dopo una fase di rodaggio, oggi la partecipazione è buona e spontanea Così come oggi abbiamo la fortuna di avere molti Allenatori e Dirigenti che hanno frequentato corsi di formazione al C SI e che sono pienamente inseriti nella vita oratoriana Un’altra cosa interessante riguarda una nuova voglia di oratorio che si respira tra i giovani Sono sempre di più i ragazzi che vengono da noi dopo aver abbandonato una Società sportiva tradizionale non tanto o non solo perché sono stati scartati, quanto perché ci dicono che “giocare in oratorio” piace di più»

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Facciamo sul serio

L’allenatore è un educatore

Questa non è una affermazione generica o retorica, definisce invece una figura assolutamente fondamentale nella logica del CSI

La figura dell’allenatore-educatore deve avere caratteristiche ben più complesse della figura di un semplice allenatore. Per questo motivo la formazione degli allenatori nel CSI assume caratteristiche molto articolate ed estremamente finalizzate

Un educatore sportivo deve possedere forti motivazioni che si fondano sulla consapevolezza che le persone devono tendere ad un cammino di crescita umana, di liberazione sociale e di ricerca morale e spirituale Egli va quindi formato a leggere la realtà che lo circonda in rapporto all’ambiente sociale e al territorio in cui opera, perché solo da una corretta lettura di questa realtà può nascere una progettualità che renda l’azione educativa significativa.

Le motivazioni infatti devono tradursi in una seria consapevolezza educativa che implica conoscenze specifiche nel campo della comunicazione e della psicologica dei singoli e dei gruppi. Non si può operare infatti in campo educativo solo sulla base di vaghe tensioni personali o di tipo generico Solo con una chiara consapevolezza educativa l’allenatore può vivere e può far vivere l’attività sportiva come uno strumento, valido, gioioso, ludico. L’allenatore infatti è consapevole che lo sport è uno strumento e non un fine

Poste queste premesse, è chiaro che la competenza tecnica diviene fondamentale perché è solo una buona conoscenza della tecnica che permette di innescare processi educativi che vanno a toccare la sfera corporea, intellettiva, relazionale, sociale e ambientale Infatti il gesto tecnico, la tattica, la strategia dello sport non sono elementi neutri bensì essi sono lo strumento che permette alla persona di sviluppare conoscenze, competenze, abilità che partendo dal fatto sportivo si allargano alla sfera di una educazione globale e significativa

Tutto questo avviene all’interno di una Associazione che ha

Vittorio Ferrero

operato la scelta dell’uomo e su questa scelta ha costruito la sua storia e fonda la sua progettualità L’allenatore quindi deve essere fortemente inserito nella Associazione di cui deve conoscere la storia, le carte associative a cominciare dal “Patto associativo”, la dinamica organizzativa nell’ambito della propria società sportiva e del proprio comitato, nei quali deve essere inserito come operatore sportivo e responsabile delle scelte dell’Associazione sul territorio

La formazione di un educatore sportivo, quindi, deve tener conto di tutti questi aspetti e soprattutto deve essere una formazione in divenire sentita come esigenza che dà senso alla propria responsabilità educativa

Il dirigente di società sportiva è un educatore

Deve essere consapevole che non è un erogatore di servizi ma un educatore che attraverso la progettualità dell’Associazione sul territorio, una coerente organizzazione e una precisa programmazione promuove il territorio e la persona

Poiché quindi egli non è un semplice organizzatore, deve avere la preoccupazione di una formazione iniziale ben definita e soprattutto una formazione ricorrente che gli permetta di essere sempre in sintonia con la realtà e i suoi bisogni effettivi Questa formazione, che deve essere anche autoformazione, deve tradursi nella operatività delle situazioni “quotidiane”.

In particolare un dirigente deve avere una conoscenza approfondita della cultura associativa La storia e il patrimonio della cultura dell’Associazione, che si sostanzia poi nelle carte associative in cui l’Associazione stessa definisce ispirazione, motivazioni, competenze e operatività (Patto Associativo, Statuto, Regolamento organico, Progetti) Il dirigente è infatti anche il garante dell’identità associativa e della sua progettualità.

Accanto all’area della cultura associativa il dirigente deve essere formato in quella che definiamo l’area psicopedagogica La conoscenza dei processi educativi, dei meccanismi della comunicazione e delle dinamiche di gruppo sono il bagaglio

di
Allenatori e dirigenti: competenti e motivati
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fondamentale per poter ricoprire con responsabilità il proprio ruolo e per coordinare le relazioni con le persone che, ad ogni titolo, operano nel suo contesto associativo.

Queste competenze devono poi andarsi a calare nella conoscenza e nella operatività tecnica che riguarda la funzionalità dei settori in cui si opera, sia per la parte tecnica generale della vita organizzativa della società sportiva e/o del

comitato sia per la parte più specificatamente relativa al ruolo operativo che in quel momento si ricopre (presidente, coordinatore attività sportiva, segretario ecc...). Infatti una corretta conoscenza e competenza tecnico-organizzativa può permette di tradurre in gesti ed atti concreti l’ispirazione, le motivazioni e la scelta educativa dell’Associazione, senza correre il rischio di rimanere sul piano delle buone intenzioni o delle affermazioni retoriche

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Pr omuover e lo sport e “ far e associazione” si pr esentano come un unico per corso, un cammino e un pr ocesso che coinvolge tutti: atleti, dirigenti, tecnici, allenatori...

Questo cammino si r ealizza attraverso la disponibilità, la fatica e l’impegno di tutti, ma sempr e e comunque dentr o la Società sportiva.

InprincipioèlaSocietà sportiva...

• una spiccata identità associativa

• un forte grado di coesione interna

LI UC“ O R E ANTICO”DEL

Fattoridisuccesso:

• un alto senso di r esponsabilità individuale e collettiva

• la capacità di esser e critici nei confr onti dello sport dominante

• la capacità di elaborar e sempr e nuovi modelli e pr ogetti di attività sportiva.

L a Società spo

Il sogno - suggerisce il car d. Martini - ci fatiche di ogni giorno, di intraveder e un misurar e l’oggi e raggiunger e i possibil soffocar e dalle ur genze quotidiane.

• Una Società sportiva casa delle perso gr osso” capace di accoglier e tutti e d appassionar e i giovani allo sport.

• Con una forte e incisiva pr esenza giov

• Con una alta qualità della vita associa fatta di dialogo, confr onto, collaborazione e partecipazione.

• Con una alta qualità dei pr ogetti sportivi.

• Con una alta qualità or ganizzativa.

• Con una grande capacità di rischiar e su per corsi difficili: car cer e, handicap e strada.

L a sintesi di una grande Associazione

Con il 2000 il Centr o Sportivo Italiano si avvierà verso il traguar do dei cento anni di vita, tenendo conto della sua continuità storica con la tradizione della FASCI (Federazione Associazioni Sportive Cattoliche Italiane), costituitasi nel 1906 e scioltasi nel 1927 durante il periodo fascista. Dal 1944 il CSI rappr esenta l’Associazione leader in Italia nella pr omozione dello sport per tutti. Un secolo di vita che ha visto una cr escita costante dell’Associazione, dalle prime 16 Società sportive alle attuali 12.133. Una posizione di grande rilievo nel mondo dell’associazionismo sportivo italiano.

