• Adolescenti a rischio doping • S. Messa degli sportivi • GP Maratonina • Santo sempre con noi
Il magazine di chi ama lo sport pulito
Fondato nel 1906 - N. 11/12 novembre/dicembre 2009
SEMINARIO SPORT, EDUCAZIONE, FEDE DISABILI: IL CUORE CHE ILLUMINA LO SPORT
LE RAGAZZE DEL 2010 QUANDO LA PRATICA SPORTIVA CAMBIA LA VITA LA SOCIETÀ SPORTIVA TRA LUOGO E NONLUOGO Quali sono gli spazi che i giovani abitano? Che valenza assumono, se la assumono, nei loro processi di crescita? Quali le condizioni che distinguo no ciò che è luogo da ciò che è semplicemente spazio? Come si colloca no le società sportive in questo quadro?
PAROLA DI PRESIDENTE
Massimo Achini Presidente nazionale CSI
La vera ricchezza del Csi Anche la grande famiglia del CSI alza idealmente un albero di Natale tutto suo, per fare festa insieme nel ricordo dell'Evento che ha dato significato alla Storia. Fosse possibile, quell'albero, lo decorerebbe con il lampeggiare di 13.000 lucette, una per ogni sua società sportiva. Sono loro la ricchezza vera dell'associazione. Nasce dalla loro inesausta volontà la capacità del CSI di mettere a disposizione di ogni persona, soprattutto di centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze, il dono di un'attività che sa farsi promessa di vita, di amicizia, di speranza.
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on c'è famiglia, o quasi, che in questi giorni di dicembre non abbia messo in piedi in qualche angolo di casa un albero di Natale, piccolo o grande, di abete o di pino, guarnendolo di luci colorate. Un simbolo che parla del continuo rinnovarsi della vita, dell'anno che va via e ricomincia portando in grembo la speranza di frutti belli e copiosi. Un simbolo, anche, dell'unità della famiglia, poiché intorno all'albero in questi giorni si stringono adulti e bambini per ritrovare almeno in questa circostanza quel ritmo comune e quel gioioso stare insieme che i tempi moderni sempre più ci negano. Anche la grande famiglia del CSI alza idealmente un albero di Natale tutto suo, per fare festa insieme nel ricordo dell'Evento che ha dato significato alla Storia. Fosse possibile, quell'albero, lo decorerebbe con il lampeggiare di 13.000 lucette, una per ogni sua società sportiva. Sono loro la ricchezza vera dell'associazione. Nasce dalla loro inesausta volontà la capacità del Csi di mettere a disposizione di ogni persona, soprattutto di centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze, il dono di un'attività che sa farsi promessa di vita, di amicizia, di speranza. È nella loro fatica quotidiana che si concretizza il miracolo di tanti eroi anonimi, ma - si badi - eroi per vocazione e non per caso, che buttando in campo un pallone, tracciando con il gesso delle linee su un terreno qualsiasi, impugnando un fischietto, si battono per essere scuola di umanità. Tutelare e sostenere il patrimonio costituito dalle società sportive, lavorando per incrementarlo ancora, è stata la politica associativa nel 2009. Molte cose sono state fatte. Altre iniziative sono in cantiere e vedranno la luce nel 2010, nel segno di una continuità di impegno che riconosce appunto la centralità della società sportiva e del territorio. Parte di quest'impegno è portare i problemi della vita delle società sportive di fronte agli interlocutori istituzionali. Il nostro paese ha nella rete delle società sportive una risorsa misconosciuta e trascurata. Le società affiliate a Federazioni, Enti di promozione e Discipline Associate sono oltre 70.000 (un numero straordinario, se si pensa che il Libro bianco europeo dello Sport parla di 700.000 società sportive per l'insieme dei paesi dell'Unione Europea). Tutte o quasi, e le società del CSI sono in prima fila, lavorano per il bene comune agendo da laboratori in cui si "fabbricano" cose oltremodo preziose come l'educazione, la tutela della salute, l'integrazione, il sano e creativo uso del tempo libero. Incoraggiare questo sforzo varando politiche specifiche sarebbe una grande cosa. È la linea che il Csi intende portare avanti, nella speranza che si concretizzi in un dono da poter mettere sotto l'albero al prossimo Natale. Auguri di cuore per un sereno Natale e uno straordinario 2010 a tutti gli operatori e gli atleti Csi e alle loro famiglie.
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ANGELI & DEMONI
mons. Claudio Paganini Consulente Ecclesiastico Nazionale CSI
Buon Natale! Per nascere ogni giorno nel servizio sportivo "Il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Giovanni 1, 14.
an Giovanni inizia il suo vangelo con un "prologo" che racchiude in sé una smisurata grandezza teologica, letteraria e poetica. Non stupisca dunque se questo testo è proposto molte volte dalla liturgia della parola nel tempo natalizio. Non stupiscano gli innumerevoli e autorevoli commenti che da secoli studiano, parola per parola, la proposta giovannea. Non stupisca neppure che sia scritto in greco, lingua per i dotti del tempo e non certo per il popolino. Insomma, ciò che va fatto notare a un buon cristiano, soprattutto in questo tempo natalizio, è la ricchezza del contenuto e l'importanza per la propria vita di fede. E mi pare si possano individuare due temi particolari: anzitutto il mezzo che Dio sceglie per comunicare con gli uomini (il farsi carne) e poi la strategia della presenza (abitare in mezzo a noi)! Abituati da secoli ad ascoltare le omelie dal piglio moraleggiante, rischiamo di dimenticare che proprio in queste parole di San Giovanni risiede la forza del lavoro nel mondo sportivo. "Carne" intesa come corpo delle persone e dei giovani che praticano lo sport; "l'abitare" inteso come presenza nelle strutture e nelle esperienze di vita offerte costantemente. Non si opera solamente per lavoro o servizio attraverso il mondo spor-
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tivo, si tratta piuttosto di una vera e propria missione. Un cristiano impegnato nel Centro Sportivo Italiano riconosce la sua missione e la fonte delle sue motivazioni d'impegno proprio nel riconoscersi un continuatore fedele e prezioso dello stesso percorso compiuto da Gesù. Lui ci ha dato l'esempio! Nei corpi e nei luoghi. Nei giovani e nelle strutture. Nelle persone e nella società. Sono innumerevoli le declinazioni e le possibilità d'impegno e servizio. La radice rimane comune: il farsi carne e l'abitare tra gli uomini. Dal Prologo giovanneo scaturisce un'altra conseguenza. Davanti ai problemi o alla difficoltà non serve chiudersi in se stessi, non servono le solitudini e neppure gli abbandoni o i distacchi. Una volta scesi in campo si è obbligati a giocare la partita della vita in mezzo agli uomini fino all'esito ultimo passando, se necessario, per la via della croce. Dunque, Buon Natale a voi tutti! Buona nascita e buona presenza tra gli uomini che Dio vi ha affidato e vi fa incontrare ogni giorno per mezzo dei fatti sportivi. Mostrate la gioia e la responsabilità per il compito ricevuto ed anche voi sarete veramente figli di Dio.
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SOMMARIO
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26 2 PAROLA DI PRESIDENTE La vera ricchezza del CSI 3 ANGELI E DEMONI Buon Natale! Per nascere ogni giorno nel servizio sportivo 5 PRIMO PIANO La società sportiva tra luogo e nonluogo 8 ULTIMORA Il risultato tra rigore e disciplina 10 PROGETTI La famiglia: in gioco 12 VITACSI Sempre con noi
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14 ATTUALITÀ Lo sport come arte dei maestri
29 EVENTI In Toscana i giovani diventano protagonisti
16 VITACSI Sport, educazione, fede
32 VITACSI Una "stella" a dieci punte
20 APPROFONDIMENTO Le ragazze del 2010: quando la pratica sportiva cambia la vita
34 VITACSI Il cuore che illumina lo sport
25 SOCIETÀ Adolescenti a rischio doping 26 L'INTERVISTA Chiara Alberini 28 LIBRI Il Morbo del Pallone Gehrig e le sue vittime
35 CONVEGNO La Carta dei Valori Vincenti 36 FISCALE Terzo settore e semplificazione fiscale
Mensile del Centro Sportivo Italiano www.csi-net.it
Autorizzazione del Tribunale Civile di Roma n. 423 del 15/12/2008 Direttore responsabile Claudio Paganini claudio.paganini@csi-net.it
Hanno collaborato a questo numero Massimo Achini, Felice Alborghetti, Andrea De Pascalis, Claudio Paganini, Mauro Stefani
Redazione: stampa@csi-net.it Tel. 06 68404592/93 Fax 06 68802940
PRIMO PIANO
La questione educativa
La società sportiva tra luogo e nonluogo Quali sono gli spazi che i giovani abitano? Che valenza assumono, se la assumono, nei loro processi di crescita? Quali le condizioni che distinguono ciò che è luogo da ciò che è semplicemente spazio? Come si collocano le società sportive in questo quadro? di Andrea De Pascalis
ono passati 16 anni dacché l'antropologo Marc Augé coniò il termine nonluogo, utilizzandolo in opposizione alla nozione di luogo.1 Il luogo si caratterizza come uno spazio che gli uomini hanno adattato a sé da molto tempo, nel quale essi possono leggere, molto letteralmente, qualche cosa delle relazioni che hanno con la loro storia, con la natura che li circonda e, ancor più, delle relazioni che intrattengono gli uni con gli altri. Il luogo - nell'interpretazione di Augé - si caratterizza per tre elementi: è identitario, e cioè tale da contrassegnare l'identità di chi ci abita; è relazionale, nel senso che individua i rapporti reciproci tra i soggetti in funzione di una loro comune appartenenza; è storico, perchè rammenta all'individuo le proprie radici. Ma se uno spazio non può definirsi né identitario, né relazionale, né storico, allora lo si può definire un nonluogo. Nelle società complesse, figlie della globalizzazione, si producono in abbondanza nonluoghi antropologici. Tali sono, negli esempi di Augé, gli ipermercati, i fast food, le megadiscoteche, i terminal ferroviari e tanti altri spazi dove oggi sappiamo che i giovani (ma non solo loro) vagano, soli o in branco, nel loro tempo libero. La frequentazione dei
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non luoghi non genera identità, relazionalità, appartenenza; anzi, produce solitudine, smarrimento, pura imitazione di ciò che si vede fare agli altri. Valore contrario ha la frequentazione di ciò che è davvero luogo, perché lì, spiega Augé, "la relazione è chiara, l'interconoscenza è massima, ciascuno ha il suo posto e conosce quello degli altri. Il luogo è dunque anche uno spazio investito di un tempo (il campanile e l'orologio del villaggio hanno valore di riferimento e di simbolo) e di un linguaggio: è lì dove gli altri ci capiscono e dove noi li capiamo 'al volo'". Le tesi di Augé sfociano in una critica dell'urbanistica contemporanea, accu-
1. Marc Augè, Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità, 1996/2005, Eleuthera 2. M. Mori, Giovani e luoghi, 2008, Vannini.