CSI: LASO

ortiva che tutti sogniamo i permette di guar dar e oltr e alle n pr ogetto, un’utopia su cui i obiettivi, senza lasciarsi

ne dal “palato i vanile. ativa

SOCIETÀ S P O RTIVA

Un “ festival” di r ealtà sportive e associative

12.133 Società sportive:

• 2.273 Parr occhie

• 1.392 Oratori

• 298 Scuole

• 1.051 Cir coli

• 497 Aziende

• 336 Bar

• 6.286 Gruppi spontanei

L esiner gie

I Numeri

• 750.000 atleti

• 12.133 società sportive

• 56 discipline sportive praticate

• 141 sedi territoriali

• 20 sedi r egionali

• 150.000 allenatori, animatori, istruttori, arbitri, giudici e dirigenti

• 10.000.000 or e annuali di impegno gratuito e volontario

• 10.956 manifestazioni sportive

• 1.748 campionati di calcio

• 1.098 di calcio a 5

• 1.482 di pallavolo

• 235 di bask et

• 300 pr ove di atletica leggera

• 1.574 pr ove di corsa campestr e e su strada

• 444 pr ove di tennistavolo

e... centinaia di altr e manifestazioni.

L e Società sportive collaborano a livello locale con le istituzioni e le agenzie educative:

- Famiglie

- Parr occhie

- Associazioni

- Gruppi informali

- Comunità di r ecuper o

- Scuole

Questi rapporti sul territorio, che vanno oltr e la semplice attività sportiva, impegnano a guar dar e “oltr e la siepe” del pr oprio orticello, dove si coltivano solo le ur genze della quotidianità, per uscir e in campo aperto dove si incontrano i bisogni nuovi della gente.

Per questo possiamo dir e, con le par ole di Carlo L evi, uno tra i più grandi scrittori italiani, che per il CSI «il futur o ha un cuor e antico»: la Società sportiva

ovunque possono nascere gruppi per fare sport

S.p.A. - Società per Amici

In strada, nei cortili di casa, nei campi di periferia, in villeggiatura o dopo il lavoro, ovunque possono nascere centri di aggregazione per lo svolgimento di attività sportive a livello amatoriale, su iniziativa di pochi volenterosi che hanno il tempo, la voglia e la costanza di inventarsi coordinatori di un gruppo.

Ricordo che ai tempi della scuola c’era un ragazzo, più ingegnoso degli altri nella gestione del tempo libero, che si era inventato un torneo di calcio a 5 molto originale. Eravamo in tutto 11 persone, sempre gli stessi, ed ogni volta prima di scendere in campo pescavamo da un bussolotto di metallo dei piccoli carri armati colorati del Risico, per formare le squadre Ce n’erano 5 verdi e 5 rossi, con l’undicesimo carro di colore nero che stava ad indicare chi di noi avrebbe dovuto arbitrare gli altri Ognuno partecipava per se stesso, i componenti della formazione vincente prendevano ciascuno singolarmente i 3 punti in una classifica nominativa, e per evitare strani calcoli antisportivi, accordi occulti e giochi di palazzo (che potevano spingere qualcuno a non dare il massimo qualora avesse dovuto in quella giornata giocare nella medesima squadra di un suo diretto rivale), ad ogni partita si metteva in palio l’intero prezzo del campo

Questa idea così semplice e banale ci legò per cinque anni tutti i venerdì. Se qualcuno non poteva venire si trovava un sostituto fuori classifica, un tappa buchi, ma l’assente perdeva l’occasione di migliorare la propria posizione Non esistevano dunque impegni che potessero allontanarci dal nostro torneo. Rammento ancora la rabbia che mi suscitava arrivare al campo carico di furore agonistico, dopo aver preso 3 autobus in pantaloncini e scarpini, e pescare il carro nero che per quella volta mi costringeva al fischietto arbitrale.

Posso oggi dire che noi undici eravamo allora inconsapevolmente una società sportiva C’era l’organizzazione con l’affitto del campo e il bussolotto di metallo, c’erano competizione ed amicizia, c’erano investimenti e quote associative grazie alle quali comprammo coppe e fratini, ma soprattutto c’era lo sport che amavamo praticare in modo sano,

per crescere fisicamente e sfogare le menti dallo stress della vita e della scuola

Il calcetto in Italia è ormai una realtà che sta sempre più crescendo nei circoli privati, haimè, anche a danno del gioco del tennis. Non mancano altri esempi di perfette organizzazioni per una pratica sportiva molto indipendente, che nasce e si sviluppa in modo autonomo più come momento ricreativo da dopo lavoro che come attività professionistica.

Attualmente sono iscritto ad un torneo di calcio a 5 noto come Kicker Cup, nato il 21 settembre del 1992 dalle menti di due svogliati studenti universitari, Cristiano e Fabrizio, oggi alla sua 12ª edizione, con 32 squadre divise in due gironi da 16, per un totale di 500 atleti

Quello che a mio giudizio differenzia questo torneo da tutti gli altri e lo pone alla nostra attenzione in questo contesto, è la straordinaria proposta di servizi contingenti all’attività sportiva, nati il più delle volte da spontanee proposte e iniziative dei giocatori stessi che vi partecipano È nato così prima l’organo ufficiale d’informazione del torneo: “L’Urlo della Curva” è una specie di giornale, la cui redazione è composta dai giocatori stessi, sul quale è possibile trovare in modo gratuito tutte le notizie utili sul campionato (classifiche, marcatori, calendari, etc...), tra scherzosi commenti ai limiti spesso del grottesco e articoli beffe che scimmiottano le grandi testate giornalistiche sportive Altri atleti, dalla più spiccata indole informatica, hanno poi garantito l’allestimento di un coloratissimo sito internet, che informa, stupisce e fa sorridere I giocatori più bravi del torneo hanno la possibilità di essere convocati nel Kicker Team, la nazionale che partecipa a competizioni più grandi e prestigiose Sui campi dove hanno svolgimento le partite, gli organizzatori hanno affisso uno striscione dalle considerevoli dimensioni È tuttora in lavorazione inoltre un filmino ufficiale della Kicker Cup, grazie all’entusiasmo di due operatori televisivi iscritti al torneo che si sono impegnati alla sua realizzazione, in modo gratuito per il divertimento di tutti Infine non possiamo dimenticare l’attività di merchandising che garantisce una forma

di
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di autofinanziamento, in cambio però di gadget simpaticissimi, tra i quali c’è il pupazzetto simbolo del torneo (lo scudetto dorato che lo raffigura e che va apposto sulla maglietta è esclusivo privilegio dei senatori, cioè coloro che da più tempo partecipano al torneo)

Tutto questo, vi assicuro, contribuisce a creare uno spirito di appartenenza, che ti spinge a girare per la città con il simbolo di un torneo che i più non conoscono, mossi dall’orgoglio di farne parte e gelosi di quello che si è creato

In conclusione possiamo dire che i due esempi portati hanno la medesima valenza: 11 persone o 500, non fa differenza. L’importante è che ci sia inventiva, entusiasmo, amicizia, impegno, serietà ed organizzazione. Ovunque possono nascere centri d’incontro, nei bar, nelle piazze, nei giardinetti, nei cortili, e non ha alcuna rilevanza formalizzare ciò che di fatto già esiste. Al contrario, e torniamo al punto di partenza del nostro discorso, è fondamentale restituire a molti organismi sportivi la genuinità che hanno perso tra quote associative, consigli direttivi, avanzi di gestione e fondi di riserva Un bel vestito di marca, se indossato da una modella, è ancora più bello. Cerchiamo di far convergere le due realtà in un unico soggetto: la struttura dell’associazione sportiva e la genuina carica inventiva (che nasce dalla semplice voglia di divertirsi) dei gruppi informali, o, per meglio dire, dei soliti quattro amici al bar

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Acta non verba (fatti non parole) è la società sportiva del CSI protagonista della messa in opera del progetto “Carcere e sport” promosso dal Comitato di Verona. Porta nel nome tutto il senso della proposta: aiutare i detenuti nel loro processo rieducativo attraverso fatti concreti e non parole

L’attività dentro il carcere, per quarantacinque giorni all’anno, alterna ad incontri sportivi di calcio per gli uomini e di pallavolo per le donne, momenti socializzanti, cineforum con dibattito a seguire, lezioni di arte e di letteratura, che detenuti e giovani delle scuole e delle società sportive CSI vivono insieme.

L’attività esterna si serve dei rari permessi-premio concessi ai detenuti (generalmente uno al mese della durata di un giorno) non solo per disputare il classico momento sportivo in strutture CSI, ma anche per organizzare incontri con le parti della società civile e le parrocchie e concludere il tutto con un momento conviviale che suggelli la giornata trascorsa insieme

In quasi quindici anni di attività il progetto si è ampliato enormemente: dai 200 ragazzi che nell’85 hanno visitato e lavorato con i detenuti si è passati agli oltre 700 nel 1999, coinvolgendo ben 39 istituti superiori di Verona e provincia. Oggi possiamo dire che la realtà veronese, unica nel suo genere per qualità delle proposte e quantità delle persone interessate, costituisce veramente un modello da imitare.

I risultati di questo tipo di scambio sono stati sorprendenti, dice Maurizio Ruzzenenti, responsabile del progetto ed autore di un rapporto di ricerca volto a fare il punto della situazione sul progetto a più di 10 anni di distanza dalla sua nascita.

Innanzi tutto ci sono stati alcuni detenuti che, terminato il periodo di reclusione, hanno mantenuto contatti stabili e duraturi con le società sportive CSI che li avevano ospitati quando erano ancora dentro Questo è senza dubbio il risultato che maggiormente evidenzia la riuscita del progetto

In seconda analisi, il mandare animatori nel carcere utilizzando l’occasione sportiva come veicolo di conoscenza e

Massimiliano Giombini

L’esperienza di una Società sportiva nel carcere di Verona

confronto con realtà e persone così diverse è stato accolto subito con entusiasmo sia dai giovani che dai detenuti

I ragazzi sono tornati arricchiti dal punto di vista umano e morale ed hanno sensibilmente mutato i loro preconcetti sui detenuti e sul mondo del carcere in genere Infatti, non si è trattato semplicemente di un incontro occasionale ma di un contatto continuo che ha portato i giovani a riflettere in modo critico sulla realtà carceraria modificandone, nella maggior parte dei casi, atteggiamenti e stereotipi negativi e rendendo ai loro occhi più umana la figura spesso demonizzata del “delinquente”

Da parte dei detenuti il contatto con i giovani animatori è stato vissuto come una possibilità di dare senso alle loro vuote giornate e di mantenere vivi quei contatti con la società libera di cui un tempo facevano parte ed alla quale faranno rientro al termine della loro detenzione.

Le nostre prigioni

I detenuti in Italia sono oltre 50 mila Di questi, circa 1 900 sono donne, il restante uomini Ben 13 mila sono stranieri, per lo p i ù p r o v e n i e n t i d a l l ’ A f r i c a e dall’Europa dell’Est La tipologia dei reati loro ascritti va dall’uso e spaccio di sostanze stupefacenti, al furto e alla rapina, allo stupro e alla prostituzione

Al primo posto per numero di carcerati spicca la Lombardia, che, al 31 dicembre 1997, ne accoglieva 6 755; seguono la

Acta non verba di

C a m p a n i a ( 5 8 3 9 ) , l a S i c i l i a (5 272), il Lazio (4 877), il Piemonte (3 682), la Puglia (3 444) Nel 1997, il 30 per cento dei detenuti era tossicodipendente (circa 14 mila persone, quasi il 30 per cento straniere) Il 4 per c e n t o d e i c a r c e r a t i r i s u l t a v a positivo all’AIDS

Un altro dato da rilevare è quello relativo alla situazione di sovraffollamento che, insieme al resto, crea pesanti problemi di convivenza I limiti vengono oltrepassati di centinaia di unità, come nel penitenziario di Poggioreale (Napoli), che accoglie circa 700 persone in più

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Sport a Scuola: l’esperienza della “Petrarca” di Catania

La Scuola oltre la Scuola

Lo sport nella Scuola Media Petrarca di Catania è entrato come una necessità: la scuola opera in un quartiere difficile di periferia, e per diversi anni la frequenza degli alunni avveniva in maniera discontinua e con problemi.

Agli inizi degli anni ’90 un gruppo di docenti decise di fare una scommessa e cercare di dare una svolta alla situazione Si cambiò metodo di fare scuola ma principalmente modo con cui accogliere i ragazzi Lo sport fu individuato come strumento privilegiato per questo cambiamento e poiché tra i docenti e i genitori degli alunni c’erano alcuni che già operavano nel CSI si aprì una fruttuosa stagione di collaborazione.

Col tempo la Petrarca è cambiata: ha un edificio nuovo e funzionale, accoglie alunni eterogenei per provenienza, effettua significative esperienze didattiche.

Una cosa è rimasta del vecchio modello: l’attività sportiva

La scuola è l’unico centro di aggregazione del quartiere e i suoi impianti (palestra e campi all’aperto) di fatto sono le strutture sportive del quartiere

Quando la Petrarca iniziò a fare sport lo fece un po’ alla buona, oggi la scuola opera in base alla normativa fortemente innovativa relativa all’autonomia.