sata di produrre abbondanza di non luoghi. E a questo punto conviene abbandonare il dibattito sull'urbanizzazione del pianeta, per riflettere piuttosto sul rapporto tra i luoghi, i non luoghi e i processi educativi. Alla riflessione offre un corposo materiale di riferimento una recente ricerca condotta a Brescia, con il supporto della Diocesi, basata su interviste a gruppi di ragazzi circa il loro rapporto con i luoghi".2 Vediamo anzitutto cos'è un luogo (diverso dal semplice spazio) secondo i ragazzi intervistati. Il luogo è un posto dove tutti possono andare, dove ci si ritrova insieme e si socializza, dove si possono sviluppare degli interessi (divertirsi, fare nuove esperienze, imparare qualcosa), dove c'è qualcosa da fare, e - per taluni - anche dove è possibile emozionarsi, educarsi, crescere. Nel luogo è possibile sperimentare la propria soggettività, mettendola in relazione con l'ambiente e con gli altri. L'io ha la possibilità di espandersi in noi. Tutto bene in teoria, ma solo in teoria. Alla domanda di indicare i luoghi effettivamente preferiti, realmente frequentati, i risultati sono meno incoraggianti (vedi tabella). Il luogo preferito da un giovane su tre è… casa propria, dove certamente si può leggere, studiare, giocare ma non socializzare o fare importanti e costruttive esperienze di vita. Appena meno popolare è il bar, sulla cui assen5
I l u o g h i p re f e r i t i d a i g i o v a n i Luoghi Strada e piazza Oratorio Casa tua Casa di altri Centro commerciale Bar Associazioni Palestra, piscina, stadio Senza risposta Totale
Maschi 11,4% 12,7% 22,8% 6,8% 4,6% 24,1% 2,5% 14,3% 0,8% 100,0%
za di valenza socio-educativa è inutile soffermarsi. Le associazioni sono luoghi di riferimento per solo il 2% degli intervistati, gli impianti sportivi per l'11,4%. Quest'ultimo dato purtroppo non permette di distinguere tra chi va allo stadio per vedere una partita e chi va in palestra o in piscina per fare sport. Apprezzabile la popolarità dell'oratorio, considerato luogo preferito dal 9,4%, anche se la strada e la piazza fanno concorrenza con l'8,6%. C'è un'evidente discrepanza tra ciò che i giovani concepiscono come luogo e il loro vissuto effettivo. È una difformità che meriterebbe un approfondimento: si ripiega sul nonluogo per mancanza di luoghi, mancanza di alternative, o perché gli stili di vita, le mode, le culture spingono a scelte più facili, meno impegnative? La ricerca di Brescia non copre l'area delle società sportive. Come viene vissuta dai giovani la società sportiva: come luogo o come nonluogo? La risposta che possiamo darci è solo indiretta, anche perché esistono tanti diversi modi di essere delle società sportive. Perché un luogo sia tale, dipende da quattro fattori: 1) L'importanza cruciale e centrale dell'esperienza che si vive all'interno del luogo. Vale la "consistenza" del luogo, ovvero la sua capacità di risultare significativo. Risulta tanto più significativo quanto più viene sperimentato, in una molteplicità di offerta di situazioni, e quanto più viene riconosciuto nella sua specificità, dotata di una propria identità, storia, linguaggio, impronta culturale. 2) Il modo in cui riesce a rapportare identità e socialità, ad "aprire la gram6
Femmine 6,1% 6,5% 41,8% 8.0% 9,1% 16,3% 1,5% 8,7% 1,9% 100,0%
Totale 8,6% 9,4% 32,8% 7,4% 7.0% 20,0% 2,0% 11,4% 1,4% 100,0%
matica dell'io a quella del noi", a diventare snodo tra la percezione originaria di essere individuo e la consapevolezza di essere anche collettività. Il luogo autentico è laboratorio di alterità. 3) La capacità di offrire ambienti, percorsi ed esperienze diversi e diversificati. Il luogo se vuole essere educativo non omologa, non cerca di "fabbricare" individui tutti uguali, rispetta le differenze di tutti e di ciascuno. In sostanza, si tratta di lavorare in base a progetti educativi molteplici, che tengano conto delle differenze di sesso, di età, di culture, di bisogni… 4) La capacità di "aprire una porta sul profondo", di offrire esperienze che riescano ad andare in profondità. Un contenitore di attività scoordinate e superficiali non è un luogo, lo diventa nel momento in cui le situazioni che offre, per quanto poliedriche, diversificate, si risolvono in un percorso di crescita che incontra la dimensione dell'interiorità, che offre elementi capaci di radicarsi nell'intimo del soggetto. Come possono concretizzarsi queste quattro condizioni all'interno di una
Tabella elaborata in base ai dati forniti da M. Mori, “Giovani e luoghi”.
società sportiva? Prima di provare a rispondere a queste domande, è bene liberarsi di un luogo comune duro a morire: che l'attività sportiva conferisca valori importanti a chiunque la pratichi e in qualunque condizione si svolga. È una forma di retorica ormai smentita dalla psicologia, dalla pedagogia e dalla sociologia dello sport. Bastano un po' di attenzione e di buon senso per constatare che nello sport anche giovanile e amatoriale - ci si picchia, ci si insulta, si aggredisce l'arbitro, si cercano scappatoie alle regole… insomma si mostrano comportamenti molto poco "educati". Affinché lo sport sia educativo, bisogna che a monte - in chi propone e gestisce l'attività - ci sia intenzionalità educativa, ci sia progettualità educativa. Se così è, bisogna che il luogo in cui deve svolgersi l'attività alla quale si affida la progettualità educativa sia a sua volta un luogo strutturato in modo non generico, ma tale da corrispondere a quella progettualità. Stiamo parlando ovviamente di una società sportiva ideale, poiché poi, nella prassi, è bene che le società sportive nascano dove possono e come possono, perché saranno comunque luoghi di aggregazione capaci di offrire alternative al videogioco del bar, alle vetrine del centro commerciale, al luccichio della TV spazzatura. L'alternativa a questi moderni "paesi dei balocchi" ha bisogno, per concretizzarsi, di nuovi luoghi educativi. La modernità dei "non luoghi" si può contrastare meglio con gli strumenti offerti dalla stessa modernità. Dobbiamo renderci conto che "rispetto
agli spazi ed ai tempi tradizionali dell'azione educativa altri scenari si affacciano all'orizzonte e prospettano percorsi inusitati, agevolazioni attraenti, immagini affascinanti".3 Vanno perciò effettuate la ricerca e la sperimentazione di nuovi luoghi educativi. Il luogo e il contesto che esso offre "hanno una rilevanza non trascurabile dal punto di vista del risultato della relazione pedagogica… un quadro contestuale deteriorato non depone a favore di un rapporto positivo fra educatori più o meno giovani e nuove generazioni. Il disordine, la sciatteria, il degrado di un istituto scolastico, per esempio, non creano le condizioni più favorevoli per un'azione educativa corretta ed efficace…"Occorre dunque che ogni struttura seppure tradizionale sia messa a regime, sia risistemata, in modo da offrire i prerequisiti di base per l'attivazione dei meccanismi più adatti in rapporto all'agire educativo-socializzante". Per fare esempi molto banali, una società sportiva che non offra strutture igieniche moderne, condizioni di sicurezza efficaci, non riuscirà a suscitare sentimenti di appartenenza adeguati. Per fare un altro esempio, ancora più banale, le società sportive di oratorio un tempo offrivano come alternativa al coperto i biliardini, oggi sarebbe meglio
offrire una videoteca sportiva, una minibiblioteca o l'uso di videogiochi educativi. Insegnare le regole e il loro valore attraverso audiovisivi sarà per i ragazzi certamente più "attraente" (e catturerà meglio l'attenzione) di qualsiasi discorso diretto. Assicurata la modernità del luogo e degli strumenti che esso offre, occorre ancora che il luogo sia pensato in modo da essere vissuto (fruito) contemporaneamente dalla collettività: non uno spazio per i ragazzi, uno per gli adulti, uno per gli allenatori, uno per i dirigenti, uno per ascoltare e ospitare genitori e parenti, ma spazi dove tutti possano stare insieme, coinvolgendosi insieme, alla pari, instaurando quei rapporti di relazione interpersonale che sono alla base di ogni processo educativo. Torniamo alla società sportiva: essa funzionerà meglio se sarà omogenea ai canoni odierni del vissuto giovanile, fino a presentarsi come un'estensione progettualmente pensata, costruita e condotta - di quel vissuto. Uno spazio dove, però, poter sperimentare anche "altro", attività e situazioni che vadano al di là di quanto offerto dalla quotidianità della famiglia, della scuola, del bar. Non un "rifugio" comodo dove rannicchiarsi (come spesso fanno i ragazzi
3. R. Cipriani, La trasformazione dei luoghi educativi, "Proposta educativa" n. 2
nella loro stanza) quando alle porte bussano le avversità, ma dove lo scambio solidale consente di attingere forza e convinzione per affrontare la vita: • Una società sportiva che sia comunità educante (insieme di persone che condividono un'appartenenza, legate da efficaci relazioni interpersonali, che si educano l'un l'altro "crescendo" insieme); • Una società sportiva che sia regolata da una democrazia effettiva e non formale (educazione alla democrazia e all'assunzione di responsabilità); • Una società sportiva che viva di collaborazione e di solidarietà (amicizia, comunione, apertura all'altro e al diverso); • Una società sportiva rispettosa di ogni persona, cui si attribuisce pari dignità; • Una società sportiva non isolata dal territorio (no ghetto), aperta all'ascolto del territorio per andare incontro ai suoi bisogni (educare all'impegno generoso e altruistico); • Una società sportiva che accordi il giusto spazio alla ludicità, alla festa, alla vita comunitaria; • Una società sportiva in cui il circuito allenamento-gara sia concepito come percorso di costruzione della personalità; • Una società "animata" da operatori, cui spetta evitare che l'attività sia passiva fruizione del tempo libero. 7
ULTIMORA
S. Messa degli Sportivi
Il risultato tra rigore e disciplina L'omelia del segretario della CEI Mons. Mariano Crociata tesa a sottolineare 'impegno e la volontà che spingono gli atleti a vivere con sacrificio. "Anche voi siete asceti, vi elevate attraverso l'armonia"
di Felice Alborghetti i è svolta mercoledì 16 dicembre, nella Chiesa Nuova di Santa Maria in Vallicella, la Messa di Natale degli Sportivi organizzata dal Coni e officiata da S.E. Rev.ma mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, alla presenza di don Mario Lusek, cappellano della squadra olimpica italiana, mons. Claudio Paganini, consulente ecclesiastico nazionale del CSI, mons. Antenore Vezzosi, Mons. Piergaetano Lugano, don Claudio Belfiore, padre Kevin Lixey nella Chiesa di S. Maria in Vallicella Hanno partecipato il Presidente del CONI Giovanni Petrucci, il Segretario Generale Raffaele Pagnozzi, i Vicepresidenti Riccardo Agabio e Luca Pancalli, insieme ai membri della Giunta Nazionale tra cui Massimo Achini e del Cio e a numerosi Presidenti Federali, componenti del Consiglio Nazionale e cariche civili e militari. Presenti anche il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e il Sottosegretario con delega allo sport, Rocco Crimi. Alla celebrazione hanno presenziato, tra gli altri, anche Arrigo Sacchi, con-
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sulente della preparazione Olimpica, e Raimondo D'Inzeo, oro a Roma '60 negli sport equestri e portabandiera azzurro a Messico '68. Il momento dell'offertorio è stato nobilitato da quattro atleti azzurri: Chiara Cainero (Tiro a Volo), Raffaello Leonardo (Canottaggio), Elisa Santoni (Ginnastica) e Marco Galiazzo (Tiro con l'Arco), mentre alla lettura, dopo il Sottosegretario alla Presidenza del
Consiglio, Gianni Letta, si sono alternati Peter Fill (Sci), il Vicepresidente del Coni, Luca Pancalli, Arianna Fontana (Sport del Ghiaccio) e il Segretario Generale Raffaele Pagnozzi. Gli alunni della scuola elementare Pio IX hanno invece accompagnato il Presidente Petrucci durante la benedizione del Bambino Gesù.