C’è un gruppo sportivo scolastico del quale fanno parte alunni, operatori ex alunni e giovani del quartiere

Esiste una convenzione col CSI di Catania in forza della quale al gruppo sportivo scolastico il Comitato offre i servizi sportivi (affiliazione, tesseramento, partecipazione ai tornei) e in cambio utilizza gli impianti sportivi scolastici per la sua attività in ampie fasce orarie. Nel corso di questa utilizzazione la scuola garantisce col proprio personale l’apertura, la custodia e la pulizia degli impianti stessi

Gli alunni frequentano il tempo prolungato e quindi fanno tutto a scuola Nei pomeriggi in cui non hanno lezioni svolgono attività sportiva, mentre gli ex alunni si allenano nelle ore serali

Le attività svolte sono calcio, calcio a 5, pallavolo, ginnastica ritmica, atletica leggera, tennistavolo e da quest’anno anche il

Santo Gagliano

nuoto nella vicina piscina comunale

Il gruppo sportivo scolastico è diretto e coordinato da docenti, genitori degli alunni ed ex alunni; il personale ausiliario collabora per gli aspetti organizzativi e logistici: impianti, trasporti, lavatura dell’abbigliamento

Gli operatori e i tecnici appartengono a categorie diverse: docenti di educazione fisica della scuola, altri docenti in possesso dei requisiti tecnici richiesti, ex alunni particolarmente preparati, tecnici esterni che prestano, con modalità diverse, la propria opera

Il rapporto col CSI è intenso e va al di là dei termini burocratici della convenzione Moltissimi sono gli arbitri usciti dalle fila della Petrarca e diversi gli operatori provinciali

La Petrarca, infatti, ha fatto la scelta del CSI non solo come strumento per fare sport ma come occasione per fare esperienze educative e sociali La partecipazione ai tornei provinciali, alle varie iniziative, agli incontri formativi rappresenta una grande risorsa di crescita non solo per il gruppo sportivo scolastico ma per tutta la scuola e in generale per il quartiere che non ha servizi, strutture o occasioni di incontro

Certamente la chiave di volta per questo salto di qualità sta nell’autonomia: la scuola deve andare oltre la scuola, deve offrire uno spettro ampio e articolato di opportunità formative, deve collegarsi con le altre agenzie educative per fare meglio le cose che propone.

Ecco allora il gruppo sportivo scolastico, ecco l’intervento del CSI, ecco le opportunità date dalla convenzione e dalla partecipazione alle attività.

Un accenno, infine, al problema economico: le strade sono diverse e vanno dall’intervento diretto della scuola per alcuni servizi o strutture, ai contributi, all’autofinanziamento Una sapiente miscela di tutto ciò, unita alla migliore utilizzazione della risorsa rappresentata dagli impianti può consentire a tante scuole di vivere questa esperienza in maniera piena e completa.

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C’era una volta nel lontano 1944 un giovane sacerdote: don Salvatore Nappa e Piscinola era un villaggio di contadini e artigiani, a poca distanza dalla città di Napoli, che usciva stremato da una lunga guerra I liberatori americani lasciarono al prete, tra le altre cose, un magnifico tavolo da Ping Pong Attorno a quel tavolo si ritrovarono i tanti giovani della parrocchia e, per fare sport, insieme al sacerdote costruirono a Cupa Acquarola il primo campo da pallacanestro Don Salvatore, per una pallonata, nella partita inaugurale ci rimise gli occhiali, ma conquistò tanti giovani. Il suo assistente, don Mimì Severino, continuò la sua opera e fondò la gloriosa Virtus Piscinola: tanti erano i ragazzi disposti a “sorbirsi” la Santa Messa, “conditio sine qua non” per accedere al campo da basket.

Intanto quel piccolo centro, pian piano con il boom economico degli anni ’60, venne assorbito dalla grande città Nacquero vari insediamenti di edilizia popolare ma Piscinola conservò una sua identità grazie anche a quella squadra e alla sua parrocchia Nacque la passione per l’atletica, uno sport povero che si poteva praticare, anche senza campi da allenamento, nelle vicine campagne di Scampia o nel bosco di Capodimonte

Nel vicino quartiere di Marianella una squadra, la Fiamma Iuvenilia, raccoglieva centinaia di giovani amanti della corsa e teneva alto il “campanile” nei confronti dei rivali di Piscinola. Durante un’epica sfida di decathlon avviene l’incontro tra il giovane Donato Mosella e il dirigente Pierino De Lisa Da loro nacque l’idea di creare una nuova società con l’aiuto di Pasquale Bianco e del professor Rosario Formisano Costui era una rara figura di dirigente, una persona che riusciva a tirare fuori il lato migliore delle persone che frequentava, a coniugare mirabilmente ideali sportivi e religiosi.

Siamo nel 1975, nasce così il CSI Piscinola e la prima sede della neonata società è una sala della parrocchia sulla cui porta campeggia una frase “ad effetto”: i giovani del CSI Piscinola vogliono dimostrare a chi passa che loro “fanno sul serio” nel

Piscinola: le risorse dello sport in un quartiere napoletano

Con lo sport il quartiere cambia volto di

loro impegno sportivo, sociale e religioso La loro attività non si limita al puro fatto sportivo, ma a cercare di far vivere ai tanti “ragazzi a rischio” del quartiere varie esperienze. circoscrizione Piscinola Marianella.

Nel 1980 arriva il terremoto che distrugge tutto In tanti abbandonarono il quartiere Solo la Parrocchia, la Virtus ed il CSI Piscinola mantengono tra mille difficoltà la loro identità come delle isole nel mare del degrado

Comincia la ricostruzione Nascono megaimpianti sportivi, già malati prima di essere aperti perché costruiti con la logica della spartizione tra politici e camorra. Il CSI Piscinola e la Virtus occupano una palestra che non è stata mai dichiarata agibile

Siamo nel 1992 e da allora migliaia di ragazzi del quartiere possono frequentarla Cambia l’amministrazione comunale e nasce un maggior sostegno alle associazioni sportive e di volontariato Cambia la dirigenza dell’Associazione: il giovane neo-presidente del CSI Piscinola si rende conto che è finita l’epoca dello sport “Eroico”, che occorre una conduzione più manageriale delle attività Enrico sceglie persone appassionate ma anche culturalmente più preparate che si rendono conto che l’Associazione deve diventare un polo di aggregazione ed un modello culturale per tutto il quartiere

Il CSI Piscinola cresce e raggiunge nel 1997 i 500 tesserati È un risultato che si spiega con la diversificazione dell’offerta sportiva: non più solo atletica, ma pallavolo, pattinaggio, calcio, calcio a 5, danza, Fantathlon, Giocasport e qualsiasi altra attività attiri i tanti bambini, giovani e anziani del quartiere allontanandoli dalla strada, dalla criminalità diffusa; lo sport come mezzo non come fine Ciò non toglie che ci sia sempre lo sforzo costante di qualificare anche tecnicamente le performance sportive: lo dimostra la recente promozione in serie D della squadra di pallavolo maschile Nasce il settore ricreativo e culturale: l’Associazione investe tante risorse nella formazione dei suoi dirigenti e educatori sportivi Tutti gli operatori vengono motivati ad impegnarsi per la rinascita del

remo rossi

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quartiere Sanno di doversi rapportare con bambini e giovani di varia estrazione sociale, con famiglie che hanno il massimo dei bisogni, ma paradossalmente non usufruiscono dei pubblici servizi o li utilizzano male Nasce il settore delle politiche sociali, e inizia il lavoro “in rete” con le altre Associazioni e Istituzioni del quartiere e della città. Lavorare in rete vuol dire rinunciare al proprio egoismo, riconoscere la leadership, tentare di cambiare una realtà sociale inadeguata, riaggregare le forze vitali della società civile intorno ad un progetto comune

La dirigente del Centro Servizi Sociali Marianna Sarnataro ed il presidente della Circoscrizione sono sempre i referenti privilegiati del CSI Piscinola