DALL'OMELIA DI MONS. MARIANO CROCIATA "Un successo brillante, un traguardo, un primato non è il risultato meccanico di una serie illimitata di esercizi fisici. Ci vuole intelligenza; ci vuole passione". “Sono contento di essere anche quest'anno con voi a celebrare l'Eucaristia nell'imminenza del Natale. Trovo significativo questo momento poiché esprime un bisogno e un desiderio di unità. Non intendo parlare di unità in senso generico, poiché tutti amiamo essere in armonia e in pace con quanti condividono con noi l'esperienza della vita. E non voglio nemmeno riferirmi soltanto all'unità che voi trovate naturalmente coltivando tutti una attività e una specialità sportiva. Senza dubbio fate parte del Coni in quanto tutti dedicati, in un modo o in un altro, allo sport e questo fa di voi una unità. Ma il nostro ritrovarci qui, in questo clima già natalizio, manifesta un desiderio di unità più grande, di unità attorno a qualcosa che non sia passeggero, ma duraturo e stabile. Il fondamento duraturo e stabile della nostra vita e della nostra unità è la fede (…) (…) "Lo spunto che ricavo dal Vangelo prende le mosse da Giovanni Battista. Guardando a lui mi è venuto di pensare a voi, cari sportivi. Il Battista infatti era quello che si può definire un asceta, un uomo che sottoponeva ad una grande e rigorosa disciplina il suo corpo. Anche voi, in un certo senso, siete degli asceti, non per motivi religiosi, ma per acquisire quelle abilità fisiche che vi permettono di raggiungere risultati strabilianti nelle più diverse discipline sportive (e non è sbagliato chiamarle discipline, per il lungo lavoro di severa preparazione che richiedono). Ebbene c'è una cosa che credo di poter osservare, sia pure da profano. Un successo brillante, un traguardo, un primato non è il risultato meccanico di una serie illimitata di esercizi fisici. Ci vuole intelligenza; ci vuole passione. Ma ci vogliono anche circostanze e condizioni favorevoli, sul piano personale, sociale e ambientale, e anche dal punto di vista psicologico, emotivo, esistenziale; e forse tante altre cose ancora. Voglio dire che una vittoria, un successo, non è un prodotto automatico, ci vuole qualcosa di più; ci vuole un qualcosa che alla fine non dipende da noi, da tutte le prove fatte e gli esercizi ripetuti. Mi azzardo a usare una parola che forse vi sorprenderà: ci vuole un momento di grazia. C'è qualcosa di imprevedibile, di imponderabile, di gratuito anche in una conquista sportiva, in una vittoria, in un primato; un tale risultato è qualcosa di lungamente preparato ma anche qualcosa di atteso, sperato; e quando arriva, è come ricevere un dono, un regalo straordinario, che chiede di essere accolto, e di fatto viene accolto, sì, con soddisfazione, ma anche con sorpresa e gratitudine." "Ma l'incontro con il Signore non è il frutto solo dello sforzo che pure dobbiamo fare per essere corretti e rigorosi con noi stessi. Il Signore arriva come un dono, una grazia, una sorpresa gioiosa che tutta la nostra preparazione non è in grado di produrre. Noi dobbiamo cercare Dio, ma attenti a non avere la pretesa di raggiungerlo e conquistarlo con le nostre forze. Bisogna che conserviamo, insieme all'impegno più serio, la capacità di attendere e di accogliere colui che alla fine giunge come una sorpresa inaudita, una grazia incommensurabile. Ecco, il Natale viene con il rinnovato invito a lasciarci sorprendere da Gesù, dalla sua presenza straordinaria. Auguro a tutti voi e a me di avere occhi e cuore per riconoscere il Signore presente, accoglierlo e seguirlo sulla via della giustizia e della pace. Buon Natale!
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PROGETTI
SFP Coinvolte 40 province, 3.600 bambini e circa 5.000 genitori
La famiglia: in gioco Presentati ai primi di novembre, i risultati della sperimentazione del Programma di rafforzamento delle famiglie (SFP), condotta dal CSI insieme a Fict e Foi, hanno evidenziato, tra gli altri elementi, la funzione positiva che le attività ludiche sportive possono esercitare sulle dinamiche familiari in nuclei problematici o a rischio.
di Andrea De Pascalis
risultati della prima applicazione italiana del metodo Strengthening Families Program (Programma di rafforzamento delle famiglie, Sfp) sono stati presentati in un convegno a Roma, ai primi di novembre. La sperimentazione - finanziata dal Ministero dell'Istruzione, università e ricerca, e che ha visto la collaborazione del Csi (Area Formazione), della
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Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict) e del Forum oratori italiani (Foi) - ha coinvolto 47 centri di attività formativa in 40 province distribuite in tutto il territorio nazionale. I nuclei familiari coinvolti nel progetto sono stati 2.400, 3.600 i bambini tra i 6 e gli 11 anni, 4.800 i genitori, affetti o non, da difficoltà di temperamento e disagi psicologici.
Il progetto si ispirava ad un programma ideato negli USA nel 1982 dalla dottoressa Karol Kumpfer per aiutare genitori tossicodipendenti in terapia metadonica di mantenimento. Partendo dal presupposto che alcolismo e abuso di droga possono essere correlati a dinamiche familiari, la Kumpfer organizzò corsi di formazione per genitori, corsi per bambini e corsi
che coinvolgevano tutto il nucleo familiare riunito. L'analisi delle indicazioni emerse dalla sperimentazione ha evidenziato anzitutto un alto indice dei partecipanti. Molti genitori hanno riscontrato cambiamenti apprezzabili e miglioramenti significativi nei loro figli, nonché progressi nella percezione delle proprie abilità genitoriali. L'inserimento della scuola nello SFP ha costituito uno dei punti di forza del progetto. In particolare l'istituzione scolastica ha avuto un ruolo rilevante, quale referente accreditato nella diffusione delle informazioni nonché nel fornire l'opportunità di raggiungere un ampio bacino di destinatari. Inoltre, il lavoro operato dagli istituti scolastici ha messo in evidenza l'importanza e l'efficacia della strutturazione di una rete territoriale e sociale tra i soggetti promotori dell'educazione che a diverso titolo si interfacciano con le famiglie, rete di cui la scuola è stata un attore fondamentale. La forza dei 47 centri avviati è stata la capacità di contribuire a formare sul territorio di competenza alla formazione di una cultura dell'inclusione sociale e della tutela dei diritti attraverso l'ascolto, la proposta educativa/formativa, la costruzione di relazioni significative non solo tra i bambini e i ragazzi ma anche tra questi e gli adulti e la comunità più allargata. In sede di presentazione dei risultati si sono condivise alcune esperienze e le testimonianze dei group-leader, dei genitori e dei figli partecipanti all'iniziativa congiunta. Significativa per tutte la relazione della famiglia Marino, da Catanzaro. Mamma, papà e tre figli uniti nel dire: "Avevamo problemi a gestire la famiglia e questo progetto ci ha aiutato nel gestire problemi. Il gioco del bambino, il gioco del genitore sono stati tutti messaggi e linguaggi utili per farci crescere come genitori ed aiutare l'autostima dei piccoli".
LA FAMIGLIA E LA SUA CRISI Mentre il Csi presentava il bilancio del progetto SFP, in libreria usciva un volume dello psichiatra Paolo Crepet, dal titolo eloquente: Sfamiglia (Einaudi). In un paio di centinaia di pagine Crepet, attingendo a casistiche ricavate dalle ricerche sociologiche, dalle cronache e dai casi seguiti in prima persona professionalmente, presenta, un capitoletto per ogni voce, l'abbecedario di tutto ciò che non va nel rapporto educativo genitori-figli: "accompagnare, alcol, amore… disciplina… google… sabato sera… videopoker… zainetto...", insomma molto o quasi tutto di ciò che caratterizza oggi la vita giovanile. Non è un quadro incoraggiante, con i genitori che sembrano impreparati, inadeguati al compito educativo, i quali tra "vigliaccheria" e incapacità diventano troppo arrendevoli, mentre i figli vivono in una specie di limbo deresponsabilizzante, arroganti e "bulli" fuori ma dentro fragili e privi di orizzonti plausibili. C'è modo di recuperare l'attuale "sfamiglia" al compito di curare l'educazione e la crescita delle nuove generazioni? La risposta è positiva, a patto di capire che siamo di fronte non ad una crisi episodica, ma ad una "straordinaria mutazione antropologica che coinvolge la famiglia, i giovani e le loro culture, ovvero l'intera comunità". Una mutazione epocale, dice Crepet, con cui dobbiamo confrontarci, cercando di comprenderla per poterla superare. Non si tratta di ricercare soluzioni autoritarie di altri tempi, né, al contrario, di allargare ancora i limiti della permissività, con i genitori che diventano compagni "alla pari" dei figli. La parola d'ordine è recuperare la responsabilità educativa, concepita nel suo più autentico ed equilibrato significato. Capire cosa succede, per non arrendersi, per comprendere che oggi come sempre "educare significa "accompagnare", voler rischiare di credere nell'altro, avere coraggio: proprio come amare". (ADP)
VITACSI
A due mesi dalla scomparsa del vicepresidente nazionale, Santo Gagliano, la Presidenza del CSI ha dedicato alla sua memoria la sala delle riunioni della sede di Via della Conciliazione, ponendovi una targa al termine di una breve cerimonia. Una decisione, questa, senza precedenti nella storia associativa, che dimostra il grandissimo affetto e la stima unanime di cui godeva la figura di Santo. Che ricordiamo qui attraverso una serie di testimonianze.
Sempre con noi la redazione
el Csi Santo Gagliano c'era da sempre: a Catania, in Sicilia, a Roma nei vertici nazionali, presente ad ogni congresso, meeting, finale di sport. Davvero, pure in un'associazione così grande, non c'era nessuno che non lo conoscesse e non ne apprezzasse la competenza, la generosità, lo spirito di servizio. Perderlo per una feroce malattia, affrontata tuttavia con grande serenità, è stato per il Csi è un evento gravissimo, come ha ricorda-
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to il consulente ecclesiastico nazionale, mons. Claudio Paganini, al termine della celebrazione funebre di Catania, il 26 ottobre. "Santo è stato per noi tutti un dono della Chiesa Siciliana. Un dono apprezzato dall'intera associazione nazionale del Csi, per la fedeltà ai valori cristiani, alla Chiesa. ‘Il Csi non è nostro - amava ricordare - non è nostro ma della Chiesa che ce lo ha affidato ad a cui dobbiamo rispondere!’ Ed ancora: Chi
è senza Dio non può essere un buon dirigente del Csi. "Tutto, nel CSI, porta traccia della sua presenza e del suo stile: statuto associativo, regolamenti, direttive, rapporti con il Coni, interventi associativi. E sempre con la passione e la convinzione che quanto veniva fatto apparteneva al più grande progetto di Dio per levare le persone e la società. "Due anni fa ricevette dalla Santa Sede, a nome del Santo Padre Benedetto XVI
LE TRE “ESSE” DI SANTO: SCUOLA, SPORT E SOCIALE Più di ogni altra parola, restano a testimoniare lo spessore umano del suo servizio le frasi di ricordo pronunciate dagli alunni della scuola dove era preside, amatissimo dagli insegnanti, dai genitori. Ne citiamo alcune. "Ciao Preside, mi hai lasciato troppo presto. Spero che nel mio non ti deluderò. Ti chiedo perché mi hai lasciato così senza avermi completato. Mi manchi e mi mancherai tantissimo. Spero mi resterai sempre accanto. Ferdinando il camerata. Ciao".
UNA VITA NEL CSI Vicepresidente nazionale: 1992/2000 - 2004/2009 Consigliere nazionale: 1992/2009 Presidente regionale Sicilia: 2000/2003 Vicepresidente regionale Sicilia: 1990/1991 Presidente CSI Catania: 1976/1977 - 1990 - 2008/2009
il titolo di cavaliere, ma personalmente penso che Santo meritasse un altro riconoscimento: quello di sacerdote, sacerdote dell'educazione, sacerdote dei valori cristiani nella scuola e nello sport. "E, come ogni presbitero, si è rivestito col grembiule del servizio e con la stola della dignità. Col grembiule del servizio: stando e operando in mezzo ai giovani, alle loro famiglie, al territorio… Con la stola della dignità: in quanto rappresentante dei più alti valori religiosi, umani e sportivi".