Siamo entrati nelle scuole del quartiere con il progetto Alphaton, che coinvolge 520 bambini delle scuole materne ed elementari del quartiere, con il progetto “Educazione alla multiculturalità dell’Assessorato all’Educazione Sempre in tema di interculturalità collaboriamo al progetto “I have a dream” del Comitato CSI di Napoli Siamo associazione capofila del quartiere per il progetto “Sicurezza e Solidarietà”, dell’Assessorato alla Dignità, che coinvolge tanti volontari: i

“Pony della solidarietà” in azioni di supporto a donne, anziani e famiglie vittime dell’abbandono e della violenza Sempre con lo stesso Assessorato alle politiche sociali del Comune di Napoli collaboriamo al progetto “Ragazzi in città” e al progetto “la città in gioco” della ludoteca comunale Si tratta di una serie di iniziative finanziate con la legge 285 (Turco), volte ad offrire ai minori e alle famiglie della città un sistema di opportunità, prima negate Tra di esse c’è la recente apertura di una nostra Ludoteca di quartiere e la partecipazione di 5 operatrici ad un corso di formazione universitario con pedagogisti ed operatori della ludoteca comunale

I tanti successi non ci fanno dimenticare i problemi di finanziamento Dobbiamo inventarci sempre iniziative nuove per cercare di reperire le risorse necessarie mentre le risorse economiche derivanti dai progetti comunali arrivano sempre con il contagocce e in notevole ritardo D’altronde siamo consapevoli che il volontariato deve essere, prima che al “palazzo”, funzionale ai poveri Il Comune, gli enti locali, quelli che “pagano” si aspettano sempre una contropartita come diceva don Antonio Cecconi della Caritas l’anno scorso a Foligno

Problemi di spogliatoio esistono non solo nello sport In ufficio, in una redazione giornalistica, in un posto di lavoro, ovunque c’è un gruppo, possono verificarsi frizioni, unioni, simpatie, antipatie tra le persone che lo compongono È naturale e non potrebbe essere altrimenti

Rimaniamo però nell’ambito dello sport ed allora spesso si parla d’importanza dello spogliatoio. Che da spazio architettonico è diventato un valore morale, una serie di relazioni interpersonali, a due, a tre, a quattro, e così via Io con te, tu con me, io con te e l’altro, l’altro con me, te e un altro ancora, ecc... Ognuno con la propria personalità, esperienza e ruolo all’interno del gruppo C’è il leader, ci sono i comprimari, quindi gli uomini del leader, gli oppositori, i solitari, i contestatori Metterli tutti d’accordo è quasi impossibile, dare a tutti un unico obiettivo, farli combattere convinti per la stessa causa è fondamentale Sembrerebbe scontato quando si parla di atleti che fanno parte di una stessa squadra. Vedi il caso Schumacher... Abile a competere per sé stesso, meno a farlo per il suo team Anzi nel caso del pilota ferrarista il suo valore sarebbe stato offuscato dalla vittoria del suo compagno (o nemico?) di squadra, Irvine E non vale obiettare che l’automobilismo non è affatto uno sport di squadra o almeno non lo è del tutto

Spiega infatti Ferruccio Antonelli, illustre psicologo dello sport che «la differenza tra sport individuali e di gruppo è piuttosto aleatoria perché tutti gli sport sono di gruppo anche se prevedono prestazioni individuali, in quanto si svolgono in gruppi societari e in ambienti collettivi (palestre, piscine, campi)» Rimaniano però nell’ambito dello sport di squadra e allora molti dicono che il gruppo lo fanno i risultati La Roma di Eriksson del 1985/86 era quasi scoppiata poi operò una formidabile rimonta spentasi solo nel finale Il clima dello spogliatoio era dilaniato, i giocatori poi presero a vincere e si ritrovarono. La Lazio del suo unico scudetto, del 1974, era composta da giocatori che durante la settimana vivevano in due spogliatoi separati e spesso si prendevano a botte. L’Italia mundial del 1982 diventò capace di vincere il suo terzo titolo quando chiuse le porte dello

Giampiero Spirito

Lo spogliatoio di

spogliatoio a tutte le polemiche e critiche dell’esterno e trovò la forza necessaria proprio nella coesione del gruppo Associata però alla classe dei giocatori che comunque si chiamavano Cabrini e Scirea, Zoff e Antognoni, Tardelli e Paolo Rossi per finire a Bruno Conti

Si obietterà che si tratta di professionisti, ma l’esempio dei campioni incide molto nei giovani e nelle loro “piccole” squadre. Punto di contatto tra lo sport di alto livello e quello di base è il tecnico L’allenatore è importante perché è la guida del gruppo È colui che deve prendere le decisioni difficili ma non deve pensare di dirigere il gruppo a modo suo, d’imporre alleanze, di creare divisioni Non deve modellarlo secondo la sua personalità Nemmeno assecondarlo Al di là dei risultati Ma rispettare le individualità che costituiscono il gruppo. Usando buon senso e qualche nozione pedagogica, l’allenatore deve sentirsi anche educatore Come responsabilità, non come ruolo E allora il problema iniziale diventa di chi apre e chiude lo spogliatoio piuttosto di chi lo riempie

La responsabilità è di chi lo apre e di chi lo chiude
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La

Dov’è finito

l’allenamento?

Parlare dell’allenamento e del valore che questo ha nella vita di uno sportivo sarebbe alquanto riduttivo e presuntuoso, esistono centinaia di pubblicazioni autorevoli e specializzate al riguardo

Vorrei invece parlare dell’importanza che l’allenamento ha nella vita di un atleta.

Come la maggior parte di voi saprà, praticare sport non significa solo fare del movimento, ma anche sudare, faticare, socializzare, confrontarsi, mostrarsi per quello che si è Si perché “lo sport è verità”, non lascia scampo, non ci sono trucchi o paraventi dietro i quali nascondersi, l’attività sportiva ci mette a nudo di fronte agli altri, libera completamente una parte di noi e la confronta giorno dopo giorno con la realtà, è proprio questo il lato più duro ma al tempo stesso più affascinante dello sport: il continuo senso di sfida

Allora qual è il ruolo dell’allenamento?

Un molo fondamentale, senza del quale lo sport non potrebbe

nemmeno esistere Che cosa sarebbe una partita di calcio senza conoscere i compagni, senza aver definito i ruoli, le posizioni, le proprie capacità, come potremmo affrontare un’altra squadra senza prima essere noi una squadra, e che dire di un maratoneta che affronta la gara inconsapevole del proprio valore, di quanto potrà correre e se giungerà al traguardo, e voi questo lo chiamate sport?

L’allenamento è ciò che meglio ci permette d’indagare dentro di noi, di conoscersi, di scoprire quelle che sono le capacità più nascoste non solo del nostro fisico ma anche e soprattutto del nostro carattere A questo serve allenarsi per migliorare il corpo ma soprattutto la mente, la forza di volontà, lo spirito di sacrificio.

Il segreto del vero sportivo?