"Ciao Preside, sono Antonella. Sono sicura che nessun altro preside mi chiamerà per nome come facevi tu. TI VOGLIO BENE. (alunna)". "Caro preside, ti ricordi che mi portavano sempre in presidenza? Però ora ho capito che mi devo comportare bene. Ti voglio bene tantissimo. Cristian Barbato 2° media". "Caro preside, grazie perché penso che la scuola sia un luogo in cui stare grazie a te. Antonio Sottile (1° media)" "Al ‘mio Preside’ che mi ha insegnato ad amare i ragazzi più difficili. All'amico che con un sorriso e la parola giusta riusciva a farmi superare i momenti più brutti. Grazie per sempre. Prof. Liliana Pezzino". "Non esistono ragazzi di serie A e ragazzi di serie B. Esistono ragazzi più fortunati e ragazzi meno fortunati". Grazie per avercelo insegnato. Lucia Nicotra, insegnante scuola elementare". "Caro Preside, sei stato un’istituzione nel nostro quartiere e non solo. Sei stato un rivoluzionario nel mondo della scuola. Sei stato il padre di tutti i nostri figli. Ciao Preside! Ti vogliamo bene. I genitori di una tua alunna".
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ATTUALITÀ
Talk Show
Lo sport come arte dei maestri Se ne è parlato alla LUMSA con tre coppie di autorevoli esponenti del mondo dello sport e dello spettacolo. Calcio e Clericus Cup, boxe e scherma in vetrina con Gianni Rivera, mons. Paganini, Nino Benvenuti, Alessio Boni ed il maestro d'armi Renzo Musumeci Greco protagonisti della serata condotta da Paola Saluzzi
di Daniele Piccini
on solo dal tradizionale rettangolo di gioco: il messaggio a favore di uno sport "pulito", da sempre nel Dna del campionato di calcio vaticano per sacerdoti e seminaristi, è stato rilanciato martedì 17 novembre anche dalle cattedre dell'Ateneo romano della Libera Università Maria Santissima Assunta. Il presidente della Clericus Cup, nonché consulente ecclesiastico del Centro sportivo italiano, monsignor Claudio
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Paganini ha partecipato infatti, insieme all'attaccante del Redemptoris Mater (detentore della terza coppa col Saturno) Emanuele Grisanti, al convegno "Lo sport come arte dei maestri". L'idea era di condividere con gli studenti universitari, attraverso le testimonianzie dei grandi maestri dello sport e dei loro allievi, la speranza di un ritorno ai valori etici di un "nuovo umanesimo sportivo", anche negli ambienti professionistici. Insieme a monsignor Paganini e al suo "allievo", c'erano il Pallone d'oro del 1969, Gianni "Golden Boy" Rivera, il pugile, campione olimpico nel 1960, Nino Benvenuti, insieme al suo "apprendista" Francesco Morina, studente di 15 anni del Liceo Scientifico Tecnologico per lo Sport "Antonio Pacinotti" di Roma. Sul tavolo dei relatori, anche il maestro di scherma Renzo Musumeci Greco insieme all'attore Alessio Boni, che nella fiction Rai "Caravaggio", ha dovuto armeggiare per la prima volta nella sua vita, con una spada di ben 2 Kg di peso. Proprio nella formula "sport-arte-maestro" monsignor Paganini ha visto una
delle principali ricette della felicità: "Lo sport è un importante canale comunicativo per la Chiesa, ideale per far comprendere la felicità. In fondo la Chiesa ha da sempre intuito questo collegamento tra gioco e beatitudine. Nel Medioevo infatti, per festeggiare il giorno di Pasqua, i chierici giocavano a palla nella cattedrale". "Il più grande insegnamento che questa esperienza mi ha dato - ha detto il campione Clericus Cup 2009, Emauele Grisanti, autore di quattro reti nell'ultimo campionato per sacerdoti è senz'altro il rispetto dell'avversario. Certo, tutti vogliamo vincere, ma questo non deve portarci a prevaricare le regole o a rischiare di far male ai giocatori dell'altra squadra". Alle parole di Grisanti ha fatto eco l'esperienza di Gianni Rivera. "Il mio primo maestro di calcio e di vita - ha detto Golden Boy - è stato l'allenatore dell'Alessandria, Giuseppe Fornara, che basava il suo insegnamento sulla tecnica, in quel periodo, ricordo, andavo a dormire con il pallone. Ma ci ha insegnato soprattutto la correttezza. Così ho imparato le tre regole auree
Foto in basso: da sinistra mons. Paganini, il maestro Musumeci Greco e Gianni Rivera a destra: Nino Benvenuti e Alessio Boni
della vita e dello sport. Intanto il rispetto di se stessi e del proprio corpo. In secondo luogo, negli sport di squadra come il calcio, anche il rispetto della diversità etnica, culturale e religiosa dei tuoi compagni. Infine, il rispetto delle regole e degli avversari". Questa trasmissione di valori è possibile grazie ad un legame sincero ed autentico che si istaura tra maestro e allievo. "La scherma - ha spiegato il maestro Renzo Musumeci Greco - offre uno splendido esempio del rapporto tra allenatore ed allievo. Nei tre mesi in cui abbiamo preparato le scene di assalti di "Caravaggio" ho avuto l'occasione di insegnare a tirare ad Alessio Boni: posso assicurare che quando il film è finito l'amicizia è rimasta". "Praticare la
scherma per tre mesi, oltre all'amicizia con Renzo - ha detto Alessio Boni - mi insegnato molto sul mio corpo, sul suo equilibrio e sui suoi movimenti: un'esperienza che mi accompagnerà per tutta la vita". E lo sport può essere proprio palestra di vita, come sa bene chi, come il due volte campione del mondo Nino Benvenuti, ne ha vissuta gran parte sul ring, a dare pugni ad un sacco. "In uno sport fisico come il pugilato - ha spiegato dalla cattedra, il "professor" Benvenuti - è fondamentale il rispetto delle regole e dell'avversario. È l'insegnamento che vorrei trasmettere anche ai giovani. Sono infatti responsabile tecnico di un'esperienza molto interessante al Liceo Pacinotti. La
palestra dell'Istituto è stata attrezzata per praticare la soft-boxe (con casco integrale, ndr). La proposta è piaciuta molto e ci sono già 40 iscritti, seguiti da due allenatori, Massimo Bassi e Claudio Germano. Il pugilato è uno sport istruttivo che può dare molto ai ragazzi. Può insegnargli l'autocontrollo e ad essere più sereni". Francesco, allievo di boxe, conferma tutto: "Quando ho visto sacchi e ring nella palestra della mia scuola, mi è scoppiata dentro una grande emozione. Praticare questo sport è un buon modo di sfogare lo stress accumulato con le tante ore di scuola. Sto pensando di passare alla boxe vera, ma devo prima "affrontare" e convincere l'avversario più difficile di tutti, la mamma". 15
VATICANO
Verso una nuova stagione del movimento sportivo cattolico
Sport, educazione, fede Ai primi di novembre si è svolto a Roma il terzo seminario di studio internazionale sullo sport organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici. Tema dell'incontro il modo di rinnovare la presenza e il ruolo dell'associazionismo sportivo cattolico all'interno della comunità civile e ecclesiale. di Andrea De Pascalis el farsi carico della promozione di uno sport educativo le associazioni sportive cattoliche devono partire da una riscoperta della loro identità, perché è nei principi della fede cattolica che risiede e si qualifica tutta la specificità di uno sport che voglia davvero essere elemento di formazione umana. Questo, in estrema sintesi, il principale dato emerso al termine del seminario internazionale "Sport, Educazione, Fede. Verso una nuova stagione del movimento sportivo cattolico", organizzato a Roma, ai primi di novembre, dal Pontificio Consiglio per i Laici e dal suo Ufficio Chiesa e Sport, diretto da padre Kevin Lixey. Un seminario che ha richiamato nella sala convegni di Villa Aurelia, a Roma, esperti di fama e tanti esponenti dell'associazionismo sportivo cattolico di tutta Europa. Presente anche un delegato del Camerun. Le motivazioni dell'incontro sono state ribadite, in apertura, dal cardinale Stanislaw Rylko, presidente del PCL. "Che differenza fa Dio nel mondo dello sport? Che cosa apporta la nostra fede alla pratica sportiva? Che cosa rende un'associazione sportiva cattolica diversa dalle altre? Quali ne sono
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l'identità e la missione proprie? Quale contributo può venire alla missione educativa ed evangelizzatrice della
Chiesa dal movimento sportivo cattolico? Sono questi gli interrogativi ai quali cercheremo di rispondere nel
corso del nostro Seminario, soprattutto in considerazione dell'esigenza di reinserire lo sport in un quadro di esplicite scelte educative". Non che l'associazionismo sportivo cattolico domande del genere non se le sia mai poste, sono le risposte che devono essere continuamente aggiornate nel cambiare dei tempi. Come messo in luce nel suo intervento da mons. Carlo Mazza, vescovo di Fidenza, le ragioni dell'impegno della Chiesa nel movimento sportivo sono ormai consolidate, avendo attraversato l'intera centenaria storia dell'associazione antesignana, il Centro Sportivo Italiano, e avendo tratto luce dall'ampio magistero dei pontefici sullo sport. Il nodo che si pone oggi è quello di una reinterpretazione delle motivazioni, dei metodi organizzativi, delle progettualità dello sport cattolico all'interno della società postmoderna. Un compito questo che ha trovato eco nel messaggio indirizzato da Benedetto XVI al cardinale Rylko e a tutti i partecipanti al seminario, messaggio che riportiamo a parte nella sua interezza. Dal successivo sviluppo dei lavori del seminario si è colto che la quaestio centrale verte sui modi concreti di trasfondere nell'attività sportiva gli elementi costitutivi dell'educazione quale è concepita dalla dottrina sociale della Chiesa. Quali strumenti? Quali modelli? Un'indicazione di massima l'ha fornita il professor Michael McNamee, docente di etica e filosofia dello sport alla University of Wales Swansea, Inghilterra, sottolineando come da una parte si avverta il bisogno di uno schema operativo dello sport educativo, che orienti i nostri atteggiamenti in ogni situazione, e tale schema non può che acquisire i suoi motivi nel campo dell'etica sportiva che di certo non si limita alla nozione di fair-play. È emersa da più interventi la necessità di una elaborazione teorica che inquadri i modi di trasfondere nell'attività quotidiana delle società sportive gli elementi costitutivi dell'educazione.
UN PATTO EDUCATIVO TRA ASSOCIAZIONE E FAMIGLIA "I principi dell'antropologia cristiana sono fondamentali per una pratica sportiva che punti alla formazione della persona… Ma essi rischiano di rimanere lettera morta se da parte di chi gestisce società o attività sportive non vi è intenzionalità educativa. E sappiamo che la mancanza di conduzione progettuale dell'ambiente spesso trasforma il luogo educativo in una sorta di terra di nessuno, dove domina esclusivamente l'attivismo sportivo, disancorato da ogni finalità educativa. Occorre dunque potenziare il ruolo delle associazioni sportive cattoliche e promuovere una sorta di patto educativo tra associazione e famiglia affinché le attività prevedano un percorso atto a favorire la crescita dei ragazzi e a sostenere l'opera educativa dei genitori". Cardinale Stanislaw Rylko Presidente PCL
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Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI al Cardinale Stanislaw Rylko, presidente del pontificio consiglio per i laici, in occasione del seminario di studio sul tema: "Sport, educazione, fede: per una nuova stagione del movimento sportivo cattolico"
Richiesta per ora senza risposta. Tra gli spunti emersi, i riferimenti fatti da Edio Costantini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, a una società sportiva parrocchiale rinnovata e configurata come "nuovo luogo educativo". E se è vero, come unanimemente riconosciuto nel corso del seminario, che la storia dell'elaborazione culturale e progettuale dell'associazionismo cattolico sullo sport è fortemente debitrice nei confronti della Fasci prima e del Csi poi, si può anche pensare che spetti proprio al Csi portare un po' più avanti la definizione di nuovi e più attuali modi di fare educazione attraverso lo sport. È stato infine mons. Josef Clemens, Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, tracciando le conclusioni, a lanciare l'invito a ripartire dalle radici cristiane: "Facciamo un appello alle associazioni sportive cattoliche, che riprendano con nuovo vigore e franchezza la loro identità cattolica, ponendo le basi per uno sport ‘educativo’, portatore di un senso e di una dimensione etica, che tenda a formare nei giovani una sensibilità verso i valori umani più autentici, nel loro cammino verso quell'obiettivo trascendente che dà significato alla vita. Perché l'uomo non può vivere senza ‘coordinate’ o ‘punti riferimento’, se non sono quelle ‘cristiane e umane’ entreranno altri sistemi di guida e di orientamento!”.
Con vero piacere, invio un cordiale saluto a Lei, al Segretario, ai collaboratori del Pontificio Consiglio per i Laici, ai rappresentanti degli Organismi Cattolici che operano nel mondo dello sport, ai responsabili delle associazioni sportive internazionali e nazionali e a tutti coloro che prendono parte al Seminario di studi sul tema: "Sport, educazione, fede: per una nuova stagione del movimento sportivo cattolico", organizzato dalla Sezione "Chiesa e sport" di codesto Dicastero. Lo sport possiede un notevole potenziale educativo soprattutto in ambito giovanile e, per questo, occupa grande rilievo non solo nell'impiego del tempo libero, ma anche nella formazione della persona. Il Concilio Vaticano II lo ha voluto annoverare tra i mezzi che appartengono al patrimonio comune degli uomini e che sono adatti al perfezionamento morale ed alla formazione umana (cfr. Gravissimum Educationis, n. 4). Se questo è vero per l'attività sportiva in generale, tanto più lo è per quella svolta negli oratori, nelle scuole e nelle associazioni sportive, con lo scopo di assicurare una formazione umana e cristiana alle nuove generazioni. Come ho avuto modo di ricordare recentemente, non va dimenticato che "lo sport, praticato con passione e vigile senso etico, specialmente per la gioventù, diventa palestra di un sano agonismo e di perfezionamento fisico, scuola di formazione ai valori umani e spirituali, mezzo privilegiato di crescita personale e di contatto con la società" (cfr. Discorso ai partecipanti dei Mondiali di Nuoto, 1° agosto 2009). Attraverso le attività sportive, la comunità ecclesiale contribuisce alla formazione della gioventù, fornendo un ambito adatto alla sua crescita umana e spirituale. Infatti, quando sono finalizzate allo sviluppo integrale della persona e gestite da personale qualificato e competente, le iniziative sportive si rivelano occasione proficua in cui sacerdoti, religiosi e laici possono diventare veri e propri educatori e maestri di vita dei giovani. È pertanto necessario che, in questa nostra epoca - in cui si avverte urgente l'esigenza di educare le nuove generazioni -, la Chiesa continui a sostenere lo sport per i giovani, valorizzando appieno anche l'attività agonistica nei suoi aspetti positivi, come, ad esempio, nella capacità di stimolare la competitività, il coraggio e la tenacia nel perseguire gli obbiettivi, evitando, però, ogni tendenza che ne snaturi la natura stessa con il ricorso a pratiche persino dannose per l'organismo, come avviene nel caso del doping. In un'azione formativa coordinata, i dirigenti, i tecnici e gli operatori cattolici devono considerarsi sperimentate guide per gli adolescenti, aiutandoli a sviluppare le proprie potenzialità agonistiche senza trascurare quelle qualità umane e quelle virtù cristiane che rendono la persona completamente matura. In tale prospettiva, trovo quanto mai utile che questo terzo Seminario della Sezione "Chiesa e sport" del Pontificio Consiglio per i Laici, incentri la sua attenzione sulla specifica missione e sulla identità cattolica delle associazioni sportive, delle scuole e degli oratori gestiti dalla Chiesa. Auspico di cuore che esso aiuti a cogliere le molte e preziose opportunità che lo sport può offrire alla pastorale giovanile e, mentre auguro un incontro fruttuoso, assicuro la mia preghiera invocando sui partecipanti e su coloro che sono impegnati a promuovere una sana attività sportiva, in modo particolare nelle Istituzioni cattoliche, la guida dello Spirito Santo e la protezione materna di Maria. Con tali sentimenti, invio di cuore a tutti la mia Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 3 Novembre 2009 BENEDETTO PP. XVI
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ZOOM
Donna & sport
Le ragazze del 2010: Quando la pratica sportiva cambia la vita
di Danilo Vico
L'esplosione, in termini di risultati, avvenuta quest'anno in Italia dello sport rosa, il valore dello sport nel processo di crescita personale e il prossimo traguardo per le "Ragazze del 2010" ossia vincere anche fuori dal campo.
i è svolto a Roma presso la Sala del Refettorio del Palazzo Seminario, il convegno organizzato dalla Lega Pallavolo Serie A Femminile, con il patrocinio del Ministero della Gioventù, intitolato: "Le ragazze del 2010: quando la pratica sportiva cambia la vita”. Il convegno ha messo in evidenza come lo sport per le giovani donne possa essere l'esempio perfetto per superare gli ostacoli e come si possano realizzare le singole ambizioni. Prendendo spunto dal sottotitolo del convegno sono affrontati argomenti importanti per lo sviluppo del movimento pallavolistico e dello sport in generale.
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Subito Massimo Barbolini, ct della Nazionale Italiana di pallavolo femminile: "Nel 2009 c'è stata un'esplosione di risultati al femminile, ma quantità, qualità e impegno erano già alti da tempo. Aspetto fondamentale nello sport di squadra: fare gruppo per cercare di raggiungere un risultato che nasce dalla condivisione di un obiettivo. Questo porta al superamento di tanti limiti e difficoltà che possono nascere dagli individualismi o dalla ricerca di alibi. Il rispetto del proprio lavoro è la molla principale che porta al superamento dei problemi e dei sacrifici che si fanno. Dobbiamo abituarci a non meravigliarci del fatto che le donne vincano più degli uomini". Microfoni anche alle grandi protagoniste che in tal senso hanno raccontato la propria esperienza.. Elisa Cella, Capitano dell'Aprilia Volley e argento
L'ANNO "ROSA" DELLO SPORT AZZURRO Le ultime sono state le tenniste azzurre vittoriose nella Federation Cup, equivalente della Coppa Davis maschile. Francesca Schiavone e Flavia Pennetta e non solo le primedonne nel 2009 come la squadra azzurra di ginnastica ritmica d'oro ai Mondiali in Giappone. L'anno "rosa" dello sport italiano ha riscattato le grandi delusioni delle squadre maschili di punta: del rugby, del basket, della pallavolo e anche del calcio. L'hanno fatto benissimo Federica Pellegrini, Tania Cagnotto e il resto della nazionale femminile ai Mondiali di nuoto di Roma, con le loro nove medaglie complessive (più due record del mondo). In vetrina anche le ragazze del volley, che hanno conquistato il titolo europeo. L'hanno fatto anche le nostre schermitrici, che ai Mondiali di ottobre hanno conquistato il titolo a squadre in due specialità su tre (fioretto e spada). Bella l'impresa di Tatiana Guderzo campionessa del mondo di ciclismo su strada, e poi l'infallibile Jessica Rossi, a soli 17 anni mondiale nel tiro a volo. Il "sorpasso rosa" é avvenuto ai Giochi del Mediterraneo di Pescara, 34 medaglie d'oro per le donne azzurre e 30 per gli uomini. Non era mai successo negli oltre cento anni di grandi manifestazioni internazionali per nazioni, Olimpiadi comprese. C'è da domandarsi se prima o poi, come ha ricordato recentemente Manuela Di Centa, ex grande campionessa dello sci di fondo e adesso Membro del CIO, vedremo qualche donna a dirigere lo sport. Ad oggi, infatti, tra i 45 presidenti di Federazione italiani non si registra neanche una presenza femminile. in maglia azzurra agli Europei 2005 ha precisato: "Dopo aver giocato ad alti livelli e aver raggiunto grandi risultati mi sono dovuta fermare per problemi fisici. Ma con la forza di volontà sono riuscita a superare queste difficoltà e ora sto continuando per raggiungere nuovi sogni e obiettivi". A seguire è intervenuta Emanuela Maccarani, allenatrice della Nazionale di ginnastica ritmica: "Nella disciplina in cui alleno si fanno grandi sacrifici per rincorrere un sogno che non sempre si raggiunge. Questo aiuta a formare il carattere e la persona, come dimostra l'esempio delle mie ragazze
che dopo la delusione di Pechino 2008 hanno avuto il coraggio di rimettersi in gioco ottenendo una rivincita importante con le tre medaglie su tre vinte al Mondiale in settembre 2009, successo ancor più bello". Giovanna Trillini, pluricampionessa olimpica di scherma, ha ribadito l'importanza dello sport nella sua vita: "Lo sport è stato fondamentale nella mia vita, sono cresciuta con lo sport che mi ha insegnato tanto come atleta e come donna. Mi ha insegnato a formarmi e a programmare, cosa che aiuta molto anche nella vita quotidiana ad affrontare le difficoltà". 21
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Per Giulia Quintavalle, campionessa olimpica di judo invece "Lo sport mi ha insegnato il rispetto, l'educazione e il non mollare mai, affrontando le difficoltà in maniera più serena", mentre per Rossana Ciuffetti, Direttore sport e Preparazione Olimpica Coni "C'è stata un'evoluzione della presenza femminile nella pratica sportiva, mentre ad oggi i ruoli dirigenziali sono per lo più appannaggio degli uomini, forse perché poche donne si sono ancora messe in gioco. Sono convinta che quando lo faranno riusciranno a primeggiare anche nei ruoli manageriali, in tal senso le istituzioni sportive devono essere d'aiuto per poter creare formazione che possa così implementare la presenza femminile". Molto apprezzato anche l'intervento di Elisabetta Caporale, inviata di RaiSport: "Il volley è stato il primo sport che ho seguito. Il mondo dello sport e in particolare del giornalismo sportivo è storicamente maschile, ma negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento dovuto anche al cambiamento del ruolo della donna nella società. Questo ha fatto sì che sempre più donne si siano inserite e abbiano visto riconosciuta la propria professionalità anche nel mondo sportivo". Ha concluso i lavori l'on. Rocco Crimi, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport: "Grandi successi al femminile, numero di praticanti donne altissimo. Lo sport deve'essere da esempio per i giovani: le atlete vincenti in campo con i loro straordinari trionfi invogliano i giovani ad imitarle anche fuori dal campo. Possono così proporre un messaggio positivo e propositivo, a tal fine il modello femminile nello sport può essere usato anche per creare sensibilizzazione in ambito sociale".
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L’ON. MELONI: NEL 2009 LE CAMPIONESSE CI HANNO REGALATO EMOZIONI La più entusiasta è stata l'on. Giorgia Meloni, Ministro della Gioventù: "Contenta di essere qui oggi, ho praticato il volley nell'adolescenza ed è uno sport che amo e seguo. Lo sport e la pallavolo possono aiutarci a proporre alle giovani generazioni messaggi positivi e modelli di emulazione positiva. Le storie delle campionesse che ci hanno regalato emozioni vincendo in diverse discipline sono esempi che dobbiamo riuscire a raccontare per far emergere i valori dello sport. Come Ministero stiamo lavorando per offrire ai giovani la possibilità di trovare nello sport, e non solo, l'alternativa all'alienazione che rischia di minare la quotidianità.”