Porsi un obbiettivo e fare di tutto per poterlo raggiungere Non è certo la qualità dell’obbiettivo a fare grande un atleta, ma la sua capacità di lottare e non mollare mai per cercare di raggiungere il fine preposto

Questo vuol dire allenarsi, questo vuol dire fare sport. Perché tanta fatica se mai potrò essere campione del mondo o se mai potrò diventare un atleta famoso?

Sudare, lottare, stringere i denti, queste qualità non servono solo per vincere una partita di pallavolo o una gara di atletica, ma sono quei sacrifici che ci insegnano a vivere perché lo sport è per antonomasia “scuola di vita”

La vita è un dono meraviglioso ma non è assolutamente facile affrontarla e apprezzarla, l’unico modo per farlo è viverla ma per viverla veramente bisogna aggredirla tutti i giorni altrimenti si finisce per non capirne il valore arrivando persino a disprezzarla Lo sport ci aiuta a combattere, a non mollare, lo sport ci insegna a vivere

Dunque non guardate lo sport, ma fatelo

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testimonianza di un atleta professionista

Come affrontare le problematiche di inizio stagione

Ricominciaaamooo...!!!

Vi ricordate quest’urlo a squarciagola di Adriano Pappalardo in una sua famosa canzone, divenuta poi sigla della trasmissione televisiva “Mai dire goal”? Se sono riuscito a colpire nel segno la vostra memoria, probabilmente sarete d’accordo con me che quel grido forte, deciso, convinto e convincente, è lo stesso che ognuno di noi dovrebbe portarsi dentro quando si accinge ad affrontare un impegno Ogni anno quell’essenziale grido è profondamente sentito soprattutto dalle tantissime società ed enti che organizzano lo sport nel nostro Paese Iniziare una nuova stagione è lavoro duro e complesso, implica sacrificio e determinazione Non importa quale sia il livello o l’obiettivo Dal dilettantismo al professionismo, dallo sport per tutti a quello per portatori di handicap, da quello nelle carceri a quello nelle parrocchie, occorre comunque la presenza di un’organizzazione valida, pronta a rimboccarsi le maniche e, se necessario, a voltare pagina per affrontare una nuova lunga stagione, che tra fatica e abnegazione porterà a nuove soddisfazioni.

Io ho una passione, il basket, e proprio attraverso questo mio amato sport vorrei cercare di avvicinarvi alle problematiche della programmazione di un’attività. Ho chiesto come si vive in prima linea una nuova stagione a due volti diametralmente opposti. Il primo è Gianfranco Gatto, mio primo allenatore di pallacanestro, inossidabile “padre” di centinaia di ragazzi che gli sono cresciuti sotto gli occhi. Il secondo è Gino Natali, instancabile general manager dell’ADR Roma, squadra di pallacanestro che milita nella massima divisione Uno è perfetto testimonial del basket per tutti, l’altro rappresenta la massima espressione del professionismo. Le loro risposte alle mie domande si intrecciano e a volte divergono, ma sono indubbiamente piene di una carica essenziale: l’amore per lo sport

Ogni anno un’associazione sportiva si rimette in moto. Come si progetta una nuova stagione?

Gatto: “Una piccola società sportiva come l’A.S. Villa Flaminia deve obbligatoriamente prendere in considerazione due elementi: la disponibilità economica e la presenza o meno di buoni

giocatori Senza soldi purtroppo non ci si iscrive a nessun campionato e senza giocatori è difficile formare una squadra. Sono due elementi essenziali, strettamente interconnessi, con i quali è ineluttabile dover fare i conti”

Natali: “L’ADR Roma, come ogni altra società professionistica, affronta la nuova stagione in modo continuativo, fin dal termine della precedente A volte è possibile che occorrano modifiche anche a stagione iniziata, quando si è già in piena corsa Conseguentemente gioca un ruolo molto importante il monitoraggio, che deve necessariamente avvenire con costanza, prestato su ogni aspetto dell’organizzazione Il tutto senza perdere di vista quanto stabilito in sede di determinazione del budget annuale di spesa”.

Con l’inizio di una nuova stagione si cercano nuovi stimoli o sono sempre gli stessi che spingono ad andare avanti?

Gatto: “Per me, ma credo di essere portavoce di tutte le persone con cui lavoro abitualmente, lo stimolo è uno solo: l’amore per il gioco. Tutto rema contro le piccole società: le spese di iscrizione aumentano continuamente, come anche i costi per le trasferte o le divise Se poi ci mettiamo che le federazioni non hanno mai grande fiducia nelle piccole società, ecco che il quadro è presto delineato. Quindi l’unico motivo per cui siamo ancora tutti qui è che vogliamo veder crescere sani i nostri ragazzi e nulla più dello sport può essere garanzia di ciò”

Natali: “Nel professionismo la ricerca del risultato è stimolo fin troppo ovvio. Tuttavia credo che vi siano anche tante motivazioni e sensazioni diverse per ognuno Io, ad esempio, se non trovassi più piacere nel mio lavoro probabilmente lo lascerei. Sono un professionista ma sono sicuro che il solo stipendio non basterebbe a farmi dimenticare che ho una famiglia spesso lontana Senza motivazioni che vanno al di là del denaro sono certo che sarebbe difficile proseguire”

Che sensazioni si provano quando ci si trova ad affrontare un problema e come si cerca di risolverlo?

di

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Gatto: “Per i dilettanti mi sento di poter dire che non vi sono ostacoli. Nulla è insormontabile, tralasciando l’espetto economico. È il grosso vantaggio nei confronti del professionismo Quando si perde, si perde e basta; non accade nulla Si riparte con un’esperienza in più sulle spalle, tutto qua”.

Natali: “Per affrontare e risolvere problemi di ogni genere c’è un consiglio direttivo, formato da un presidente, da un proprietario e da vari dirigenti In più c’è l’allenatore che, oltre ad essere colui che mette in campo la squadra, è un po’ la figura di riferimento per i giocatori e che sicuramente può comprendere meglio di tutti certe situazioni”

Cambiare l’organizzazione spesso significa bocciare qualcuno e promuovere qualcun’altro. Come si vivono certe scelte?

Gatto: “Malissimo. Cambiare un giocatore, un allenatore o chiunque altro, è la cosa più difficile Questo perchè stiamo parlando di gente che crede in quello che fa, con persone vere, che sicuramente non fanno il loro mestiere per soldi. Ogni volta che si prospetta una decisione del genere è come attendere l’arrivo di una bufera dopo la quale si profilano solo due alternative: rimanere amici più di prima o non guardarsi più in faccia. Ogni persona all’interno della società ha la presunzione di essere il numero uno, l’asse portante del gruppo, l’uomo senza il quale non si arriva da nessuna parte Detto questo è facile capire quali sensazioni sono percorse da chi si sente allontanato e quali angosce assalgono chi deve dargliene atto”. Natali: “È triste a dirsi ma siamo come un’azienda Può sembrare cinismo, spietatezza, ma dobbiamo aspettarci il massimo da tutti. I giocatori devono dare il loro apporto in misura pari alle aspettative Si può parlare, capire insieme quali sono i problemi, ma il tempo e le possibilità di rivalsa sono sempre strettamente legate agli interessi della società nel suo insieme. Non si può distogliere lo sguardo dagli obiettivi della squadra per assecondare i mille capricci di chi guadagna profumatamente e deve solo dimostrare di meritarlo”

Che differenza c’è tra il mondo dello sport per tutti ed il professionismo?