SOCIETÀ
Condizione giovanile
Adolescenti a rischio doping L'assunzione di sostanze proibite investe lo sport amatoriale e giovanile anche più dello sport professionistico. A sostenerlo è l'ultimo rapporto Eurispes-Telefono Azzurro sulle condizioni di infanzia e adolescenza, le cui conclusioni in materia suggeriscono qualche riflessione sulle politiche di prevenzione. di Andrea De Pascalis
oping, vietato abbassare la guardia. Anche nel Csi. Sissignori, non è detto che il fenomeno dell'assunzione di "porcherie" chimiche in ambito sportivo non tocchi nel prossimo futuro anche i nostri campi, dove sgambettano ragazzini e dilettanti. L'invito a tenere occhi e orecchie spalancati ci viene, sia pure indirettamente, dal "X Rapporto nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza", firmato da Eurispes e Telefono Azzurro, presentato a novembre. Un documento inquietante (chi lo desidera ne può leggere una larga sintesi sul sito web www.eurispes.it), tanti sono i segnali di grave sofferenza emergenti dalla condizione dei minori nel nostro paese. Tra questi c'è appunto il doping, che già oggi sembra essere più diffuso a livello amatoriale che a livello professionistico. I controlli effettuati nel 2008 ne hanno dato conferma: in quell'anno il numero di atleti "positivi", a livello amatoriale, era pari al 3,9%, percentuale altissima se paragonata a quella registrata fra gli atleti "professionisti", pari allo 0,7%. Tale dato si spiega in parte con la "dissuasione" esercitata sui professionisti dai maggiori controlli medici ai quali essi vengono sottoposti, ma è comunque indice di un'inclinazione alla chimica proibita che sta diventando costume.
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Anabolizzanti, C'è di tutto nella borsa del dopato dilettante: glucocorticosteroidi, betabloccanti, stimolanti, narcotici, cannabinoidi. Tra le vie di spaccio facile c'è internet, con canali di acquisto all'estero ormai spalancati. Perché doparsi se non c'è alcunché da vincere? I motivi, per la fascia "adolescenziale", li spiega una ricerca della Società Italiana Pediatria. Dall'indagine, effettuata su ragazzi e ragazze di età compresa tra i 12 e i 14 anni, è emerso che il 18,5% ritiene "accettabile assumere qualche integratore o qualche medicinale per migliorare le proprie prestazioni sportive" e che il 28,8% conosce, addirittura, qualche amico o compagno che lo fa. Consola poco che il 76,8% dei ragazzi e ragazze intervistati, affermi, tuttavia, di ritenere rischioso "prendere integratori per migliorare le prestazioni atletiche". Essere consapevoli degli effetti fisiologici dannosi delle sostanze dopanti non è sufficiente a scoraggiarne l'uso, a fronte di ciò che è percepito come il "premio" ottenibile con l'assunzione. Un "premio" che non è fatto di soldi, di coppe, di medaglie o di record, ma di presunti benefici psicologici e sociali ritenuti irrinunciabili, come: • l'ascesa sociale nell'ambito del gruppo di riferimento;
• il successo e il consenso nel gruppo di appartenenza; • l'aumento di sicurezza sociale; • la percezione dell'accresciuto senso di autostima e di sicurezza personale nell'affrontare e risolvere problemi e pericoli; • la percezione del miglioramento del benessere psico-fisico; • l'aumentata capacità relazionale e accettabilità sociale; • la percezione di una migliore performance fisica e psichica, etc. Ne deriverebbe, per il Csi e per l'intero mondo dello sport giovanile, un aggiornamento della riflessione sulla prevenzione del doping tra gli adolescenti. Informare sui pericoli dell'aiutino chimico è sempre utile, però non basta, visto che i ragazzi quel rischio decidono di correrlo anche conoscendone le conseguenze. Bisognerebbe trovare il modo di incidere anche su quei presunti benefici psicologici e sociali derivanti dalle vittorie, che fanno nascere la tentazione di truccarle. Si ritorna così al concetto, ben noto al Csi, di un'attività sportiva giovanile che deve essere "temperata", che non enfatizzi più di tanto il valore della vittoria, e non trasformi i vincenti in "eroi" della squadra e della società sportiva. La frontiera della lotta al doping giovanile passa anche di lì. 25
L’INTERVISTA
Stadium ha incontrato Chiara Alberini, la 24enne campionessa europea di pattinaggio artistico a rotelle, oro conquistato in Portogallo a settembre, allenatrice della società Csi Cesena di pattinaggio, e quarta al suo debutto ai Mondiali di pattinaggio artistico, che si sono tenuti dal 10 al 21 novembre a Friburgo, in Germania.
Chiara Alberini di Marco Fiumana
Da quanto tempo pattini e dove hai iniziato e si è svolta sinora la tua carriera? Pattino da 17 anni ed ho incominciato all'età di 8 anni. I miei esordi sono stati a Suzzara, in provincia di Mantova, poi mi sono trasferita in una società di Cremona, ritrasferita a Mantova e successivamente a Bologna ed infine, due anni fa, a Cesena. Puoi ricordarci i successi più importanti che hai conseguito? 26
Quando ero piccola ho vinto diversi campionati regionali, ma le vittorie più prestigiose vanno individuate nel titolo di campionessa regionale europea nel 2003, nella specialità del singolo e nel 2009 in quella di coppia danza. Quali difficoltà negli esercizi che esegui? Con la musica dobbiamo dare vita ad una coreografia, che viene suddivisa in tre parti: gli esercizi obbligatori, uguali per tutti, stabiliti dalla Federazione
nazionale ogni anno, la danza originale, dove il ritmo e la musica sono anch'essi gli stessi per ogni atleta, ma la coreografia è libera, ed infine la prova libera, in cui si lascia la più ampia libertà di espressione. Gli obbligatori prevedono musiche diverse quali ad esempio il valzer, il tango, il foxtrot, mentre la musica che accompagna la danza originale ogni anno è diversa e varia dalla musica classica a quella latino-americana e via dicendo.
ma, che non ha nulla a che fare con la normale vita quotidiana; prima dell'avvio dell'esercizio c'è in me tanta paura e tensione, poi, una volta partita la musica, mi concentro ed emerge il desiderio di dare il massimo di me stessa, sempre! Sei anche l'allenatrice della società di pattinaggio del Csi Cesena; come ti vedi in questo ruolo e come ti trovi nell'ambito di una società del Csi cesenate? Mi trovo a mio agio, perché sento di poter trasmettere agli altri ciò che io so già fare e contribuisco alla diffusione di una disciplina sportiva diversa dalle altre. Importante è anche l'aspetto educativo dello sport, così come viene vissuto nell'ambito del Csi: un'allenatrice non fornisce solo nozioni tecniche, ma aiuta i giovani a crescere e ad avere uno stile di vita differente dagli attuali modelli sociali. Sono pure soddisfatta del rapporto che i genitori hanno instaurato con me e con la società, poiché si lasciano coinvolgere nell'organizzazione dell'attività e dei momenti societari più rilevanti. Apprezzo soprattutto nei dirigenti della società, che vanta una quarantina di atlete, la voglia di darsi da fare e l'impegno che mettono nel cercare di reperire palestre idonee, cosa non semplice, in quanto questa disciplina viene spesso trascurata o presa in scarsa considerazione. Vorrei inoltre sottolineare l'entusiasmo con cui il Csi cesenate segue tale sport, che deriva dalla profonda convinzione che si deve garantire a ciascuno l'accesso a tutte le discipline, comprese quelle meno conosciute o poco diffuse nel territorio. Che cosa ti ha spinto a scegliere questo sport e quali sono i tuoi sentimenti e le tue emozioni quando scendi in pista? Da piccola praticavo danza classica, poi mi sono intestardita nel voler pattinare ed ero inizialmente attratta dalle rotelle di cui sono dotati i pattini e dal vestito che dovevo indossare quando gareggiavo. Quando scendo in pista provo una sensazione particolare, difficile da descrivere, comunque bellissi-
Quali le strutture idonee alla pratica del pattinaggio artistico? A Cesena poche, solo grazie alla passione delle nostre atlete, ci si è adattati ad allenarsi in una tensostruttura, che, pur dotata di riscaldamento, è posta comunque all'aperto. Quest'anno si è riusciti ad utilizzare per le bambine più piccole la palestra di una scuola elementare, il cui fondo ed ampiezza però non sono adatte a tale
pratica. Ci auguriamo che il Comune di Cesena possa dotarci di un impianto già esistente di un fondo polivalente o ancor meglio, realizzare un pattinodromo: questa disciplina infatti si sta diffondendo nel territorio, in quanto è presente un'altra società, anch'essa affiliata al Csi, il S. Marco, che vanta varie atlete impegnate nel pattinaggio,per cui possiamo dire che attualmente a Cesena registriamo un centinaio di praticanti. In che cosa consiste la bellezza del pattinaggio artistico e quali sono le doti principali di una buona pattinatrice? Si tratta di uno sport articolato,che coinvolge la danza classica e la ginnastica artistica e richiede vari requisiti, quali equilibrio, eleganza, ma anche la forza nell'eseguire gli esercizi,e di uno sport completo, poiché interessa il corpo nella sua interezza,dalle braccia alle gambe. Ad una buona pattinatrice occorrono tanta costanza e determinazione,dal momento in cui in due minuti di gara ti giochi un anno di allenamenti ed inoltre tanta passione,nella certezza che solo con il sacrificio di allenamenti quotidiani possono arrivare alla fine i risultati.
LIBRI
Massimiliano Castellani
Il Morbo del Pallone Gehrig e le sue vittime Un viaggio lungo dieci anni, nei meandri di un "pallone malato". Una luce che si è accesa il giorno in cui, Zdenek Zeman denunciò: "Fuori il calcio dalle farmacie". È partita da lì l'inchiesta di Massimiliano Castellani, giornalista della redazione sportiva di Avvenire, intorno alle morti e le malattie misteriose che funestano il mondo del calcio nazionale.
n un Paese caratterizzato sempre più dalla politica dei sospetti e dei misteri irrisolti, questo nuovo capitolo d'inchiesta intende dare voce a tutte quelle componenti - sportive, scientifiche e giuridiche - che in questo decennio hanno alimentato il dibattito e tentato di aprire squarci di verità riguardo alle "morti bianche" del calcio. Tra queste spiccano i tragici epiloghi legati a un fenomeno che potremmo definire tutto italiano: quello del Morbo del pallone. Il Morbo di Gehrig, o Sla, Sclerosi laterale amiotrofica, malattia che conta circa 5000 malati in Italia (500.000 nel mondo) e che ha causato oltre 50 vittime tra i calciatori e chiuso prematuramente l'esistenza di illustri capitani di lungo corso: da Gianluca Signorini ad Adriano Lombardi. È il Morbo contro il quale lotta Stefano Borgonovo, assurto a simbolo di resistenza di tutta una categoria, quella dei calciatori, che dalle ultime indagini scientifiche potrebbe avere un'esposizione 20-30 volte superiore rispetto alla popolazione universale.