Gatto: “La mia più che una risposta è una denuncia Lo sport popolare dovrebbe vivere su motivazioni legate esclusivamente al piacere personale di chi lo pratica. In realtà molte piccole società sono in mano a imprenditori-manager che ne decidono le sorti in base ai guadagni che riescono a spuntare dall’acquisto o cessione di atleti I giovani dilettanti, quindi, sono liberi solo inconsciamente perché nei fatti sono dirottati a giocare solo dove conviene ai manager di cui sopra La mia triste conclusione è che la differenza tra i due mondi, che prima erano considerati diametralmente opposti, si stia assottigliando sempre più”.

Natali: “Sicuramente c’è differenza, ma per quel che mi riguarda è mitigata dalla passione che mi porto dentro, che mi fa amare questo sport prescindendo dagli interessi economici, che sono la caratteristica principale del mondo professionistico. Io vengo da Montecatini, ho vissuto e seguito il basket delle serie inferiori, e vi garantisco che il solo aumento di stipendio non è sufficiente a dividere lo sport in due emisferi diversi”.

Il verbo “ricominciare” fa venire in mente la grinta con cui si può affrontare un impegno o la noiosa routine con cui ci si appresta a vivere un’esperienza ormai nota?

Gatto: “Oggi più che mai per me ‘ricominciare’ significa lottare Il quadro generale verso cui sta volgendo lo sport dilettantistico, sempre più legato agli interessi economici, obbliga chi vuole rimanere a galla a scendere a compromessi Non fa per me Ogni anno ricominciare sarà più difficile, ma gli ostacoli non saranno mai motivo valido per vendere la mia passione per la palla a spicchi”

Natali: “Un po’ tutte e due le cose Gli anni che passano si fanno sentire e forse un po’ di stanchezza emerge Ma poi quando ci si ritrova allineati al via sono sempre il primo ad aggredire gli impegni e finisco per ricominciare con l’entusiamo di sempre”

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o

Fammi sentire gioia e letizia...”

In India capita spesso d'incontrare strane figure di asceti che vanno di villaggio in villaggio. C'è chi li venera come saggi custodi della sapienza popolare e c'è chi, considerandoli come imbroglioni in vesti penitenziali, evita perfino d’incontrarli. Si racconta che un giorno, vedendo dalla finestra di casa uno di questi personaggi che faceva giochi e capriole per divertire i bambini, una mamma chiamò il figlio dicendogli: "Vedi quell'uomo che fa divertire i tuoi compagni? Io non lo conosco, ma va' pure tranquillamente da lui È sicuramente un sant'uomo".

Il raccontino riguarda certo i tempi che furono. Adesso, considerando le innumerevoli forme di violenza contro i bambini e i ragazzi, non c'è da fidarsi nemmeno di chi s'accosta a loro per farli giocare Il fatto può tuttavia offrire lo spunto per riflettere su alcuni aspetti della società sportiva che nel CSI, con il nuovo statuto, sta assumendo un ruolo ancor più rilevante che nel passato. Lo statuto, com'è ovvio, si limita a fissare i tratti istituzionali della società sportiva (i requisiti per dirsi tale, il suo essere "socio" del CSI, la necessità di avere un proprio statuto, l'accettazione delle finalità e dell'ispirazione cristiana ecc ), ma non è in grado di far risaltare il "clima" umano e spirituale che la società sportiva è chiamata ad offrire agli associati

Penso, ad esempio, al clima di libertà che tutti, in ogni società sportiva CSI, dovrebbero poter gustare, coscienti che in essa il

diVittorio Peri

rispetto delle persone prescinde dal ruolo associativo e da qualità tecnico-organizzat ive . P e n s o a l l ' a t m o s f e r a s e r e n a , d i r e i gioiosa, che in ogni società sportiva i giovani dovrebbero poter respirare, sapendo che i loro insopprimibili bisogni di giocare, di stare insieme e di sentirsi protagonisti del loro percorso educativo non verranno mai posposti alle pur legittime esigenze dei risultati e delle classifiche. Penso a tanti altri valori che dovrebbero distinguere le società sportive del CSI dai "vivai" dove ci si preoccupa più di allevare campioni che di educare persone e dove - può capitare anche questo! - c'è chi pensa a farsi strada con i giovani piuttosto che ad aiutarli a trovare la loro strada.

Sarebbe bello che le nostre società sportive ave s s e r o d i r i g e n t i u n p o ' v i s i o n a r i : sognatori di un mondo sportivo dove il diritto "ad attività ricreative e svaghi" (il settimo dei "diritti del bambino", secondo l a D i c h i a r a z i o n e d e l l e N a z i o n i U n i t e ) diventi un diritto di tutti (la dimensione ludica non appartiene solo all'infanzia, ma ad ogni stadio della vita umana!) Sarebbe bello avere dirigenti incapaci di rassegnarsi al predominio di una prassi che riduce le persone ad atleti valutandole soltanto per quello che sanno fare in campo, e capaci invece di ribellarsi di fronte a qualsiasi progetto in cui venga privilegiato lo sport professionistico a scapito dello sport cosiddetto sociale. Sarebbe bello poter sentire nelle nostre società sportive - e se non in esse,

dove? - il clima di una gioia autenticamente cristiana Che oltre ad essere un'esperienza psicologica si spinge oltre, fino a raggiungere la gioia dei tempi messianici inaugurati da Gesù

È utopia e sogno tutto questo? Forse sì. Ma non è stato Gesù stesso a regalarci i sogni più belli col precetto dell'amore senza limiti, con il discorso delle beatitudini, con il "folle" traguardo della perfezione assoluta? È certo un'utopia, in un mondo sportivo soffocato dalle implacabili leggi dello spettacolo, del guadagno e delle classifiche, parlare di sport festoso, di gioco e di creatività Ma i cristiani non devono mai aver paura dell'utopia. Ad essi Gesù non ha detto di essere il miele della terra, ma il sale Il sale brucia, ma impedisce ai cibi di marcire Gli antichi egizi credevano che dopo la morte Osiris avrebbe posto ai trapassati due domande: "Hai trovato felicità? E hai dato felicità?" Dal tipo di risposta sarebbe dipesa la prosecuzione o l'interruzione del viaggio. "Fammi sentire gioia e letizia", chiediamo noi cristiani al Signore con il salmo 51 Non è irrispettoso immaginare questa preghiera biblica rivolta da ogni associato ai responsabili della propria società sportiva Perché la gioia e la letizia non sono degli optional nella vita umana, ma condizioni per viverla appieno. E le società sportive, animate da dirigenti originali come gli asceti del racconto e motivati da spirito evangelico, possono spingere al raggiungimento di questo traguardo

28 allo specchio
InvIto a partecIpare domenica 2 gennaio 2000 Basilica di S. pietro p e r i n f o r m a z i o n i r i v o l g e r s i a l l a p r e s i d e n z a n a z i o n a l e c S I v i a d e l l a c o n c i l i a z i o n e , 1 - 0 0 1 9 3 r o m a t e l . 0 6 6 8 6 7 9 4 1 f a x 0 6 6 8 8 0 2 9 4 0

racconto il Diciamoci tutto, o quasi...