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Il Morbo del pallone è un accurato librodossier che non vuole assolutamente alimentare i soliti inutili terrorismi - frutto spesso di una comunicazione superficiale e impreparata - ma andare a fondo a questa piaga, ascoltare tutte le voci e ripercorrere la storia sportiva e umana di una serie di protagonisti del calcio italiano, affacciandosi anche da una finestra che dà sulla Premier inglese in cui il fenomeno "calcio e Sla" non è ancora stato indagato adeguatamente. L'autore ha viaggiato e ascoltato abbastanza intorno alla galassia Morbo di Gehrig, da aver tratto almeno una verità fondamentale: non esistono malati di serie A e di serie C. Luca Pulino, Maurizio Vasino, Agatino Russo e Pierluigi Corno, alcuni dei piccoli eroi esemplari di un calcio dilettantistico, di cui qui si parla, e che tuttora lottano contro la malattia, non possono essere ignorati. Così come non si può più chiudere gli occhi dinanzi a una ricerca scientifica costantemente a corto di finanziamenti e senza dei quali questa sfida al Morbo è persa già in partenza.
pp. 184, Euro 14,50 Info Selene Edizioni: tel. 02.26.68.17.38 selene@edizioniselene.it
EVENTI
“Filigrane”
In Toscana i giovani diventano protagonisti Successo per l'iniziativa cui ha partecipato il Csi regionale, nata dalla consapevolezza che i giovani devono essere interlocutori, se non protagonisti, dell'impostazione dei programmi che li riguardano. di Valentina Cirri
iligrane, giovani connessioni di comunità". Questo il titolo del programma di eventi proposto dalla Regione Toscana per dare visibilità e forza al pensiero dei giovani in vista di uno sviluppo delle politiche giovanili regionali. Sei i contenitori sviluppati: una conferenza sulle politiche giovanili; cantieri, spazi in cui i ragazzi cooperano per costruire esperienze, e laboratori di attivazione giovanile; container, ovvero spazi dove giovani e loro associazione possono esporre idee e progetti; un "villaggio delle sperimentazioni"; appuntamenti di musica e teatro; una giornata regionale del servizio civile. Il Comitato regionale toscano del Csi ha contribuito fin dal primo momento al tavolo progettuale insieme ad altre associazioni, con iniziative tese al coinvolgimento dei giovani tramite lo sport e diffondendo quegli aspetti e quei valori specifici che connotano l'associazione come ente di promozione sportiva con un qualcosa in più quanto ad attenzione alla progettazio-
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ne educativa e alla promozione umana e sociale di bambini, ragazzi e giovani. L'arena grande del Saschall, periferia di Firenze pullula di giovani di tutte le età, provenienti da diverse zone della Toscana. È l'incontro finale, quello
degli Stati Giovanili avvenuto il 20 novembre, che segna una svolta, visto che d'ora in poi la storia delle Politiche Giovanili regionali verrà scritta a più mani dalle istituzioni e dai giovani in un clima all'insegna della compartecipazione e 29
EVENTI
della corresponsabilità. "I sogni ce li mettiamo noi, la politica ci metta il coraggio". Poche parole che scuotono le coscienze di chi ascolta nell'arena grande del Saschall, soprattutto se a pronunciarle sono giovani toscani, di diversa provenienza, che animano il palcoscenico su cui si trovano seduti donne e uomini delle istituzioni. È un insolito scenario, in cui la gerarchia dei ruoli risulta ribaltata: sono proprio questi giovani, infatti, a impartire la lezione agli adulti, dimostrando come sia bello riuscire a sognare per chi crede che un cambiamento in questo paese sia ancora possibile. Il documento di dibattito dall'ossimorico titolo "L'utopia realizzabile", sintetizza un messaggio ottimistico e riecheggia una speranza, lontana ma non dimenticata, di quei giovani del 1968, adesso un po' invecchiati, come ha ironizzato il Presidente della Regione Claudio Martini, intervistato da un esilarante Paolo Ruffini. Nel documento si parla di questione giovanile, non certo di disagio, poiché i giovani costituiscono, come ha sottolineato l'Assessore regionale alle Politiche Giovanili Salvadori, il trait d'union tra presente e futuro, nonché la risposta ai problemi sociali, come l'educazione, la formazione, il lavoro e l'abitabilità urbana. In merito a questi ambiti tra le tante proposte emergono una maggiore accessibilità all'istruzione tramite libri open-source, un' Università a misura di mamma e di babbo che riconosca scambi, stages, tirocini, la possibilità per studenti universitari di iscriversi al centro per l'impiego e spazi urbani più vissuti, che diventino così sinonimo di sicurezza.
MUSICA E SPORT DANNO FORZA ED ENERGIA. IN CORO LO DICONO PAOLA TURCI E NICCOLÒ FABI. “Filigrana” è stata un’occasione importante per i giovani che, diventando i preziosi interlocutori della politica, danno prova di come la realtà giovanile sia variegata e di come esistano persone che contrariamente ai luoghi comuni e agli stereotipi propinati dai media, hanno spirito di iniziativa e desiderio di impegnarsi attraverso canali diversi (volontariato, musica, sport). Come hanno fatto notare anche Niccolò Fabi e Paola Turci, i due cantanti ospiti dell'evento, sono un motivo di crescita personale e un mezzo di relazione sociale. "La musica è il modo migliore per confrontarsi e raccontare, per creare un'intimità, che ci permette di dire chi siamo e anche lo sport ha la stessa forza, è un'occasione per socializzare, per avere un buon rapporto con il corpo e per accettare i propri limiti", afferma il cantante, che a Stadium confida "credo che un giovane dovrebbe praticare sia uno sport individuale, sia uno sport collettivo. Perché il primo aiuta a costruire un rapporto adeguato con il proprio corpo, la lezione dei Latini ci insegna che "mens sana in corpore sano" e in più permette di accettare i propri limiti. Il secondo è un'occasione di confronto con gli altri e di socializzazione". Paola Turci ritiene che la musica sia una vera e propria "medicina della società", un canale sano soprattutto per i ragazzi e che lo sport "serva a ricaricarti di energia e ad affrontare meglio la vita quotidiana, perché costituisce fonte di felicità ed è utile al proprio benessere". Per cui, se l'utopia e il sogno sono qualcosa che ancora non c'è e che deve essere costruito, sarà necessario che i giovani toscani, forti delle proprie esperienze associative, costituiscano una rete. Perché solo così il cambiamento potrà essere raggiunto, visto che "l'utopia serve proprio a questo: a camminare". VC
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L’ANNO CHE VERRÀ CAMPIONATI E GRAN PREMI NAZIONALI 2010 MARZO
25 Padova
GIUGNO
11/14 Alleghe 12° GRAN PREMIO NAZIONALE DI SCI
MARATONA DI PADOVA
03/06 Lignano Sabbiadoro
26/28 Gubbio 13° GRAN PREMIO NAZIONALE DI CORSA CAMPESTRE
STAGE NAZIONALE ARBITRI
30 aprile/2 maggio Lignano Sabbiadoro
MAGGIO 15/16 Salsomaggiore
APRILE 18 Brescia GRAN FONDO NAZIONALE DI CICLISMO
22/25 Lignano Sabbiadoro 10° GRAN PREMIO NAZIONALE DI TENNISTAVOLO
8° GRAN PREMIO NAZIONALE DI JUDO E KARATE
27/30 Lignano Sabbiadoro FINALI CAMPIONATI NAZIONALI under 14
8° GRAN PREMIO NAZIONALE DI NUOTO
23/27 Lignano Sabbiadoro FINALI CAMPIONATI NAZIONALI SPORT DI SQUADRA Allievi - Juniores
04/06 Lignano Sabbiadoro 8° GRAN PREMIO NAZIONALE DI GINNASTICA ARTISTICA 5° GRAN PREMIO NAZIONALE DI GINNASTICA RITMICA
LUGLIO 30 giugno/04 luglio FINALI CAMPIONATI NAZIONALI SPORT DI SQUADRA Top junior - Open
12/13 Brescia
SETTEMBRE
GRAN PREMIO NAZIONALE DI CICLISMO SU STRADA
02/05 13° GRAN PREMIO NAZIONALE DI ATLETICA LEGGERA
VITACSI
Secondo Gran Premio Nazionale di Maratonina
Una "stella" a dieci punte Gli amatori Laura Ursella e Carlo Spinelli dell'Atletica Buja Udine si confermano i più veloci nella mezza maratona Csi. Il bis nazionale, il 22 novembre a Palmanova, in una gara con 256 partecipanti di rincorsa ai 10 titoli arancio blu, tra cui diversi disabili sui cicloni. di Mauro Stefani La Maratonina Città di Palmanova (UD) cresce e si consolida come avvenimento che per importanza supera i confini regionali e nazionali. I risultati tecnici e di partecipazione hanno confermato la formula vincente di questa manifestazione. La gara organizzata sotto l'egida del Csi si va configurando di anno in anno come evento di promozione sportiva ben gradito dai podisti che la scelgono come appuntamento irrinunciabile della stagione, con il percorso velocissimo che riesce bene a testare la forma di ogni atleta. La cronaca della gara racconta del primo sigillo del Kenia alla Maratonina Città di Palmanova. Il timbro l'hanno impresso Geoffrey Gikuni Ngungu (un po' a sorpresa) e Margareth Okayo coi nuovi record sulla distanza (21 km) rispettivamente di 1h 01'12" e 1h 11'51". Il keniota alla corte della squadra siriana Run 2 Gethen di Graz, ha corso in solitudine dopo che al 3° km ha lasciato la compagnia del connazionale Isaac Kiplagat Kipkoech, lepre per l'amica Okayo. Passato al km 5 in 4'30", il vincitore ha continuato a macinar chilometri con ampie falcate, coronando il sogno di chiudere la galoppata sotto i 62 minuti. Sulla pista 32
dello stadio "Bruseschi" alle spalle dei due keniani è arrivato terzo il siciliano Francesco Duca. Senza storia la prova rosa della "gazzellina" Okayo, 15^ assoluta, che si è imposta nella città stellata con la classe che va ritrovando dopo alcune stagioni di appannamento. Nel secondo Gran Premio nazionale Csi in gara c'erano 256 atleti tesserati Csi, un buon riscontro che migliora le presenze dell'anno scorso e che promette in futuro di consolidare anche questo tipo di gara nel calendario nazionale Csi. Sugli scudi e sul podio molti atleti di casa. Oltre alla nutrita pattuglia friulana quattro le regioni rappresentate in strada. Il Trentino porta a casa il bronzo della runners Oltrefersina Mirella Bergamo (Amatori A). Buoni piazzamenti anche per Emilia Romagna, Veneto e Lombardia. Parentesi di sport per tutti in apertura, quando, primi a percorrere il tracciato pianeggiante, sono stati i 14 cicloni ciessini della categoria handbike. A compiacersi vivamente del successo che la maratonina ha raggiunto in così poche edizioni è stato l'assessore regionale allo sporto Elio De Anna, presente alle premiazioni, affermando che la manifestazione deve essere ormai riconosciuta come uno degli eventi sportivi di maggior prestigio della regione.
CLASSIFICA 2° GRAN PREMIO NAZIONALE DI MEZZA MARATONA - PALMANOVA 22 NOVEMBRE 2009 Amatori Femminili A 1 Ursella Laura 2 Lena Alessandra 3 Bergamo Mirella
Atletica Buja Jalmiccocorse Oltrefersina
Amatori Femminili B 1 Giurissa Lorena 2 Mauchigna Cinzia 3 Drosghig Oriana
Natisone Jalmiccocorse Natisone
Amatori Maschili A 1 Spinelli Carlo 2 Plesnikar Franco 3 Franco Flavio
Atletica Buja U.S. Mario Tosi Carniatletica
Amatori Maschili B 1 Oballa Michele 2 Costaperaria Guido 3 Versolato Enzo
Edelweiss Natisone Atletica San Martino
Junior Maschili 1 Alimi Ali
Tremendi Run
Senior Femminili 1 Polo Eleonora 2 De Sario Katia 3 Moretti Cristina
U.S. Aldo Moro Atletica Buja Atletica San Martino
Senior Maschili 1 Gotti Stefano 2 Tamigi Francesco 3 Nardini Marco
U.S. Aldo Moro Atletica Buja Timaucleulis
Veterane Femminili 1 Tomasetig Eliana 2 Sellan Iole 3 Mio Anzolin Rita
Natisone Marciatori Gorizia Dlf Udine
Veterani Maschili 1 Pagavino Brunello 2 Neukomm Remo 3 Cella Antonino
Natisone Stella Alpina Velox Paularo
Handbike (Cicloni) 1 Cattai Mauro 2 Mestroni Federico 3 Angeli Giovanni
Basket E Non Solo Polisportiva Nordest Basket E Non Solo
Nelle foto in alto: i cicloni sul tracciato di Palmanova, A fianco: Stefano Gotti, campione nazionale Senior maschili 1'09"54
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VITACSI
Sport e handicap
Il cuore che illumina lo sport Nella Giornata paralimpica, alla sua quarta edizione, è stata la prima volta in cui il Centro Sportivo Italiano è sceso in campo con il Cip, per ribadire fermamente l'idea di uno sport unito nel promuovere la pratica sportiva fra le persone disabili di Massimo Motta metà ottobre, la capitale con altre 10 città italiane (Padova Torino, Genova, Milano, Ravenna, Todi, Salerno, Bari, Trapani e Cagliari), ha vissuto la Giornata nazionale dello sport paralimpico, giunta alla sua quarta edizione. Organizzata dal Comitato Italiano Paralimpico, è stata supportata quest'anno anche dal Centro Sportivo Italiano, sempre più dinamico nella promozione dell'attività sportiva dei disabili. Una piazza su tutte. A Padova (foto) la manifestazione si è svolta in Prato della Valle ed ha visto il coinvolgimento di centinaia di studenti delle scuole primarie, medie inferiori e superiori, chiamati a praticare attività sportive insieme ad atleti diversamente abili. Dalla scherma al tennistavolo, dal torball al tennis in carrozzina, dal tandem-non vedenti all'handbike, al vortex, al tiro con l'arco, abbiamo visto studenti (ed anche qualche insegnante) cimentarsi in "parate con occhi bendati", in piroette o gimkane su carrozzine. Una manifestazione senza record da
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battere, che ha visto insieme normodotati e diversamente abili all'insegna di uno sport che è un diritto di tutti, nessuno escluso, e che non ammette differenze. È stata sicuramente un'occasione di crescita per tutti, un evento importante nel cammino difficile, in salita, dell'integrazione; un segno probabilmente anche qualcosa di più - nel progetto di abbattimento delle barriere che ancora esistono. A testimoniare questa ricerca di valori comuni anche gli atleti olimpici e paralimpici di livello mondiale Alvise
De Vidi, Rossano Galtarossa, Samuele Gobbi, Andrea Longo, Silvana Valente, Ruggito Pertile ed altri ancora, che con la loro presenza hanno sicuramente valorizzato la diversità intesa come condizione normale, come risorsa. È un piccolo passo , assieme agli altri percorsi nelle altre piazze italiane... molti altri vogliamo farne, insieme. Si, perché insieme è il "valore aggiunto" del nostro fare sport.
CONVEGNO
Sport e marginalità
La Carta dei Valori Vincenti Presentato a Roma nel corso della Sevicol un documento progettuale. Disabilità, Disagio Mentale, Immigrazione, le tre macroaree di intervento per la neonata commissione capitolina, nata per favorire, chi spesso, in ambiti e contesti diversi, viene messo in secondo piano. di Felice Alborghetti l Csi Roma ha presentato in grande stile la sua Commissione "Sport e Marginalità", nata per individuare strategie ed iniziative capaci di massimizzare l' efficacia della pratica sportiva ai fini dell'integrazione sociale e della solidarietà. I principi ispiratori della Commissione sono quelli contenuti nella Carta dei Valori, presentata sabato 7 novembre al Palazzo dei Congressi, nell'ambito della Sevicol. Vi sono contemplate il codice etico, le finalità e le modalità per operare nel mondo della marginalità in tutti i suoi ambiti (disagio fisico, psichico e sociale), sensibilizzando operatori di settore, educatori, esponenti della politica locale e nazionale, e stimolando adeguati dibattiti sul tema. Una presentazione avvenuta sotto lo sguardo fiero di Franco Mazzalupi, presidente del comitato CSI di Roma, che non ha perso l'occasione per ringraziare l'intera Commissione per l'iniziativa, in grado "di accrescere enormemente tutta l'attività dell'associazione". I progetti approvati - coordinati da Gianluca Lombardi e Claudio Pensieri, riguardano varie aree di intervento: Disabilità (sport occasione di socializzazione e stimolatore di autostima), Immigrazione (sport veicolo di integrazione), Formazione, Disagio Mentale (sport mezzo per educare all'impegno, al senso di responsabilità e condivisione). Le attività contemplate nel programma della Commissione prevedono diversi appuntamenti, tra cui ricordiamo:
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LA COMMISSIONE La Commissione, nata nel settembre 2008 con lo scopo di intervenire in un'area particolarmente sensibile come quella dello sport per gli emarginati, è composta per questo anche da psicologi e psichiatri del Dipartimento di Salute Mentale. Ma la dote migliore "del gruppo che include come responsabili delle singole sezioni, Mauro Raffaeli, Claudio Marrella e Roberto Sgammini,- sottolinea Angela Teja, una delle responsabili della Commissione - è l'autenticità, in quanto non si rivolge ad atleti, allenatori e dirigenti, ma alla persona nella sua totalità". Questi specialisti sono supportati da un ampio raggio di collaboratori, attivi sui vari fronti del disagio psichico, fisico e sociale. Far partire progetti, pianificare strategie per la ricerca di sostegni economici e individuare strutture operative in varie aree di Roma.
COPPA DEL SORRISO Gli atleti disabili partecipano ad un Torneo di squadre di calcio a 5 con l'obiettivo di promuovere i valori dell'integraizone e della collaborazione inter-classiale FREE CLOWN STYLE TERAPIA La Nazionale di Calcio Free-Style - Freestyle Italia, promuove eventi sportivi e ludicoricreativi da proporre in realtà di sofferenza e disagio sociale. Gli ambiti in cui verranno svolte le attività sono le periferie, gli ospedali, le case famiglia, le carceri e in generale tutti gli ambienti ove è presente disagio fisico, psichico o sociale MUNDIALITO DI ROMA Il "Mundialito di Roma" è un torneo di calcio a 5 e/o a 8 aperto a tutti i gruppi etnici presenti sul territorio di Roma e Provincia LA SALUTE NELLA PACE Il progetto prevede una ricerca con indicatori psico-sociali sugli effetti delle Arti Marziali in contesti di criticità psichiche dei partecipanti. Gli atleti con disagio mentale prenderan-
no parte alla ricerca che ha lo scopo di valutare il gap tra "il prima" ed "il dopo" un anno di allenamento nell'arte marziale del Kung Fu Tao Lung. ATTIVITÀ DI YOGA PER IL DISAGIO MENTALE Il progetto sperimentale prevede l'introduzione, nelle tradizionali attività sportive di squadra, le attività rivolte alla propriocezione e alla "presenza" del singolo individuo. Come la pratica dello Yoga - Hata, Kundalini & Raja Yoga - rivolta ad una classe omogenea di partecipanti con disagio mentale. IL GIRO DELLE SETTE CHIESE Riproposizione in chiave moderna dell'antico giro delle sette basiliche principali di Roma accompagnati da una serie di eventi sportivi e culturali collegati con ciascuna tappa. Ciascuna tappa prevede il coinvolgimento delle realtà parrocchiali e di disagio del quartiere o della zona di Roma coinvolti, con la collaborazione ed il coordinamento di enti locali, municipi, Asl. 35
FISCALE
La ricerca di un equilibrio possibile tra controllo fiscale e snellimento burocratico
Terzo settore e semplificazione fiscale di Francesco Tramaglino
crivo per la rubrica fiscale di fine anno a pochi giorni dallo scadere del termine ultimo fissato per l'invio dell'Eas in virtù della proroga (31 dicembre) che l'Agenzia delle Entrate ha concesso al mondo del Non Profit su benemerita richiesta del Forum del Terzo Settore.
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Prendo spunto da questa notizia per tracciare alcune riflessioni su come potrà delinearsi in un futuro non troppo lontano il complesso rapporto tra le istituzioni finanziarie e gli enti del terzo settore su una questione di cruciale importanza per entrambe le realtà: l'imponibilità ai fini fiscali delle risorse destinate al non profit. Prima di tutto il ruolo delle organizzazioni rappresentative: Forum del terzo settore e Coni in testa, senza dimenticare il ruolo intermedio degli enti di promozione come il Csi che gestiscono il rapporto tra la base associativa e i vertici istituzionali del mondo del volontariato (non solo sportivo). A conti fatti mi sembra che ogni attore abbia recitato bene la sua parte: Il Forum e il Coni hanno garantito, tramite l'adozione della Eas ridotta, che l'adempimento assumesse un carattere a "basso impatto burocratico" e che i termini dell'invio venissero adeguatamente rinviati. Altrettanto decisivo è stato l'intervento del vertice dello sport italiano per ottenere il tanto sospirato chiarimento legislativo sui compensi sportivi dilettanti36
stici, che negli ultimi anni hanno generato più di un contenzioso con le agenzie previdenziali, Enpals in testa. Dall'altra parte si colloca l'Agenzia delle Entrate: sensibile alle necessità e ai limiti economici delle piccole realtà non profit ma decisa a stanare gli evasori che di dette realtà si ammantano al solo evidente scopo di goderne i benefici fiscali e le esenzioni concesse. Al centro della scena ci sono, infine, le associazioni e gli enti del non profit in generale che chiedono di comprendere le ragioni di tanti cambiamenti che si sono avvicendati negli ultimi anni e che in molti operatori - forse i più onesti e indifesi - ha generato la diffusa sensazione di una preconcetta ostilità governativa verso il mondo del privato sociale. Immagino che nel medio periodo questo schema di collaborazione condurrà a una significativa variazione della legislazione fiscale del terzo settore: molte cose cambieranno e occorrerà accettare alcuni cambiamenti ma questo non significa che nel complesso la situazione peggiorerà. Un possibile scenario é lo sviluppo della legislazione fiscale del non profit lungo due direttrici: la prima sarà quella di concedere a tutte le aziende senza scopo di lucro (oggi prerogativa delle sole ASD iscritte nel registro del Coni) la possibilità di gestire la propria attività intera-
mente in regime forfettario abbattendo la discutibile norma che determina, in tal caso, la perdita della qualifica di ente non profit. Una scelta di questo tipo consentirà ai sodalizi di gestire una contabilità estremamente semplificata, delle dichiarazioni annuali oltremodo semplici pagando una mole di imposte tutto sommato ridotte a fronte delle quale viene sancito un patto con il fisco semplice, chiaro e lineare. Dall'altra parte assisteremo, inevitabilmente, a un appesantimento burocratico per le associazioni che optano per la detassazione del proprio giro di affari: centri sportivi, piscine, palestre, scuole sportive, circoli ecc. che percepiranno incassi istituzionali sottraendoli al regime forfettario saranno soggetti a contabilità e bilanci più formali, a dichiarativi fiscali più complessi e in generale a un regime ispettivo più penetrante. E' una prospettiva - ribadisco - ma è anche quanto è avvenuto in questi ultimi tempi con la dichiarazione Eas: sarà compito dunque delle associazioni di categoria e degli enti apicali come il Coni agevolare il rapporto con le istituzioni finanziarie e favorire l'adozione di provvedimenti non troppo penalizzanti per le ridotte risorse amministrative del terzo settore. Ma è anche compito delle associazioni capire che detassazione non sempre fa rima con semplificazione, perché chi gode delle agevolazioni fiscali ha anche il compito di dimostrare di averne diritto.