Chi sta in avanguardia come il CSI, è sempre esposto al rischio: dell'orgoglio, di reputarsi "primo" rispetto a tutti gli altri Enti, spesso fino all'esaltazione di sé o alla mitizzazione del proprio ruolo storico nell'ambito dello sport italiano, ma anche al rischio di trovarsi costantemente sotto il tiro degli altri soprattutto di chi vuole impedirne l'avanzata

Nessuna meraviglia: tutto ciò che porta il contributo degli uomini è sempre passibile di debolezza. Ci sarebbe da meravigliarsi semmai del contrario Infatti bisogna aver paura di chi si reputa impeccabile o di chi è convinto di non sbagliare mai. I nostri nonni hanno sempre ripetuto che "chi fa, qualche volta sbaglia, chi non fa non sbaglia mai" Meglio sbagliare facendo che non sbagliare mai stando bloccati o inermi.

Parafrasando l'espressione di uno dei più grandi re assolutisti della storia - Luigi XIV - che amava ripetere "l’état c'est moi" (lo Stato sono io), alcuni presidenti di società sportiva, forti della loro consistenza numerica e della loro efficienza organizzativa, arroccati sulle loro posizioni carismatiche sembra che dicano ad ogni piè sospinto: "il CSI siamo noi" o peggio ancora: "dopo di noi il diluvio"

È, purtroppo, l'errore in cui cadono quanti, laici o preti, credono di essere un po' i padroni di certe strutture e di possedere tutta la verità e ogni soluzione a tutti i problemi.

È un difetto tipicamente umano Ogni società sportiva, da quella più sperduta fino a quella della grande città, come pure gli altri organismi associativi fino a quello nazionale, è di stampo umano e porta con sé la drammatica e insieme provvidenziale sorte del limite. Prenderne coscienza e organizzarsi di conseguenza è il segreto per chi vuole raggiungere obiettivi concreti.

Uno di questi limiti è la difficoltà a parlar chiaro, a dirsi le cose in faccia, a risolvere i problemi correttamente, nelle sedi istituzionali in un confronto franco tra chi fatica per raggiungere gli stessi obiettivi Che fare quando ci si trova a combattere con il pettegolezzo, con le verità dette a metà, con il mugugno?

Che fare quando ci si trova davanti a dirigenti severi con gli altri e poi indulgenti con sé stessi e con gli amici?

Come comportarsi?

Un bel problema Conviene mantenere le distanze di sicurezza, facendo buon viso a..., oppure affrontarli a muso duro...?

Certo, il Vangelo ci spinge a parlare apertamente, con chiarezza e coraggio, senza sottintesi o calcoli opportunistici. Dire le cose che uno pensa senza paura, a costo di urtare la suscettibilità di qualcuno e mettersi contro i cosiddetti “potenti” Sta scritto che questo si chiama “parresia”. A parte il nome un po' difficile per me, questa virtù mi sta simpatica e penso che dovremmo coltivarla un po' di più nel CSI.

Questo è il linguaggio della profezia. È il contrario di quello adottato dalla diplomazia, che tiene conto dei motivi di opportunità, delle convenienze, degli interessi, degli equilibri

Parresia è gusto e testimonianza limpida della verità È superamento del compromesso e della convenienza per il bene dell’uomo È dono dello Spirito

Conosco persone che riscuotono grande successo perchè sono abilissime nel dire soltanto le cose che un certo pubblico ama sentirsi dire E si guardano bene dal toccare tasti sgraditi che potrebbero disturbare le coscienze. Dice, in merito, Alessandro Pronzato che questi assomigliano a quegli aerei che girano in tondo senza mai toccare terra, perché la pista non è perfettamente sgombra o la visibilità non è perfetta Credo che sia arrivato il tempo, e dipenderà solo da ciascuno di noi, di scuotere la polvere - come ci ricordava a Loreto, l'arcivescovo Mons Angelo Comastri - e di riscoprire la passione per la verità ed apprezzare, finalmente, chi affronta la realtà con semplicità ma con determinazione andando al nocciolo delle questioni, senza tentennamenti e senza forzature.

Ogni momento è buono per dare forza alla "parresia", soprattutto in questa stagione congressuale che ci apprestiamo a vivere

di

IL CALCIO M Sartori, F Nalesso, M Stera 1996, pagg. 160, £ 26.000

LA PALLAVOLO M Stera 1997, pagg. 272, £ 35.000

LA PALLACANESTRO N Bevacqua, M Mondoni G Salviati 1998, pagg. 208, £ 30.000

L’ATLETICA LEGGERA R Marino, F Sebastiani 1997, pagg. 128, £ 20.000

CENNI DI TEORIA E METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO M Bellucci, R Longhi, M Stera 1998, pagg. 120, £ 25.000

ELEMENTI DI BASE DI MEDICINA DELLO SPORT S Cameli, M. Donisi R. Vannicelli 1996, pagg 96, £ 20 000

SPORT & EDUCAZIONE D. Olmetti E. Mazza 1996, pagg. 96, £ 15.000

LINEE GUIDA PER L’ATTIVITÀ FISICA CON GLI ANZIANI C. Bazzano, A Falconio, L. Leone 1998, pagg 128, £ 15 000

L’ARBITRO COME EDUCATORE MOTIVAZIONI, COMPETENZE E TECNICHE 1997, pagg. 128, £ 20.000

GUIDA PER UNA NUOVA PROGETTUALITÀ 1996, pagg. 160, £ 8.000

GUIDA ORGANIZZATIVA FANTATHLON 1995, pagg. 104, £ 5.000

A CHE GIOCO GIOCHIAMO? Supporto tecnico /organizzativo per manifestazioni Giocasport 1998, pagg. 72, £ 8.000

IL MIO QUADERNO FANTATHLON pagg. 32, £ 2.000

ORGANIZZARE LO SPORT PER TUTTI AA VV 1996, pagg. 144, £ 8.000

I BAMBINI GIOCANO C Bentivoglio, E Inzoli, L Tirelli 1998, pagg 96, £ 15 000

FANTAGIOCANDO

M R Graziano, S Gaggia, G Pantaleone 1999, pagg 84, £ 15 000

GIOCASPORT LO SPORT DI TUTTI I RAGAZZI D R Mosella, V Stera, ill Ro Marcenaro 1997, pagg 328, £ 40 000

SACERDOTE NEL CSI: COME E PERCHE?

GIMME FIVE Lo sport nelle comunità

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SIGNORE INSEGNACI A PREGARE pagg. 56, £ 3.000

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pagg. 16, £ 2.000 ESSERE GIOVANI OGGI C Bucciarelli
pagg. 48, £ 10.000
Vademecum
1998,
LO
Zeppilli, S Cameli 1995, pagg. 44,
5.000 PRIMO SOCCORSO a cura di P Giraldi 1999, pagg. 72, £10.000 prodotti editoriali centro Spor tivo Italiano V ia d ella Co ncili azio ne, 1 - 00193 a - tel 06/6867941 fax 06/68802940
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